‘Ottantunesimo giorno dell’operazione “Inondazione Al-Aqsa”: l’OMS afferma che il sistema sanitario di Gaza è stato “decimato” dai bombardamenti israeliani

Mustafa Abu Sneineh  

 26 dicembre 2023 – Mondoweiss

Vittime

  • Oltre 20.674 uccisi* e almeno 54.536 feriti nella Striscia di Gaza.

  • 305 palestinesi uccisi nella Cisgiordania occupata e a Gerusalemme est.

  • Israele ha rivisto al ribasso da 1.400 a 1.147 la stima del numero di morti del 7 ottobre.

  • 491 soldati israeliani uccisi e almeno 1.952 feriti dal 7 ottobre.

* Questo dato è stato confermato dal ministero della Sanità di Gaza il 25 dicembre. A causa delle interruzioni della rete di comunicazione all’interno della Striscia di Gaza da metà novembre il ministero della Sanità di Gaza non è in grado di aggiornare regolarmente e in modo accurato i propri dati. Tenendo conto dei dispersi, alcune associazioni per i diritti umani portano la stima del numero di morti a circa 28.000.

Avvenimenti principali

  • Il leader di Hamas Yahya Sinwar afferma che i combattenti hanno inflitto perdite e danni alle forze israeliane colpendo dal 7 ottobre non meno di 5.000 soldati e attaccando 750 veicoli militari.L’esercito israeliano sostiene che l’aviazione ha lanciato più di 100 attacchi in 24 ore contro Gaza.

  • La Mezzaluna Rossa palestinese afferma che i suoi uffici di Khan Younis sono stati bombardati dall’artiglieria israeliana, che ha distrutto il piano superiore e ha ferito parecchi palestinesi che vi si erano rifugiati.

  • Il personale dell’OMS ha sentito racconti strazianti di sopravvissuti palestinesi del bombardamento israeliano contro il campo profughi di Al-Maghazi, che ha ucciso 70 persone.

  • Le forze israeliane hanno pesantemente bombardato quartieri di Khan Younis e i dintorni dell’ospedale Nasser, cercando di conquistare un avamposto nel sud di Gaza.

  • Forze israeliane hanno ucciso due palestinesi nel campo profughi di Al-Fawwar a Hebron, nel sud della Cisgiordania.

  • Dopo aver fatto irruzione nella sua casa a Ramallah, le forze israeliane hanno arrestato la nota attivista politica Khalida Jarrar,.

  • Forze israeliane hanno fatto irruzione nel campo profughi di Nur Shams a Tulkarem per circa otto ore, hanno fatto saltare in aria tre proprietà e arrestato parecchi palestinesi.

Il leader di Hamas loda la tenacia dei palestinesi contro l’aggressione israeliana

In una lettera pubblicata dal sito in arabo di Al-Jazeera, nel suo primo messaggio pubblico dal 7 ottobre il leader di Hamas Yahya Sinwar ha affermato che le brigate Izz al-Din Al-Qassam stanno conducendo una feroce battaglia senza precedenti contro le forze dell’occupazione israeliana nella Striscia di Gaza.

La lettera di Sinwar era indirizzata ai membri dell’ufficio politico di Hamas durante il dialogo per i tentativi di mediazione egiziani e qatarini per raggiungere un accordo di cessate il fuoco e uno scambio di ostaggi con Israele. Tuttavia più tardi, lunedì, Al-Jazeera ha tolto dal sito la lettera.

Sinwar ha affermato che i combattenti della resistenza hanno inflitto perdite significative alle forze israeliane, colpendo almeno 5.000 soldati e uccidendone un terzo. Il leader di Hamas ha aggiunto che i combattenti della resistenza hanno attaccato un totale di 750 veicoli militari, determinandone a quanto ha affermato la distruzione totale o parziale.

Ha aggiunto che i palestinesi della Striscia di Gaza “hanno fornito un esempio di sacrificio, eroismo, lealtà, solidarietà e interdipendenza senza precedenti” durante la guerra, in cui le forze israeliane hanno ucciso più di 20.000 palestinesi e ne hanno feriti circa 55.000.

I dati ufficiali israeliani indicano che fino a lunedì nei combattimenti sono stati uccisi 156 soldati israeliani. Tuttavia questi numeri potrebbero essere più alti, in quanto in base a fonti indipendenti l’esercito israeliano avrebbe imposto un ordine di riservatezza che impedisce ai media israeliani di dare informazioni sulle vittime israeliane nella Striscia di Gaza.

Forze israeliane bombardano gli uffici della Mezzaluna Rossa palestinese a Gaza

Martedì mattina l’esercito israeliano ha affermato che nelle ultime 24 ore l’aviazione ha lanciato nella Striscia di Gaza più di 100 attacchi.

Martedì la Mezzaluna Rossa palestinese (PRCS) ha detto che i suoi uffici a Khan Younis, nel sud della Striscia di Gaza, sono stati attaccati da un bombardamento dell’artiglieria israeliana che ha distrutto il piano superiore. Vari sfollati palestinesi che vi si erano rifugiati sono rimasti feriti.

La PRCS ha affermato che l’equipaggio di un’ambulanza è sopravvissuto “miracolosamente” al bombardamento israeliano di lunedì mentre stava trasportando i corpi di palestinesi uccisi nel quartiere di Al-Katiba a Khan Younis. Forze israeliane la scorsa settimana hanno anche arrestato parecchi dipendenti della PRCS nel centro ambulanze di Jabalia, nel nord di Gaza, dopo avervi fatto irruzione.

Dal 7 ottobre la PRCS, che nella Striscia di Gaza gestisce vari ambulatori medici e ospedali convenzionati, opera in condizioni durissime e con carenza di rifornimenti sufficienti di medicine e carburante. Dal 7 ottobre sono stati uccisi dai bombardamenti israeliani almeno 284 membri del personale, molti dei quali mentre stavano fornendo interventi di pronto soccorso e assistenza medica.

Lunedì pomeriggio il ministero della Sanità di Gaza ha detto che da ottobre 20.674 persone sono state uccise come martiri e 54.536 ferite nei bombardamenti israeliani.

Il personale dell’OMS ha sentito storie orribili dai sopravvissuti palestinesi del massacro di Al-Maghazi

Domenica notte almeno 70 palestinesi sono stati uccisi nel bombardamento israeliano di case nel campo profughi di Al-Maghazi, nella zona centrale di Gaza. Il direttore dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) Tedros Adhanom Ghebreyesus ha scritto su X che nell’ospedale Al-Aqsa il personale dell’OMS ha sentito “storie terribili” da vittime del brutale bombardamento di Al-Maghazi.

“Il personale dell’OMS ha ascoltato resoconti strazianti, che sono condivisi sia da lavoratori sanitari che dalle vittime, delle sofferenze causate dalle esplosioni. Un bambino ha perso tutta la sua famiglia nell’attacco contro il campo. Un infermiere dell’ospedale ha sofferto la stessa perdita, in quanto tutta la sua famiglia è stata uccisa,” ha scritto Ghebreyesus.

Ha aggiunto che il personale sanitario dell’ospedale Al-Aqsa ha cercato di salvare la vita di Ahmad, un bambino di 9 anni, che aveva subito una ferita alla testa dovuta a schegge e detriti provocati da un’esplosione israeliana mentre stava attraversando una strada ad Al-Maghazi.

“I medici ci hanno detto che le sue ferite erano talmente serie che non sarebbe sopravvissuto,” ha scritto lunedì.

“L’ospedale (Al-Aqsa) sta assistendo molti più pazienti di quanti la sua capienza e il suo personale possano gestire. Molti non sopravviveranno all’attesa. Al momento l’ospedale ha in funzione cinque sale operatorie e altre due sono gestite da (Medici senza Frontiere), ma non è ancora sufficiente,” ha aggiunto.

Ghebreyesus ha chiesto un cessate il fuoco e ha affermato che il personale dell’OMS sta assistendo alla distruzione del sistema sanitario di Gaza, che è stato “messo in ginocchio” dalla prosecuzione dei bombardamenti israeliani.

Gemma Connell, dell’agenzia umanitaria dell’ONU (OCHA), martedì ha detto alla BBC che lunedì le condizioni dell’ospedale Al-Aqsa erano “una totale carneficina”.

Connell ha affermato che durante la sua visita all’ospedale “ci sono stati nuovi attacchi aerei che hanno colpito aree limitrofe all’ospedale nella zona centrale [della Striscia] e vi venivano portate nuove vittime.”

“Tragicamente ho visto spirare un bambino di nove anni con una terribile ferita alla testa,” ha aggiunto. “Quando dico che ci sono stati di nuovo attacchi oggi e che sono arrivate vittime, alcuni di questi attacchi sono avvenuti in zone in cui era stato detto alla gente di spostarsi, il che, penso, riprende ancora una volta il ritornello che sono così stanca di dire: a Gaza non ci sono posti sicuri.”

Le forze israeliane concentrano la potenza di fuoco contro Khan Younis, nel tentativo di conquistare un avamposto nel sud di Gaza

Nelle ultime 24 ore le forze israeliane hanno intensificato la campagna di bombardamenti nella Striscia di Gaza concentrando la loro potenza di fuoco contro Khan Younis e nelle zone meridionali [della Striscia di Gaza], mentre le forze di terra cercano di conquistare un avamposto nella seconda città più grande dell’enclave costiera.

Almeno dieci palestinesi sono stati uccisi in un attacco aereo israeliano nella città di Khan Younis. L’agenzia di stampa Wafa informa che le forze israeliane hanno bombardato anche i dintorni dell’ospedale Nasser, le case della famiglia Al-Najjar a sud dell’area di Kaizan Al-Najjar a Khan Younis e della famiglia Abu Rizqa nel quartiere olandese della città.

Lunedì pomeriggio gli attacchi aerei israeliani hanno ucciso cinque palestinesi nel quartiere di Al-Amal di Khan Younis. Il ministero della Sanità di Gaza ha affermato che da domenica pomeriggio le forze israeliane hanno commesso 25 massacri, uccidendo almeno 250 palestinesi e ferendone altri 500.

