Il ministro del governo israeliano Erdan invita a boicottare Airbnb

21 novembre 2018, Al Jazeera

La risposta del ministro arriva dopo che Airbnb ha affermato che avrebbe rimosso 200 annunci di appartamenti in colonie israeliane nella Cisgiordania occupata.

Un ministro del governo israeliano ha chiesto il boicottaggio di Airbnb ed ha pubblicizzato uno dei suoi concorrenti, intensificando la risposta del governo contro la decisione dell’impresa per l’affitto di case di togliere dalle offerte colonie israeliane nella Cisgiordania occupata.

Lunedì Airbnb ha affermato che avrebbe eliminato 200 annunci dal suo sito – che consente a proprietari di affittare a persone le proprie stanze, appartamenti e case – provocando una reazione da parte degli israeliani.

Oggi faccio un appello a tutti quelli che appoggiano Israele e si oppongono a boicottaggi discriminatori. Dovrebbero smettere di utilizzare Airbnb e rivolgersi ad altri servizi,” ha detto mercoledì il ministro degli Affari Strategici Gilad Erdan ad una conferenza a Gerusalemme.

Peraltro Booking.com è un ottimo servizio,” ha aggiunto Erdan, il principale responsabile dei tentativi del governo israeliano di combattere il boicottaggio filo-palestinese.

Airbnb ha affermato che l’iniziativa si è fondata su uno schema interno utilizzato per giudicare come gestisce le offerte nei territori occupati nel mondo.

Abbiamo concluso che avremmo dovuto togliere gli annunci nelle colonie israeliane in Cisgiordania, che sono al centro della disputa tra israeliani e palestinesi,” ha affermato un comunicato sul sito web di Airbnb.

L’impresa toglierà offerte nelle colonie israeliane nella Cisgiordania occupata, ma ciò non include Gerusalemme est e le Alture del Golan occupate.

Il direttore di Human Rights Watch [organizzazione per i diritti umani con sede a New York, ndtr.] per Israele e i territori occupati, Omar Shakir, ha detto che la decisione di Airbnb è “un passo positivo”.

Airbnb ha mandato un importante messaggio al resto del mondo degli affari,” ha detto Shakir ad Al Jazeera.

Non è posibile fare affari (nella Cisgiordania occupata) senza contribuire a gravi violazioni delle leggi umanitarie internazionali e dei diritti umani dei palestinesi.

Stava accettando una politica per cui chi ha un documento di identità palestinese non ha il permesso di entrare in insediamenti solo per quello che è – e questo sembra essere l’unico caso al mondo in cui i padroni di casa di Airbnb hanno l’obbligo per legge di discriminare in base all’origine nazionale,” ha aggiunto.

Mercoledì, rivolgendosi ad un’altra conferenza, la ministra della Giustizia Ayelet Shaked ha appoggiato la richiesta di Erdan di boicottare Airbnb ed ha suggerito che anche Israele ricorra alle proprie leggi contro le discriminazioni.

Israele ha affermato che si rivolgerà all’amministrazione Trump e potrebbe appoggiare azioni legali contro Airbnb all’interno di Stati degli USA che hanno leggi contro il boicottaggio a Israele.

In un comunicato spedito ad Al Jazeera il responsabile globale di Airbnb per la politica commerciale e la comunicazione, Chris Lehane, ha affermato: “Israele è un luogo speciale e i nostri oltre 22.000 padroni di casa sono persone speciali che hanno accolto centinaia di migliaia di ospiti in Israele. Comprendiamo che si tratta di un problema difficile e complicato e prendiamo in considerazione la prospettiva di tutti.”

Colonie israeliane

Tutte le colonie israeliane sono illegali in base alle leggi internazionali.

Gli annunci di Airbnb in Cisgiordania sono stati a lungo criticati dalla comunità palestinese e dagli attivisti per i diritti umani.

In un rapporto del 2016 Human Rights Watch ha affermato che imprese che operino all’interno o in coordinamento con le colonie israeliane nei territori palestinesi traggono vantaggio e contribuiscono a un sistema illegale che viola i diritti dei palestinesi.

Secondo Peace Now [ong israeliana contraria all’occupazione dei territori palestinesi, ndtr.] i progetti di colonizzazione in Cisgiordania sono aumentati dall’inizio del 2017, quando il presidente Donald Trump, un alleato fondamentale del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, ha assunto l’incarico di presidente degli Stati Uniti.

