La storia riconoscerà che Israele ha commesso un olocausto

Susan Abulhawa

6 marzo 2024 – The Electronic Intifada

In questo momento a Gaza e in Palestina sono le 20:00: è la fine del mio quarto giorno a Rafah e il primo momento in cui ho potuto sedermi in un posto tranquillo per riflettere.

Ho provato a prendere appunti, foto, immagini mentali, ma questo è un momento troppo grande per un taccuino o per la mia memoria in difficoltà. Niente mi aveva preparato a ciò a cui avrei assistito.

Prima di attraversare il confine tra Rafah e l’Egitto ho letto tutte le notizie provenienti da Gaza o su Gaza. Non ho distolto lo sguardo da nessun video o immagine inviata dal territorio, per quanto fosse raccapricciante, scioccante o traumatizzante.

Sono rimasta in contatto con amici che hanno riferito della loro situazione nel nord, nel centro e nel sud di Gaza – ciascuna area soffre in modi diversi. Sono rimasta aggiornata sulle ultime statistiche, sulle ultime mosse politiche, militari ed economiche di Israele, degli Stati Uniti e del resto del mondo.

Pensavo di aver capito la situazione sul campo. Ma non è così.

Niente può veramente prepararti a questa distopia. Ciò che raggiunge il resto del mondo è una frazione di ciò che ho visto finora, che è solo una frazione della totalità di questo orrore.

Gaza è un inferno. È un inferno brulicante di innocenti che boccheggiano in cerca di aria.

Ma qui anche l’aria è bruciata. Ogni respiro irrita la gola e i polmoni e vi si attacca.

Ciò che una volta era vibrante, colorato, pieno di bellezza, possibilità e speranza contro ogni aspettativa, è avvolto da un grigiore di sofferenza e sporcizia.

Quasi nessun albero

Giornalisti e politici la chiamano guerra. Gli informati e gli onesti lo chiamano genocidio.

Quello che io vedo è un olocausto, lincomprensibile culmine di 75 anni di impunità israeliana per i ripetuti crimini di guerra.

Rafah è la parte più meridionale di Gaza, dove Israele ha stipato 1,4 milioni di persone in uno spazio grande quanto laeroporto di Heathrow a Londra.

Scarseggiano acqua, cibo, elettricità, carburante e provviste. I bambini sono privati della scuola: le loro aule sono state trasformate in rifugi di fortuna per decine di migliaia di famiglie.

Quasi ogni centimetro dello spazio precedentemente vuoto è ora occupato da una fragile tenda che ospita una famiglia.

Non è rimasto quasi nessun albero poiché le persone sono state costrette ad abbatterli per produrre legna da ardere.

Non ho notato lassenza di verde finché non mi sono imbattuta in una bouganville rossa. I suoi fiori erano polverosi e soli in un mondo deflorato, ma ancora vivi.

La discrepanza mi ha colpito e ho fermato l’auto per fotografarla.

la bouganvillea sopravissuta a Gaza (Susan Abulhawa)

Ora cerco il verde e fiori ovunque vada, finora nelle zone meridionali e centrali (anche se nel centro è diventato sempre più difficile entrare). Ma ci sono solo piccole macchie derba qua e là e qualche albero occasionale che aspetta di essere bruciato per cuocere il pane per una famiglia che sopravvive con le razioni ONU di fagioli in scatola, carne in scatola e formaggio in scatola.

Un popolo orgoglioso con ricche tradizioni e consuetudini culinarie a base di alimenti freschi è stato ridotto e abituato a una manciata di impasti e poltiglie rimaste sugli scaffali per così tanto tempo che può essere avvertito solo il sapore metallico e rancido delle lattine.

Al nord è peggio.

Il mio amico Ahmad (non è il suo vero nome) è una delle poche persone che hanno Internet. Il segnale è sporadico e debole, ma possiamo ancora scambiarci messaggi.

Mi ha inviato una sua foto in cui sembrava l’ombra del giovane che conoscevo. Ha perso più di 25 kg.

Inizialmente le persone si sono ridotte a nutrirsi di mangime per cavalli e asini, ma è finito. Ora stanno mangiando gli asini e i cavalli.

Alcuni mangiano cani e gatti randagi che a loro volta stanno morendo di fame e talvolta si nutrono dei resti umani che ricoprono le strade, dove i cecchini israeliani hanno preso di mira le persone che hanno osato avventurarsi nel campo visivo dei loro mirini. I vecchi e i più deboli sono già morti di fame e di sete.

La farina è scarsa e più preziosa delloro.

Ho sentito la storia di un uomo nel nord che di recente è riuscito a mettere le mani su un sacco di farina (che normalmente costava 7 euro) e gli sono stati offerti gioielli, dispositivi elettronici e contanti per un valore di 2.300 euro. Ha rifiutato.

Sentirsi piccoli

A Rafah le persone si sentono privilegiate nel ricevere farina e riso. Te lo diranno e ti sentirai umiliato perché si offrono di condividere quel poco che hanno.

E ti vergognerai perché sai che puoi lasciare Gaza e mangiare quello che vuoi. Ti sentirai piccolo qui perché non sei in grado di fare davvero nulla per placare il bisogno e la perdita catastrofici e perché capirai che loro sono migliori di te, poiché in qualche modo sono rimasti generosi e ospitali in un mondo che è stato tanto e per così tanto tempo ingeneroso e inospitale nei loro confronti.

Ho portato tutto quello che potevo, pagando il bagaglio extra e il peso di sei bagagli e aggiungendone altri 12 in Egitto. Per me ho portato quello che stava nello zaino.

Ho avuto la lungimiranza di portare cinque grandi sacchi di caffè, che si è rivelato essere il regalo più apprezzato dai miei amici qui. Preparare e servire il caffè ai colleghi di lavoro del luogo in cui mi trovo è la cosa che preferisco fare, per la gioia assoluta che ogni sorso sembra portare.

Ma anche quello presto finirà.

Difficile respirare

Ho assunto un autista per trasferire sette pesanti valigie di rifornimenti a Nuseirat [campo profughi al centro della Striscia, ndt.], e lui le ha trasportate giù per alcune rampe di scale. Mi ha detto che portare quelle borse lo faceva sentire di nuovo umano perché era la prima volta in quattro mesi che andava su e giù per le scale.

Gli ha ricordato di quando viveva in una casa invece che nella tenda dove ora abita.

È difficile respirare qui, letteralmente e metaforicamente. Una foschia immobile di polvere, degrado e disperazione intride l’aria.

La distruzione è così massiccia e persistente che le particelle sottili della vita polverizzata non hanno il tempo di depositarsi. La mancanza di benzina ha portato le persone a riempire le loro auto di stearato, olio esausto che ha una combustione sporca.

Emette un odore particolarmente sgradevole e una pellicola che si attacca all’aria, ai capelli, ai vestiti, alla gola e ai polmoni. Mi ci è voluto un po’ per capire la fonte di quell’odore pervasivo, ma è facile riconoscere gli altri.

La scarsità di acqua corrente o pulita compromette l’igiene di chiunque di noi. Tutti fanno del loro meglio nella cura di sé stessi e dei propri figli, ma a un certo punto smetti di farci caso.

Ad un certo punto lumiliazione della sporcizia è inevitabile. Ad un certo punto aspetti semplicemente la morte, proprio come aspetti anche un cessate il fuoco.

Ma la gente non sa cosa farà dopo il cessate il fuoco.

Hanno visto le foto dei loro quartieri. Quando vengono pubblicate nuove immagini provenienti dall’area settentrionale le persone si ritrovano insieme per cercare di capire di quale quartiere si tratti, o da chi fosse la casa ridotta in quel cumulo di macerie. Spesso questi video provengono da soldati israeliani che occupano o fanno saltare in aria le loro case.

Cancellazione

Ho parlato con molti sopravvissuti estratti dalle macerie delle loro case. Raccontano quello che è successo con espressione impassibile, come se non fosse capitato a loro; come se sia stata sepolta viva la famiglia di qualcun altro; come se i loro corpi straziati appartenessero ad altri.

Gli psicologi dicono che si tratta di un meccanismo di difesa, una sorta di intorpidimento della mente finalizzato alla sopravvivenza. La resa dei conti arriverà più tardi, se sopravvivranno.

Ma come si può affrontare la perdita dell’intera famiglia, mentre si osservano i corpi disintegrarsi tra le macerie e si avverte l’odore, mentre si attende il salvataggio o la morte? Come si fa a considerare la cancellazione totale della propria esistenza nel mondo: la casa, la famiglia, gli amici, la salute, l’intero quartiere e il paese?

Nessuna foto della tua famiglia, del tuo matrimonio, dei tuoi figli, dei tuoi genitori; anche le tombe dei tuoi cari e dei tuoi antenati sono state rase al suolo. Tutto questo mentre le forze e le voci più potenti ti diffamano e ti incolpano per il tuo miserabile destino.

Il genocidio non è solo un omicidio di massa. È una cancellazione intenzionale.

Di storie. Di ricordi, libri e cultura.

Cancellazione delle risorse di una terra. Cancellazione della speranza in e per un luogo.

Cancellazione come impulso alla distruzione di case, scuole, luoghi di culto, ospedali, biblioteche, centri culturali, centri ricreativi e università.

Il genocidio è la demolizione intenzionale dellumanità di un altro. È la riduzione di unantica società orgogliosa, istruita e ben funzionante a oggetti di carità privi di mezzi, costretti a mangiare lindicibile per sopravvivere; vivere nella sporcizia e nella malattia senza nulla in cui sperare se non la fine delle bombe e dei proiettili che piovono sui loro corpi, sulle loro vite, sulle loro storie e sul loro futuro.

Nessuno può pensare o sperare in ciò che potrebbe accadere dopo un cessate il fuoco. Il massimo possibile delle loro speranze in questo momento è che i bombardamenti cessino.

È il minimo che si può chiedere. Un minimo riconoscimento dellumanità dei palestinesi.

Nonostante Israele abbia tagliato l’energia e Internet i palestinesi sono riusciti a trasmettere in streaming limmagine del loro stesso genocidio a un mondo che permette che questo vada avanti.

Ma la storia non mentirà. Ricorderà che nel 21° secolo Israele ha perpetrato un olocausto.

Susan Abulhawa è una scrittrice e attivista. Questo pezzo è stato scritto durante la sua visita a Gaza a febbraio e all’inizio di marzo.

(traduzione dall’inglese di Aldo Lotta)




Il congelamento dei finanziamenti potrebbe fermare le operazioni dell’UNRWA entro la fine del mese

Maureen Clare Murphy

Diritti e responsabilità

3 febbraio 2024 – The Electronic Intifada

Secondo il direttore dell’Agenzia Philippe Lazzarini se i finanziamenti non verranno ripristinati l’UNRWA sarà costretta a sospendere le operazioni già entro la fine del mese.

I Paesi donatori, tra cui gli Stati Uniti, il suo principale finanziatore, hanno sospeso gli aiuti per un valore di 440 milioni di dollari dopo che Israele ha sollevato accuse non verificate secondo cui alcuni dipendenti dellUNRWA a Gaza avrebbero partecipato agli attacchi del 7 ottobre guidati da Hamas.

Mercoledì Martin Griffiths, responsabile per gli aiuti umanitari dell’ONU, ha dichiarato al Consiglio di Sicurezza che la risposta umanitaria dellorganismo mondiale in Cisgiordania e Gaza dipende dal presupposto che lUNRWA sia adeguatamente finanziata e operativa” e ha chiesto che le decisioni di trattenere i fondi” vengano revocate.

Questa settimana tre organizzazioni palestinesi per i diritti umani – Al-Haq, Al Mezan e il Centro Palestinese per i Diritti Umani – hanno condannato il congelamento dei finanziamenti allUNRWA, affermando che ciò “equivale a un atto di punizione collettiva contro 5,9 milioni di rifugiati palestinesi registrati” presso lagenzia.

Anche Josep Borrell, rappresentante dellUnione Europea per gli affari esteri, si è espresso contro quella che ha descritto come una punizione collettiva” del popolo palestinese. Ha detto che il collasso dellagenzia causerebbe la morte di centinaia di migliaia di persone”.

Questa settimana Petra De Sutter, vice prima ministra del Belgio, ha descritto lUNRWA come insostituibile nel compito di fornire aiuti umanitari urgenti e cruciali a Gaza”. Un giorno prima che lei facesse quel commento, Israele aveva bombardato gli uffici di Gaza dellagenzia umanitaria belga.

Le organizzazioni palestinesi per i diritti umani hanno avvertito che la sospensione dei fondi, con conseguente cessazione degli aiuti umanitari a Gaza, potrebbe costituire complicità nel genocidio”. Ciò varrebbe soprattutto per gli Stati Uniti e la Germania, due dei principali Paesi donatori.

L’Istituto Lemkin per la Prevenzione del Genocidio ha affermato che la decisione di sospendere i finanziamenti rappresenta un passaggio da parte di diversi paesi da una potenziale complicità nel genocidio a un coinvolgimento diretto in una carestia pianificata”.

Listituto ha aggiunto che si tratta di un attacco a ciò che resta della sicurezza personale, libertà, salute e dignità in Palestina”.

Giovedì l‘UNRWA ha affermato che lagenzia dell’ONU per i rifugiati palestinesi è il più grande fornitore di aiuti umanitari a Gaza, dove la stragrande maggioranza della popolazione dipende da essa per la propria sopravvivenza”.

Prima delle agenzie delle Nazioni Unite ad essere istituita, lUNRWA fornisce servizi pubblici a circa sei milioni di rifugiati palestinesi nella Striscia di Gaza occupata e in Cisgiordania, nonché in Libano, Siria e Giordania.

Due terzi dei 2,3 milioni di abitanti di Gaza sono rifugiati registrati presso lUNRWA. Delle circa 27.000 persone uccise a Gaza dal 7 ottobre più di 150 erano membri del personale dellUNRWA mentre più di 140 strutture dellagenzia sono state danneggiate o distrutte, compreso il quartier generale di Gaza City.

