Di fronte a livelli catastrofici di acuta insicurezza alimentare a Gaza, Israele continua a impedire l’accesso ai rifornimenti necessari per salvare le vite

Euro Mediterranean Monitor

15 aprile 2024-Euro-Mediterranean Human Rights Monitor.

Territorio palestinese – Israele continua a ostacolare l’ingresso e la distribuzione di rifornimenti umanitari di base nella Striscia di Gaza, in particolare nella città di Gaza e nei governatorati di Gaza Nord, minacciando di esacerbare e approfondire la carestia diffusa in quei luoghi. Secondo le stime delle Nazioni Unite questi due governatorati ospitano  almeno 300.000 persone.

La restrizione da parte di Israele dell’accesso umanitario nella Striscia di Gaza, in particolare nelle parti settentrionali della Striscia, e il suo blocco alla consegna tempestiva di forniture alimentari salvavita stanno peggiorando drasticamente la già terribile insicurezza alimentare che la popolazione palestinese si trova ad affrontare. Ciò la espone al rischio di morte per fame, in particolare visto l’aumento del numero di bambini che muoiono per malnutrizione acuta, fame e malattie correlate: 28 bambini sono morti solo per fame e malnutrizione.

Le autorità israeliane continuano a impedire l’ingresso degli aiuti umanitari nella Striscia attraverso i valichi terrestri; ne consegue che gli aiuti non possono entrare in modo tempestivo, efficiente e sistematico. Israele sta inoltre imponendo ulteriori restrizioni alle operazioni di distribuzione e consegna anche dopo l’ingresso degli aiuti nell’enclave, in particolare ostacolandone su base quasi quotidiana l’arrivo e la distribuzione nelle aree settentrionali della Striscia. Ciò è particolarmente problematico alla luce dell’attacco in corso da parte dell’esercito israeliano al campo profughi di Nuseirat, iniziato due giorni fa e che si prevede peggiorerà la situazione, e del suo potenziale attacco a Rafah.

Israele continua a violare i suoi obblighi internazionali – compresi quelli di potenza occupante – nonché la sentenza del 28 marzo della Corte Internazionale di Giustizia che gli impone di adottare misure necessarie ed efficaci e di collaborare con le Nazioni Unite per garantire che gli aiuti umanitari raggiungano la Striscia senza ostacoli o ritardi al fine di adempiere ai propri obblighi ai sensi della Convenzione sul genocidio.

Inoltre Israele sta violando la risoluzione n. 2728 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, adottata il 25 marzo, la quale afferma che tutti gli ostacoli che impediscono agli aiuti umanitari di raggiungere i residenti della Striscia di Gaza devono essere rimossi; chiede inoltre di aumentare la quantità di aiuti che vi affluiscono e di migliorare la sicurezza dei residenti. Israele non ha fatto alcuno sforzo per modificare le sue politiche illegali o le misure arbitrarie per facilitare l’ingresso degli aiuti umanitari nella Striscia di Gaza e garantirne l’arrivo sicuro e tempestivo, in particolare nelle regioni settentrionali. Israele persiste nel suo crimine di affamare la popolazione civile della Striscia nonostante tutte queste risoluzioni internazionali giuridicamente vincolanti e gli obblighi ad esso imposti.

Israele ha permesso a 169 camion umanitari di entrare quotidianamente a Gaza attraverso il valico Kerem Abu Slem/Kerem Shalom e il valico terrestre di Rafah dall’inizio di aprile. Si tratta comunque di un numero di gran lunga inferiore ai 500 camion al giorno che entravano nella Striscia prima del 7 ottobre, nonché alla capacità operativa di entrambi i valichi di frontiera. Gli aiuti umanitari che arrivano a questo ritmo fanno presagire una vera catastrofe e un’ulteriore diffusione della fame, che ha già fatto sì che i residenti perdessero peso in modo pericoloso per la salute e rischiassero la vita aspettando i camion degli aiuti vicino ai checkpoint israeliani, che sono diventati “aree di morte”  e quindi le folle affamate di civili sono spesso prese di mira dall’esercito israeliano.

