Rapporto OCHA del periodo 13 giugno – 4 luglio 2023

 

1). Durante un’operazione condotta a Jenin, le forze israeliane hanno ucciso cinque palestinesi, tra cui un minore; altri due palestinesi, tra cui un altro minore, sono morti per le ferite riportate (seguono dettagli).

Il 19 giugno, forze israeliane hanno condotto un’operazione su larga scala della durata di oltre 11 ore, iniziata con unità sotto copertura che hanno fatto irruzione a Jenin durante le prime ore del mattino. Le forze israeliane hanno ucciso cinque palestinesi, tra cui un minore, e ne hanno feriti altri 90. Almeno 50 dei feriti sono stati causati da proiettili veri. Palestinesi e forze israeliane hanno avuto uno scontro a fuoco nelle aree vicine al Campo profughi di Jenin. Dai palestinesi sono stati usati ordigni esplosivi improvvisati che hanno provocato danni all’equipaggiamento militare israeliano. Successivamente, le forze israeliane hanno lanciato un attacco aereo, secondo quanto riferito, come parte del processo di evacuazione delle truppe che erano state affrontate dai palestinesi con armi da fuoco e ordigni esplosivi. Secondo fonti israeliane, durante l’operazione, otto membri delle forze israeliane sono rimasti feriti. Secondo fonti mediche, durante le operazioni, le forze israeliane hanno limitato il movimento delle ambulanze nell’area. Il 20 e 21 giugno, altri due palestinesi, tra cui una ragazza, sono morti per le ferite riportate ad opera delle forze israeliane, durante l’operazione a Jenin. Una valutazione umanitaria iniziale stima che almeno 75 case abbiano subito danni durante l’operazione, compresi i danni causati dall’uso di proiettili esplosivi da spalla. Sono stati segnalati danni anche a infrastrutture come generatori elettrici, reti idriche e servizi di telecomunicazione. Non è stato segnalato alcuno sfollamento.

2). Il 20 giugno, nel Campo profughi di Balata (Nablus), due palestinesi sono stati uccisi e un minore è rimasto ferito da un ordigno esplosivo, maneggiato incautamente e fatto esplodere.

3). Due palestinesi hanno ucciso quattro coloni israeliani, tra cui due minori, prima che venissero uccisi (seguono dettagli).

Il 20 giugno, vicino all’insediamento colonico di Eli (Nablus), due palestinesi hanno sparato, uccidendo quattro coloni israeliani, tra cui due minori, e ferendone altri quattro. Uno degli aggressori è stato colpito e ucciso da un colono israeliano sul posto, mentre l’altro è fuggito ed è stato colpito e ucciso dalle forze israeliane vicino al villaggio di Aqqaba (Tubas), durante una caccia all’uomo. Successivamente, le forze israeliane hanno inasprito le restrizioni di movimento nel governatorato di Nablus e hanno chiuso diversi checkpoints.

4). Le forze israeliane hanno ucciso un palestinese durante un episodio legato a coloni (seguono dettagli).

Il 21 giugno, in seguito all’aggressione avvenuta nei pressi di Eli, circa 300-400 coloni israeliani sono entrati nella Comunità palestinese di Turmus’ayya (Ramallah), accompagnati da forze israeliane. I coloni israeliani hanno sparato, lanciato pietre, aggredito fisicamente residenti palestinesi e dato fuoco a case, veicoli, alberi e terreni coltivati di proprietà palestinese (maggiori dettagli di seguito). I palestinesi hanno lanciato pietre e le forze israeliane hanno sparato proiettili veri, proiettili di gomma e lacrimogeni. Le forze israeliane hanno ucciso un palestinese e ne hanno feriti altri 41, tra cui due minori.

5). Le forze israeliane hanno ucciso tre palestinesi, tra cui un minore, in un attacco con droni a Jenin (seguono dettagli).

Il 21 giugno, vicino al checkpoint di Al Jalama (Jenin), tre palestinesi, tra cui un minore, sono stati presi di mira da un attacco aereo israeliano mentre viaggiavano su un veicolo. L’esercito israeliano ha dichiarato che l’attacco con droni era indirizzato contro palestinesi che avevano precedentemente effettuato attacchi con armi da fuoco contro israeliani. Alla chiusura del presente bollettino le autorità israeliane stavano ancora trattenendo i loro corpi.

6). In Cisgiordania, presso checkpoints, un minore palestinese è stato ucciso e sei membri delle forze israeliane e un colono israeliano sono rimasti feriti in due attacchi con armi da fuoco (seguono dettagli).

Il 24 giugno, al checkpoint di Qalandiya (Gerusalemme), un palestinese di 17 anni ha aperto il fuoco contro forze israeliane ed è stato successivamente colpito e ucciso dalle forze israeliane. Secondo fonti israeliane, due membri delle forze israeliane sono rimasti feriti. Il corpo del giovane viene trattenuto dalle autorità israeliane.

Il 13 giugno, un colono israeliano e quattro membri delle forze israeliane sono rimasti feriti quando autori, ritenuti palestinesi, hanno sparato contro i loro veicoli, vicino al checkpoint di Barta’a (Jenin). Successivamente le forze israeliane  hanno intensificato le restrizioni di accesso all’area.

7). Il 3 e 4 luglio 2023, le forze israeliane hanno condotto un’operazione aerea e terrestre su larga scala nel Campo profughi di Jenin e dintorni. I dettagli dell’impatto umanitario dell’operazione di due giorni sono disponibili negli aggiornamenti flash n. 1 e n. 2 di OCHA e nel rapporto sulla situazione n.1. Il Ministero della Sanità palestinese (MoH) ha confermato che, durante l’operazione a Jenin, sono stati uccisi dodici palestinesi, tra cui quattro minori. Inoltre, un palestinese è stato ucciso dalle forze israeliane, il 3 luglio a Ramallah, durante una manifestazione con lancio di pietre in segno di protesta contro l’operazione di Jenin. Durante l’operazione sono rimasti feriti almeno 143 palestinesi. Secondo fonti israeliane, un soldato israeliano è stato ucciso e un altro è rimasto ferito. Una panoramica delle distruzioni causate dall’operazione di Jenin non è inclusa in questo rapporto poiché le valutazioni umanitarie sono ancora in corso.

8). In ulteriori episodi che hanno provocato vittime in tutta la Cisgiordania, le forze israeliane hanno ucciso tre palestinesi e altri due sono morti per le ferite riportate durante cinque operazioni di ricerca-arresto e altre operazioni condotte dalle forze israeliane, inclusa una demolizione punitiva (seguono dettagli).

Il 13 giugno, forze israeliane hanno fatto irruzione nel Campo profughi di Balata, hanno circondato una casa e hanno avuto uno scontro a fuoco con palestinesi. Un palestinese affetto da autismo è stato colpito e ucciso, e nove palestinesi sono rimasti feriti, tutti da proiettili veri sparati dalle forze israeliane.

Il 15 giugno, forze israeliane hanno fatto irruzione nella città di Nablus e condotto una demolizione punitiva della casa di famiglia del palestinese coinvolto nella sparatoria e nell’uccisione di un soldato israeliano nella città di Nablus, nell’ottobre 2022. I palestinesi hanno lanciato pietre in varie località della città di Nablus, e in alcuni casi si è verificato uno scontro a fuoco tra forze israeliane e palestinesi. Un palestinese è stato colpito e ucciso, e 333 palestinesi sono rimasti feriti, di cui tre con proiettili veri sparati dalle forze israeliane.

Il 19 giugno, forze israeliane hanno condotto un’operazione a Hussan (Betlemme), durante la quale i palestinesi hanno lanciato pietre e bottiglie incendiarie contro le forze israeliane, e queste ultime hanno sparato proiettili veri e lacrimogeni, uccidendo un palestinese e ferendone altri tre, di cui due con proiettili veri.

Il 20 e 24 giugno, due palestinesi sono morti per le ferite riportate, uno durante un’operazione di ricerca-arresto nel Campo profughi di ‘Askar (Nablus) il 19 giugno, e un altro il 22 maggio 2023, durante un’operazione delle forze israeliane a Jenin che ha comportato scambi a fuoco con i palestinesi.