Centinaia di migliaia di sfollati si trovano nelle strutture dell’UNRWA in tutta Gaza. Più di 350 sfollati sono stati uccisi e 1.255 feriti negli attacchi contro le strutture delle Nazioni Unite.

Intento criminale”

Lagenzia, che fa affidamento sui finanziamenti volontari degli Stati membri delle Nazioni Unite, negli ultimi anni ha visto diminuire i contributi mentre le necessità dei suoi servizi non hanno fatto altro che aumentare. L’estate scorsa il segretario generale delle Nazioni Unite ha avvertito che lUNRWA si trovava sullorlo del collasso finanziario”.

Le tre organizzazioni palestinesi per i diritti umani affermano che la tempistica delle accuse di Israele contro lUNRWA suggerisce un intento criminale” a seguito della sentenza provvisoria della Corte Internazionale di Giustizia dellAia che ha stabilito che Israele sta plausibilmente commettendo un genocidio a Gaza.

Una delle numerose misure provvisorie emesse dalla corte impone a Israele di adottare misure immediate ed efficaci per consentire la fornitura dei servizi di base e di assistenza umanitaria urgentemente necessari”.

Le organizzazioni per i diritti umani hanno affermato che le accuse convenientemente tempestive costituiscono rappresaglie contro lUNRWA, le cui dichiarazioni sono citate come supporto nellautorevole sentenza della CIG contro Israele”.

Si tratta di un comportamento abituale nel recente passato: Israele impedisce regolarmente lingresso ai funzionari delle Nazioni Unite e ad altri investigatori sui diritti umani e ha rifiutato di rinnovare un il visto a Lynn Hastings, lex alto funzionario per gli aiuti umanitari delle Nazioni Unite a favore della Cisgiordania e Gaza.

A quanto pare all’inizio di novembre dello scorso anno lo Stato ha rifiutato l’ingresso a Volker Türk, il responsabile dei diritti umani delle Nazioni Unite, nel corso della sua visita di cinque giorni nella regione.

Questa settimana durante un incontro a Gerusalemme il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha detto agli ambasciatori delle Nazioni Unite che lUNRWA è “totalmente infiltrata” da Hamas e deve essere sostituita.

“Lo dico con grande rammarico perché speravamo che esistesse un organismo di soccorso obiettivo e costruttivo”, ha detto Netanyahu ai diplomatici. Oggi a Gaza abbiamo bisogno di un organismo di questo tipo, ma lUNRWA non è quellorganismo”.

Netanyahu si è anche lamentato del controllo delle Nazioni Unite sulle azioni di Israele, ha ripetuto affermazioni già confutate sulle atrocità e ha affermato che il suo Paese sta combattendo la guerra della civiltà contro la barbarie”.

Netanyahu ha criticato lUNRWA per aver presentato le informazioni citate dal Sudafrica nella sua denuncia di genocidio contro Israele allAia.

Altri funzionari israeliani sono meno desiderosi di Netanyahu di vedere il collasso immediato dellUNRWA.

Un alto funzionario anonimo ha detto al Times of Israel che se lUNRWA cessasse di operare sul terreno ciò potrebbe causare una catastrofe umanitaria che costringerebbe Israele a fermare la sua lotta contro Hamas”.

Una catastrofe umanitaria a Gaza è in corso da mesi dopo che allinizio della sua controffensiva Israele ha tagliato la fornitura di elettricità, carburante, acqua, cibo e scorte mediche.

Alcuni di questi elementi vitali indispensabili sono stati ripristinati a Gaza ma a un livello ben lungi dal soddisfare i bisogni primari della popolazione poiché le restrizioni e le operazioni militari israeliane impediscono lattività commerciale e la fornitura di aiuti su vasta scala.

I palestinesi di Gaza si trovano ad affrontare una malnutrizione di massa con un ritmo e una portata mai visti dalla seconda guerra mondiale, costretti a mangiare erba e bere acqua inquinata per sopravvivere alle condizioni di carestia imposte da Israele.

Christian Lindmeier, portavoce dellOrganizzazione Mondiale della Sanità, ha affermato che le accuse contro il personale dellUNRWA sono una distrazione da ciò che realmente accade ogni giorno, ogni ora, ogni minuto a Gaza”.

È un voler distogliere l’attenzione dall’aver interdetto a unintera popolazione laccesso allacqua pulita, al cibo e ad un riparo”, ha aggiunto. “È un voler distogliere l’attenzione dallaver impedito l’afflusso dell’elettricità a Gaza per oltre 100 giorni”.

Diritto al ritorno

La dichiarazione di rammarico di Netanyahyu è smentita dalla campagna multi-decennale di Israele rivolta a smantellare lUNRWA.

Le tre organizzazioni palestinesi per i diritti umani hanno affermato che il desiderio di Israele di distruggere lagenzia è “motivato dalla questione centrale insita nel mandato dellUNRWA: lattuazione della risoluzione 194 (III) dellAssemblea generale delle Nazioni Unite”.

Tale risoluzione fu approvata dallAssemblea Generale delle Nazioni Unite nel dicembre 1948 in seguito allespulsione forzata di centinaia di migliaia di palestinesi dalla loro patria da parte delle milizie sioniste prestatali e dellesercito israeliano.

I rifugiati che desiderano ritornare alle loro case e vivere in pace con i loro vicini dovranno essere autorizzati a farlo il prima possibile”, afferma la risoluzione delle Nazioni Unite, aggiungendo che i rifugiati che avessero scelto di non ritornare avrebbero dovuto essere risarciti per la perdita o il danno alle loro proprietà.

Israele ha negato ai palestinesi di esercitare il loro diritto al ritorno nelle terre che ora occupa perché ciò “altererebbe il carattere demografico di Israele al punto da eliminarlo come Stato ebraico”, come ha affermato la Commissione Economica e Sociale delle Nazioni Unite per lAsia occidentale in un rapporto del 2017.

Le nostre organizzazioni sottolineano che lUNRWA deve essere preservata come istituzione per proteggere i diritti dei palestinesi”, hanno affermato le tre organizzazioni per i diritti umani sopra menzionate, aggiungendo che ai rifugiati palestinesi viene ancora sistematicamente negato il loro inalienabile diritto al ritorno; essi vengono lasciati vivere per generazioni in campi profughi e viene negata loro la libertà di movimento e i diritti umani fondamentali”.

Le organizzazioni per i diritti dei palestinesi sottolineano che i Paesi che hanno sospeso il sostegno all’UNRWA – che oltre agli Stati Uniti includono Germania, Regno Unito, Canada, Australia, Italia, Paesi Bassi, Svezia, Finlandia, Estonia, Islanda, Giappone, Austria, Lettonia, Lituania e Romania – hanno ignorato i loro appelli affinché smettessero di armare Israele.

La britannica Sky News ha riferito questa settimana di aver visto i documenti dellintelligence israeliana che supporterebbero le sue affermazioni secondo cui degli operatori dellUNRWA sarebbero collegati ad Hamas.

Sky News ha affermato che il dossier, condiviso con i governi stranieri ma non con le autorità delle Nazioni Unite, sostiene che il 7 ottobre sei dipendenti dellUNRWA si sono infiltrati” in Israele da Gaza. Secondo Sky News quattro di questi sei dipendenti sarebbero presumibilmente coinvolti nel rapimento di israeliani, mentre un altro lavoratore avrebbe fornito supporto logistico’”.

I primi rapporti della scorsa settimana affermavano che Israele avrebbe sostenuto che 12 dipendenti dell’UNRWA erano coinvolti negli attacchi del 7 ottobre.

Sky News ha aggiunto che il dossier di Israele afferma che il 10% dei 12.000 dipendenti dellUNRWA a Gaza sono agenti di Hamas e della Jihad islamica, unaltra fazione palestinese impegnata nella resistenza armata. Il dossier afferma inoltre che circa la metà del personale dellUNRWA a Gaza sarebbe costituita da parenti di primo grado di un militante di Hamas”.

Il dossier di Israele tenta evidentemente di dipingere il coordinamento dellUNRWA con le autorità locali come una forma di subordinazione a Hamas che di fatto governa gli affari interni di Gaza dal 2007.

L’emittente ha affermato: I documenti dellintelligence israeliana fanno diverse affermazioni di cui Sky News non ha visto prove e molte delle affermazioni, anche se vere, non implicano esplicitamente lUNRWA”.

Dossier sospetti

Il dossier dellUNRWA riportato da Sky News sembra essere simile ai documenti prodotti in passato da Israele e dai suoi delegati che cercavano di collegare le organizzazioni non governative palestinesi alle organizzazioni di resistenza nel tentativo di privarle dei loro finanziamenti europei.

Nel 2021 gli Stati europei hanno affermato di non essere rimasti convinti da un dossier segreto fornito da Israele per dimostrare le sue accuse contro diverse importanti organizzazioni della società civile palestinese dichiarate organizzazioni terroristiche”.

Il dossier si fondava su testimonianze di due uomini licenziati da un’organizzazione per sospetti reati finanziari.

L’avvocato di uno degli uomini ha sostenuto che [il suo assistito] durante l’interrogatorio potrebbe essere stato sottoposto a maltrattamenti o torture.

Nel dossier segreto, il cui contenuto è stato rivelato dalla rivista +972 Magazine, risultava evidente che i due uomini non avevano familiarità con le altre organizzazioni palestinesi contro le quali la loro testimonianza era stata usata.

Le dichiarazioni dei funzionari israeliani suggeriscono che le attuali accuse contro i dipendenti dell’UNRWA potrebbero essere basate su informazioni estorte ai detenuti, dando adito a preoccupazioni per torture e maltrattamenti.

(traduzione dall’inglese di Aldo Lotta)




Il 7 ottobre un generale israeliano ha ucciso suoi concittadini per poi mentire al riguardo

Ali Abunimah e David Sheen

24 dicembre 2023 – The Electronic Intifada

Dei video e resoconti di testimoni recentemente pubblicati da media israeliani rivelano nuovi dettagli su come il 7 ottobre l’esercito israeliano abbia ucciso i propri civili nel Kibbutz Beeri.

La settimana scorsa il Canale 12 israeliano ha diffuso dei filmati inediti di un carro armato israeliano che spara contro un’abitazione civile all’interno dellinsediamento coloniale, a poche miglia a est di Gaza.

Le nuove prove mostrano che il comandante israeliano presente sul posto, il generale di brigata Barak Hiram, ha mentito a una famosa giornalista israeliana su ciò che è accaduto nel kibbutz quel giorno dopo il lancio da parte dei combattenti della resistenza palestinese di un assalto su larga scala contro basi militari e insediamenti coloniali israeliani oltre il confine di Gaza.

Si tratta di un tentativo di insabbiamento da parte di un alto ufficiale militare con la complicità dei media.

Ma lungi dallessere ritenuto in alcun modo responsabile, Hiram sta per assumere il suo nuovo ruolo di comandante della Divisione Gaza, la brigata dellesercito israeliano sconfitta il 7 ottobre dalle forze palestinesi.

Hiram abita nell’insediamento di Tekoa, costruito in violazione del diritto internazionale vicino alla città di Betlemme nella Cisgiordania occupata.

Il 26 ottobre in unintervista con Ilana Dayan, conduttrice del prestigioso programma investigativo Uvda del canale israeliano Channel 12, Hiram ha fornito un falso resoconto dei tentativi di salvare i civili a Beeri.

Ha anche propagandato false atrocità, sostenendo che i combattenti palestinesi, all’interno del kibbutz, avessero immobilizzato e giustiziato a sangue freddo 10 civili, otto dei quali minorenni.

Questo tipo di storie raccapriccianti – amplificate dai leader israeliani e inoltrate direttamente alla Casa Bianca e ai media mondiali – hanno avuto un ruolo diretto nel provocare il sostegno dei governi e dell’opinione pubblica occidentali alla risposta genocida da parte di Israele.

Lintervista di Hiram da parte di Dayan è stata trasmessa più di 10 giorni dopo che Yasmin Porat aveva fornito la propria testimonianza alla radio di Stato israeliana – un resoconto molto diverso da quello di Hiram e molto meno lusinghiero per le forze israeliane.

Porat era tra i 15 civili trattenuti dai combattenti palestinesi nella casa colpita da un carro armato come si osserva nel nuovo video, la casa di Pessi Cohen, residente nel kibbutz Be’eri, anch’egli rimasto lì ucciso.

Nella sua intervista del 15 ottobre alla radio israeliana, diventata virale dopo la traduzione di The Electronic Intifada, Porat ha descritto come lei e il suo compagno Tal Katz si trovassero al rave Supernova quando la mattina presto di sabato 7 ottobre è iniziato il lancio di razzi da Gaza.

La coppia è salita in macchina ed è fuggita a Be’eri dove ha bussato alla porta di Adi e Hadas Dagan, abitanti del kibbutz.

Sono rimasti nascosti insieme ai Dagan finché i combattenti palestinesi non li hanno trovati e portati in un’altra casa vicina dove altri civili erano tenuti prigionieri da diverse decine di combattenti di Hamas.

I primi rapporti affermavano erroneamente che questi eventi avevano avuto luogo nella sala da pranzo del kibbutz.

Secondo Porat, in casa di Pessi Cohen i combattenti palestinesi hanno trattato umanamente” una decina di civili israeliani e li hanno rassicurati sul fatto che non avrebbero subito ulteriori danni.

I palestinesi hanno fornito loro acqua e li hanno lasciati uscire sul prato per difendersi dal caldo.

Secondo Porat i combattenti volevano che i militari israeliani, che pensavano fossero già ammassati nella zona, garantissero loro un passaggio sicuro per un ritorno a Gaza, dove avrebbero poi rilasciato i civili al confine.

