Le note critiche da parte del CICR su “Fauda” colpiscono un nervo scoperto

Jonathan Ofir

29 DICEMBRE 2020 – Mondoweiss

Il Comitato Internazionale della Croce Rossa si è rivolto alle reti sociali per evidenziare tutti i modi in cui il programma televisivo “Fauda” rappresenta le violazioni dei diritti umani da parte di Israele. Gli organi di informazione israeliani, i funzionari governativi e vari [loro] sostenitori non ne sono stati per niente contenti.

La popolare serie televisiva israeliana “Fauda” [«caos» in arabo, nel gergo militare israeliano il momento in cui un’azione sotto copertura fallisce mandando a monte tutti i piani, ndtr.] si basa sulla realtà dell’occupazione israeliana, soprattutto nel delineare la pratica dei “Mistarvim”, soldati israeliani che si spacciano per palestinesi per infiltrarsi, assassinare e rapire questi ultimi.

Posso anche ammettere che non sono neppure interessato a guardarla. Così come molti israeliani sembrano essere orgogliosi di questa serie, molti palestinesi, come George Zeidan [co-fondatore di Right to Movement Palestine, organizzazione palestinese che utilizza la corsa sportiva come strumento di promozione del diritto fondamentale alla libertà di movimento, ndtr.] su Haaretz, che la definisce “ignorante”, “disonesta”, “propaganda anti-palestinese”, la considerano un’odiosa propaganda razzista. Ma il mio articolo non è una recensione su un’ulteriore serie televisiva militarista, riguarda la vita reale, il dramma ultra-nazionalista che ha fatto seguito al momento in cui un collegamento tra finzione e vita reale è stata semplicemente oggetto di commenti, sfavorevoli, da parte di un’organizzazione umanitaria internazionale – il Comitato Internazionale della Croce Rossa (CICR).

Domenica scorsa il CICR in Israele e nei Territori (palestinesi) occupati ha lanciato una serie di tweet, iniziando con questo:

Come molti di voi, quest’anno abbiamo guardato anche noi @FaudaOfficial e abbiamo notato una serie di violazioni del #IHL. [Diritto umanitariointernazionale].

La sequenza [dei tweet] presenta brevi clip della serie, facendo una rapida menzione a quali violazioni – sia israeliane che palestinesi – ci si riferisca.

Ciò che ne è seguito è stato un attacco concertato al CICR da parte dei sostenitori di Israele. Per lo più hanno cercato di usare un umorismo sprezzante, suggerendo che il CICR non possa criticare una serie televisiva, in quanto le violazioni descritte non si verificherebbero effettivamente nella realtà. Il creatore della serie, Avi Issacharoff, ha twittato in risposta che le violazioni dei Diritti Internazionali dell’Uomo costituiscono per lui un ottimo passatempo.

Gli attacchi al CICR hanno impiegato un esercito di troll [personaggi che intralciano su internet il normale svolgimento di una discussione inviando messaggi provocatori, irritanti o fuori tema, ndtr.] della propaganda, organi di stampa e funzionari governativi.

Secondo le notizie dell’israeliano Channel 12, “la Croce Rossa ha twittato contro ‘Fauda’, gli israeliani hanno risposto al fuoco in rete“.

Channel 12 sta prendendo in giro entrambe le parti? No, è del tutto seria e totalmente di parte. Il pezzo continua:

Cosa vuole l’organizzazione internazionale dalla fortunata serie israeliana? Il rappresentante della Croce Rossa in Israele e presso l’Autorità Nazionale Palestinese (sic) e Gaza (sic), ha pubblicato ieri (domenica) una strana serie di tweet, in cui ha deciso di individuare le “violazioni” del diritto internazionale umanitario comparse nella popolare serie israeliana “Fauda”, la quale riceve riconoscimenti in tutto il mondo.