Secondo dati palestinesi, nella Cisgiordania occupata ora vivono più di 700.000 coloni ebrei in 196 insediamenti (costruiti con l’approvazione del governo israeliano) e in più di 200 avamposti di coloni (costruiti senza la sua approvazione).

Le leggi internazionali vedono la Cisgiordania e Gerusalemme est come territori occupati e considerano illegale ogni colonia ebraica sul territorio. Esse sono anche viste come uno dei principali ostacoli ai tentativi di pace, in quanto sono costruite su terre che i palestinesi vogliono destinare al proprio futuro Stato.

(traduzione di Amedeo Rossi)




Lara Alqasem sta danneggiando la campagna palestinese di boicottaggio?

Ali Abunimah

10 ottobre 2018, Electronic Intifada

Per qualcuno Lara Alqasem sta prendendo una posizione corretta insistendo che le dovrebbe essere consentito di studiare all’università Ebraica di Gerusalemme, nonostante i tentativi del governo israeliano di deportarla.

È istintivo e naturale stare dalla parte di qualunque palestinese, soprattutto quando è arrestato da Israele e in tal senso merita solidarietà.

Ma le sue azioni meritano uno sguardo più attento dal punto di vista del loro impatto sui tentativi da parte dei palestinesi di far pagare ad Israele la catastrofica e continua violazione dei loro diritti umani.

Da questo punto di vista la decisione di Alqasem di iscriversi all’università Ebraica viola e danneggia direttamente la campagna palestinese per boicottare le istituzioni israeliane complici del regime israeliano di occupazione, colonialismo di insediamento e apartheid, soprattutto in quanto il suo caso è diventato una questione di politica internazionale.

Ingresso negato

La ventiduenne cittadina statunitense con nonni palestinesi è atterrata all’aeroporto Ben Gurion il 2 ottobre e le è stato negato l’ingresso [in Israele], nonostante avesse un visto per studio rilasciato dal consolato israeliano a Miami per frequentare un dottorato.

Il pretesto per negarle l’ingresso è la sua precedente adesione all’università alla sezione della Florida di “Studenti per la Giustizia in Palestina”, che appoggia il movimento BDS – boicottaggio, disinvestimento e sanzioni – per i diritti dei palestinesi.

È parte della repressione in corso, guidata dal ministro per gli Affari Strategici Gilad Erdan, contro i sostenitori dei diritti dei palestinesi.

Lara è stata la presidentessa della sezione di uno dei gruppi BDS più estremisti e pieni di odio contro Israele negli USA,” ha detto Erdan. “Israele non permetterà l’ingresso a quanti lavorano per danneggiare il Paese, indipendentemente dalle loro giustificazioni.”

Il governo israeliano ha basato la sua causa contro Alqasem su affermazioni fatte dal sito web antipalestinese “Canary Mission”.

Da quando è atterrata, Alqasem è stata arrestata all’aeroporto Ben Gurion in attesa di un procedimento giudiziario riguardo la decisione di averle negato l’ingresso.

Lunedì un giudice israeliano ha stabilito che rimanga agli arresti finché il suo caso non verrà risolto.

A “The Electronic Intifada” risulta che è stata fissata un’altra udienza per giovedì [11 ottobre].

Il governo israeliano insiste che Alqasem non è detenuta in quanto è libera di tornare negli USA quando vuole.

Richiesta di condanna

Martedì Erdan ha cambiato tono – vedendo evidentemente la possibilità di trasformare il caso di Alqasem in una vittoria per la propaganda israeliana.

Se Lara Alqasem domani dirà con la sua voce, non attraverso ogni sorta di avvocati o dichiarazioni che possono essere fraintese, che il sostengo al BDS non è legittimo e di essere pentita per quello che ha fatto, sicuramente riconsidereremo la nostra posizione,” ha affermato Erdan.

In effetti Alqasem, attraverso i suoi legali e la sua famiglia, ha già chiarito che, se mai ha appoggiato il movimento non violento guidato dai palestinesi per fare pressione su Israele affinché ponga fine ai suoi crimini contro i palestinesi, ora non lo fa più.

Nel suo appello Alqasem ha sostenuto di non aver mai partecipato attivamente a campagne di boicottaggio ed ha promesso al tribunale che non le promuoverà in futuro,” ha riportato l’Associated Press [agenzia di stampa USA, ndtr.].

