Guerra Israele-Palestina: come i media statunitensi legittimano la barbarie di Israele contro i palestinesi

Gregory Shupak

20 ottobre 2023, Middle East Eye

Presentando la campagna terroristica di Israele contro i palestinesi come se fosse giustificabile, i media statunitensi fanno la loro parte nel farla continuare

I recenti editoriali apparsi sui principali giornali liberal statunitensi hanno regolarmente presentato l’incessante terrore di massa che Israele infligge ai palestinesi come legittimo.

I media hanno appoggiato l’assalto israeliano a Gaza e il finanziamento americano dell’attacco criticando allo stesso tempo coloro che propongono opinioni anche leggermente dissenzienti. La stampa americana ha ripetutamente conferito alla violenza israeliana un aspetto virtuoso, anche quando falcidia le persone – generosità non concessa alla controparte palestinese.

Il 12 ottobre il Washington Post ha pubblicato un editoriale in cui elogiava il presidente americano Joe Biden per la sua “condanna senza riserve del terrorismo di Hamas”, affermando: “A questo riguardo, le ferme parole di Biden sono anche in gradito contrasto con le ambiguità di un piccolo numero di membri di sinistra del suo stesso partito al Congresso che la portavoce della Casa Bianca Karine Jean-Pierre ha espressamente sconfessato.”

Il collegamento alle parole di Jean-Pierre segnala che le “ambiguità” contestate dal Washigton Post sono le affermazioni che “suggeriscono che l’attacco di Hamas contro Israele dovrebbe essere considerato nel contesto delle precedenti azioni di Israele”, o che “si oppongono sui social media agli aiuti militari statunitensi per Israele e chiedono un immediato cessate il fuoco nel conflitto.”

Il giorno prima della pubblicazione di quest’editoriale le associazioni per i diritti umani Mezan, al-Haq e il Centro Palestinese per i Diritti Umani avevano documentato congiuntamente che solo nel periodo tra il mezzogiorno del 10 e dell’11 ottobre Israele aveva distrutto gli interi quartieri di al-Qarm, Ezbet Abdrabbo e al-Sikka, con le squadre di soccorso che “recuperano dozzine di corpi” mentre “altri sono ancora sotto le macerie”; “hanno preso di mira l’Università islamica di Gaza e hanno bombardato l’edificio del Programma di Borse di Studio Al-Fakhoura”, attacchi che hanno ucciso 57 palestinesi, tra cui 20 bambini. Hanno inoltre segnalato gli attacchi aerei e i bombardamenti di Israele sui terreni agricoli del Distretto dell’Area Centrale e sulle “aree residenziali, in particolare nei tre campi profughi densamente popolati di Al-Bureij, Al-Nusairat e Deir al-Balah”, uccidendo almeno 49 palestinesi 15 dei quali bambini.

Per il Post, “equivocare” sulla questione se gli Stati Uniti debbano finanziare tali atrocità o cercare di mettervi fine con un cessate il fuoco è “[in]accettabile”.

Giustificare il linguaggio “genocida”.

Nel suo editoriale più recente, il Washington Post esprime preoccupazione per i palestinesi ma continua a sostenere la campagna militare di Israele: “Dopo il massacro dei suoi civili, Israele – come qualsiasi altro Stato – ha tutto il diritto di rispondere militarmente”.

Per il Washington Post la violenza dell’occupante è giusta e quella degli occupati no: Israele può “rispondere militarmente” alle forze palestinesi che uccidono israeliani ma i palestinesi non hanno lo stesso diritto, anche dopo 75 anni di pulizia etnica, anche sotto un regime di apartheid.

Un editoriale del New York Times del 14 ottobre sostiene fermamente gli attacchi di Israele, affermando che Israele “è determinato a spezzare il potere di Hamas e in questo sforzo merita il sostegno degli Stati Uniti e del resto del mondo”. Gli autori proseguono affermando che “la fine del controllo di Hamas su Gaza è un passo essenziale”.

L’editoriale del New York Times contiene specificazioni quali: Israele “non dovrebbe perdere di vista il suo impegno a salvaguardare coloro che non hanno imbracciato le armi”.