Le richieste dei combattenti sono state comunicate a Porat tramite Suhayb al-Razim, un autista palestinese di minibus della Gerusalemme Est occupata, anch’egli catturato e costretto a fungere da interprete in ebraico.

Al-Razim era stato catturato all’inizio della giornata mentre trasportava i partecipanti israeliani alla festa da e verso il rave Supernova.

Su richiesta dei combattenti palestinesi Porat ha chiamato la polizia israeliana per far sì che i militanti negoziassero una via d’uscita.

Dopo numerose telefonate con la polizia gli ostaggi e i loro rapitori hanno aspettato l’arrivo delle forze israeliane. Porat ha affermato che quando finalmente i soldati sono arrivati a ridosso della casa di Pessi Cohen hanno iniziato a sparare senza preavviso.

Uccisi dai loro

Eravamo fuori e allimprovviso c’è stata una raffica di proiettili contro di noi da parte dellunità [israeliana] YAMAM. Abbiamo iniziato tutti a correre per trovare un riparo”, ha detto Porat a Canale 12.

Nello scontro a fuoco che ne è seguito un comandante palestinese, in seguito identificato come Hasan Hamduna, ha trattato la propria resa con le forze israeliane. Gli hanno detto di spogliarsi e di uscire con Porat.

Appena fuori Porat ha chiesto agli israeliani di smettere di sparare, cosa che hanno fatto. Poi ha visto diversi abitanti del kibbutz stesi a terra – persone che, con una sola eccezione, sarebbero risultate morte.

Alla domanda se possano essere state le forze israeliane ad ucciderli, Porat ha risposto: senza dubbio”.

Hanno eliminato tutti, compresi gli ostaggi. Perché c’è stato un fuoco incrociato molto, molto pesante”, ha detto Porat. Sono stato liberata verso le 17:30. I combattimenti sarebbero finiti alle 20:30. Dopo un folle fuoco incrociato due proiettili di carro armato sono stati sparati contro la casa”.

Tra le persone uccise dai proiettili del carro armato c’erano Adi Dagan e il compagno di Porat, Tal Katz.

Hadas Dagan è rimasta ferita ma è sopravvissut, l’unica israeliana oltre a Porat a uscire viva dalla battaglia.

In un’altra intervista del mese scorso Porat ha rivelato che, secondo Hadas Dagan, il bombardamento del carro armato avrebbe ucciso anche Liel Hatsroni, una ragazza di 12 anni che i fautori della propaganda israeliana sostenevano fosse stata assassinata dai palestinesi.

Allinizio di questo mese, Hadas Dagan ha rilasciato la sua prima intervista, confermando i punti salienti del racconto di Porat.

Fa parte di un servizio di mezz’ora di Channel 12 andato in onda il 9 dicembre che presenta insieme a Porat anche i familiari di altri prigionieri israeliani uccisi nello stesso incidente.

È ovvio che questo episodio solleva un dilemma morale molto pesante. Non voglio che qualcuno utilizzi il complicato dilemma morale presente nella storia per puntare un dito accusatorio contro lesercito”, dice Dagan nel rivelare la causa immediata della morte di suo marito. “Per me è molto chiaro che io e Adi siamo stati feriti dalle schegge del proiettile del carro armato perché è successo proprio in quel momento.”

Descrive l’orribile esperienza vissuta nell’osservare suo marito sanguinare su di lei da una ferita nel collo lunga diversi centimetri, fino al momento in cui ha smesso di muoversi.

Sono arrabbiata, sono molto arrabbiata. Sono arrabbiata per il fatto che siamo stati abbandonati, che siamo stati traditi, che siamo stati soli, soli, soli, per così tante ore”, dice. “Adi, finire la sua vita in quel modo, massacrato.”

“All’improvviso ho visto un carro armato”

Un video girato quasi al livello del suolo mostra un carro armato che attraversa il kibbutz il 7 ottobre, mentre le riprese aeree da un elicottero israeliano mostrano un carro armato che spara un proiettile contro la casa di Pessi Cohen alle 17:33. I combattenti israeliani presenti lo hanno descritto come un colpo di avvertimento.

Il carro armato ha poi subito danni, forse a causa di un razzo RPG, sparato dall’interno della casa dai combattenti di Hamas: “Successivamente il carro armato è stato danneggiato e ne è arrivato un altro che ha completato la missione”, ha riferito Channel 12.

Nel rapporto del 9 dicembre Hadas Dagan conferma il resoconto di Yasmin Porat sui prolungati negoziati con i combattenti palestinesi prima che le forze israeliane arrivassero e iniziassero a sparare.

Canale 12 ha riprodotto l’audio delle telefonate fatte da Porat in cui lei, i gemelli israeliani dodicenni Liel e Yanai Hatsroni e il comandante palestinese Hasan Hamduna, parlano con i servizi di emergenza.

Hamduna dice all’ufficiale israeliano che vuole che l’esercito garantisca loro il passaggio verso Gaza, sostenendo che i palestinesi tengono prigionieri circa 50 israeliani.

Come ha spiegato Porat, Hamduna stava deliberatamente esagerando il numero dei prigionieri israeliani, evidentemente nel tentativo di indurre la polizia e l’esercito a trattare la situazione con maggiore urgenza.

C’è un video girato dopo che Hamduna si era arreso uscendo insieme a Porat in cui, sotto custodia israeliana, nudo, bendato e ammanettato, invita anche i suoi compagni ad arrendersi, dicendo loro attraverso un megafono che gli israeliani li avrebbero trattati umanamente e avrebbero curato le loro eventuali ferite.

Mentre era in corso questo tentativo di ripresa delle trattative è scoppiato uno scambio a fuoco ininterrotto, ha dichiarato Porat il 6 dicembre alla televisione di Stato israeliana Kan.

Alla fine è arrivato un secondo carro armato israeliano, probabilmente sotto la guida del comandante del battaglione corazzato, il tenente colonnello Salman Habaka, ucciso qualche settimana dopo a Gaza.

Io stesso sono arrivato a Beeri e ho fatto rapporto al generale di brigata Barak Hiram”, ha detto Habaka in un video prodotto dallesercito israeliano nei giorni successivi alla battaglia di Beeri.

“La prima cosa che mi ha ordinato: sparare un proiettile contro la casa.”

Quando un canale di un social media israeliano gli ha chiesto di raccontare come “è riuscito a salvare una famiglia”, Habaka non ha fornito alcuna informazione.

Ha detto invece che la sua missione era localizzare e annientare i terroristi”, e se fossero stati trovati in casa avremmo annientato i terroristi prima di inviare la fanteria per portare fuori le persone”.

Larrivo di tali armamenti ha immediatamente suscitato i timori di Yasmin Porat.

Allimprovviso ho visto un carro armato”, ha detto a Kan. Ricordo, ho detto a uno degli agenti di polizia: Ma cosa? Vuoi sparare con un proiettile da carro armato? Fuori ci sono degli ostaggi”.

“E lui mi ha risposto: ‘No, è solo per consentire alle unità di entrare in casa, stanno abbattendo i muri'”, ha aggiunto Porat.

Ma quelle non erano le uniche armi pesanti usate dalle forze israeliane a Beeri.

I principali media di tutto il mondo hanno trasmesso filmati sulle conseguenze del disastro nel kibbutz, dove intere file di case sono state ridotte in macerie.

Ma nessuno si è posto lovvia domanda: come hanno potuto i combattenti di Hamas armati solo di fucili dassalto AK-47 e qualche RPG aver causato danni così ingenti?

La risposta, ovviamente, è che non lo hanno fatto da soli. La televisione di Stato israeliana ha riferito che nel loro contrattacco per riconquistare Beeri le forze israeliane hanno utilizzato oltre ai carri armati anche elicotteri da combattimento.

Allinizio di questo mese due veterani della squadra di soccorso tattico d’élite dellesercito israeliano, lUnità 669, nel ruolo di soccorritori volontari, hanno raccontato a Kan ciò a cui hanno assistito a Beeri il 7 ottobre.

La situazione era questa: te ne stai seduto in un kibbutz nello Stato di Israele dove nei fine settimana portiamo i bambini ad andare in bicicletta. Ogni secondo un missile ti cade addosso. Ogni minuto”, dice Erez Tidhar, uno dei volontari. “All’improvviso vedi un missile lanciato da un elicottero che spara sul kibbutz.”

Un elicottero dellesercito israeliano spara contro un kibbutz israeliano”, aggiunge Tidhar costernato, e poi vedi un carro armato che avanza lungo le strade del kibbutz, spara con il cannone e spara un proiettile contro una casa. Queste sono cose che non puoi comprendere del tutto.”

Tidhar, nello specifico, è il capo della direzione nazionale della cyber sicurezza informatica di Israele.

Si sapeva già che il 7 ottobre gli elicotteri Apache israeliani di costruzione americana erano stati schierati in gran numero in tutta la regione e che avevano lanciato enormi quantità di devastanti missili Hellfire e proiettili di cannone esplosivi uccidendo sia palestinesi che civili israeliani.

Questa feroce potenza di fuoco ha incenerito a morte centinaia di persone in modo così devastante che le autorità israeliane non hanno potuto dire per settimane se si trattasse di combattenti palestinesi o civili israeliani.

La confusione ha portato Israele il 10 novembre a ridurre il proprio bilancio delle vittime a 1.200, attraverso lalto portavoce del governo israeliano Mark Regev che ha ammesso che 200 dei morti originariamente contati come israeliani erano in realtà combattenti palestinesi.

Autorizzazione a sparare”

Ma non è così che Barak Hiram, il generale di brigata presente sul posto, ha descritto gli eventi di Beeri.

Hiram ha descritto sé stesso nell’entrare eroicamente in una situazione caotica, assumendo il comando, combattendo coraggiosamente i terroristi e salvando ostaggi civili.

Ha anche raccontato storie di atrocità rivelatesi bugie grazie ai resoconti delle due sopravvissute, Yasmin Porat e Hadas Dagan.

Sabato mattina, quando abbiamo capito che era in corso uninvasione nellarea intorno a Gaza, molti soldati ed ex soldati provenienti da tutto Israele si sono uniti per sconfiggere i terroristi e salvare le famiglie israeliane nelle loro case”, ha detto Hiram l’11 ottobre al canale israeliano i24News.

Due settimane dopo, nella sua intervista del 26 ottobre con Ilana Dayan di Channel 12, ha ampliato la sua versione.

A un certo punto è arrivato anche Nissim Hazan, comandante di brigata nella mia divisione”, spiega Hiram.

Come Hiram, anche Hazan risiede in una colonia nella Cisgiordania occupata.

“È arrivato come comandante carrista su un unico carro armato che è riuscito a riparare dopo che aveva subito dei danni, ed è stato il nostro primo carro armato ad entrare nell’insediamento”, dice Hiram.

“E gli ho dato l’autorizzazione a sparare con mortai contro gli edifici solo per bloccare i terroristi”, aggiunge Hiram.

Parlando della situazione degli ostaggi, Hiram dice che mentre un commando israeliano noto come YAMAM stava ripulendo” uno dei quartieri, uno dei cittadini è riuscito a fuggire da una casa”.

Questa frase sembra riferirsi alluscita negoziata di Porat dalla casa Cohen insieme al combattente palestinese Hasan Hamduna.

“E ciò porta ad una situazione o sensazione secondo cui i terroristi barricati lì all’interno dell’isolato [di case] avrebbero potuto essere pronti a discutere o qualcosa del genere”, ricorda Hiram.

Secondo Hiram sarebbe arrivata sulla scena una squadra speciale di negoziatori che avrebbe cercato di comunicare con i combattenti all’interno.

Le distorsioni e le bugie di Hiram

Fino a questo punto il racconto di Hiram coincide più o meno con quello di Porat ma poi, con la complicità di Ilana Dayan, si trasforma in una spirale di distorsioni e di vere e proprie invenzioni.

Hanno risposto?” Dayan chiede riguardo agli sforzi di negoziazione. “Ci hanno risposto con un razzo RPG”, replica Hiram.

“A questo punto ho autorizzato il comandante della forza YAMAM a irrompere all’interno e cercare di salvare i cittadini intrappolati in quegli edifici”, afferma Hiram.

“Quindi la forza YAMAM ha ingaggiato una battaglia davvero eroica facendo irruzione all’interno”, impreziosisce Dayan. “C’era qualche speranza che ci fossero ancora degli ostaggi da salvare?”

“Credo che in quell’isolato ci fossero circa 20 abitanti e che le forze YAMAM siano riuscite a salvarne circa quattro”, afferma Hiram.

Tutti gli altri sono stati assassinati”, continua Dayan.

“Tutti gli altri sono stati assassinati a sangue freddo”, risponde Hiram. “E lì abbiamo trovato otto bambini legati insieme e fucilati e una coppia, marito e moglie, legati insieme e fucilati.”

Menzogne mortali ascoltate a Washington

Il racconto di Hiram costituisce probabilmente la fonte delle affermazioni del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu giunte subito dopo direttamente al presidente degli Stati Uniti Joe Biden, secondo cui Hanno preso decine di bambini, li hanno legati, bruciati e giustiziati”.

Il quotidiano israeliano Haaretz ha confutato le affermazioni, riferendo allinizio di questo mese che non ci sono prove che bambini di diverse famiglie siano stati assassinati insieme”.

Ciò vale anche per le famiglie tenute in ostaggio nell’abitazione di Pessi Cohen, come confermano gli unici prigionieri scampati alla morte.

Hadas Dagan non ha mai affermato che gli ostaggi fossero stati legati e Yasmin Porat ha precisato in un’intervista del 12 ottobre a Channel 12 che il suo compagno Tal Katz, ucciso anche lui dal bombardamento decisivo del carro armato, era l’unico nel loro gruppo di 15 ostaggi che i combattenti di Hamas avevano ammanettato.