9). In Cisgiordania, durante il periodo in esame, 1.310 palestinesi, tra cui almeno 103 minori, sono stati feriti dalle forze israeliane, comprese 105 persone colpite da proiettili veri. La maggior parte dei feriti (618) è stata registrata in due episodi di demolizione punitiva a Nablus. Altri 317 feriti si sono verificati durante 23 operazioni di ricerca-arresto e altre operazioni condotte dalle forze israeliane in tutta la Cisgiordania. In altri 22 casi, registrati principalmente intorno a Nablus e Ramallah, 187 palestinesi sono stati feriti dalle forze israeliane. La maggior parte di loro è stata curata per inalazione di gas lacrimogeni. Ciò ha fatto seguito all’ingresso di coloni israeliani, accompagnati dalle forze israeliane, in queste Comunità palestinesi. Circa l’85% di questi feriti è stato registrato tra il 20 e il 24 giugno, dopo l’uccisione di israeliani vicino a Eli. Altri 170 feriti sono stati registrati durante manifestazioni, contro l’espansione degli insediamenti e le restrizioni di accesso legate agli insediamenti a Beit Dajan e Beita (entrambe a Nablus), e Kafr Qaddum (Qalqilya), e in altre manifestazioni contro l’operazione condotta a Jenin il 3-4 luglio. Un altro minore palestinese è stato aggredito fisicamente, ferito e arrestato dalle forze israeliane a un checkpoint nell’area H2 della città di Hebron. I restanti 17 feriti palestinesi, tra cui quattro feriti da arma da fuoco e con proiettili veri, sono avvenuti durante scontri con lancio di pietre contro le forze israeliane posizionate all’ingresso di Beit Ummar (Hebron) e Husan (Betlemme). Complessivamente, 953 palestinesi sono stati curati per inalazione di gas lacrimogeni, 105 sono stati colpiti da proiettili veri, 50 sono stati feriti da proiettili di gomma, 33 da schegge, 23 sono stati aggrediti fisicamente, tre sono stati colpiti da granate assordanti.

10). Nella Cisgiordania settentrionale e centrale, coloni israeliani hanno ferito 19 palestinesi ed hanno causato danni a proprietà palestinesi in 46 casi, in quattro giorni consecutivi, tra il 20 e il 24 giugno (seguono dettagli).

Dopo l’attacco con armi da fuoco vicino all’insediamento di Eli, centinaia di coloni israeliani, accompagnati da forze armate, hanno aperto il fuoco, lanciato pietre, aggredito fisicamente i residenti palestinesi e dato fuoco alle loro proprietà in 36 Comunità palestinesi; principalmente intorno a Nablus e Ramallah. In totale, 41 case di proprietà palestinese sono state danneggiate. Cinque case di proprietà palestinese sono state completamente bruciate nel villaggio di Turmus’ayya (Ramallah) e 36 sono state danneggiate o bruciate a Huwwara, Al Lubban ash Sahrqiya, ‘Urif, Turmus’ayya, Umm Saffa e Sinjil. La maggior parte dei danni è avvenuta alle finestre, frantumate con pietre dai coloni. Almeno sei famiglie palestinesi, sono state sfollate; comprendevano 25 palestinesi, tra cui otto donne, 12 minori e una persona con disabilità. Almeno 75 veicoli di proprietà palestinese sono stati danneggiati o distrutti, di cui 39 completamente bruciati. Inoltre, il 21 giugno, coloni israeliani hanno vandalizzato una scuola e una moschea a ‘Urif (Nablus). La sera del 21 giugno, coloni israeliani sono entrati nella scuola vuota e hanno lanciato bottiglie incendiarie contro le finestre di due aule, provocando danni. In totale, durante questi attacchi di coloni, 19 palestinesi, tra cui cinque minori, sono stati feriti da coloni e altri 160 sono stati feriti da forze israeliane intervenute o comunque coinvolte. Dei 160 feriti, 14 sono stati causati da proiettili veri, 15 da proiettili di gomma, 123 hanno ricevuto cure mediche per aver inalato gas lacrimogeni sparati dalle forze armate e otto sono stati aggrediti fisicamente. A‘Urif (Nablus), quattro coloni israeliani sono stati feriti da pietre lanciate da palestinesi durante uno di questi episodi.

11). Altri sei palestinesi, tra cui tre minori, sono stati feriti da coloni israeliani, e persone conosciute come coloni, o ritenute tali, hanno danneggiato proprietà palestinesi in altri 33 casi registrati in Cisgiordania. Questi si aggiungono alle vittime palestinesi da parte di coloni e forze israeliane nei suddetti episodi relativi a coloni (seguono dettagli).

Il 21 giugno, coloni israeliani hanno aggredito fisicamente e ferito un palestinese all’ingresso di Birin (Hebron) con una sbarra di metallo.

Il 28 giugno, coloni hanno aggredito fisicamente e ferito due minori palestinesi che pascolavano il loro bestiame ad Al Mu’arrajat East (Ramallah).

Lo stesso giorno, coloni israeliani hanno allestito due tende residenziali su un terreno privato palestinese a Khirbet, nell’area di Tawamini, a Massafer Yatta (Hebron). In un successivo scontro fisico tra proprietari terrieri palestinesi e coloni israeliani, un palestinese è stato aggredito fisicamente e ferito.

Il 2 luglio, coloni israeliani hanno bloccato una strada vicino al villaggio di Yasuf (Nablus) e hanno lanciato pietre contro veicoli palestinesi. Un minore palestinese è stato ferito con pietre e due veicoli hanno subito danni. Il 3 luglio, un palestinese è stato colpito e ferito da proiettili veri sparati da coloni israeliani, dopo che, durante la notte, coloni scortati dalle forze israeliane avevano attaccato il villaggio di Deir Dibwan (Ramallah). I palestinesi hanno lanciato pietre e i coloni israeliani hanno sparato proiettili veri, provocando il ferimento di un palestinese a una mano.

Secondo fonti delle Comunità, durante il periodo di riferimento, più di 260 alberi e alberelli sono stati vandalizzati su terra palestinese vicino agli insediamenti israeliani, in otto episodi segnalati vicino a Husan e Al Khadr (entrambi a Betlemme), Tarqumiya, Al Bowereh e At Tuwani (tutti a Hebron) , Umm Saffa e Dura al Qar’a (entrambe a Ramallah) e Kafr ad Dik (Salfit). Altre proprietà palestinesi sono state danneggiate e il bestiame è rimasto ferito in 14 casi verificatisi a Ramallah, Nablus, Salfit, Hebron, Gerusalemme e Qalqiliya o nelle vicinanze. Le proprietà danneggiate includevano strutture residenziali e agricole, trattori, colture e una rete idrica. Negli altri 11 casi segnalati in Cisgiordania, coloni israeliani hanno lanciato pietre, danneggiando 19 veicoli palestinesi.

12). Oltre ai quattro israeliani uccisi e ai nove feriti vicino al checkpoint di Eli, Barta’a (Jenin) e ‘Urif (Nablus) (vedi sopra), in Cisgiordania, altri due coloni sono rimasti feriti in episodi di lancio di pietre. In due casi, il 22 giugno e il 4 luglio, palestinesi hanno lanciato pietre contro veicoli israeliani vicino a Gerico e Gerusalemme, provocando il ferimento di due israeliani e danni a due veicoli. In altri quattro casi, secondo fonti israeliane, persone ritenute palestinesi hanno lanciato pietre contro veicoli israeliani, vicino a Ramallah, Gerico e Betlemme, causando danni a due veicoli.

13). In Israele, dieci israeliani sono rimasti feriti in due attacchi palestinesi con accoltellamento e speronamento con auto e un aggressore palestinese è stato ucciso (seguono dettagli).

Il 3 luglio, un ragazzo palestinese di 14 anni di Jenin ha accoltellato e ferito un israeliano a Bnei Brak (Israele) prima di essere arrestato dalla polizia israeliana.

Il 4 luglio, un palestinese di Hebron ha speronato con il suo veicolo dei pedoni israeliani a Tel Aviv, prima di uscire dalla sua auto e accoltellare altri. Secondo fonti israeliane, almeno nove persone sono rimaste ferite, tra cui una donna incinta che ha perso il bambino. Secondo quanto riferito, l’autore è stato ucciso da un civile israeliano.