Il comitato editoriale contraddice le proprie affermazioni sul presunto “impegno” di Israele a proteggere i civili citando il ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant che definisce i palestinesi “animali umani”, cosa che gli autori giustificano dicendo che l’osservazione avviene “in un’atmosfera di intensa emozione”.

Naturalmente, Gallant non è l’unico funzionario israeliano ad usare un linguaggio genocida dopo l’escalation della guerra contro la Palestina. Il portavoce militare israeliano, il contrammiraglio Daniel Hagari, ha affermato che Israele ha sganciato “centinaia di tonnellate di bombe” su Gaza e che “l’accento è sui danni e non sulla precisione”.

Il presidente israeliano Isaac Herzog ha detto: “C’è là un’intera nazione che è responsabile. Non è vera questa retorica sui civili non consapevoli, non coinvolti. Non è assolutamente vera”. Ha aggiunto: “Stiamo difendendo le nostre case, stiamo proteggendo le nostre case, questa è la verità, e quando una nazione protegge la sua casa combatte e noi combatteremo finché non gli spezzeremo le reni”.

Non solo i leader israeliani hanno ripetutamente segnalato di non aver intenzione di “tutelare” i non combattenti, ma Israele li ha deliberatamente massacrati in massa.

Ad esempio il giorno prima della pubblicazione dell’editoriale il pluripremiato gruppo per i diritti umani Defense for Children International Palestine ha riferito che nell’attacco contro Gaza Israele aveva ucciso fino a quel momento quasi 600 bambini palestinesi, un terzo del bilancio complessivo delle vittime.

Affermazioni assurde

Anche se Israele respinge qualsiasi impegno a proteggere i civili sia nelle parole che nei fatti, il New York Times mette ripetutamente in buona luce la politica militare israeliana a fronte di quella delle forze palestinesi, scrivendo che “Israele si sta preparando a mandare i suoi giovani uomini e donne in battaglia, dove affronteranno un nemico che non rispetta le stesse regole di guerra a cui loro si sono impegnati.”

Dire che la violenza dello Stato israeliano è moralmente superiore a quella dei gruppi di resistenza palestinesi trasmette il chiaro messaggio che la prima è legittima mentre la seconda no.

Il New York Times ha fatto la stravagante affermazione secondo cui “Israele sta combattendo per difendere una società che valorizza la vita umana e lo stato di diritto”.

Dal momento che non viene fatta alcuna affermazione del genere sui “valori” palestinesi, il messaggio è che massacrare i palestinesi sia legittimo: se la società palestinese (o importanti settori di essa) valorizza la criminalità omicida, allora è implicito che sia auspicabile venga spazzata via da una forza che si presume più civile.

Nel frattempo, due giorni prima che l’editoriale andasse in stampa, Human Rights Watch (HRW) ha affermato che Israele aveva utilizzato il fosforo bianco – che, al contatto, può “bruciare le persone, termicamente e chimicamente, fino alle ossa” – sia sul porto di Gaza City che in aree rurali lungo la linea dell’armistizio tra Israele e il Libano.

HRW ha affermato che l’uso del fosforo bianco a Gaza, una delle aree più densamente popolate del mondo, “amplifica il rischio per i civili e viola il divieto del diritto umanitario internazionale di esporre i civili a rischi inutili”.

Come ha osservato HRW, Israele ha utilizzato quest’arma a Gaza anche nel 2009 e nell’attuale ciclo di combattimenti Israele ha “tagliato elettricità, acqua, carburante e cibo a Gaza in violazione al divieto del diritto umanitario internazionale contro la punizione collettiva”.

Per “una società che valorizza la vita umana e lo stato di diritto”, Israele compie un’enorme quantità di uccisioni e di violazioni della legge.

Una patina etica

Allo stesso modo il Los Angeles Times ha dichiarato che “Israele ha tutto il diritto di usare la forza militare per prevenire” attacchi come quelli compiuti da Hamas il 7 ottobre e che Israele “deve rimanere fedele ai suoi valori facendo tutto il possibile per ridurre al minimo le sofferenze degli innocenti residenti palestinesi di Gaza.”

