Perché il pogrom di Huwwara era inevitabile

Maureen Clare Murphy

27 febbraio 2023 – The Electronic Intifada

All’inizio di gennaio, mentre Israele stava formando il suo governo più apertamente di estrema destra mai varato, Nadav Tamir, un ex diplomatico israeliano e attuale direttore di un’organizzazione lobbystica J Street,[ associazione sionista moderata, ndt.], ha dato un profetico avvertimento.

Tamir ha affermato che Zvika Fogel, una figura precedentemente poco conosciuta che ora presiede il Comitato per la sicurezza nazionale del parlamento israeliano, “esprime apertamente la velenosa verità” del partito Potere Ebraico di Itamar Ben-Gvir, un attore chiave nella coalizione di governo di Benjamin Netanyahu.

Tamir afferma che mentre Ben-Gvir potrebbe desiderare di mascherare i suoi obiettivi estremisti con un linguaggio moderato, Fogel “ha parlato con orgoglio tranquillamente e ad alta voce: vale la pena ascoltarlo”.

Fogel ha svolto quel ruolo lunedì, elogiando l’effetto “deterrente” dopo che centinaia di coloni hanno attaccato le comunità palestinesi nel nord della Cisgiordania, dando fuoco a case e veicoli palestinesi.

Un palestinese di 37 anni è stato ucciso durante questa furia durata ore, organizzata dai coloni dopo che due fratelli israeliani sono stati uccisi a colpi di arma da fuoco a Huwwara, l’epicentro della rabbia violenta della folla di giustizieri.

Mentre Netanyahu e Ben-Gvir facevano finta di invitare gli israeliani ad astenersi dal farsi giustizia da sé, Fogel ha intrapreso una campagna mediatica esprimendo la sua approvazione per la devastazione.

Fogel ha affermato: “Una Huwwara chiusa e bruciata – questo è quello che voglio vedere”. Ha spiegato: “Questo è l’unico modo per ottenere deterrenza. Dopo un omicidio come quello di ieri dobbiamo bruciare villaggi quando [l’esercito israeliano] non agisce”.

Fogel in seguito ha ritrattato i suoi commenti e si è contraddetto dicendo: “Ho detto che lo Stato è quello che dovrebbe agire per scoraggiare i terroristi, sicuramente non i civili”.

Ma a quel punto i seguaci del suo partito e gli aderenti all’ideologia suprematista che esso rappresenta avevano già ricevuto il messaggio, forte e chiaro.

Violenza autorizzata dallo Stato”

Anche se chiedere ai vendicatori “di non farsi giustizia da sé” lunedì era la linea del governo Netanyahu, essa è smentita da tutto ciò che la coalizione di governo ha detto e fatto fino ad ora.

Breaking the Silence, un gruppo di veterani [dell’esercito, ndt] israeliani che denunciano quanto avviene nei territori occupati, ha affermato lunedì che “il pogrom di Huwwara è stata una violenza autorizzata dallo Stato”.

Rappresentati ai massimi livelli del governo, “i coloni si sono scatenati impunemente perché sanno di avere lo Stato dalla loro parte”, ha aggiunto Breaking the Silence.

E questo include l’esercito israeliano, la cui funzione principale nella Cisgiordania occupata è proteggere i coloni che vivono in colonie per soli ebrei costruite in violazione del diritto internazionale.

B’Tselem,organizzazione israeliana per i diritti umani, ha sottolineato la “sinergia” della cooperazione: “I coloni effettuano l’attacco, i militari lo proteggono, i politici lo sostengono”.

Rifiutando le affermazioni che suggerivano che il governo israeliano avesse perso il controllo, B’Tselem ha affermato che “è proprio così che si manifesta il controllo israeliano” e ha aggiunto che “il pogrom di Huwwara è stata una manifestazione estrema di una politica israeliana di lunga data”.

Il precedente di Hebron

Per un altro tragico esempio di questa politica bisogna guardare alla città di Hebron, in Cisgiordania.

Un giorno, 29 anni prima del pogrom dei coloni a Huwwara, Baruch Goldstein, un colono ebreo nato negli Stati Uniti, sparò nella moschea di Ibrahimi, massacrando 29 uomini e ragazzi palestinesi.

Goldstein era un seguace del rabbino genocida Meir Kahane. Ben-Gvir, il ministro della Sicurezza Nazionale di Israele, definisce sé stesso come un “discepolo” di Kahane, come ha affermato The Times of Israel, e considera Goldstein un eroe.