Nonostante non siano stati compiuti reali progressi, Israele sostiene da settimane che c’è stato un cambiamento nella quantità di aiuti che entrano nella Striscia, in conformità con i termini dell’accordo degli Stati Uniti e con i dati forniti da Israele al Coordinatore delle Nazioni Unite per i Territori Palestinesi Occupati. Tuttavia non è stata intrapresa alcuna azione reale. Il numero di camion autorizzati ad entrare nella Striscia, in particolare nella città di Gaza e nel nord di Gaza, rimane invariato. Inoltre, il checkpoint di Erez/Beit Hanoun nel nord di Gaza resta chiuso e, contrariamente a quanto riportato dai media israeliani, il porto di Ashdod non è stato utilizzato per trasportare aiuti umanitari nella Striscia.

Da quando Israele ha deciso ufficialmente di tagliare cibo e acqua ai residenti della Striscia di Gaza ci sono stati ministri del governo israeliano che hanno dichiarato apertamente che la fame e gli aiuti devono essere usati come strumento di pressione, ricatto e arma a sostegno dei continui attacchi militari ormai in corso da sette mesi consecutivi.

Le notizie di un aumento del numero di camion che entrano nella Striscia di Gaza sono di per sé insufficienti, soprattutto se si tengono presenti i disperati e crescenti bisogni degli abitanti della Striscia.

Israele deve porre fine al suo crimine di affamare il popolo della Striscia e garantire che gli aiuti umanitari possano arrivare regolarmente su base permanente e in una quantità tale da soddisfare i bisogni della popolazione palestinese, indipendentemente dalle convenienze e dalle condizioni israeliane. È inoltre necessario compiere ulteriori sforzi per garantire il lavoro degli operatori umanitari che distribuiscono questi aiuti, la sicurezza dei civili che li ricevono e per garantirne il flusso verso il nord di Gaza il più rapidamente possibile.

Jamie McGoldrick, il coordinatore umanitario delle Nazioni Unite che supervisiona gli aiuti alla crisi a Gaza, ha recentemente dichiarato che “La situazione per gli abitanti di Gaza rimane disastrosa nonostante le speranze derivanti dai recenti impegni di Israele di aumentare l’assistenza”.

Nel frattempo, Jens Laerke, portavoce dell’ufficio per gli Affari Umanitari delle Nazioni Unite (OCHA), ha recentemente affermato che “ai convogli alimentari coordinati dalle Nazioni Unite è tre volte più probabile che venga negato l’accesso al nord di Gaza rispetto ad altri convogli umanitari”.

Secondo un recente rapporto dell’OCHA l’accesso a Gaza è caratterizzato da “lunghi processi di ispezione, carenza di carburante derivante dalle restrizioni israeliane e restrizioni sulla circolazione di camion, convogli e controlli dei conducenti… e congestione al valico di Kerem Shalom” mentre l’ingresso di assistenza umanitaria e beni commerciali direttamente nel nord di Gaza, dove si prevede che il 70% della popolazione sarà a rischio di carestia tra metà marzo e metà luglio 2024, rimane estremamente limitato.

Il rapporto sottolinea che all’interno di Gaza solo il 26% delle missioni alimentari pianificate verso aree ad alto rischio che richiedono coordinamento con le autorità israeliane sono state agevolate; Il 51% ha ricevuto un rifiuto o un impedimento; e il 23% è stato rinviato o ritirato a causa di “problemi di sicurezza” o “vincoli operativi”.

Ci sono solo tre strade che Israele consente di utilizzare ai convogli di aiuti umanitari per raggiungere la Striscia di Gaza settentrionale: la strada militare sul lato orientale di Gaza, la strada costiera Rashid e la strada centrale Salah al-Din. Ciò che è molto meno ampiamente documentato è che in contemporanea anche le Nazioni Unite hanno due o tre strade di accesso e che queste strade sono “in pessime condizioni” e non forniscono alcuna garanzia di sicurezza.

