La lobby israeliana attacca un sopravvissuto di Auschwitz per diffamare Corbyn

Adri Nieuwhof

7 agosto 2018, Electronic Intfada

 

Nella loro campagna per diffamare in quanto antisemita il leader del partito Laburista Jeremy Corbyn, i media britannici hanno utilizzato in modo scorretto il mio defunto amico Hajo Meyer, sopravvissuto ad Auschwitz,.

Nel 2010 Corbyn ha ospitato a Londra un incontro del “Holocaust Memorial Day” [“Giorno di Commemorazione dell’Olocausto”], in cui Meyer era il principale oratore.

Negli scorsi giorni The Times ha suscitato scalpore con un articolo in cui si dichiarava che Meyer “aveva paragonato la politica israeliana al regime nazista.”

Deputati della destra laburista avversari di Corbyn sono partiti all’attacco.

Il parlamentare John Mann ha dichiarato che l’evento ha violato “qualunque forma di normale decenza”, mentre la sua collega Louise Ellman ha affermato che l’incontro l’ha portata a “chiedersi se questa è la ragione per cui il partito Laburista ha voluto attenuare tanto la definizione di antisemitismo.”

Ellman – da molto tempo apologeta delle violazioni israeliane dei diritti umani – è una funzionaria di “Labour Friends of Israel” [“Amici laburisti di Israele”], un gruppo lobbystico in stretti rapporti con l’ambasciata israeliana.

Ellman si riferiva alla definizione profondamente fallace di antisemitismo della “International Holocaust Remembrance Alliance [“Alleanza Internazionale per il Ricordo dell’Olocausto”] (IHRA), che cita come esempio di fanatismo antiebraico “paragoni tra l’attuale politica israeliana e quella dei nazisti”.

Sotto pressione da parte di gruppi della lobby filoisraeliana, il Comitato Esecutivo Nazionale del partito Laburista [NEC] ha adottato la definizione dell’IHRA come parte del regolamento del partito.

Ma il NEC non ha accolto uno degli esempi inclusi nella definizione dell’IHRA, secondo cui “sostenere che lo Stato di Israele è un’iniziativa razzista” è una forma di antisemitismo.

Alcuni attivisti hanno sottolineato che, se adottata dal partito, questa clausola avrebbe potuto essere usata per vietare un gran numero di critiche contro le politiche razziste di Israele e contro le violazioni dei diritti fondamentali dei palestinesi.

In un post su Twitter, Henry Zeffman, l’autore dell’articolo del Times, ha ringraziato “quanti hanno passato gli ultimi tre anni a impegnarsi per verificare cosa il possibile prossimo primo ministro ha fatto quando era un oscuro parlamentare di secondo piano” – una conferma che si tratta di una campagna di lungo corso contro Corbyn.

Zeffman segnala in particolare James Vaughan, che si autodefinisce “storico della propaganda e dei rapporti tra il Regno Unito e Israele.”

Corbyn cede

Gli ultimi attacchi contro Corbyn sottintendono che lo stesso Meyer fosse un antisemita – un’affermazione scandalosa ed assurda.

La calunnia di antisemitismo contro Meyer è disgustosa e dovrebbe essere trattata col massimo disprezzo.

Invece Corbyn ha fatto quello che continua a fare sistematicamente da quando è diventato capo del partito, cioè essere accomodante e battere in ritirata di fronte alle pressioni della lobby israeliana.

Il leader del partito Laburista ha chiesto scusa per il suo ruolo nell’evento e ha preso le distanze dalle opinioni esposte da Meyer nell’incontro, lasciando l’onere della difesa sulle spalle di Meyer.

Ma Hajo Meyer non può più difendersi perché è morto nel 2014.

Zittire un sopravvissuto

L’evento dell’” Holocaust Memorial Day” del 2010 ha avuto luogo un anno dopo l’attacco israeliano contro Gaza, che ha ucciso più di 1.400 palestinesi e ne ha ferite altre migliaia.