14). A Gerusalemme Est e nell’Area C della Cisgiordania, adducendo la mancanza di permessi di costruzione rilasciati da Israele, che sono quasi impossibili da ottenere, le autorità israeliane hanno demolito, confiscato o costretto le persone a demolire 38 strutture comprese 14 abitazioni. Di conseguenza, 48 palestinesi, tra cui 22 minori, sono stati sfollati e i mezzi di sussistenza di oltre 8.000 altri ne sono stati colpiti. Sei delle strutture colpite erano state fornite da donatori in risposta a precedenti demolizioni nelle Comunità di Hammamat al Maleh e Ein al Hilwa – Um al Jmal (entrambe a Tubas). Più della metà delle strutture colpite (23) si trovavano in Area C. Le restanti 15 strutture sono state demolite a Gerusalemme Est, inclusa una struttura residenziale ad Ath Thuri, provocando lo sfollamento di due famiglie comprendenti 14 persone, tra cui sei minori. Undici (11) delle 15 strutture demolite a Gerusalemme Est sono state distrutte dai loro proprietari per evitare il pagamento di multe alle autorità israeliane.

15). Il 15 e 22 giugno, forze israeliane hanno fatto irruzione nella città di Nablus, nell’Area A della Cisgiordania, e hanno demolito con esplosivi due appartamenti in due distinti edifici a più piani, per motivi punitivi, sfollando due famiglie comprendenti undici persone, tra cui tre minori. Entrambe le case appartenevano alle famiglie di due uomini arrestati e accusati di aver ucciso un soldato israeliano nell’ottobre 2022. Il 14 giugno, durante una di queste demolizioni, un palestinese è stato ucciso dalle forze israeliane, mentre, durante entrambe le demolizioni, altre 618 persone, compresi 38 minori, sono state ferite. Secondo quanto riferito, i palestinesi hanno lanciato pietre e oggetti esplosivi e le forze israeliane hanno usato munizioni vere, proiettili di metallo rivestiti di gomma e lacrimogeni. Dall’inizio del 2023, per motivi punitivi, sono state demolite 14 case e una struttura agricola, rispetto alle 14 strutture di tutto il 2022 e alle tre del 2021. Le demolizioni punitive sono una forma di punizione collettiva e come tali sono illegali ai sensi del diritto internazionale.

16). Nella Striscia di Gaza, vicino alla recinzione perimetrale israeliana o al largo della costa, presumibilmente per imporre restrizioni all’accesso, in almeno 21 casi, le forze israeliane hanno aperto il “fuoco di avvertimento”. In tali circostanze, il lavoro di agricoltori e pescatori è stato gravemente limitato. In due casi, un pescatore è rimasto ferito e altri cinque sono stati arrestati. Inoltre, un peschereccio è stato sequestrato e un altro è stato danneggiato. In due occasioni, le forze israeliane hanno utilizzato bulldozer per spianare il terreno all’interno di Gaza, vicino alla recinzione perimetrale, nell’Area centrale. In altre circostanze, tre uomini palestinesi sono stati arrestati dalle forze israeliane mentre cercavano di entrare in Israele attraverso la recinzione perimetrale.

17). Il 3 e 4 luglio, a Gaza City, palestinesi si sono riuniti vicino alla recinzione perimetrale israeliana per protestare contro l’operazione delle forze israeliane a Jenin. Cinque palestinesi sono rimasti feriti, tra cui un minore, mentre i manifestanti lanciavano pietre e le forze israeliane sparavano proiettili veri.

18). Inoltre, nella Striscia di Gaza, il 14 e il 26 giugno, tre minori palestinesi sono stati feriti dall’esplosione di residuati bellici che avevano trovato a Rafah e nella città di Gaza e che stavano manomettendo.

Ultimi sviluppi (dopo il periodo di riferimento)

Questa sezione si basa su informazioni iniziali provenienti da diverse fonti. Ulteriori dettagli confermati saranno forniti nel prossimo rapporto.

Il 6 luglio, nei pressi dell’insediamento israeliano di Kedumim e del villaggio palestinese di Jit (Qalqiliya), un palestinese ha sparato, uccidendo un soldato israeliano; l’uomo è stato successivamente ucciso dalle forze israeliane. Una guardia israeliana è rimasta ferita.

Il 7 luglio, durante una un’operazione che stavano conducendo a Nablus, in uno scontro a fuoco con palestinesi, le forze israeliane hanno ucciso due palestinesi.

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Note a piè di pagina

1 – Vengono conteggiati separatamente i palestinesi uccisi o feriti da persone che non fanno parte delle forze israeliane; ad esempio da civili israeliani o da razzi palestinesi malfunzionanti, così come quelli la cui causa immediata di morte o l’identità dell’autore rimangono controverse, poco chiare o sconosciute.

2 – Le vittime israeliane in questi rapporti includono persone che sono state ferite mentre correvano ai rifugi durante gli attacchi missilistici palestinesi. I cittadini stranieri uccisi in attacchi palestinesi e le persone la cui causa immediata di morte o l’identità dell’autore rimangono controverse, poco chiare o sconosciute, vengono conteggiate separatamente.

La protezione dei dati dei civili da parte di OCHA include episodi avvenuti al di fuori dei Territori Palestinesi Occupati (TPO) solo se hanno coinvolto residenti dei Territori Palestinesi Occupati come vittime o responsabili.

Questo rapporto riflette le informazioni disponibili al momento della pubblicazione. I dati più aggiornati e ulteriori analisi sono disponibili su ochaopt.org/data.

Versione Originale

Associazione per la pace – Via S. Allende, 5 – 10098 Rivoli TO; e-mail: assopacerivoli@yahoo.it




Israele non ha soldi per Gerusalemme est

Editoriale di Haaretz

23 maggio 2023 – Haaretz

Domenica nel tunnel del Muro Occidentale si è svolta una riunione di gabinetto festiva, in onore della Giornata di Gerusalemme. Come ogni anno, anche questa volta è stata presa una serie di decisioni riguardo agli investimenti del governo nella capitale. Un attento esame di tali decisioni mostra ancora una volta che l’attuale governo non affronta i reali problemi della collettività. Al contrario, esso si focalizza sul canalizzare denaro ai suoi sodali e sull’investire in iniziative di facciata anziché di sostanza e dimostra una perdurante mancanza di professionalità.

La decisione più importante che si prevedeva venisse presa era sul nuovo piano quinquennale per Gerusalemme est. Il precedente piano, approvato nel 2018 in seguito alle pressioni dell’ex Ministro Ze’ev Elkin, fu il più consistente investimento governativo nella parte est della città dal 1967. Vennero investiti circa 2,1 miliardi di shekel (520 milioni di euro) in educazione, istruzione superiore, infrastrutture e stimolo all’occupazione. Il piano incontrò dei problemi, ma produsse cambiamenti positivi in diverse zone di Gerusalemme est.

Negli ultimi sei mesi gruppi di lavoro all’interno del Ministero per gli Affari di Gerusalemme si sono occupati del nuovo piano quinquennale. Gli esperti hanno calcolato che per mantenere i risultati del piano precedente gli stanziamenti del nuovo piano avrebbero dovuto essere almeno del doppio. In seguito all’opposizione di diversi ministeri, soprattutto quello delle Finanze, la scorsa settimana è stato licenziato un piano più modesto, con un budget di 3 miliardi di shekel provenienti dai bilanci del Ministero delle Finanze, del Comune di Gerusalemme e dei ministeri del governo. Diversamente da quell’ampio investimento previsto nell’educazione a favore degli haredi [ultraortodossi, ndt.] e in fondi di terzi, questi stanziamenti saranno interamente dedicati a migliorare la vita di tutti gli abitanti di Gerusalemme, a rafforzare l’economia e fornire opportunità alle comunità più deboli nella società israeliana.

