Invece di scortare i bambini palestinesi dalla scuola a casa, i soldati israeliani tirano pietre.

di Amira Hass | 30/10/ 2016, Haaretz

Usando qui una fionda, costringendo con l’inganno due donne israeliane ad andare su una strada vietata lì, questo è l’esercito israeliano nella sua essenza.

Il video immortala due persone che tirano pietre. Sui 18 o 19 anni, a viso scoperto. Non vi facciamo più aspettare: possiamo dirvi subito che entrambi sono soldati delle Forze di Difesa Israeliane [IDF] che tirano pietre ad alcune ragazze vestite con l’uniforme scolastica. Il portavoce dell’IDF dice che le pietre non erano dirette contro i bambini. Ciò è discutibile, giacché almeno uno dei soldati stava di fronte ai bambini e le sue pietre li hanno costretti a fermarsi sul loro percorso

Questo è successo lo scorso giovedì 27 ottobre alle 13,30 circa. Il luogo: tra i villaggi di Tuba e di Twaneh nelle colline a sud di Hebron, sulla strada che passa sotto l’illegale e non autorizzato avamposto Havat Ma’on I due tiratori di pietre, con la divisa dell’IDF, si trovavano vicino ad un automezzo blindato in cui c’erano almeno altri due soldati. I soldati hanno anche usato una fionda , per aumentare la gittata.

Stavano solo giocando, direte. Non hanno ferito nessuno. Sono ragazzi anche loro. Erano annoiati, [volevano] sfogarsi un po’. Osiamo sfidare il “political correct” e annotare che uno di loro era nero, ovviamente etiope, per cui avrà avuto un sacco di ragioni per essere arrabbiato e volersi sfogare.

In base all’accordo del 2004, l’IDF ha il compito di scortare due volte al giorno gli scolari che vivono a Tuba e che frequentano la scuola a Twaneh. La strada, lunga circa 2 km, è stata sempre utilizzata dai residenti di Tuba e dagli altri villaggi della zona. Dopo la costruzione dell’avamposto, i suoi abitanti hanno cominciato a molestare i palestinesi sulla strada che passa sotto. I bambini erano traumatizzati. Non potevano dormire la notte e i loro genitori non potevano pagare il costo del trasporto su un percorso molto più lungo per evitare le violenze dei coloni.

Grazie alla tenacia dei genitori e agli sforzi di alcune organizzazioni israeliane e internazionali, la lotta per il diritto dei bambini di Tuba di andare a scuola non è stata inutile. [Il caso] è stato portato dinanzi alla Commissione per i diritti dei bambini della Knesset. È stato raggiunto un compromesso: lo Stato non avrebbe sanzionato i coloni violenti, ma l’IDF avrebbe provato a tenerli lontano con la sua presenza.

Il corto dei soldati che tirano le pietre è stato spedito a Haaretz venerdì mattina ed è stato immediatamente mandato al portavoce dell’IDF per una risposta, che è arrivata molto presto: “I comandanti sono al lavoro per indagare sulla faccenda” ci hanno risposto al telefono. Poi è arrivata la risposta scritta: “Una prima indagine rivela che le pietre non sono state lanciate verso i palestinesi e appena i soldati li hanno scorti, hanno smesso di tirare, sono andati incontro ai bambini e li hanno riportati indietro dalla scuola che si trova vicino a Havat Ma’on. Non è previsto che i soldati tirino pietre durante una missione militare e quindi l’incidente viene sottoposto a inchiesta.”

L’adulto che per un pezzo ha accompagnato i bambini e che ha filmato l’incidente ha detto a Haaretz che i soldati non sono andati incontro ai bambini, ma piuttosto hanno aspettato che loro si avvicinassero prudentemente, cercando di capire il motivo del lancio di pietre.

E in un altro incidente [accaduto] due giorni fa, non collegato, due donne attiviste dell’ associazione di base Machsom Watch sono partite per il loro turno al checkpoint della barriera di separazione tra Qalqilyah e Tul Karm. Il loro compito: assicurare che l’IDF non impedisca ai contadini di raggiungere le loro terre, che sono separate dal villaggio a causa della barriera.

Le donne si sono fermate al checkpoint nei pressi della colonia di Salit. Alle 16,15 con 15 minuti di ritardo, quattro soldati sono arrivati con una macchina civile per aprire il cancello per permettere il ritorno a casa dei palestinesi con il trattore, con un carro, con l’asino o con un pulmino. Un soldato sorridente, di nome Yuval, si è avvicinato e ha detto che la causa del ritardo era dovuta a motivi di sicurezza. Questo è quello che i soldati dicono sempre quando sono in ritardo per aprire il cancello chiuso con un lucchetto.

Yuval ha chiesto alle due donne di guidare attraverso il checkpoint aperto e di immettersi sulla strada di sicurezza vietata a chiunque non abbia un permesso. Come le donne hanno successivamente riferito, “due signore anziane con una grande esperienza di vita hanno compiuto [il più grande] errore della loro esistenza obbedendo a un giovane soldato gentile” che aveva detto di volere parlare con loro. E poi, una volta che erano sulla strada, i simpatici soldati, che erano in continuo contatto con il loro comando- le hanno informate che le trattenevano in arresto fino all’arrivo della polizia a causa della loro presenza in una zona proibita.

I soldati erano dei simpatici giovanotti, come ho detto. Hanno perfino offerto del caffè alle donne. Ma eseguivano gli ordini del comando di arrestare le due donne e con il loro gentile comportamento le hanno attirate nella zona proibita. “ I soldati hanno sostenuto che eravamo arrivate dalla Cisgiordania” ha raccontato Shosh, una delle donne. “Gli abbiamo detto:”Certo, da quale altra parte avremmo potuto venire? E da quando è proibito viaggiare in Cisgiordania?”

Hanno anche tentato di dire ai soldati che era una perdita di tempo, che la polizia sarebbe venuta e le avrebbe rilasciate immediatamente e si sarebbe arrabbiata per il disturbo.“ Era come parlare a un muro. Non abbiamo niente contro i soldati. Il problema veniva dal’alto. Gli era stato ordinato di arrestarci.” Dopo innumerevoli telefonate tra i soldati e i comandanti, e siccome stava già diventando buio, hanno detto alle donne che erano libere di andarsene. Così non sono state in grado di controllare la situazione in altri due checkpoint. Forse era questo il vero motivo della manovra?

(Traduzione di Carlo Tagliacozzo)




Sì, Benny Morris, Israele ha perpetrato una pulizia etnica nel 1948

di Daniel Blatman

Haaretz – 14 ottobre 2016

Lo storico israeliano ha ragione su un punto:la convinzione che gli arabi dovessero essere espulsi nel 1948 non fu messa in pratica in modo totale.

Uno storico serio esamina sempre le proprie conclusioni. Se arriva alla conclusione che le cose che ha scritto in precedenza necessitano di una revisione, è obbligato a farsene carico. Ma uno storico che, all’inizio della sua carriera, stabilisce che Israele è responsabile della fuga di massa dei palestinesi nel 1948 e poi cambia la propria opinione fino a diventare il beniamino della destra dei coloni, è un caso patetico. Benny Morris ha seguito questo percorso.

Egli ha tradito due doveri fondamentali per lo storico: avere una mentalità aperta e riconoscere la vasta letteratura di ricerca che riguarda direttamente i suoi ambiti di ricerca; non distorcere le proprie conclusioni precedenti in base alle attuali opinioni politiche. [L’articolo di Morris “Israele non ha attuato nessuna pulizia etnica nel 1948“, Haaretz, 10 ottobre, era una risposta a quello di Daniel Blatman “Netanyahu, ecco cos’è veramente una pulizia etnica“, Haaretz, 3 ottobre].

Il 10 marzo 1948 il quartier generale dell’Haganah [principale milizia armata sionista, da cui è nato l’esercito israeliano. Ndtr.] approvò il “Piano Dalet”, che trattava dell’intenzione di espellere quanti più arabi fosse possibile dal territorio del futuro Stato ebraico. Morris ne ha scritto nel suo libro “1948: una storia della prima guerra arabo-israeliana” (2010) . Egli ha affermato che il piano ha suscitato una disputa storiografica, con gli storici filo-palestinesi che sostengono che fosse un piano generale per espellere gli arabi che vivevano in Israele. Egli ha affermato che un esame accurato del testo del piano porta a una conclusione diversa.

Quale conclusione diversa? Quella di studiosi esperti in pulizia etnica? O di esperti giuridici che si sono cimentati sul problema? No, quella di Morris, naturalmente. Egli non accetta la definizione di pulizia etnica attuata dagli ebrei nel 1948. Forse ci fu una “mini” pulizia etnica a Lod e Ramle [a sud est di Tel Aviv. Ndtr.]. Forse qualche massacro marginale (Deir Yassin), che provocò la fuga terrorizzata dei palestinesi.

Il problema è che queste sono esattamente le circostanze che portano ad una pulizia etnica. Se Morris si fosse preoccupato di studiare attentamente i documenti della Corte Penale Internazionale sulla ex-Jugoslavia, avrebbe capito perché queste affermazioni sarebbero considerate assurde in qualunque seria conferenza scientifica.

Quanto segue è stato sostenuto dal pubblico ministero nel processo a Radovan Karadzic, il leader serbo-bosniaco che è stato condannato per le sue responsabilità nella pulizia etnica dei musulmani di Bosnia: “Nella pulizia etnica..tu agisci in modo tale per cui, in un determinato territorio, i componenti di un determinato gruppo etnico sono eliminati… ci sono dei massacri. Non sono massacrati tutti, ma ci sono massacri allo scopo di spaventare quelle popolazioni…Naturalmente gli altri vengono scacciati. Sono spaventati…e, naturalmente, alla fine queste persone vogliono semplicemente andarsene…Se ne vanno sia per loro stessa iniziativa, oppure sono deportate….Alcune donne sono violentate e, inoltre, spesso vengono distrutti i monumenti che segnano la presenza di una determinata popolazione…per esempio, le chiese cattoliche o le moschee vengono distrutte.”

Esattamente come nel 1948: istruzioni implicite, accordi silenziosi, seminare il timore tra la popolazione la cui fuga è l’obiettivo; la distruzione della presenza fisica che hanno lasciato dietro di sé. Nel suo primo libro sull’argomento, “La nascita del problema dei rifugiati palestinesi, 1947-1949” (1989 in inglese), Morris scrisse: “Gli attacchi dell’Haganah e delle Forze di Difesa Israeliane (l’esercito del neonato Stato d’Israele. Ndtr.), ordini di espulsione, la paura degli attacchi e atti di crudeltà da parte degli ebrei, l’assenza di appoggio da parte del mondo arabo e dell’Alto Comitato Arabo, il senso di impotenza e di abbandono, gli ordini da parte di istituzioni e centri di comando arabi di andarsene ed evacuare, in molti casi erano la diretta e decisiva ragione per la fuga – un attacco da parte dell’Haganah, dell’Irgun, del Lehi [le due milizie armate della destra sionista, poi integrate nell’IDF. Ndtr.] o dell’IDF, o la paura degli abitanti per un simile attacco.”

Circa 15 anni fa, tuttavia, Morris ha cambiato opinione. Nel suo libro “Correggere un errore: ebrei ed arabi in Palestina/Israele, 1936-1956” (2000), egli ha affermato: “La maggioranza degli allontanamenti (da parte dei palestinesi) dalla maggior parte dei luoghi, il più delle volte l’ho attribuita ad attacchi da parte delle forze ebraiche. A volte uno storico deve correggere un errore.” Tanto di cappello ad uno storico che ammette di aver fatto un errore. Ma l’integrità professionale di Morris è messa alla prova in base a quanto egli ha detto ad Ari Shavit (Haaretz, gennaio 2004): “Non penso che le espulsioni del 1948 fossero crimini di guerra.. Penso che lui (Ben Gurion) abbia fatto un grave errore storico nel 1948…fu troppo timoroso durante la guerra. Alla fine vacillò….Se si fosse subito impegnato nell’espulsione, forse avrebbe fatto un lavoro definitivo.”

Allo stesso tempo Morris sostiene che Ben Gurion “non ha mai dato un ordine di espellere gli arabi.” In effetti, non è stato trovato nessun ordine scritto di questo tipo. E il lettore si chiederà: “Quindi c’era un ordine di espulsione, o forse un’espulsione senza un ordine? O forse c’è stata un’espulsione di massa, ma fu incompleta, e dunque non si tratta di pulizia etnica? E Morris rimpiange il fatto che non sia stato dato un ordine per completare la pulizia etnica?” Morris è fortunato a non essersi occupato della ricerca sull’Olocausto. Potrebbe essere stato capace di sostenere che non fu Hitler che ordinò la “Soluzione Finale”, dato che, per quanto ne sappiamo, non è mai stato trovato nessun ordine scritto da lui per l’uccisione degli ebrei europei.

Morris dice che le espulsioni non furono un crimine di guerra, perché furono gli arabi che iniziarono la guerra. In altre parole, centinaia di migliaia di civili innocenti, appartenenti alla parte che aveva iniziato la lotta, dovevano essere espulsi. Forse Morris sarebbe d’accordo che il genocidio compiuto dai tedeschi contro gli Herero nel 1904-1908 [i tedeschi sterminarono in campi di concentramento circa 65.000 indigeni su un totale di 80.000. Ndtr.] era giustificato perché, dopo tutto, gli Herero avevano iniziato la ribellione contro il colonialismo tedesco in Namibia.

Morris ha ragione su una cosa: la convinzione che gli arabi dovessero essere espulsi nel 1948 non fu messa in pratica in modo totale. Ci furono comandanti che obbedirono alla lettera; ce ne furono altri che non lo fecero. E’ esattamente la ragione per cui 160.000 arabi rimasero all’interno dello Stato di Israele nel 1949. Proprio come decine di migliaia di armeni rimasero in Turchia dopo la Prima Guerra Mondiale, perché ci furono funzionari del governo che non applicarono alla lettera l’ordine di espellerli o ucciderli. Fortunatamente, nel 1948 ci furono comandanti dell’IDF che si astennero dal fare quello che sapevano che avrebbero potuto fare senza doverne pagare le conseguenze. Se non fosse stato per loro, il crimine di guerra commesso da Israele sarebbe stato ancora più grande.

L’autore è uno storico.

(traduzione di Amedeo Rossi)




Morti in cifre: un anno di violenze nei territori palestinesi occupati e in Israele

di Chloe Benoist

Ma’an News

4 ottobre 2016

Betlemme (Ma’an) – Nell’ottobre 2015 è iniziata quella che è stata di volta in volta definita come un’ondata di rivolta, una sollevazione palestinese o persino l’ “Intifada di Gerusalemme”.

Qualunque sia il nome, lo scorso anno ha visto un’intensificazione di violenze mortali nei territori palestinesi occupati e in Israele. Nel corso dell’anno, Ma’an ha raccolto i dati relativi a ogni persona che è morta come parte di quest’ultimo capitolo nel conflitto israelo-palestinese.

In totale, Ma’an ha registrato la morte di 274 individui dal primo ottobre 2015 al 30 settembre 2016. Di questi morti, 235 erano palestinesi (l’85,8% dei decessi), 34 erano israeliani (12,4%) e cinque (1,8%) stranieri – due americani, un eritreo, un sudanese e un giordano.

I primi sei mesi -dall’ottobre 2015 al marzo 2016 – hanno visto la grande maggioranza dei decessi, in seguito a scontri presso la moschea di Al-Aqsa nella Gerusalemme est occupata prima della festività ebraica di Rosh Hashanah. Con 234 morti in quei primi sei mesi, la percentuale di decessi da allora è drasticamente scesa, benché una serie di uccisioni in settembre abbia portato a temere che la violenza possa di nuovo aumentare.

Analisi delle vittime palestinesi

Dopo un anno è emersa una fotografia più chiara dei palestinesi che sono morti in questo lasso di tempo. Di questi 235 palestinesi, 231 sono stati uccisi da israeliani, due da altri palestinesi durante attacchi contro gli israeliani e due si sono uccisi mentre realizzavano o cercavano di realizzare attacchi. Prendendo in considerazione le statistiche, emerge un ritratto generale del palestinese medio che è morto durante questo periodo: un giovane uomo post adolescente o sui vent’anni, del distretto di Hebron in Cisgiordania, ucciso dalle forze di sicurezza israeliane.

In base ai dati di Ma’an, l’età media dei palestinesi uccisi è di 23 anni. Tuttavia l’età più frequente dei morti è 19 anni, con 22 giovani palestinesi di quest’età morti lo scorso anno.

I minorenni costituiscono un quarto delle vittime della violenza israeliana, con 60 palestinesi con meno di 18 anni uccisi, il più giovane dei quali era un bambino di 8 mesi assassinato dalle eccessive inalazioni di gas lacrimogeno durante scontri. In totale 11 bambini palestinesi al di sotto dei 14 anni sono stati uccisi, ed altri 49 con un’età tra i 15 e i 17 anni.

Altri 118 palestinesi con un’età tra i 18 e 24 anni sono stati uccisi, con un totale di 178 vittime palestinesi nello scorso anno nati nel periodo della firma degli accordi di Oslo del 1993 o dopo.

Tre quarti degli uccisi dall’ottobre 2015 non hanno mai conosciuto nient’altro che Oslo – il che sembra confermare il rapporto tra l’aumento della violenza e le frustrazioni relative al fallimento degli accordi per la formazione di uno Stato palestinese, in un contesto di peggioramento della situazione nei territori palestinesi occupati segnato da demolizioni di case, violente incursioni notturne e vertiginoso aumento delle colonie.

Mentre un certo numero di donne e ragazze palestinesi sono state uccise – 17 delle quali mentre avrebbero o effettivamente stavano mettendo in atto degli attacchi – durante questo periodo, il loro numero impallidisce a confronto di uomini e ragazzi palestinesi. Dei 235 palestinesi uccisi, 213 erano maschi e 22 femmine – poco meno di una ogni dieci vittime.

Dal punto di vista geografico la maggioranza delle morti palestinesi – per l’esattezza 161 – è avvenuta in Cisgiordania, mentre 36 sono accadute nella città di Gerusalemme, 29 nella Striscia di Gaza assediata e 9 in Israele.

Al contempo 182 erano originari della Cisgiordania, 20 residenti nella Gerusalemme est occupata, 29 di Gaza e 3 erano cittadini palestinesi di Israele. I residenti del distretto di Hebron, per un totale di 73 morti, hanno rappresentato il 31% dei palestinesi ammazzati, confermando che il distretto meridionale della Cisgiordania è l’epicentro dell’ondata di rivolta.

Cercare di quantificare le circostanze in cui i palestinesi sono morti, tuttavia, si dimostra una questione complicata. Mentre la maggioranza dei casi risulta chiara, con riprese video o testimoni oculari in grado di confermare i fatti, in molti esempi la versione ufficiale israeliana dei fatti in cui i palestinesi sono stati uccisi per mano delle forze di sicurezza israeliane o di coloni è stata duramente contestata. In molti casi, testimoni oculari hanno sostenuto che i palestinesi assassinati non costituivano una minaccia al momento della morte o che le forze israeliane hanno collocato apposta dei coltelli o hanno manipolato in altro modo il luogo del crimine.