Sulla scia del massacro di Goldstein, Israele intensificò le sue misure repressive contro i palestinesi e spartì la moschea Ibrahimi a favore dei coloni – un precedente che Israele potrebbe tentare di ripetere alla moschea al-Aqsa di Gerusalemme.

Da allora i coloni hanno sequestrato proprietà palestinesi nella Città Vecchia di Hebron, rendendo il suo ex cuore commerciale una città fantasma chiusa.

Lunedì, dopo che l’esercito israeliano ha chiuso i negozi palestinesi a Huwwara, agli osservatori non è sfuggito il parallelo con Hebron.

Lungi dal fatto che Israele non gradisca la violenza dei coloni, quest’ultima è un mezzo necessario per raggiungere l’obiettivo dello Stato di svuotare la Palestina della sua popolazione nativa in modo che possa essere sostituita da coloni stranieri.

La violenza dei coloni, compresi i massacri durante il periodo della fondazione di Israele nel 1948, è stata essenziale per la formazione e il mantenimento di uno Stato ebraico in Palestina.

La “guerra” di Ben-Gvir

Lunedì Ben-Gvir ha espresso un cenno di approvazione a questa prosecuzione della violenza che ha descritto come una necessità esistenziale per il progetto sionista in Palestina: “Questa non è una guerra iniziata ieri, non è una guerra che finirà in un giorno, ma è una guerra per la nostra casa, per le nostre vite”.

Ben-Gvir stava parlava con i coloni a Evyatar, un avamposto non autorizzato dal governo israeliano.

I coloni hanno fondato Evyatar nel maggio 2021 su un terreno appartenente alle comunità palestinesi di Beita, Qabalan e Yatma a Jabal Subeih, vicino alla città di Nablus, nel nord della Cisgiordania. Da allora diversi palestinesi sono stati uccisi durante le proteste contro l’insediamento o subito dopo.

Il governo di Netanyahu intende legalizzare Evyatar, che è stato co-fondato da Zvi Sukkot, un estremista di estrema destra del famigerato insediamento di Yitzhar che, dopo aver ottenuto il seggio lasciato da Smotrich [ministro delle Finanze in carica e che ha rilasciato dichiarazioni simili a quelle di Fogel, ndt.] e che è anche un parlamentare dell’attuale maggioranza del governo israeliano.

I coloni di Yitzhar, che si trova vicino a Huwwara ed è costruito in parte sulla terra del villaggio, sono noti per aver attaccato le vicine comunità palestinesi, con le guardie private di Yitzhar che hanno persino dato ordini ai soldati israeliani durante quegli attacchi.

Il leader dell’opposizione Benny Gantz ha dichiarato lunedì di sostenere il compromesso che il suo governo ha fatto per “legalizzare” Evyatar.

Gantz e il suo collega dell’opposizione Yair Lapid sono stati molto critici nei confronti del governo di estrema destra, affermando che ha “perso il controllo” e sta portando Israele a un “disastro della sicurezza”.

Ma a parte le critiche, Gantz e Lapid condividono la stessa visione di uno Stato suprematista ebraico in Palestina, anche se con una patina di democrazia liberale piuttosto che con la tendenza teocratica di Ben-Gvir e Smotrich.

Le fiamme che hanno avvolto Huwwara domenica sono la logica conclusione dell’ideologia suprematista di Israele.

Lo Stato è oggi guidato dagli aderenti più estremi al sionismo, che, secondo le parole del commentatore palestinese Muhammad Shehada, “non si fermeranno finché tutta la terra non sarà in fiamme”.

(traduzione dall’inglese di Giuseppe Ponsetti)




Il movimento kahanista: un lascito di violenza e razzismo in Israele

Jessica Buxbaum

7 giugno 2022 – The New Arab

Jessica Buxbaum

7 giugno 2022 – The New Arab

Oggi, decenni dopo la fondazione del Kach e la morte del rabbino Meir Kahan, il movimento ebraico radicale suprematista è persino forse più influente che ai suoi inizi.

Il mese scorso gli Stati Uniti hanno annunciato la decisione di rimuovere il gruppo estremista ebraico Kahane Chai dalla loro lista di terroristi stranieri.

La mossa è stata accolta da forti critiche da parte dei difensori dei diritti palestinesi, mentre l’Autorità Palestinese ha condannato la decisione perché ‘premia’ l’estremismo israeliano.