Ad est e a nord di Khan Younis le forze israeliane hanno colpito con bombardamenti di artiglieria e attacchi aerei le cittadine di Bani Suheila, Al-Bureij e i campi profughi di Al-Maghazi.

Anche Juhr Al-Dik, una zona a sud-est di Gaza City, è stata bombardata. Juhr Al-Dik è diventata il luogo di molti attacchi dei combattenti palestinesi contro le forze israeliane schierate nella zona da fine ottobre.

Nella città meridionale di Rafah molti palestinesi feriti dagli attacchi israeliani sono stati ricoverati nell’ospedale Kuwaitiano. Forze israeliane hanno bombardato la casa della famiglia Al-Amsi in piazza Al-Najmeh a Rafah e un’altra casa nel campo profughi di Al-Shaboura. Lunedì pomeriggio forze israeliane hanno bombardato anche la città di Deir Al-Balah.

Forze israeliane hanno assaltato il campo profughi di Nour Shams, uccidendo due palestinesi a Hebron

Martedì mattina forze israeliane hanno ucciso due palestinesi nella Cisgiordania occupata.

Il ministero della Sanità ha affermato che Ibrahim Majid Abdel Majeed al-Titi, 31 anni, e Ahmad Muhammad Yousef Yaghi, 17, sono stati uccisi da fuoco israeliano nel campo profughi di Al-Fawwar a Hebron, nel sud della Cisgiordania.

Martedì mattina forze israeliane hanno attaccato Al-Fawwar e hanno sparato proiettili veri contro palestinesi, uccidendo Yaghi e al-Titi. Il numero totale di palestinesi uccisi dalle forze israeliane e dai coloni nella Cisgiordania occupata e a Gerusalemme dal 7 ottobre è salito a 305.

La Wafa ha informato che durante la notte forze israeliane hanno arrestato 55 palestinesi. Gli arrestati più famosi sono l’attivista politica Khalida Jarrar, 60 anni, e Rashad Karaja, capo del consiglio comunale del villaggio di Safa, nei pressi di Ramallah. Sia Jarrar che Karaja sono importanti attivisti di sinistra.

Le forze israeliane hanno fatto irruzione nella casa di Jarrar nella città di al-Bireh, nei pressi di Ramallah, ed hanno perquisito i suoi effetti personali. Jarrar è stata arrestata molte volte nel corso degli anni ed ha scontato varie sentenze consecutive di detenzione amministrativa, l’ultima nel 2021, dopo di che è stata rilasciata dalla prigione israeliana. La figlia minore di Jarrar, Suha, è morta durante l’ultimo periodo di detenzione di sua madre, e Jarrar, nonostante fosse in prigione senza accuse né processo, non ha potuto partecipare al funerale della figlia.

A Hebron forze israeliane hanno arrestato anche 17 palestinesi delle famiglie Abu Hadid e Al-Atrash, mentre al check point militare di Barta’a, a sud della città di Jenin, sono stati arrestati anche altri 17 operai e commercianti prima di essere trasferiti nei centri di detenzione di Salem e Huwwara.

La Wafa ha informato che durante la notte a Betlemme sono stati arrestati 15 palestinesi, tra cui due donne e un giornalista.

Secondo il Club dei Prigionieri Palestinesi da ottobre le forze israeliane hanno arrestato un totale di 4.785 palestinesi dalle loro case o ai posti di controllo militari. Dopo un’incursione di circa otto ore nel campo profughi di Nour Shams, a est della città di Tulkarem, martedì mattina le forze israeliane si sono ritirate dalla zona.

Forze israeliane hanno fatto saltare in aria tre case a Nour Shams, tra cui quella di Odeh Khalil Arif Hassan, 38 anni, nel quartiere di Al-Maslakh. Hassan era stato arrestato durante l’incursione.

La Wafa ha informato che l’esplosione ha provocato danni alle case vicine, tra cui quella di Abdul Hadi Arif e Muhammad Al-Azab.

La seconda casa che le forze israeliane hanno fatto saltare in aria è stata quella di Yousef al-Zindeeq, situata all’ingresso di Nour Shams. Il secondo piano della casa di Musa Al-Azb è stato in seguito fatto esplodere, provocando un incendio.

La Wafa ha riportato che durante il raid forze israeliane hanno vandalizzato case palestinesi e hanno requisito telefonini, arrestando Abdel Karim Omar Nasrallah, 27 anni, e Ahmad Muhammad Abu Zahra, 26.

Bulldozer israeliani hanno sfasciato vari veicoli palestinesi, distrutto muri e danneggiato strade a Nour Shams. Un edificio in costruzione nella zona di Aktaba è stato colpito con bombe anticarro Energa.

Secondo la Wafa forze israeliane hanno fatto irruzione anche nella città di Tulkarem, e Nour Shams è diventato una “zona militare” chiusa, il che impedisce l’ingresso e l’uscita di palestinesi del campo, mentre un aereo da ricognizione israeliano ha sorvolato a bassa quota la zona.

(traduzione dall’inglese di Amedeo Rossi)




I soccorritori di Gaza tormentati per coloro che non hanno potuto salvare

Ruwaida Kamal Amer

19 dicembre 2023 – +972 Magazine

Le squadre della protezione civile lavorano 24 ore su 24 con risorse ridottissime per aiutare i palestinesi intrappolati sotto le macerie. Troppo spesso è una battaglia persa.

Non riesco a dormire nemmeno per un minuto. Sono continuamente ossessionato dalle voci e dalle grida delle persone sotto le macerie che ci pregano di tirarle fuori.”

Ecco come Ibrahim Musa, un ventisettenne del campo profughi di Al-Bureij nel centro della Striscia di Gaza, descrive la sua vita dopo l’inizio del bombardamento di Israele. Non solo lotta per sopravvivere giorno dopo giorno come tutti nell’enclave assediata, ma Musa è anche uno degli oltre 14.000 addetti al soccorso inclusi nelle squadre di difesa civile di Gaza, che dopo ogni attacco aereo israeliano guidano i tentativi di salvare le vite di chi è rimasto intrappolato sotto le macerie.

Musa, pur avendo lavorato nella protezione civile di Gaza per cinque anni – anche durante le tante aggressioni israeliane alla Striscia, come in periodi di relativa “calma” in cui il lavoro consiste nel soccorrere le persone in casi di emergenza più comuni – non ha mai assistito a qualcosa di simile a ciò che sta accadendo adesso. Secondo il Ministero della Sanità di Gaza dall’inizio della guerra si contano più di 8.000 persone disperse, di cui la gran maggioranza si pensa sia sepolta sotto le macerie. Molti di loro sono probabilmente morti nonostante tutti gli sforzi degli operatori della difesa civile come Musa, che non sono in grado di competere con il livello di distruzione che si è abbattuto su Gaza nelle ultime settimane.

Non abbiamo le attrezzature per rimuovere le macerie,” spiega Musa. “Se si tratta di un edificio di parecchi piani non c’è molto che possiamo fare. Ci vogliono molte ore e molti tentativi per ottenere qualche progresso.”

Arrivati sulla scena della distruzione dopo un attacco aereo israeliano, gli operatori della protezione civile devono cercare velocemente di capire con che cosa hanno a che fare. “Normalmente non sappiamo chi è intrappolato di sotto o quante persone stiamo cercando, perciò chiamiamo tra le macerie chiedendo se qualcuno è vivo e può dirci quante persone vivevano in questa casa.”, dice Musa. “Gridiamo finché qualcuno ci sente. A volte c’è una risposta immediata, ma spesso sentiamo solo dei gemiti che cerchiamo di seguire per salvare quelle persone.”

Una situazione che i soccorritori di Gaza affrontano regolarmente è dover cercare di calmare i bambini che sono intrappolati sotto le rovine della loro casa. “I bambini chiamano da sotto le macerie chiedendo dei membri della loro famiglia”, continua Musa. “A volte mentiamo e diciamo che stanno tutti bene in modo che non rimangano scioccati. Altre volte chiamano per dirci che un membro della famiglia che viveva vicino a loro è diventato un martire.”

Musa spesso ha l’impressione che lui e i suoi colleghi stiano combattendo una battaglia persa. “Non si tratta di una o due case bombardate, ma di interi complessi residenziali”, spiega. “L’intera area è completamente distrutta e diventa un unico cumulo di macerie. Dobbiamo scavare con le mani per tirar fuori le persone ferite ancora vive. Cerchiamo di stare attenti perché il peso delle macerie sui loro corpi potrebbe far sì che noi gli facciamo del male, persino fargli perdere degli arti nel tentativo di salvarli.”

La mia giornata è iniziata il 7 ottobre e non è ancora finita’

Ahmed Abu Khudair di Deir al-Balah, nel centro di Gaza, è un altro membro della protezione civile. Come Musa descrive questa guerra come “più aggressiva e violenta” di tutti i precedenti attacchi di Israele contro la Striscia; di fatto ritiene che l’esercito israeliano stia cercando attivamente di infliggere il maggior danno possibile alla popolazione civile di Gaza.

Gli stessi operatori della protezione civile non sono immuni dagli attacchi israeliani: almeno 32 di loro sono stati uccisi dall’inizio della guerra, compresi sette membri della squadra di Abu Khudair. Lui pensa che non sia stato per sbaglio.

Le forze di occupazione prendono di mira deliberatamente le squadre di difesa civile e delle ambulanze”, dice Abu Khudair. “Io sono stato ferito mentre lavoravo in una casa che era stata bombardata nel sud di Gaza. Abbiamo recuperato i corpi di tre martiri e salvato parecchi feriti, ma poi la casa è stata nuovamente bombardata. Quando sono salito sul tetto di una delle case vicine per cercare le persone siamo stati esposti ad altri due missili.”

Musa concorda con l’affermazione di Abu Khudair: “A Gaza chiunque è un bersaglio”.

Nonostante lavorino regolarmente 24 ore di seguito, gli operatori della protezione civile devono accettare il fatto che non sono in grado di salvare tutte le persone sepolte dalle macerie. “Non ci sono attrezzature”, dice Abu Khudair, spiegando che mancano i bulldozer per rimuovere grandi blocchi di cemento e anche dispositivi elettronici che possano individuare la posizione delle vittime. “Lavoriamo solo con la nostra forza fisica.”