A causa della difficoltà di accertare le circostanze esatte di ogni caso, Ma’an ha classificato gli attacchi come “presunti” quando la versione ufficiale israeliana dei fatti non ha registrato il ferimento di israeliani e non ci sono stati testimoni esterni, oppure questi testimoni hanno messo in dubbio la versione israeliana dei fatti.

Al contempo sono state classificate come attacchi reali le situazioni in cui non ci sia stato nessun testimone esterno ma ci sia stato il ferimento di israeliani. Questo sistema approssimativo di classificazione è un riflesso della nebulosità che continua quotidianamente a permeare il conflitto israelo-palestinese.

Fatte queste avvertenze, i dati raccolti da Ma’an mostrano quanto segue:

– 69 palestinesi uccisi mentre commettevano o stavano cercando di commettere attacchi all’arma bianca

– 48 palestinesi uccisi mentre stavano presumibilmente cercando di commettere attacchi all’arma bianca

– 62 palestinesi uccisi dalle forze israeliane durante scontri o incursioni di polizia e/o esercito

– 13 palestinesi uccisi mentre commettevano attacchi con veicoli

– 8 palestinesi uccisi mentre presumibilmente commettevano attacchi con veicoli

– 8 palestinesi uccisi mentre commettevano attacchi con armi da fuoco

– 4 palestinesi uccisi mentre presumibilmente commettevano o cercavano di commettere attacchi con armi da fuoco

– 5 palestinesi uccisi mentre commettevano attacchi simultanei con armi da fuoco e all’arma bianca

– 3 palestinesi uccisi mentre commettevano attacchi simultanei con armi da fuoco e con veicoli

– 1 palestinese ucciso mentre commetteva un attacco simultaneo all’arma bianca con un veicolo

– 2 palestinesi uccisi mentre commettevano attacchi con ordigni esplosivi o incendiari

– 2 palestinesi uccisi mentre presumibilmente commettevano attacchi con ordigni esplosivi o incendiari

– 5 palestinesi uccisi da attacchi aerei e bombardamenti

– 5 palestinesi uccisi mentre assistevano ad atti di violenza

Basandosi su questi dati, 122 palestinesi, ossia il 52% , sono stati uccisi mentre commettevano o si afferma che stessero commetendo attacchi all’arma bianca, confermando l’impressione che lo scorso anno sia stato segnato da attacchi in scala ridotta con coltelli o armi simili.

Analisi delle vittime israeliane

Invece il profilo delle vittime israeliane della violenza disegna un’immagine diversa.

Per le vittime israeliane l’età media è stata di 37 anni, con la vittima più giovane, Hallel Ariel, che aveva 13 anni, l’unico minore israeliano ucciso nell’ondata di rivolta. Le età più frequenti sono state 19 e 21 anni, – un fatto che non sorprende, dato che la stragrande maggioranza degli attacchi palestinesi ha preso di mira soldati, che normalmente iniziano il servizio militare a 18 anni.

Tuttavia soldati e poliziotti contano solo 7 morti, il che può essere spiegato con l’alto livello di protezioni ed equipaggiamento protettivo indossato durante il servizio militare, che deve aver presumibilmente evitato ferite mortali in numerosi attacchi.

Al contempo 18 israeliani assassinati risiedevano nelle colonie illegali di Gerusalemme est e della Cisgiordania. Il fatto che i coloni siano meno armati o protetti dei soldati li ha resi bersagli più vulnerabili per gli attacchi, mentre le restrizioni agli spostamenti dei palestinesi fuori dai territori palestinesi occupati hanno reso gli israeliani che vi abitano obiettivi più accessibili per i palestinesi che intendevano attaccare israeliani.

Circa 24 israeliani sono stati uccisi in Cisgiordania e a Gerusalemme est, mentre altri 10 sono stati uccisi in Israele. All’interno di Israele, la città costiera di Tel Aviv è stata di gran lunga la più colpita, con tre attacchi separati che hanno ucciso 8 israeliani – così come un cittadino palestinese di Israele.

Riguardo al sesso, 8 degli israeliani uccisi erano donne, rappresentando il 23,5% delle vittime, con una sola di queste che faceva parte delle forze di sicurezza.

Riguardo invece alle circostanze della morte, secondo i dati di Ma’an:

– 16 israeliani sono stati uccisi in attacchi all’arma bianca

– 12 israeliani sono stati uccisi in attacchi con armi da fuoco

– 2 israeliani sono stati uccisi in attacchi, reali o presunti, con veicoli

– 2 israeliani sono stati uccisi in attacchi simultanei con armi da fuoco e all’arma bianca

– 2 israeliani sono stati uccisi da fuoco amico.

Mentre 32 israeliani sono stati uccisi dai palestinesi, due altri sono stati uccisi dalle forze israeliane che stavano cercando di sparare a presunti aggressori palestinesi.

Mentre il ritmo delle violenze si è significativamente ridotto dall’ottobre 2015, lo scorso mese ha visto un accentuato incremento delle vittime. L’ultima, il ventottenne Naseem Abu Meizar, è stato ucciso dalle forze israeliane il 30 settembre, mentre 7 palestinesi e un giordano sono stati uccisi dagli israeliani nello spazio di 5 giorni.

Circa un anno dopo che il segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon ha reso pubblico un monito in cui metteva in relazione la violenza nei territori palestinesi occupati e in Israele con l’impatto sociale e politico dell’occupazione israeliana sui palestinesi, ma la recrudenscenza di violenza omicida resta una possibilità reale.

“Non possiamo ignorare il senso di disperazione che giunge con il lento svanire della speranza,” ha detto Ban all’epoca. “Dobbiamo porre fine al circolo senza fine, inutile e insensato di sofferenze e iniziare il duro lavoro necessario per ripristinare la convinzione che autentici progressi verso la pace siano possibili. Non fare ciò incoraggerà solo i sostenitori della violenza e della divisione.”

Qui di seguito trovate un elenco compilato da Ma’an con i palestinesi uccisi da israeliani, israeliani uccisi da palesitnesi e altre vittime della violenza dal 1 ottobre 2015 al 30 settembre 2016.