L’articolo prosegue raccontandoci degli “israeliani sulla rete” che “hanno risposto al fuoco”. Va avanti così:

Coloro a cui non sono piaciuti gli attacchi contro la fortunata serie israeliana, e che hanno visto la serie dei tweet della Croce Rossa come un altro esempio del doppio standard dell’organizzazione contro Israele, sono gli agenti e gli influencer della rete internet della [azienda] filo-israeliana “DigiTell”. La rete è stata costituita tre anni fa dal Ministero degli Affari Strategici al fine di fornire una risposta all’attività anti-israeliana sulle piattaforme sociali di internet. Oggi include più di 100 membri, con più di 15 milioni di follower nel complesso delle piattaforme sociali.

Ebbene, sotto [la guida di] Gilad Erdan (che ora è l’ambasciatore israeliano delle Nazioni Unite) il ministero israeliano per gli affari strategici – che è stato il quartier generale della campagna anti-BDS, che comprendeva operazioni segrete – ha istituito sui social media un esercito di propagandisti. Questo è qualcosa su cui Channel 12 News sembra fare commenti favorevoli, nel senso che [ritiene che] qualcuno debba proteggerci dal presunto CICR anti-israeliano.

Il propagandista filo-israeliano Hen Mazzig, che dirige il Dipartimento dell’istruzione israeliano per Stand WithUs [organizzazione della destra statunitense pro-Israele, ndtr.] in Israel, ha twittato:

Potete per favore riferire delle violazioni dei diritti umani in Avengers End Game [film di fantascienza prodotto dalla Marvel, ndtr.]? Thanos compie letteralmente un genocidio sulla metà delle vite della galassia, il che dovrebbe essere una grave violazione della convenzione di Ginevra.

Quindi qui l’obiezione sembra essere che la serie sarebbe di finzione. Ma Hen Mazzig si preoccuperebbe di commentare una critica verso “Avengers”? Sicuramente no. Per quanto la serie sia di finzione, egli la difende così energicamente proprio perché è legata all’etica militante di Israele e basata su alcune realtà effettive.

Il blogger David Collier ha twittato dal Regno Unito:

E il premio per il PIÙ STUPIDO TWEET del 2020 va chiaramente alla Croce Rossa Internazionale

@ICRC_ilot che in realtà ha rivolto la sua attenzione a uno spettacolo Netflix (Fauda) e l’ha passato al setaccio sulle violazioni dei diritti umani in modo da demonizzare Israele.

Niente su questo pianeta è così stupido come l’attivismo anti-israeliano.

Collier è una persona disonesta sulla quale mi è capitato di trattare in un articolo qualche anno fa. Considera il BDS un “movimento terroristico” ed è implacabile nel tacciare il movimento come intrinsecamente antisemita. Può darsi che il CICR sia andato un po’ oltre il suo solito copione, ma posso pensare a cose molto più stupide in questo mondo che istruire le persone sui diritti umani consuetudinari, anche se in riferimento ad una serie di fantasia, specialmente quando le violazioni si verificano effettivamente nella vita reale.

Il pezzo di Channel 12 si è concluso con uno sfogo di Ido Daniel, il responsabile del settore digitale presso il Ministero degli Affari Strategici. Queste sono proprio le parole conclusive del capo della propaganda digitale nazionale:

Il bizzarro attacco su Twitter della Croce Rossa contro una delle serie israeliane di maggior successo al mondo è bizzarro

È un po’ bizzarro pronunciare così tante volte [la parola] bizzarro. Per un propagandista di professione è piuttosto patetico. Allora, qual’è il problema?

Non sono sorpreso che abbiano deciso di attaccare proprio ‘Fauda’, che rappresenta fedelmente, secondo decine di milioni di osservatori in tutto il mondo, la complessità della vita in Israele sullo sfondo delle minacce del terrorismo e le operazioni delle forze di sicurezza che lavorano di notte e giorno per prevenirlo.

Quindi, aspetta un attimo. Daniel non sta dicendo che Fauda sia una finzione. No, sta “precisamente” sottolineando che si tratta della rappresentazione di una realtà. Questo per quanto riguarda le difese di David Collier e Hen Mazzig. Chi parla è il rappresentante ufficiale del governo israeliano. Voi potreste dire che “Fauda” sia solo una finzione, ma lui ha detto che rappresenta “fedelmente” la realtà israeliana.