Ma il Ministro delle Finanze Bezalel Smotrich [del partito di estrema destra dei coloni, ndtr.] e altri ministri si sono opposti anche a questo piano e dopo animate discussioni il gabinetto ha deciso solamente che i ministeri avrebbero cercato di raggiungere degli accordi in merito nel mese prossimo. La previsione prevalente è che il budget verrà ridotto in modo significativo rispetto all’attuale proposta e che, a causa dell’opposizione di Smotrich, non conterrà alcun riferimento alla promozione dell’educazione superiore per i ragazzi di Gerusalemme est.

Al tempo stesso il gabinetto ha approvato un gran numero di decisioni che riverseranno denaro in progetti che arricchiranno solamente associazioni e organizzazioni vicine al governo e che comprometteranno i rapporti tra gli abitanti di Gerusalemme: 60 milioni di shekel andranno alla Fondazione Eredità del Muro Occidentale [organismo responsabile delle questioni del Muro del Pianto a Gerusalemme, ndt.] e decine di milioni a progetti della Fondazione Elad [o Fondazione Città di Davide,  ndtr.], alcuni a spese degli abitanti palestinesi che sono stati cacciati dalla loro terra.

Da una riunione di governo all’altra, da una decisione all’altra, cresce l’impressione che questo governo sia assolutamente deciso a distruggere le cose con la massima velocità ed efficienza. Qualunque funzionario professionale rimanga ancora nei ministeri del governo deve mettere in guardia contro le gravi implicazioni di queste decisioni e chiarire che un piano quinquennale per Gerusalemme est non è solo nell’interesse degli abitanti di Gerusalemme est, ma di tutti gli israeliani.

(Traduzione dall’inglese di Cristiana Cavagna)




Un ex-soldato israeliano restituisce una chiave della moschea di Al-Aqsa dopo 56 anni

Redazione di MEMO

21 maggio 2023 – Middle East Monitor

L’agenzia di notizie [turca, ndt.] Anadolu riferisce che giovedì un ex-soldato israeliano ha restituito la chiave di un cancello della moschea di Al-Aqsa a Gerusalemme Est occupata, dopo averla rubata 56 anni fa.

Il dipartimento delle fondazioni islamiche a Gerusalemme ha pubblicato un video che mostra il suo direttore generale Sheikh Azzam Al-Khatib che riceve la chiave dall’uomo, identificato come Yair Barack.

Nel video Barack afferma di aver fatto parte del battaglione israeliano che ha combattuto sul fronte di Gerusalemme Est, aggiungendo che molti dei suoi commilitoni sono morti durante i combattimenti nel 1967.

“Sono arrivato al cancello di Al-Mughrabi (nel corridoio ovest della moschea di Al-Aqsa)… e quando ho guardato a sinistra, ho trovato la chiave. Non so perché ci ho messo su la mano e l’ho presa” dice.

“Ho messo la chiave in tasca e da allora l’ho avuta io” aggiunge.

Barack afferma che dopo 40 o 50 anni ha cominciato a sentirsi a disagio perché la chiave ce l’aveva ancora lui “semplicemente perché l’ho rubata e adesso ho deciso di restituirla”.

“Adesso sono qui. Ho restituito la chiave che avevo rubato. L’ho restituita ai suoi proprietari… e questo è ciò che Israele dovrebbe fare – restituire ai palestinesi la loro terra, i diritti, il rispetto, l’indipendenza, la libertà e la sicurezza,” afferma.

Dice che, dopo aver restituito la chiave, ha sentito “di aver fatto la cosa giusta”.

La restituzione della chiave è avvenuta mentre coloni israeliani insieme a decine di politici israeliani partecipavano alla “marcia delle bandiere” per celebrare l’ occupazione di Gerusalemme Est nel 1967.

Commendando la controversa marcia, afferma che è uno dei peggiori giorni dell’anno per lui, aggiungendo di aver smesso di celebrare il “giorno delle bandiere” molto tempo fa.

La marcia delle bandiere è organizzata ogni anno da coloni israeliani commemorare ciò che chiamano la unificazione di Gerusalemme, in riferimento all’occupazione israeliana della città nel 1967.

“Io a quel tempo ero parte di tale occupazione. Non avrei voluto farlo, cioè occupare Gerusalemme”, ha affermato.

Israele ha occupato Gerusalemme est durante la guerra arabo-israeliana del 1967. Ha annesso l’intera città nel 1980 con un’iniziativa che non è mai stata riconosciuta a livello internazionale.

(traduzione dall’inglese di Gianluca Ramunno)




Il ministro di estrema destra afferma che le visite al luogo santo di Gerusalemme ricadono sotto le decisioni israeliane

Ben Lynfield

21 maggio 2023 – The Guardian

Tra crescenti tensioni i commenti di Itamar Ben-Gvir suscitano la condanna dei palestinesi

Il ministro della sicurezza israeliano di estrema destra, Itamar Ben-Gvir, ha visitato un luogo a Gerusalemme sacro sia per i musulmani che per gli ebrei e ha dichiarato che Israele ne era “responsabile”, attirandosi la condanna dei palestinesi dopo mesi di crescenti tensioni e violenze.

La visita di primo mattino al sito, venerato dagli ebrei come il Monte del Tempio e dai musulmani come il complesso che ospita la moschea di al-Aqsa, ha anche suscitato denunce da parte di due dei partner di pace arabi di Israele, la Giordania e l’Egitto.

È successo pochi giorni dopo che gruppi di giovani ebrei si sono scontrati con palestinesi e hanno intonato slogan razzisti durante una marcia nazionalista attraverso la Città Vecchia.

Sono felice di salire sul Monte del Tempio, il luogo più importante per la nazione di Israele”, ha detto Ben-Gvir durante la sua visita al complesso, il luogo più controverso tra musulmani ed ebrei a Gerusalemme e teatro di ripetuti scontri. “La polizia sta facendo un lavoro fantastico qui ricordando di nuovo chi è il padrone di casa a Gerusalemme. Non serviranno tutte le minacce di Hamas. Noi siamo i padroni di Gerusalemme e di tutta la terra d’Israele”.

Secondo le disposizioni in vigore da quando Israele ha occupato il sito insieme al resto di Gerusalemme Est durante la guerra del 1967, gli ebrei possono visitare il posto ma solo i musulmani possono pregare lì. Dagli ebrei è venerato come il sito degli antichi templi, mentre i musulmani lo considerano come il luogo da cui il profeta Maometto ascese al cielo.

Negli ultimi anni le visite e gli appelli alla preghiera ebraica sono aumentati, alimentando i timori musulmani che ci possa essere un’espropriazione. Allo stesso tempo, la polizia è diventata sempre più negligente nel far rispettare il divieto di culto ebraico e spesso non ha impedito agli ebrei di pregare nell’angolo orientale del complesso. Lo fanno leggendo dai loro telefoni cellulari, piuttosto che dai libri di preghiere, che è quello che ha fatto Ben-Gvir domenica. Il momento è stato ripreso in video.

Ben-Gvir, che è stato eletto lo scorso novembre promettendo di sostenere la preghiera ebraica sul sito [di al-Aqsa,ndt], è considerato da molti il politico israeliano più estremista e ha una lunga storia di provocazioni rivolte agli arabi. Per molti anni ha esposto in bella vista nella sua casa una foto di Baruch Goldstein, un israeliano armato che uccise 29 palestinesi durante le preghiere della moschea a Hebron nel 1994.

Ben-Gvir ha anche chiesto maggiori finanziamenti per consentire a un ministero controllato dal suo partito Jewish Power (Potere Ebraico) di aumentare il numero di ebrei in parti di Israele con consistenti popolazioni arabe, il Negev e la Galilea. “Dobbiamo agire lì, dobbiamo essere i padroni anche del Negev e della Galilea”, ha detto.

Ahmad Majdalani, membro del comitato esecutivo dell’OLP, ha affermato che la visita ha offeso i musulmani di tutto il mondo e ha previsto che potrebbe destabilizzare la regione rafforzando i fondamentalisti islamici.

Majdalani, che è anche ministro palestinese per lo sviluppo sociale, ha definito la visita di Ben-Gvir “un’espressione provocatoria del governo israeliano nel suo insieme, non solo un’espressione individuale di Ben-Gvir. È politica ufficiale ferire i sentimenti dei musulmani in tutto il mondo, in particolare dei palestinesi. Avvertiamo che se continua così, la situazione cambia da un conflitto politico a uno religioso che non può essere controllato. Il pericolo di ciò per la regione non può essere sopravvalutato”.