Palestinesi uccisi da israeliani

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Data dell’attacco

Nome

Età

Sex

Luogo del decesso/ferite mortali

Causa della morte

Circostanze

Luogo di residenza

1

3 Ottobre 2015

Mohannad Shafiq Halabi

19

M

Gerusalemme est

Ucciso dalla polizia

Attacco all’arma bianca

Surda, distretto di Ramallah

2

3 Ottobre 2015

Fadi Samir Mustafa Alloun

19

M

Gerusalemme ovest

Ucciso dalla polizia

Attacco all’arma bianca

Issawiya, Gerusalemme est

3

4 Ottobre 2015

Huthayfa Othman Suleiman

18

M

Tulkarem, distretto di Tulkarem

Colpito dall’esercito, morto in seguito alle ferite

Scontri

Balaa, distretto di Tulkarem

4

4 Ottobre 2015

Abd al-Rahman Ubeidallah

13

M

Campo di rifugiati di Aida, distretto di Betlemme

Ucciso dall’esercito

Scontri

campo di rifugiati di Aida, distretto di Betlemme

5

7 Ottobre 2015

Amjad Hatem al-Jundi

20

M

Kiryat Gat, Israele

Ucciso dalla polizia

Attacco all’arma bianca

Yatta, distretto di Hebron

6

8 Ottobre 2015

Wissam Faraj

20

M

campo di rifugiati di Shufat, distretto di Gerusalemme

Ucciso dalla polizia di frontiera

Scontri

Campo di rifugiati di Shufat, distretto di Gerusalemme

7

8 Ottobre 2015

Thaer Abu Ghazaleh

19

M

Tel Aviv, Israele

Ucciso dall’esercito

Attacco all’arma bianca

Città Vecchia, Gerusalemme est

8

8 Ottobre 2015

Ibrahim Ahmad Mustafa Aoud

27

M

Beit Ummar, distretto di Hebron

Ucciso dall’esercito, morto in seguito alle ferite

Scontri

Beit Ummar, distretto di Hebron

9

9 Ottobre 2015

Muhammad Fares Abdullah al-Jaabari

19

M

Colonia di Kiryat Arba, distretto di Hebron

Ucciso dall’esercito

Attacco all’arma bianca

Hebron, distretto di Hebron

10

9 Ottobre 2015

Shadi Hussam Dawla

20

M

Al-Shujayya, Gaza

Ucciso dall’esercito

Scontri

Al-Shujayya, Gaza

11

9 Ottobre 2015

Ahmad al-Harbawi

20

M

Al-Shujayya, Gaza

Ucciso dall’esercito

Scontri

campo di rifugiati di Al-Nuseirat, Gaza

12

9 Ottobre 2015

Abed al-Wahidi

20

M

Al-Shujayya, Gaza

Ucciso dall’esercito

Scontri

Al-Shujayya, Gaza

13

9 Ottobre 2015

Muhammad al-Raqeb

15

M

Khan Yunis, Gaza

Ucciso dall’esercito

Scontri

Bani Suheila, Gaza

14

9 Ottobre 2015

Ziad Nabil Sharaf

20

M

Khan Yunis, Gaza

Ucciso dall’esercito

Scontri

Khan Yunis, Gaza

15

9 Ottobre 2015

Adnan Moussa Abu Elayyan

22

M

Khan Yunis, Gaza

Ucciso dall’esercito

Scontri

Bani Suheila, Gaza

16

9 Ottobre 2015

Jihad Salim al-Ubeid

22

M

Abasan al-Kabirah, Gaza

Colpito dall’esercito, morto in seguito alle ferite

Scontri

Wadi al-Salqa, Gaza

17

10 Ottobre 2015

Ishaq Badran

16

M

Città Vecchia, Gerusalemme est

Ucciso dall’esercito

Attacco all’arma bianca

Kafr Aqab, Gerusalemme est

18

10 Ottobre 2015

Muhammad Saed Ali

19

M

Città Vecchia, Gerusalemme est

Ucciso dall’esercito

Attacco all’arma bianca

Campo di rifugiati di Shufat, distretto di Gerusalemme

19

10 Ottobre 2015

Marwan Barbakh

13

M

Abasan al-Kabirah, Gaza

Ucciso dall’esercito

Scontri

Khan Yunis, Gaza

20

10 Ottobre 2015

Khalil Othman

15

M

Abasan al-Kabirah, Gaza

Ucciso dall’esercito

Scontri

Khan Yunis, Gaza

21

10 Ottobre 2015

Ahmad Salah

24

M

Campo di rifugiati di Shufat, distretto di Gerusalemme

Ucciso dall’esercito

Scontri

Campo di rifugiati di Shufat, distretto di Gerusalemme

22

11 Ottobre 2015

Ahmad Sharaka

13

M

Al-Bireh, distretto di Ramallah

Ucciso dall’esercito

Scontri

Campo di rifugiati di al-Jalazun, distretto di Ramallah

23

11 Ottobre 2015

Nour Rasmi Hassan

25

F

Gaza City, Gaza

Crollo della casa

Attacco aereo

Gaza City, Gaza

24

11 Ottobre 2015

Rahaf Yahya Hassan

2

F

Gaza City, Gaza

Crollo della casa

Attacco aereo

Gaza City, Gaza

25

11 Ottobre 2015

Khalil Hassan Abu Ubeid

25

M

Campo di rifugiati di Al-Bureij, Gaza

Colpito da una granata lacrimogena, morto in seguito alle ferite

Scontri

Khan Yunis, Gaza

26

12 Ottobre 2015

Mustafa Adel al-Khatib

18

M

Città Vecchia, Gerusalemme est

Ucciso dall’esercito

Presunto attacco all’arma bianca

Jabal al-Mukabbir, Gerusalemme est

27

12 Ottobre 2015

Hassan Khalid al-Manasra

15

M

Colonia di Pisgat Zeev, Gerusalemme est

Ucciso dalla polizia

Attacco all’arma bianca

Beit Hanina, Gerusalemme est

28

12 Ottobre 2015

Mohammed Nazmi Elayyan Shamasma

23

M

Gerusalemme ovest

Ucciso dalla polizia

Tentativo di attacco all’arma bianca

Qatanna, distretto di Gerusalemme

29

13 Ottobre 2015

Bahaa Elayyan

22

M

Gerusalemme ovest

Ucciso dalla polizia

Attacco con arma bianca e arma da fuoco

Jabal al-Mukabbir, Gerusalemme est

30

13 Ottobre 2015

Alaa Daoud Ali Abu Jamal

33

M

Gerusalemme ovest

Ucciso da un civile

Attacco con arma bianca e arma da fuoco

Jabal al-Mukabbir, Gerusalemme est

31

13 Ottobre 2015

Mutaz Ibrahim Zawahreh

27

M

Betlemme, Betlemme distretto di

Ucciso dall’esercito

Scontri

Campo di rifugiati di Al-Duheisha, distretto di Betlemme

32

14 Ottobre 2015

Basil Bassam Ragheb Sidr

20

M

Città Vecchia, Gerusalemme est

Ucciso dalla polizia di frontiera

Presunto attacco all’arma bianca

Hebron, distretto di Hebron

33

14 Ottobre 2015

Ahmad Shaaban

23

M

Gerusalemme ovest

Ucciso dalla polizia

Attacco all’arma bianca

Ras al-Amoud, Gerusalemme est

34

16 Ottobre 2015

Yahya Karira

20

M

Gaza City, Gaza

Ucciso dall’esercito

Scontri

Gaza City, Gaza

35

16 Ottobre 2015

Eyad Khalil Awawdeh

26

M

Halhul, distretto di Hebron

Ucciso dall’esercito

Attacco all’arma bianca

Al-Muwarraq, distretto di Hebron

36

16 Ottobre 2015

Ihab Jihad Hanani

19

M

Beit Furik, distretto di Nablus

Ucciso dall’esercito

Scontri

Beit Furik, distretto di Nablus

37

16 Ottobre 2015

Yahiya Abd al-Qader Farhat

24

M

Checkpoint di Erez, Gaza

Ucciso dall’esercito, morto in seguito alle ferite

Scontri

Al-Shati, Gaza

38

16 Ottobre 2015

Mahmoud Hatim Hmeid

22

M

Gaza City, Gaza

Ucciso dall’esercito

Scontri

Gaza City, Gaza

39

16 Ottobre 2015

Shawiq Jamal Jabr Ubeid

37

M

Gaza

Ucciso dall’esercito

Scontri

Jabaliya, Gaza

40

17 Ottobre 2015

Fadil Muhammad Awad al-Qawasmi

18

M

Hebron, distretto di Hebron

Ucciso da un colono

Presunto attacco all’arma bianca

Hebron, distretto di Hebron

41

17 Ottobre 2015

Tareq al-Natsheh

16

M

Hebron, distretto di Hebron

Ucciso dalla polizia di frontiera

Attacco all’arma bianca

Hebron, distretto di Hebron

42

17 Ottobre 2015

Omar al-Faqih

23

M

Checkpoint di Qalandiya, distretto di Ramallah

Ucciso dalla polizia di frontiera

Attacco all’arma bianca

Qatanna, distretto di Gerusalemme

43

17 Ottobre 2015

Muataz Ahmad Hajis Uweisat

16

M

Colonia di Armon Hanatziv, Gerusalemme est

Ucciso dalla polizia di frontiera

Presunto attacco all’arma bianca

Jabal al-Mukabbir, Gerusalemme est

44

17 Ottobre 2015

Bayan Ayman Abd al-Hadi al-Esseili

17

F

Hebron, distretto di Hebron

Uccisa dall’esercito

Attacco all’arma bianca

Hebron, distretto di Hebron

45

18 Ottobre 2015

Muhannad al-Aqabi

21

M

Beersheba, Israele

Ucciso dall’esercito

Attacco con arma da fuoco

Hura, Israele

46

20 Ottobre 2015

Uday Hashim al-Masalma

24

M

Beit Awwa, distretto di Hebron

Ucciso dall’esercito

Attacco all’arma bianca

Beit Awwa, distretto di Hebron

47

20 Ottobre 2015

Bashar Nidal al-Jabari

15

M

Hebron, distretto di Hebron

Ucciso dall’esercito

Attacco all’arma bianca

Hebron, distretto di Hebron

48

20 Ottobre 2015

Hussam Ismail al-Jabari

17

M

Hebron, distretto di Hebron

Ucciso dall’esercito

Attacco all’arma bianca

Hebron, distretto di Hebron

49

20 Ottobre 2015

Hamzeh Moussa al-Imla

25

M

Colonia di Gush Etzion, distretto di Betlemme

Ucciso dall’esercito

Attacco con veicolo

Beit Ula, distretto di Hebron

50

20 Ottobre 2015

Ahmad al-Sarhi

27

M

vicino a al-Bureij, Gaza

Ucciso dall’esercito

Scontri

Deir al-Balah, Gaza

51

21 Ottobre 2015

Mutaz Atallah Qassem

22

M

Vicino alla colonia di Adam, distretto di Gerusalemme

Ucciso dall’esercito

Attacco all’arma bianca

Al-Eizariya, distretto di Gerusalemme

52

21 Ottobre 2015

Hashem al-Azzeh

54

M

Hebron, distretto di Hebron

Eccesso di gas lacrimogeni

Scontri

Hebron, distretto di Hebron

53

22 Ottobre 2015

Mahmoud Khalid Ghneimat

20

M

Beit Shemesh, Israele

Ucciso dalla polizia

Attacco all’arma bianca

Surif, distretto di Hebron

54

24 Ottobre 2015

Ahmad Muhammad Said Kamil

16

M

Checkpoint di Al-Jalama, distretto di Jenin

Ucciso dall’esercito

Presunto tentativo di attacco all’arma bianca

Qabatiya, distretto di Jenin

55

25 Ottobre 2015

Dania Irsheid

17

F

Hebron, distretto di Hebron

Uccisa dalla polizia di frontiera

Presunto

tentativo di attacco all’arma bianca

Hebron, distretto di Hebron

56

26 Ottobre

2015

Raed Saket Abdul-Rahim Jaradat

22

M

Incrocio di Beit Einun, distretto di Hebron

Ucciso dall’esercito

Attacco all’arma bianca

Sair, distretto di Hebron

57

26 Ottobre

2015

Saad Muhammad Youssef al-Atrash

19

M

Hebron, distretto di Hebron

Ucciso dall’esercito

Tentativo di attacco all’arma bianca

Hebron, distretto di Hebron

58

26 Ottobre

2015

Iyad Rawhi Jaradat

17

M

Hebron, distretto di Hebron

Ucciso dall’esercito

Scontri

Sair, distretto di Hebron

59

27 Ottobre 2015

Shabaan Abu Shkeidem

17

M

Colonia di Gush Etzion, distretto di Betlemme

Ucciso dall’esercito

Attacco all’arma bianca

Hebron, distretto di Hebron

60

27 Ottobre 2015

Shadi Nabil Abd al-Muti al-Qudsi

22

M

Colonia di Gush Etzion, distretto di Betlemme

Ucciso dall’esercito

Attacco all’arma bianca

Hebron, distretto di Hebron

61

27 Ottobre 2015

Hammam Said

23

M

Hebron, distretto di Hebron

Ucciso dall’esercito

Alleged attempted Presunto tentativo di attacco all’arma bianca

Hebron, distretto di Hebron

62

28 Ottobre 2015

Islam Rafiq Hammad Ibeido

23

M

Colonia di Kiryat Arba, distretto di Hebron

Ucciso dall’esercito

Presunto tentativo di attacco all’arma bianca

Hebron, distretto di Hebron

63

29 Ottobre 2015

Mahdi Mohammad Ramadan al-Muhtasib

23

M

Hebron, distretto di Hebron

Ucciso dall’esercito

Presunto tentativo di attacco all’arma bianca

Hebron, distretto di Hebron

64

29 Ottobre 2015

Farouq Abd al-Qader Omar Sidr

19

M

Hebron, distretto di Hebron

Ucciso dall’esercito

Presunto tentativo di attacco all’arma bianca

Hebron, distretto di Hebron

65

30 Ottobre 2015

Qassem Mahmoud Sabaneh

19

M

Checkpoint di Zaatara, distretto di Nablus

Ucciso dalla polizia di frontiera

Presunto tentativo di attacco all’arma bianca

Qabatiya, distretto di Jenin

66

30 Ottobre 2015

Ramadan Mohammad Faisal Thawabta

8 mesi

M

Beit Fajjar, distretto di Betlemme

Eccesso di gas lacrimogeni

Scontri

Beit Fajjar, distretto di Betlemme

67

30 Ottobre 2015

Ahmad Hamada Qneibi

24

M

Sheikh Jarrah, Gerusalemme est

Ucciso dalla polizia

Attacco all’arma bianca

Kafr Aqab, Gerusalemme est

68

31 Ottobre 2015

Mahmoud Talal Mahmoud Nazzal

18

M

Checkpoint di Al-Jalama, distretto di Jenin

Ucciso da una guardia giurata

Alleged attempted Attacco all’arma bianca

Qabatiya, Jenin distretto di

69

1 Novembre 2015

Fadi Hasan al-Faroukh

27

M

Beit Einun, distretto di Hebron

Ucciso dalla polizia di frontiera

Presunto tentativo di attacco all’arma bianca

Sair, distretto di Hebron

70

2 Novembre 2015

Ahmed Awad Abu al-Rub

16

M

Al-Jalameh, distretto di Jenin

Ucciso dall’esercito

Presunto tentativo di attacco all’arma bianca

Qabatiya, distretto di Jenin

71

4 Novembre 2015

Ibrahim Skafi

22

M

Hebron, distretto di Hebron

Ucciso dall’esercito

Attacco con un veicolo

Tulkarem, distretto di Tulkarem

72

5 Novembre 2015

Malik Talal al-Sharif

25

M

Gush Etzion, distretto di Betlemme

Ucciso dall’esercito

Presunto tentativo di attacco all’arma bianca

Hebron, distretto di Hebron

73

6 Novembre 2015

Tharwat al-Sharawi

72

F

Halhul, distretto di Hebron

Uccisa dall’esercito

Presunto attacco con un veicolo

Hebron, distretto di Hebron

74

6 Novembre 2015

Salameh Musa Abu Jame

23

M

Khan Yunis, Gaza

Ucciso dall’esercito

Scontri

Bani Suheila, Gaza

75

8 Novembre 2015

Sulaiman Aqel Muhammad Shahin

22

M

Checkpoint di Zaatara, distretto di Nablus

Ucciso dall’esercito

Attacco con un veicolo

Al-Bireh, distretto di Ramallah

76

9 Novembre 2015

Rasha Muhammad Oweisi

24

F

Checkpoint di Eliyahu vicino alla colonia di Alfei Menashe, distretto di Qalqiliya