Perfidia

Il tema centrale di Fauda è ciò che nel diritto internazionale è noto come perfidia. Il CICR fornisce la definizione di perfidia sulla base normativa del diritto internazionale umanitario:

Costituiscono perfidia gli atti rivolti ad acquisire la fiducia dell’avversario per indurlo a credere di avere diritto a, o di essere obbligato ad offrire, protezione in base alle norme del diritto internazionale applicabili nei conflitti armati, con l’intento di tradire tale fiducia.

In altre parole, si tratta di condurre un’operazione militare sotto le mentite spoglie di un civile, o impersonando un individuo a cui dovrebbe essere offerta una protezione umanitaria speciale. Questo atto è pericoloso anche perché mette a rischio civili e operatori umanitari, poiché crea il sospetto che possano essere coinvolti nelle ostilità.

Tale perfidia è per Israele una procedura operativa standard. Due anni fa un’unità di commando israeliana che, secondo quanto riferito, si spacciava per [un gruppo di] operatori umanitari, si mise nei guai a Gaza dopo aver sparato, uccidendolo, a un alto comandante militare di Hamas, Nour Baraka. I combattenti di Hamas risposero al fuoco. In tutto vennero uccisi 7 palestinesi, 6 dei quali membri di Hamas. Fu [anche] ucciso un alto comandante israeliano. In seguito, un ex comandante israeliano, il generale Tal Rousso, ha cercato di attenuare la convinzione che si trattasse di un tentativo di omicidio deliberato contro il comandante del battaglione di Hamas Nour Baraka sostenendo:

Queste sono operazioni che si svolgono continuamente, ogni notte, in tutte le divisioni. Questa è un’operazione che probabilmente è stata scoperta.

Vedete, costui è l’esperto. Ogni notte, in tutte le divisioni.

Istigazione contro i cittadini palestinesi

Ma “Fauda” è problematico [anche] in un altro senso. Il grosso problema è dato soprattutto dal modo in cui ritrae i palestinesi. George Zeidan su Haaretz:

Ma per me una delle scene peggiori, persino pericolose, si verifica verso la fine della terza stagione, quando un fisioterapista arabo, mentre sta iniziando una seduta di terapia in un ospedale israeliano, tenta di uccidere il capo di una sezione dello Shin Bet [servizi segreti israeliani, ndtr.] in Cisgiordania. Vale la pena di smontare questo complotto: il 17% dei medici israeliani, il 24% degli infermieri e il 47% dei farmacisti sono arabi. Non c’è mai stato nella storia un solo incidente in cui in Israele gli operatori sanitari arabi abbiano tradito il loro giuramento di Ippocrate e causato danno a un paziente. È al di là del ridicolo mettere in scena un personaggio e una trama che contrassegna gli arabi che lavorano all’interno del sistema sanitario israeliano come inaffidabili, sleali e capaci di attacchi violenti. Può solo creare ulteriore sfiducia tra le persone. Promuovere un’immagine del genere è completamente ingannevole e falso – e, peggio, alimenta quelle voci, anche ai vertici del governo israeliano, che squalificano insistentemente i cittadini arabi di Israele, legiferano sulla loro disuguaglianza e istigano contro di loro.

Quindi “Fauda” è semplicemente una serie sleale. Dovrebbe essere semplicemente evitata. Non so dire se il CICR nel commentare una serie che è teoricamente finzione sia andata oltre le proprie competenze ufficiali. In ogni caso le risposte che ha suscitato mostrano che ha colpito un nervo scoperto dell’orgoglio militante del nazionalismo israeliano, l’orgoglio della perfidia.

Uno speciale ringraziamento a Ofer Neiman

(traduzione dall’inglese di Aldo lotta)




L’israeliana Fauda: un’immorale e strumentale rappresentazione trasforma la sofferenza dei palestinesi in spettacolo

Orly Noy

7 gennaio 2020 Middle East Eye

La terza stagione di una popolare serie TV tratta delle operazioni nell’assediata Striscia di Gaza

La serie TV Fauda (in arabo ‘caos’) tratta la storia di un’unità israeliana segreta, la mistaravim, i cui commandos svolgono missioni nei territori palestinesi occupati facendosi passare per arabi.