Stiamo parlando di una persona che vuole semplicemente studiare in Israele, che non sta boicottando nessuno,” ha detto all’AP il suo legale, Yotam Ben-Hillel. “Non fa neanche più parte dell’organizzazione studentesca.”

Può aver criticato alcune politiche israeliane in passato, ma rispetta la società e la cultura israeliane,” ha detto all’AP la madre di Lara, Karen Alqasem. “Per lei ciò non è una contraddizione.”

Causa importante

Nel frattempo Alqasem è diventata una causa importante per sionisti sia progressisti che di destra.

Ha ricevuto la visita di parlamentari del partito di sinistra israeliano Meretz, che, come i suoi avversari sionisti di destra, si oppone a qualunque ritorno di rifugiati palestinesi alle loro case in quello che ora è Israele perché non sono ebrei.

L’università Ebraica, un’istituzione complice nel furto delle terre palestinesi e in altre forme di discriminazione, e che si oppone al movimento BDS, ha chiesto di unirsi al suo ricorso legale.

E sulla pagina delle opinioni del “The New York Times” anche Bari Weiss e Bret Stephens, due editorialisti di destra, strenuamente filo-israeliani, si sono schierati in difesa di Alqasem.

Gli israeliani hanno buone ragioni per vedere la campagna BDS come una forma sottilmente dissimulata di fanatismo,” scrivono gli editorialisti, diffamandola come simile al boicottaggio nazista dei negozi ebraici. Cercano anche di legare “Studenti per la Giustizia in Palestina” al terrorismo, un’altra grossolana menzogna.

Eppure suggeriscono che lasciar entrare Alqasem potrebbe aiutare a “contrastare una pericolosa tendenza tra i giovani ebrei americani, che sono sempre più distanti da Israele a causa della sua politica intransigente.”

Weiss ha combattuto strenuamente contro la libertà accademica dei palestinesi, degli arabi e dei musulmani alla Columbia University, quando è stata una studentessa, eppure senza la minima traccia di ironia ora difende Alqasem.

Tuttavia non c’è da sorprendersi che polemisti antipalestinesi come Stephens e Weiss vogliano vedere studenti come Alqasem oltrepassare i picchetti del boicottaggio.

Violare il boicottaggio

Ma il PACBI – la campagna palestinese per il boicottaggio accademico e culturale di Israele – ha preso una posizione diversa e chiara. Il gruppo della campagna ha scritto a “The Electronic Intifada”:

Qualunque studente straniero, indipendentemente dalla sua identità, che si iscriva in una università israeliana complice [delle politiche israeliane], come l’università Ebraica, sta violando le fondamentali linee guida del BDS. Sconsigliamo vivamente questa iscrizione e qualunque altro rapporto con queste istituzioni complici.”

L’università Ebraica, come qualunque università israeliana, contribuisce al regime israeliano di occupazione, colonialismo di insediamento e apartheid. Queste istituzioni giocano un costante ruolo di pianificazione, messa in atto, giustificazione o occultamento delle violazioni dei diritti umani dei palestinesi da parte di Israele,” ha aggiunto il PACBI.

Ci sono un paio di cose importanti da notare riguardo a questa dichiarazione – il suo riferimento a studenti stranieri così come a identità.

Qualcuno potrebbe sostenere che l’origine palestinese di Alqasem giustifica il fatto di frequentare l’università Ebraica. Ma non è il suo caso.

Le linee guida per il boicottaggio accademico del PACBI consentono a qualche palestinese – quelli con cittadinanza israeliana – di frequentare università israeliane, ma ciò non avviene solamente per la loro origine etnica palestinese.

Piuttosto è a causa del fatto che si trovano in un “rapporto obbligato” con lo Stato di Israele. In quanto contribuenti e cittadini – benché di seconda classe perché non sono ebrei – i palestinesi in Israele non hanno scelta se non frequentare le scuole e le università israeliane per realizzare il loro diritto allo studio rimanendo risolutamente nella loro patria.

La loro situazione è quindi simile a quella dei sudafricani neri che lottavano per accedere e frequentare le università del regime di apartheid nel loro Paese, o degli afro-americani che hanno continuato a frequentare le istituzioni razziste come parte della lotta per i diritti civili per imporre la fine della segregazione.

Questa analisi del “rapporto obbligato” può presumibilmente essere estesa ai palestinesi che vivono nella Cisgiordania occupata, soprattutto a Gerusalemme est, dove le scelte educative per i palestinesi sono fortemente limitate da Israele.