Meyer era molto turbato dall’attacco perché i palestinesi erano intrappolati a Gaza a causa del blocco imposto da Israele sul territorio dal 2007.

Non poteva fare a meno di fare un confronto tra gli ebrei rinchiusi dai nazisti in ghetti come quello di Varsavia e la situazione dei palestinesi intrappolati sotto l’occupazione e i bombardamenti israeliani.

L’incontro del 2010 era co-organizzato dalla IJAN, l’“International Jewish Anti-Zionist Network” [“Rete Internazionale degli Ebrei Antisionisti”].

In una dichiarazione della scorsa settimana, la IJAN ha evidenziato che un certo numero di dirigenti della lobby britannico-israeliana era presente all’incontro, ma che “la maggior parte di loro evidentemente non era andata per ascoltare.”

La maggior parte dei sionisti era chiaramente venuta per far tacere il dottor Meyer, sopravvissuto all’Olocausto,” ha scritto dopo l’evento una dei partecipanti, Yael Khan. “Appena ha iniziato a parlare si sono messi a gridare contro di lui.”

Il fanatico filoisraeliano Jonathan Hoffmanex-vicepresidente della Federazione Sionista, noto per la sua violenza, è stato uno dei molti disturbatori accompagnati fuori dalla polizia.

Secondo l’IJAN, un altro disturbatore, Martin Sugarman, è stato fatto uscire per aver gridato contro Meyer.

Mentre usciva [Sugarman] ha sbalordito tutti facendo il saluto nazista e gridando: ‘Sieg Heil’ [“Saluto alla vittoria”, slogan nazista, ndtr.],” ha affermato l’IJAN.

Non avevo mai visto un simile disprezzo e mancanza di rispetto nei confronti di un sopravvissuto all’Olocausto,” ha osservato Kahn. “Gli aggressori avrebbero etichettato un simile comportamento come antisemita, se Hajo non fosse stato un antisionista.”

Amanda Sebestyen, che aveva partecipato all’incontro del 2010, ha confermato a The Electronic Intifada che la deputata Louise Ellman era stata lì “per tutto il tempo.”

Infatti nel 2010 Sebestyen ha scritto una lettera al giornale del partito Laburista Tribune, mettendo in evidenza come Ellman e gli altri “siano rimasti seduti impassibili senza fare in minimo tentativo di calmare i loro colleghi sostenitori di Israele e per creare uno spazio di dibattito.”

Le annotazioni, registrate nel 2010, sulla presenza di Ellman sono significative, dato che otto anni dopo la deputata sostiene di aver appreso solo ora dell’evento.

Sono estremamente turbata nel sentire ora che ci sono le prove che Jeremy (Corbyn) era effettivamente presente all’incontro in cui sono state espresse simili opinioni,” ha detto Ellman a The Times la scorsa settimana.

Dato che anche Ellman era presente, perché ha aspettato fino ad ora per esprimere la propria indignazione? Potrebbe essere che tutta la vicenda sia un’altra crisi costruita ad arte per fare pressione su Corbyn per il suo tradizionale appoggio ai diritti dei palestinesi?

Ellman non ha risposto ad una richiesta di commenti inviatale via mail da The Electronic Intifada.

Lezioni dall’Olocausto

Le esperienze di Hajo Meyer con il nazismo tedesco lo hanno formato e reso sensibile alle sofferenze degli altri, soprattutto dei palestinesi.

Incontrai per la prima volta Meyer ad una riunione di “Una voce ebraica differente”, un gruppo di attivisti olandesi.

Mi presentai come figlia di genitori che avevano subito l’occupazione tedesca. Mio padre era stato obbligato a lavorare per i tedeschi e mia madre non poté terminare i suoi studi perché la sua scuola venne chiusa.

Durante la carestia olandese alla fine della Seconda Guerra Mondiale, doveva rimanere ore in coda ad una mensa per i poveri.

La lezione che ho imparato è di protestare quando viene commessa un’ingiustizia, dissi alla riunione.