Il pezzo applaude Biden per aver affermato che chiederà al Congresso “un pacchetto di sostegno senza precedenti per la difesa di Israele” e per aver vagamente suggerito a Israele di riflettere se l’uccisione di migliaia di palestinesi aiuterà a “raggiungere i [suoi] obiettivi”.

L’editoriale poi afferma: “Che Israele non prenda di mira i civili è di scarso conforto per le famiglie delle persone uccise o ferite”.

Forse gli autori ritengono che sia magnanimo menzionare le circa 3.000 vite palestinesi che Israele ha ucciso in 11 giorni. Ma tali simpatie sono peggio che inutili quando sono confezionate con una menzogna che giustifica tutte le uccisioni e crea alibi per tutte le uccisioni future: ad esempio, due giorni prima dell’editoriale l’Ufficio delle Nazioni Unite per il Coordinamento degli Affari Umanitari (OCHA) osservava: “Molti edifici residenziali in aree densamente popolate sono stati presi di mira e distrutti” da Israele, tra cui un “edificio residenziale a Jabalia, nel nord di Gaza, dove sono stati uccisi dieci palestinesi; un edificio residenziale nella zona Musabah di Rafah, dove almeno 11 palestinesi, tra cui donne e bambini, sono stati uccisi; e l’edificio di un’organizzazione di beneficenza a Rafah, dove sono stati uccisi 11 palestinesi e molti altri sono rimasti feriti. Il 16 ottobre, al mattino, secondo quanto riferito, le forze israeliane hanno preso di mira un edificio residenziale a Khan Yunis, uccidendo 22 palestinesi.”

Inoltre il 15 ottobre l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha dichiarato: “Quattro ospedali nel nord di Gaza non funzionano più a causa di danni e attacchi. 21 ospedali nella Striscia di Gaza hanno ricevuto istruzioni dalle forze israeliane di evacuare. L’OMS ribadisce che devono essere prese tutte le precauzioni per proteggere gli operatori sanitari e le strutture sanitarie, compresi i pazienti e i civili che vi trovano rifugio.”

Queste fantasie su un presunto risparmiare i civili da parte di Israele e sui suoi presunti “valori” umani presentano tutta la crudeltà – le uccisioni spietate, le raccapriccianti ferite fisiche e psichiche, il sadismo dell’assedio – come incidenti in buona fede lungo il percorso verso una giusta causa; è retorica intesa a mascherare la brutalità israeliana con una patina etica.

Ma la causa di Israele è la violenza coloniale. La violenza dell’espropriazione, della tortura e di un massacro dopo l’altro. Perché nessuno Stato etnico in cui i palestinesi rimangano una minoranza perseguitata nella propria patria è possibile senza una violenza spietata e incessante.

Presentando tutta questa barbarie come se fosse giustificabile, i media statunitensi stanno facendo la loro parte affinché continui.

Le opinioni espresse in questo articolo appartengono all’autore e non riflettono necessariamente la politica editoriale di Middle East Eye.

Gregory Shupak insegna Inglese e Studi sui Media all’Università di Guelph-Humber a Toronto. È autore del libro The Wrong Story: Palestine, Israel, and the Media [La storia sbagliata: Palestina, Israele e i media].

(traduzione dall’inglese di Luciana Galliano)




Analisi: Gaza sarà la Stalingrado di Israele?

Zoran Kusovac

18 ottobre 2023 – Al Jazeera

Nonostante potenzialità militari molto superiori, a Gaza Israele potrebbe trovarsi in trappola.

Il micidiale bombardamento martedì notte dell’Al-Ahli Arab Hospital nella città di Gaza, che secondo funzionari sanitari ha ucciso almeno 500 persone, ha seminato indignazione in tutto il mondo e scatenato un’altra serie di accuse reciproche.

I palestinesi sono convinti che l’esplosione sia stata provocata da una bomba intelligente sganciata da un aereo militare israeliano, ma Israele si è affrettato ad accusare i combattenti palestinesi sostenendo che l’esplosione è stata causata da un razzo lanciato da Gaza che non è riuscito a raggiungere una traiettoria di volo corretta.

