Un gasdotto o solo una fantasticheria: nel Mediterraneo sta crescendo un conflitto per gli idrocarburi tra Israele e Turchia

Ramzy Baroud

30 gennaio 2020 – Palestine Chronicle

È prevedibile che la scoperta di grandi quantità di gas naturale al largo delle coste orientali di Israele e Palestina rendano Tel Aviv uno snodo regionale per le fonti energetiche. Ma resta ancora da vedere se Israele sarà in grado di trasformare il segno positivo di riserve di gas ampiamente non sfruttate in effettivo benessere economico e strategico.

Tuttavia ciò che è certo è che il Medio Oriente si trova già in mezzo a una grande guerra geostrategica, che potrebbe diventare un vero scontro militare. Non sorprende che Israele sia al centro di questo crescente conflitto.

La scorsa settimana abbiamo iniziato a inviare gas all’Egitto. Abbiamo trasformato Israele in una superpotenza energetica,” si è vantato il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu durante una riunione del governo il 19 gennaio.

Le osservazioni autoelogiative di Netanyahu sono arrivate in seguito a qualche notizia economica esaltante per il primo ministro sotto attacco, visto che sia Giordania che Egitto sono ora clienti di Tel Aviv e ricevono miliardi di m3 di gas israeliano.

Per Netanyahu pompare gas israeliano in due Paesi arabi vicini costituisce più di un semplice beneficio economico e politico: è un enorme vanto personale. Il leader israeliano sta cercando di convincere l’opinione pubblica a votarlo nelle ennesime elezioni politiche di marzo, chiedendo al contempo all’élite politica israeliana di concedergli l’immunità in modo che possa rimanere fuori di prigione per le varie accuse di corruzione.

Per anni Israele ha sfruttato la scoperta di grandi riserve di gas naturale dei campi Leviathan e Tamar, che si trovano rispettivamente a circa 125 e 80 km a ovest di Haifa, per ricostruire alleanze regionali e ridefinire la sua importanza geopolitica per l’Europa.

La strategia israeliana tuttavia ha già creato potenziali conflitti in una regione già instabile, allargando i giochi di potere e includendovi Cipro, Grecia, Francia, Italia e Libia, così come Egitto, Turchia, Libano e Russia.

Il 2 gennaio Netanyahu è stato ad Atene a firmare un accordo per un gasdotto insieme al primo ministro greco Kyriako Mitotakis e al presidente cipriota Nicos Anastasiades. Il gasodotto EastMed è stato progettato per andare da Israele a Cipro, in Grecia e alla fine in Italia, trasportando quindi il gas del Mediterraneo orientale direttamente nel cuore dell’Europa.

Pochi anni fa questo scenario sembrava impensabile, in quanto Israele di fatto importava gran parte del suo gas naturale dal vicino Egitto.

Quando ha iniziato a produrre nel 2003, il campo israeliano di Tamar ha in parte risolto la dipendenza di Israele dal gas importato. Poco dopo Israele ha scoperto altro gas, questa volta con un potenziale maggiore, nell’enorme campo Leviathan. Il 31 dicembre 2019 Leviathan ha iniziato a pompare gas per la prima volta.

Leviathan si trova nel Bacino Levantino del mar Mediterraneo, una regione ricca di idrocarburi.

Si stima che Leviathan contenga oltre 21 trilioni di m3 di gas naturale, sufficienti a soddisfare le necessità energetiche israeliane per i prossimi 40 anni, oltre a una notevole quantità per l’esportazione,” ha scritto Frank Musmar nel Centro BESA per gli Studi Strategici [centro di ricerca conservatore israeliano Begin-Sadat, ndtr.].

La quota egiziana di gas israeliano – 85 miliardi di m3, con un valore stimato di 19,5 miliardi di dollari – è acquistato con l’intermediazione dell’ente privato egiziano Dolphinus Holdings. L’accordo con la Giordania è stato firmato tra la compagnia elettrica nazionale del Paese, NEPCO, e un’impresa americana, Noble Energy, che possiede una partecipazione del 45% nel progetto israeliano.