Questa è la ragione per cui ho partecipato al sostegno della lotta contro l’apartheid sudafricano e di quella dei palestinesi per la libertà, la giustizia e l’uguaglianza.

Meyer ed io facemmo subito amicizia. Rimanemmo in contatto e l’intervistai varie volte per The Electronic Intifada.

Auschwitz

Dopo il pogrom della Notte dei Cristalli contro gli ebrei nel novembre 1938, Meyer dovette lasciare la scuola a Beilefeld, la sua città natale nella Germania occidentale.

Fu un’esperienza terribile per un ragazzo desideroso d’imparare e per i suoi genitori,” mi ha raccontato.

All’età di 14 anni dovette scappare da solo in Olanda.

Dopo che i tedeschi occuparono l’Olanda, Meyer si nascose con una carta d’identità falsa malfatta.

Venne catturato dalla Gestapo nel marzo 1944 e deportato nel campo di concentramento di Auschwitz. Lì i nazisti gli tatuarono sul braccio il numero “179679”.

L’istruzione era molto importante per la famiglia Meyer ed il suo desiderio di imparare si tradusse in un dottorato in fisica teorica dopo che venne liberato da Auschwitz.

Sua madre e suo padre tentarono di lasciare la Germania, ma non ci riuscirono.

Morirono dopo essere stati spediti al campo di concentramento nazista di Terezin.

L’identificazione con la gioventù palestinese

Riflettendo sulla sua vita, Meyer mi ha detto nel 2011: “Ho molto in comune con i giovani palestinesi.”

La mia sorte è molto simile a quella che stanno vivendo i giovani palestinesi in Palestina. Non hanno libero accesso all’istruzione. Impedire l’accesso all’istruzione è un omicidio al rallentatore,” ha detto Meyer.

Sono stato un rifugiato; loro sono rifugiati,” ha aggiunto. “Ho provato ogni sorta di campi che hanno limitato la mia possibilità di muovermi, proprio come i palestinesi.”

Ma riconoscere l’ingiustizia non era abbastanza.

Meyer non temeva di protestare per le responsabilità di Israele: “Non posso assolutamente identificarmi con i criminali che rendono impossibile ai giovani palestinesi ricevere un’istruzione.”

Era anche sgomento dal fatto che l’Unione Europea non imputasse a Israele i suoi crimini, soprattutto contro i palestinesi di Gaza.

Nel suo libro del 2005 “Das Ende de Judentums, Der Verfall der israelischen Gesellschaft” – “La fine dell’Ebraismo, la decadenza della società israeliana” – Meyer avvertì il pubblico tedesco che le politiche di Israele verso i palestinesi avrebbero potuto essere paragonate alle prime fasi della persecuzione nazista contro gli ebrei.

Questa osservazione venne fatta nel 2007 anche da Tommy Lapid, il defunto ex-capo del comitato consultivo del memoriale dell’Olocausto di Israele, lo “Yad Vashem”.

Meyer ha messo in chiaro che non intendeva tracciare un parallelo con l’Olocausto nazista.

Ma lui e il suo editore hanno comunque dovuto affrontare accuse di antisemitismo.

Simili accuse – soprattutto in Germania – possono far sì che le persone siano riluttanti a criticare il comportamento di Israele.

Tuttavia ciò non gli ha impedito di criticare le violazioni israeliane dei diritti dei palestinesi.

In risposta, Meyer ha pubblicato un opuscolo per controbattere all’abuso deliberato dei termini antisionismo e antisemitismo da parte dello Stato di Israele e dei suoi gruppi di pressione.

Ha chiesto la massima cautela nel sollevare accuse di antisemitismo – un termine che avrebbe dovuto essere riservato all’ostilità contro gli ebrei in quanto tali.

Eppure quelli che attaccano Corbyn oggi non hanno né ritegno né vergogna.