L’UNICEF ha dichiarato il 10 aprile che uno dei suoi veicoli è stato colpito da “proiettili veri” mentre attendeva a un posto di blocco israeliano allestito su Salah al-Din Road per consegnare aiuti salvavita nel nord di Gaza, compreso cibo terapeutico per i bambini a rischio di malnutrizione e mortalità prevenibile.

Allo stesso modo Oxfam ha recentemente riferito che le persone nel nord di Gaza sono costrette a sopravvivere con una media di appena 245 calorie al giorno da gennaio. Si ritiene che oltre 300.000 persone siano ancora intrappolate lì, impossibilitate ad andarsene e sopravvivendo con meno del 12% del fabbisogno calorico giornaliero medio. Gaza è una trappola mortale per i bambini.

Trenta palestinesi, per lo più bambini, sono morti negli ospedali per malnutrizione e disidratazione; tuttavia le stime di Euro-Med Monitor suggeriscono che il numero delle vittime della fame è molto più elevato. Ciò è dovuto alla mancanza di meccanismi chiari per tenere traccia delle morti legate al problema e al collasso del sistema sanitario nella parte settentrionale della Striscia dove le vittime continuano a cadere, anche a seguito dei bombardamenti israeliani, e vengono sepolte dalle loro famiglie senza registrazione ufficiale.

Alla luce di quanto sopra Euro-Med Human Rights Monitor sollecita, tra le altre raccomandazioni, la comunità internazionale a rispettare i propri doveri legali e morali nei confronti delle persone che vivono nella Striscia di Gaza. La comunità internazionale deve garantire che la sentenza della Corte Internazionale di Giustizia venga eseguita e porre fine al genocidio che la Corte ha dichiarato a gennaio probabilmente in corso nella Striscia di Gaza. Euro-Med Monitor invita tutti gli Stati a rispettare i propri obblighi internazionali interrompendo ogni sostegno militare, finanziario e politico alla guerra genocida di Israele contro il popolo palestinese della Striscia di Gaza e, in particolare, tutti i trasferimenti di armi a Israele.

È necessario esercitare immediatamente una pressione internazionale su Israele per impedirgli di compiere il crimine di affamare la popolazione della Striscia di Gaza; costringere Israele a revocare completamente l’assedio; stabilire i sistemi necessari per garantire la consegna sicura, efficiente e tempestiva dei rifornimenti umanitari e intraprendere azioni decisive contro la carestia che si diffonde rapidamente tra i civili palestinesi nella Striscia di Gaza.

(traduzione dall’Inglese di Giuseppe Ponsetti)




Assassinato da Israele Refaat Alareer

Tamara Nassar

9 dicembre 2023 – The Electronic Intifada

Israele ha assassinato lo scrittore e docente Dr. Refaat Alareer.

Euro-Mediterranean Human Rights Monitor [ONLUS per la protezione dei diritti umani, ndt.] ha concluso che lattacco aereo israeliano che il 6 dicembre ha ucciso Refaat e diversi membri della sua famiglia è stato verosimilmente intenzionale”.

Refaat ha lavorato in stretta collaborazione con The Electronic Intifada ed era tra i più importanti oppositori della guerra genocida di Israele contro Gaza.

Era rifugiato nellappartamento di sua sorella Asmaa nella zona di al-Daraj, a Gaza City. Euro-Mediterranean Human Rights Monitor, citando accertate testimonianze oculari e resoconti familiari, ha dichiarato che intorno alle 18 di mercoledì l’intero edificio in cui si trovava è stato “bombardato chirurgicamente”.

Refaat è stato ucciso insieme a suo fratello Salah e uno dei figli di lui, Muhammad. Anche sua sorella Asmaa con tre dei figli, Alaa, Yahya e Muhammad, sono stati uccisi insieme a uno dei loro vicini.