Una situazione particolarmente devastante che è rimasta impressa nella memoria di Abu Khudair è stata in seguito ad un bombardamento notturno vicino ad un distributore di benzina nella cittadina di Al-Qarara, nel sud di Gaza. “Sono arrivato sul posto e in un primo momento non ho potuto trovare alcuna vittima”, ricorda. “Poi ho sentito dei lamenti e mi sono diretto verso quei suoni. Ho scavato tra le macerie e ho trovato due gambe incastrate, che ho liberato – appartenevano a una ragazza di 12 anni di nome Aisha.” La ragazzina gli ha detto che otto membri della sua famiglia erano intrappolati sotto le macerie, oltre ad altre famiglie, compresi 9 bambini molto piccoli.

Nonostante tutti i tentativi possibili di Abu Khudair e dei suoi colleghi, semplicemente non avevano i mezzi per salvarli. Descrive questo come “uno dei momenti più duri che ho vissuto – lasciare un luogo sapendo che ci sono persone vive sotto le macerie, ma non puoi fare niente per loro e alcuni moriranno di sicuro.

Oltre a cercare di salvare ogni giorno persone che non conoscono, i soccorritori hanno anche le proprie famiglie di cui preoccuparsi. Musa è stato lontano dalla sua casa e dalla sua famiglia lavorando 24 ore su 24 fin dal primo giorno di guerra, vivendo insieme ai suoi colleghi nell’ospedale Martiri di Al-Aqsa.

Nei periodi di guerra chi di noi sta nelle squadre di soccorso non sa mai quando le nostre giornate inizieranno o finiranno”, spiega. “Quanto a me, la mia giornata è iniziata il 7 ottobre e non è ancora finita.”

Essere lontano dalla propria famiglia significa che Musa non sa come stanno i suoi famigliari e riceve solo degli aggiornamenti per telefono. “Alcuni giorni trovano rifugio in una delle scuole a causa del pesante bombardamento del nostro quartiere nel campo [profughi] di Al-Bureij, altri giorni ritornano a casa”, dice. “Manco ai miei figli quanto loro mancano a me.”

Musa ha incontrato sua moglie e i suoi due figli solo una volta in più di due mesi – in seguito ad un attacco aereo vicino alla loro casa. “Mi hanno detto che c’era stato un bombardamento di una casa nel campo”, ricorda Musa. “Ero molto preoccupato per la mia famiglia. Con il veicolo della difesa civile siamo arrivati sempre più vicino alla strada in cui si trova la nostra casa, finché mi sono trovato alla porta del nostro edificio.”

Il bombardamento, prosegue Musa, aveva preso di mira la casa di suo zio, che è nello stesso edificio della sua famiglia. “Ho sentito tutti gridare e piangere. Mi sono messo a cercare mio zio e i suoi figli e chiunque si trovasse nella casa. Ho saputo che mio fratello di 19 anni, Abdul Rahman, era da loro, ma non ne ho trovato traccia. Il suo corpo era stato fatto a pezzi e mia sorella lo ha riconosciuto solo dai pantaloni che indossava; glieli aveva portati in regalo dall’Egitto solo pochi giorni prima della guerra.”

Poi ho visto mia moglie e i miei bambini, per pochi minuti,” prosegue Musa. “Erano salvi, ma terrorizzati.”

Nonostante gli orrori che affrontano, Musa e Abu Khudair trovano un senso profondo nel loro lavoro. “Sentiamo che questi sono nostri figli, nostri fratelli, nostri familiari che stiamo salvando”, spiega Musa. “Proviamo un senso di vittoria quando riusciamo a tirar fuori dalle macerie qualcuno in sicurezza. Ma quando sentiamo le grida di aiuto dei bambini sotto le macerie, nessuno di noi può trattenere le lacrime.”

Ê il nostro lavoro”, dice Abu Khudair. “Anche se Israele non rispetta il diritto internazionale, la legge è dalla nostra parte e siamo protetti dalla volontà di Dio.”

Ruwaida Kamal Amer è una giornalista indipendente corrispondente da Khan Younis.

(Traduzione dall’inglese di Cristiana Cavagna)




“Allarmante”: i palestinesi accusano il procuratore generale della CPI di parzialità dopo la visita in Israele

Mat Nashed e Zena Al Tahhan

9 dicembre 2023 – Al Jazeera

Sebbene la CPI rappresenti un’alternativa ai tribunali israeliani, nessun mandato di arresto è stato emesso contro politici e comandanti militari israeliani

Cisgiordania occupata – Il 2 dicembre Eman Nafii è stata una delle decine di palestinesi invitati a un incontro con il procuratore generale della Corte Penale Internazionale nella Cisgiordania occupata Karim Khan. In quanto moglie del prigioniero palestinese detenuto da più anni in Israele, Nafii voleva parlare a Khan di suo marito e dell’occupazione israeliana.

Ma Khan ha passato la maggior parte dell’incontro a parlare prima che i suoi collaboratori dessero a Nafii e ad altre vittime palestinesi solo 10 minuti per condividere le loro storie.

Le persone erano arrabbiate. Gli hanno detto: ‘Sei venuto per ascoltarci 10 minuti? Come possiamo venire a parlarti delle nostre vicende in 10 minuti?” dice Nafii ad Al Jazeera.

Una delle donne (tra noi) era di Gaza. Ha perso 30 membri della sua famiglia nella (guerra in corso). Ha gridato: ‘Come possiamo spiegare questo in 10 minuti?’”

Benché alla fine Khan abbia ascoltato le vittime per circa un’ora, i palestinesi temono che egli applichi un doppio standard concentrando il suo impegno contro Hamas e ignorando i gravi crimini che Israele è accusato di aver perpetrato in oltre due mesi di una guerra letale.

Molti sono stati delusi del fatto che Khan abbia accettato un invito israeliano a visitare le comunità e le zone israeliane attaccate da Hamas il 7 ottobre rifiutando invece l’invito dei palestinesi a visitare centinaia di colonie illegali e posti di blocco israeliani e campi di rifugiati nella Cisgiordania occupata.

Durante la sua visita di 3 giorni Israele non ha consentito a Khan di entrare a Gaza, dove dal 7 ottobre Israele ha ucciso più di 17.000 persone ed espulso dalla propria casa la maggioranza dei 2.3 milioni di abitanti dell’enclave assediata.

La maggior parte delle persone uccise sono donne e minori, mentre migliaia di giovani ora sono stati rastrellati, molti denudati e portati in località sconosciute. Alcuni giuristi hanno segnalato che le atrocità di Israele a Gaza potrebbero presto configurare un genocidio.

Secondo politici, vittime e giuristi palestinesi, nonostante le crescenti prove e le continue atrocità, Khan ha evidenziato scarso interesse nel mettere seriamente sotto inchiesta Israele.

Khan si è dimostrato entusiasta di iniziare questa indagine (nei territori occupati) dopo il 7 ottobre. Ciò è allarmante,” afferma Omar Awadallah, che monitora le organizzazioni ONU per i diritti umani come membro dell’Autorità Palestinese, l’entità politica che governa la Cisgiordania.

(L’Autorità Palestinese) gli ha attribuito la competenza retroattivamente a partire dal 2014. (Khan) non può dire di non vedere i crimini commessi (nei territori occupati) dal 2014 fino al 7 ottobre,” ha detto Awadallah ad Al Jazeera.

Un’alternativa possibile?

Il 2 gennaio 2015 lo Stato di Palestina ha firmato lo Statuto di Roma, attribuendo alla CPI la competenza per indagare su atrocità come crimini di guerra, crimini contro l’umanità e genocidio nella Cisgiordania occupata e a Gaza.

L’iniziativa era stata accolta come una vittoria dalle associazioni per i diritti umani palestinesi e israeliane, che ne avevano abbastanza del sistema giudiziario israeliano perché non puniva politici, militari e coloni israeliani responsabili di crimini come il furto di terre e uccisioni extragiudiziarie nei territori occupati.

Secondo Yesh Din, un’organizzazione israeliana per i diritti umani che si oppone alla colonizzazione illegale in Cisgiordania, i palestinesi vittime di soldati israeliani hanno meno dell’1% di probabilità di ottenere giustizia se presentano una denuncia in Israele.

Secondo un esperto giuridico di Al Mezan, un’organizzazione per i diritti umani che chiede giustizia per Gaza, benché la CPI rappresenti un’alternativa ai tribunali israeliani, nessun mandato di arresto è stato emesso contro politici o militari israeliani per aver commesso crimini di guerra e contro l’umanità a Gaza e in Cisgiordania.

Abbiamo sottoposto parecchie analisi legali e prove all’ufficio del procuratore generale anche prima che Khan venisse eletto” dice ad Al Jazeera l’esperto, che chiede di rimanere anonimo per timore di rappresaglie da parte delle autorità israeliane. “Pensiamo che l’ufficio (di Khan) abbia già sufficienti prove per emettere mandati di arresto contro dirigenti politici e militari israeliani.”

Dopo essere tornato dalla sua visita di tre giorni in Israele e Cisgiordania, Khan ha rilasciato una dichiarazione in cui ha appena accennato alle crescenti prove che coinvolgono Israele nella commissione di crimini contro l’umanità, come quello di apartheid in Cisgiordania e crimini di guerra in Cisgiordania e Gaza.

Khan ha semplicemente affermato che la sua visita non era “di natura investigativa” e ha chiesto a Israele di rispettare i principi giuridici di “distinzione, precauzione e proporzionalità” nella sua campagna di bombardamenti e nell’offensiva di terra in corso a Gaza.

Khan ha utilizzato un tono diverso quando si è riferito agli attacchi di Hamas il 7 ottobre, definendoli “gravi crimini internazionali che sconvolgono le coscienze dell’umanità.”

Il comunicato di Khan ha indignato le vittime palestinesi che aveva incontrato brevemente a Ramallah.

Ciò che ci ha veramente contrariati è stato quello che ha scritto dopo la visita,” afferma Nafii. “Non avrebbe dovuto tracciare un’equivalenza tra la vittima e i suoi assassini. Volevamo che dicesse agli israeliani di smettere di fare quello che stanno facendo ai detenuti e di (fermare) quello che stanno facendo a Gaza.”