Chiamano antisemita persino un uomo sopravvissuto ad Auschwitz e che ha perso i propri genitori nell’Olocausto, se pensano che sia ciò che serve per difendere Israele dalle conseguenze dei suoi crimini.

Adri Nieuwhof è una sostenitrice olandese dei diritti umani ed ex-attivista contro l’apartheid del “Comitato Olandese sul Sud Africa”.

(traduzione di Amedeo Rossi)




Una controversa definizione di antisemitismo incontra resistenze riguardo a preoccupazioni per la libertà di parola

Ben White

22 febbraio 2018, Middle East Monitor

In Gran Bretagna gruppi filoisraeliani stanno incontrando resistenze ai loro tentativi di utilizzare una controversa definizione di antisemitismo per zittire l’attivismo in solidarietà con la Palestina. Università e autorità locali hanno dato ascolto alle preoccupazioni riguardanti la libertà di parola, un incoraggiamento per gli attivisti per i diritti della Palestina che attualmente stanno tenendo, o si stanno preparando a tenere, iniziative per la “Israeli Apartheid Week [Settimana dell’apartheid israeliana, ndt.] (IAW) nelle università di tutto il Paese.

Nel dicembre 2016 il governo britannico ha annunciato di aver “adottato” la definizione di antisemitismo accolta all’inizio di quell’anno dall’“International Holocaust Remembrance Alliance [Alleanza Internazionale per il Ricordo dell’Olocausto, ndt.] (IHRA). Descritta come “straordinariamente imprecisa” da David Feldman, direttore del “Pears Institute for the Study of Anti-Semitism” [Istituto Pears per lo Studio dell’Antisemitismo, ndt.], la definizione è promossa dall’IHRA ed è accompagnata da un elenco di 11 esempi su come oggi si possa manifestare l’antisemitismo, che comprendono critiche a Israele.

Fin da quando il governo di Theresa May ha dato il suo (non legale, non vincolante) appoggio, in Gran Bretagna un certo numero di gruppi ha dedicato tempo e risorse considerevoli per cercare di ottenere appoggio alla definizione da parte di consigli comunali e istituzioni dell’educazione superiore, tra gli altri. Tuttavia quasi subito c’è stato un rifiuto da parte di chi ha visto nella definizione e nel modo in cui è stata utilizzata, consistenti pericoli per la libertà di parola e per l’attivismo politico legittimo.

Nel marzo 2017 la direttrice della “London’s School of Oriental and African Studies” [Scuola di Studi Orientali ed Africani di Londra, ndt.] (SOAS), Valerie Amos, ha detto alla BBC che la sua università non intende adottare questa definizione. “Ho consultato su questo il nostro ‘Centro di Studi Ebraici’,” ha spiegato, “che ha fondamentalmente detto che questa definizione è discutibile.”

Quello stesso mese l’avvocato dei diritti umani Hugh Tomlinson, patrocinante della Corona [corrispettivo inglese dell’avvocato di cassazione in Italia, ndt.], ha pubblicato un parere legale che evidenzia “gravi errori” nella definizione e nelle linee guida allegate.

Nel maggio 2017 il sindacato dell’università e dei college – che rappresenta 110.000 professori e altri membri del personale – ha approvato a stragrande maggioranza una mozione che respinge l’uso della definizione dell’IHRA e che evidenzia “tentativi ispirati dal governo di mettere al bando iniziative di solidarietà con la Palestina “ come l’”Israel Apartheid Week”.

Ora anche la “London School of Economics” [Scuola di Economia di Londra, ndt., una delle più prestigiose istituzioni accademiche inglesi, ndt.] (LSE) si è unita a quanti, pur accettando la definizione di antisemitismo di 38 parole formulata dall’IHRA, hanno esplicitamente respinto l’elenco di esempi suggeriti, che include critiche a Israele. “La Scuola intende chiarire che criticare il governo di Israele, senza ulteriori prove che suggeriscano intenzioni antisemite, non è antisemitismo,” ha scritto un dirigente della LSE in una lettera lo scorso mese. “La Scuola non accetta neppure che tutti gli esempi che l’IHRA elenca come esemplificazioni di antisemitismo ricadano nella definizione di antisemitismo, a meno che non ci siano ulteriori prove per suggerire intenzioni antisemite.” L’autenticità della lettera, pubblicata su un sito filoisraeliano, mi è stata confermata da un dirigente della LSE.