Le scarse prove a disposizione subito dopo il fatto sono insufficienti per stabilire conclusioni definitive. Solo un’attenta analisi dei detriti lasciati presso l’ospedale che possa rilevare frammenti dell’involucro esterno dell’ordigno esploso potrebbero dare come risultato un’identificazione chiara.

Anche prima di quest’ultimo attacco c’era un crescente numero di prove che indicavano il fatto che i raid aerei israeliani contro i palestinesi a Gaza sono stati in buona misura indiscriminati. La maggioranza delle attente analisi dei bersagli non riesce a svelare le chiare caratteristiche militari degli incessanti bombardamenti aerei, imponendo una domanda: quale logica ha motivato la scorsa settimana la richiesta israeliana ai palestinesi di evacuare la parte settentrionale di Gaza?

Dalla prospettiva della strategia militare ci sono due risposte possibili. Per Israele entrambe sarebbero potenzialmente un errore.

La prima potrebbe essere quella di creare un tale caos sulle strade della Striscia di Gaza che ai combattenti del movimento Hamas risulterebbe difficile o quasi impossibile muoversi. Questa logica seguirebbe un classico pensiero militare, verificato molte volte in differenti guerre. Ma questa non è una guerra classica con due parti uguali, né i combattenti di Hamas sono una classica formazione militare. Nessun approccio israeliano che non ne tenga conto può garantire un successo neppure limitato.

Nel corso degli anni in cui Israele ha bloccato l’enclave, i combattenti di Hamas hanno creato una ragnatela di tunnel scavati sotto la Striscia di Gaza. Per ovvie ragioni militari la loro stessa esistenza è stata un segreto palestinese gelosamente custodito, e persino quando la loro presenza non poteva più essere negata, si è permesso che filtrasse solo un’informazione molto generica, per cui essi sono ancora avvolti nel mistero.

Pare che la pratica di scavare passaggi sottoterra sia iniziata per la necessità di prevalere sull’occupazione israeliana del territorio durata fino al 2005. Le prime congetture riguardo al fatto che i palestinesi di Gaza facessero entrare di nascosto beni, forniture militari e il classico contrabbando comparvero negli anni ’90, quando la Striscia era ancora sotto il controllo politico di Fatah.

Inizialmente si presumeva che questi tunnel fossero molto rudimentali, lunghi quel tanto da passare sotto le barriere di confine con l’Egitto con ingressi da entrambi i lati nascosti dalle case. Correvano per qualche centinaio di metri ed erano così piccoli che le persone dovevano percorrerli accovacciate. Chiunque abbia visitato il Tunnel di Sarajevo, una struttura frettolosamente scavata dall’esercito della Bosnia Erzegovina a metà del 1993 per alleviare l’assedio della città, può immaginare come fossero probabilmente i primi tunnel tra Egitto e Gaza: un cunicolo stretto, angusto e scavato a mano con il soffitto basso sostenuto da travi e pali.

Con il tempo i tunnel che attraversavano il confine divennero mezzi molto efficaci per contrabbandare rifornimenti a Gaza. La rete si estese anche all’interno del territorio palestinese, consentendo di spostarsi liberamente al riparo da cittadini indiscreti che potessero essere informatori del nemico e da sistemi di sorveglianza israeliani che vanno dai satelliti agli aeroplani ed elicotteri fino ai droni senza pilota. Nel frattempo gli scavatori divennero molto esperti e migliorarono la qualità delle strutture sotterranee.

Video di Hamas resi noti la scorsa settimana mostrano tunnel di sorprendenti dimensioni e complessità, costruiti con appositi elementi prefabbricati di cemento, abbastanza alti da consentire di stare eretti e abbastanza larghi che i combattenti vi si possano muovere a passo veloce, e anche abbastanza ampi da fungere come magazzini ben protetti per armi e munizioni, compresi i razzi.