Al Jazeera ha inviato alcune domande scritte all’ufficio di Khan che accolgono le critiche palestinesi alla sua visita in Cisgiordania e al suo comunicato. L’ufficio ha risposto inviando ad Al Jazeera alcune precedenti dichiarazioni di Khan senza rispondere ad alcuna delle domande.

Politicamente compromesso?

Nel settembre 2021 Khan aveva affermato che avrebbe dato minore priorità ai crimini commessi dalle forze statunitensi in Afghanistan e concentrato la sua indagine sulle atrocità commesse dai talebani e dallo Stato Islamico ISKP (ISIS-K) nella provincia del Khorasan.

I critici pensano che Khan si sia inchinato alle pressioni politiche da parte degli Stati Uniti, uno Stato che non aderisce allo Statuto di Roma e che aveva sanzionato il predecessore di Khan per aver osato aprire un’indagine contro le truppe americane in Afghanistan.

Ma Khan ha giustificato la propria decisione sostenendo che la Corte ha risorse limitate e che i talebani e lo Stato Islamico hanno commesso crimini più gravi. Ora i palestinesi temono che Khan possa far ricorso a una giustificazione simile per indagare contro Hamas ma non contro Israele.

Non abbiamo ancora visto un procuratore generale che prenda seriamente in considerazione la questione della Palestina, il che dimostra che tutto il sistema delle leggi internazionali è stato fatto a pezzi,” afferma Diana Buttu, una giurista palestinese.

Butto aggiunge che la CPI è di fatto diventata un tribunale che agisce per gli interessi politici di potenti Stati occidentali invece che in base a principi strettamente giuridici.

Cita la decisione di Khan di incriminare il presidente russo Vladimir Putin per crimini di guerra commessi durante l’invasione russa dell’Ucraina.

La CPI è diventata un tribunale politico che è riuscito ad emettere un’incriminazione contro Putin. Ma, dopo otto settimane da quello che è presumibilmente il peggior disastro (a Gaza) per mano dell’uomo, il procuratore generale è rimasto in silenzio ed è venuto (in visita) su richiesta di Israele.”

Nafii è d’accordo e aggiunge che Khan non può sostenere di non sapere o di essere all’oscuro delle atrocità israeliane contro i palestinesi.

Quante persone vuole vedere morte prima di parlare?” dice ad Al Jazeera. “Vorrei che fosse abbastanza coraggioso da dire la verità e dirla pubblicamente.”

(traduzione dall’inglese di Amedeo Rossi)




La Palestina è il genocidio che noi, popolo ebraico, possiamo fermare

Amanda Gelender

24 novemebre 2023 – Middle East Eye

Non possiamo consentire che l’anima morale dell’ebraismo muoia a causa del nostro silenzio collettivo sulla guerra genocida contro i palestinesi a Gaza

Mi siedo per scrivere questa lettera d’amore al mio amato popolo ebraico, mentre un genocidio si svolge sul mio schermo.

Questa lettera sgorga dal mio cuore verso i vostri. È un appello all’azione per risollevarci in solidarietà con la Palestina. Ho tanta profonda tenerezza per noi, la nostra storia e le orgogliose tradizioni che abbiamo mantenuto attraverso secoli di indicibili ingiustizie.

Sono cresciuta come alcuni di voi andando alla sinagoga in una comunità ebraica progressista americana. Celebrare e sostenere Israele era parte di quello che significava essere ebrea dal punto di vista culturale e religioso. Quando sono arrivata per la prima volta a comprendere quanto stava realmente succedendo nei territori palestinesi occupati avevo 18 anni ed ero iscritta al primo anno di college. Una coetanea ebrea mi parlò dei soprusi che Israele commette nel nostro nome.

Non sono orgogliosa di ammettere che il fatto che lei fosse ebrea fu probabilmente la sola ragione per cui le diedi ascolto: mi era stato insegnato dalla mia comunità che solo il popolo ebraico può realmente capire quanto Israele sia importante per la nostra sicurezza e il nostro benessere. Ripensandoci, vorrei aver creduto prima ai palestinesi.

I palestinesi hanno autorità sulla loro lotta per la libertà. Ma l’indottrinamento e il timore instillatimi in quanto bambina ebrea era troppo forte da superare finché la bolla del sionismo è scoppiata. Quando sono arrivata ad apprendere per la prima volta la dimensione della continua brutalità di Israele contro il popolo palestinese ho stentato a crederci. Gli adulti ebrei della mia famiglia mi parlavano di giustizia, diritti umani e dell’obbligo morale degli ebrei di coltivare il cambiamento sociale e di “migliorare il mondo” (tikkun olam). 

Com’è possibile che il mio popolo possa omettere la verità riguardo all’apartheid e all’occupazione israeliane? Mi è stato insegnato che Israele venne fondato su un pezzo di terra vuoto, non che le bande terroristiche sioniste fecero irruzione nei villaggi uccidendo 15.000 palestinesi e cacciandone altri 750.000 durante la Nakba [la pulizia etnica del 1947-49, ndt.]. Semplicemente non ne sapevano niente, come me?

L’inganno sionista

La posizione secondo cui “chiunque critichi Israele è antisemita” è diventata sempre più debole di fronte alla crescente lista di crimini di guerra commessi da Israele. Se tutto quello che mi era stato detto riguardo a Israele non era vero, cos’altro era falso?

E cosa significa continuare a far parte della comunità ebraica, dato che di fatto tutti i miei coetanei ebrei sono ancora tacitamente o attivamente coinvolti nella menzogna del nazionalismo sionista?

Una volta svanita la negazione, è arrivata la rabbia. Persone di cui ci fidavamo ci avevano mentito; siamo stati ingannati in modo che sostenessimo uno Stato di apartheid che maltratta minorenni e tortura senza pietà nel nostro nome. Giovani ebrei, compresa me, sono stati coinvolti in un continuo genocidio contro il popolo palestinese durato 75 anni.

Ci sono state terribili, inimmaginabili violazioni dei diritti umani commesse con la scusa di proteggere le vite degli ebrei, quando in realtà una tranquilla pace coloniale è possibile solo attraverso la continua repressione dei palestinesi. Non c’è nessuna sicurezza per chi è sotto occupazione.

Ci è stato insegnato che Israele rappresenta una speranza di rifugio ritagliato per gli ebrei dopo l’Olocausto, qualcosa di prezioso che dobbiamo proteggere a ogni costo. Era “l’unica Nazione per il popolo ebraico”, la nostra patria, il nostro retaggio: Israele.

Ci è stato insegnato [che abbiamo] un intrinseco diritto su un pezzo di terra dall’altra parte del mondo. Israele era una seconda, possibile patria per noi, ma la storia guarda caso ometteva il fatto che la Palestina è l’unica patria per i palestinesi, che hanno posseduto la terra per generazioni.

Israele continua a negare ai palestinesi il diritto di visitarla e il diritto inalienabile di tornare inpatria, ma in quanto ebrea nata in California posso visitarla quando voglio e Israele mi pagherà persino per andarci a vivere su terra rubata ai palestinesi.

Non ci è stato insegnato che Israele è totalmente finanziato dagli USA e funge da avamposto strategico dell’Occidente imperialista per l’estrazione di materie prime, la sperimentazione di armi, l’addestramento della polizia statunitense e altro. Nessuno mi ha detto che la nascita di Israele ha richiesto la morte di palestinesi, una pulizia etnica opportunamente nascosta sotto il tappeto in modo che il popolo ebraico possa avere qualcosa di scintillante e pulito; che è una Nazione militarizzata fondata su mucchi di corpi di palestinesi bruciati, una patria ebraica costruita su fosse comuni di nativi.

Lotta per la libertà contro la colonizzazione

La storia di Israele non è nuova. È ben nota ai popoli colonizzati in tutto il mondo. Perpetua lo stesso suprematismo bianco, la menzogna colonialista che i coloni arrivati all’isola della Tortuga (nel Nord America) dissero a se stessi per giustificare il genocidio dei popoli indigeni: in nome del progresso, della modernità e della democrazia il colonizzatore deve demolire, uccidere e distruggere.

In base a questa menzogna il colonizzatore deve saccheggiare la terra come destino manifesto, dall’Atlantico al Pacifico, e uccidendo violentemente quanti più “terroristi nativi selvaggi” possibile per espandere le conquiste territoriali e costruire case sicure per le famiglie di coloni.

La Palestina non è impegnata in una guerra santa, è una lotta per la libertà dal colonialismo. I palestinesi non hanno scelto il popolo ebraico perché colonizzasse la loro terra e hanno il diritto morale e giuridico di resistere all’occupazione indipendentemente da chi sia l’occupante. La sicurezza degli ebrei è destinata al fallimento finché continuerà la violenta occupazione della Palestina. La nostra liberazione è strettamente collegata a ciò.

Siamo in un momento senza precedenti nella storia. Si sta svolgendo un genocidio davanti ai nostri occhi, mentre corpi sono ammassati in fosse comuni fuori dagli ospedali bombardati e dai campi profughi. Un movimento di solidarietà globale con la Palestina ha penetrato il velo di benessere occidentale, un’evasione dalla prigione dell’assedio.

E mentre l’esercito israeliano appoggiato dagli USA continua a far piovere bombe sul popolo di Gaza assediato, molti del mio popolo ebraico stanno seduti a guardare, o lo stanno appoggiando attivamente.

Con il nostro silenzio noi popolo ebraico nel mondo siamo co-firmatari di questo genocidio. Molti hanno considerato che è “troppo complicato”, con la minaccia di essere allontanati da amici, famiglia e colleghi. Non vogliamo rischiare conseguenze concrete.

Deludente asimmetria

Ma famiglie palestinesi vengono uccise nel sonno, brutalizzate con il fosforo bianco incendiario, prese di mira da cecchini nei reparti di maternità degli ospedali, fatti morire di fame e disidratati, senza acqua potabile e obbligati a marce della morte. Stanno estraendo morti, bambini insanguinati dalle polverose rovine di macerie bombardate.