Dagan non ha mai affermato che vi siano state esecuzioni e Porat ha insistito sul fatto che ciò non è avvenuto.

Nella stessa intervista del 12 ottobre Porat ha affermato che, sebbene tutti i combattenti palestinesi fossero ben provvisti di armi, non li ha mai visti sparare ai prigionieri o minacciarli.

Non ci hanno maltrattato. Ci hanno trattato in modo molto umano”, ha detto Porat tre giorni dopo nella sua ormai famosa intervista radiofonica con Kan.

«Con questo intendo dire che ci sorvegliavano. Di tanto in tanto ci davano qualcosa da bere. Quando vedevano che eravamo nervosi ci calmavano”, ha aggiunto. “È stato molto terrificante, ma nessuno ci ha trattato con violenza. Fortunatamente non mi è successo niente di simile a quello che ho sentito dai media”.

Inoltre, né Porat né Dagan hanno mai riferito, né è emerso alcun video, di commando israeliani che avessero fatto irruzione nella casa nel tentativo di salvare i prigionieri.

E contrariamente alla descrizione fatta da Hiram si sono svolte delle trattative, come ha descritto Porat.

Alcuni giorni dopo la messa in onda da parte di Channel 12 dell’intervista con Hiram Channel 13 ha trasmesso le registrazioni delle chiamate ai servizi di emergenza in cui i combattenti palestinesi cercavano di negoziare un passaggio sicuro per il loro ritorno a Gaza.

Anche un resoconto degli eventi di Beeri pubblicato sul New York Times il 22 dicembre descrive Hiram come un uomo che aveva fretta di usare la forza, nonostante altri ufficiali pensassero che i negoziati avrebbero potuto produrre risultati migliori.

“Mentre si avvicinava il crepuscolo il comandante dello SWAT [commando] e il generale Hiram hanno iniziato a discutere”, riferisce il Times. Il comandante della SWAT pensava che altri rapitori avrebbero potuto arrendersi. Il generale voleva che la situazione fosse risolta prima della notte.

“Qualche minuto dopo, secondo il generale e altri testimoni, i militanti avrebbero lanciato una granata con un lanciarazzi”, afferma il giornale.

Le trattative sono finite”, avrebbe detto Hiram al comandante del carro armato, secondo il Times. Irrompete anche a costo di vittime civili”.

Invece di salvare quattro persone come riferito a Ilana Dayan, ordinando di sparare proiettili contro la casa, Hiram ha fatto sì che tutti sul campo di battaglia tranne Hadas Dagan fossero uccisi e che almeno altri tre – Liel Hatsroni, la sua zia e tutrice Ayala Hatsroni e Suhayb al-Razim – fossero quasi completamente inceneriti sul posto.

I parenti chiedono un’inchiesta

I parenti delle persone uccise a Beeri, tenendo conto delle bugie di Hiram, si pongono domande su ciò che è accaduto ai loro cari.

Raccogliamo frammenti di informazioni, nessuno ci parla in modo chiaro”, dice Naama Ben Ami, la cui madre Hava è stata uccisa a Beeri. “Non sappiamo davvero cosa sia successo qui.”

Ben Ami e altri parenti sono stati intervistati tra le rovine di Beeri nel corso dello stesso servizio di Channel 12 del 9 dicembre in cui Hadas Dagan ha parlato per la prima volta.

“Penso che qui ci siano molte questioni inquietanti sulla gestione delle operazioni”, dice Omri Shifroni, nipote di Ayala Hatsroni e cugino dei gemelli dodicenni da lei allevati, Liel e Yanai Hatsroni, tutti morti nel massacro di Be’eri.

“Come sono arrivati ​​qui? Quando hanno aperto il fuoco, chi ha sparato? Non so chi li abbia uccisi”, dice Shifroni.

Poi fa un riferimento esplicito alle affermazioni di Hiram fatte nellintervista con Dayan.

“Non ne aveva idea!” Shifroni dice del generale di brigata. Anche quando ha parlato, e questo è successo due settimane dopo [gli eventi del 7 ottobre], non aveva idea di cosa fosse successo qui. Nessun indizio, perché non era la verità.

“Questo è qualcosa su cui devono indagare”, dice Sharon Cohen, la nuora di Pessi Cohen. “Devono farlo.”

Stavano parlando specificamente dei loro stessi parenti, ma ciò che è accaduto al kibbutz Beeri non è stata l’unica circostanza in cui Israele ha ucciso la propria gente, sia per sconsiderata incompetenza sia intenzionalmente.

La verità trapela

Finora la verità ha cominciato a trapelare solo un po’ alla volta.

A novembre una fonte della polizia israeliana ha ammesso che elicotteri militari hanno sparato contro i civili al rave Supernova – la festa musicale nel deserto vicino a Beeri a cui avevano partecipato Yasmin Porat e il suo compagno.

Nof Erez, un colonnello dellaeronautica israeliana, è arrivato addirittura a definire la risposta israeliana al 7 ottobre un Annibale di massa” – unapplicazione su larga scala della dottrina militare israeliana che consente luccisione deliberata della sua stessa gente piuttosto che consentire che vengano fatti prigionieri.

Nello stesso mese Israele ha rivelato che centinaia di corpi bruciati in modo irriconoscibile, ritenuti appartenenti ai suoi stessi civili, erano in realtà di combattenti di Hamas: una chiara ammissione di fuoco indiscriminato su vasta scala.

Allinizio di questo mese lesercito israeliano ha ammesso un’“immensa” quantità di cosiddetti incidenti di fuoco amico verificatisi il 7 ottobre, ma ha affermato che non sarebbe moralmente sano” indagare su di essi, come ha riportato il quotidiano israeliano Yedioth Ahronoth.

Israele ha inoltre dovuto affrontare un enorme imbarazzo internazionale e rabbia in patria dopo che il suo esercito ha ammesso di aver ucciso tre prigionieri israeliani che erano riusciti a scappare dai loro sequestratori a Gaza.

Il mostro” palestinese

Mentre luccisione il 7 ottobre di civili israeliani – uomini e donne, giovani e anziani – da parte dei combattenti palestinesi è stata ampiamente riportata, quella di civili israeliani da parte delle forze israeliane, avvenuta nello stesso giorno, è stata insabbiata dallo Stato israeliano.

Nel frattempo, i media israeliani e i loro simpatizzanti allestero diffondono con grande enfasi affermazioni non verificate e bugie per distrarre o giustificare il genocidio di Gaza.

Tra queste le famigerate bugie sui bambini ebrei giustiziati e appesi a un filo per il bucato, decapitati e persino cotti in un forno.

Ma in un Israele più entusiasta che mai di annientare i palestinesi, sono poche le voci che chiedono una reale assunzione di responsabilità su ciò che è accaduto il 7 ottobre e dopo.

Si prenda Ilana Dayan per esempio.

Nella veste di una delle più importanti reporter “investigative” israeliane, ha cercato di scagionare Barak Hiram dalla responsabilità del bombardamento del carro armato che ha ucciso a Be’eri dei cittadini israeliani affermando: “Per quanto le notizie riportano un incidente con degli ostaggi a Be’eri, purtroppo in realtà non cerano ostaggi”.

Ecco come ha spiegato cosa sarebbe successo quel giorno in una recente puntata del podcast Unholy, condotto da Yonit Levy di Channel 12 e Jonathan Freedland di The Guardian: “C’è un mostro che è cresciuto dall’altra parte della recinzione, dall’altra parte del confine.”

Per quanto molto spigliata nel riferire esagerazioni e invenzioni Dayan non ha espresso alcun interesse per ciò che Israele fa da oltre 75 anni ai palestinesi in tutto il Paese, e soprattutto a Gaza, tanto da averli indotti a lanciare un attacco armato su vasta scala contro Israele.

Quando le è stato chiesto se gli israeliani un giorno avrebbero dovuto fare i conti con lorribile portata di morte, sofferenza e devastazione che il loro esercito sta infliggendo ai civili a Gaza, Dayan ha risposto indignata.

È possibile capire che una nazione con il cuore spezzato è troppo distrutta per avere un minimo di empatia per laltro, per il nemico?” ha chiesto Dayan. Cosa si aspettava Hamas quando ha lanciato questa atrocità brutale, sadica, terribile, mostruosa? Cosa si aspettavano?”

E alla domanda se agli israeliani dovesse essere mostrata questa realtà, Dayan ha risposto: Non siamo giornalisti stranieri, siamo giornalisti israeliani. Non è il momento per noi di fare valutazioni su entrambe le parti”.

Ciò potrebbe spiegare perché Dayan abbia voluto aiutare Barak Hiram e assecondare il suo fantasioso racconto della battaglia di Beeri, seppellendo la verità su come Israele abbia ucciso lì i suoi stessi cittadini.

Tuttavia, ciò non spiega perché i media, le organizzazioni e i governi internazionali, comprese le Nazioni Unite, continuino ad accettare le bugie di Israele e non abbiano richiesto indagini credibili e indipendenti su ciò che è realmente accaduto il 7 ottobre.

Il prezzo di questa complicità lo sta pagando il popolo di Gaza.

Ali Abunimah è il direttore esecutivo di The Electronic Intifada.

David Sheen è lautore di Kahanism and American Politics: The Democratic Partys Decades-Long Courtship of Racist Fanatics [Kahanismo e politica americana: il corteggiamento decennale dei fanatici razzisti da parte del Partito Democratico, ndt.].

(traduzione dall’inglese di Aldo Lotta)




Assassinato da Israele Refaat Alareer

Tamara Nassar

9 dicembre 2023 – The Electronic Intifada

Israele ha assassinato lo scrittore e docente Dr. Refaat Alareer.

Euro-Mediterranean Human Rights Monitor [ONLUS per la protezione dei diritti umani, ndt.] ha concluso che lattacco aereo israeliano che il 6 dicembre ha ucciso Refaat e diversi membri della sua famiglia è stato verosimilmente intenzionale”.

Refaat ha lavorato in stretta collaborazione con The Electronic Intifada ed era tra i più importanti oppositori della guerra genocida di Israele contro Gaza.

Era rifugiato nellappartamento di sua sorella Asmaa nella zona di al-Daraj, a Gaza City. Euro-Mediterranean Human Rights Monitor, citando accertate testimonianze oculari e resoconti familiari, ha dichiarato che intorno alle 18 di mercoledì l’intero edificio in cui si trovava è stato “bombardato chirurgicamente”.

Refaat è stato ucciso insieme a suo fratello Salah e uno dei figli di lui, Muhammad. Anche sua sorella Asmaa con tre dei figli, Alaa, Yahya e Muhammad, sono stati uccisi insieme a uno dei loro vicini.

Inoltre nell’attacco israeliano sono rimasti feriti altri membri della famiglia.

Lattacco aereo ha colpito chirurgicamente lappartamento al secondo piano, dove si trovava Refaat, in un edificio di tre piani, e non lintero palazzo: ciò indica che l’appartamento era lobiettivo e non si è trattato di un danno collaterale, afferma l’organizzazione Euro-Med.

Refaat era stato sfollato più volte allinterno della Striscia di Gaza in seguito all’attacco contro la sua casa durante la seconda settimana dellassalto genocida israeliano contro lenclave costiera iniziato il 7 ottobre.

Qualche giorno prima di essere ucciso Refaat si era trasferito con la moglie e i figli in una scuola gestita dallagenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi (UNRWA) nel quartiere al-Tuffah di Gaza City.

Un caro amico di Refaat ha detto all’organizzazione per i diritti umani che nel corso della sua permanenza nella scuola potrebbe essere stato contattato dall’esercito israeliano.

“Aveva ricevuto una telefonata anonima da qualcuno che si era identificato come un ufficiale israeliano e aveva minacciato Refaat affermando di conoscere esattamente la scuola in cui si trovava”, riferisce l’organizzazione nel citare l’amico intimo. E aggiunge che i soldati israeliani con lavanzata delle truppe di terra erano sul punto di raggiungere la sua posizione”.

Sebbene Euro-Mediterranean Human Rights Monitor affermi che “la credibilità della minaccia in sé non è sicura“, è stata certamente una delle ragioni che hanno spinto Refaat a trasferirsi a casa di sua sorella, “credendo che fosse meno esposta di una scuola aperta e sovraffollata dove sarebbe stato difficile nascondersi”.

L’organizzazione è giunta alle conclusioni che Refaat era probabilmente un obiettivo dell’esercito israeliano.

Tutto è intenzionale

Una recente indagine di +972 Magazine e Local Call [versioni rispettivamente in inglese ed ebraico di una rivista progressista online, ndt.] ha rivelato come lesercito israeliano stia utilizzando lintelligenza artificiale per generare più obiettivi da colpire a Gaza.

Nel citare fonti dell’intelligence il rapporto afferma che lesercito israeliano dispone di archivi sulla stragrande maggioranza dei potenziali obiettivi a Gaza, comprese le case, che stabiliscono il numero di civili che potrebbero essere uccisi in un attacco contro un particolare obiettivo”.

“Niente accade per caso”, sostiene una fonte.

Quando in un’abitazione a Gaza una bambina di 3 anni viene uccisa è perché qualcuno nellesercito ha deciso che la sua uccisione non costituisce un grosso problema, che si tratta di un prezzo che vale la pena pagare per colpire [un altro] obiettivo”, aggiunge la fonte.

Noi non siamo Hamas. Questi non sono razzi con bersagli casuali. Tutto è intenzionale. Sappiamo esattamente quanti danni collaterali ci sono in ogni casa”.

Il fatto che quella sera labitazione della sorella di Refaat sia stata lunico appartamento attaccato nelledificio contribuisce a concludere che Refaat fosse stato preso di mira deliberatamente.

Bersaglio di precedenti attentati

Non era la prima volta che dopo il 7 ottobre Refaat venisse preso di mira da un bombardamento.