Frattanto “Università del Regno Unito”, l’influente organizzazione rappresentativa delle università, ha resistito ai tentativi da parte di gruppi filoisraeliani perché manifestasse il proprio appoggio alla definizione dell’IHRA. Secondo un portavoce, che ha parlato con me all’inizio del mese, “Università del Regno Unito” non ha una posizione in merito.

In una richiesta a una commissione parlamentare d’inchiesta in corso sulla libertà di parola nelle università, il “Comitato dei Deputati degli Ebrei Britannici” ha detto ai parlamentari che le università dovrebbero “adottare la definizione dell’IHRA per consentire loro di esprimere giudizi meditati su cosa sia o non sia considerato antisemitismo.” Il Comitato ha riconosciuto: “Tuttavia c’è una preoccupante resistenza da parte delle università ad adottarla e la libertà di parola viene addotta come la principale ragione della loro riluttanza.”

Questa riluttanza è ben fondata. Lo scorso anno, un evento dell’IAW all’università del Lancashire Centrale è stato annullato dai dirigenti dell’università sulla base del fatto che avrebbe trasgredito la definizione dell’IHRA (e in seguito a pressioni da parte di gruppi filoisraeliani). Questa settimana la “Campagna contro l’Antisemitismo” ha affermato di augurarsi che ci siano “successi simili” nell’ottenere che iniziative dell’IAW organizzate dagli studenti quest’anno vengano annullate. Anche l’”Alleanza Israele-Gran Bretagna – un progetto della Federazione Sionista – sta fondando sulla definizione dell’IHRA i propri “sforzi per bloccare…eventi (dell’IAW)”.

Frattanto l’onorevole conservatore Matthew Offord martedì ha detto in parlamento che “le parole “settimana dell’apartheid israeliano” sono palesemente antisemite,” in base alla definizione dell’IHRA. Quindi, ha sostenuto, i ministri dovrebbero prendere in considerazione il fatto di “portare avanti le leggi necessarie per impedire (iniziative dell’IAW).”

Anche a Bruxelles gli effetti agghiaccianti della definizione dell’IHRA, così come viene utilizzata dai gruppi filoisraeliani, sono già stati dimostrati nei tentativi per far annullare un evento del parlamento europeo che ospita il difensore palestinese dei diritti umani Omar Barghouti. In una lettera al presidente del parlamento europeo Antonio Tajani i gruppi filoisraeliani sostengono che Barghouti e il movimento per il Boicottaggio, il Disinvestimento e le Sanzioni (BDS), di cui è co-fondatore, sono colpevoli rispettivamente di affermazioni e di obiettivi “antisemiti” “in base alla (definizione dell’IHRA).”

Tuttavia, mentre i sostenitori di Israele vedono chiaramente la definizione dell’IHRA come un mezzo per l’eliminazione dell’attivismo in solidarietà con la Palestina e delle voci palestinesi, c’è una discussione interessante, ed una mancanza di chiarezza, riguardo a in cosa consista esattamente la definizione. La “definizione di antisemitismo non vincolante dal punto di vista legale” dell’IHRA è pubblicata in rete all’interno di un riquadro nero chiaramente evidenziato. È un testo di 38 parole, che dice quanto segue: “L’antisemitismo è una certa percezione degli ebrei, che può essere espressa come odio nei confronti degli ebrei: manifestazioni verbali e fisiche di antisemitismo sono dirette verso individui ebrei e non ebrei e/o loro proprietà, verso istituzioni e strutture religiose della comunità ebraica.” Lo stesso testo è comparso, anch’esso in un riquadro nero a parte, nel maggio 2016 su un comunicato stampa dell’IHRA che annunciava l’adozione della definizione.