Eppure i miei coetanei ebrei in Occidente dicono che sono loro a temere un genocidio. Questa deludente asimmetria deve finire, in modo che possiamo concentrare risorse e attenzione verso quelli che affrontano una minaccia concreta di eliminazione in questo massacro della dignità umana assolutamente evitabile.

La richiesta dei palestinesi in questo momento è chiara: cessate il fuoco subito. Fine dell’assedio contro Gaza e dell’occupazione illegale. Rispetto del diritto al ritorno. I palestinesi ci stanno chiedendo di testimoniare il loro genocidio, fare pressione sui nostri rappresentanti per un immediato cessate il fuoco e boicottare quanti stanno traendo profitto dall’occupazione illegale. Ogni giorno senza cessate il fuoco il numero di morti aumenta e Israele cancella altre famiglie dall’anagrafe.

La Palestina è il genocidio che il popolo ebraico può fermare. Non abbiamo potuto intervenire per bloccare la morte dei nostri predecessori nei campi della morte, ma possiamo e dobbiamo fermare questo genocidio dal continuare un giorno in più. Non sprechiamo il nostro urgente e sacro dovere sfruttando la sofferenza degli ebrei come scudo e clava per la violenza contro i palestinesi.

Se vi considerate persone ebree con una coscienza comprenderete che questo massacro non ha una giustificazione morale o giuridica. Questo è il momento di parlare. I palestinesi non possono aspettare che la storia li risarcisca, perché, mentre scrivo questa lettera di amore e rabbia a voi, miei fratelli ebrei, i bombardamenti aerei continuano a colpirli.

Non possiamo consentire che l’anima morale dell’ebraismo perisca con il suono del nostro silenzio collettivo sul genocidio. La nostra voce sia una preghiera per i nostri antenati ebrei e una benedizione per i nostri discendenti dicendo una volta per tutte: mai più.

Le opinioni espresse in questo articolo sono dell’autrice e non riflettono necessariamente la politica editoriale di Middle East Eye.

Amanda Gelender è una scrittrice ebrea americana antisionista che vive in Olanda. Fa parte del movimento di solidarietà con i palestinesi dal 2006.

(traduzione dall’inglese di Amedeo Rossi)




‘Annienteremo tutti a Gaza’ – una canzone di bambini israeliani chiede la distruzione di Gaza

Redazione di Palestine Chronicle

20 novembre 2023 Palestine Chronicle

Una canzone di un gruppo di giovani israeliani intitolata “Bambini della generazione della vittoria” è recentemente diventata virale sulle piattaforme dei social media ebraici.

Il testo sollecita i soldati israeliani a distruggere tutto a Gaza.

Kan, l’emittente pubblica israeliana, l’ha trasmessa con il titolo ‘Annienteremo tutti a Gaza’, ma è poi stata costretta a rimuovere il video che aveva sollevato reazioni indignate in tutto il mondo.

Le parole di “Bambini della generazione della vittoria” esprimono sostegno a soldati e all’esercito israeliani e incita i bambini in Israele in particolare e tutti gli ebrei in generale, a distruggere i palestinesi.

Kan la descrive come “una canzone di amicizia,” sottolineando che “le sue nuove parole rappresentano i ragazzi della generazione vittoriosa, e che entro un anno  là non rimarrà più niente (riferendosi alla distruzione totale di Gaza), che questi ragazzi ritorneranno alle proprie case (gli insediamenti che circondano Gaza) e che il mondo vedrà come elimineremo il nostro nemico (i palestinesi).”

Secondo i media ebraici la nuova canzone è un adattamento di ‘Malvagità,’ scritta da Haim Ghouri. La nuova versione è interpretata da ragazzi/e israeliani/e tra i 6 e i 12 anni.

La nuova canzone è stata prodotta dal Rosenbaum Communications Group, con parole di Ofer Rosenbaum e Shulamit Stolero, che hanno sottolineato il loro desiderio di non cambiare il coro di “malvagità”, conosciuto in tutte le case di Israele.

L’autore della nuova canzone, Ofer Rosenbaum, ha detto ai media in ebraico:

I bambini del video appartengono alla generazione della vittoria, questi ragazzi sono forti, coraggiosi, amano la propria patria e hanno la sola richiesta che non si ripeta più: lo Stato di Israele deve la sicurezza a loro, alle loro famiglie e a tutti i cittadini e noi l’otterremo solo con una vittoria completa a Gaza, senza concessioni.”

Uno dei ragazzi che la cantano, Aden Nezof, 11 anni, dell’insediamento di Sderot, ha detto: “Io so e credo che i nostri soldati trionferanno sui terroristi, che la mia citta risorgerà e prospererà e che io potrò tornare a casa.”

Parole della canzone ‘Malvagità modificata

La notte autunnale scende sulla costa di Gaza

Gli aerei bombardano, distruzione, distruzione

Qui l’esercito israeliano attraversa il confine

Per sterminare quelli con la svastica

Fra un anno non resterà più nulla

E noi ritorneremo sani e salvi alla nostra patria

Entro un anno li elimineremo tutti

Ritorneremo ad arare i nostri campi.

E noi tutti ricorderemo

La bellezza e la purezza del cristallo

Perché questa malvagità

Non sarà dimenticata dai nostri cuori

l’amore sacro santificato dal sangue

Tornerà a sbocciare fra noi.

E ora basta con le parole

E le nostre anime urleranno

Perché la nostra anima non è solo la nostra patria

Perché oggi anche le nostre anime stanno combattendo

Una nazione sola, per l’eternità, per sempre

Non ci fermeremo e proteggeremo le nostre case

Non resteremo in silenzio e noi e voi vedremo

Come oggi i nostri nemici sono distrutti

E noi tutti ricorderemo

La bellezza e la purezza del cristallo

Perché tale malvagità

Non sarà dimenticata dai nostri cuori

l’amore sacro santificato dal sangue

Tornerà a sbocciare fra noi.

Il video della canzone ha ricevuto aspre critiche e suscitato molte polemiche.

Il giornalista e regista Dan Cohen ha twittato: “I bambini israeliani cantano, ‘Annienteremo tutti’ a Gaza. Questo video è stato caricato e rimosso dall’emittente nazionale @kann_news. Perché insegnano ai loro figli a odiare?”

L’analista Patrick Henningsen ha commentato: “Gli americani devono capire che il sionismo è un’ideologia razzista e genocida e proprio come ogni altro movimento o culto di supremazia etnica …”

L’attivista Lema Pal ha twittato:“I bambini vengono istruiti all’arte della guerra, a loro viene insegnato a dare la priorità a distruzione, uccisioni e sono educati ad approvare il conflitto e il genocidio!”

Secondo il ministero della Salute palestinese fino ad ora Israele ha ucciso oltre 13.300 palestinesi, fra cui 5.600 minori e 3.550 donne, oltre 31.000 sono i palestinesi feriti.

L’esercito israeliano continua a colpire case di civili in tutta la Striscia di Gaza e giungono notizie di nuovi massacri ovunque nell’enclave assediata.

(traduzione dall’inglese di Mirella Alessio)




I giornalisti occidentali hanno le mani sporche del sangue palestinese

Mohammed El-Kurd

20 ottobre 2023 – The Nation

La continua de-umanizzazione dei palestinesi da parte dei principali mezzi di comunicazione sta favorendo i crimini di guerra israeliani.

Il 9 ottobre l’ambasciatore dell’Autorità Palestinese in Gran Bretagna Husam Zomlot ha concesso un’intervista alla conduttrice della BBC Kirsty Wark. “Sono stati semplicemente bombardati. Il loro edificio è stato totalmente demolito,” le ha detto. Poche ore prima dell’intervista sei dei suoi familiari erano stati vittime dell’operazione militare israeliana che ha lanciato più bombe sulla stretta e densamente popolata Striscia di Gaza in meno di una settimana di quante ne abbiano sganciate gli Stati Uniti in un anno intero sull’Afghanistan. Che è 1.800 volte più grande di Gaza.

“Mia cugina Ayah, i suoi due figli, suo marito, sua suocera e altri due parenti sono stati uccisi sul colpo mentre altri due figli più giovani, gemelli di 2 anni, ora sono in terapia intensiva,” le ha raccontato Zomlot. I membri della sua famiglia sono tra le migliaia di persone uccise dall’attacco contro la più grande prigione all’aperto del mondo, dove due milioni di persone sono sotto assedio. Wark ha risposto: “Mi spiace per il suo lutto personale. Ma intendo, per essere chiara, che lei non possa giustificare l’uccisione di civili in Israele, vero?”

La risposta di Wark alla terribile perdita di Zomlot non è semplicemente insensibile. Rivela uno sconcertante fenomeno nei principali mezzi di comunicazione: la norma del settore è la de-umanizzazione dei palestinesi. La nostra sofferenza è insignificante, la nostra rabbia è infondata. La nostra morte è così quotidiana che i giornalisti la riportano come se parlassero del tempo che fa: cielo nuvoloso, lievi piogge e 3.000 palestinesi morti negli ultimi 10 giorni. E proprio come per il meteo, solo dio è responsabile, non coloni armati, non attacchi mirati con i droni.

Io e pochi altri palestinesi siamo passati da canali TV a stazioni radio per parlare delle atrocità che avvengono a Gaza, la maggior parte delle quali sono assenti dalle prime pagine, ed abbiamo incontrato la stessa ostilità. I responsabili dei programmi ci invitano, a quanto pare, non per intervistarci sulla nostra esperienza o analisi o sul contesto che possiamo fornire, ma per interrogarci. Testano le nostre risposte contro i preconcetti insiti nello spettatore, preconcetti ben alimentati attraverso anni di islamofobia e discorsi antipalestinesi. Le bombe che piovono sulla Striscia di Gaza assediata diventano secondarie, se non del tutto irrilevanti, per i processi che ci fanno in televisione.

Non mi aspetto la messa in onda di frasi di circostanza, ma voglio un racconto accurato. La scorsa settimana sulla rete radiofonica britannica LBC la conduttrice Rachel Johnson (sorella dell’ex-primo ministro) si è presa una pausa dall’interrompermi ripetutamente per interrogarmi, di fatto accusarmi, riguardo a informazioni non verificate e per sentito dire secondo cui combattenti palestinesi avrebbero “decapitato e stuprato” israeliani. Non ha citato i vari video di israeliani che mutilano, calpestano e urinano su cadaveri palestinesi, molti già disponibili per gli 83.000 abbonati a un canale Telegram israeliano denominato “I terroristi stanno morendo”.