Inoltre nell’attacco israeliano sono rimasti feriti altri membri della famiglia.

Lattacco aereo ha colpito chirurgicamente lappartamento al secondo piano, dove si trovava Refaat, in un edificio di tre piani, e non lintero palazzo: ciò indica che l’appartamento era lobiettivo e non si è trattato di un danno collaterale, afferma l’organizzazione Euro-Med.

Refaat era stato sfollato più volte allinterno della Striscia di Gaza in seguito all’attacco contro la sua casa durante la seconda settimana dellassalto genocida israeliano contro lenclave costiera iniziato il 7 ottobre.

Qualche giorno prima di essere ucciso Refaat si era trasferito con la moglie e i figli in una scuola gestita dallagenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi (UNRWA) nel quartiere al-Tuffah di Gaza City.

Un caro amico di Refaat ha detto all’organizzazione per i diritti umani che nel corso della sua permanenza nella scuola potrebbe essere stato contattato dall’esercito israeliano.

“Aveva ricevuto una telefonata anonima da qualcuno che si era identificato come un ufficiale israeliano e aveva minacciato Refaat affermando di conoscere esattamente la scuola in cui si trovava”, riferisce l’organizzazione nel citare l’amico intimo. E aggiunge che i soldati israeliani con lavanzata delle truppe di terra erano sul punto di raggiungere la sua posizione”.

Sebbene Euro-Mediterranean Human Rights Monitor affermi che “la credibilità della minaccia in sé non è sicura“, è stata certamente una delle ragioni che hanno spinto Refaat a trasferirsi a casa di sua sorella, “credendo che fosse meno esposta di una scuola aperta e sovraffollata dove sarebbe stato difficile nascondersi”.

L’organizzazione è giunta alle conclusioni che Refaat era probabilmente un obiettivo dell’esercito israeliano.

Tutto è intenzionale

Una recente indagine di +972 Magazine e Local Call [versioni rispettivamente in inglese ed ebraico di una rivista progressista online, ndt.] ha rivelato come lesercito israeliano stia utilizzando lintelligenza artificiale per generare più obiettivi da colpire a Gaza.

Nel citare fonti dell’intelligence il rapporto afferma che lesercito israeliano dispone di archivi sulla stragrande maggioranza dei potenziali obiettivi a Gaza, comprese le case, che stabiliscono il numero di civili che potrebbero essere uccisi in un attacco contro un particolare obiettivo”.

“Niente accade per caso”, sostiene una fonte.

Quando in un’abitazione a Gaza una bambina di 3 anni viene uccisa è perché qualcuno nellesercito ha deciso che la sua uccisione non costituisce un grosso problema, che si tratta di un prezzo che vale la pena pagare per colpire [un altro] obiettivo”, aggiunge la fonte.

Noi non siamo Hamas. Questi non sono razzi con bersagli casuali. Tutto è intenzionale. Sappiamo esattamente quanti danni collaterali ci sono in ogni casa”.

Il fatto che quella sera labitazione della sorella di Refaat sia stata lunico appartamento attaccato nelledificio contribuisce a concludere che Refaat fosse stato preso di mira deliberatamente.

Bersaglio di precedenti attentati

Non era la prima volta che dopo il 7 ottobre Refaat venisse preso di mira da un bombardamento.

Il 19 ottobre l’esercito israeliano ha bombardato senza alcun preavviso l’edificio in cui viveva Refaat a Gaza City. Due appartamenti furono completamente distrutti e altri cinque, compreso quello della famiglia di Refaat, gravemente danneggiati.

In quel momento Refaat ospitava quattro famiglie sfollate. Tutti gli ospiti erano donne e bambini.

Allepoca la casa di Refaat aveva un generatore di corrente, carburante per un paio di mesi e pannelli solari.

Da quando è iniziato lattacco di Israele abbiamo aiutato innumerevoli persone a pompare acqua, caricare i loro dispositivi elettronici e mantenere funzionanti i loro freezer, ha scritto Refaat il 22 ottobre su The Electronic Intifada.