Non si sa quali siano l’estensione e l’esatta ubicazione dei tunnel, ma non ci sono dubbi che la rete sia estesa e che consenta un efficace movimento di truppe e munizioni sottoterra. Per ogni scopo pratico la relativamente piccola forza militare di Hamas potrebbe riposizionarsi da uno scontro a fuoco a quello successivo attraverso i tunnel, sia per operazioni difensive che offensive. Così, se l’ordine israeliano perché la gente nel nord di Gaza se ne vada intendeva rallentare lo spostamento di truppe di Hamas, si tratterebbe di una lettura errata della situazione sul terreno, o meglio, nel sottosuolo.

La seconda linea di pensiero possibile dei comandanti militari israeliani per spiegare questo ordine potrebbe essere il desiderio di svuotare la zona dai non-combattenti e rendere l’offensiva più semplice e più facile da condurre.

In teoria c’è una logica valida in questo: se la maggioranza dei civili se ne va, gli attaccanti possono supporre che chiunque sia ancora presente sul terreno sia un combattente e quindi un bersaglio militare legittimo. Oltretutto questo sviluppo ridurrebbe le vittime civili collaterali e le accuse secondo cui le Forze di Difesa Israeliane [l’esercito israeliano, ndt.] uccidono indiscriminatamente i civili.

In realtà Israele dovrebbe sapere che, come hanno sottolineato le Nazioni Unite e varie organizzazioni umanitarie, sarebbe impossibile per 1.1 milioni di persone in un territorio già densamente abitato spostarsi di notte, soprattutto se sottoposte a condizioni di assedio in cui scarseggiano cibo, acqua, medicine e carburanti.

Ma anche se tutti i non combattenti seguissero le direttive e miracolosamente riuscissero a lasciare le zone a nord, un’offensiva di terra israeliana non sarebbe affatto una passeggiata, nonostante il vantaggio sproporzionato della forza di una fanteria addestrata, armata ed equipaggiata, il controllo incontrastato dei cieli e il predominio quanto a sofisticati dispositivi altamente tecnologici di ultima generazione.

Una vecchia massima militare afferma che un comandante può considerare di aver conquistato un territorio solo quando le scarpe dei suoi soldati sono sul terreno in ogni angolo e nel centro di quell’area. Un terreno densamente urbanizzato pieno di macerie, in cui gli edifici sono già stati in buona misura distrutti o danneggiati da bombardamenti aerei e dal fuoco di sbarramento dell’artiglieria, è presumibilmente il tipo di terreno più impegnativo e complesso per un’avanzata militare.

Cercando un precedente viene in mente Stalingrado. Là, nonostante l’addestramento ed esperienza militare migliori e la grande superiorità tecnologica, gli eserciti tedeschi combatterono per otto mesi per conquistare la città in rovine per poi essere sopraffatti dalla determinazione e dal sacrificio dei difensori sovietici.

In città semidistrutte gli attaccanti sono in una situazione molto più difficile che in ogni altro terreno, e il classico rapporto 3 a 1 necessario perché l’esercito attaccante abbia una possibilità di successo non è sufficiente, ed è molto più realistico un rapporto di 5 a 1 o superiore.

Paradossalmente, se i civili di Gaza tenessero conto delle richieste di Israele e svuotassero il nord, renderebbero più facile ai miliziani di Hamas combattere, in quanto non avrebbero da preoccuparsi degli effetti delle loro azioni sui loro fratelli e sorelle. Potrebbero colpire chiunque si muova sul terreno senza pensarci, sapendo che i loro compagni utilizzeranno i corridoi sotterranei per sparire da un posto e riapparire altrove in modo inaspettato.

Sicuramente Israele si sta preparando per la fase successiva. Nei prossimi giorni esamineremo le sue opzioni, capacità e possibili tattiche militari.

(traduzione dall’inglese di Amedeo Rossi)




Una politica israeliana: “I bambini di Gaza se la sono cercata”

Jonathan Ofir

18 ottobre 2023 – Mondoweiss

Lunedì, mentre il numero di bambini uccisi a Gaza era vicino a 1.000, la componente della Knesset Meirav Ben-Ari ha dichiarato che i bambini di Gaza se la sono cercata”. Da parte dei politici israeliani simili incitamenti alla punizione collettiva non sono rari.