Uccisa dall’esercito

Attacco all’arma bianca

Qalqiliya, distretto di Qalqiliya

77

10 Novembre 2015

Sadeq Ziad Gharbiyeh

16

M

Al-Sawahrah al-Sharqiyah, distretto di Gerusalemme

Ucciso dalla polizia di frontiera

Presunto tentativo di attacco all’arma bianca

Sanur, distretto di Jenin

78

10 Novembre 2015

Muhammad Nimr

37

M

Città Vecchia, Gerusalemme est

Ucciso da una guardia giurata

Presunto attacco all’arma bianca

Al-Issawiya, Gerusalemme est

79

11 Novembre 2015

Ibrahim Abd al-Halim Yousif Dawood

16

M

Al-Bireh, distretto di Ramallah

Colpito dall’esercito, morto in seguito alle ferite

Scontri

Deir Ghassan, distretto di Ramallah

80

11 Novembre 2015

Mahmoud Said Elayyan

20

M

Ramallah, distretto di Ramallah

Colpito dall’esercito, morto in seguito alle ferite

Scontri

Anata, distretto di Gerusalemme

81

12 Novembre 2015

Abdullah Azzam Shalaldah

28

M

Hebron, distretto di Hebron

Ucciso da soldati mascherati

Incursione dell’esercito

Sair, distretto di Hebron

82

12 Novembre 2015

Issa al-Shalaldah

22

M

Hebron, distretto di Hebron

Colpito dall’esercito, morto in seguito alle ferite

Scontri

Sair, distretto di Hebron

83

13 Novembre 2015

Hassan Jihad al-Baw

23

M

Halhul, Hebron distretto di

Ucciso dall’esercito

Scontri

Halhul, Hebron distretto di

84

13 Novembre 2015

Lafi Yousif Mustafa Awad

22

M

Budrus, distretto di Ramallah

Ucciso dall’esercito

Scontri

Budrus, distretto di Ramallah

85

16 Novembre 2015

Laith Assad Manasra

21

M

Campo di rifugiati di Qalandiya, distretto di Ramallah

Ucciso dall’esercito

Scontri

Campo di rifugiati di Qalandiya, distretto di Ramallah

86

16 Novembre 2015

Ahmad Abu al-Aish

28

M

Campo di rifugiati di Qalandiya, distretto di Ramallah

Ucciso dall’esercito

Scontri

Qalandiya campo di rifugiati di, distretto di Ramallah

87

17 Novembre 2015

Muhammad Munir Hassan Saleh

24

M

Turmusayya, distretto di Ramallah

Ucciso dall’esercito

Shooting attack

Arura, distretto di Ramallah

88

Novembre 22, 2015

Issa Thawabta

34

M

Colonia di Gush Etzion, distretto di Betlemme

Ucciso dall’esercito

Attacco all’arma bianca

Beit Fajjar, distretto di Betlemme

89

22 Novembre 2015

Ashraqat Taha Ahmad Qatanani

16

F

Huwwara, distretto di Nablus

Scappato, ucciso da un colono

Presunto tentativo di attacco all’arma bianca

Nablus, distretto di Nablus

90

22 Novembre 2015

Shadi Khasib

32

M

Gerusalemme ovest

Ucciso da un colono

Presunto tentativo di attacco all’arma bianca

Al-Bireh, distretto di Ramallah

91

23 Novembre 2015

Hadeel Wajih Awwad

14

F

Gerusalemme ovest

Uccisa da una guardia giurata

Attacco all’arma bianca

Campo di rifugiati di Qalandiya, distretto di Ramallah

92

Novembre 23, 2015

Ahmad Jamal Taha

16

M

Route 443, Ramallah distretto di

Ucciso dall’esercito

Attacco all’arma bianca

Qutna, Ramallah distretto di

93

23 Novembre 2015

Alaa Khalil Sabah Hashash

16

M

Huwwara, distretto di Nablus

Ucciso dall’esercito

Tentativo di attacco all’arma bianca

Nablus, distretto di Nablus

94

23 Novembre 2015

Samah Abd al-Mumen Ahmad

18

F

Huwwara, distretto di Nablus

Colpita dall’esercito, morta in seguito alle ferite

Spettatrice di un tentativo di attacco all’arma bianca

Amuriyya, distretto di Nablus

95

25 Novembre 2015

Muhammad Ismail Shubaki

19

M

Vicino al campo di rifugiati di al-Fawwar, distretto di Hebron

Ucciso dall’esercito

Attacco all’arma bianca

Campo di rifugiati di Al-Arrub, distretto di Hebron

96

26 Novembre 2015

Yahya Yusri Taha

21

M

Qatanna, distretto di Gerusalemme

Ucciso dall’esercito

Scontri

Qatanna, distretto di Gerusalemme

97

26 Novembre 2015

Samer Hassan Mbadda Sarisi

51

M

Checkpoint di Zaatara, distretto di Nablus

Ucciso dall’esercito

Presunto tentativo di attacco all’arma bianca

Jenin, distretto di Jenin

98

26 Novembre 2015

Khalid Mahmoud al-Jawabreh

19

M

Campo di rifugiati di Al-Arrub, distretto di Hebron

Ucciso dall’esercito

Scontri

Campo di rifugiati di Al-Arrub, distretto di Hebron

99

27 Novembre 2015

Fadi Muhammad Mahmoud Khasib

25

M

Vicino alla colonia di Kfar Adumim, distretto di Gerusalemme

Ucciso da un colono

Attacco con un veicolo

Al-Bireh, distretto di Ramallah

100

27

Novembre 2015

Omar Arafat Issa al-Zaaqiq

19

M

Beit Ummar, distretto di Hebron

Ucciso dall’esercito

Attacco con un veicolo

Beit Ummar, distretto di Hebron

101

29 Novembre 2015

Baseem Abd al-Rahman Mustafa Salah

38

M

Città Vecchia, Gerusalemme est

Ucciso dalla polizia

Attacco all’arma bianca

Nablus, distretto di Nablus

102

29 Novembre 2015

Ayman Samih al-Abbasi

17

M

Silwan, Gerusalemme est

Ucciso dalla polizia

Scontri

Silwan, Gerusalemme est

103

1 Dicembre, 2015

Mamoun al-Khatib

16

M

Gush Etzion Colonia di, Betlemme distretto di

Ucciso dall’esercito

Presunto tentativo di attacco all’arma bianca

Doha, distretto di Betlemme

104

1 Dicembre 2015

Maram Ramiz Hassouna

19

F

Checkpoint di Enav, distretto di Tulkarem

Uccisa dall’esercito

Presunto tentativo di attacco all’arma bianca

Rafidia, distretto di Nablus

105

3 Dicembre 2015

Mazin Hasan Ureiba

35

M

Checkpoint di Hizma distretto di Gerusalemme

Ucciso dall’esercito

Attacco con arma da fuoco

Abu Dis, distretto di Gerusalemme

106

3 Dicembre 2015

Izz al-Din Abdallah Muhammad Raddad

21

M

Città Vecchia, Gerusalemme est

Ucciso dalla polizia

Attacco all’arma bianca

Saida, distretto di Tulkarem

107

4 Dicembre 2015

Taher Faysal Fannoun

19

M

Hebron, distretto di Hebron

Ucciso dall’esercito

Attacco all’arma bianca

Hebron, distretto di Hebron

108

4 Dicembre 2015

Mustafa Fadhil Fannoun

15

M

Hebron, distretto di Hebron

Ucciso dall’esercito

Attacco all’arma bianca

Hebron, distretto di Hebron

109

4 Dicembre 2015

Anas Bassam Hammad

21

M

vicino alla colonia di Ofar, distretto di Ramallah

Ucciso dall’esercito

Attacco con un veicolo

Silwad, distretto di Ramallah

110

4 Dicembre 2015

Abd al-Rahman Barghouthi

26

M

Abud, distretto di Ramallah

Ucciso dall’esercito

Presunto tentativo di attacco all’arma bianca

Abud, distretto di Ramallah

111

6 Dicembre 2015

Omar Skafi

21

M

Gerusalemme ovest

Ucciso dalla polizia

Attacco con un veicolo e all’arma bianca

Beit Hanina, Gerusalemme est

112

7 Dicembre 2015

Ihab Fathi Miswadi

21

M

Hebron, distretto di Hebron

Ucciso dalla polizia di frontiera

Attacco all’arma bianca

Hebron, distretto di Hebron

113

8 Dicembre 2015

Malik Akram Shahin

19

M

Campo di rifugiati di Al-Duheisha, distretto di Betlemme

Ucciso dall’esercito

Incursione dell’esercito

campo di rifugiati di Al-Duheisha, distretto di Betlemme

114

9 Dicembre 2015

Abd al-Rahman Miswadeh

21

M

Hebron, distretto di Hebron

Ucciso da una guardia giurata

Attacco all’arma bianca

Hebron, distretto di Hebron

115

11 Dicembre

2015

Omar al-Hroub

55

M

Halhul, distretto di Hebron

Ucciso dall’esercito

Presunto tentativo di attacco con un veicolo

Deir Samit, distretto di Hebron

116

11 Dicembre

2015

Uday Irsheid

24

M

Hebron, distretto di Hebron

Ucciso dall’esercito

Scontri

Hebron, distretto di Hebron

117

11 Dicembre

2015

Sami Shawqi Madhi

41

M

campo di rifugiati di Al-Bureij,

Gaza

Ucciso dall’esercito

Scontri

campo di rifugiati di Al-Bureij,

Gaza

118

14 Dicembre 2015

Abd al-Muhsen Hassuneh

21

M

Gerusalemme ovest

Ucciso dalla polizia

Attacco con un veicolo

Beit Hanina, Gerusalemme est

119

16 Dicembre 2015

Ahmad Jahajha

20

M

Campo di rifugiati di Qalandiya, distretto di Ramallah

Ucciso dall’esercito

Presunto attacco con un veicolo

Campo di rifugiati di Qalandiya, distretto di Ramallah

120

16 Dicembre 2015

Hikmat Hamdan

29

M

campo di rifugiati di Qalandiya, distretto di Ramallah

Ucciso dall’esercito

Presunto attacco con un veicolo

Al-Bireh, distretto di Ramallah

121

17 Dicembre 2015

Abdullah Hussein Nasasra

15

M

Checkpoint di Huwwara, Nablus distretto di

Ucciso dall’esercito

Presunto tentativo di attacco all’arma bianca

Beit Furik, distretto di Nablus

122

18

Dicembre 2015

Muhammad Abd al-Rahman Ayyad

21

M

Silwad, distretto di Ramallah

Ucciso dall’esercito

Attacco con un veicolo

Silwad, distretto di Ramallah

123

18

Dicembre, 2015

Nashaat Asfour

34

M

Sinjil, distretto di Ramallah

Ucciso dall’esercito

Scontri

Sinjil, distretto di Ramallah

124

18 Dicembre 2015

Mahmoud Muhammad Saed al-Agha

20

M

Khan Yunis, Gaza

Ucciso dall’esercito

Scontri

Khan Yunis, Gaza

125

23

Dicembre 2015

Issa Assaf

21

M

Città Vecchia, Gerusalemme est

Ucciso dalla polizia

Attacco all’arma bianca

Campo di rifugiati di Qalandiya, distretto di Ramallah

126

23 Dicembre 2015

Anan Abu Habsa

20

M

Città Vecchia, Gerusalemme est

Ucciso dalla polizia

Attacco all’arma bianca

Campo di rifugiati di Qalandiya, distretto di Ramallah

127

24 Dicembre 2015

Wisam Abu Ghwaila

22

M

vicino alla colonia di Geva Binyamin, distretto di Ramallah

Ucciso dall’esercito

Attacco con un veicolo

Campo di rifugiati di Qalandiya, distretto di Ramallah

128

24 Dicembre 2015

Iyad Jamal Issa Ideis

25

M

Checkpoint di Ari, distretto di Hebron

Ucciso dall’esercito

Presunto tentativo di attacco all’arma bianca

Yatta, distretto di Hebron

129

24 Dicembre 2015

Muhammad Zahran Abdul-Halim Zahran

22

M

Colonia di Ariel, distretto di Salfit

Ucciso da una guardia giurata

Attacco all’arma bianca

Kafr al-Dik, distretto di Salfit

130

24 Dicembre 2015

Bilal Zayid

23

M

Campo di rifugiati di Qalandiya, distretto di Ramallah

Ucciso dall’esercito

Scontri

Campo di rifugiati di Qalandiya, distretto di Ramallah

131

25 Dicembre 2015

Hani Rafiq Wahdan

22

M

Shujayya, Gaza

Ucciso dall’esercito

Scontri

Shujayya, Gaza

132

25 Dicembre 2015

Mahdia Mohammad Ibrahim Hammad

39

F

Silwad, distretto di Ramallah

Uccisa dalla polizia

Presunto attacco con un veicolo

Silwad, distretto di Ramallah

133

25 Dicembre 2015

Yousif Abu Sbeikha al-Buheiri

48

M

Al-Maghazi, campo di rifugiati di Gaza

Ucciso dall’esercito, deceduto in seguito alle ferite

Scontri

Campo di rifugiati di Al-Maghazi, Gaza

134

26 Dicembre 2015

Maher al-Jabi

56

M

Checkpoint di Huwwara, distretto di Nablus

Ucciso dall’esercito

Attacco con un veicolo

Nablus, distretto di Nablus

135

26 Dicembre 2015

Musab Mahmoud al-Ghazali

26

M

Gerusalemme ovest

Ucciso dalla polizia

Presunto tentativo di attacco all’arma bianca

Silwan, Gerusalemme est

136

27 Dicembre 2015

Muhammad Rafiq Hussein Sabana

17

M

Huwwara, distretto di Nablus

Ucciso dall’esercito

Attacco all’arma bianca

Qabatiya, distretto di Jenin

137

27 Dicembre 2015

Nour al-Deen Muhammad Abdul-Qadir Sabana

23

M

Huwwara, distretto di Nablus

Ucciso dall’esercito

Attacco all’arma bianca

Qabatiya, distretto di Jenin

138

31 Dicembre 2015

Hassan Ali Hassan Bozor

22

M

Checkpoint di Huwwara, distretto di Nablus

Ucciso dall’esercito

Attacco con un veicolo

Raba, distretto di Jenin

139

5 Gennaio 2016

Ahmad Younis Kawazba

17

M

Incrocio della colonia di Gush Etzion, distretto di Betlemme

Ucciso dall’esercito

Attacco all’arma bianca

Sair, distretto di Hebron

140

7 Gennaio 2016

Ahmad Salim Abd al-Majid Kawazba

21

M

Incrocio della colonia di Gush Etzion, distretto di Betlemme

Ucciso dall’esercito

Presunto tentativo di attacco all’arma bianca

Sair, distretto di Hebron

141

7 Gennaio 2016

Alaa Abed Muhammad Kawazba

17

M

Incrocio della colonia di Gush Etzion, distretto di Betlemme

Ucciso dall’esercito

Presunto tentativo di attacco all’arma bianca

Sair, distretto di Hebron

142

7 Gennaio 2016

Muhannad Ziyad Kawazba

20

M

Incrocio della colonia di Gush Etzion, distretto di Betlemme

Ucciso dall’esercito

Presunto tentativo di attacco all’arma bianca

Sair, distretto di Hebron

143

7 Gennaio 2016

Khalil Muhammad al-Shalaldah

16

M

Beit Einun junction, Hebron distretto di

Ucciso dall’esercito

Presunto tentativo di attacco all’arma bianca

Sair, distretto di Hebron

144

8 Gennaio 2016

Nashat Melhem

29

M

Arara, Israele

Ucciso dalla polizia

Astante durante una sparatoria mortale

Arara, Israele

145

9 Gennaio 2016

Ali Abu Maryam

26

M

Checkpoint di Al-Hamra, distretto di Tubas

Ucciso dall’esercito

Presunto tentativo di attacco all’arma bianca

Al-Judeida, distretto di Jenin

146

9 Gennaio 2016

Said Abu al-Wafa

38

M

Checkpoint di Al-Hamra, distretto di Tubas

Ucciso dall’esercito

Presunto tentativo di attacco all’arma bianca

Al-Zawiya, distretto di Jenin

147

12 Gennaio 2016

Srour Ahmad Abu Srour

21

M

Beit Jala, distretto di Betlemme

Ucciso dall’esercito

Scontri

Campo di rifugiati di Aida, distretto di Betlemme

148

12 Gennaio 2016

Muhammad Ahmad Khalil Kawazba

23

M

Incrocio di Beit Einun, distretto di Hebron

Ucciso dall’esercito

Presunto tentativo di attacco all’arma bianca

Sair, distretto di Hebron

149

12 Gennaio 2016

Adnan Hamid al-Mashni

17

M

Incrocio di Beit Einun, distretto di Hebron

Ucciso dall’esercito

Complice in presunto tentativo di attacco all’arma bianca

Al-Shuyukh, distretto di Hebron

150

13 Gennaio 2016

Mousa Zaiter

23

M

Beit Lahiya, Gaza

Ucciso dall’esercito

Presunto tentativo di attacco con esplosivo

Jabaliya, Gaza

151

14 Gennaio 2016

Muayyad Awni Jabbarin

20

M

Incrocio di Beit Einun, distretto di Hebron

Ucciso dall’esercito

Attacco all’arma bianca

Sair, distretto di Hebron

152

14 Gennaio 2016

Haitham Mahmoud Abd al-Jalil

31

M

Checkpoint vicino a Asira al-Shamaliya, distretto di Nablus

Ucciso dall’esercito

Presunto attacco all’arma bianca

Asira al-Shamaliya, distretto di Nablus

153

15 Gennaio 2016

Muhammad Abu Zayed

19

M

Campo di rifugiati di Al-Bureij, Gaza

Ucciso dall’esercito

Scontri

Campo di rifugiati di Al-Bureij, Gaza

154

15 Gennaio 2016

Muhammad Majdi Qaita

26

M

Campo di rifugiati di Al-Bureij, Gaza

Ucciso dall’esercito

Scontri

Khan Yunis, Gaza

155

17 Gennaio 2016

Wissam Marwan Qasrawa

21

M

Checkpoint di Huwwara, distretto di Nablus

Ucciso dall’esercito

Presunto tentativo di attacco all’arma bianca

Misliya, distretto di Nablus

156

23 Gennaio 2016

Ruqayya Eid Abu Eid

13

F

Colonia di Almon, distretto di Gerusalemme

Uccisa da una guardia giurata

Presunto tentativo di attacco all’arma bianca

Anata, distretto di Gerusalemme

157

25 Gennaio 2016

Hussein Muhammad Abu Ghush

17

M

Colonia di Beit Horon, distretto di Ramallah

Ucciso da una guardia giurata

Attacco all’arma bianca

Qalandiya campo di rifugiati di, distretto di Ramallah

158

25 Gennaio 2016

Osama Youssef Allan

23

M

Colonia di Beit Horon, distretto di Ramallah

Ucciso da una guardia giurata

Attacco all’arma bianca

Beit Ur al-Tahta, distretto di Ramallah

159

31Gennaio 2016

Amjad Jaser Sukkari

34

M

Checkpoint vicino alla colonia di Beit El, distretto di Ramallah

Ucciso dall’esercito

Attacco con armi da fuoco

Nablus, distretto di Nablus

160

1 Febbraio, 2016

Ahmad Hassan Tuba

19

M

vicino alla Colonia di Salit, distretto di Tulkarem

Ucciso dall’esercito

Presunto tentativo di attacco all’arma bianca

Kafr Jammal, distretto di Tulkarem

161

3 Febbraio 2016

Ahmad Rajeh Ismail Zakarneh

19

M

Città Vecchia, Gerusalemme est

Ucciso dalla polizia di frontiera

Sparatoria, attacco all’arma bianca

Qabatiya, distretto di Jenin

162

3 Febbraio 2016

Muhammad Ahmad Hilmi Kamil

19

M

Città Vecchia, Gerusalemme est

Ucciso dalla polizia di frontiera

Sparatoria, attacco all’arma bianca

Qabatiya, distretto di Jenin

163

3 Febbraio 2016

Najeh Ibrahim Abu al-Rub

20

M

Città Vecchia, Gerusalemme est

Ucciso dalla polizia di frontiera

Sparatoria, attacco all’arma bianca

Qabatiya, distretto di Jenin

164

5 Febbraio 2016

Haitham Ismail Muhammad al-Baw

14

M

vicino a Halhul, distretto di Hebron

Ucciso dall’esercito

Presunto attacco con bottiglie molotov

Halhul, distretto di Hebron

165

10 Febbraio 2016

Omar Yousef Madi al-Jawabreh

16

M

Campo di rifugiati di Al-Arrub, Hebron distretto di

Ucciso dall’esercito

Scontri

Campo di rifugiati di Al-Arrub, distretto di Hebron

166

13 Febbraio 2016

Kilzar Muhammad Abd al-Halim Azmi al-Uweiwi

18

F

Hebron, distretto di Hebron

Uccisa dall’esercito

Attacco all’arma bianca

Hebron, distretto di Hebron

167

14 Febbraio 2016

Nihad Raed Muhammad Waqed

15

M

Vicino a al-Araqa, distretto di Jenin

Ucciso dall’esercito

Presunto attacco con arma da fuoco

al-Araqa, distretto di Jenin

168

14 Febbraio 2016

Fuad Marwan Khalid Waqed

15

M

vicino a al-Araqa, distretto di Jenin

Ucciso dall’esercito

Presunto attacco con arma da fuoco

al-Araqa, distretto di Jenin

169

14 Febbraio 2016

Naim Ahmad Yousif Safi

17

M

Checkpoint di Mazmoria, distretto di Betlemme

Ucciso dall’esercito

Presunto tentativo di attacco all’arma bianca

Al-Ubeidiya, distretto di Betlemme

170

14 Febbraio 2016

Mansour Yasser Abdul-Aziz Shawamrah

20

M

Città Vecchia, Gerusalemme est

Ucciso dalla polizia

Presunto attacco con arma da fuoco

Al-Qubeiba, distretto di Gerusalemme

171

14 Febbraio 2016

Omar Muhammad Amro

20

M

Città Vecchia, Gerusalemme est

Ucciso dalla polizia

Presunto attacco con arma da fuoco

Al-Qubeiba, distretto di Gerusalemme

172

19 Febbraio 2016

Muhammad Abu Khalaf

20

M

Città Vecchia, Gerusalemme est

Ucciso dalla polizia

Attacco all’arma bianca

Kafr Aqab, Gerusalemme est

173

19 Febbraio 2016

Abed Raed Abdullah Hamad

20

M

Silwad, distretto di Ramallah

Ucciso dall’esercito

Attacco con un veicolo

Silwad, distretto di Ramallah

174

19 Febbraio 2016

Khaled Yousif Taqatqa

21

M

Beit Fajjar, distretto di Betlemme

Ucciso dall’esercito

Scontri

Beit Fajjar, distretto di Betlemme

175

20 Febbraio 2016

Qusay Diab Abu al-Rub

15

M

Checkpoint di Beita, distretto di Nablus

Ucciso dall’esercito

Presunto tentativo di attacco all’arma bianca

Qabatiya, distretto di Jenin

176

26 Febbraio 2016

Mahmoud Muhammad Ali Shaalan

17

M

Checkpoint di Beit El, distretto di Ramallah

Ucciso dall’esercito

Presunto tentativo di attacco all’arma bianca

Deir Dibwan, distretto di Ramallah

177

1 Marzo 2016

Iyad Omar Sajadiyya

22

M

Campo di rifugiati di Qalandiya, distretto di Ramallah

Ucciso dall’esercito

Scontri

Campo di rifugiati di Qalandiya, distretto di Ramallah

178

1 Marzo 2016

Nahid Fawzi Muteir

24

M

Campo di rifugiati di Qalandiya, distretto di Ramallah

Ucciso dall’esercito, deceduto in seguito alle ferite

Scontri

Campo di rifugiati di Qalandiya, distretto di Ramallah

179

2 Marzo 2016

Labib Khaldoon Anwar Azzam

17

M

Colonia di Eli, distretto di Nablus

Ucciso dall’esercito

Attacco all’arma bianca

Qaryut, distretto di Nablus

180

2 Marzo 2016

Muhammad Hisham Ali Zaghlawan

17

M

Colonia di Eli, distretto di Nablus

Ucciso dall’esercito

Attacco all’arma bianca

Qaryut, distretto di Nablus

181

4 Marzo 2016

Amani Husni Sabatin

34

F

Incrocio della colonia di Gush Etzion, distretto di Betlemme

Uccisa dall’esercito

Presunto attacco con un veicolo

Husan, distretto di Betlemme

182

8 Marzo 2016

Fadwa Ahmad Abu Teir

50

F

Città Vecchia, Gerusalemme est

Ucciso dalla polizia di frontiera

Presunto tentativo di Attacco all’arma bianca

Umm Tuba, Gerusalemme distretto di

183

8 Marzo 2016

Fouad Abu Rajab al-Tamimi

21

M

Città Vecchia, Gerusalemme est

Ucciso dalla polizia di frontiera

Attacco a mano armata

Issawiya, Gerusalemme est

184

8 Marzo 2016

Bashar Masalha

22

M

Jaffa, Israele

Ucciso dalla polizia

Attacco all’arma bianca

Al-Hajja, distretto di Qalqiliya

185

8 Marzo 2016

Abd al-Rahman Radad

17

M

Petah Tikva, Israele

Ucciso dalla polizia

Attacco all’arma bianca

Al-Zawiya, distretto di Salfit

186

9 Marzo 2016

Abd al-Malak Saleh Abu Kharoub

19

M

Città Vecchia, Gerusalemme est

Ucciso dalla polizia

Attacco con arma da fuoco

Kafr Aqab, Gerusalemme est

187

9 Marzo 2016

Muhammad Jamal al-Kalouti

21

M

Città Vecchia, Gerusalemme est

Ucciso dalla polizia

Attacco con arma da fuoco

Kafr Aqab, Gerusalemme est

188

9 Marzo 2016

Ahmad Yousef Amer

16

M

Al-Zawiya, distretto di Salfit

Ucciso dall’esercito

Tentativo di attacco all’arma bianca

Masha, distretto di Salfit

189

12 Marzo 2016

Yasin Suleiman Abu Khusah

9

M

Beit Lahiya, Gaza

Razzo dell’esercito sulla sua casa

Attacco aereo

Beit Lahiya, Gaza

190

12 Marzo 2016

Israa Suleiman Abu Khusah

6

F

Beit Lahiya, Gaza

Razzo dell’esercito sulla sua casa

Attacco aereo

Beit Lahiya, Gaza

191

14 Marzo 2016

Qasem Farid Jaber

31

M

Vicino alla colonia di Kiryat Arba, distretto di Hebron

Ucciso dall’esercito

Sparatoria, attacco con un veicolo

Hebron, distretto di Hebron

192

14 Marzo 2016

Ameer Fuad al-Junaidi

22

M

Vicino alla colonia di Kiryat Arba, distretto di Hebron

Ucciso dall’esercito

Sparatoria, attacco con un veicolo

Hebron, distretto di Hebron

193

14 Marzo 2016

Yousef Mustafa Tarayra

18

M

Vicino alla colonia di Kiryat Arba, distretto di Hebron

Ucciso dall’esercito

Sparatoria, attacco con un veicolo

Bani Naim, distretto di Hebron

194

17 Marzo 2016

Ali Jamal Muhammad Taqatqa

19

M

Vicino alla colonia di Ariel, distretto di Salfit

Ucciso dall’esercito

Attacco all’arma bianca

Beit Fajjar, distretto di Betlemme

195

17 Marzo 2016

Ali Abd al-Rahman al-Kar Thawabta

20

M

Vicino alla colonia di Ariel, distretto di Salfit

Ucciso dall’esercito

Attacco all’arma bianca

Beit Fajjar, distretto di Betlemme

196

18 Marzo 2016

Mahmud Ahmad Abu Fanunah

21

M

Incrocio della colonia di Gush Etzion, distretto di Betlemme