Ma è difficile vedere come si possa applicare a qualcuno come Alqasem, una studentessa straniera che con la sua cittadinanza USA non dipende dalle istituzioni educative israeliane.

Anche il desiderio personale di Alqasem – condiviso da molti palestinesi della diaspora – di essere legata alla sua patria d’origine è comprensibile, ma come cittadina americana ha già la possibilità di fare quello che per milioni di rifugiati palestinesi senza Stato rimane un sogno.

Con il suo passaporto USA Alqasem è formalmente in grado di visitare la Palestina storica – o di iscriversi a un’università palestinese – anche se a causa della discriminazione arbitraria di Israele, ai palestinesi americani viene spesso negato l’ingresso.

Eppure, come dimostra il suo caso, prendersi il disturbo di ottenere un visto per studio da Israele non dà maggiori garanzie di ingresso.

Pagare un prezzo

Sarebbe particolarmente spiacevole se Alqasem decidesse di rinnegare l’appello al boicottaggio mentre altri stanno pagando un prezzo per rispettarlo.

Questa settimana al professore dell’università del Michigan John Cheney-Lippold sono stati negati un aumento [di stipendio] e un anno sabbatico come punizione per aver rifiutato di scrivere una lettera di presentazione a una studentessa per un programma di studio all’estero in Israele.

Se una studentessa avesse voluto frequentare un programma di studio all’estero in una istituzione del Sud Africa durante l’apartheid, aveva spiegato in precedenza Cheney-Lippold, “anche in quel caso avrei rifiutato di scrivere una lettera per lei.”

E USACBI, un gruppo con sede negli USA che appoggia il boicottaggio accademico, ha lanciato una grande campagna contro i programmi di studio all’estero in Israele.

Gli organizzatori della campagna sostengono che, poiché Israele regolarmente e arbitrariamente nega l’ingresso a persone di origine araba, mediorientale o musulmana, questi programmi di studio all’estero violano le clausole di parità di diritti nelle istituzioni educative.

Come singolo individuo Alqasem è ovviamente libera di acconsentire alla richiesta di Israele di denunciare pubblicamente il BDS in cambio di un beneficio personale. Ma se lo farà danneggerà i tentativi collettivi di gente in tutto il mondo per porre fine alla brutale repressione dei palestinesi da parte di Israele.

L’avvocato di Alqasem, Yotam Ben-Hillel, ha risposto ad una richiesta da parte di “The Electronic Intifada” di un commento dicendo che si sarebbe incontrato di persona con un rappresentante della rivista a Gerusalemme – una condizione impossibile dato che la rivista non ha un rappresentante là.

Allora ha risposto a un collaboratore chiedendogli di parlare per telefono o con Skype, o di fornire risposte scritte alle domande inviate da “The Electronic Intifada”, dicendo di essere troppo occupato per farlo prima dell’udienza di giovedì per il caso di Alqasem.

(traduzione di Amedeo Rossi)




Pressioni palestinesi fanno annullare la partita amichevole Israele –Argentina a Gerusalemme per la coppa del mondo

Uzi Dann, Noa Landau e Jonathan Lis

6 giugno 2018,  Haaretz

L’ambasciata israeliana in Argentina afferma che la partita è stata cancellata a causa di “minacce e provocazioni” contro il fuoriclasse Messi – Higuain, della squadra argentina: “Alla fine hanno fatto la cosa giusta”

Mercoledì mattina presto l’ambasciata israeliana in Argentina ha confermato, citando minacce non meglio definite e provocazioni contro il fuoriclasse Lionel Messi, che la partita di pallone tra Israele e Argentina in programma sabato a Gerusalemme è stata annullata.

I media argentini hanno informato che le ragioni della cancellazione sono state le pressioni palestinesi e la richiesta dei più importanti calciatori della squadra argentina, compresi Messi e Javier Mascherano, di non venire in Israele. Il quotidiano sportivo argentino “Olé” ha affermato che la partita è stata cancellata in seguito a “minacce e polemiche”.

Su richiesta della ministra della Cultura [e dello Sport, del partito Likud, ndt.] Miri Regev, martedì notte il primo ministro Benjamin Netanyahu ha parlato con il presidente argentino Mauricio Macri, nel tentativo di evitare la cancellazione dell’incontro. Fonti dell’ufficio del primo ministro hanno affermato che in un’ulteriore conversazione Macri ha tuttavia informato Netanyahu di non essere in grado di influenzare la decisione finale.