La Giordania, a cui è stato affidato un ruolo speciale riguardo ai siti islamici a Gerusalemme nel suo trattato di pace con Israele del 1994, è stata dura nella sua condanna. “L’assalto alla moschea di al-Aqsa e la violazione della sua santità da parte di un ministro del gabinetto israeliano sono atti da condannare e provocatori”, ha affermato il portavoce del Ministero degli Affari Esteri e degli espatriati Sinan Majali. “Rappresentano una palese violazione del diritto internazionale, nonché dello status quo storico e giuridico a Gerusalemme e nei suoi luoghi santi”.

Israele ha occupato la Città Vecchia di Gerusalemme, che comprende al-Aqsa e l’adiacente Muro Occidentale, un luogo sacro di preghiera per gli ebrei, durante la guerra in Medio Oriente del 1967.

Da allora Israele ha annesso Gerusalemme Est, con una iniziativa non riconosciuta dalla comunità internazionale, e considera l’intera città come la sua capitale eterna e indivisa. I palestinesi vogliono Gerusalemme Est come capitale di uno Stato futuro.

(traduzione dall’Inglese di Giuseppe Ponsetti)




Israele, con demolizioni e confische di proprietà, sfolla 50 palestinesi in due settimane

Redazione di The New Arab

20 maggio 2023 – NewArab

Sono più di venti i minori tra i 50 palestinesi sfollati a causa di confische e demolizioni di proprietà, compresi alcuni casi in cui le autorità israeliane hanno costretto le persone a demolire le proprie case.

In due settimane dall’inizio di questo mese Israele ha sfollato 50 palestinesi con demolizioni e confische di proprietà a Gerusalemme Est e in aree della Cisgiordania.

Tra gli sfollati c’erano 23 bambini, ha detto venerdì l’Ufficio delle Nazioni Unite per il Coordinamento degli Affari Umanitari (OCHA) nel suo rapporto dal 2 al 15 maggio.

Vi sono stati anche casi in cui le autorità israeliane hanno costretto le persone a demolire da sé le proprietà. Ha riguardato Gerusalemme Est e l’Area C della Cisgiordania che è sotto il controllo di Israele.

“Le autorità israeliane hanno demolito, confiscato o costretto le persone a demolire 42 strutture a Gerusalemme Est e nell’Area C della Cisgiordania, comprese 17 case, adducendo la mancanza di permessi di costruzione rilasciati da Israele che sono quasi impossibili da ottenere”, ha affermato l’OCHA.

Ha aggiunto che nove delle strutture, tra cui una scuola, erano state edificate come aiuto umanitario.

Delle 42 strutture in questione, 26 erano ubicate in Area C.

“Le restanti 16 sono state demolite a Gerusalemme Est, compresi due complessi residenziali demoliti nell’area di Wadi Qaddum a Silwan provocando lo sfollamento di sette famiglie comprendenti 39 persone di cui 22 minori”, ha affermato l’OCHA.

Altre sette strutture sono state distrutte dai proprietari per evitare il pagamento di multe alle autorità israeliane”.

Il 7 maggio le forze israeliane hanno distrutto la scuola elementare Jubbet Al-Dhib vicino a Betlemme, suscitando aspre critiche da parte dell’Unione Europea che aveva finanziato il progetto.

L’UE ha dichiarato di essere “sconvolta” alla notizia delle forze israeliane entrate all’alba nel sito della scuola, che secondo un funzionario dell’Autorità Nazionale Palestinese (ANP) ospitava 45 studenti ed era composta da cinque aule.

Si richiede un blocco affinché Israele “fermi tutte le demolizioni e gli sfratti, che aumenteranno solo le sofferenze della popolazione palestinese e aggraveranno ulteriormente un’atmosfera già tesa”.

“Le demolizioni sono illegali secondo il diritto internazionale, e il diritto dei bambini all’istruzione deve essere rispettato”, ha affermato in una nota l’ufficio del rappresentante UE nei Territori palestinesi.

A parte gli eventi a Gerusalemme Est e nell’Area C, un’altra struttura residenziale è stata distrutta e altre tre danneggiate nell’Area A della Cisgiordania, che dovrebbe essere sotto il pieno controllo dell’Autorità Nazionale Palestinese, ha affermato l’OCHA.

Ne sono responsabili le forze israeliane secondo l’organismo delle Nazioni Unite che ha affermato i fatti essere accaduti durante un’operazione nella città vecchia di Nablus.

Nablus, insieme alla città di Jenin, è stata obiettivo centrale di micidiali raid israeliani in Cisgiordania negli ultimi mesi.

Ad oggi, di quest’anno le forze e i coloni israeliani hanno ucciso oltre 150 palestinesi, in media più di uno al giorno.

(traduzione dall’inglese di Luciana Galliano)




Gerusalemme: palestinesi aggrediti mentre ministri israeliani partecipano alla controversa ‘marcia della bandiera’

Latifeh Abdellatif

18 maggio 2023 – Middle East Eye

Il ministro di estrema destra Itamar Ben Gvir si unisce a migliaia di persone nella marcia accompagnata da violenze contro i palestinesi e da slogan di incitamento alla violenza, suprematismo ebraico e razzismo’

Gerusalemme

Giovedì a Gerusalemme poliziotti e ultranazionalisti israeliani hanno aggredito palestinesi e giornalisti mentre ministri israeliani e parlamentari di estrema destra partecipavano alla controversa ‘marcia della bandiera’.

I manifestanti hanno bersagliato con pietre un reporter di Middle East Eye e altri giornalisti che seguivano il raduno presso la Porta di Damasco nella Città Vecchia. Almeno due sono stati colpiti e feriti alla testa.

Decine di partecipanti hanno sventolato la bandiera nera del gruppo razzista di estrema destra Lehava urlando “il vostro villaggio brucerà”.

Altrove gli ultranazionalisti hanno attraversato il quartiere musulmano della Città Vecchia picchiando gli abitanti palestinesi e causando alcuni tafferugli. La polizia israeliana è intervenuta, ma aggredendo i palestinesi già sotto attacco.

L’attivista palestinese Iyad Abu Snainah è stato arrestato per aver urlato contro i poliziotti che non stavano proteggendo i palestinesi. 

Nel contempo migliaia di israeliani hanno continuato ad ammassarsi nella piazza della Porta di Damasco per partecipare all’annuale marcia che si tiene nella festività del “Giorno di Gerusalemme” per commemorare l’occupazione di Gerusalemme Est nel 1967. 

L’evento è associato a violenze contro i palestinesi e, secondo ONG israeliana Ir Amim, a “slogan di incitamento alla violenza, suprematismo ebraico e razzismo’”.

Fra i partecipanti di giovedì c’erano il ministro della Sicurezza Nazionale Itamar Ben Gvir, il ministro delle Finanze Bezalel Smotrich, di estrema destra, e quello ai Trasporti Miri Regev [del Likud, ndt.]. 

“Grazie al cielo qui ci sono migliaia di persone,” ha detto Ben Gvir al suo arrivo al luogo di partenza della marcia in King George Street. “Gerusalemme è nostra per sempre.”

Arrivata a un altro punto della marcia, Limor Son Har-Melech, la parlamentare di Potere Ebraico, il partito di estrema destra di Ben Gvir, ha dichiarato al Times of Israel [giornale israeliano di centro, ndt.] che vi partecipava per “celebrare la nostra vittoria contro gli arabi”.

Protetti da una massiccia sorveglianza, i manifestanti alla Porta di Damasco hanno cantato slogan razzisti, sventolando la bandiera israeliana e danzando, in attesa che altri si unissero a loro. 

La polizia israeliana ha schierato circa 3.000 poliziotti per garantire la sicurezza del raduno, che intende dimostrare la “sovranità” di Israele su Gerusalemme. 

È stato riferito che cecchini israeliani erano posizionati lungo le mura della Città Vecchia, mentre droni di sorveglianza della polizia sorvolavano la folla.  

È anche stato impedito a giornalisti e palestinesi il passaggio a tutte le strade di accesso alla Porta di Damasco.