Ucciso dall’esercito

Presunto tentativo di attacco all’arma bianca

Hebron, distretto di Hebron

197

19 Marzo 2016

Abdullah Muhammad al-Ajlouni

18

M

Checkpoint di Abu Rish vicino alla colonia di Kiryat Arba, distretto di Hebron

Ucciso dall’esercito

Attacco all’arma bianca

Hebron, distretto di Hebron

198

24 Marzo

2016

Abd al-Fattah Yusri al-Sharif

21

M

Hebron, distretto di Hebron

Ucciso dall’esercito

Attacco all’arma bianca

Hebron, distretto di Hebron

199

24 Marzo

2016

Ramzi Aziz al-Qasrawi

21

M

Hebron, distretto di Hebron

Ucciso dall’esercito

Attacco all’arma bianca

Hebron, distretto di Hebron

200

14 Aprile 2016

Ibrahim Baradiya

54

M

Campo di rifugiati di Al-Arrub, distretto di Hebron

Ucciso dall’esercito

Attacco all’arma bianca

Campo di rifugiati di Al-Arrub, distretto di Hebron

201

27 Aprile 2016

Maram Salih Hassan Abu Ismail

23

F

Checkpoint di Qalandiya, distretto di Ramallah

Ucciso da una guardia giurata

Presunto tentativo di attacco all’arma bianca

Qatanna, distretto di Gerusalemme

202

27 Aprile 2016

Ibrahim Salih Hassan Taha

16

M

Checkpoint di Qalandiya, distretto di Ramallah

Ucciso da una guardia giurata

Presunto tentativo di attacco all’arma bianca

Qatanna, distretto di Gerusalemme

203

3 Maggio 2016

Ahmed Riyad Abd al-Aziz Shehada

36

M

Vicino alla colonia di Dolev di, distretto di Ramallah

Ucciso dall’esercito

Presunto attacco con un veicolo

campo di rifugiati di Qalandiya, distretto di Ramallah

204

4 Maggio 2016

Arif Sharif Jaradat

22

M

Sair, distretto di Hebron

Ucciso dall’esercito, deceduto in seguito alle ferite

Scontri

Sair, distretto di Hebron

205

5 Maggio 2016

Jana Aytah al-Amur

59

F

Khan Yunis, Gaza

Bombardamento dell’esercito

Attacco dell’esercito

Khan Yunis, Gaza

206

23 Maggio 2016

Sawsan Ali Dawud Mansur

17

F

Checkpoint di Ras Biddu, distretto di Gerusalemme

Ucciso dalla polizia

Presunto tentativo di attacco all’arma bianca

Biddu, distretto di Gerusalemme

207

2 Giugno 2016

Ansar Hussam Harasha

25

F

Checkpoint di Innab, distretto di Tulkarem

Uccisa dall’esercito

Presunto tentativo di attacco all’arma bianca

Qaffin, distretto di Tulkarem

208

21 Giugno

2016

Mahmoud Raafat Badran

15

M

Vicino a Beit Ur al-Tahta, distretto di Ramallah

Ucciso dall’esercito

Astante durante il lancio di pietre

Beit Ur al-Tahta, distretto di Ramallah

209

24 Giugno 2016

Majd al-Khadour

18

F

Vicino alla colonia di Kiryat Arba, distretto di Hebron

Uccisa dall’esercito

Attacco con un veicolo

Bani Naim, distretto di Hebron

210

30 Giugno 2016

Muhammad Nasser Tarayra

17

M

colonia di Kiryat Arba, distretto di Hebron

Ucciso da una guardia giurata

Attacco all’arma bianca

Bani Naim, distretto di Hebron

211

30 Giugno 2016

Wael Abu Saleh

46

M

Netanya, Israele

Ucciso da un civile

Attacco all’arma bianca

Shweika, distretto di Tulkarem

212

1 Luglio 2016

Sarah Tarayra

27

F

Hebron, Hebron distretto di

Uccisa dall’esercito

Presunto tentativo di attacco all’arma bianca

Bani Naim, distretto di Hebron

213

1 Luglio 2016

Muhammad Mustafa Habash

63

M

Checkpoint di Qalandiya, distretto di Ramallah

Gaz lacrimogeni

Scontri

Asira al-Shamaliya, distretto di Nablus

214

13 Luglio 2016

Anwar al-Salaymeh

22

M

Al-Ram, distretto di Gerusalemme

Ucciso dall’esercito

Incursione dell’esercito

Anata, distretto di Gerusalemme

215

18 Luglio 2016

Mustafa Baradiya

51

M

Vicino al campo di rifugiati di Al-Arrub, distretto di Hebron

Ucciso dall’esercito

Attacco all’arma bianca

Beit Fajjar, distretto di Betlemme

216

19 Luglio 2016

Muhyee Sidqi al-Tibakhi

12

M

Al-Ram, distretto di Gerusalemme

Ucciso dall’esercito

Scontri

Al-Ram, distretto di Gerusalemme

217

29 Luglio 2016

Muhammad Faqih

29

M

Surif, distretto di Hebron

Ucciso dall’esercito

Incursione dell’esercito

Dura, distretto di Hebron

218

31 Luglio2016

Rami Muhammad Zaim Awartani

31

M

Checkpoint di Huwwara, distretto di Nablus

Ucciso dall’esercito

Tentativo di attacco all’arma bianca

Nablus, distretto di Nablus

219

Agosto 16, 2016

Muhammad Abu Hashhash

17

M

Campo di rifugiati di al-Fawwar, distretto di Hebron

Ucciso dall’esercito

Scontri

Campo di rifugiati di al-Fawwar, distretto di Hebron

220

24 Agosto 2016

Sari Muhammad Abu Ghurab

24

M

vicino alla colonia di Ariel, distretto di Salfit

Ucciso dall’esercito

Attacco all’arma bianca

Qabatiya, distretto di Jenin

221

26 Agosto 2016

Iyad Zakariya Hamed

38

M

vicino a Silwad, distretto di Ramallah

Ucciso dall’esercito

Astante vicino ad un posto militare

Silwad, distretto di Ramallah

222

5 Settembre 2016

Mustafa Nimr

27

M

Campo di rifugiati di Shufat, distretto di Gerusalemme

Ucciso dalla polizia di frontiera

Scontri

Campo di rifugiati di Shufat, distretto di Gerusalemme

223

9 Settembre 2016

Abd al-Rahman Ahmad al-Dabbagh

15

M

vicino al campo di rifugiati di Bureij, Gaza

Si suppone ucciso dall’esercito

Scontri

Campo di rifugiati di Bureij, Gaza

224

15 Settembre 2016

Muhammad Ahmad Abd al-Fattah al-Sarrahin

30

M

Beit Ula, distretto di Hebron

Ucciso dall’esercito, deceduto in seguito alle ferite

Incursione dell’esercito

Beit Ula, distretto di Hebron

225

16 Settembre 2016

Fares Moussa Muhammad Khaddour

18

M

Vicino alla colonia di Kiryat Arba, distretto di Hebron

Ucciso dall’esercito

Presunto attacco con un veicolo

Bani Naim, distretto di Hebron

226

16 Settembre 2016

Muhammad Thalji Kayid Thalji al-Rajabi

15

M

Hebron, distretto di Hebron

Ucciso dall’esercito

Attacco all’arma bianca

Hebron, distretto di Hebron

227

17 Settembre 2016

Hatim Abd al-Hafeeth Shaludi

25

M

Hebron, distretto di Hebron

Ucciso dall’esercito

Attacco all’arma bianca

Hebron, distretto di Hebron

228

19 Settembre 2016

Muhannad Jameel al-Rajabi

21

M

Hebron, distretto di Hebron

Ucciso dalla polizia di frontiera

Attacco all’arma bianca

Hebron, distretto di Hebron

229

19 Settembre 2016

Ameer Jamal al-Rajabi

17

M

Hebron, distretto di Hebron

Ucciso dalla polizia di frontiera

Attacco all’arma bianca

Hebron, distretto di Hebron

230

20 Settembre 2016

Issa Salim Mahmoud Tarayra

16

M

Incrocio di Wadi al-Joz, distretto di Hebron

Ucciso dall’esercito

Presunto tentativo di attacco all’arma bianca

Bani Naim, distretto di Hebron

231

30

Settembre 2016

Nasim Abu Meizar

28

M

Checkpoint di Qalandiya, distretto di Ramallah

Ucciso dall’esercito

Attacco all’arma bianca

Kafr Aqab, Gerusalemme

Israeliani uccisi da palestinesi

#

Data dell’attacco

Nome

Età

Sesso

Lugo del decesso/ferite mortali

Causa della morte

Soldato/poliziotto

Luogo di residenza

1

1Ottobre 2015

Naama Henkin

30

F

Vicino a Beit Furik, distretto di Nablus

Sparatoria da un auto in corsa

No

Colonia di Nerya, distretto di Ramallah

2

1Ottobre 2015

Eitam Henkin

31

M

Vicino a Beit Furik, distretto di Nablus

Sparatoria da un auto in corsa

No

Colonia di Nerya, distretto di Ramallah

3

3 Ottobre 2015

Aharon Banita

21

M

Città Vecchia, Gerusalemme est

Attacco all’arma bianca

Colonia di Beitar Illit, distretto di Betlemme

4

3 Ottobre 2015

Nehemia Lavi

41

M

Città Vecchia, Gerusalemme est

Attacco all’arma bianca

No

Città Vecchia, Gerusalemme est

5

13 Ottobre 2015

Richard Lakin

76

M

Jabal al-Mukabbir, Gerusalemme est

Sparatoria e attacco all’arma bianca, deceduto in seguito alle ferite

No

Gerusalemme ovest

6

13 Ottobre 2015

Haim Haviv

78

M

Jabal al-Mukabbir, Gerusalemme est

Attacco all’arma bianca

No

Colonia di East Talpiot, Gerusalemme est

7

13 Ottobre 2015

Alon Govberg

51

M

Jabal al-Mukabbir, Gerusalemme est

Attacco all’arma bianca

No

Colonia di East Talpiot, Gerusalemme est

8

13 Ottobre 2015

Yeshayahu Krishevsky

59

M

Gerusalemme ovest

Attacco all’arma bianca

No

Gerusalemme ovest

9

18 Ottobre 2015

Omri Levi

19

M

Beersheba, Israele

Sparatoria

Sdei Hemed, Israele

10

20 Ottobre 2015

Avraham Hasno

54

M

vicino a al-Fawwar, distretto di Hebron

Investito da una macchina in un presunto incidente

No

Colonia di Kiryat Arba, distretto di Hebron

11

4 Novembre 2015

Binyamin Yakobovitch

19

M

Vicino a Halhul, distretto di Hebron

Investito da una macchina, deceduto in seguito alle ferite

Kiryat Ata, Israele

12

13

Novembre 2015

Yaakov Litman

40

M

Vicino alla colonia di Otniel, Hebron distretto di

Sparatoria

No

Colonia di Kiryat Arba, Hebron distretto di

13

13

Novembre 2015

Natanel Litman

18

M

vicino alla colonia di Otniel, distretto di Hebron

Sparatoria

No

Colonia di Kiryat Arba, distretto di Hebron

14

19 Novembre 2015

Yaakov Don

48

M

Colonia di Gush Etzion, distretto di Betlemme

Sparatoria

No

Colonia di Alon Shvut, distretto di Betlemme

15

19 Novembre 2015

Aharon Yesayev

32

M

Tel Aviv, Israele

Attacco all’arma bianca

No

Holon, Israele

16

19 Novembre 2015

Reuven Aviram

51

M

Tel Aviv, Israele

Attacco all’arma bianca

No

Ramle, Israele

17

22 Novembre 2015

Hadar Buchris

21

F

Colonia di Gush Etzion, distretto di Betlemme

Attacco all’arma bianca

No

Safed, Israele

18

23 Novembre 2015

Ziv Mizrahi

18

M

Vicino a Beit Ur al-Tahta, distretto di Ramallah

Attacco all’arma bianca

Colonia di Givat Zeev, distretto di Gerusalemme

19

7 Dicembre 2015

Gennady Kaufman

41

M

Hebron, distretto di Hebron

Attacco all’arma bianca, deceduto in seguito alle ferite

No

Colonia di Kiryat Arba, distretto di Hebron

20

23 Dicembre 2015

Reuven Birmajer

45

M

Città Vecchia, Gerusalemme est

Attacco all’arma bianca

No

Kiryat Yearim, Israele

21

1 Gennaio 2016

Shimon Ruimi

30

M

Tel Aviv, Israele

Sparatoria

No

Ofakim, Israele

22

17 Gennaio 2016

Alon Bakal

26

M

Tel Aviv, Israel

Sparatoria

No

Karmiel, Israele

23

1 Gennaio 2016

Dafna Meir

38

F

Colonia di Otniel, distretto di Hebron

Attacco all’arma bianca

No

Colonia di Otniel, distretto di Hebron

24

25 Gennaio 2016

Shlomit Krigman

23

F

Colonia di Bet Horon, distretto di Gerusalemme

Attacco all’arma bianca, deceduto in seguito alle ferite

No

Colonia di Shadmot Mehola, distretto di Tubas

25

3 Febbraio 2016

Hadar Cohen

19

F

Città Vecchia, Gerusalemme est

Sparatoria Attacco all’arma bianca

Or Yehuda, Israele

26

18 Febbraio 2016

Tuvia Yanai Wissman

21

M

Colonia di Shaare Benyamin, distretto di Ramallah

Attacco all’arma bianca

Colonia di Maale Mikhmas, distretto di Gerusalemme

27

7 Giugno 2016

Eido Ben Aryeh

42

M

Tel Aviv, Israele

Sparatoria

No

Ramat Gan, Israele

28

7 Giugno 2016

Elana Nave

39

F

Tel Aviv, Israele

Sparatoria

No

Tel Aviv, Israele

29

7 Giugno 2016

Michael Fayge

58

M

Tel Aviv, Israele

Sparatoria

No

Midreshet Ben Gurion, Israele

30

7 Giugno 2016

Mila Mishayiv

33

F

Tel Aviv, Israele

Sparatoria

No

Rishon LeZion, Israele

31

30 Giugno 2016

Hallel Yafa Ariel

13

F

Colonia di Kiryat Arba, distretto di Hebron

Attacco all’arma bianca

No

Colonia di Kiryat Arba, distretto di Hebron

32

1 Luglio 2016

Michael Mark

48

M

Route 60, distretto di Hebron

Sparatoria

No

Colonia di Otniel, distretto di Hebron

Altre vittime di violenze

#

Data dell’attacco

Nome

Età

Sesso

Lugo del decesso/ferite mortali

Causa della morte

Nationalità

Ucciso da

Luogo di residenza

1

18 Ottobre 2015

Haftom Zarhum

29

M

Beersheba, Israele

Ucciso per essere scambiato per un aggressore

Eritreo

Guardia giurata israeliana

Israele

2

19 Novembre 2015

Shadi Zuhdi Ratib Arafa

24

M

Colonia di Gush Etzion, distretto di Betlemme

Sparatoria

Palestinese

Cecchino palestinese

Hebron, distretto di Hebron

3

19 Novembre 2015

Ezra Schwartz

18

M

Colonia di Alon Shvut, distretto di Betlemme

Sparatoria

Americano

Cecchino palestinese

Stati Uniti

4

23 Dicembre 2015

Ofer Ben Ari

46

M

Città Vecchia, Gerusalemme est

Fuoco amico

Israeliano

Polizia di frontiera israeliana

Gerusalemme ovest

5

1 Gennaio 2016

Amin Shaaban

42

M

Tel Aviv, Israele

Sparatoria

Palestinese con cittadinanza israeliana

Palestinese con cittadinanza israeliana

Lyd, Israele

6

23 Gennaio 2016

Muhammad Nabil Halabiya

17

M

Gerusalemme est

Trasportava una bomba artigianale esplosa in anticipo

Palestinese

Si è ucciso da solo

Abu Dis, Gerusalemme est

7

7 Febbraio 2016

Kamil Hassan

32

M

Ashkelon, Israele

Ha attaccato con un’arma bianca un soldato israeliano

Sudanese

Soldato israeliano

Israele

8

24 Febbraio

2016

Eliav Gelman

31

M

Colonia di Gush Etzion, distretto di Betlemme

Fuoco amico

Israeliano

Soldato israeliano

Colonia di Karmi Tzur, distretto di Hebron

9

8 Marzo 2016

Taylor Force

29

M

Jaffa, Israele

Accoltellato

Americano

Aggressore palestinese

Stati Uniti

10

18Aprile 2016

Abd al-Hamid Abu Srour

19

M

Gerusalemme

Attacco dinamitardo, deceduto in seguito alle ferite

Palestinese

Suicida

Campo di rifugiati di Aida, distretto di Betlemme

11

16 Settembre 2016

Said al-Amr

28

M

Città Vecchia, Gerusalemme est

Presunto tentativo di accoltellamento

Giordano

Polizia di frontiera

Giordania

(Traduzione di Amedeo Rossi)




Rapporto OCHA del periodo 20 settembre- 3 ottobre

Il 25 settembre, in una prigione israeliana, dopo 13 anni di detenzione è morto un detenuto palestinese di 40 anni, originario del villaggio di Ya’bad (Jenin). Secondo fonti ufficiali palestinesi, la morte sarebbe da attribuire al peggioramento dello stato di salute ed alla mancanza di cure mediche;

tale versione viene contestata dalle autorità israeliane. Il 29 settembre, a Beit Hanoun (Striscia di Gaza), un trentenne componente di un gruppo armato palestinese è morto e altri tre sono rimasti feriti, secondo quanto riferito, in conseguenza di un incidente verificatosi in una galleria sotterranea. Il 27 settembre, nella città di Nablus, nel corso di una operazione di ricerca-arresto, le forze di sicurezza palestinesi hanno ucciso un palestinese e ne hanno ferito altri tre.

Il 30 settembre, al checkpoint di Qalandia, a nord di Gerusalemme, un palestinese ha aggredito con un coltello le forze israeliane, ferendo un soldato. L’autore (28 anni), proveniente dalla città di Kafr ‘Aqab (Gerusalemme), è stato ucciso nel corso dell’episodio. Nelle due settimane di riferimento sono stati registrati altri tre presunti attacchi palestinesi contro israeliani: un 16enne palestinese è stato ucciso, con armi da fuoco, ad un posto di blocco volante all’entrata del villaggio di Bani Na’im (Hebron), dopo un presunto tentativo di accoltellamento di un soldato israeliano; altri due ragazzi palestinesi (14 e 15 anni) sono stati feriti, uno al checkpoint di Jaljoulia (Qalqiliya) e l’altro presso l’insediamento colonico di Kiryat Arba (Hebron), secondo quanto riferito, dopo aver tentato di compiere aggressioni con il coltello. In entrambi i casi non sono stati segnalati feriti israeliani.

In Cisgiordania, complessivamente, le forze israeliane hanno ferito 75 palestinesi, soprattutto durante scontri tra palestinesi e forze israeliane. Due soldati israeliani, a quanto riferito, sono stati feriti da una bottiglia incendiaria durante scontri nel campo profughi di Ad Duheisha (Betlemme). Inoltre, in un episodio verificatosi nei pressi della Scuola Al Khalil, nella zona H2 di Hebron controllata da Israele, 40 studenti hanno inalato gas lacrimogeno, subendo lesioni che hanno richiesto l’intervento medico.

Nella Striscia di Gaza, durante scontri con lancio di pietre da parte palestinese, le forze israeliane hanno ferito con armi da fuoco dieci civili palestinesi; gli scontri erano scoppiati nei pressi della recinzione perimetrale tra Israele e Gaza, nel corso di quattro diverse proteste. Inoltre, in almeno 28 occasioni, le forze israeliane hanno aperto il fuoco di avvertimento verso persone presenti o in avvicinamento ad Aree ad Accesso Riservato (ARA) di terra e di mare. Non sono stati segnalati feriti, ma è stato interrotto il lavoro di agricoltori e pescatori.

In Cisgiordania, durante il periodo di riferimento, le forze israeliane hanno condotto quasi 200 operazioni di ricerca ed hanno arrestato circa 300 palestinesi, tra cui 18 minori; alcune delle operazioni hanno innescato scontri violenti. Nei governatorati di Betlemme, Hebron e Gerusalemme sono stati registrati i più alti numeri di operazioni e di arresti. A Gerusalemme, la polizia israeliana ha emanato ordini di interdizione all’ingresso nel Complesso di Haram al Sharif / Monte del Tempio per 19 palestinesi: sei mesi per cinque di loro, due settimane per i rimanenti.

Il 22 settembre, al checkpoint di Gilbert, nella città di Hebron, le forze israeliane hanno impedito a 23 studentesse di attraversare per recarsi a scuola. Inoltre, dopo una presunta aggressione con coltello vicino al checkpoint, le forze israeliane hanno dichiarato l’area “zona militare chiusa” e, per dieci giorni, hanno negato a due famiglie l’accesso alle loro case. Le forze israeliane hanno anche chiuso gli ingressi principali di sette villaggi ed impedito l’accesso veicolare alla strada 60 a più di 40.000 persone, soprattutto nel tratto compreso tra i checkpoint di Huwwara e di Za’atara (Nablus).

In Cisgiordania, durante il periodo di riferimento, a causa della mancanza di permessi di costruzione rilasciati da Israele, le autorità israeliane hanno demolito 46 strutture, 16 delle quali erano state fornite come assistenza umanitaria in risposta a precedenti demolizioni; fra esse un’aula scolastica e un parco giochi nella comunità beduina di Abu Nuwar (governatorato di Gerusalemme). Le demolizioni hanno comportato lo sfollamento di 56 palestinesi, tra cui 25 minori, mentre altre 185 persone sono state coinvolte in modi diversi. Due terzi di queste strutture sono state demolite tra il 26 e il 28 settembre presso nove comunità palestinesi. L’episodio più grave si è verificato a Khirbet Tell el Himma (Tubas), mentre 10 delle 16 demolizioni hanno avuto luogo nel governatorato di Gerusalemme.

Il 23, 29 e 30 settembre, 14 famiglie palestinesi (73 persone, tra cui 30 minori) della comunità Humsa al Bqai’a nella Valle del Giordano settentrionale (Tubas) sono state evacuate dalle loro case per cinque ore al giorno, per dare spazio ad esercitazioni militari israeliane. L’Amministrazione Civile israeliana aveva consegnato a queste famiglie gli ordini di evacuazione il 22 settembre.

In Al ‘Isawiya, zona di Gerusalemme Est, a causa della mancanza di permessi di costruzione rilasciati da Israele, l’Amministrazione Civile israeliana ha consegnato nove ordini di demolizione nei confronti di nove edifici, ponendo 40 famiglie palestinesi sotto minaccia di sfollamento. Altri dieci ordini di arresto lavori sono stati emessi a Khirbet ad Deir (Betlemme), Khallet Al Hajar (Hebron), e nei villaggi di Al Funduq e Jinsafut, entrambi in Qalqiliya.

Sono stati registrati cinque presunti attacchi di coloni israeliani che hanno provocato danni a proprietà palestinesi. In particolare: ulivi palestinesi nei villaggi di As Sawiya e Yatma (Nablus); altri 20 ulivi in Jinsafut (Qalqiliya); incendi di terreni coltivati nel villaggio di Yanun e di materiali da costruzione nel villaggio di Burin, entrambi in Nablus. Secondo i media israeliani, si sono verificati anche tre episodi di lancio di pietre da parte palestinese contro veicoli israeliani, con lievi danni alla metropolitana leggera di Gerusalemme e ad altri due veicoli: uno vicino al villaggio di Beit Liqya sulla strada 443, l’altro nei pressi della Barriera di sicurezza dell’insediamento colonico di Psagot, entrambi in Ramallah.

Durante il periodo di riferimento il valico di Rafah, sotto controllo egiziano, è stato eccezionalmente aperto per tre giorni (21-23 settembre) in una sola direzione, secondo quanto riferito, principalmente per consentire il rientro a Gaza di 2.290 pellegrini. Secondo le autorità palestinesi di Gaza, dall’inizio del 2016, circa 27.000 persone sono registrate e in attesa di uscire da Gaza attraverso Rafah.

nota 1:

I Rapporti ONU OCHAoPt vengono pubblicati settimanalmente in lingua inglese, araba ed ebraica; contengono informazio-ni, corredate di dati statistici e grafici, sugli eventi che riguardano la protezione dei civili nei territori palestinesi occupati.

sono scaricabili dal sito Web di OCHAoPt, alla pagina: https://www.ochaopt.org/reports/protection-of-civilians

L’Associazione per la pace – gruppo di Rivoli, traduce in italiano (vedi di seguito) l’edizione inglese dei Rapporti.

sono scaricabili dal sito Web della Associazione per la pace – gruppo di Rivoli, alla pagina:

https://sites.google.com/site/assopacerivoli/materiali/rapporti-onu/rapporti-settimanali-integrali

nota 2: Nella versione italiana non sono riprodotti i dati statistici ed i grafici. Le scritte [in corsivo tra parentesi quadre]

sono talvolta aggiunte dai traduttori per meglio esplicitare situazioni e contesti che gli estensori dei Rapporti

a volte sottintendono, considerandoli già noti ai lettori abituali.

nota 3: In caso di discrepanze (tra il testo dei Report e la traduzione italiana), fa testo il Report originale in lingua inglese.

Associazione per la pace – Rivoli TO; e-mail: assopacerivoli@yahoo.it; Web: https://sites.google.com/site/assopacerivoli

þ




Netanyahu, ecco che cosa è veramente la pulizia etnica

di Daniel Blatman,

Haaretz – 3 ottobre 2016

    1. La pretesa di Benjamin Netanyahu che il trasferimento dei coloni dalla Cisgiordania sarebbe “pulizia etnica” è assolutamente insensata. Se vuole sapere che cosa sia la pulizia etnica, deve tornare al 1948, non al 2005.