Il 19 ottobre l’esercito israeliano ha bombardato senza alcun preavviso l’edificio in cui viveva Refaat a Gaza City. Due appartamenti furono completamente distrutti e altri cinque, compreso quello della famiglia di Refaat, gravemente danneggiati.

In quel momento Refaat ospitava quattro famiglie sfollate. Tutti gli ospiti erano donne e bambini.

Allepoca la casa di Refaat aveva un generatore di corrente, carburante per un paio di mesi e pannelli solari.

Da quando è iniziato lattacco di Israele abbiamo aiutato innumerevoli persone a pompare acqua, caricare i loro dispositivi elettronici e mantenere funzionanti i loro freezer, ha scritto Refaat il 22 ottobre su The Electronic Intifada.

“Credo che questo sia il motivo per cui il nostro edificio è stato colpito.”

Altri nella famiglia allargata di Refaat hanno ritenuto che fosse stato preso di mira proprio per aver parlato apertamente.

Non sappiamo perché ledificio sia stato preso di mira. Mia suocera insiste che è perché parlo con i media, ha scritto Refaat.

“Anche mia madre ha espresso la stessa preoccupazione.”

Da quel giorno Refaat e la sua famiglia sono rimasti sfollati. Si erano rifugiati in un ospedale e poi in una scuola.

Ad un certo punto la famiglia si è stabilita allospedale pediatrico Rantisi di Gaza City, ma ha dovuto evacuare quando i soldati israeliani sono giunti nelle vicinanze.

Ha scritto un articolo per The Electronic Intifada in cui denunciava la menzogna secondo cui Hamas conducesse le sue operazioni nei pressi dell’ospedale.

In passato Refaat e la sua famiglia erano stati presi di mira dai soldati israeliani numerose volte, con l’uccisione di decine di parenti.

Diffamazione

Come se ucciderlo non fosse abbastanza, i troll [individui che svolgono attraverso internet azioni di provocazione e diffamazione, ndt.] che sostengono Israele e la sua ideologia di Stato, il sionismo, hanno cercato di diffamarlo, prima e dopo la sua uccisione.

Per settimane dallinizio di questa guerra Refaat ha ricevuto numerose minacce di morte e messaggi di odio da account israeliani sui social media dopo che personaggi pubblici di spicco lo hanno preso di mira accusandolo di molestie e istigazione, dice Euro-Med.

Uno di questi personaggi pubblici è Bari Weiss.

Weiss ha citato un tweet che Refaat aveva scritto su una bufala completamente sfatata secondo cui il 7 ottobre i miliziani palestinesi avrebbero bruciato vivo un bambino israeliano dentro un forno.

Ecco Refaat Alareer che scherza sul fatto che un bambino israeliano, bruciato vivo in un forno, sia stato cucinato con o senza lievito’”, ha scritto Weiss.

Successivamente Refaat ha ricevuto sui social media minacce di morte e messaggi di odio.

Molti soldati israeliani deliranti che stanno già bombardando Gaza prendono sul serio queste bugie e calunnie e agiscono di conseguenza, ha scritto Refaat in quella circostanza.

I troll sionisti stanno ora usando la stessa tattica per cercare di diffamare Refaat, accademico di fama internazionale amato e rispettato da generazioni di palestinesi e da persone di tutto il mondo.

Prendere di mira il mondo accademico

Alcuni giorni prima che Refaat venisse ucciso Israele ha assassinato il dottor Sufyan Tayeh, presidente dell’Università islamica di Gaza dove Refaat era docente di letteratura inglese.

Questo mese le forze israeliane hanno anche piazzato esplosivi e fatto saltare in aria la facoltà di medicina dell’Università islamica di Gaza.

Il commentatore di destra Yinon Magal ha celebrato quellattacco definendolo un regalo di Hanukkah[Hanukkah è una festività ebraica, conosciuta anche con il nome di Festa delle luci, ndt.] da parte di una divisione dellesercito israeliano.

Il fatto che ledificio non sia stato colpito da aerei da guerra ma da soldati che vi hanno piazzato personalmente le bombe, suggerisce che non vi fosse alcun rischioper la loro vita e che non stessero prendendo di mira la resistenza palestinese allinterno delledificio.

Una foto raffigura un soldato israeliano in posa accanto alledificio della facoltà di medicina con una menorah [lampada ad olio a sette bracci usata durante l’Hanukkah, ndt.] gigante allesterno in segno di conquista.

Il cartello con il nome dell’edificio e del donatore che ha contribuito a costruirlo appare vandalizzato con la scritta ours now” [adesso nostro, ndt.] in inglese.

(traduzione dall’inglese di Aldo Lotta)




In Cisgiordania i coloni mirano a una seconda Nakba

Tamara Nassar

31 ottobre 2023 – The Electronic Intifada

Hai voluto la guerra quindi aspettati una Grande Nakba.”

Questo è ciò che recitano i volantini diffusi la settimana scorsa da coloni ebrei in un villaggio occupato nel nord della Cisgiordania.

I coloni israeliani stanno mantenendo la promessa di unaltra Nakba o catastrofe, come nel 1948 quando 800.000 palestinesi furono espulsi dalle milizie sioniste o fuggirono dalle loro città e villaggi a causa di una massiccia campagna di pulizia etnica per far posto al nascente Stato di Israele.

Dal 7 ottobre, quando Hamas ha colpito a sangue lestablishment militare e strategico di Israele inducendolo a dare il via ad una campagna di eccidi di massa a Gaza, i coloni israeliani continuano a organizzare attacchi contro le comunità di pastori palestinesi per scacciarli dalle loro terre.

Secondo l’organizzazione di monitoraggio delle Nazioni Unite OCHA dal 7 ottobre i coloni israeliani e le restrizioni allaccesso imposte dalle forze militari di occupazione israeliane hanno cacciato quasi 800 palestinesi dalle loro case e comunità.

Si tratta di quasi 100 famiglie in 15 diverse comunità di pastori e beduini.

I coloni israeliani minacciano i palestinesi con armi, distruggono le loro proprietà, ostacolano il loro accesso allacqua, abbattono i loro alberi, danneggiano i loro veicoli, rubano i loro averi, li intimidiscono e li attaccano fisicamente.

I coloni hanno persino appeso bambole chiazzate di un rosso che sembra sangue vicino a una scuola per bambini palestinesi a ovest di Gerico nella Valle del Giordano, nella Cisgiordania occupata, per intimidirli e minacciarli.

Ciò costringe le comunità palestinesi, composte in gran parte da famiglie e bambini, a lasciare i loro luoghi per paura di attacchi mortali.

In assenza di interventi immediati molti altri rischiano nei prossimi giorni di essere costretti alla fuga” hanno affermato domenica delle organizzazioni israeliane per i diritti umani, in una dichiarazione firmata da più di 30 associazioni.

Hanno lanciato lallarme su quella che hanno descritto come unondata di violenza da parte dei coloni col sostegno dello Stato che ha portato, e sta portando, al trasferimento forzato delle comunità palestinesi in Cisgiordania”.

Le organizzazioni per i diritti umani affermano che il governo israeliano sostiene attivamente gli attacchi dei coloni contro i palestinesi e non fa nulla per fermarli.

Aggiungono che i ministri del governo e altri funzionari sostengono la violenza e in molti casi i militari sono presenti o addirittura partecipano alle azioni violente, di cui alcune caratterizzate dall’assassinio di palestinesi da parte di coloni”.

Il ministro israeliano della Sicurezza nazionale Itamar Ben-Gvir ha distribuito armi ai civili israeliani, compresi quelli che vivono negli insediamenti coloniali per soli ebrei nella Cisgiordania occupata.

Secondo lOCHA dal 7 ottobre i coloni hanno effettuato quasi 170 attacchi contro i palestinesi. Queste cifre includono lesioni inferte ai palestinesi e danni alla proprietà.

Più di un terzo degli attacchi è caratterizzato da minacce con armi da fuoco da parte dei coloni contro i palestinesi, afferma lOCHA.

Nella metà dei casi le forze di occupazione israeliane hanno scortato i coloni o hanno partecipato attivamente agli attacchi.

Questo è il modo in cui lo Stato sfrutta i combattimenti a Gaza per promuovere trasferimenti forzati in Cisgiordania, ha detto BTselem a proposito di uno degli incidenti.

Almeno sette palestinesi sono stati uccisi dai coloni, incaricati dalla massima leadership israeliana di portare avanti i pogrom.

Le colline a sud di Hebron

Uno degli obiettivi principali degli sfollamenti forzati sono state le comunità di pastori nelle colline a sud di Hebron.

Quasi 4.000 palestinesi vivono all’interno di comunità di agricoltori e pastori nelle colline a sud di Hebron, che si trovano nella cosiddetta Area C, il 60% della Cisgiordania che rimane sotto il pieno controllo militare di Israele e comprende i più estesi insediamenti coloniali israeliani.

Nell’area C Israele impone ai palestinesi un divieto quasi totale di costruire e li costringe a farlo senza permessi e a vivere nella costante paura che le loro case vengano demolite dai bulldozer israeliani.

Inoltre in tale area lesercito israeliano applica quella che appare come una politica di disimpegnonei confronti della violenza dei coloni. In base alla legge israeliana i coloni israeliani sono trattati come civili mentre i palestinesi sono sottoposti ad una giurisdizione militare oppressiva.

Per giunta i coloni attaccano le comunità palestinesi nella quasi totale impunità e spesso con laiuto e la scorta delle forze di occupazione.

Ciò fa parte dellinstancabile sforzo di Israele di cambiare la situazione demografica nellarea per garantire una maggioranza ebraica. Israele, lavorando fianco a fianco con i suoi coloni, spinge i palestinesi fuori dalle loro terre per stabilire sul campo presupposti concreti per poi annettere quelle aree.

Sotto la minaccia delle armi”

Sabato sera i coloni hanno minacciato delle famiglie palestinesi della comunità di Khirbet Tuba, che si trova a circa due chilometri dal villaggio di al-Tuwani a Masafer Yatta, sulle colline a sud di Hebron.

I coloni hanno fatto irruzione nella casa di una famiglia palestinese, hanno distrutto i loro averi e gli hanno ordinato di andarsene. I coloni hanno minacciato con un fucile un ragazzo di 15 anni che cercava di filmare l’attacco.

Sono poi tornati allalba mascherati, hanno rubato il telefono del ragazzo e le pecore della famiglia e hanno danneggiato una tubatura dellacqua di loro proprietà.

Nel fine settimana più di 250 palestinesi che vivono a Khirbet Zanuta, una località a sud di Hebron nella Cisgiordania meridionale occupata, dopo ripetuti attacchi, molestie e minacce da parte dei coloni israeliani sarebbero stati sfollati con la forza.

Il 21 ottobre un attacco da parte di coloni armati ha costretto una famiglia di 16 persone a lasciare un’altra comunità nelle colline meridionali di Hebron. A Khirbet al-Ratheem i coloni hanno danneggiato una struttura residenziale, un ricovero per animali e un pannello solare di proprietà della famiglia.

Dopo aver distrutto le nostre proprietà ci hanno minacciato con le armi, ha detto allOCHA Abu Safi, un membro della famiglia di 76 anni.

Andar via è stata lunica scelta possibile per proteggere la mia famiglia”.

In un caso i coloni indossavano gli abiti dei riservisti dellesercito israeliano e hanno sparato proiettili veri contro i palestinesi:

Le organizzazioni israeliane per i diritti umani hanno affermato che si sono verificati numerosi incidenti in cui i coloni hanno attaccato le comunità palestinesi con addosso uniformi militari e usando armi fornite dal governo”.

L’OCHA riferisce che il 9 ottobre i coloni israeliani hanno minacciato di morte i palestinesi della comunità di al-Ganoub, nel sud di Hebron, se non se ne fossero andati via entro unora”.

I coloni israeliani hanno appiccato il fuoco a due edifici residenziali con all’interno tutti gli averi delle famiglie e hanno rubato il loro bestiame. Cinque famiglie, composte da 40 palestinesi, sono state costrette a lasciare le proprie case.

Quello che mi tratteneva qui erano la mia tenda e le mie capre, ha detto allOCHA Abu Jamal, 75 anni, facente parte della comunità.

Nel momento in cui i coloni hanno incendiato la nostra tenda e rubato le mie capre hanno distrutto tutto ciò che mi tratteneva qui”.

Il 12 ottobre a Nablus dei coloni armati hanno minacciato con le armi una comunità di pastori sfollando con la forza più di 50 persone.

I coloni hanno minacciato la comunità che le loro tende sarebbero state incendiate e che sarebbero stati uccisi. Abu Ismail, 52 anni, ha detto allOCHA: non avevo altra scelta che abbandonare tutto per proteggere i miei figli”.

Dei coloni armati hanno attaccato, minacciato e intimidito i residenti palestinesi di Wadi al-Siq, una comunità beduina nella Cisgiordania occupata, finché non se ne sono andati. Dopo aver espulso la comunità, i coloni hanno preso d’assalto la scuola locale e saccheggiato ciò che era rimasto.

Sempre nella Cisgiordania occupata più di 120 palestinesi sono stati sfollati con la forza dopo che le forze israeliane hanno demolito le loro case con il pretesto della mancanza di un permesso di costruzione o a fini punitivi.

Con la politica delle demolizioni punitive Israele distrugge le case dei familiari dei palestinesi accusati di aver compiuto attacchi contro gli israeliani. Intere famiglie sono spesso lasciate senza riparo a causa di questa politica, facendone una forma di punizione collettiva.

Laumento della violenza dei coloni avviene mentre il fuoco israeliano ha causato dal 7 ottobre la morte di almeno 115 palestinesi nella Cisgiordania occupata.

Secondo la documentazione raccolta da DCIP [Defence for Children International Palestine, sezione palestinese di una ONG internazionale per la difesa dei diritti dei minori, ndt.], durante tale periodo nella Cisgiordania occupata sono stati uccisi trentasei bambini palestinesi.