La polizia israeliana ha negato l’accesso anche a una reporter di MEE, nonostante abbia esibito il suo tesserino stampa costringendola a fare un lungo giro per entrare da un’altra strada. 

All’inizio della giornata si è tenuta un’altra “marcia della bandiera” a Lydd (Lod), una città nel centro di Israele dove risiede una consistente popolazione palestinese. 

In risposta i palestinesi hanno inscenato un raduno nella Cisgiordania occupata e a Gaza sventolando la bandiera palestinese.

Manifestanti vicino alla barriera che separa la Striscia di Gaza da Israele sono stati dispersi dai soldati israeliani con lacrimogeni. 

Storia violenta

Negli scorsi anni i partecipanti israeliani alla “marcia della bandiera” avevano aggredito dei palestinesi e attaccato e coperto di graffiti e sputi attività commerciali e case palestinesi lungo il percorso. 

Avevano anche scandito slogan come “Morte agli arabi”, “La seconda Nakba sta arrivando ” e “Maometto è morto,” riferendosi al profeta dell’Islam.

Sempre nell’ambito delle celebrazioni della “Giornata di Gerusalemme” in precedenza nella stessa giornata coloni e politici israeliani hanno fatto irruzione nella moschea di Al-Aqsa. Una persona è stata ripresa nel cortile della moschea mentre insultava il profeta Maometto. 

Fra di loro c’erano parecchi parlamentari, fra cui Yitzhak Wasserlauf, ministro dello Sviluppo del Negev e della Galilea, appartenente al partito Potere Ebraico. 

Vi hanno partecipato anche Dan Illouz, Amit Halevi e Ariel Kallner, tre parlamentari del Likud, il partito del primo ministro Benjamin Netanyahu. 

La Giordania ha condannato l’assalto e ammonito che la marcia “provocatoria” potrebbe portare a un’escalation a Gerusalemme. 

Israele ha conquistato Gerusalemme Est nel 1967 e l’ha annessa nel 1980, una decisione che non è mai stata riconosciuta dalla comunità internazionale. 

Il controllo israeliano della città viola vari principi del diritto internazionale che stabilisce che una potenza occupante non ha la sovranità sul territorio che occupa e non può apportarvi alcun cambiamento permanente.

(traduzione di Mirella Alessio)




Un’organizzazione che si occupa di diritti umani mette in guardia che Israele sta pianificando di trasformare la moschea di Bab Al-Rahma in una sinagoga

Redazione di MEMO

26 aprile 2023 – Middle East Monitor

Quds Press ha riferito che ieri il comitato islamico-cristiano a supporto di Gerusalemme e dei suoi santuari ha segnalato che l’occupazione israeliana sta pianificando di trasformare la sala delle preghiere di Bab Al-Rahma in una sinagoga ebraica.

Bab Al-Rahma è parte del complesso della moschea di Al-Aqsa. Dalla fine del mese sacro del Ramadan è stata oggetto di ripetuti attacchi israeliani.

In una dichiarazione, il comitato ha messo in guardia da una operazione israeliana già pianificata per giudaicizzare la moschea di Al-Aqsa, sottolineando che “separare la moschea Bab Al-Rahma dall’intera area della moschea di Al-Aqsa e trasformarla in una sinagoga ebraica è parte del piano.”

Il comitato ha invitato tutti i palestinesi ad “opporsi al tentativo israeliano di chiudere la moschea di Bab Al-Rahma, a restaurarla e a riportare i fedeli al suo interno”.

Nella dichiarazione, il comitato ha precisato che “ogni tentativo di cambiare lo status quo avrà conseguenze disastrose di cui sarà incolpata l’occupazione israeliana”.

Lunedì le forze di occupazione israeliane hanno fatto irruzione a Bab Al-Rahma e per la seconda volta in cinque giorni hanno interrotto la fornitura elettrica.

L’agenzia di notizie Wafa ha affermato che esse hanno arrestato due uomini palestinesi e una donna turca che stavano pregando all’interno e hanno chiesto ai guardiani della moschea di Al-Aqsa di non riparare la rete elettrica. La signora turca è stata rilasciata il giorno successivo.

(traduzione dall’inglese di Gianluca Ramunno)




Secondo un rapporto nel 2022 lo Stato di Israele ha preso di mira 215 giornalisti in Cisgiordania e Gerusalemme

Redazione di MEMO

14 marzo 2023 – Middle East Monitor

Il Journalist Support Committee [Comitato di Supporto dei Giornalisti] (JSC) ha rivelato ieri che nel 2022 le autorità di occupazione israeliane hanno preso di mira 215 giornalisti nella Cisgiordania e a Gerusalemme occupate.

In occasione della Giornata Nazionale dei Palestinesi Feriti il JSC, con sede a Beirut, ha pubblicato ieri le cifre: “I giornalisti palestinesi sono costretti a lavorare in un contesto pericoloso, dato che sono sempre soggetti agli attacchi e alle violazioni da parte dell’occupazione israeliana” afferma il JSC.

Nelle sue quotidiane aggressioni contro i giornalisti l’occupazione israeliana usa armi vietate dal diritto internazionale.

Secondo il JSC, le forze di occupazione israeliane non proteggono i giornalisti palestinesi, dato che aprono il fuoco contro di loro anche se stanno indossando in modo visibile giubbotti antiproiettile.

Il mese di maggio ha visto il più alto numero di feriti tra i giornalisti, afferma il JSC, con 54 feriti dalle forze di occupazione in Cisgiordania e a Gerusalemme occupate, aggiungendo che essi sono presi di mira per impedirgli di documentare i crimini dello Stato di Israele.

(traduzione dall’inglese di Gianluca Ramunno)




‘Non siamo noi gli intrusi’: viaggio di un ragazzino palestinese dalla paralisi alla speranza

Nada Al Kahlout

27 febbraio 2023 – The Palestine Chronicle

Muhammad Zaqout è sempre stato un undicenne attivo, vivace e brillante. Era uno studente di seconda media alla scuola di Gaza gestita dall’UNRWA. Viveva con la sua famiglia, i suoi genitori, due fratelli e cinque sorelle.

La sua vita era piena delle attività di un ragazzino”, dice a The Palestine Chronicle la sorella ventiduenne di Muhammad, Eman. “Muhammad si svegliava come ogni altro ragazzino a Gaza, prendeva la sua colazione e i suoi libri e andava a scuola…”

Eman sorride mentre parla del suo fratellino: “Muhammad amava mangiare il maftoul (couscous palestinese), scherzava sempre e giocava a pallone coi suoi amici,” ma le cose sono cambiate. “La vita di Muhammad era del tutto normale prima che contraesse il virus Guillain-Barre, cosa che è avvenuta improvvisamente”, continua Eman. “Stava giocando a pallone a scuola e un attimo dopo è svenuto e lo hanno portato immediatamente all’ospedale.”

I crimini dell’occupazione israeliana e dell’assedio di Gaza assumono diversi aspetti e spesso colpiscono i più vulnerabili e innocenti tra i palestinesi, come il giovane Muhammad.

All’inizio, quando Muhammad è stato ricoverato d’urgenza in ospedale per cure immediate, i medici hanno pensato che la sua condizione fosse psicologica, causata dal continuo stress e pressione che il ragazzo subiva a Gaza. Questa diagnosi non era inverosimile, dopotutto i bambini a Gaza crescono assistendo a guerre, massacri e incursioni militari contro le loro famiglie, amici e comunità.

Tuttavia lo shock maggiore per Muhammad e per tutti quelli intorno a lui è arrivato quando infine ha ripreso conoscenza, solo per rendersi conto che non sentiva più le gambe. Aveva la metà inferiore del corpo paralizzata, con acuti dolori nella parte superiore.

Alla fine a Muhammad è stata diagnosticata una grave forma di sindrome di Guillain-Barre, che richiedeva attenzione medica e tempestività.

La sindrome di Guillain-Barre è una grave condizione neurologica che comporta che il sistema immunitario del paziente danneggi i nervi del corpo. Nella sua forma più grave questa patologia può provocare paralisi. È necessario un ricovero immediato in ospedale per impedire che i sintomi peggiorino. Prima inizia un trattamento adeguato, più vi sono possibilità di recupero. Ma ciò non sempre è possibile in un posto come Gaza, che da quasi due decenni è sotto totale assedio israeliano.