Anche se dal 2005 Kahane Chai non è stato direttamente collegato a un attacco terrorista, gli esperti asseriscono che il movimento di ultradestra potrebbe essere persino più influente oggi che ai suoi inizi.

Una storia di violenza e razzismo 

Kahane Chai è una fazione del partito politico israeliano Kach fondato dal rabbino Meir Kahane nel 1971. L’estremista, nato negli USA, si candidò varie volte alle elezioni per il Kach e poi ottenne finalmente un seggio nel parlamento israeliano, la Knesset, nel 1984.  

Il razzismo antipalestinese di Kahane e l’ideologia suprematista ebraica fecero di lui un outsider nella Knesset. Fra le sue convinzioni c’erano l’espulsione di palestinesi e arabi da Israele e dai territori palestinesi occupati e la promozione di uno Stato in cui viga la legge ebraica.

I parlamentari boicottarono spesso i suoi discorsi in parlamento e ignorarono le sue proposte di legge. Kahane fu parlamentare per una sola legislatura in seguito all’approvazione da parte della Knesset di un emendamento che proibiva la candidatura di partiti che incitavano al razzismo. 

Dopo l’assassinio di Kahane nel 1990 il Kach si divise in due gruppi: Kach e Kahane Chai. Kahane Chai, ovvero “Kahane vive” in ebraico, era guidato da Binyamin, il figlio di Kahane.  

David Sheen, un giornalista investigativo con base ad Haifa ed esperto di Kach, ha spiegato a The New Arab che il nome Kahane Chai è un tentativo di far vivere Kahane attraverso il figlio.  

Fino a quando è stato vivo il figlio, lo strumento principale del movimento di Kahane fu Kahane Chai,” dice Sheen.  

Entrambe le organizzazioni furono dichiarate entità terroristiche nel 1994, dopo che un sostenitore di Kach, Baruch Goldstein, uccise 29 fedeli in preghiera nella moschea Ibrahimi a Hebron, nella Cisgiordania occupata. Nel 1997 gli Stati Uniti aggiunsero quindi Kahane Chai alla loro lista di gruppi terroristici.  

Nel corso degli anni organizzazioni affiliate al Kach sono state protagoniste di violenze antiarabe. Negli anni ’80 Machteret, un’unità terrorista ebraica clandestina, commise parecchi attacchi contro i palestinesi. Le autorità israeliane impedirono a Machteret di portare avanti un piano per far saltare in aria la moschea di Al-Aqsa.  

Si crede che i sospettati dell’uccisione nel 1985 di Alex Odeh, direttore per la California meridionale del Comitato contro la discriminazione degli arabi americani, appartenessero alla Jewish Defence League-Kahane [Lega per la Difesa Ebraica – Kahane]

Il Dipartimento di Stato USA ha giustificato la sua decisione dicendo che Kahane Chai non è stata coinvolta in atti di terrorismo per vari anni, ma Sheen sostiene che questo ragionamento non sta in piedi.  

La cosa più clamorosa che emerge da quest’annuncio è che si finge che non abbiano commesso un attacco terroristico in cinque anni,” dice Sheen. “Non sono questi forse gli stessi kahanisti che hanno organizzato pogrom antipalestinesi e scontri razziali in tutto il Paese lo scorso maggio? Questo non conta come terrorismo kahanista?”

Il più recente attacco terroristico noto commesso da un affiliato a Kahane Chai è stato nel 2005, quando un soldato israeliano abbandonò la sua postazione e uccise quattro palestinesi cittadini di Israele. Ma Sheen spiega che solo perché il gruppo non ha commesso violenze sotto il suo nome originario non significa che sia inattivo.

Secondo Sheen il rabbino Yitzchak Ginsburg, seguace del movimento Chabad, subentrò come leader religioso del movimento kahanista dopo l’assassinio del figlio di Kahane, Binyamin, nel 2000. Quell’anno, in occasione della commemorazione annuale di Kahane, Ginsburg dichiarò che l’estremista scomparso aveva ragione e che la sua opera doveva continuare.

Ginsburg dirige la scuola talmudica di Od Yosef Chai a Yitzhar, una colonia israeliana illegale in Cisgiordania notoriamente violenta. Nel 2015 si suppone che seguaci e studenti di Ginsburg abbiano dato fuoco alla casa della famiglia palestinese Dawabsheh, uccidendo un bambino di 18 mesi e i suoi genitori.  