“Credo che questo sia il motivo per cui il nostro edificio è stato colpito.”

Altri nella famiglia allargata di Refaat hanno ritenuto che fosse stato preso di mira proprio per aver parlato apertamente.

Non sappiamo perché ledificio sia stato preso di mira. Mia suocera insiste che è perché parlo con i media, ha scritto Refaat.

“Anche mia madre ha espresso la stessa preoccupazione.”

Da quel giorno Refaat e la sua famiglia sono rimasti sfollati. Si erano rifugiati in un ospedale e poi in una scuola.

Ad un certo punto la famiglia si è stabilita allospedale pediatrico Rantisi di Gaza City, ma ha dovuto evacuare quando i soldati israeliani sono giunti nelle vicinanze.

Ha scritto un articolo per The Electronic Intifada in cui denunciava la menzogna secondo cui Hamas conducesse le sue operazioni nei pressi dell’ospedale.

In passato Refaat e la sua famiglia erano stati presi di mira dai soldati israeliani numerose volte, con l’uccisione di decine di parenti.

Diffamazione

Come se ucciderlo non fosse abbastanza, i troll [individui che svolgono attraverso internet azioni di provocazione e diffamazione, ndt.] che sostengono Israele e la sua ideologia di Stato, il sionismo, hanno cercato di diffamarlo, prima e dopo la sua uccisione.

Per settimane dallinizio di questa guerra Refaat ha ricevuto numerose minacce di morte e messaggi di odio da account israeliani sui social media dopo che personaggi pubblici di spicco lo hanno preso di mira accusandolo di molestie e istigazione, dice Euro-Med.

Uno di questi personaggi pubblici è Bari Weiss.

Weiss ha citato un tweet che Refaat aveva scritto su una bufala completamente sfatata secondo cui il 7 ottobre i miliziani palestinesi avrebbero bruciato vivo un bambino israeliano dentro un forno.

Ecco Refaat Alareer che scherza sul fatto che un bambino israeliano, bruciato vivo in un forno, sia stato cucinato con o senza lievito’”, ha scritto Weiss.

Successivamente Refaat ha ricevuto sui social media minacce di morte e messaggi di odio.

Molti soldati israeliani deliranti che stanno già bombardando Gaza prendono sul serio queste bugie e calunnie e agiscono di conseguenza, ha scritto Refaat in quella circostanza.

I troll sionisti stanno ora usando la stessa tattica per cercare di diffamare Refaat, accademico di fama internazionale amato e rispettato da generazioni di palestinesi e da persone di tutto il mondo.

Prendere di mira il mondo accademico

Alcuni giorni prima che Refaat venisse ucciso Israele ha assassinato il dottor Sufyan Tayeh, presidente dell’Università islamica di Gaza dove Refaat era docente di letteratura inglese.

Questo mese le forze israeliane hanno anche piazzato esplosivi e fatto saltare in aria la facoltà di medicina dell’Università islamica di Gaza.

Il commentatore di destra Yinon Magal ha celebrato quellattacco definendolo un regalo di Hanukkah[Hanukkah è una festività ebraica, conosciuta anche con il nome di Festa delle luci, ndt.] da parte di una divisione dellesercito israeliano.

Il fatto che ledificio non sia stato colpito da aerei da guerra ma da soldati che vi hanno piazzato personalmente le bombe, suggerisce che non vi fosse alcun rischioper la loro vita e che non stessero prendendo di mira la resistenza palestinese allinterno delledificio.

Una foto raffigura un soldato israeliano in posa accanto alledificio della facoltà di medicina con una menorah [lampada ad olio a sette bracci usata durante l’Hanukkah, ndt.] gigante allesterno in segno di conquista.

Il cartello con il nome dell’edificio e del donatore che ha contribuito a costruirlo appare vandalizzato con la scritta ours now” [adesso nostro, ndt.] in inglese.

(traduzione dall’inglese di Aldo Lotta)