È davvero difficile immaginare unaffermazione più perfida di i bambini di Gaza se la sono cercata” quando ora i bambini a Gaza vengono massacrati a centinaia. Ma questo è stato effettivamente affermato nel corso di una recente seduta della Knesset. E non si trattava di qualcuno considerato di estrema destra, ma di una centrista liberale: Meirav Ben-Ari del partito di opposizione Yesh Atid di Yair Lapid.

Durante la seduta di lunedì durata oltre tre ore Ben-Ari appare chiaramente nervosa quando la parlamentare palestinese Aida Touma-Sliman (a circa due ore dallinizio della seduta) lamenta la perdita di vite civili sia nellarea circostante Gaza che a Gaza”, implorando di fare uno sforzo per il rilascio degli ostaggi e per liberare i civili dal massacro”. Ebrei e arabi, israeliani e palestinesi”. Un bambino è un bambino”, ricorda a tutti Touma-Sliman, sottolineando che fino a quel momento più di 900 bambini sono stati uccisi dal bombardamento israeliano di Gaza (il giorno dopo, quel numero sarebbe salito a ben più di mille).

Tutta questa umanità è apparsa davvero eccessiva a Ben-Ari. Ha iniziato a gridare e a rimproverare Touma-Sliman, dicendo: “Non c‘è nessuna simmetria, nessuna!”

Touma-Sliman ha mantenuto la sua compostezza nonostante le continue interruzioni soprattutto da parte di Ben-Ari, e ha continuato a leggere le sue osservazioni. Ad un certo punto, Touma-Sliman, interrompendo la lettura del discorso si è rivolta a Ben-Ari:

Tra i bambini c’è simmetria”, ha detto.

Ben Ari si è infuriata: Non esiste nessuna simmetria!!

Touma-Sliman ha rimarcato: Un bambino è un bambino e basta”.

Venticinque minuti dopo questo episodio abominevole Ben-Ari ha preso la parola esplicitamente di propria iniziativa. Sono trascorse esattamente due ore e cinquanta dall’inizio del video della seduta:

Ovviamente non avevo intenzione di parlare ma devo dire una cosa che dovrebbe essere chiara: non c’è nessuna simmetria. Nessuna. Il giorno di Simchat Torah io e i miei amici, ok, stavamo andando alla sinagoga e gli hanno sparato solo perché erano ebrei in questo Stato. Questo è tutto. E i miei amici, i loro figli andavano alla festa, a festeggiare, laici, religiosi, non importa, sono stati assassinati solo perché erano ebrei. Quindi non c’è simmetria! E i bambini di Gaza, i bambini di Gaza se la sono cercata! Siamo una nazione che cerca la pace, una nazione che ama la vita. Non c’è simmetria: laggiù i nostri figli vengono rapiti!” (Il corsivo è mio)

Ben-Ari ha continuato per un po’ il suo discorso aggiungendo che Hamas sta usando i civili come scudi umani (l’espressione hasbara [parola ebraica che indica gli sforzi di pubbliche relazioni per diffondere all’estero informazioni positive sullo Stato di Israele e le sue azioni, ndt.] noiosamente ripetuta), concludendolo ripetendo il mantra “nessuna simmetria“:

Nel genocidio non c’è nessuna simmetria!”

Naturalmente è impossibile non vedere in tutto ciò una difesa del genocidio.

Per quanto mi è possibile vedere [nel video] queste parole non hanno ricevuto molta attenzione. Basta riflettere su cosa accadrebbe se un leader palestinese dicesse che i bambini israeliani se la sono cercata. Riusciamo almeno a immaginare la protesta e la condanna, le grida allantisemitismo e ai luoghi comuni dellOlocausto? Sarebbe assordante. Ma questo passa tranquillamente. E non è stato un lapsus.