Quelle affermazioni senza fondamento erano, e sono ancora, ovunque in rete. The Indipendent (edizione britannica) ha piazzato in prima pagina il reportage “impossibile da verificare” della sua corrispondente internazionale Bel Trew su “donne e bambini decapitati”. L’editorialista del Los Angeles Times Jonah Goldberg ha riportato, e poi cancellato, di “stupri”. Sulla CNN Sara Sidner, con le lacrime agli occhi, ha confermato dal vivo, sulla base di fonti ufficiali israeliane, che “bambini e neonati sono stati trovati con la testa tagliata,” poi si è scusata su Twitter (ora X) di essere stata indotta in errore dopo un comunicato, di nuovo di fonti ufficiali israeliane, che ammetteva che non c’erano informazioni che confermassero l’affermazione secondo cui “Hamas aveva decapitato bambini”.

Questo è un copione già noto. Un’affermazione viene fatta circolare senza prove; giornalisti occidentali la diffondono a macchia d’olio; diplomatici e politici la ripetono; si costruisce una narrazione; l’opinione pubblica ci crede e il danno è fatto.

Potrebbe sembrare irrilevante porre un tale peso sul modo in cui si uccide, dato che si è ucciso, ma tale linguaggio non è senza conseguenze. Lunedì un proprietario di casa dell’Illinois ha aggredito i suoi affittuari palestinesi-americani ferendo gravemente una donna e uccidendo suo figlio di 6 anni. “Voi musulmani dovete morire,” ha gridato mentre li accoltellava per decine di volte ognuno. Joe Biden ha detto di essere rimasto “scioccato e disgustato” dall’attacco, come se potesse dissociarsi dall’affermazione che aveva fatto qualche giorno prima secondo cui aveva visto “foto di terroristi che decapitavano bambini” (una dichiarazione che ha tranquillamente ritrattato qualche ora dopo).

Evocare stupri e decapitazioni alimenta luoghi comuni islamofobi. Nel contempo contribuisce alla strategia propagandistica del regime israeliano, che ha cercato di equiparare Hamas e ISIS nell’immaginario pubblico, risvegliando la cultura che ha prodotto la “guerra al terrorismo”. Potrebbe essere la nebbia della guerra che fa sì che i giornalisti ripetano invenzioni (o, quanto meno, riportino come fatti affermazioni non verificate), o forse è un errore di giudizio che li ha portati a equiparare l’attacco di Hamas all’11 settembre senza prendere in considerazione le conseguenze di tali analogie. O, si potrebbe supporre, si tratta di un malcostume giornalistico. In ogni caso, abbandonando l’etica professionale, i giornalisti stanno assecondando la brutalità che incombe sul popolo palestinese di Gaza: un possibile genocidio.

Non si tratta di un’ardita teoria cospirativa. Il 13 ottobre il Centro per i Diritti Costituzionali ha affermato che il regime israeliano, agendo per “distruggere del tutto o in parte un’organizzazione, anche uccidendo o creando condizioni di vita per determinare la sua distruzione” sta commettendo un genocidio nella Striscia di Gaza. Il giorno dopo l’Istituto Lemkin per la Prevenzione del Genocidio ha mandato un messaggio di allarme avvertendo che “senza immediati tentativi di pacificazione la comunità internazionale assisterà e sarà complice del genocidio di Gaza.” Raz Segal, professore di studi sull’Olocausto e il genocidio, lo ha definito un “caso da manuale di genocidio che avviene davanti ai vostri occhi”.

Se ciò suona assurdo è proprio perché i principali mezzi di comunicazione hanno evitato, o impedito, ai lettori e spettatori di conoscere le innumerevoli dichiarazioni fatte da politici israeliani che suggeriscono che è in corso un genocidio. Quando il New York Times ha informato sulle istruzioni del ministro della Difesa israeliano per stringere l’assedio contro Gaza bloccando acqua, elettricità e cibo nell’enclave, guarda caso l’articolo ha omesso la sua descrizione dei palestinesi come “animali umani”. Quando il presidente israeliano Isaac Herzog ha cercato di giustificare il violentissimo attacco contro Gaza con l’argomento genocidario che “un’intera nazione è responsabile,” il Financial Times inizialmente ha riportato la sua frase: “Non è vero questo discorso che i civili non erano informati, non hanno partecipato”. Ma il giornale ha rapidamente tolto dall’articolo quelle parole e il resto delle sue affermazioni rivelatrici.

Nel contempo un soldato israeliano ha “corretto” la presentatrice della CNN Abby D. Phillip dicendole che “la guerra non è solo contro Hamas” ma “contro tutti i civili,” tuttavia non ci sono stati titoli in prima pagina. Un famoso riservista israeliano che nel 1948 ha partecipato al massacro di Deir Yassin [la strage più nota di civili palestinesi della guerra del 1947-49, ndt.] ha detto alle truppe che i palestinesi sono “animali” le cui “famiglie, madri e figli” devono essere cancellati: “Se avete un vicino arabo, non aspettate, andate a casa sua e sparategli,” ha affermato – di nuovo, nessun titolo in prima pagina. E nella via più trafficata di Tel Aviv alcuni israeliani hanno appeso un cartello che afferma: “Genocidio a Gaza.” Nessuna notizia.

Ancora peggio delle dichiarazioni genocidarie sono le azioni genocidarie, anch’esse accolte con pochissima rilevanza: minaccia di bombardare l’invio di aiuti se dovessero tentare di entrare a Gaza; bombardamento reale di ambulanze; uccidere (e, secondo molti, prendere di mira) medici e giornalisti; bombardare ripetutamente il valico di Rafah; cancellare intere famiglie dall’anagrafe.

Si è informato poco sulle accuse secondo cui l’esercito israeliano ha usato bombe al fosforo bianco a Gaza e nel sud del Libano, nonostante il divieto internazionale contro il suo utilizzo in aree densamente popolate. E non ci sono stati titoli in prima pagina sulle amministrazioni comunali nella Cisgiordania occupata che hanno iniziato ad armare coloni israeliani (spesso già armati) con migliaia di fucili o sul fatto che il numero di palestinesi uccisi da coloni o soldati in Cisgiordania dal 7 ottobre ha superato di molto i 50. E chissà cos’altro sta per succedere.

Sinceramente dubito che l’americano medio sappia che l’esercito israeliano ha ordinato l’evacuazione di 22 ospedali palestinesi, o che ha colpito l’ospedale pediatrico Al Durrah a Gaza est con fosforo bianco, o che ha ordinato l’espulsione entro 24 ore di oltre 1 milione di palestinesi dalla parte settentrionale di Gaza, in violazione delle leggi umanitarie internazionali (l’ho inclusa solo perché i politici che fanno il tifo per questa aggressione amano citarla). Quando in migliaia hanno cercato di spostarsi da nord a sud, gli israeliani li hanno bombardati mentre scappavano. E quando MSNBC [canale statunitense di notizie via cavo, ndt.] ha informato di questo massacro, il canale ha messo in dubbio la loro innocenza chiamandoli “quelli che sembrano profughi”.

Nelle ultime settimane giornali come il Daily Telegraph hanno associato le immagini di edifici residenziali palestinesi distrutti dagli aerei da guerra israeliani a titoli che sembravano suggerire che si trattasse di costruzioni israeliane, mentre The Times (edizione britannica) ha pubblicato un’immagine di bambini palestinesi feriti con un titolo che suggeriva che fossero israeliani (solo uno sguardo attento alla didascalia scritta in piccolo rivela che si trattava di palestinesi).

E proprio oggi l’Associated Press ha pubblicato un articolo con varie frasi sorprendenti, che il sito di notizie poi ha tagliato, che descrivevano come i diplomatici americani “sono sempre più preoccupati” per i commenti genocidari fatti dalle loro “controparti” israeliane. Queste affermazioni riguardavano “la loro intenzione di negare acqua, cibo, medicine, elettricità e carburante a Gaza, così come l’inevitabilità di vittime civili,” e ha incluso osservazioni secondo cui “lo sradicamento di Hamas avrebbe richiesto metodi usati per sconfiggere le potenze dell’Asse nella Seconda Guerra Mondiale.”

Informare su una “guerra” senza presentarne le radici ai lettori è impreciso. Ignorare il blocco israeliano della Striscia di Gaza durato 17 anni o pretendere che il regime israeliano non abbia il controllo dei suoi confini e risorse (come evidenziato dalla possibilità per Israele di bloccare acqua, cibo ed elettricità) è subdolo. Omettere decenni di violenza colonialista è disonesto. Riguardo al rifiuto di riconoscere che il 70% dei palestinesi di Gaza proviene dalle terre in cui ora si trovano molti insediamenti israeliani e da cui le milizie sioniste li cacciarono… non ho aggettivi per questa omissione.

Sfortunatamente quando si tratta di Palestina, sono consentite omissioni e falsificazioni. Regna la forma passiva. Sparisce l’impegno per la verità, così come per la corretta verifica. Un tempo credevo che il giornalismo fosse il settore del “non fare del male” e “dire la verità al potere”. Ma i reporter troppo spesso sembrano stenografi e impiegati statali, che amplificano inconsciamente (o intenzionalmente) la propaganda israeliana.

E le loro mani grondano sangue.

(traduzione dall’inglese di Amedeo Rossi)




‘Israeliani Contro l’Apartheid’ chiede alla CPI di agire per proteggere i palestinesi dal genocidio

Israeliani Contro l’Apartheid

6 novembre 2023 – Mondoweiss

Noi, Israeliani Contro l’Apartheid, associazione di ebrei israeliani per la decolonizzazione, che rappresenta oltre 1.500 cittadini preoccupati, chiediamo alla CPI (Corte Penale Internazionale) di agire prontamente contro i crescenti crimini di guerra israeliani e il genocidio del popolo palestinese.