L’ultimo colpo da maestro del “nuovo storico” Benjamin Netanyahu continua a raccogliere seguaci.

Il primo ministro ha recentemente dichiarato che l’evacuazione degli insediamenti coloniali nei territori occupati – che sono caratterizzati da segregazione razziale e risultano illegali rispetto a qualunque standard giuridico internazionale – si configurerebbe come pulizia etnica.

L’ultimo della sua lista di accoliti è Moshe Arens [politico del partito di destra Likud, ndt.], che ha scritto: “ La pulizia etnica è la rimozione forzata di gruppi etnici o religiosi da un determinato territorio allo scopo di renderlo omogeneo dal punto di vista etnico o religioso” (“Pulizia etnica degli ebrei da Gaza e altrove”, Haaretz, 19 settembre). Conclude quindi che ogni volta che gli ebrei sono stati evacuati dalle loro case contro la loro volontà – a cominciare dai residenti di Gush Etzion nel 1948 fino ai coloni della Striscia di Gaza nel 2005 – è stata perpetrata una pulizia etnica e le vittime sono stati gli ebrei. Questa è un’assurdità che non trova il minimo riscontro nelle definizioni giuridiche riconosciute.

Il concetto di pulizia etnica è recente, è entrato nel linguaggio pubblico e giuridico nel 1992 durante la guerra in Bosnia. I serbi bosniaci attaccarono i musulmani in Bosnia, con l’obbiettivo di espellerli dal territorio in cui vi era una popolazione mista verso zone a maggioranza omogenea di musulmani bosniaci.

Gli stessi serbi utilizzarono il termine per la prima volta nel 1981, quando i serbi del Kosovo furono attaccati dai musulmani albanesi. Nel lessico internazionale degli anni ’90 il termine veniva identificato con la guerra nella ex Yugoslavia, quando i soldati di gruppi etnici attaccavano altre minoranze (serbi, croati, albanesi, kosovari, musulmani bosniaci) allo scopo di cacciarli con la forza verso differenti zone dove vivevano membri della stessa minoranza: i croati in Croazia, i serbi in Serbia, i kosovari albanesi in Albania, ecc.

A partire da allora, il termine è stato sottoposto ad esame critico da parte di esperti legali e ricercatori, poiché esso viene spesso usato come un eufemismo in casi che in realtà dovrebbero essere catalogati come genocidio.

Il fenomeno della pulizia etnica non è di semplice definizione. Da un lato, è diverso dall’esercitare pressioni per l’emigrazione e il trasferimento di popolazione; d’altro lato, è anche diverso dal genocidio. C’è ampio consenso nel campo della ricerca sul fatto che la pulizia etnica sia una forma di migrazione forzata – che può diventare violenta e spietata – di una popolazione indesiderata da un determinato territorio a causa di odio razziale, etnico, religioso, politico, strategico o ideologico.

E’ esattamente ciò che è successo nel 1948. Lo storico israeliano Benny Morris ha valutato che la maggior parte degli arabi del paese, oltre 400.000, furono incoraggiati ad andarsene o espulsi durante la prima fase della guerra – anche prima dell’attacco degli eserciti delle nazioni arabe. Alcuni ricercatori hanno ipotizzato che l’aggressione araba ad Israele in realtà iniziò perché Israele aveva adottato una politica di pulizia etnica. Ciò in quanto era difficile trovare una spiegazione alla massiccia evacuazione militare di quasi 500.000 residenti palestinesi ed alla giustificazione della loro espulsione col fatto che le aree in cui vivevano erano da ritenersi appartenenti allo stato ebraico in base al Piano di Ripartizione delle Nazioni Unite.

Morris sostiene che oltre sei mesi prima che iniziasse l’invasione araba la leadership ebraica tentò di espandere il territorio destinato all’insediamento dello stato ebraico e di ridurre al minimo il numero di arabi che avrebbero vissuto sulle sue terre. In altri termini, circa mezzo milione di palestinesi furono scacciati con la forza dal territorio in cui vivevano, in quanto erano una popolazione indesiderata, da un punto di vista etnico, razziale, religioso, di prospettiva strategica, o da tutti quanti questi punti di vista.

Le centinaia di comunità in cui viveva la popolazione araba vennero rase al suolo o cedute ad insediamenti ebraici alla fine della guerra. Le proprietà arabe del valore di decine di milioni di sterline palestinesi (valuta della Palestina durante il mandato britannico, di valore pari alla sterlina inglese, ndtr.) furono rubate e confiscate. Chi tentava di ritornare fu espulso con la forza o ucciso. La pulizia etnica applicata in Palestina nel 1948 fu una delle più riuscite del XX secolo.

Il metodo di pulizia etnica nei confronti dei palestinesi vale anche per la popolazione ebrea che viveva negli insediamenti di Gush Etzion. Ma occorre ricordare che vi erano là solo quattro comunità e poche centinaia di ebrei. Ci sono altre differenze fondamentali tra la pulizia etnica adottata contro i palestinesi e quella adottata a Gush Etzion e Gush Katif, differenze che coloro che approvano l’interpretazione di Netanyahu ignorano.

Nel 1992 il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite insediò una commissione di esperti il cui compito era proporre una definizione condivisa di pulizia etnica e fornire al sistema giuridico internazionale degli strumenti per definire il crimine e punire i responsabili.

In una nota, la commissione descrisse la pulizia etnica come “intesa ad ottenere la distruzione fisica di un gruppo, interamente o in parte” . E, in seguito, come l’evacuazione di popolazione da un’area ad un’altra in “circostanze tali da condurre alla morte dell’intera popolazione evacuata, o di parte di essa – se, per esempio, le persone fossero trascinate fuori dalle loro case e costrette a percorrere lunghe distanze in un paese in cui sono esposte alla fame, alla sete, al caldo, al freddo e alle epidemie. “

Lo scopo di questa formulazione era analizzare i punti in cui pulizia etnica e genocidio coincidono, e in quali condizioni la pulizia etnica si trasforma nel crimine di genocidio. Ma se consideriamo ciò che la commissione di esperti ha stabilito, possiamo vedere che sostenere che l’evacuazione degli ebrei dalle comunità individuate dal governo sia pulizia etnica è totalmente privo di senso.

Anzitutto perché sappiamo bene che un paese non può attuare una pulizia etnica su una popolazione che appartiene allo stesso gruppo etnico. Può perpetrare un genocidio (come fecero i Kmer rossi in Cambogia), ma l’evacuazione di una popolazione di uno specifico gruppo etnico e il suo re- insediamento all’interno di una popolazione dello stesso gruppo non configura pulizia etnica. E’ ciò che il governo ha deciso di fare riguardo agli sfollati da Gush Katif nel 2005 e a quelli dell’insediamento di Yamit nel Sinai nel 1982.

In secondo luogo, non c’è nulla di più lontano dalla verità che descrivere le persone sfollate da Yamit o dalla regione di Gaza nei termini di una miserabile popolazione sradicata dalle proprie case e lasciata alla fame, alla sete ed esposta a rischio per la propria esistenza.

Israele si impegnò a prendersi cura delle famiglie sfollate e stanziò a tal fine somme enormi. Se i coloni saranno evacuati in futuro dai territori occupati, il governo garantirà loro nuovamente una rete di sicurezza, che gli consentirà di ricominciare adeguatamente la loro vita in Israele.

Sono i palestinesi quelli che, a partire dalla pulizia etnica di cui sono state vittime nel 1948 fino ad oggi, sono rimasti esposti alla fame, alla deprivazione, alla violenza e ad ulteriori espulsioni dalle proprie case. E sono quelli che vivono in povertà nell’enorme ghetto di Gaza e nei campi profughi della Cisgiordania. Tutte le interpretazioni surrettizie di Netanyahu e dei suoi sostenitori non potranno nascondere nulla di tutto ciò.

L’autore è uno storico dell’Olocausto e capo dell’Istituto per il popolo ebraico contemporaneo all’Università ebraica di Gerusalemme.

Traduzione di Cristiana Cavagna




Un anno di rivolta: chi erano i palestinesi uccisi dalle forze israeliane?

Middle East Monitor – 1 ottobre 2016

Ben White

E’ passato un anno da quando è iniziata la rivolta anticoloniale condotta da giovani palestinesi, caratterizzata da proteste e attacchi contro le forze israeliane ed i coloni nei Territori Palestinesi Occupati (TPO), insieme alla brutale violenza ed alle misure punitive delle autorità israeliane.

La cronologia non è definita; verso il primo ottobre 2015 la violenza dei palestinesi contro l’occupazione è andata gradualmente aumentando, con alti e bassi, per un anno. Qualcuno l’ha definita l'”Intifada di Gerusalemme”. Altri l’hanno descritta come “meno di un’Intifada e più di una esplosione di protesta popolare.”

Secondo un articolo di Quds News Network pubblicato questa settimana, 246 palestinesi sono stati uccisi durante lo scorso anno, e altri 18.500 sono stati feriti. Altre fonti parlano di 230 vittime (l’agenzia “Ma’an News”) o “più di 225” (Amnesty International).

La maggior parte dei palestinesi è stata uccisa mentre stava compiendo attacchi, o presunti attacchi; in luglio, per esempio, la Mezzaluna rossa palestinese ha affermato che 139 degli allora 218 morti in totale erano assalitori o presunti tali (poco meno dei 2/3).

Tuttavia, come l’Associated Press [agenzia di stampa USA. Ndtr.] ha affermato all’inizio di questo mese: “I palestinesi hanno spesso accusato gli israeliani di utilizzo eccessivo della forza contro aggressori e detto in molti casi che i supposti assalitori non lo erano neppure.” Questa fondamentale informazione è, purtroppo, raramente presente in molti articoli delle agenzie di notizie.

Sicuramente un certo numero di palestinesi – in genere giovani adulti – ha condotto attacchi durante lo scorso anno, la maggior parte dei quali ha preso di mira le forze militari israeliane di occupazione o coloni nei TPO. Alcuni di questi aggressori sono stati uccisi quando non rappresentavano più un pericolo.

Ma le forze israeliane – anche durante incidenti in cui i soldati hanno cambiato per varie volte la loro versione dei fatti – hanno ucciso anche palestinesi falsamente etichettati come aggressori, così come palestinesi a cui hanno sparato in irruzioni per arrestarli o durante la repressione di manifestazioni.

E’ significativo notare che, persino secondo le autorità israeliane, il numero di palestinesi uccisi in un contesto esclusivamente di proteste e incursioni durante lo scorso anno (71) è il doppio del numero totale di israeliani uccisi da palestinesi (33, più due persone straniere).

I palestinesi uccisi dalle forze armate israeliane sono di rado “umanizzati” in Occidente. Nei media, la loro morte merita – al massimo – un paio di righe che includono sempre la versione dei fatti del portavoce dell’esercito israeliano (e spesso solo la sua versione). E poi tutti passano ad altro.

Ecco allora un’istantanea dei costi umani del regime di apartheid israeliano e alcune delle storie di questi palestinesi che hanno perso la vita nell’ anno trascorso.

Abd al-Rahman Obeidallah, 13 anni. Ucciso il 5 ottobre 2015

Obeidallah è stato colpito a morte da un soldato israeliano nel campo di rifugiati di Aida, a nord di Betlemme. Era in piedi e stava osservando gli scontri tra gli abitanti e le forze di occupazione a circa 70 metri di distanza, quando è stato raggiunto da un proiettile letale al petto. Obeidallah era uno di cinque figli, e il suo fratello diciassettenne Mohammed lo ha descritto come il suo “miglior amico”. Secondo sua madre Dalal, il ragazzino aveva “sempre sognato di andare a trovare” una zia di Gerusalemme, ma, ha aggiunto, ” ci viene negato visitare Gerusalemme”. L’esercito israeliano in seguito ha sostenuto che l’uccisione di Obeidallah non era stata “intenzionale”. Un’inchiesta penale sulla sparatoria è stata aperta dall’Avvocatura Generale dell’Esercito Israeliano (AGE) , ma dopo un anno non ci sono notizie di una conclusione.

Shadi Dawla, 24 anni. Ucciso il 9 ottobre 2015.

Shadi è stato ucciso quando le forze israeliane hanno aperto il fuoco contro manifestanti palestinesi che lanciavano pietre verso le torri di guardia dell’esercito lungo la recinzione di confine a est di Gaza City. Quel giorno 6 palestinesi sono stati uccisi e 145 feriti, quando soldati israeliani ben protetti hanno falciato manifestanti disarmati con proiettili letali. Shadi lavorava con suo padre come elettricista, e secondo il suo fratello minore stava pensando di sposarsi. “(Shadi) non era solo mio fratello”, ha detto, “era un buon amico. Stavamo sempre insieme. Parlavamo sempre tra di noi e ci chiedevamo consigli a vicenda.” Più di 20 palestinesi, compreso un bambino di 10 anni, sono stati uccisi lo scorso anno dall’esercito israeliano nelle proteste contro la barriera a Gaza. Nessuna inchiesta israeliana è stata aperta su nessuna di queste morti.

Nur Hassan, 26 anni. Uccisa l’11 ottobre 2015.

Nur Hassan,all’epoca incinta di 5 mesi, è stata uccisa insieme alla sua figlia di tre anni Rahaf in un attacco aereo israeliano contro la sua casa nel quartiere di a-Zeitun della Striscia di Gaza. La casa è stata colpita in pieno e completamente distrutta. Il bombardamento, avvenuto in piena notte mentre la famiglia dormiva, è stato descritto dall’esercito israeliano come un attacco contro un “luogo di produzione di armi”. La casa di Hassan si trovava in una zona agricola, circondata da oliveti e frutteti, con cui la famiglia si guadagnava da vivere. In un video ampiamente diffuso, il padre sopravvissuto, Yihya, sorregge il corpo di Rahaf dicendo ripetutamente: “Svegliati, figlia mia.” Anche Mohammed, il secondo figlio, di cinque anni, è sopravvissuto al bombardamento. Non c’è stata nessuna inchiesta israeliana.

Dania Ershied, 17 anni. Uccisa il 25 ottobre 2015.

Ershied è stata uccisa ad un checkpoint davanti alla moschea di Ibrahim di Hebron, in quello che secondo le autorità israeliane era stato un tentativo di accoltellamento da parte di una “terrorista”. Tuttavia resoconti di testimoni oculari riportati da gruppi per i diritti umani lo smentiscono. Durante una seconda indagine, ufficiali della polizia di frontiera avrebbero iniziato a gridarle di far vedere il suo coltello. Secondo Amnesty International, “colpi di avvertimento sono stati sparati ai suoi piedi, spingendola a retrocedere e ad alzare le mani. Ha gridato alla polizia di non avere nessun coltello ed aveva ancora le mani in alto quando la polizia ha di nuovo aperto il fuoco, colpendola sei o sette volte.” Dania era studentessa della Scuola Superiore Femminile Al-Rayyan di Hebron, ed è stata uccisa con la sua uniforme scolastica. Non c’è nessuna inchiesta sulla sua morte.

Ra’ed Jaradat, 22 anni. Ucciso il 26 ottobre 2015.

Jaradat è stato ucciso dopo aver attaccato le forze di occupazione israeliane fuori dal villaggio di Beit Einun, nei pressi di Hebron. Ha accoltellato un soldato prima di essere colpito più volte, anche dopo che era steso a terra immobile. Jaradat era uno studente di contabilità all’università Al-Quds, ed era originario del villaggio di Sair, un altro villaggio della zona di Hebron. Dopo l’uccisione di Dania Ersheid (vedi sopra), Jaradat ha scritto su Facebook: “Immagina se fosse tua sorella!” Suo padre affranto ha detto ai giornalisti: “Noi viviamo bene, mio figlio non aveva bisogno di niente. Ma l’unica cosa che manca nelle vite di questi giovani è la libertà.”

Tharwat al-Sharawi, 72 anni. Uccisa il 6 novembre 2015.

Al-Sharawi è stata uccisa dalle forze di occupazione israeliane mentre si stava avvicinando a un distributore di Hebron. L’esercito israeliano sostiene che questa madre di sei figli aveva tentato un attacco con la macchina. Eppure un video dell’incidente rivela che l’auto stava andando abbastanza piano da permettere ai soldati di spostarsi tranquillamente dalla sua direzione prima di aprire il fuoco sul veicolo mentre stava entrando nello spiazzo della stazione di servizio. Gli spari, continuati ben dopo che aveva superato i soldati, hanno ferito anche un dipendente della stazione di servizio. Il figlio di Al-Sharawi ha detto che la madre stava andando a pranzo a casa di sua sorella. Secondo Amnesty International l’uso di una violenza omicida da parte delle forze israeliane sarebbe stato illegale anche se la signora anziana stesse ponendo in pratica un attacco. Tuttavia la procura generale militare ha deciso di non aprire nessuna indagine penale.

Abdullah Shalaldah, 28 anni. Ucciso il 12 novembre 2015.

Abdullah Shalaldah è stato ucciso in una stanza di ospedale dalle forze di occupazione israeliane mascherate da civili palestinesi (di cui uno su una sedia a rotelle che fingeva di essere incinta). I soldati sono entrati in una stanza del terzo piano dell’ospedale con l’intenzione di arrestare il paziente, Azzam Shalaldah. Appena hanno fatto irruzione nella stanza, hanno sparato per tre volte alla testa ed alla parte superiore del corpo del cugino del paziente, Abdullah. L’esercito israeliano ha sostenuto che aveva aggredito i soldati, ma alcuni testimoni hanno detto che era disarmato ed è stato ucciso mentre usciva dal bagno dove era andato a lavarsi per pregare. A Sair migliaia di persone hanno partecipato al funerale di Shalaldah. Non c’è nessuna inchiesta israeliana sulla sua morte.

Lafi Awad, 22 anni. Ucciso il 13 novembre 2015.

Awad è stato ucciso durante una manifestazione presso il “Muro di separazione” a Budrud. Dopo le preghiere del venerdì, gli abitanti hanno marciato verso il “Muro”, costruito sulla terra del villaggio, dove le forze israeliane li stavano aspettando. Dopo qualche ora di scontri, un gruppo più ridotto di giovani si è avvicinato al “Muro”, solo per essere preso in un imboscata dai soldati. Awad è stato agguantato e aggredito, ma ha cercato di liberarsi. Quando si è messo a scappare, un soldato israeliano gli ha sparato alle spalle. Altri soldati israeliani hanno impedito di portarlo al più presto in ospedale. L’esercito israeliano ha sostenuto che un “rivoltoso” aveva cercato di impadronirsi dell’arma di un soldato. Lafi era uno di otto figli. Nel 2013 era stato arrestato e detenuto per 17 mesi per aver aiutato a distruggere una videocamera di sorveglianza dell’odiato “Muro”. Nessuna indagine penale è stata aperta sulla sua uccisione.