I giordani hanno protestato in massa contro l’accordo per il gas con Israele, in quanto vedono la cooperazione economica tra il loro Paese e Israele come un atto di normalizzazione, soprattutto in quanto Tel Aviv continua a occupare e opprimere i palestinesi.

L’eco delle proteste popolari ha raggiunto il parlamento giordano, che il 19 gennaio ha votato all’unanimità a favore di una legge che vieti importazioni di gas da Israele. Israele si sta diversificando, oltre l’esercizio di un predominio economico regionale per diventare un grande attore anche a livello geopolitico internazionale. Il progetto di gasdotto EastMed, stimato in 6 miliardi di euro, dovrebbe coprire il 10% del fabbisogno europeo di gas naturale. È qui che le cose diventano ancora più interessanti.

La Turchia ritiene che l’accordo, che coinvolge i suoi rivali regionali, Cipro e la Grecia, sia concepito specificamente per marginalizzarla economicamente, escludendola dal boom degli idrocarburi del Mediterraneo.

Ankara è già un enorme centro di snodo di idrocarburi, in quanto ospita il TurkStream, che rifornisce l’Europa, il cui fabbisogno di gas naturale proviene per il 40% dalla Russia. Ciò ha fornito sia a Mosca che ad Ankara non solo vantaggi economici, ma anche influenza geostrategica. Se il gasdotto EastMed si concretizza, Turchia e Russia saranno le potenze più danneggiate.

Con una serie di iniziative successive e sorprendenti, la Turchia ha risposto firmando un accordo sui confini marittimi con il governo di accordo nazionale della Libia (GAN) riconosciuto a livello internazionale, impegnandosi a mandare appoggio militare per aiutare Tripoli nella sua lotta contro le forze leali al generale Khalifa Haftar.

La Turchia non permetterà nessuna attività contraria ai suoi interessi nella regione,” ha detto all’agenzia di stampa Anadolu il vicepresidente Fuat Aktay, aggiungendo che “qualunque piano che ignori la Turchia non ha assolutamente alcuna possibilità di successo.”

Benché i Paesi europei abbiano prontamente condannato Ankara, quest’ultima è riuscita a cambiare le regole del gioco avanzando pretese su vaste aree rivendicate anche dalla Grecia e da Cipro come parte delle loro cosiddette zone economiche esclusive (ZEE).

Non solo la Turchia farà perforazioni di gas naturale nelle acque territoriali libiche, ma anche in acque contese nei pressi di Cipro. Ankara accusa Cipro di violare “pari diritti sulle scoperte”, un accordo seguito al conflitto militare tra i due Paesi nel 1974.

Se la questione non verrà risolta il progetto del gasdotto EastMed potrebbe trasformarsi in una fantasticheria. Quello che sembrava un accordo molto conveniente, con un’enorme importanza geopolitica dal punto di vista di Israele, ora pare essere un’ulteriore estensione del più generale conflitto mediorientale.

Mentre l’UE è ansiosa di allentare il controllo strategico della Russia sul mercato del gas naturale, il gasdotto EastMed appare sempre più irrealizzabile, da ogni punto di vista.

Tuttavia, considerando gli enormi giacimenti di gas naturale che già riforniscono i mercati europei in difficoltà, è praticamente sicuro che il gas naturale del Mediterraneo diventerà probabilmente una delle maggiori cause di conflitto politico, se non di guerra.

Ramzy Baroud è giornalista e direttore di The Palestine Chronicle. È autore di cinque libr, di cui l’ultimo è These Chains Will Be Broken: Palestinian Stories of Struggle and Defiance in Israeli Prisons [Queste catene saranno spezzate: storie palestinesi di lotta e sfida nelle carceri israeliane], (Clarity Press, Atlanta). Baroud è ricercatore senior non residente presso il Center for Islam and Global Affairs (CIGA), dell’Università Zaim di Istanbul (IZU).

(traduzione dall’inglese di Amedeo Rossi)