Il quotidiano argentino “Clarín” ha informato che, secondo fonti ufficiali, Marci ha esaminato il problema con la federazione calcistica argentina ed ha appreso che “i giocatori non vogliono giocare in Israele a causa di minacce contro Messi.” Secondo l’articolo Macri si è scusato con Netanyahu e ha detto che le ragioni dei giocatori non erano politiche.

L’articolo afferma anche che Macri aveva intenzione di essere presente alla partita insieme ad una delegazione di uomini d’affari della comunità ebraica argentina.

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Il giocatore argentino Gonzalo Higuaín ha detto a ESPN [emittente televisiva Usa che si occupa solo di sport, ndt.] che “alla fine hanno fatto la cosa giusta. La ragione e l’incolumità fisica vengono prima di ogni altra cosa. Pensiamo che sia meglio non andare in Israele.”

La Federazione Calcistica Israeliana ha affermato di non aver ancora ricevuto una comunicazione ufficiale sulla cancellazione della partita e di essere stata in “contatto diretto” con i dirigenti della Federazione Calcistica Argentina e con la FIFA in seguito alla notizia. La Federazione [israeliana] ha attaccato il presidente della Federazione Calcistica Palestinese Jibril Rajoub, affermando che le sue minacce hanno “superato la linea rossa”.

Domenica Rajoub aveva invitato i tifosi a bruciare foto dell’attaccante Messi e copie della sua maglietta se avesse giocato la partita.

I palestinesi non erano contenti che la partita venisse giocata a Gerusalemme, e la scorsa settimana Rajoub aveva scritto a Claudio Tapia, il capo della Federazione Calcistica Argentina, accusando Israele di utilizzare la partita come “strumento politico”.

Negli ultimi giorni sono state esercitate pressioni su Messi e sulla Federazione Calcistica Argentina perché non giocasse a Gerusalemme, comprese manifestazioni a Buenos Aires e a Barcellona, davanti al campo di allenamento della squadra nazionale [argentina].

Nel suo account di twitter il ministro della Difesa Avigdor Lieberman [del partito di estrema destra nazionalista “Israele Casa Nostra”, ndt.] ha deplorato la decisione, scrivendo: “È molto grave che i calciatori dell’Argentina non abbiano resistito alle pressioni di quanti incitano all’odio contro Israele, il cui unico scopo è di influire sul nostro diritto fondamentale all’autodifesa e ottenere la distruzione di Israele. Non ci piegheremo di fronte a un branco di sostenitori del terrorismo antisemita.”

Mercoledì il ministro della Sicurezza Pubblica Gilad Erdan [del partito di destra Likud, ndt.] ha risposto su Israel Radio alla cancellazione. “Quello che è successo in verità non ha molto a che fare con il boicottaggio. C’è un buon rapporto di amicizia con l’Argentina, ottime relazioni. A causa delle violente istigazioni e minacce da parte di Jibril Rajoub e di tutta la pagliacciata delle magliette insanguinate [da parte dei manifestanti a Barcellona, ndt.] sono sorti timori per la sicurezza personale e i giocatori hanno iniziato a preoccuparsi di essere aggrediti fisicamente a Gerusalemme. Purtroppo prima di informarsi realmente hanno preferito lasciar perdere, il che significa piegarsi alla violenza e al terrorismo che i palestinesi stanno cercando di esercitare, ma guardiamo a tutto il quadro e non perdiamo il senso delle proporzioni.”

Il viceministro alla Difesa Eli Ben-Dahan [rabbino e parlamentare del partito di estrema destra dei coloni “Casa Ebraica”, ndt.] ha detto che “bisogna lottare contro il terrorismo,” chiedendo a Netanyahu di annullare il permesso di Rajoub per entrare in Israele. “Rajoub è un nemico spregevole,” ha detto, “(Israele) deve dichiarare nemici lui e tutta l’Autorità Nazionale Palestinese.”

Il deputato Izik Shmuli (Unione Sionista [coalizione di centro, all’opposizione, ndt.]) martedì notte ha parlato dell’annullamento dell’incontro, dicendo: “Invece di calcio, Miri Regev ha voluto la politica e questo ha avuto, e quelli che ne pagheranno il prezzo sono i tifosi che attendevano con tanta ansia la storica partita. Nonostante tutto, imploriamo ancora i giocatori dell’Argentina: è un errore. Venite per il calcio, lasciate perdere la politica.”