Che si chiamino Jewish Legion [Legione Ebraica] o Committee for the Safety of the Roads [Comitato per la Sicurezza stradale] o Lehava [organizzazione di estrema destra suprematista ebraica, ndt.] tutte queste diramazioni fanno parte dello stesso movimento, ma sono autentici terroristi e tutti kahanisti,” afferma Sheen.  

Il movimento Kach è vivo e gode di ottima salute

Decenni dopo la fondazione di Kach e la morte di Kahane il credo kahanista persiste ancora oggi. Itamar Ben-Gvir, un discepolo di Kahane, è stato eletto nella Knesset nel 2021 con il partito Otzma Yehudit, ovvero Potere ebraico. Molti attivisti considerano l’Otzma Yehudit una reincarnazione di Kach.  

Ma se Kahane era isolato nella Knesset, Ben-Gvir sta crescendo in popolarità. Shaul Magid, l’autore di ‘Meir Kahane: The Public Life and Political Thought of an American Jewish Radical‘,[Meir Kahane: la vita pubblica e il pensiero politico di un ebreo americano radicale] sostiene ciò dicendo che il mainstream israeliano è cambiato e i politici di centro sposano gli stessi ideali delle loro controparti di destra.  

In questo modo il Kach non sembra più così estremista come una volta,” ha detto Magid a The New Arab. “Ecco perché con uno come Ben-Gvir tutti si limitano ad alzare le spalle, perché non è cosi lontano dal mainstream.” 

Sheen è d’accordo con l’idea che la società israeliana ha fatto diventare il kahanismo parte del discorso prevalente.  

Le vecchie élite trovano il kahanismo spregevole,” dice Sheen. “Ma quella vecchia classe dirigente si sta riducendo mentre le nuove élite stanno crescendo e la rimpiazzano. Le nuove élite sono i coloni e per loro Ben-Gvir è un eroe.” 

I parlamentari hanno sostenuto Ben-Gvir nelle sue azioni provocatorie, come impiantare degli uffici improvvisati nell’esplosivo quartiere di Sheikh Jarrah. Il politico sobillatore ha anche ricevuto un significativo seguito di pubblico. 

La popolarità di Ben-Gvir cresce così come quella del kahanismo. Otzma Yehudit ha ottenuto un certo successo alle ultime elezioni perché l’ex primo ministro Netanyahu si è alleato con loro. Ma sembra che il futuro politico del partito non possa contare sul sostegno di altri leader.

Pare che nelle prossime elezioni [i kahanisti] dilagheranno perché otterranno molti più voti e diventeranno una potenza a sé stante.” conclude Sheen.

Jessica Buxbaum è una giornalista che vive a Gerusalemme e che si occupa di Palestina e Israele. Il suo lavoro è apparso su Middle East Eye, The National e Gulf News.

(traduzione dall’inglese di Mirella Alessio)




Perché Israele festeggia i suoi terroristi: Ben Uliel e l’assassinio della famiglia Dawabsheh

Ramzy Baroud

22 maggio 2020 – Middle East Monitor

I media israeliani e gli apologeti del sionismo in tutto il mondo sono impegnati a ripulire l’immagine di Israele gravemente danneggiata a livello mondiale utilizzando la rara condanna di un terrorista israeliano, Amiram Ben Uliel, che recentemente è stato ritenuto colpevole per l’uccisione della famiglia palestinese Dawabsheh, compreso un bambinetto di 18 mesi, nella cittadina di Duma, a sud di Nablus.

La condanna di Ben Uliel il 18 maggio da parte della corte israeliana composta da tre giudici è prevedibilmente acclamata da qualcuno come la prova che il sistema giudiziario israeliano è corretto e trasparente e che Israele non deve essere messo sotto inchiesta da soggetti esterni.

Il tempismo della decisione del tribunale israeliano nel condannare Ben Uliel per tre accuse di omicidio e due di tentato omicidio è stato particolarmente significativo, in quanto ha fatto seguito a una decisione della procuratrice generale della Corte Penale Internazionale (CPI), Fatou Bensouda, di proseguire l’indagine per crimini di guerra commessi nella Palestina occupata.

Visto come gli estremisti israeliani, soprattutto quelli che vivono illegalmente nella Cisgiordania occupata, sono governati attraverso un sistema separato, e molto più clemente del regime militare che governa i palestinesi, l’apparentemente netta condanna del terrorista israeliano merita un ulteriore esame.