Tra le serie israeliane più di successo mai trasmesse, lo show ha vinto numerosi premi, sia in patria che all’estero. Ha debuttato nel 2015 e l’anno seguente Netflix lo ha acquistato, dopodiché Fauda è diventata un enorme successo internazionale.

Il giornalista Avi Issacharoff e l’attore Lior Raz hanno creato la serie, basata in parte sulle loro esperienze nell’unità d’assalto Duvdevan dell’esercito israeliano. Tra i consulenti dello show figuravano Gonen Ben-Yitzhak, ex coordinatore della sicurezza israeliana e commando scelto, e Aviram Elad, un altro graduato della Duvdevan.

Impudente arroganza

Le prime due stagioni erano incentrate sulle operazioni segrete dell’unità nella Cisgiordania occupata. La terza stagione, che è appena iniziata, si occupa delle operazioni a Gaza. Prima che l’attuale stagione andasse in onda, i produttori hanno lanciato un’aggressiva campagna pubblicitaria che ha riempito le strade di Israele di enormi manifesti.

Ogni volta che passo in macchina accanto a uno di questi cartelloni pubblicitari o mi fermo ad un semaforo vicino ad uno di essi, tremo di vergogna.

L’immagine pubblicitaria della nuova stagione raffigura il volto dagli occhi di ghiaccio, contuso e insanguinato di un attore accanto al messaggio “Benvenuti a Gaza”, scritto in inglese ma in lettere ebraiche. Lo guardo e penso all’incredibile cinismo, all’impudente arroganza di questo scherno.

Benvenuti a Gaza. Benvenuti nel ghetto i cui accessi Israele ha bloccato per più di un decennio, infliggendo a oltre due milioni di persone una morte lenta. Questo evidentemente è il nuovo gioco virtuale per soddisfare il bisogno di emozioni degli spettatori israeliani, realizzato in inglese per enfatizzare lo spirito americano di questo devastante spettacolo.

Un sito di informazioni ebreo di destra ha descritto la nuova stagione in questo modo: “Fauda ed i suoi agenti segreti mistaravim guidati da Doron (Lior Raz) ritornano per un’altra stagione tesa ed emozionante. La loro principale missione questa volta è di danneggiare l’infrastruttura di Hamas che opera da Gaza e far fuori il locale comandante dell’ala militare di Hamas.”

Gaza: un mito per gli israeliani

Nuove sfide da brivido piene di suspense e nuove audaci missioni. Come in un raffinato gioco al computer, lo spettatore può mettersi comodo ed essere trascinato dallo spettacolo, protetto attraverso lo schermo dalle scene drammatiche che si svolgono a Gaza. La brutale situazione di due milioni di persone sotto assedio diventa semplicemente il set della vicenda.

Di per sé proprio l’assedio di Gaza diventa la migliore pubblicità per la serie TV. Grazie ad un altro lungo anno di blocco, Gaza è diventata una sorta di mito per gli israeliani: non del tutto reale, nel senso che ci vivono vere persone, eppure è contemporaneamente molto spaventoso e minaccioso.

L’ignoranza dei comuni israeliani fiorente dietro lo schermo oscuro imposto da Israele su Cisgiordania e Gaza e il terrore primordiale che genera sono i principali elementi del segreto del successo di questa serie.

Ancora più grottesco è come il seguire intensamente le storie dei “nostri meravigliosi ragazzi” a Gaza non impedisca alla maggior parte degli spettatori di Fauda di sostenere, nelle discussioni politiche, “Ma noi abbiamo lasciato Gaza! Là non c’è più occupazione!”. Al tempo stesso applaudono ogni esecuzione, arresto o subdola imboscata che vedono sui loro schermi televisivi. Ci siamo ritirati da Gaza, ma che grande lavoro stiamo facendo là!