Mohammed Abu Khalaf, 20 anni. Ucciso il 19 febbraio 2016

Abu Khalaf, di Kafr Aqab, nella Gerusalemme est occupata, è stato colpito ed ucciso dalle forze israeliane fuori dalla Porta di Damasco, dopo aver accoltellato e ferito due poliziotti di frontiera. In una ripresa video girata da una troupe di Al Jazeera che si trovava per caso sul posto, le forze israeliane hanno sparato a lungo su Abu Khalaf anche dopo che era steso al suolo immobile. Le autorità israeliane hanno trattenuto il corpo di Mohammed per 200 giorni, restituendolo alla famiglia per il funerale solo il 6 settembre 2016. “Oggi la sofferenza per una ferita inguaribile è stata riaperta quando abbiamo ricevuto il suo corpo e lo abbiamo sepolto,” ha detto ai giornalisti sua madre Rula. Le autorità israeliane hanno in seguito deciso che nessuna imputazione sarebbe stata presentata contro i poliziotti coinvolti.

Anwar Al-Salaymeh, 22 anni. Ucciso il 13 luglio 2016.

Al-Salaymeh è stato colpito a morte dalle forze di occupazione israeliane mentre stava viaggiando con i suoi amici a a-Ram, in Cisgiordania. L’esercito israeliano ha affermato che i soldati hanno solo aperto il fuoco per impedire un tentativo di investimento con l’auto. I passeggeri sopravvissuti, tuttavia, hanno affermato che si stavano dirigendo verso una panetteria e non sapevano della presenza di forze israeliane nella zona, una versione dei fatti confermata da prove raccolte dall’associazione per i diritti umani B’Tselem. Al-Salaymeh, che si era sposato tre mesi prima della morte, stava andando a prendere dei biscotti per la moglie incinta quando è stato ucciso. Secondo suo padre, Al-Salaymeh “era stato di grande aiuto per la famiglia – e per questo aveva lasciato la scuola superiore e si era messo a lavorare.” Non c’è stata nessuna indagine sulla sua morte.

Muhyee al-Din Tabakhi, 10 anni. Ucciso il 19 luglio 2016.

Tabakhi è stato colpito da una cosiddetta granata “spugna nera” [proiettili ricoperti di materiale spugnoso nero, usati contro le manifestazioni e considerati non letali. Ndtr.], sparata da membri della polizia di frontiera a a-Ram, nella Gerusalemme est occupata. E’ morto poco dopo in ospedale. Scontri tra i giovani del luogo e le forze israeliane nella zona sono frequenti a causa di lavori in corso sul “Muro di separazione”. Poco prima che Tabakhi venisse colpito, alcuni giovani avevano lanciato pietre contro una jeep della polizia di frontiera, inducendo un poliziotto a scendere dal veicolo e a inseguirli. Il bambino di 10 anni è stato colpito al petto da una distanza di circa 30 metri. Anche un adulto che era intervenuto in soccorso è stato colpito ad una mano. Un portavoce della polizia israeliana ha semplicemente notato che non era stato usato nessun “proiettile letale”.

Muhammad Abu Hashhash, 19 anni. Ucciso il 16 agosto 2016.

Abu Hashhash è stato ucciso dalle forze di occupazione israeliane durante una brutale incursione durata un giorno nel campo di rifugiati di al- Fawwar, nei pressi di Hebron. E’ stato colpito alla schiena nel momento in cui stava uscendo dalla porta di casa da un cecchino israeliano nascosto in una casa palestinese a circa 30-40 metri di distanza. I soldati israeliani avevano fatto un piccolo buco nel muro della casa, attraverso il quale il ragazzo è stato ucciso. Abu Hashhash era un appassionato giocatore di pallone in un campo di circa 9.500 abitanti. Durante quella stessa incursione, le forze israeliane hanno ferito almeno 52 altri abitanti. anche con munizioni letali. Nel momento in cui sto scrivendo, non ci sono notizie di un’inchiesta dell’esercito israeliano sulla sua morte.

(traduzione di Amedeo Rossi)




Shimon Peres: fondatore di Israele, architetto dell’occupazione

Rori Donaghy

Middle East Eye– mercoledì 28 settembre 2016

Per i suoi sostenitori Peres era una colomba della pace, ma per i suoi critici ha giocato un ruolo chiave nella costruzione di uno Stato israeliano che opprime i palestinesi

Shimon Peres, l’ultimo padre fondatore di Israele, è morto mercoledì all’età di 93 anni dopo che le sue condizioni sono rapidamente peggiorate in seguito a un grave ictus due settimane fa.

I leader mondiali hanno riservato elogi a Peres, compreso l’ex presidente americano Bill Clinton, che lo ha descritto come una “colomba della pace” per il suo ruolo negli accordi di Oslo del 1993 – le prime intese tra leader israeliani e palestinesi, che lo hanno portato a vincere il Nobel per la pace collettivo un anno dopo.

Tuttavia gli elogi non sono stati universali, con critiche che hanno sottolineato il suo ruolo nello sviluppo delle prime colonie israeliane e come primo ministro nel 1996, quando le truppe israeliane massacrarono 154 civili libanesi nella cosiddetta “Operazione Grappoli d’ira”.

Il primo ministro palestinese Mahmoud Abbas, del partito Fatah della Cisgiordania, ha osannato Peres come un “coraggioso”, mentre i suoi rivali di Hamas a Gaza lo hanno definito un “criminale”.

Nato Szymon Perski nel 1923, Peres nel 1934, all’età di 11 anni, si spostò con la sua famiglia dalla terra natale in Polonia verso quello che era allora il Mandato Britannico della Palestina. Dopo essere cresciuto in un kibbutz, Peres si unì al connazionale polacco e in seguito sodale politico David Ben-Gurion, che sarebbe poi diventato il primo premier di Israele.

Peres è stato spesso lodato come uomo che ha dedicato la sua vita a cercare la pace tra israeliani e palestinesi, rifiutando di rinunciare a concludere un accordo fin quando ha iniziato il suoi ultimi dieci anni di vita.

Durante un discorso nel 2014 al memoriale di Yitzhak Rabin – l’ex-primo ministro israeliano che fu assassinato nel 1995 per aver firmato gli accordi di Oslo – Peres incitò il popolo a non rinunciare alla pace.

“La pace è diventata una parola offensiva,” ha detto a migliaia di persone che si erano riunite a Tel Aviv. “Ci sono quelli che dicono che chi crede nella pace è un ingenuo, non è un patriota, un illuso. Ma io dico a voce alta che gli illusi sono quelli che rinunciano alla pace.”

Il tono poetico delle parole di Peres ha spesso guadagnato le prime pagine, valendogli un’immagine di voce della ragione in un conflitto apparentemente irrisolvibile. Tuttavia durante la sua lunga vita di dirigente politico l’eredità di Peres si è costruita attraverso il suo coinvolgimento in decisioni e progetti lontano dai riflettori delle riprese televisive.

Prima della fondazione di Israele a danno della Palestina nel 1948, Peres era un membro dell’Haganah – una milizia ebraica clandestina – e nonostante avesse solo 20 anni venne assegnato al ruolo fondamentale di comprare armamenti e munizioni per la guerra che alla fine portò alle uccisioni in massa e all’espulsione di più di 700.000 palestinesi.

La bomba di Israele

Dopo aver svolto egregiamente il suo ruolo nell’Haganah, nel 1953 fu nominato direttore generale del ministero della Difesa di Israele, dove avrebbe continuato a giocare un ruolo cruciale nello sviluppo di un reattore nucleare segreto nella città di Dimona, nel deserto meridionale del Negev.

Anche se un giorno sarebbe diventato il nono presidente di Israele, così come sarebbe stato per due volte primo ministro, il suo ruolo nello sviluppo delle armi nucleari di Israele, che furono testate per la prima volta negli anni ’60, ha consacrato Israele come una importante potenza militare al di fuori di ogni controllo internazionale.

Più tardi, come ministro della Difesa nel 1975, Peres si incontrò con il governo sudafricano dell’apartheid e offrì di vendergli testate nucleari. Desideroso di mantenere nascoste le proprie attività nucleari, nel 1986 Peres autorizzò la caccia ed il rapimento da parte dei servizi segreti israeliani della “gola profonda” Mordechai Vanunu [che rivelò al Sunday Times che Israele aveva la bomba atomica e per questo venne rapito a Roma, portato in Israele e condannato per tradimento e spionaggio . Ndtr.], che avrebbe passato 18 anni di prigione.

L’artefice della colonizzazione

Peres potrebbe un giorno essere visto come un patrimonio nazionale non solo in Israele, bensì anche a livello internazionale, ma ha giocato un ruolo cruciale nello sviluppo delle colonie illegali ebraiche israeliane sulla terra della Cisgiordania palestinese, avendo notoriamente adottato lo slogan “Colonie ovunque” quando era ministro della Difesa negli anni ’70.

Il suo ruolo nell’estensione del controllo israeliano sulla terra palestinese sarebbe continuato con gli accordi di Oslo, perché, benché fossero lodati come un passo verso la pace, la divisione della Cisgiordania in tre zone alla fine ha fornito la base per il controllo israeliano sulla maggior parte di quello che avrebbe dovuto essere lo Stato palestinese.

Gli accordi hanno portato alla divisione della Cisgiordania in tre zone -A, B e C – e si riteneva che sarebbero durati cinque anni. Ma queste zone continuano ad essere la base su cui la Cisgiordania è governata, con l’area C – sotto totale controllo israeliano – che costituisce poco più del 60% del totale della Cisgiordania.

Massacro di Qana

Da molti critici Peres sarà anche ricordato per il suo ruolo nel massacro di 154 civili libanesi in un attacco ad un villaggio durante l’operazione militare di Israele del 1996 contro Hezbollah [milizia sciita libanese. Ndtr.] nota come “Operazione Grappoli d’ira”.

Peres era il primo ministro di Israele quando il suo esercito attaccò il villaggio di Qana il 18 aprile 1996, bombardando un edificio delle Nazioni Unite in cui circa 800 civili si erano rifugiati per sfuggire ai bombardamenti israeliani

Quando gli fu chiesto dell’attacco contro Qana – che egli difese come un errore – Peres più tardi disse: “Tutto è stato fatto in base ad una chiara logica e in modo responsabile. Ho la coscienza a posto.”

E’ questa narrazione alternativa della vita e dell’eredità di Peres che comporta il fatto che egli non sarà elogiato dai palestinesi a da molti altri.

Reazioni arabe

Mentre i media in lingua inglese insistono con l’immagine di Peres come una colomba della pace, mercoledì i mezzi di informazione arabi hanno presentato un’altra immagine quando hanno informato della sua morte.

Sky News in arabo ha descritto Peres come un “padrino” del programma per la produzione delle armi nucleari di Israele e come il “fondatore delle colonie”. Al Jazeera in arabo lo ha etichettato come un “assassino di massa” che è stato “incoronato con il Premio Nobel”.

La dirigenza dell’Autorità Nazionale Palestinese – che Peres ha contribuito a creare – è stata più elogiativa a proposito del defunto leader israeliano: un importante consigliere del presidente Mahmoud Abbas lo ha descritto come un “uomo di pace”.

“Il suo decesso è sicuramente una grande perdita per l’umanità e per la regione,” ha detto al Jerusalem Post [giornale israeliano in lingua inglese. Ndtr.] Majdi al-Kahlidi, consigliere diplomatico di Abbas.

Tuttavia Awni Almashni, membro di Fatah, il partito di Abbas, ha detto a MEE che Peres era “un nemico del popolo palestinese.”

“Peres credeva nella pace, ma nel senso israeliano, che concede a Israele il potere e il controllo sulla terra,” ha affermato. “Non lo vediamo come un pacificatore.”

Il movimento Hamas di Gaza, fiero rivale di Abbas, ha descritto Peres come un “criminale” della cui morte è “molto contento”.

Il portavoce di Hamas Sami Abu Zuhri ha detto all’Associated Press [agenzia di stampa statunitense. Ndtr]: “Shimon Peres è stato l’ultima personalità importante israeliana rimasta ad aver dato vita all’occupazione, e la sua morte rappresenta la fine di un periodo nella storia di questa occupazione e l’inizio di una nuova fase di indebolimento.”

Il funerale di Peres avrà luogo venerdì nel cimitero nazionale israeliano sul monte Herzl a Gerusalemme, a cui si pensa parteciperanno dirigenti politici da tutto il mondo.

Ma uno che non ci sarà è il politico israeliano-palestinese Basil Ghattas, che ha provocato scandalo in Israele quando ha reagito all’ictus di Peres del 14 settembre scrivendo su Facebook che non sarebbe “corso a partecipare” a un ” festival di dolore e di lutto”.

“Peres era uno dei più poderosi pilastri dell’impresa del colonialismo d’insediamento sionista,” ha scritto il deputato della Knesset [il parlamento israeliano. Ndtr.]. “Uno dei più spietati, estremisti e dannosi per la nazione palestinese.”

“Peres è coperto dalla testa ai piedi del nostro sangue.”

Contattato mercoledì da MEE, Ghattas ha detto che non avrebbe potuto aggiungere niente a quello che aveva già detto su Facebook.

Diana Buttu, una ex-negoziatrice palestinese, ha detto a MEE che il torrente di elogi per Peres ignora la sua reale vita – e che le sue azioni rappresentano crimini di guerra.

“Non è abbastanza chiamare Peres un criminale di guerra perché gliela farebbe passare liscia – egli va oltre,” ha affermato. “Peres ha messo in atto tutta una serie di crimini di guerra da parte di Israele avvenuti senza che ne dovesse rispondere.”

“Quello per cui Peres dovrebbe essere ricordato non è solo il fatto di essere un criminale di guerra ma di aver svuotato di ogni significato la parola ‘pace’. Pace ora può significare pulizia etnica, appoggio all’espansione delle colonie, il bombardamento di un edificio dell’ONU e il possesso di un arsenale nucleare senza essere oggetto di alcuna ispezione internazionale.”

“Pace può significare contravvenire alle leggi internazionali – è per questo che Peres dovrebbe essere ricordato.”

La palestinese Nabila Espanioly, un’attivista femminista del partito Hadash, ha detto a MEE che Peres era “innanzitutto un leader sionista.”

“La sua eredità è rappresentata da massacri e discriminazione,” ha affermato. “Ha fatto un passo verso la pace ma non ha cambiato niente in concreto, tranne la confisca di sempre più terra palestinese.”

“Fino ai suoi ultimi giorni Peres ha affermato il suo impegno per la pace, ma ha sempre avuto chiaro in mente che il popolo ebraico era la sua priorità in ogni possibile accordo.”

Nel 2014 ha detto: “La principale priorità è preservare Israele come Stato ebraico. Questo è il nostro principale obiettivo, per il quale stiamo lottando.”

(traduzione di Amedeo Rossi)




Mahmoud Abbas governa temendo la democrazia

Omar Karmi The Electronic Intifada22 settembre 2016

Comunque le si veda, le elezioni municipali per la Cisgiordania occupata e Gaza in programma in ottobre sarebbero state di fatto un referendum sulla leadership di Mahmoud Abbas e, in modo molto minore, su Hamas.

Forse per questo sono state annullate.

Sicuramente questa è stata l’impressione data dai partiti rivali, Fatah e Hamas, una volta che l’Alta corte di giustizia palestinese di Ramallah ha stabilito che le elezioni non si potevano tenere a causa di “ostacoli procedurali” a Gaza e con Israele che impedisce di votare a Gerusalemme est.

Usama al-Qawasmi di Fatah ha accusato Hamas di aver deliberatamente sabotato il voto con “organi giurisdizionali privati” per impedire ai candidati di Fatah di presentarsi a Gaza. Sami Abu Zuhri, un rappresentante di Hamas, ha denunciato una decisione “politicamente motivata”della corte destinata a “venire in aiuto di Fatah”.

Ovviamente l’Alta corte sostiene strenuamente la propria indipendenza e rigetta la convinzione che le pressioni politiche abbiano influito sulla decisione. Tuttavia la corte non può essere seriamente vista come apolitica, dato che i suoi giudici sono stati nominati dal presidente dell’Autorità Nazionale Palestinese, una carica che Abbas ha ricoperto dal 2005.

Oltretutto il ragionamento della corte secondo cui le elezioni non si possono svolgere se non si tengono a Gerusalemme est non aveva impedito la realizzazione delle elezioni municipali nel 2012.

Dunque almeno qualche considerazione politica probabilmente ha influenzato la sentenza.

Quindi cos’è successo?

Le elezioni sono state annunciate in giugno e, inizialmente, sembravano destinate ad essere una riedizione delle elezioni municipali del 2012, che Hamas aveva boicottato. Il voto nel 2012 era limitato alla Cisgiordania – esclusa Gerusalemme est.

Ma in luglio Hamas ha annunciato che questa volta avrebbe invece partecipato. Dal momento in cui Hamas ha deciso di prendervi parte era chiaro che queste elezioni avrebbero riguardato molto più che l’erogazione di servizi locali.

Il voto avrebbe dovuto essere la prima contesa elettorale diretta in 10 anni, salvo che nelle università, tra Fatah, al potere nelle principali città della Cisgiordania, e Hamas, che governa all’interno di Gaza. Hamas aveva vinto la precedente tornata elettorale, le elezioni del 2006 per il Consiglio Legislativo palestinese.

Se le elezioni di quest’anno si fossero tenute, gli elettori avrebbero avuto la possibilità di esprimere il proprio parere sui risultati di entrambi i partiti. E in questo quasi- referendum, Abbas, che guida Fatah, un movimento diviso e scontento, avrebbe avuto molto più da perdere che Hamas, che ha il pieno controllo di Gaza.

Una sicura vittoria per Hamas?

Hamas ha giocato le sue carte con prudenza, annunciando che non avrebbe partecipato con proprie liste in Cisgiordania, ma avrebbe comunque appoggiato suoi iscritti o simpatizzanti indipendenti. Se ne sarebbe potuto ricavare scarse indicazioni. Un buon risultato avrebbe suggerito che se la fazione avesse presentato una lista di partito ciò avrebbe dato un risultato anche migliore.

Secondo Diana Buttu, un’ ex-consulente legale dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina, sarebbe stata una vittoria sicura per Hamas. Sostiene che i timori riguardo i risultati di elezioni locali erano anche un segno che le divisioni interne di Fatah sono al momento una delle principali preoccupazioni di Abbas.

“Abbas teme la frammentazione di Fatah ed è ossessionato dalla possibilità di aprire la porta a una sfida alla sua leadership da parte di (Mohammed) Dahlan,” sostiene Buttu, riferendosi all’allora capo di Fatah a Gaza che era stato espulso dalla Striscia dopo che nel 2007 membri di Fatah vi tentarono un fallito colpo di stato sostenuto dagli USA contro Hamas.

Dahlan, che gode dell’appoggio degli Emirati Arabi Uniti e di altri Paesi della regione, è spesso citato come il principale rivale di Abbas e possibile successore, nonostante non viva nei Territori palestinesi da quando è stato espulso da Fatah nel 2011 e la sua base elettorale interna sia principalmente a Gaza.

Ad accentuare tali problemi, dal 2009 c’è stato uno scarso ricambio tra i ranghi di Fatah e nessuna elezione per l’organo dirigente della fazione, il comitato centrale.

“Ogni dirigente locale ambizioso di Fatah si è trovato la strada bloccata,” afferma Buttu. ” L’unica possibilità di fare carriera era presentarsi come indipendenti.”