Gli apologeti di Israele si sono affrettati a festeggiare il verdetto del tribunale fino al punto che lo stesso organo israeliano di intelligence interna, lo Shin Bet, noto per i suoi famigerati metodi di tortura dei prigionieri palestinesi, ha descritto la decisione come “un’importante pietra miliare nella lotta contro il terrorismo ebraico.” Altri hanno lavorato per scindere il macabro attacco di Ben Uliel dal resto della società israeliana, sottintendendo che l’uomo era un lupo solitario e non il risultato diretto del folle razzismo e dei discorsi violenti diretti contro palestinesi innocenti.

Nonostante la chiara condanna di Ben Uliel, il tribunale israeliano ha cercato di evidenziare che il terrorista israeliano ha agito da solo e non è membro di un’organizzazione terroristica. In base a questa logica il tribunale ha sostenuto che i giudici “non potrebbero scartare l’ipotesi che l’aggressione sia stata motivata dal desiderio di vendetta o razzismo senza che Ben-Uliel fosse effettivamente membro di un gruppo organizzato.”

Date le circostanze il verdetto è stato lo scenario più favorevole per l’immagine di Israele, in quanto assolve deliberatamente la massiccia rete terroristica che ha prodotto personaggi come Ben Uliel e l’esercito israeliano che protegge quotidianamente quegli stessi estremisti, mentre ripulisce la meritata pessima reputazione di Israele come una società violenta con un sistema giudiziario ingiusto.

Ma Ben Uliel non è affatto un lupo solitario.

Quando il terrorista israeliano, insieme ad altri aggressori mascherati, ha fatto irruzione nella casa di Sa’ad e Reham Dawabsheh alle 4 del mattino del 31 luglio 2015 era chiaramente impegnato a farsi un nome all’interno della società fervidamente razzista ed estremista che ha fatto dell’omicidio e della pulizia etnica dei palestinesi una missione divina.

Ben Uliel ha raggiunto in pieno i suoi obiettivi. Non solo ha ucciso Sa’ad e Reham, ma anche il loro figlio di 18 mesi, Ali. L’unico membro della famiglia sopravvissuto è stato Ahmed, di 4 anni, che è rimasto gravemente ustionato.

La morte della famiglia palestinese, in particolare del piccolo Ali, è diventata rapidamente fonte di gioia e di festeggiamenti tra gli estremisti ebrei. Nel dicembre 2015, sei mesi dopo l’uccisione della famiglia Dawabsheh, un video di 25 secondi diventato virale sulle reti sociali ha mostrato una folla di israeliani che festeggiava la morte di Ali.

Il video mostrava una “stanza piena di uomini con zuccotti bianchi che saltavano e danzavano, molti con i lunghi riccioli degli ebrei ortodossi. Alcuni di loro – ha riportato il New York Times – brandivano armi da fuoco e coltelli.”

“Due (degli israeliani che festeggiavano) appaiono mentre accoltellano pezzi di carta che hanno nelle mani, che la rete televisiva ha identificato come foto di un bambino di 18 mesi, Ali Dawabsheh.” Nonostante la polizia israeliana sostenga di avere in corso “indagini” sulla festa di odio, non c’è nessuna prova che qualcuno sia stato considerato responsabile della vera e propria celebrazione della violenza contro una famiglia innocente e un neonato. Di fatto i magistrati dello Stato di Israele hanno in seguito sostenuto di aver perso il video originale degli estremisti che ballavano.

La celebrazione del terrorismo israeliano è proseguita per anni senza tregua, fino al punto che il 19 giugno 2018 estremisti israeliani, minacciando il nonno di Ali mentre stava lasciando un tribunale israeliano, hanno apertamente gridato slogan osceni come “Dov’è Ali? Ali è morto,” “Ali è sulla griglia.”

L’efferata uccisione di Ali e della sua famiglia e il conseguente processo si sono aggiunti a una serie di altri avvenimenti che hanno chiaramente messo in discussione l’immagine creata con cura di Israele come una democrazia liberale. Il 24 marzo 2016 Elor Azaria ha ucciso a sangue freddo un palestinese, Fattah al-Sharif. Al-Sharif era stato lasciato a terra sanguinante privo di sensi dopo che, secondo quanto sostenuto dall’esercito israeliano, avrebbe cercato di accoltellare un soldato israeliano.