I famigliari di Muhammad hanno capito che dovevano agire in fretta per scongiurare al figlio una paralisi permanente. Sfortunatamente l’ospedale a Gaza da anni è sottoposto a blocco militare e scarsità di risorse, proprio come tutte le altre istituzioni nella Striscia assediata.

Perciò la famiglia è stata costretta a lasciare l’ospedale e a cercare le cure in una clinica privata, dove un medico ha prescritto una crema al cortisone che, come ha spiegato, “potrebbe curarlo”. Tuttavia egli ha raccomandato alla famiglia che Muhammad avrebbe dovuto andare immediatamente a Ramallah, nella Cisgiordania occupata, per farsi curare ed evitare un danno permanente al suo giovane e fragile corpo.

Ramallah dista solo un’ora di viaggio da Gaza. Ma a Muhammad sono serviti mesi per arrivarci.

Cure mediche urgenti sotto assedio

La crema al cortisone non ha funzionato. Alla famiglia di Muhammad non è rimasto che tentare con la mossa successiva: come raggiungere Ramallah. Come superare i posti di blocco militari israeliani? Come fuggire da questo assedio?

Questi problemi sono sconosciuti alla maggior parte dei pazienti in tutto il mondo. Per i pazienti palestinesi, soprattutto a Gaza, è la realtà quotidiana.

Il medico di Muhammad ha scritto un referto per la cura presso la Clinica H di Ramallah. Ha sottolineato che la cura era urgente, prima che la salute del ragazzo potesse peggiorare. Tuttavia per i palestinesi come Muhammad il potere di curare un paziente non è nelle mani del medico, ma in quelle dei soldati israeliani ai posti di blocco militari.

Salvare mio figlio

La famiglia di Muhammad ha subito chiesto il permesso di Israele per andare a Ramallah con il figlio. Ha ricevuto un immediato rifiuto dall’esercito israeliano, che sosteneva che la famiglia non si era presentata ad un colloquio. Ma non era stato previsto alcun colloquio: se lo era, la famiglia non ne è stata informata.

Alla fine Muhammad ha lasciato l’ospedale ed è tornato a casa in sedia a rotelle.

I genitori di Muhammad hanno inoltrato una seconda richiesta, soprattutto quando il ragazzo ha iniziato a soffrire di battiti cardiaci rapidi e irregolari e difficoltà di respirazione, tutti sintomi della sindrome di Guillain-Barre che avrebbero potuto essere evitati con cure tempestive e adeguate.

La madre di Muhammad, Nailaa, ha preparato con cura una borsa da viaggio con vestiti pesanti e coperte, e con la documentazione necessaria e un po’ di denaro. Era decisa a portare suo figlio all’ospedale di Ramallah.

Al suo arrivo al posto di blocco militare i soldati israeliani occupanti le hanno negato l’accesso, senza darne alcuna ragione. Nailaa è tornata a casa, delusa ma non sconfitta.

Dopo tre dinieghi dell’esercito israeliano i genitori di Muhammad hanno inoltrato una quarta richiesta di viaggio come ultima speranza perchè il loro figlio potesse essere nuovamente in grado di camminare. Questa volta il permesso è stato concesso. Nel frattempo la salute del ragazzo era ulteriormente peggiorata.

Nell’attesa che l’esercito approvasse la mia richiesta di cure avevo molto dolore ai piedi e potevo a malapena muovere le gambe”, dice Muhammad a The Palestine Chronicle. “Avevo continui dolori allo stomaco e respiravo con molta difficoltà. Non potevo dormire e ho perso tante ore di scuola. I miei genitori e la mia famiglia erano molto depressi e sempre stressati. Le mie condizioni erano molto peggiori di quando mi sono ammalato all’inizio.”

Un temporaneo rilascio dal carcere

Muhammad descrive il suo viaggio a Ramallah come un temporaneo rilascio dalla prigione.

Gaza è circondata da ogni lato da soldati e posti di blocco. Tutti i soldati israeliani ci puntano contro il fucile. E’ opprimente”, dice.

Abbiamo aspettato molto tempo al posto di blocco e i soldati perquisivano tutti, minori e adulti, anch’io sono stato perquisito nella mia sedia a rotelle. La cosa insopportabile è che loro ci perquisiscono sulla nostra terra, mentre sono loro gli intrusi, non noi.”

La breve fuga di Muhammad dalla “prigione a cielo aperto più grande del mondo” ha voluto dire per lui poter fare qualcosa che la maggioranza dei gazawi può solo sognare. Ha visitato la città occupata di Gerusalemme.

La mia gioia nel vedere la moschea di Al-Aqsa è stata grande. Ho pregato là, nonostante la presenza intimidatoria dei soldati israeliani, che erano ad ogni cancello a sorvegliarci.”

Muhammad è tornato a Gaza ed ora sta facendo fisioterapia nell’ospedale Hamad. Le sue condizioni stanno lentamente migliorando ed è felice di essere di nuovo sé stesso, anche se usa ancora una stampella. Nonostante il suo snervante viaggio vuole vivere una vita normale.

È anche tornato a scuola. Dice a The Palestine Chronicle che sogna di diventare un giorno un insegnante.

Nada Al Kahlout è una giornalista indipendente di Gaza. ‘We are not Numbers’ ha concesso questo articolo a The Palestine Chronicle.

(Traduzione dall’inglese di Cristiana Cavagna)




È iniziata la guerra di Ben-Gvir a Gerusalemme

MARIAM BARGHOUTI e YUMNA PATEL

18 febbraio 2023 Mondoweiss   

Gli eventi degli ultimi giorni a Gerusalemme dimostrano che la guerra dichiarata da Ben Gvir a Gerusalemme Est [sezione palestinese della città, ndt.] è già iniziata, con le autorità israeliane che inaspriscono il controllo sui palestinesi in tutta la città.

La scorsa settimana tre israeliani sono stati uccisi quando un palestinese di Gerusalemme est ha diretto la sua auto contro una fermata dell’autobus nell’insediamento illegale di Ramot Alon.

L’irruzione in auto a Gerusalemme è stata l’ultima di una serie di attacchi di “lupi solitari” da parte di palestinesi nella città occupata, inclusa una sparatoria nell’insediamento di Neve Yaacov che ha ucciso sette israeliani il 27 gennaio, il giorno dopo che le forze israeliane avevano sparato e ucciso 9 palestinesi nel campo profughi di Jenin.

Dopo ogni incidente la risposta del governo israeliano è stata quasi identica: immediati appelli alla punizione collettiva della famiglia del palestinese autore dell’attacco, con arresti di massa e demolizioni punitive di case. Il governo ha anche chiesto l’espulsione delle famiglie dei palestinesi accusati di aver compiuto attacchi contro israeliani e l’allentamento delle norme sulle armi per rendere più facile portare armi agli israeliani.

In seguito all’irruzione di Ramot Alon, l’ultranazionalista israeliano e parlamentare di estrema destra Itamar Ben-Gvir ha chiesto alla polizia israeliana, sulla quale ha il controllo in qualità di Ministro della Sicurezza nazionale, di “riportare l’ordine a Gerusalemme est.”

La repressione proposta da Ben-Gvir a Gerusalemme Est include la richiesta di chiudere interi quartieri, erigere posti di blocco volanti, istituire blocchi e perquisizioni per tutti i palestinesi che entrano ed escono da determinati quartieri e accelerare la demolizione di case a Gerusalemme Est.

Sebbene si sia parlato di dissidi tra Ben-Gvir e il capo della polizia israeliana Kobi Shabtai su quando e come la polizia dovrebbe agire in base ai radicali ordini di Ben-Gvir, gli eventi degli ultimi giorni a Gerusalemme hanno segnalato che, indipendentemente dal fatto se ci sia o meno un accordo a livello governativo, la guerra dichiarata da Ben-Gvir a Gerusalemme est è già in corso.

È documentato che nei quartieri cittadini la polizia israeliana e le forze di polizia di frontiera molestano e attaccano i palestinesi senza essere provocati. Sono stati documentati diversi casi di minori fermati e perquisiti mentre andavano a scuola, passanti e negozianti palestinesi attaccati da agenti di polizia e, in un caso, un palestinese a cui le forze israeliane hanno sparato arbitrariamente e indiscriminatamente mentre guidava.