Nota dell’Editore: I membri dell’associazione Israeliani Contro l’Apartheid, che raggruppa 1500 persone, il 2 novembre 2023 hanno inviato la seguente lettera a Karim A.A. Khan, Procuratore della Corte Penale Internazionale, chiedendo un immediato intervento internazionale per fermare il massacro a Gaza.

2.11.2023

A Karim A.A. Khan, Procuratore della Corte Penale Internazionale,

Noi, ‘Israeliani Contro l’Apartheid’, associazione di ebrei israeliani per la decolonizzazione, che rappresenta oltre 1.500 cittadini preoccupati, chiediamo alla CPI (Corte Penale Internazionale) di agire prontamente contro i crescenti crimini di guerra israeliani e il genocidio del popolo palestinese. Per la sicurezza e il futuro della regione devono essere applicati tutti gli elementi del diritto internazionale e devono essere indagati i crimini di guerra. Apprezziamo la vostra profonda preoccupazione per le vite dei palestinesi, degli israeliani e di altri, e traiamo coraggio dalla vostra determinazione a svolgere un’indagine approfondita sulle perduranti violazioni del diritto internazionale.

Come attivisti israeliani anticolonialisti abbiamo unito le nostre voci a quelle dei palestinesi che da decenni mettono in guardia sulla pericolosa deriva perseguita dallo Stato israeliano e hanno ripetutamente chiesto l’intervento internazionale.

La persistente impunità ha creato le condizioni per il consolidamento del regime di apartheid israeliano, che intende perpetrare la pulizia etnica e il genocidio della popolazione indigena palestinese. Il grave deterioramento delle imprescindibili condizioni di vita a cui ora stiamo assistendo avrebbe potuto essere evitato se Israele non avesse costantemente goduto dell’impunità per i suoi continui crimini.

Siamo riconoscenti per le vostre dichiarazioni del 29 ottobre che hanno sottolineato che impedire gli aiuti umanitari a Gaza potrebbe costituire un crimine che ricade sotto la giurisdizione della CPI e che Israele deve fare “manifesti sforzi, senza ulteriore ritardo, per garantire che i civili ricevano essenziale cibo, acqua e farmaci”. La fornitura immediata di aiuti agli abitanti di Gaza è essenziale per impedire le atrocità della fame e della sete per cause umane tra la popolazione palestinese occupata.

Ad aprile 2018, in seguito alla sistematica uccisione di manifestanti disarmati durante la Grande Marcia del Ritorno, la sua predecessora, Fatou Bensouda, avvertì: “La violenza contro i civili in una situazione come quella di Gaza potrebbe configurare crimini ai sensi dello Statuto di Roma della Corte Penale Internazionale.” Vi scongiuriamo di assumervi la vostra responsabilità di emettere mandati di arresto e di chiamare a rispondere coloro che commettono questi atti criminali.

L’attuale escalation, dopo l’attacco di Hamas a Israele e l’incursione di gruppi armati palestinesi il 7 ottobre 2023, in cui sono stati uccisi più di mille israeliani e presi in ostaggio più di 200, ha condotto ad un’ondata di violenza e a crimini di guerra compiuti dallo Stato di Israele. Riteniamo cruciale che i tempi dell’inchiesta siano pertanto accelerati. Apprezziamo la vostra dichiarazione che le istituzioni preposte a proteggere la popolazione civile debbano indagare questi possibili crimini e ci aspettiamo che voi agiate con la stessa rapidità messa in atto nel caso dell’Ucraina, per garantire che venga fatta giustizia e vengano salvate vite innocenti.

Siamo estremamente preoccupati dagli inviti istituzionali da parte di Israele al genocidio, che vengono espressi a gran voce in ebraico e crediamo che dovrebbero essere seriamente presi in considerazione in quanto sono in gioco migliaia, se non milioni, di vite umane. Il 29 ottobre 2023 Benjamin Netanyahu ha fatto una dichiarazione pubblica riferendosi al popolo palestinese come “Amalek” [nipote di Esaù, è stato secondo la Bibbia il primo nemico ad attaccare gli Israeliti, subito dopo che questi avevano attraversato il Mar Rosso. Ha finito per rappresentare il male assoluto, il Demonio, ndt.] e citando la Bibbia: “distruggere completamente tutto quanto Amalek possiede e non risparmiare nessuno; bensì uccidere sia uomini che donne e bambini…”

Il personale militare e i giornalisti israeliani ora si appellano apertamente alla pulizia etnica e al genocidio. E’ evidente che Israele disprezza le vite dei civili a Gaza, ordinando loro di evacuare vaste aree anche se a Gaza non esiste un luogo sicuro dove la gente possa fuggire. E non dovrebbero neanche essere costretti a lasciare le proprie case: al contrario, la Risoluzione 194 dell’ONU promette loro il diritto al ritorno alle originarie abitazioni in quello che ora è lo Stato di Israele.

Ci dispiace moltissimo che, nonostante l’avvio di un’inchiesta, seguita dalla decisione del 2021 della Prima Camera Preliminare, secondo cui la Corte può esercitare la sua giurisdizione penale sulla situazione in Palestina, voi finora non abbiate intrapreso azioni concrete per fermare la tragica parabola di eventi nella nostra regione, accertando rendendo Israele responsabile.

Organizzazioni palestinesi, internazionali ed israeliane hanno fatto più volte appello al vostro ufficio perché intraprendiate azioni contro le sistematiche violazioni del diritto internazionale, i continui crimini di guerra e l’immane disprezzo dei più basilari diritti umani del popolo palestinese.

I crimini di guerra israeliani sono sistematici e continui e stanno aumentando. Le chiare e ben documentate prove di essi sono state sottoposte al vostro ufficio per anni. Vi invitiamo pressantemente a intraprendere azioni concrete e immediate.

Considerando l’intensificarsi della violenza e con l’obiettivo di salvare quante più vite possibile, vi esortiamo di:

  1. Emettere immediati mandati di arresto contro i dirigenti israeliani politici e della sicurezza militare che stanno commettendo crimini di guerra e crimini contro l’umanità;

  2. Accelerare la vostra inchiesta sui continui crimini perpetrati in questo momento dallo Stato di Israele, dalle sue forze militari e da cittadini israeliani armati sotto protezione dell’esercito; e

  3. Essere una tribuna valida ed equilibrata per presunti crimini che derivano dall’attuale situazione, piuttosto che fare riferimento ad accuse non convalidate e non verificate.

Allegato: Inviti al genocidio / Giustificazione del genocidio

Alcuni esempi di prove di dirigenti israeliani che invitano al genocidio:

  • Venerdì 13 ottobre il Presidente israeliano Isaac Herzog ha detto che tutti i cittadini di Gaza sono responsabili per gli attacchi che Hamas ha compiuto in Israele e che non ci sono civili innocenti a Gaza. Un elenco di simili inviti da parte di personaggi pubblici israeliani si può trovare qui.

  • Mercoledì 25 ottobre il sindaco di Sderot, ex deputato (n.3 del partito di Naftali Bennet) Alon Davidi ha detto: “Ogni abitante di Gaza è ISIS. Devono essere colpiti tutti…Non ho pietà per loro. Coloro che vivono là, due milioni di persone, sono nazisti. E’ una zona di nazisti e di ISIS che fornisce totale appoggio a Hamas e alla Jihad e, per quanto mi riguarda, ogni abitante di Gaza è di Hamas e dell’ISIS e dobbiamo ritenerli responsabili.” Davidi sottolinea che questo è il sentimento condiviso da tutti gli abitanti del sud (di Israele) con cui lui parla: “La gente vuole dirlo chiaramente: o noi o loro.” 

  • L’ex deputato Moshe Feiglin ha esortato alla completa distruzione di Gaza, come Hiroshima (senza armi nucleari)  

  • L’ex ambasciatore israeliano all’ONU Dan Gillerman ha definito i palestinesi “orribili animali disumani”

  • Un gruppo di esperti del governo israeliano ha recentemente delineato un piano per la completa pulizia etnica di Gaza.

Personaggi o organizzazioni pubbliche:

  • Eyal Golan, un popolare cantante israeliano, ha ribadito alla televisione israeliana la connotazione della popolazione di Gaza come “animali umani”, aggiungendo: “Dobbiamo cancellare Gaza e non lasciarvi nessuno vivo.”

  • Una propaganda distribuita sui social media da un movimento di destra dal titolo “Questa volta vinceremo – Eliminare Gaza” esplicita i suoi obbiettivi per la Striscia di Gaza: “Radere al suolo, Occupare, Colonizzare.”

Un opuscolo con “Codice Etico” fatto circolare ampiamente tra civili e soldati dalla “organizzazione per i diritti umani” di destra israeliana “Btsalmo” auspica il genocidio:

Codice etico per l’esercito di Israele”:

. Desidero offrire la mia anima per salvare il popolo ebraico.

. Il nemico deve essere eliminato piuttosto che neutralizzato.

. Una popolazione che appoggia il terrore è il nemico

. Un ordine di mettere a rischio le vite di civili o soldati allo scopo di

proteggere il nemico è manifestamente illegale.

. Lo sradicamento del male è un precetto morale ed è per il bene

dell’Umanità. Perseguiterò i miei nemici, li raggiungerò e non tornerò

prima della loro morte.

Firmato: Israeliani Contro l’Apartheid.

(Traduzione dall’inglese di Cristiana Cavagna)




Una lettera aperta da israeliani a israeliani: abbiamo diritto di sapere la verità sul 7 ottobre

Lettera Aperta

31 ottobre 2023 – Mondoweiss

Come israeliani chiediamo una commissione ufficiale sugli avvenimenti del 7 ottobre. In nome delle vittime israeliane, a Gaza si sta perpetrando un genocidio e non sappiamo ancora chi è stato ucciso, come e da chi. Chiediamo risposte e così dovreste fare anche voi.

*Nota dell’editore: la seguente dichiarazione è stata scritta da un gruppo di cittadini israeliani che desiderano rimanere anonimi per la propria sicurezza e per il timore di rappresaglie da parte del governo.

Ai nostri concittadini israeliani,

ci rivolgiamo a voi dalle nebbie del genocidio. Piangiamo e siamo preoccupati per “noi stessi” così come per quelli che la maggioranza di voi ignora o vede come “animali”.