Azaria ha avuto una lieve condanna a 18 mesi, presto liberato tra festeggiamenti di massa come un eroe vittorioso. Importanti esponenti del governo israeliano, compreso il primo ministro Benjamin Netanyahu, hanno appoggiato l’assassino che ha agito a sangue freddo durante il processo. Non è affatto sorprendente che Azaria chieda di avere in futuro un ruolo importante nel governo israeliano.

I festeggiamenti per gli assassini e i terroristi come Ben Ulliel e Azaria non sono un fenomeno nuovo nella società israeliana. Baruch Goldstein, il terrorista israeliano che nel 1994 uccise molti fedeli palestinesi mentre erano inginocchiati in preghiera nella moschea Al-Ibrahimi di Al-Khalil (Hebron) ora è percepito come un moderno martire, un santo di proporzioni bibliche.

In questi casi, quando la natura del delitto è così terribilmente violenta, la cui gravità si impone ai mezzi di informazione internazionali, a Israele non rimane altra possibilità che utilizzare la condanna del “terrorismo ebraico” come un’opportunità per reinventare se stesso, il suo sistema “democratico”, i suoi procedimenti giudiziari “trasparenti”, e via di seguito. Nel contempo i media israeliani e i loro associati in tutto il mondo si danno da fare per descrivere lo “shock” e l’“indignazione” collettivi provati dagli israeliani “rispettosi della legge” e “amanti della pace”.

L’uccisione della famiglia Dawabshe, seppur uno dei numerosi atti di violenza perpetrati da estremisti ebrei e dall’esercito israeliano contro palestinesi innocenti, è un esempio perfettamente calzante.

In effetti un rapido sguardo ai dati e ai rapporti prodotti dalle Nazioni Unite indica che l’assassinio della famiglia palestinese da parte di coloni ebrei non è stato un’eccezione quanto la regola.

In un rapporto dell’Ufficio delle Nazioni Unite per le Questioni Umanitarie (OCHA) del giugno 2018 i ricercatori dell’ONU hanno parlato di un aumento esponenziale della violenza dei coloni ebrei contro i palestinesi.

“Tra il gennaio e l’aprile 2018 l’OCHA ha documentato 84 incidenti attribuiti ai coloni israeliani che hanno provocato vittime palestinesi (27 casi) o danni a proprietà palestinesi (57),” afferma il rapporto. Questa tendenza prosegue, a volte con un aumento marcato, senza che nessuno ne debba rendere conto.

L’associazione israeliana per i diritti Yesh Din ha seguito la piccola percentuale di indagini sulle violenze dei coloni aperte dall’esercito e dalla polizia israeliani. L’associazione conclude che “su 185 inchieste aperte dagli investigatori tra il 2014 e il 2017 che sono arrivate a conclusione, solo 21, cioè l’11,4%, ha portato al procedimento penale contro i responsabili, mentre altre 164 denunce sono state chiuse senza un’imputazione.”

La ragione di ciò è semplice: le centinaia di migliaia di estremisti ebrei che sono stati trasferiti perché si insediassero stabilmente nei territori occupati, un atto che viola chiaramente il diritto internazionale, non operano al di fuori del paradigma colonialista disegnato dal governo israeliano. In qualche modo anche loro sono “soldati”, non solo perché sono armati e concordano i propri spostamenti con l’esercito israeliano, ma perché le loro colonie in continua espansione si trovano al centro dell’occupazione israeliana e del suo continuo processo di pulizia etnica.

Pertanto la violenza dei coloni ebrei come quella commessa da Ben Uliel non dovrebbe essere analizzata separatamente dalla violenza inflitta dall’esercito israeliano, ma vista all’interno del più vasto contesto della violenta ideologia sionista che governa la società israeliana nel suo complesso. Ne consegue che la violenza dei coloni può finire solo con la fine dell’occupazione militare in Cisgiordania, a Gerusalemme est e a Gaza e con la fine dell’ideologia sionista razzista che diffonde odio, accoglie il razzismo e rende razionale l’assassinio.

Le opinioni espresse in questo articolo sono dell’autore e non riflettono necessariamente la politica editoriale di Middle East Monitor.

(traduzione dall’inglese di Amedeo Rossi)




I coloni di Hebron partecipano al corteo di Purim mentre i palestinesi sono blindati per il coronavirus

Oren Ziv

10 marzo 2020 +972 Magazine

Ignorando la paura per il virus, i soldati e i poliziotti israeliani hanno accompagnato 250 coloni nel centro di Hebron pur impedendo agli spettatori palestinesi di avvicinarsi.