La raccolta delle olive

Con la raccolta annuale delle olive che inizia a ottobre i coloni hanno rubato olive e danneggiato alberi in tutta la Cisgiordania occupata.

I coloni hanno anche attaccato gli agricoltori palestinesi che cercavano di raccogliere le loro olive.

Secondo le organizzazioni per i diritti umani citate “gli agricoltori palestinesi sono particolarmente vulnerabili in questo momento, durante la stagione annuale della raccolta delle olive, perché se non possono raccogliere le olive perderanno il reddito di un anno”.

Gli attacchi dei coloni sono diventati una componente consueta della stagione della raccolta delle olive e una seria minaccia per la vita e i mezzi di sussistenza dei palestinesi.

Sabato dei coloni ebrei hanno ucciso a colpi di arma da fuoco un contadino palestinese mentre stava raccogliendo le olive nella sua terra nella città di al-Sawiya, nella Cisgiordania settentrionale occupata, a sud di Nablus.

(Traduzione dall’inglese di Aldo lotta)




Hamas ha sovvertito lo status quo

Omar Karmi  

28 ottobre 2023 – The Electronic Intifada

Mentre Israele entra nella fase due del suo attacco contro Gaza, ci sono molte congetture su cosa l’esercito israeliano affronterà sul terreno.

La risposta dipende da come Hamas aveva previsto sarebbe stata la risposta di Israele alla sua operazione del 7 ottobre Inondazione Al-Aqsa.

Ciò a sua volta solleva la domanda dei motivi per cui Hamas ha fatto quello che ha fatto e quando.

Rappresentanti di Hamas hanno detto di non aver avuto altra scelta che agire. Avendo visto regredire negli ultimi decenni le aspirazioni dei palestinesi di porre fine all’occupazione israeliana tra l’apatia internazionale qualcosa doveva cambiare.

Abbiamo bussato alla porta della riconciliazione e non ci hanno fatti entrare,” ha detto Musa Abu Marzouk, leader di Hamas, al The New Yorker all’inizio di questo mese.

Abbiamo bussato alla porta delle elezioni e ne siamo stati privati. Abbiamo bussato alla porta di un documento politico per tutto il mondo – abbiamo detto: ‘Vogliamo la pace, ma dateci qualcuno dei nostri diritti –, ma non ci hanno lasciati entrare. Abbiamo provato tutte le strade. Non abbiamo trovato un percorso politico per uscire da questo pantano e liberarci dall’occupazione.”

Di sicuro il contesto dell’attacco conferma la spiegazione di Abu Marzouk.

Settantacinque anni dopo essere stati espulsi con la forza dalla Palestina nel 1948, 56 anni vissuti sotto l’occupazione militare, 30 anni di un “processo di pace” che ha solamente permesso a Israele di consolidare la sua occupazione in Cisgiordania e 16 anni di blocco a Gaza che ha reso impossibili una vita normale e un’economia normale, generazioni di palestinesi sono vissuti e morti senza poter sperare in un futuro migliore.

Altrettanto determinante nell’attuale situazione è stato il consenso dell’Occidente alla pericolosa illusione di Israele che avrebbe potuto gestire la sua occupazione indefinitamente.

Nonostante l’unanime consenso internazionale alla soluzione dei due Stati– condivisa da USA, Regno Unito, Europa, Lega Araba, Unione Africana, Russia, Cina – dalla firma degli accordi di Oslo nel 1993 non c’è mai stata una seria pressione su Israele affinché si ritirasse dall’occupazione, rinunciasse al suo progetto di colonizzazione e ponesse fine al suo dominio militare sui palestinesi della Cisgiordania occupata e della Striscia di Gaza.

Se non ora?

Anzi, tutto il contrario. Anche se le circostanze sul terreno per i palestinesi peggioravano drammaticamente, i leader israeliani erano abbastanza decisi nell’opporsi a uno Stato palestinese, mentre le colonie si espandevano e i coloni estremisti erano incoraggiati a scatenare attacchi violenti, mentre le organizzazioni per i diritti umani in tutto il mondo denunciavano Israele quale Stato di apartheid, mentre la popolazione di Gaza sprofondava nella morsa della povertà e della decrescita, mentre i razzisti duri e puri ricoprivano le posizioni più alte del governo israeliano, l’Occidente restava indifferente fino ad essere complice.

Anche i cosiddetti accordi di Abramo sono stati decisivi. Che i Paesi arabi cercassero accordi di normalizzazione con Israele quando non c’erano segni di alcun progresso verso la fine dell’occupazione o della soluzione alla questione palestinese, ha dato l’impressione che anche loro fossero pronti a lasciare i palestinesi isolati.

Questa prospettiva era aggravata dalle notizie che anche un accordo di normalizzazione con l’Arabia Saudita fosse imminente.

Tutto indicava che Israele stava gestendo con successo la sua occupazione.

Aveva in gran parte represso tutte le minacce armate in Cisgiordania, dove è aiutato non poco dall’Autorità Palestinese. Ha confinato Hamas a Gaza, dove ha creduto di aver trovato un modus operandi per cui i fondi dal Qatar e qualche permesso di lavoro in più avrebbero mantenuto la zona abbastanza tranquilla da essere accettabile.

Nel frattempo l’unico piano politico che sembrava guadagnare terreno era quello del ministro israeliano delle Finanze Bezalel Smotrich [politico dell’estrema destra dei coloni, ndt.], che nel 2017 stilò quello che lui ha chiamato un “piano decisivo”.

Quel piano contemplerebbe l’annessione ad Israele di tutti i territori occupati dopo una massiccia espansione delle colonie e lascerebbe ai palestinesi la scelta fra restare come cittadini di seconda classe o andarsene. Dei “terroristi” che sceglieranno di stare, ma non di accettare la subordinazione, se ne “sarebbe occupato” l’esercito israeliano.

In effetti il piano è una formalizzazione della situazione attuale.

L’accesso di Smotrich e del suo compare suprematista Itamar Ben-Gvir nel 2022 a posizioni al più alto livello del governo è stato solo un segnale del sostegno dello Stato israeliano alla continuazione dell’occupazione – non che ci abbiano pensato più di tanto. Nelle cinque elezioni che Israele ha tenuto negli ultimi quattro anni il tema dell’occupazione è a malapena stato menzionato.

Qualcosa doveva cambiare.

Mesi di preparazione

L’operazione Inondazione Al-Aqsa è stata chiaramente preparata nel corso di mesi e a detta di tutti condotta nella più totale segretezza, e persino i leader politici di Hamas non erano al corrente di tempi e modi.

Il 7 ottobre Hamas è riuscito a penetrare contemporaneamente in decine di punti e con numeri senza precedenti il “muro intelligente” che Israele aveva finito di erigere intorno a Gaza nel 2022, usando droni per abbattere le telecamere di sorveglianza e tattiche diversive come lancio di razzi e motociclette agganciate a parapendii a motore.

I primi obiettivi sembravano chiari. I combattenti hanno attaccato parecchie basi militari intorno a Gaza, uccidendo e catturando dei soldati con l’idea di portarli a Gaza e scambiarli con prigionieri palestinesi detenuti da Israele.

Quale fosse il piano dopo di ciò è meno chiaro. La risposta dell’esercito israeliano è stata imprevedibilmente lenta e quando a Gaza si è diffusa la notizia delle brecce nel muro, altri, tra cui altre organizzazioni della resistenza, hanno cominciato ad affluire oltre la frontiera.

Hamas ha negato di aver preso di mira i civili. Ma, mentre alcune delle affermazioni più raccapriccianti su cosa sia successo – per esempio, la notizia che 40 neonati fossero stati decapitati – sono state discretamente lasciate cadere e mentre sono ancora da definire i numeri degli israeliani uccisi nel fuoco incrociato all’arrivo dell’esercito israeliano, è chiaro che il 7 ottobre centinaia di civili hanno perso la vita.

Certamente Israele ha usato come arma le notizie di atrocità per far montare l’ardore guerresco in Israele e proteggersi da critiche esterne o richiami alla moderazione.

Il numero di funzionari israeliani, militari o politici, del passato o attualmente in carica che hanno utilizzato un linguaggio genocida deve aver fatto aprire gli occhi ad almeno alcuni dei giornalisti e politici stranieri.

È altrettanto certo che Hamas si aspettasse una massiccia risposta israeliana per ripristinare la sua deterrenza dopo quello che l’organizzazione aveva chiaramente pianificato affinché fosse un’ammaccatura senza precedenti nella corazza israeliana.

Non c’è bisogno di guardare molto lontano per vedere a quale tipo di sproporzionata violenza spesso arrivi Israele.

Lezioni dal 2014

Nel 2014 – dopo la cattura e l’uccisione di tre coloni israeliani in Cisgiordania – Benjamin Netanyahu, allora come ora primo ministro di Israele, incolpò Hamas, che negò ogni coinvolgimento – Israele scatenò quello che, fino a quel momento, è stato il suo attacco più brutale contro Gaza, uccidendo 2.251 persone di cui, secondo l’ONU, il 65%, ossia più di 1.400 vittime, erano civili.

La guerra del 2014 è consistita in un’invasione israeliana di due settimane sul terreno di Gaza, da cui Hamas avrebbe imparato la lezione per questa volta. Abu Obeida, il portavoce dell’ala militare di Hamas, le Brigate Qassam, ha chiarito che Hamas è pronta a una lunga battaglia.

Inoltre la cattura di oltre 200 persone ha offerto ad Hamas mezzi preziosi per esercitare un certo controllo sulla risposta israeliana. La presenza di alcuni ostaggi stranieri ha complicato le cose per il governo israeliano, che è stato sotto pressione sia dall’interno che dall’estero perché garantisca il loro rilascio prima dell’invasione di terra.

Anche il rilascio scaglionato di alcuni prigionieri ha rallentato l’esercito israeliano e dato spazio a richieste, tardive ma crescenti, per un immediato cessate il fuoco.

Una volta che Israele ha iniziato il suo attacco era scontato che ci sarebbero state delle tensioni regionali che non hanno fatto che crescere dopo il massiccio e indiscriminato bombardamento israeliano contro Gaza, che ha causato un costo immenso di vite, oltre 7.000 al momento della scrittura di questo articolo.

Fino ad ora gli arabi hanno protestato in gran numero nei propri Paesi ma non si sono ancora ribellati nella misura richiesta da Hamas. Per esempio, il 19 ottobre Abu Obeida ha esortato: “Marciate verso il confine della Palestina, unitevi e (fate) tutto quello che potete per sconfiggere il progetto sionista.”

Comunque la Giordania, con la sua numerosa popolazione palestinese, assiste a proteste quotidiane. La polizia antisommossa giordana è stata impiegata per impedire ai manifestanti di raggiungere il confine giordano con la Cisgiordania e anche i dimostranti davanti all’ambasciata israeliana ad Amman sono stati allontanati con la forza.

I colloqui di normalizzazione sauditi-israeliani sono stati accantonati a tempo indefinito, anche se fino ad ora sono state ignorate le richieste ad altri Paesi arabi di mettere la parola fine ai loro accordi di normalizzazione con Israele.

In Libano Hezbollah ha mantenuto una pressione militare contro Israele sufficiente a far capire che un’invasione di terra a Gaza causerebbe lì un’esplosione ancora più forte.

Gli sciiti libanesi dovranno fare i conti con la marina USA, dopo l’invio da parte di Washington di due portaerei nella zona, un tentativo esplicito di deterrenza contro ogni altro attore dal farsi coinvolgere.

Inoltre la decisione di Israele di tagliare forniture di combustibile, elettricità, cibo e acqua a tutti i 2.3 milioni di gazawi ha messo in difficoltà i sostenitori di Israele in Occidente nello spiegare come il proprio sostegno incondizionato si concili con il diritto internazionale, così spesso invocato per l’Ucraina.

Punto di svolta

Inevitabilmente si sta ritornando alla diplomazia. Una delegazione di Hamas è andata in Russia, la cui proposta del 26 ottobre per totale cessate il fuoco è stata bocciata due volte dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU.

Al Jazeera ha riferito che i colloqui Hamas-Israele mediati dal Qatar per un cessate il fuoco hanno raggiunto uno stadio “avanzato”.

Secondo Al Jazeera il negoziato principale sembra essere quello per uno scambio di prigionieri, uno degli obiettivi centrali di Hamas nell’operazione del 7 ottobre. Da allora Israele ha intrapreso una vasta campagna di arresti in Cisgiordania, rastrellando oltre 1500 palestinesi.

Hamas vuole anche vedere la fine del blocco di Gaza, che ha afflitto le vite di tanti per troppo tempo.

Tuttavia qualsiasi svolta diplomatica è subordinata alla percezione israeliana di come possa riuscire ad evitare di pagare un prezzo qualsiasi con un’azione militare di terra.

Le truppe israeliane sono ammassate in quantità senza precedenti lungo il confine di Gaza. I leader militari israeliani dicono di essere pronti e preparati alla battaglia.

Molto dipende dalla pressione dell’opinione pubblica.

In Israele tale pressione per un’invasione immediata via terra sta riducendosi e i pianificatori militari israeliani sono attenti anche all’opinione pubblica fra gli alleati occidentali di Israele, che sta anch’essa discretamente cambiando, probabilmente restringendo il momento buono per un’invasione su larga scala.

Un’invasione totale di terra sarà sanguinosa e lunga. Infliggerà dolori ancora maggiori alla popolazione di Gaza.

Non otterrà la fine di Hamas, lo scopo su cui insiste Israele. Hamas è un movimento politico con un’ala militare. Più che un gruppo ideologico e religioso, è principalmente un movimento di liberazione nazionale.