Quando militari israeliani hanno iniziato a diffondere attraverso media israeliani in inglese voci riguardo a “bambini sgozzati”, siamo immediatamente rimasti sconvolti. Abbiamo compreso che la propaganda del nostro governo non sarebbe stata la stessa dei precedenti attacchi letali contro Gaza.

Mentre Israele per giustificare i bombardamenti continua a sfornare immagini di presunti “edifici di Hamas” (cosa non lo è, agli occhi di Israele?) nel campo di concentramento di Gaza, il discorso in Israele e a livello internazionale ora contiene qualcosa di molto più simile alla propaganda nazista dello sterminio.

Sappiamo qual è lo scopo di questa propaganda. Più di 8.500 bambini, donne e uomini nativi della Palestina sono stati sterminati, e mentre scriviamo il numero continua a crescere. Molti sono intrappolati tra le macerie delle loro case, e muoiono lentamente. Altri affrontano sete, fame e malattie infettive. Nel contempo importanti personalità israeliane, persino il nostro presidente, continuano a urlare che a Gaza “non ci sono civili innocenti”.

Sia chiaro, quello che Israele sta facendo ora a Gaza perseguiterà gli israeliani per decenni. Ora è il momento di fare in modo che tutti gli israeliani lo comprendano. E questa comprensione dovrebbe iniziare con la massima trasparenza riguardo agli avvenimenti del 7 ottobre 2023.

C’è qualche richiesta che ogni israeliano dovrebbe subito porre, anche se nega il genocidio in corso a Gaza. La prima è una lista completa di tutte le vittime israeliane che sono state identificate. Non c’è una lista completa sul sito ufficiale del governo. La lista pubblicata da Ha’aretz è parziale. Alcuni nomi devono ancora essere “autorizzati per la pubblicazione”, e noi vorremmo sapere cosa ciò significhi.

La mancanza di una lista completa dopo tre settimane porta alla richiesta successiva che i cittadini israeliani dovrebbero fare: la costituzione di una commissione d’indagine ufficiale. Tale commissione dovrebbero ovviamente affrontare i gravissimi errori da parte dell’intelligence e delle unità operative, così come l’insistenza israeliana nel trasformare Gaza in una prigione a cielo aperto nei decenni precedenti.

Inoltre, secondo il portavoce di Hamas, 50 prigionieri israeliani sono già stati uccisi in seguito alla decisione del nostro governo di bombardare a tappeto Gaza. Si può considerare o meno il portavoce di Hamas una fonte attendibile, ma sappiamo che gli ostaggi israeliani, cari a molti qui, sono stati distribuiti in tutta la Striscia e Israele non sembra sapere esattamente dove si trovino.

I cittadini israeliani devono chiedersi se appoggiano i bombardamenti indiscriminati che minacciano la vita degli ostaggi. Un accordo per uno scambio è già stato proposto. Sappiamo che Hamas lo ha chiesto fin dal primo giorno. La cieca vendetta genocidaria di Israele ignora il benessere degli ostaggi israeliani.

E mentre il nostro esercito stermina esseri umani a Gaza, i mezzi di informazione dell’hasbara (propaganda) israeliana sono scatenati, soprattutto all’estero. I resti carbonizzati di persone care vengono esibiti in giro, senza nome, contestualizzati solo da appelli disumanizzanti a sradicate i prigionieri del campo di concentramento di Gaza. Dopo aver visto queste immagini, rivolte a un pubblico occidentale e con totale disprezzo per le famiglie dei sopravvissuti, evidenziamo ancora una volta che abbiamo tutti diritto a informazioni precise su chi siano queste vittime e come siano morte.

Senza un’indagine indipendente possiamo solo sperare di mettere insieme articoli sporadici e testimonianze dei sopravvissuti. Prospereranno teorie cospirative. Abbiamo già visto dei tentativi di negare il fatto stesso che civili israeliani siano stati uccisi da combattenti di Hamas.

Inoltre rifiutiamo i tentativi israeliani di etichettare i soldati e altri agenti della sicurezza come vittime del terrorismo al pari dei civili. Se un soldato israeliano è un civile israeliano, un civile israeliano è un soldato. Rifiutiamo questa pericolosa equazione.

Infine, ci tormenta la domanda di chi abbia ucciso alcuni civili israeliani. Da vari resoconti emerge che alcuni sono stati uccisi dall’esercito israeliano. Che siano stati presi in mezzo a tiri incrociati o colpiti deliberatamente con carri armati o elicotteri per eliminare combattenti di Hamas o per impedire ad Hamas di prendere altri ostaggi, abbiamo diritto a una risposta.

Chiediamo risposte perché a Gaza viene perpetrato un genocidio in nome delle vittime israeliane, benché le famiglie dei defunti siano assolutamente contrarie a questa atroce vendetta. Chiediamo risposte e voi dovreste fare altrettanto.

(traduzione dall’inglese di Amedeo Rossi)




500 arrestati al Campidoglio tra gli attivisti ebrei che chiedono il cessate il fuoco a Gaza

Michael Arria

19 ottobre 2023 – Mondoweiss

Se non recuperiamo la nostra comune umanità non credo che potremo mai tornare indietro da tutto questo”, ha detto ai manifestanti la deputata Rashida Tlaib. “E al nostro Presidente: voglio che sappia che come palestinese-americana e persona di fede musulmana, non dimenticherò. E credo che molte persone non dimenticheranno.”

Cinquecento persone, comprese due dozzine di rabbini, sono state arrestate mercoledì a Washington quando attivisti ebrei hanno guidato una protesta dentro e fuori Capitol Hill. I manifestanti chiedevano ai deputati di appoggiare un cessate il fuoco a Gaza.

Centinaia di manifestanti sono entrati nella rotonda dell’edificio principale della Camera dei Rappresentanti dove hanno cantato, scandito slogan ed esposto cartelli che chiedevano un immediato cessate il fuoco. Gli attivisti indossavano magliette con davanti la scritta “Non in nostro nome” e “Gli ebrei dicono cessate il fuoco adesso”.

La polizia del Campidoglio ha comunicato che stava chiudendo le vie intorno al Campidoglio per garantire la sicurezza dei manifestanti all’esterno.

Al mattino presto più di 5.000 ebrei americani e loro alleati si sono radunati sul National Mall (il viale monumentale). La folla era guidata dalle deputate Rashida Tlaib (del Minnesota) e Cori Bush (del Montana). “Ringraziamo la nostra comunità ebraica per essere qui a dire ‘Mai più’ “, ha detto Bush.

Il 16 ottobre Tlaib, Bush e diversi altri rappresentanti progressisti hanno presentato una risoluzione che chiede all’amministrazione Biden di premere per un immediato cessate il fuoco a Gaza.

L’impegno legislativo è appoggiato da decine di associazioni per i diritti umani, comprese Adalah Justice Project, American Muslims for Palestine (AMP) e U.S.Campaign for Palestinian Rights (USCPR).

Se non recuperiamo la nostra comune umanità non credo che potremo mai tornare indietro da tutto questo”, ha detto Tlaib. “E al nostro Presidente: voglio che sappia che come palestinese-americana e persona di fede musulmana, non dimenticherò. E credo che molte persone non dimenticheranno.”

Jewish Voice for Peace’ ha messo in evidenza l’azione in un post su Twitter:

Oggi 500 ebrei sono stati arrestati e 10.000 sono scesi in strada per sostenere e chiedere un cessate il fuoco e la fine del genocidio palestinese. Fermiamo il congresso per attirare una massiccia attenzione alla complicità degli USA nella continua oppressione di Israele sui palestinesi. Ma il nostro lavoro non è finito.

Possiamo fermare il genocidio a Gaza e lo faremo. Ma questa orribile situazione è stata resa possibile solo grazie al lavoro di fondo condotto dallo Stato israeliano da 75 anni. Dal 1948 il governo israeliano ha costruito un sistema di apartheid e di occupazione illegale.

Così come chiediamo la fine del genocidio a Gaza, dobbiamo compiere lo stesso sforzo per smantellare il sistema di sionismo, apartheid e colonialismo che ci ha portati a questa situazione.

L’unica strada per la pace e la sicurezza – per tutti – passa attraverso la giustizia e l’uguaglianza per tutti. Ciò significa essere solidali con i palestinesi. Significa costruire un mondo al di là del sionismo. Significa creare sistemi di sicurezza attraverso la solidarietà. Volete unirvi a noi?

La manifestazione di mercoledì si è svolta solo due giorni dopo che attivisti ebrei avevano bloccato tutti gli ingressi alla Casa Bianca, chiedendo a Biden di sostenere un cessate il fuoco.

Fin da bambini molti di noi si sono detti che non sarebbero stati a guardare se fossero mai stati testimoni di violenza genocida. Ci siamo detti che avremmo alzato la voce. Ci siamo detti che avremmo frapposto i nostri corpi. Abbiamo promesso che tali orrori non sarebbero mai più avvenuti sotto i nostri occhi”, ha detto la scrittrice e attivista Naomi Klein, che ha parlato anch’essa ai manifestanti. “Il ‘mai più’ di tutta la nostra vita sta accadendo proprio adesso a Gaza. E noi ci rifiutiamo di stare a guardare.”

La sezione di Washington della Anti-Defamation League (ADL) [associazione ebraica contro l’antisemitismo, fondata negli USA, ndt.] ha calunniato i manifestanti in una dichiarazione e ha affermato che gli anti-sionisti sono antisemiti. L’amministratore delegato dell’ADL Jonathan Greenblatt in un tweet ha paragonato gli attivisti ai suprematisti bianchi.

L’ADL è spaventata perché loro, come altre organizzazioni ebraiche istituzionali, hanno la sensazione di perdere il controllo di chi può parlare a nome degli ebrei americani”, ha scritto Ben Lorber, un membro di IfNotNow (Se non ora) e JVP (Jewish Voice for Peace). “Francamente, fanno bene a spaventarsi. Il loro fallimentare centrismo è il passato e le associazioni come IfNotNow e JVP sono il presente e il futuro.”

Michael Arria è il corrispondente USA per Mondoweiss.

(Traduzione dall’inglese di Cristiana Cavagna)