Questa alienazione include anche una sorta di esotizzazione dei palestinesi sotto occupazione. Per la stragrande maggioranza del pubblico ebreo israeliano non solo l’azione che si svolge nella Gaza assediata, ma anche le parti della serie che si svolgono in Cisgiordania descrivono luoghi al di là di montagne di oscurità. Nablus, Ramallah, Jenin – tutte sono diventate simboli del regno del male in cui i nostri ragazzi coraggiosamente entrano ed escono, piuttosto che vitali città ad un passo da dove viviamo.

Ricordo molto bene la prima volta che ho fatto visita ad un amico a Jenin. All’inizio non riuscivo a capire le istruzioni che mi dava. Non mi sembrava logico di dover solo prendere l’ auto e guidare dritto fino da lui. Ero stupefatto nello scoprire quanto breve e facile fosse la strada.

Spaventoso ed esotico

Fauda non solo si basa sulla paura dei luoghi palestinesi, ma la amplifica, la legittima e la normalizza. I palestinesi sono raffigurati come creature esotiche che abitano luoghi dove solo i commandos si arrischiano ad avventurarsi. Il sionismo è riuscito a trasformare i palestinesi in personaggi esotici nella loro stessa patria.

Un argomento chiave che emerge in molte discussioni su Fauda è che questa serie in realtà rappresenta un programma umano, persino di sinistra, perché “mette in scena la complessità” e mostra che anche le persone sull’altro lato sono esseri umani.

Questo punto vale la pena di essere preso in considerazione per un momento, per poter valutare ciò che dice di noi come israeliani, se dopo così tanti anni di violento dominio su milioni di palestinesi emarginati abbiamo bisogno che ci si rammenti che anche loro sono esseri umani. Ma la pecca morale più grave di questa argomentazione è la simmetria che dichiara: guarda, ci sono persone su entrambi i lati.

Data la realtà imperante a Gaza, che anni fa un rapporto dell’ONU ha previsto sarebbe stata inabitabile entro il 2020 – una previsione avveratasi in anticipo – non esiste simmetria.

Da un lato c’è un luogo la cui esistenza per decenni è stata schiacciata da un regime di violenza, povertà, distruzione e morte, condotto da uno dei più potenti eserciti del mondo; sul lato opposto, quell’esercito mantiene un controllo assoluto sul destino dell’altro, senza nessuna intenzione di smettere.

Indescrivibili sofferenze

Fauda è stata creata da persone che svolgono un ruolo attivo in questo regime di controllo ed abuso. Questa serie TV è il prodotto di quella collaborazione e in quanto tale è per definizione illegittima.

E’ immorale trasformare la sofferenza della vittima in spettacolo per il carnefice. E’ immorale cedere ad un’assuefazione all’adrenalina a spese di coloro che sono nel mirino delle nostre armi. Gaza non è il set di una serie televisiva; è un luogo reale con persone reali che vivono indescrivibili sofferenze che noi israeliani imponiamo loro ogni giorno.

Sì, è importante conoscere ciò che succede a Gaza mentre si disintegra sotto l’assedio, ma non attraverso uno spettacolo per le masse. Potremmo, per esempio, ascoltare le voci dei giovani gazawi stessi attraverso l’importante sito web “We are not numbers” (“Non siamo numeri”).

E’ facile dire “al diavolo la politica e la moralità”, oppure “non c’è altra scelta che seguire la corrente” – ma si può sempre scegliere. Possiamo, per esempio, rifiutare di collaborare nel trasformare le vittime in divertimento per gli occupanti o in spettacolo per la comunità internazionale – proprio la stessa comunità internazionale che ha permesso che l’occupazione perpetuasse queste violazioni per così tanti anni.

Le opinioni espresse in questo articolo appartengono all’autrice e non riflettono necessariamente la politica editoriale di Middle East Eye.

Orly Noy è una giornalista ed attivista politica che vive a Gerusalemme

(Traduzione dall’inglese di Cristiana Cavagna)