Khaled Meshaal, uno dei leader politici di Hamas, a cui è stato chiesto dei sacrifici che i palestinesi dovranno fare come risultato dell’operazione del 7 ottobre, ha citato come fonti d’ispirazione la resistenza sovietica all’invasore nazista tedesco, la guerra del Vietnam prima contro la Francia e poi gli USA e la lotta algerina per l’indipendenza dal colonialismo francese, collocando fermamente Hamas nel campo anti-imperialista.

La sconfitta sul campo di battaglia non equivale alla sconfitta politica.

Indipendentemente da cosa succederà in un’invasione di terra, l’operazione del 7 ottobre ha collocato irrevocabilmente la situazione in Palestina in uno scenario da giorno dopo.

Hamas ha ottenuto vari obiettivi.

Ha danneggiato l’immagine della deterrenza israeliana. Per ora ha minato ogni patto Israele-Arabia Saudita, ed ha attirato l’attenzione mondiale su quella ferita aperta che è la Palestina.

Ciò potrebbe essere il segnale per rinnovati e seri sforzi per affrontare l’occupazione israeliana e per porre fine al governo militare israeliano sul popolo palestinese.

Ma minaccia anche di velocizzare i piani genocidi di Smotrich.

Omar Karmi è un redattore associato di The Electronic Intifada e un ex corrispondente da Gerusalemme e Washington per il quotidiano The National.

(traduzione dall’inglese di Mirella Alessio)




Non ci si può fidare che il capo della Corte Penale Internazionale metta sotto processo i criminali di guerra israeliani

David Cronin

2 ottobre 2023 – Electronic Intifada

La Corte Penale Internazionale smetterà mai di fare giochetti?

Lo scorso dicembre Karim Khan il procuratore capo ha dichiarato che aveva l’obiettivodi visitare la Palestina questanno.

Ora siamo a ottobre e Khan non ha ancora intrapreso un viaggio del genere.

Quando ho contattato la corte chiedendo se ne fosse stato programmato uno, lufficio di Khan ha risposto che starebbe facendo ogni sforzo per raggiungere questo obiettivo”.

Il rifiuto della Corte Penale Internazionale di rispondere a una semplice domanda con un sì” o un no” è sintomatico di un problema più grande. Anche se a volte Khan può gettare qualche briciola ai palestinesi, non ha nessuna fretta di concedere qualcosa che somigli alla giustizia.

Un esame delle circostanze in cui Khan ha ottenuto il suo attuale incarico potrebbe spiegare il suo disinteresse.

Formalmente proposto per la carica dalla Gran Bretagna, Khan ha ottenuto la promozione in seguito ad una votazione tenutasi presso la sede delle Nazioni Unite a New York il 12 febbraio 2021.

Esattamente una settimana prima i giudici della CPI avevano dato il via libera a unindagine sui crimini di guerra commessi nella Cisgiordania occupata (compresa Gerusalemme Est) e a Gaza.

Boris Johnson era primo ministro britannico quando il suo governo nominò Khan.

Nell’aprile 2021 Johnson rispose alle lamentele sulla CPI espresse dal gruppo di pressione Conservative Friends of Israel.

Johnson scrisse che la Gran Bretagna desiderava apportare cambiamenti positivialla CPI, sostenendo che la nomina di Khan a procuratore capo contribuirà a realizzare la riforma. Johnson dichiarò in seguito: Ci opponiamo alle indagini della CPI sui crimini di guerra in Palestina”.

Ho presentato una richiesta sulla base della libertà di informazione al Foreign Office di Londra, chiedendo se la Gran Bretagna avesse qualche accordo particolare con Khan. “Il governo britannico non ha concluso un accordo con il signor Khan prima della sua nomina”, ha dichiarato il Ministero degli Esteri.

Forse il Ministero degli Esteri dice la verità.

Forse non si è ritenuto necessario specificare per iscritto cosa la Gran Bretagna si aspettasse da Khan.

Antenne politiche

Khan, avvocato britannico a cui era stato conferito il titolo formale di avvocato esperto del consiglio della regina, fa parte integrante dellestablishment. Quindi era improbabile che avrebbe agito contro gli interessi sensibili della Gran Bretagna.

E indipendentemente dal fatto che avesse un accordo formale con Khan la Gran Bretagna ha espresso la sua fiducia in lui. Il comunicato ufficiale britannico di nomina elogia le antenne politichedi Khan.

Il principale rivale di Khan per la carica di procuratore capo della CPI era Fergal Gaynor, un avvocato irlandese.

Nella sua domanda di promozione Gaynor ha fatto menzione di essere stato primo avvocato di un gruppo di vittime palestinesidurante dei procedimenti presso la Corte Penale Internazionale nel 2020. Tali procedimenti hanno aperto la strada allannuncio, lanno successivo, che la corte avrebbe aperto unindagine sulla Palestina.

Gaynor avrebbe portato avanti l’indagine se la sua candidatura alla carica di procuratore capo avesse avuto esito positivo? È impossibile dirlo.

Tuttavia è significativo il fatto che la Gran Bretagna con un governo ostile alla semplice ipotesi di ritenere Israele responsabile dei suoi crimini abbia appoggiato Khan, sapendo che il suo principale rivale (Gaynor) era stato determinante nel garantire unindagine su quei crimini.

Quello che sappiamo per certo è che Khan da quando ha assunto lincarico di procuratore capo della CPI ha generalmente evitato di dire qualsiasi cosa in pubblico sulla Palestina.

“Mi dispiace, sono occupato”

Nel maggio di questanno Kristen Saloomey di Al Jazeera si è rivolta a Khan chiedendogli se la CPI avrebbe preso in esame luccisione della sua collega Shireen Abu Akleh da parte di Israele 12 mesi prima.

La risposta di Khan? “Mi dispiace, sono occupato.”

La sua reticenza sullaggressione israeliana contrasta con il duro approccio adottato nei confronti dellinvasione russa dellUcraina.

Non solo la CPI ha aperto [un procedimento] poche settimane dopo linvasione del febbraio 2022, ma ha anche emesso un mandato di arresto nei confronti di Vladimir Putin, il presidente russo.

E’ successo con una rapidità fulminea considerando che ci sono voluti anni perché il tribunale decidesse finalmente di aprire formalmente unindagine sulla situazione in Palestina, unindagine che non ha prodotto un solo atto daccusa e sembra nel suo complesso in una fase di stallo.

Sebbene gli Stati Uniti abbiano respinto il documento costitutivo della CPI, lo Statuto di Roma, stanno collaborando allindagine della Corte sullUcraina.

L’indagine è guidata da Brenda Hollis, un colonnello in pensione dell’aeronautica americana.

Il fatto di detenere il grado di colonnello in un esercito noto per condurre guerre non provocate dovrebbe automaticamente escludere quella persona dall’incarico di investigatore su crimini di guerra.

Perché la CPI tarda a indagare su Israele e agisce invece rapidamente quando la Russia attacca lUcraina?

Quando ho chiesto spiegazioni alla Corte lufficio di Khan ha dichiarato che dopo aver assunto il suo incarico di procuratore egli ha messo in piedi una squadra specifica che portasse avanti le indagini sulla Palestina”.

Nel 2022 l’ufficio di Khan aveva richiesto risorse aggiuntiveai governi che sostengono la CPI. L’ufficio ha aggiunto che starebbe ancora alla ricerca di un aumento significativo delle risorse nel suo bilancio per il 2024 per una serie di pratiche, inclusa quella riguardante lo Stato palestinese.”

Sembra poco incoraggiante.

Lungi dallessere un procuratore davvero indipendente, Khan è alla mercé dei donatori.

La Gran Bretagna, uno Stato che vuole proteggere Israele da indagini e agisce costantemente come un cagnolino per gli Stati Uniti, è tra i quattro principali finanziatori della Corte.

Nelle indagini della CPI sullAfghanistan Khan ha condotto un intervento palesemente di parte citando dei vincoli finanziari.

Il risultato è che lindagine si concentrerà solo sui nemici dellOccidente: i talebani e lo Stato islamico. Gli Stati Uniti la faranno franca riguardo la violenza inflitta nell’arco di due decenni ai civili afghani.

Cosa intendeva esattamente il governo britannico quando elogiava le antenne politichedi Khan? Stava dicendo che ci si poteva fidare di lui perché non mettesse in imbarazzo lOccidente, verso cui Israele rivendica un forte legame?

Se Karim Khan fatica a raggiungere un obiettivo talmente fondamentale come una visita in Palestina, sembra estremamente improbabile che porrà sotto processo i criminali di guerra israeliani.

(Traduzione dall’inglese di Aldo Lotta)




A scuola a stomaco vuoto

Ruwaida Amer

18 settembre 2023 – Electronic Intifada

Khitam Salim non riesce a preparare il pranzo che i suoi figli dovrebbero portare a scuola.

Da quando il marito è morto di leucemia quattro anni fa è una mamma single con tre bambini che frequentano la scuola elementare a Rafah, la città più meridionale di Gaza. La scuola, gestita dall’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati Palestinesi (UNRWA), non riesce a fornire i pasti ai suoi studenti, che quindi devono portarsi dei panini da casa o comprare da mangiare alla mensa.

Per il pranzo dovrebbero spendere quasi un euro al giorno, una somma che la loro mamma non può permettersi.

Nessuno mi aiuta,” dice Salim, che è disoccupata e dipende dall’assistenza sociale. “Le condizioni in cui ci troviamo sono molto difficili. I bambini vedono i loro compagni comprare da mangiare durante l’intervallo e non farlo ha un effetto psicologicamente negativo su di loro.”

Faris Qishta ha cinque figli, tutti frequentano le scuole dell’UNRWA.

Avrebbe bisogno di soldi per comprare le uniformi e il cibo e dice che non riesce a farlo.

Se non fosse per i pacchi di aiuti alimentari che riceve, dice che “la mia famiglia sarebbe morta di fame”. Tuttavia gli aiuti non comprendono i pasti scolastici.

Qishta, che faceva il taxista, ora è disoccupato.

Sono sempre alla ricerca di lavoro anche per pochi shekel per soddisfare le necessità di base dei miei bambini,” aggiunge. “Ma non riesco a trovare niente. I miei figli sono pieni di sogni e quando me li raccontano mi intristisco. Non so se il loro sarà un futuro migliore o se continuerà come ora.”

A Gaza l’UNRWA gestisce una rete di 288 scuole, con circa 300.000 studenti.

Niente colazione

Migliaia di questi bambini vanno a scuola senza colazione e senza soldi per comprarsi da mangiare durante la giornata. Dato che non hanno una dieta appropriata, molti non riescono a concentrarsi adeguatamente durante le lezioni.

L’UNRWA gestiva un programma di pasti gratis nelle sue scuole, ma per limiti di bilancio, il programma generale per le scuole è stato interrotto nel 2014 e ora li offre solo in casi particolari.

Da allora è stata costretta a fare dei tagli di spesa a causa di una grave crisi dei finanziamenti.

Sebbene sia cominciata prima, la crisi si è acutizzata con la presidenza USA di Donald Trump che, per ingraziarsi una lobby filoisraeliana estremista, introdusse tagli drastici agli aiuti all’UNRWA.

Gli USA hanno adottato una posizione più favorevole nei confronti dell’agenzia da quando è arrivato alla Casa Bianca Joe Biden, il suo successore.

Ciononostante i contributi USA sono diminuiti se li si considera su un periodo più lungo: nel 2022 ammontavano a $344 milioni, meno dei $365 che dava annualmente prima dei tagli di Trump nel 2018.

Difficoltà di finanziamento

In tale contesto le difficoltà finanziarie dell’UNRWA restano gravissime.

L’agenzia offre servizi sanitari ed educativi a un totale di circa 6 milioni di rifugiati palestinesi nella Cisgiordania occupata e a Gaza, in Giordania, Siria e Libano.

Facendo affidamento su donatori internazionali l’UNRWA quest’anno avrebbe avuto bisogno di un finanziamento di $1,75 miliardi, di cui ad agosto era stato raccolto solo il 44%.

Philippe Lazzarini, commissario generale dell’UNRWA, all’inizio di questo mese ha dichiarato che l’agenzia ha bisogno di $170-190 milioni “per fornire i servizi essenziali fino alla fine dell’anno.” Altri $75 milioni sono necessari “per continuare a fornire gli aiuti alimentari salvavita a oltre metà della popolazione di Gaza.”

Secondo gli ultimi dati disponibili, Gaza, sottoposta dal 2007 a un blocco israeliano totale ha un tasso di disoccupazione del 46%.

Said Khalid, 10 anni, frequenta la quinta elementare in una scuola dell’UNRWA nel campo profughi Beach a Gaza City.

La sua famiglia non è riuscita a comprargli l’uniforme nuova e il materiale necessario per la scuola alla riapertura dopo le vacanze estive, e inoltre non ha i soldi perché si compri da mangiare alla mensa.

So che mio papà non è avaro,” dice Said. “Se avesse i soldi me ne darebbe un po’ così potrei comprare le cose come fanno i miei compagni di classe, ma lui non ha un lavoro.”

Iyad Zaqout dirige un dipartimento di salute mentale dell’UNRWA.

Ha notato una crescente riluttanza dei bambini a parlare dell’impatto della povertà con i loro counselor. “Alcuni provano un senso di vergogna a rivelare le durissime condizioni in cui vivono le loro famiglie,” dice.

Sarah Jaber, 9 anni, fa la quarta elementare nel campo profughi di Jabalia. Il padre è un falegname, ma è disoccupato da anni.

Chiedo sempre alla maestra se posso stare in classe durante gli intervalli,” dice. “Non voglio vedere gli altri mentre comprano alla mensa, mi fa sentire triste.”

Ruwaida Amer è una giornalista che si trova a Gaza.

(traduzione dall’inglese di Mirella Alessio)




Bombardare i palestinesi è una “funzione pubblica”, sentenzia la Suprema Corte olandese

Ali Abunimah

25 agosto 2023 – The Electronic Intifada

 

Venerdì la Corte Suprema olandese ha confermato che due alti comandanti dell’esercito israeliano godranno dell’immunità giudiziaria riguardo ad una causa civile relativa al loro ruolo nell’uccisione da parte di Israele nel 2014 di una famiglia palestinese nella Striscia di Gaza.