Anche il presidente della “Lista Unitaria” [coalizione di partiti arabo-israeliani nel parlamento israeliano, ndt.] Ayman Odeh ha fatto riferimento alla questione in un comunicato, affermando: “Il governo Netanyahu può conquistarsi Trump, ma sta perdendo il resto del mondo. Non puoi continuare a goderti le partite mentre i diritti di milioni di palestinesi sono calpestati. C’è un solo modo per vincere: porre fine all’occupazione e un reale trattato di pace. È ancora possibile.”

La deputata Haneen Zoabi (“Lista Unitaria”) ha salutato la decisione dell’Argentina, affermando che “tenere la partita mentre i soldati massacrano gli abitanti di Gaza è indecente e può essere visto come un’approvazione di ciò.” Anche il parlamentare Yousef Jabareen (“Lista Unitaria”) ha lodato la richiesta, aggiungendo che “il governo di destra deve capire che non può calpestare in modo crudele le risoluzioni dell’ONU e le sentenze delle corti internazionali e aspettarsi che il mondo lo ignori.”

Va notato che la squadra nazionale argentina fin dall’inizio non voleva giocare in Israele, ma preferiva prepararsi per i mondiali, che inizieranno tra nove giorni in Russia, a Barcellona.

Jorge Sampaoli, allenatore dell’Argentina, che non era interessato ad una partita in Israele, si era lamentato di nuovo di ciò negli ultimi giorni. Le possibilità che la squadra di Israele vada a Barcellona sono scarse e l’Argentina ha già iniziato a cercare un altro rivale per l’amichevole.

La gara spostata a Gerusalemme

Lo stadio “Teddi”, che si supponeva avrebbe ospitato la partita, è a Gerusalemme ovest. I palestinesi vedono la parte orientale della città come la capitale del loro futuro Stato che include la Striscia di Gaza e la Cisgiordania occupata da Israele.

Comunque lo status della città è in generale una questione molto sensibile. La partita era inizialmente prevista ad Haifa, ma le autorità israeliane hanno contribuito a stanziare fondi perché venisse spostata a Gerusalemme, irritando ulteriormente i palestinesi dopo il riconoscimento da parte del presidente USA Donald Trump della città come capitale di Israele. Lo scorso mese l’ambasciata USA è stata spostata lì.

Il governo israeliano ha trasformato una normale competizione sportiva in uno strumento politico. Come è stato ampiamente scritto nei media argentini, la partita ora si sta giocando per celebrare il 70^ anniversario dello Stato di Israele,” afferma una parte della lettera di Rajoub.

Domenica Rajoub ha lanciato una campagna contro l’Argentina e in particolare contro Messi, sottolineando che ha milioni di tifosi in tutto il mondo arabo e islamico, in Asia e in Africa.

È un grande simbolo, per cui noi stiamo prendendolo di mira personalmente e chiediamo a tutti di bruciare la sua foto e la sua maglietta e di abbandonarlo. Speriamo ancora che Messi non venga,” ha detto a giornalisti dopo aver lasciato la rappresentanza argentina nella città cisgiordana di Ramallah.

Un piccolo gruppo di giovani con la sciarpa della squadra di calcio palestinese ha manifestato fuori dall’ufficio di rappresentanza e ha tentato di dare fuoco a una bandiera argentina.

Rajoub ha a lungo tentato di fare in modo che l’associazione che governa il calcio mondiale, la FIFA, e il Comitato Olimpico Internazionale impongano sanzioni contro Israele. Ciò soprattutto a causa della politica di colonizzazione in Cisgiordania da parte del governo israeliano e perché ha imposto limitazioni ai viaggi degli atleti palestinesi adducendo preoccupazioni per la sicurezza. Questi enti non hanno accolto le sue richieste.

Dal 1986 l’Argentina ha tenuto in precedenza quattro incontri in Israele. La squadra è stata inserita nel gruppo D della coppa del mondo e inizierà i campionati contro l’Islanda a Mosca il 16 giugno.

Molti Paesi non riconoscono né la sovranità israeliana né quella palestinese su Gerusalemme e hanno l’ambasciata in Israele nella zona di Tel Aviv. Tuttavia il Guatemala e l’Honduras hanno seguito l’esempio degli USA spostando le loro ambasciate [a Gerusalemme] lo scorso mese.

La Reuter [agenzia di notizie Britannica, ndt.] ha contribuito a questo articolo.

[traduzione di Amedeo Rossi]