Nel frattempo le forze israeliane hanno intensificato la demolizione di case palestinesi a Gerusalemme est, con il pretesto che sono prive dei permessi di costruzione rilasciati da Israele.

Persecuzione e aggressioni ai civili

Negli ultimi giorni sono apparsi numerosi rapporti che documentano le punizioni e le vessazioni collettive sulla popolazione palestinese a Gerusalemme est.

Molti degli incidenti sono avvenuti dentro e intorno all’area di Shu’fat, dopo che nel campo profughi di Shu’fat le forze israeliane hanno sparato e ferito un adolescente palestinese che avrebbe tentato di accoltellare un soldato al posto di blocco fuori dal campo. Durante il presunto tentativo di accoltellamento un ufficiale della polizia di frontiera israeliana ha sparato e ucciso un collega.

Nei giorni e ore successive all’uccisione del soldato ad opera del collega, le forze israeliane hanno imposto la chiusura totale del posto di blocco, effettuato arresti e perquisizioni casuali dei residenti e hanno fatto irruzione nel campo profughi vessando e aggredendo i palestinesi nell’area.

In un video che è diventato virale sui social media, un ragazzo palestinese viene picchiato dalla polizia di frontiera israeliana a un posto di blocco fuori dal posto di blocco militare di Shu’fat dopo che gli agenti gli avevano ordinato di spogliarsi durante una perquisizione casuale.

In altri casi documentati sui social media si vedono le forze di polizia di frontiera israeliane aggredire una donna che passa nel campo profughi di Shu’fat, aggredire minori e impedire loro di attraversare un posto di blocco militare per recarsi a scuola, e fermare e perquisire bambini e i loro zaini nella Città Vecchia di Gerusalemme Est.

In un altro caso, un palestinese è stato ferito da proiettili veri quando agenti israeliani hanno crivellato la sua auto di proiettili affermando che aveva tentato di speronarli con il suo veicolo. I media palestinesi e i testimoni oculari hanno riferito che l’uomo stava semplicemente attraversando un’area in cui i soldati stavano conducendo un raid e che gli hanno sparato senza motivo.

L’anno scorso, prima di assumere l’incarico di ministro, Ben-Gvir aveva chiesto di allentare le regole di ingaggio contro coloro che “odiano Israele”.

Aumentano le demolizioni di case e le famiglie dei detenuti sono prese di mira

Venerdì 17 febbraio sei proprietari di case palestinesi sono stati informati dei piani del comune di Gerusalemme di distruggere le loro case nel quartiere di Issawiya a Gerusalemme Est, dove risiedeva Hussein Qaraqe, il palestinese che ha effettuato l’attacco con l’auto a Ramot Alon. 

Secondo Wafa News Agency, gli edifici non erano di nuova costruzione, alcuni hanno 25 anni. All’inizio della settimana un altro palestinese di Issawiya è stato costretto a demolire un ampliamento di due stanze della sua casa, e altre due case sono state demolite nel quartiere di Jabal al-Mukaber.

Al Jazeera ha riferito che dall’inizio dell’anno le forze israeliane hanno demolito almeno 47 strutture palestinesi a Gerusalemme Est e che al 7 febbraio almeno 60 palestinesi sono rimasti senza casa a causa delle demolizioni.

Secondo l’analisi di Mondoweiss sui dati OCHA delle demolizioni, tra il 2018 e il 2021 c’è stato un aumento del 156% delle espulsioni di palestinesi dalle loro case in Cisgiordania e a Gerusalemme. Nello stesso periodo, c’è stato un aumento del 99% delle espulsioni dei palestinesi dalle loro case nella sola Gerusalemme Est.

In aggiunta, giovedì a Gerusalemme le forze israeliane hanno saccheggiato le case di detenuti ed ex detenuti palestinesi, sequestrando alle famiglie denaro, oro e beni personali di valore.

Le forze israeliane hanno in passato preso di mira ex detenuti a Gerusalemme, dove le forze armate hanno fatto irruzione nelle case e preso con la forza tutto il denaro trovato. La casa della famiglia di Ahmad Manasra, processato come un adulto all’età di 13 anni, era una di quelle case.

Secondo Amjad Abu Asab, capo del Comitato per le famiglie dei prigionieri a Gerusalemme, prendere di mira i detenuti palestinesi e le loro famiglie serve a cacciare i palestinesi da Gerusalemme, come la demolizione delle case. “L’occupazione mira a compiacere i coloni e l’estrema destra razzista premendo per ulteriori politiche discriminatorie contro i detenuti”, ha detto Abu Asab in un’intervista ad Al-Qastal.

“Una nuova Nakba”

“Il governo israeliano fascista di destra sta lanciando un attacco senza precedenti contro il nostro popolo a Gerusalemme”, ha dichiarato giovedì 17 febbraio Qadura Faris, direttore dell’Associazione dei Prigionieri Palestinesi.

In un’escalation di campagne di perquisizioni e arresti, le forze israeliane continuano a detenere in massa palestinesi in Cisgiordania e a Gerusalemme. Il più alto tasso di arresti si concentra a Gerusalemme.

Secondo il dipartimento di monitoraggio dell’Associazione dei Prigionieri Palestinesi, a gennaio più di 255 palestinesi sono stati arrestati a Gerusalemme, facendo di Gerusalemme il luogo con il tasso più alto di arresti di palestinesi per mano delle autorità israeliane.

Nelle ultime settimane, le autorità israeliane hanno sequestrato il denaro fornito dall’Autorità Nazionale Palestinese alle famiglie dei detenuti politici palestinesi a Gerusalemme, che considerano pagamento da “entità ostili”.

L’ANP è incaricata della fornitura di stipendi e sostegno monetario ai detenuti palestinesi e alle loro famiglie in caso di detenzione da parte di Israele. Ciò è in gran parte dovuto alla considerazione che molti dei detenuti sono spesso il principale sostegno delle loro famiglie.

“Quello che sta accadendo nel prendere di mira le famiglie dei prigionieri e gli ex detenuti politici”, ha detto Faris, “è una nuova Nakba, che l’occupazione sta sviluppando con l’uso di nuovi mezzi tecnologici”.

Questo concentrarsi su Gerusalemme fa molto aumentare le preoccupazioni palestinesi che Gerusalemme venga espropriata alla comunità palestinese.

Dal 2021, i responsabili politici e il personale militare israeliani chiedono la revoca della residenza a Gerusalemme ai palestinesi come misura punitiva contro coloro che hanno partecipato alle proteste della Rivolta dell’Unità nel 2021 [contro lo sgombero di residenti palestinesi a Sheikh Jarrah, quartiere di Gerusalemme Est, ndt.].

Nel 2018 questo potere è stato affidato al Ministro degli Interni ad interim, che ha il potere di revocare la residenza permanente dei gerosolimitani, una politica che è stata applicata solo contro i palestinesi.

Proteste israeliane contro il governo mentre aumentano gli insediamenti

Il 13 febbraio decine di migliaia di ebrei israeliani si sono riuniti a Gerusalemme per protestare contro le nuove misure del Parlamento che cercano di indebolire la Corte Suprema israeliana, consolidando ulteriormente il potere delle forze armate israeliane.

Ciò è avvenuto il giorno dopo che il nuovo governo israeliano ha approvato e legalizzato nove avamposti in Cisgiordania. “È ora che il mondo punisca Israele per aver sfidato le risoluzioni delle Nazioni Unite e le politiche americane ed europee che chiedono di fermare gli insediamenti”, ha detto in una dichiarazione il primo ministro palestinese Mohammad Shtayyeh.

L’anno scorso l’esercito israeliano ha dotato gli avamposti e le colonie israeliane in Cisgiordania di tecnologia e supporto.

Questa ribellione contro il diritto internazionale e la legittimità internazionale deve essere perseguita con gravi ripercussioni”, ha proseguito Shtayyeh, chiedendo il boicottaggio di Israele “in quanto Stato al di fuori della legalità”.

(traduzione dall’inglese di Luciana Galliano)