Con lo spettro della diffusione del coronavirus in Israele-Palestina, oltre 250 coloni israeliani hanno preso parte martedì all’annuale sfilata per la celebrazione della festa ebraica del Purim [“sorti” in ebraico. La festa commemora una vicenda biblica che sarebbe accaduta circa 2500 anni fa, ndtr.] nel centro di Hebron occupata.

I coloni, che hanno marciato dal quartiere di Tel Rumeida sino alla Tomba dei Patriarchi [luogo di devozione anche per i musulmani che lo chiamano Santuario di Abramo, ndtr.], sono stati accompagnati da centinaia di soldati e ufficiali di polizia israeliani che hanno impedito agli spettatori palestinesi di avvicinarsi.

I coloni si sono fatti vanto del fatto che la loro fosse l’unica festa del Purim autorizzata, dal momento che nelle città di tutto il paese erano stati cancellati i festeggiamenti a causa dei timori per il virus; tuttavia la partecipazione è stata più scarsa rispetto agli anni precedenti.

Nel frattempo, a soli 22 chilometri a nord, l’esercito israeliano ha posto il blocco a Betlemme dopo che sette casi di COVID-19 erano stati riscontrati in città, impedendo ai residenti di entrare o uscire dalla città.

La sfilata di martedì è iniziata presso la “Elor Junction”, dove nel marzo 2016 il soldato israeliano Elor Azaria uccise un assalitore palestinese già ferito mentre questi giaceva inerte sul terreno. Imad Abu Shamsiya, un palestinese di Hebron, si trovava a pochi metri di distanza e riprese l’incidente. La sua documentazione ha portato a un’indagine e a un successivo processo nei confronti di Azaria.

Poco prima delle 11, un gruppo di giovani coloni apparentemente ubriachi ha bussato alla porta di una famiglia palestinese che vive vicino alla famiglia di Abu Shamsiya. Quando un soldato israeliano ha cercato di allontanarli, uno dei coloni ha risposto dicendo: “Godiamoci un po’ il ‘Purim”. Quando il colono ha visto Abu Shamsiya nella casa adiacente, ha detto al suo amico che avevano sbagliato indirizzo.

“Spero solo che l’evento si concluda pacificamente”, ha detto Abu Shamsiya a bassa voce.

Dal 1967, il centro di Hebron è diventato il sito di numerosi insediamenti coloniali ebraici che Israele ha sviluppato all’interno della comunità locale palestinese. Per anni, i palestinesi che vivono nella zona sono stati sottoposti sia a restrizioni estreme imposte dai militari che a violenze di routine da parte di coloni estremisti. Di conseguenza, un numero enorme di residenti si è trasferito e centinaia di aziende sono state chiuse, lasciando la zona in [una condizione di] rovina economica.

Attualmente, circa 34.000 palestinesi e 700 coloni vivono nel centro della città. I palestinesi che risiedono lì sono soggetti a restrizioni negli spostamenti, inclusa la chiusura delle strade principali, mentre i coloni sono liberi di viaggiare dove desiderano. Inoltre, l’esercito israeliano ha emesso l’ordine di chiudere centinaia di negozi e attività commerciali della zona.

“Sebbene abbiamo avuto turisti di ogni provenienza, a Hebron il coronavirus non è arrivato”, ha detto Baruch Marzel, un importante attivista di estrema destra e residente della città, il quale indossava, durante la sfilata, un cappello con la scritta: “Make Hebron Great Again”. “Hebron è per gli ebrei una città forte e santa, dove i nostri antenati ci proteggono, mentre a Betlemme – ha aggiunto Marzel – che è sacra alla cristianità, il virus sta andando alla grande. 

I partecipanti al corteo, molti dei quali adolescenti con in mano bottiglie di vino, passavano davanti a negozi palestinesi, chiusi 25 anni fa in seguito al massacro della Grotta dei Patriarchi, dove, nel febbraio 1994, il colono Baruch Goldstein uccise 29 fedeli palestinesi. In risposta alle uccisioni, l’esercito israeliano iniziò a limitare il movimento dei residenti palestinesi di Hebron e ad applicare una politica di rigorosa segregazione tra loro e i coloni.