Tuttavia ciò ha minacciato di replicare le elezioni del 2006, quando una fazione dissidente, al-Mustaqbal (“Il futuro” in arabo), guidata da Marwan Barghouti, in prigione ma molto popolare, e che includeva molti membri importanti di Fatah, si era iscritta per partecipare come lista separata.

Era stato trovato un compromesso all’ultimo momento, ma le divisioni all’interno di Fatah erano tutte molto evidenti e hanno giocato un ruolo in quello che è diventato un vantaggio per Hamas.

Stavolta il vantaggio di abbandonare la nave ammiraglia è arrivato in fretta. Il comitato centrale di Fatah aveva avvertito già prima dell’iscrizione finale all’inizio di settembre di quest’anno che chiunque avesse corso come indipendente sarebbe stato espulso dalle liste del partito.

E un giorno dopo che l’Alta corte ha annullato le elezioni, Abbas ha immediatamente espulso due membri di Fatah ad Hebron, l’ex assessore della giunta comunale Khalid Fahd al-Qawasmi e il vice sindaco del Comune di Hebron, Jawdi Abu Sneineh, che si erano proposti come indipendenti.

Leadership vacillante

Questi non sono stati gli unici espulsi. D’altronde, lo scorso anno, Abbas ha rimosso dalle loro cariche molti funzionari, in Fatah, nell’OLP -di cui è anche presidente – o nelle istituzioni dell’ANP.

Ad agosto sono filtrate notizie che Abbas aveva espulso molti membri del comitato centrale. Ciò era stato preceduto dall’espulsione in aprile del governatore di Nablus Akram Rajoub.

E lo scorso anno ha estromesso Yasser Abed Rabbo dalla sua posizione di numero due dell’OLP.

Tale svolta sempre più autocratica è arrivata insieme a sondaggi che mostravano ripetutamente che Abbas era meno popolare del suo avversario di Hamas, Ismail Haniyeh.

L’ultimo di questi sondaggi – realizzato in giugno dal Centro Palestinese di Politica e Ricerca – indicava che Abbas avrebbe perso in un ballottaggio diretto con Haniyeh, che ha la sua base a Gaza.

Tuttavia il distacco tra i due uomini si è ridotto lievemente se confrontato con un sondaggio realizzato tre mesi prima. In una competizione tra i due personaggi, il 48% di chi ha risposto ha detto che avrebbe votato per Haniyeh rispetto al 52% nella precedente inchiesta. Circa il 43% ha affermato che avrebbe votato per Abbas, in aumento rispetto al 41% di pochi mesi prima.

Circa due terzi del campione nel sondaggio di giugno voleva che Abbas desse le dimissioni, mentre la maggioranza considerava l’Autorità Nazionale Palestinese “un peso per il popolo palestinese.” Un totale dell’80% pensava che le istituzioni dell’ANP fossero corrotte.

Ma il sondaggio di giugno ha anche scoperto che Fatah era leggermente avanti rispetto ad Hamas, e che se Marwan Barghouti fosse stato il leader, Fatah avrebbe vinto un’elezione presidenziale.

Tuttavia Barghouti rimane in una prigione israeliana. Un anziano Abbas è ancora al potere, aggrappato ad una strategia – se questo è il termine appropriato – di “negoziati, negoziati, negoziati”.

Questi negoziati non hanno fatto niente per porre fine alla costruzione ed espansione delle colonie israeliane e al peggioramento delle condizioni di vita dei palestinesi.

E Hamas? Le elezioni sarebbero state la prima volta dal 2006 che il movimento islamico avrebbe potuto misurarsi contro Fatah.

Il periodo in cui Hamas ha governato la Striscia di Gaza assediata è stato sfortunato, con tre gravi attacchi militari israeliani, migliaia di morti, decine di migliaia di feriti e senza casa, uno dei più alti livelli di disoccupazione al mondo e un allarme dell’ONU che la Striscia costiera potrebbe diventare inabitabile entro il 2020.

Tuttavia il movimento è ancora in grado di presentare un fronte coeso, una cosa che Fatah non ha saputo fare dalle elezioni del 2006. Hamas ha anche una dimensione regionale per la sua affiliazione alla più ampia “Fratellanza musulmana”, benché osteggiata.

Fatah è diventata un insieme di singole personalità. E Abbas sembra essere sempre più timoroso che le elezioni possano mettere in evidenza questa situazione.

Imbarazzanti domande potrebbero anche essere fatte sulla sua legittimità a governare – sono passati 11 anni da quando è stato eletto presidente. Il suo mandato è terminato nel 2009.

Le elezioni municipali di ottobre avrebbero potuto essere un primo passo per tornare alla “piscina democratica”. Alcune figure di alto livello nell’apparato dell’ANP hanno deciso di non avvicinarsi a questa “piscina” – forse perché hanno temuto di annegare.

Omar Karmi è un ex corrispondente da Gerusalemme e da Washington del quotidiano “The National”.

(traduzione di Amedeo Rossi)




Non ci sarà pace finché Israele non accetterà le proprie responsabilità per la Nakba

 

di Gideon Levy – 22 settembre 2016

Haaretz

Non ci sarà pace finché gli israeliani non sapranno e non capiranno come tutto questo è iniziato.

Il governo di Israele lo ha confermato ancora una volta: furono commessi crimini di guerra nel 1947-48; ci furono massacri, espulsioni, ci fu pulizia etnica – ci fu una Nakba, una Catastrofe, come i palestinesi chiamano la loro esperienza in quegli anni. Come lo sappiamo?

Il governo sta per prolungare la secretazione di uno dei documenti più importanti dell’archivio delle Forze di Difesa Israeliane [IDF, l’esercito israeliano. Ndtr.] che riguarda la creazione del problema dei rifugiati palestinesi. Sessantotto anni sono passati e Israele sta occultando a se stesso la verità degli archivi – ci potrebbe essere una prova più chiara che c’è qualcosa da nascondere? Un alto funzionario ha spiegato al corrispondente diplomatico di Haaretz Barak Ravid (“Commissione guidata da Shaked probabilmente intende mantenere riservato il “Nakba file” nell’archivio dell’IDF”, 20 settembre): “Quando ci sarà la pace, sarà possibile aprire questi materiali alla visione del pubblico.”

La pace non ci sarà finché gli israeliani non sapranno e non capiranno come tutto questo è iniziato. La pace non ci sarà finché Israele non ne accetterà la responsabilità, non chiederà perdono e non offrirà compensazioni. Non c’è pace senza questo. Forse ci potrebbero essere commissioni per la verità e la riconciliazione come in Sud Africa o una genuflessione e riparazioni come in Germania. Ciò potrebbe essere il modo per esprimere pentimento al popolo palestinese, ritorno parziale e parziale compensazione per le proprietà sottratte nel 1948 e da allora in poi. Solo non la negazione e il sottrarsi alle proprie responsabilità.

La pace non sarà ostacolata perché i palestinesi stanno insistendo sul diritto al ritorno. Sarà principalmente impedita perché Israele non è pronto a interiorizzare il punto di partenza storico: un popolo senza un Paese è arrivato in un Paese con un popolo e questo popolo ha vissuto una terribile tragedia che continua fino ad oggi.

Quel popolo non dimentica. E Israele non sarà in grado di farglielo dimenticare. Israele odia i negazionisti dell’Olocausto – e giustamente. In molti Paesi è un reato penale. In Israele la gente è arrabbiata con la Polonia, che ha proibito per legge di far riferimento alla sua partecipazione allo sradicamento dei suoi ebrei. Anche l’Austria, che non ha mai fatto i conti in modo adeguato con il suo passato, è meritevole di condanna.

E Israele ha fatto i conti con il suo passato? Mai. Il mondo ebraico chiede compensazioni per le proprietà che ha lasciato dietro di sé nell’Europa orientale e nei Paesi arabi. Agli ebrei è consentito tornare alle proprietà ebraiche in Cisgiordania e a Gerusalemme est. Fare i conti con il nostro passato non è esattamente quello che facciamo. Per noi valgono leggi diverse, leggi del popolo eletto e il doppio standard. Distogliamo lo sguardo dalla gobba sulla nostra schiena – quella nascosta negli archivi e che sorge alta da ogni campo profughi e da ogni villaggio in rovina – noi guardiamo da un’altra parte.

E’ possibile fin da subito fare a meno dell’ira per il paragone con l’Olocausto: non c’è paragone. Ma ci sono disastri nazionali che non sono un olocausto e tuttavia sono disastri. Un terribile disastro è avvenuto al popolo palestinese e Israele nega questo disastro e le sue responsabilità in merito. La sua portata è lontana da quella dell’Olocausto, ma è un terribile disastro. Le negazioni sono confrontabili: la negazione della Nakba batte la negazione dell’Olocausto.

Quello che è successo al popolo palestinese nel 1948 ed è continuato dopo la nascita dello Stato [di Israele] non può essere rimosso per sempre. Se Israele è certo che ciò sia giusto, apra gli archivi e lo provi. Infatti, uno dei documenti che Israele ha secretato è uno studio che David Ben Gurion [il padre della patria di Israele. Ndtr.] commissionò con l’intento di provare che gli arabi scapparono. Se tutto è stato morale, giusto e legale, perché non lo stanno rendendo pubblico?

E’ sufficiente vedere la fotografia che accompagna il reportage nella versione in ebraico di Haaretz per confutare la propaganda sionista: due arabi spingono una carretta piena di cianfrusaglie, tappeti e beni di famiglia, un vecchio con una canna arranca dietro di loro e tre uomini dell’Haganah [milizia armata sionista. Ndtr.] li accompagnano con i fucili spianati. Haifa, 12 maggio 1948. Così appare la “fuga volontaria” che gli arabi sono accusati di aver scelto. E questa naturalmente non è l’immagine più scioccante dell’espulsione.

Il senso di colpa è molto pesante. Non si allevierà. Per l’espulsione, ed ancora di più per aver impedito un ritorno alle loro case quando i combattimenti sono cessati. La giustizia totale non prevarrà qui e la condanna non ricade solo sulle spalle di Israele. Ma la negazione deve finire. Convinti della nostra rettitudine e forti nel nostro Stato, è arrivato il momento di guardare in faccia la verità e arrivare all’ovvia conclusione: Israele ha sovraccaricato il calderone delle sofferenze che ha causato al popolo palestinese da molto tempo. Da molto tempo.

(traduzione Amedeo Rossi)




Rapporto OCHA del periodo 6 – 19 settembre 2016

Nell’arco di quattro giorni (16-19 settembre), sono state registrate sette aggressioni e presunte aggressioni da parte di palestinesi contro israeliani: è il numero più alto a partire dalla precedente escalation di violenza registrata nell’ultimo trimestre del 2015. Sei dei presunti aggressori, tra cui un ragazzo di 17 anni ed un cittadino giordano, sono stati uccisi sul posto;

altri tre sono stati feriti ed arrestati. Cinque soldati ed agenti di polizia e tre coloni israeliani sono stati feriti. Uno degli episodi, verificatosi all’ingresso dell’insediamento colonico di Kir-yat Arba’ (Hebron), è consistito in un sospetto speronamento con auto; negli altri sei casi si è trattato di accoltellamenti, o presunti tentativi di accoltellamento: tre nella Città Vecchia di Hebron, due nella Città Vecchia di Gerusalemme e uno all’ingresso dell’insediamento colonico di Efrata (Betlemme). Da quanto riferito, nessuno dei presunti responsabili risulta affiliato a qualche gruppo armato; tutti avrebbero agito autonomamente.

Due palestinesi sono stati uccisi con armi da fuoco durante scontri con le forze israeliane: il primo nel villaggio di Beit Ula (Hebron), a seguito di una operazione di ricerca-arresto, ed il secondo nei pressi della recinzione che circonda la Striscia di Gaza, nel corso di un episodio di lancio di pietre. La vittima di questo secondo caso è un ragazzo di 16 anni che, secondo le indagini svolte da diverse organizzazioni per i diritti umani, è stato colpito alla testa da un candelotto lacrimogeno sparato dai soldati israeliani. Sale così a 16, dall’inizio dell’anno, il numero di civili palestinesi uccisi dalle forze israeliane durante scontri e proteste.

Complessivamente, durante il periodo di riferimento di due settimane, nel contesto di molteplici scontri, le forze israeliane hanno ferito 98 palestinesi, tra cui 37 minori. Oltre tre quarti di queste lesioni sono dovute ad inalazione di gas richiedente un trattamento medico; la maggior parte dei restanti ferimenti sono da attribuire a proiettili di gomma o ad armi da fuoco. Più della metà dei feriti sono stati registrati durante scontri avvenuti nelle città di Abu Dis e di Al ‘Eizariya (nel governatorato di Gerusalemme), a seguito di lancio di pietre da parte di giovani palestinesi contro le forze israeliane; altri cinque ferimenti si sono verificati durante scontri nei pressi della recinzione che circonda la Striscia di Gaza.

Sempre nella Striscia di Gaza, durante le due settimane di riferimento, in almeno 29 casi le forze israeliane hanno aperto il fuoco di avvertimento verso palestinesi presenti nelle Aree ad Accesso Riservato (ARA) di terra e di mare, costringendoli ad allontanarsi, ma senza provocare vittime. In altri due casi, le forze israeliane sono entrate nella Striscia ed hanno spianato il terreno ed effettuato scavi in prossimità della recinzione perimetrale.

In solidarietà con i prigionieri palestinesi detenuti nelle carceri israeliane e in sciopero della fame per protestare contro la detenzione amministrativa cui sono sottoposti, si sono svolte otto manifestazioni, concluse tutte senza scontri. Il Coordinatore delle Nazioni Unite per l’Assistenza Umanitaria e l’Aiuto allo Sviluppo ha sollecitato Israele a formalizzare le eventuali accuse o a rilasciare senza indugio tutti i detenuti amministrativi. Una ulteriore manifestazione si è tenuta per protestare contro la detenzione di sei palestinesi da parte delle Forze di Sicurezza Palestinesi.

In Cisgiordania le forze israeliane hanno condotto 137 operazioni di ricerca-arresto ed hanno arrestato 183 palestinesi. Il numero più alto di arresti (56) si è avuto nel governatorato di Gerusalemme. Altri tre palestinesi sono stati arrestati nelle vicinanze di tre posti di blocco, secondo quanto riferito perché trovati in possesso di coltello.

Le autorità israeliane hanno restituito alle famiglie i corpi di due palestinesi sospettati di aver compiuto aggressioni contro israeliani; uno dei corpi è stato trattenuto per più di otto mesi. Attualmente, sono ancora trattenuti dalle autorità israeliane i corpi di altri dieci presunti aggressori palestinesi; alcuni da sette mesi.

Il 15 settembre, nella Città Vecchia di Gerusalemme, la polizia israeliana ha sfrattato a forza, dall’appartamento tenuto in affitto fin dagli anni 30, una famiglia palestinese di otto persone; l’alloggio è stato consegnato ad un’organizzazione di coloni israeliani che, secondo quanto riferito, l’aveva acquistato. Il provvedimento è conseguente a prolungati procedimenti legali presso i tribunali israeliani dove la famiglia, sostenendo di essere “affittuari protetti” [categoria di inquilini non sfrattabili], si è opposta, senza successo, allo sfratto. L’appartamento in questione è parte di un più ampio complesso residenziale composto da nove appartamenti; nel luglio 2010, coloni israeliani erano entrati in possesso di otto di essi, causando lo sfollamento di sette famiglie palestinesi appartenenti alla stessa famiglia allargata.

In Area C e Gerusalemme Est, per mancanza di permessi di costruzione, le autorità israeliane hanno demolito 15 strutture di proprietà palestinese, sfollando 23 persone, tra cui 12 minori, e coinvolgendone, in modi diversi, altre 47. Due di queste strutture erano abitazioni di Gerusalemme Est, demolite dai proprietari dopo aver ricevuto ordini di demolizione: l’autodemolizione evita l’addebito dei relativi costi da parte delle autorità israeliane. Altre cinque strutture, situate nel villaggio di Al Aqaba, nel nord della Valle del Giordano, erano ripari di emergenza finanziati da donatori e forniti a seguito di precedenti demolizioni. Quest’ultima comunità è stata anche esposta a proiettili vaganti dovuti ad una lunga esercitazione a fuoco effettuata dai militari israeliani il 12 ed il 13 di settembre in vicinanza dell’area di residenza della comunità; non sono stati segnalati feriti.

In diverse aree della Cisgiordania, secondo i media israeliani, sei episodi di lancio di pietre, da parte di palestinesi contro veicoli israeliani, hanno provocato il ferimento di quattro israeliani, tra cui due donne, e danni a quattro veicoli.

Nei villaggi di Burin (Nablus) e Jinsafut (Qalqiliya), secondo quanto riferito, almeno 45 ulivi sono stati incendiati da coloni israeliani. Sempre in Burin, coloni israeliani accompagnati da forze israeliane, hanno spianato con bulldozer un appezzamento di terreno incolto di proprietà palestinese.

Durante il periodo di riferimento, il valico di Rafah, sotto controllo egiziano, è stato eccezionalmente aperto per tre giorni: due giorni in entrambe le direzioni (6-7 settembre) ed un giorno (18 settembre) solo per consentire il ritorno a Gaza dei pellegrini. Complessivamente, sono entrate in Gaza 916 persone e 1.175 ne sono uscite. Secondo le autorità palestinesi di Gaza circa 27.000 persone sono registrate ed in attesa di attraversare. Dall’inizio del 2016 il valico è stato parzialmente aperto per soli 23 giorni.

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Ultimi sviluppi (fuori dal periodo di riferimento)

Il 20 settembre, all’ingresso del villaggio di Bani Na’im (Hebron), le forze israeliane hanno ucciso un 16enne palestinese, presumibilmente dopo un suo tentativo di accoltellamento di un soldato; non sono stati segnalati feriti israeliani.

nota 1:

I Rapporti ONU OCHAoPt vengono pubblicati settimanalmente in lingua inglese, araba ed ebraica; contengono informazio-ni, corredate di dati statistici e grafici, sugli eventi che riguardano la protezione dei civili nei territori palestinesi occupati.

sono scaricabili dal sito Web di OCHAoPt, alla pagina: https://www.ochaopt.org/reports/protection-of-civilians

L’Associazione per la pace – gruppo di Rivoli, traduce in italiano (vedi di seguito) l’edizione inglese dei Rapporti.

sono scaricabili dal sito Web della Associazione per la pace – gruppo di Rivoli, alla pagina:

https://sites.google.com/site/assopacerivoli/materiali/rapporti-onu/rapporti-settimanali-integrali

nota 2: Nella versione italiana non sono riprodotti i dati statistici ed i grafici. Le scritte [in corsivo tra parentesi quadre]

sono talvolta aggiunte dai traduttori per meglio esplicitare situazioni e contesti che gli estensori dei Rapporti

a volte sottintendono, considerandoli già noti ai lettori abituali.

nota 3: In caso di discrepanze (tra il testo dei Report e la traduzione italiana), fa testo il Report originale in lingua inglese.

Associazione per la pace – Rivoli TO; e-mail: assopacerivoli@yahoo.it; Web: https://sites.google.com/site/assopacerivoli