La decisione conferma una sentenza del 2021 del tribunale di grado inferiore, secondo cui in base al diritto consuetudinario internazionale i funzionari di uno Stato straniero godono dell’immunità per cause civili presso i tribunali olandesi per qualunque atto compiuto nello svolgimento di una “funzione pubblica”.

Questa cosiddetta immunità funzionale rispetto alla responsabilità civile si applica anche nei casi in cui i funzionari potrebbero essere processati penalmente per crimini di guerra per le stesse presunte azioni.

Siamo delusi e arrabbiati per la sentenza odierna”, ha detto a The Electronic Intifada Ismail Ziada, il ricorrente nella causa. “La corte ancora una volta ha agito in modo codardo e vergognoso ed ha scelto di porre la politica al di sopra delle persone, bloccando l’accesso alla giustizia. La sentenza odierna non fa che aggravare l’ingiustizia che abbiamo subito.”

Ziada, un cittadino palestinese-olandese, ha denunciato Benny Gantz, capo dell’esercito israeliano all’epoca, e Amir Eshel, allora capo dell’aviazione, per la decisione di bombardare la casa della sua famiglia durante l’aggressione di Israele a Gaza nel 2014.

Da allora Gantz è stato Ministro della Difesa di Israele e vice Primo Ministro ed ora è un importate politico dell’opposizione.

Ziada chiede centinaia di migliaia di dollari di danni ai comandanti israeliani.

L’attacco israeliano ha completamente distrutto l’edificio di tre piani nel campo profughi di al-Bureij.

Ha ucciso l’anziana madre settantenne Muftia, i suoi fratelli Jamil, Yousif e Omar, la cognata Bayan ed il nipote dodicenne Shaban, oltre ad una settima persona che era in visita alla famiglia.

Nel 2019 Gantz ha condotto una campagna elettorale celebrando l’attacco del 2014 a Gaza, che uccise più di 2.200 palestinesi, compresi 551 minori.

Si vantava presso i suoi elettori di aver riportato Gaza all’ “età della pietra”.

Funzione pubblica”

L’avvocata per i diritti umani Liesbeth Zegveld, che rappresenta Ziada, ha sostenuto che l’immunità funzionale non è assoluta.

Per esempio, nel 2010 la Corte Europea dei Diritti Umani ha stabilito che “nei casi in cui l’applicazione dell’immunità di Stato rispetto alla giurisdizione limita l’esercizio del diritto di accesso ad un tribunale, la Corte deve accertare se le circostanze del caso giustificano tale limitazione.”

Ziada ha argomentato che la concessione della totale immunità civile ad uno Stato straniero e ai suoi funzionari costituirebbe una limitazione sproporzionata dei suoi diritti ai sensi della Convenzione Europea sui Diritti Umani, poiché in quanto palestinese della Striscia di Gaza non ha altro foro competente se non i tribunali olandesi dove possa fare ricorso.

Tuttavia la decisione della Corte Suprema olandese respinge tale argomentazione, il che significa che Gantz e Eshel non devono rispondere dell’uccisione dei familiari di Ziada.

E’ indiscutibile che gli accusati furono coinvolti nel bombardamento nell’esercizio della loro funzione pubblica”, stabilisce la Corte Suprema olandese. Gantz e Eshel hanno perciò “diritto all’immunità dalla giurisdizione, a prescindere dalla natura e dalla gravità della condotta denunciata nei loro confronti.”

Ma i giudici olandesi avrebbero potuto scegliere un’altra strada, aprendo un nuovo orizzonte per la protezione dei diritti umani.

Avrebbero potuto riconoscere che i tribunali olandesi devono essere accessibili a Ziada in quanto foro competente di ultima istanza e avrebbero potuto fare riferimento alla posizione del governo olandese espressa in una dichiarazione del 2016, non collegata a questo caso, secondo cui “La perpetrazione di crimini internazionali, per definizione, non può costituire una funzione ufficiale.”

L’occupazione, l’assedio e il bombardamento della Striscia di Gaza da parte di Israele costituiscono numerose, ben documentate, flagranti e gravi violazioni del diritto internazionale, che sono attuate perseguendo un intrinseco scopo illegittimo: il mantenimento di un sistema di apartheid e supremazia razziale sul popolo palestinese.

Determinati”

Ziada ha sottolineato che a maggio il Primo Ministro olandese Mark Rutte ha impegnato l’Olanda a perseguire le responsabilità per crimini di guerra in tutto il mondo, ma soprattutto in Ucraina.

Oggi si dice ai palestinesi che questo impegno non è né assoluto né universale”, ha affermato Ziada. “L’Olanda applicherà una giustizia selettiva ed offrirà l’immunità quando i palestinesi chiederanno giustizia nei confronti dei criminali di guerra israeliani.”

Certo, invece di perseguire la responsabilità penale nei confronti di coloro che hanno perpetrato presunti crimini di guerra contro i palestinesi, il governo olandese attua una politica di condivisione e gratificazione verso di loro, firmando accordi di cooperazione militare con Israele.

Ziada ha detto che la sua causa civile, iniziata cinque anni fa, “è stata una lunga ed impegnativa battaglia legale per la famiglia.”

Tuttavia siamo determinati a vedere condotti davanti alla giustizia questi criminali di guerra”, ha aggiunto.

Ziada sta riesaminando la sentenza di venerdì con i suoi avvocati e sta valutando se portare il caso alla Corte Europea dei Diritti Umani.

Speriamo che un giorno potremo ottenere giustizia per il massacro della nostra famiglia e di migliaia di altre famiglie palestinesi che hanno sofferto per mano dei criminali di guerra israeliani”, ha detto Ziada.

Ali Abunimah

Co-fondatore di The Electronic Intifada e autore di The Battle for Justice in Palestine, appena distribuito da Haymarket Books.

Ha scritto anche One country: a bold proposal to end the israeli-palestinian impasse.

Le opinioni sono esclusivamente sue.

(Traduzione dall’inglese di Cristiana Cavagna)




I coloni sospettati di essere coinvolti nell’uccisione di un adolescente sono agli arresti domiciliari

Tamara Nassar 

9 agosto 2023 – Electronic Intifada

Un tribunale israeliano ha liberato i due coloni sospettati di essere coinvolti nell’uccisione di un adolescente palestinese la scorsa settimana.

Elisha Yered e Yehiel Indore sono stati rilasciati dal carcere mercoledì e ora sono agli arresti domiciliari. Indore, che sarebbe rimasto ferito da una pietra e ricoverato in ospedale, ha “ammesso di aver utilizzato un’arma da fuoco”, ma sostiene di aver sparato “solo in aria, dopo aver pensato che la sua vita e quella degli altri fossero in pericolo,” secondo quanto riportato dal quotidiano di Tel Aviv Haaretz.

Qusai Jamal Mutan, 19 anni, è stato ucciso quando circa 20 coloni hanno fatto irruzione in un terreno del villaggio di Burqa. Secondo testimonianze di chi era presente sul posto raccolte da Palestinian Center for Human Rights [Centro Palestinese per i Diritti Umani, ong palestinese, ndt.] i coloni hanno sparato con armi da fuoco e sono stati affrontati dai giovani [palestinesi].

Secondo PCHR, quando Mutan è stato colpito “stava cucinando sul fuoco e non era coinvolto” negli scontri.

“Il colono era a soli 5 metri da Mutan quando ha sparato direttamente contro di lui, ferendolo con un proiettile alla nuca,” ha detto un testimone a PCHR, secondo cui altri due sono rimasti feriti nell’aggressione.

Benché nessun colono israeliano sia stato ucciso, Israele ha arrestato cinque palestinesi per presunto “coinvolgimento” nella vicenda. I cinque palestinesi rimangono in carcere.

Si pensa che Yered, un colono fanatico che ha apertamente e ripetutamente incitato alla pulizia etnica e al genocidio contro i palestinesi, abbia seppellito l’arma usata da Indore nei pressi dei boschi della colonia in cui vive. Yered in precedenza ha lavorato come portavoce di un deputato del partito “Potere ebraico” [di estrema destra suprematista ebraica, ndt.] del ministro israeliano della Sicurezza Nazionale Itamar Ben-Gvir.

“Una volta che i poliziotti sono arrivati a casa sua Yered li ha portati dove aveva seppellito l’arma, sostenendo che non intendeva nasconderla e intralciare la loro indagine, ma temeva che se fosse rimasta sul posto alla fine l’arma sarebbe stata trovata dai palestinesi,” ha affermato Haaretz.

Il giornale ha informato che le imputazioni contro Yered riguardano l’ostruzione alla giustizia e il possesso illegale di un’arma, non l’omicidio. Indore ha una remota possibilità di essere imputato di omicidio. Due membri della Knesset [il parlamento israeliano, ndt.] del partito Otzma Yehudit (Potere Ebraico) hanno visitato Indore in ospedale. Ma la polizia israeliana non ha consentito al parlamentare palestinese della Knesset Ahmad Tibi di visitare neanche uno dei cinque palestinesi arrestati.

Ben-Gvir ha lodato come “eroi” i coloni sospettati di essere coinvolti nell’uccisione di Mutan.

Qualche giorno dopo, durante le vacanze a Limassol, ha posato per una fotografia nel suo primo incontro con una funzionaria dell’UE, Anna Koukkides-Procopiou, la sua controparte cipriota.

Esecuzione extragiudiziaria

Nel contempo domenica, in pieno giorno, le forze di occupazione israeliane hanno ucciso tre palestinesi, compreso un minore in quelle che le organizzazioni per i diritti umani hanno definito “esecuzioni extragiudiziarie”.

I tre sono stati uccisi domenica pomeriggio mentre viaggiavano su un veicolo lungo una strada a Jenin, nel nord della Cisgiordania occupata.

Truppe israeliane stavano viaggiando in due auto con targhe palestinesi su una strada che collega il villaggio di Bir al-Basha e la cittadina di Arraba quando hanno intercettato un’auto grigia con targa gialla israeliana su cui viaggiavano i tre palestinesi.

I soldati israeliani sono scesi dai loro veicoli e hanno aperto il fuoco contro l’auto grigia prima di essere raggiunti da altri militari che hanno bloccato il traffico e sparato gas lacrimogeni. Tutto ciò è stato in parte documentato da un video. La macchina grigia è stata crivellata dai buchi delle pallottole.

Quando i soldati si sono ritirati dalla zona hanno portato via l’auto con le tre vittime, trattenendo i loro corpi.

Secondo PCHR la gente presente sul posto “ha visto materia cerebrale sparsa a terra”.

Due degli uccisi sono stati identificati come Nayef Jihad Abu Sweiss, 27 anni, e Khalil Nizar Abu Naaseh, 21. Entrambi erano del campo profughi di Jenin e membri della Brigata di Jenin, un gruppo legato a Saraya al-Quds, l’ala militare dell’organizzazione della resistenza Jihad Islamico.

In seguito all’uccisione media locali hanno fatto circolare le loro foto.

Secondo Defense for Children International-Palestine [Difesa dei Minori Internazionale-Palestina] è stato ucciso anche un ragazzo sedicenne, Bara Ahmad Fayez al-Qerm.

DCIP afferma che è stata un’unità Yamam [reparti speciali per operazioni di tipo militare, ndt.] della polizia di frontiera israeliana che ha fatto parte della squadra di killer israeliani, insieme a otto operativi dei corpi speciali israeliani.

“Non è chiaro quante pallottole abbiano colpito Bara e dove, dato che le autorità israeliane hanno sequestrato il corpo,” afferma DCIP.

In marzo membri di Yamam avevano ucciso a Jenin quattro palestinesi, tra cui il quattordicenne Omar Awadin, colpito alla schiena da forze in borghese mentre girava in bicicletta fuori dal negozio dei suoi genitori. L’esercito israeliano, il servizio di sicurezza interna Shin Bet e la polizia di frontiera israeliana hanno affermato di aver lavorato insieme per impedire alla “cellula terroristica” guidata da Abu Sweiss di compiere un attacco.

L’esercito israeliano ha sostenuto di aver trovato un M16 nell’auto, fornendo una foto per sostenere la propria affermazione. Non è chiaro perché un gruppo di tre combattenti della resistenza palestinesi che stavano andando a compiere un’operazione avrebbero portato con sé una sola arma.

Un altro minore ucciso

Lunedì un diciassettenne è morto in seguito alle ferite riportate quando una guardia di sicurezza di una colonia gli ha sparato al petto il 2 agosto vicino a Ofra, una colonia israeliana costruita su terre rubate ai palestinesi dei vicini villaggi di Ein Yabrud e Silwad.

Ramzi Fathi Abd al-Rahman Hamed si trovava sul sedile del passeggero di un’auto con alcuni amici.

Quando hanno visto la macchina della guardia della colonia israeliana hanno cercato di tornare indietro e andarsene dalla zona. Ma secondo DCIP la guardia ha aperto il fuoco da una distanza di 10 metri.

“I minori palestinesi vivono in un contesto molto militarizzato in cui i civili israeliani illegalmente stabilitisi nel territorio occupato sono armati dal governo israeliano come una decisione di politica ufficiale,” afferma Ayed Abu Eqtaish, direttore del programma di responsabilizzazione di DCIP.

“Soldati, poliziotti e personale della sicurezza privata israeliani non solo proteggono la popolazione dei coloni israeliani, ma aiutano, favoriscono e praticano la violenza contro i palestinesi, anche minorenni.”

Secondo DCIP dall’inizio del 2023 sono stati uccisi in violenze legate all’occupazione militare israeliana 40 minori palestinesi, quattro dei quali dall’inizio di agosto.

(traduzione dall’inglese di Amedeo Rossi)