Vent’anni dopo le restrizioni sono diventate ancora più severe. La Shuhada Street di Hebron, dove ha avuto in gran parte luogo la marcia di martedì, riguarda la più nota di queste restrizioni. Un tempo affollato centro commerciale, molte porte di negozi sono state ora saldate per ordine militare, conferendo alla zona l’aspetto di una città fantasma. Oggi [sulla facciata di] molti dei negozi chiusi è stata verniciata la stella di David.

Nel corso del Purim le restrizioni in vigore nei confronti dei palestinesi diventano ancora più estreme. Ai palestinesi che vivono lungo il percorso della marcia non è nemmeno permesso di aprire le porte delle loro case, mentre alcuni osservano la marcia attraverso le protezioni di metallo installate sui loro balconi per ripararli dalle pietre lanciate dai coloni.

È anche possibile vedere i soldati israeliani ballare con i coloni e i pochi posti di controllo improvvisati, attraverso i quali i palestinesi possono entrare in Shuhada Street con un permesso speciale, vengono chiusi. La musica ad alto volume, i balli e i costumi colorati spiccano ancora di più sullo sfondo della città fantasma, le porte dei negozi coperte di graffiti ebraici.

Oren Ziv è un fotoreporter, membro fondatore del collettivo di fotografia Activestills e scrittore dello staff di Local Call. Dal 2003 ha documentato una serie di questioni sociali e politiche in Israele e nei territori palestinesi occupati, con particolare attenzione alle comunità di attivisti e alle loro lotte. I suoi reportage si sono concentrati sulle proteste popolari contro il muro e le colonie, sugli alloggi a prezzi accessibili e su altre questioni socio-economiche, le battaglie contro il razzismo e contro la discriminazione e la lotta per la libertà degli animali.

(traduzione dall’inglese di Aldo Lotta)




Ministri israeliani parteciperanno a un evento in onore di un rabbino che ha elogiato il massacro di palestinesi

7 agosto 2019 – Palestine Chronicle

Due ministri israeliani parleranno ad una conferenza organizzata in onore di un rabbino di destra che nel 1994 lodò il massacro di fedeli palestinesi a Hebron (al-Khalil) ed era stato in precedenza accusato di razzismo.

Il ministro dell’Educazione, rabbino Rafi Peretz, e il ministro dei Trasporti Bezalel Smotrich parleranno giovedì a un evento in cui verrà assegnato al rabbino Yitzchak Ginsburgh un premio chiamato “Cathedra for Torah and Wisdom,” [Cattedra per la Torah e la Saggezza].

Ginsburgh, un rabbino nato negli Stati Uniti, lodò l’estremista religioso Baruch Goldstein che nel 1994 uccise 29 musulmani durante la preghiera sulla Tomba dei Patriarchi, nota ai musulmani come il Santuario di Abramo.

Promosse inoltre il libro “La Torah del Re”, in cui sono trattate varie circostanze legali in base alle quali gli ebrei possono uccidere non-ebrei.

La “Cathedra for Torah and Wisdom” nel 2017 e nel 2018 ha ricevuto circa 7.162 dollari dal Dipartimento di cultura ebraica del ministero dell’Educazione. Tuttavia il ministero ha affermato di non aver finanziato l’istituzione nel 2019 e di non essere coinvolto nella selezione di chi riceve il premio.

Due settimane fa, quando Ginsburgh è stato nominato vincitore, durante la proclamazione a “Cathedra for Torah and Wisdom” ha usato il logo del Dipartimento di cultura ebraica del ministero dell’Educazione.

Il ministero ha detto ad Haaretz che “il direttore del Dipartimento (di cultura ebraica) ha ordinato che il logo venga rimosso,” aggiungendo di non essere coinvolto nella cerimonia.

Nel contempo il Comune di Giv’at Shmuel, il cui logo è stato anch’esso usato nella proclamazione, ha negato la propria collaborazione alla cerimonia e di essere al corrente che il suo logo fosse stato utilizzato.

In un tweet il ministro dei Trasporti Bezalel Smotrich ha elogiato Ginsburgh, affermando che è “un genio” e che il suo lavoro ha una “portata incomparabile. Non c’è bisogno di concordare con lui su tutto per pensare che meriti un premio.” Secondo il programma della manifestazione, “Peretz parlerà all’apertura della conferenza, e Ginsburgh riceverà il premio alla fine,” mentre “è previsto che Smotrich parli durante la cerimonia di premiazione.”

(traduzione di Amedeo Rossi)