Queste 38 parole sono poi seguite da un testo più lungo, che include l’elenco degli esempi di come si può manifestare l’antisemitismo contemporaneo; questa è la parte in cui è inclusa, in modo discutibile, la critica contro Israele. Tuttavia questi esempi sono effettivamente parte della definizione stessa?

Secondo l’ufficio permanente dell’IHRA a Berlino la risposta è no. In un messaggio mail datato 12 settembre 2017 un rappresentante dell’IHRA ha confermato che la definizione consiste solo nel “testo nel riquadro”, mentre gli esempi intendono “servire come illustrazione” di come “possa manifestarsi” l’antisemitismo.

Sembra che questa conferma sia stata un passo falso o, quanto meno, non è stata ripetuta. Mi sono rivolto all’ufficio permanente dell’IHRA a questo proposito e, stranamente, mi è risultato impossibile, sia con email che al telefono, avere una chiara conferma su cosa sia effettivamente la definizione. In una conversazione di cinque minuti all’inizio di questo mese un funzionario dell’IHRA ha ribattuto alla mia richiesta di chiarire se la definizione consista solo nel testo di 38 parole dicendo che io dovrei “fare riferimento all’informazione sul nostro sito”, o “semplicemente inserire un link sul sito dell’IHRA.” Quando ho fatto notare che certe istituzioni hanno accolto il testo di 38 parole, ma non l’elenco di esempi che lo accompagna, il funzionario ha riconosciuto che “dipende dalla discrezionalità delle istituzioni e delle autorità adottare qualunque cosa ritengano utile,” ma si è di nuovo rifiutato di rispondere alla semplice domanda.

Mentre l’IHRA è curiosamente reticente nel chiarire quello che costituisce la definizione, altri hanno già deciso: una dichiarazione che ho ricevuto dal portavoce della Commissione Europea fa una chiara distinzione tra la “definizione” da una parte e “gli esempi non esaustivi” dall’altra.

Alcune autorità locali in Gran Bretagna hanno allo stesso modo adottato solo il testo di 38 parole; recenti esempi includono il consiglio comunale di Manchester e il consiglio regionale del South Northamptonshire. Quando il consiglio comunale di Liverpool ha accolto solo la definizione di 38 parole, un attivista filoisraeliano si è infuriato – spingendo gli “Amici di Israele di Merseyside” ad affermare che i due testi sono, di fatto, “la definizione effettiva.”

La confusione – e l’ambiguità probabilmente intenzionale da parte dell’IHRA – su cosa costituisca la definizione, l’opposizione alla libertà di parola e il rozzo tentativo di censura da parte di quanti (falsamente) sostengono che la definizione “dimostra” che iniziative come l’IAW sono antisemite, sono tutti ben noti. È per questo che la storia della definizione dell’IHRA è ripresa nel resoconto del suo infausto predecessore, la proposta di definizione provvisoria dell’EUMC [Centro Europeo per il Monitoraggio del Razzismo e della Xenofobia, ndt.]. Alla fine è stata screditata ed abbandonata dopo che sostenitori di Israele l’hanno utilizzata – nelle parole di uno degli estensori della definizione – “con la delicatezza di un martello”.

Nonostante questi tentativi, l’attivismo in solidarietà con la Palestina e in particolare la campagna BDS sono cresciuti e si sono estesi in tutta Europa, compresa la Gran Bretagna, in rapporto diretto con le politiche di un governo israeliano che continua a colonizzare la Cisgiordania e a devastare la Striscia di Gaza.

Gli apologeti di Israele non smetteranno di ridefinire l’antisemitismo per prendere di mira la solidarietà con i palestinesi. Tuttavia è improbabile che soffochino un movimento contro l’apartheid che, in un’epoca segnata da Trump e dalla annessione israeliana, in tutto il mondo troverà solo più adesioni sia dentro che fuori dai campus.

(traduzione di Amedeo Rossi)