La retorica genocida di Ben-Ari riecheggiava in realtà un commento appena fatto dal presidente israeliano Isaac Herzog, conosciuto anche lui come liberale persino dallestrema sinistra. In una recente conferenza stampa del 13 ottobre Herzog ha risposto a una domanda di Rageh Omar di ITV che gli chiedeva cosa può fare Israele per alleviare limpatto sugli oltre due milioni di civili di Gaza, molti dei quali non hanno nulla a che fare con Hamas. Herzog ha risposto:

Stiamo lavorando, operando militarmente secondo le regole del diritto internazionale, punto. Inequivocabilmente. La responsabilità è di unintera nazione. Non è vera questa retorica sui civili non consapevoli, non coinvolti. Non è assolutamente vera. Avrebbero potuto ribellarsi, avrebbero potuto combattere contro quel regime malvagio che ha preso il controllo di Gaza con un colpo di stato”. (Il corsivo è mio)

Non c’è dubbio: Herzog sta davvero insinuando che unintera nazione è responsabile”, e limplicazione è che [tale nazione] sia un bersaglio legittimo. Tuttavia, in seguito ha negato che questo fosse ciò che intendeva.

Questa retorica ha una lunga storia tra i politici israeliani. Nel 2018 Avigdor Lieberman, che allora era ministro della Difesa, dichiarò che non ci sono persone innocenti nella Striscia di Gaza” perché “tutti hanno un legame con Hamas”. Ciò accadde nellaprile 2018, quando Israele stava cominciando a fare il tiro al bersaglio sui manifestanti palestinesi disarmati durante la Grande Marcia del Ritorno. Quando in quel periodo è comparso sui social media un video di cecchini israeliani che esultano per luccisione di un palestinese immobile e disarmato, Lieberman ha commentato che per i loro spari meritavano una medaglia. Potrei anche menzionare che Lieberman ha invocato la decapitazione dei cittadini palestinesi sleali” con unascia e lannegamento dei prigionieri palestinesi nel Mar Morto. Lieberman è ora considerato un critico di Netanyahu e sta valutando la possibilità di unirsi al governo di unità nazionale” in modo da far parte del gabinetto di guerra per ottenere la vittoria più rapida possibile”.

Si potrebbe sostenere che questa è solo retorica, ma queste parole portano anche ad azioni. I commenti del ministro della Difesa israeliano Yoav Galant si riferivano ai palestinesi come animali umani” mentre Israele chiudeva tutti i rubinetti dellacqua verso Gaza rendendo le già invivibili condizioni di vita un incubo genocida. La relazione tra le parole e le azioni è evidente.

I bambini sono spesso stati un indicatore del fatto che si è andati troppo oltre. Una volta che i bambini vengono esplicitamente definiti non innocenti”, si sa che è possibile una guerra genocida totale. Non per niente Netanyahu ha citato la poesia di Haim Nachman Bialik del 1904, affermando: “La vendetta per il sangue di un bambino è stata architettata da Satana” quando ha promesso di “distruggere [Hamas]” e “vendicare con la forza questo giorno oscuro”. .” Quella poesia intitolata Sul massacro” è spesso citata nella cultura israeliana e spesso da Netanyahu. Fu scritta sulla scia del pogrom di Kishiniev del 1903. il grido di protesta riguarda sempre la morte di bambini israeliani. Ma è interessante notare che la riga che precede quella citata dice: E maledetto sia luomo che dice: Vendetta!”

E così tanti israeliani sembrano non capirlo. Si dannano a causa della loro brama di vendetta e ignorano la morte di oltre mille bambini.

(Traduzione dall’inglese di Aldo Lotta)




Guerra Israele-Palestina: perché le affermazioni di Israele sono accolte con tanto scetticismo?

Alex MacDonald

18 ottobre 2023 – Middle East Eye

Israele ha accusato dell’attacco contro l’ospedale arabo al-Ahli di Gaza il Jihad Islamico palestinese. Ma ha una lunga storia di affermazioni false.

Martedì notte circa 500 palestinesi sono stati uccisi nell’ospedale arabo al-Ahli di Gaza City.

Subito dopo la distruzione è iniziato un gioco di accuse reciproche. Il ministero della Sanità palestinese ha detto che l’ospedale è stato preso di mira da un attacco aereo israeliano.

Hananya Naftali, un collaboratore informatico del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, ha twittato inizialmente che “le forze aeree israeliane hanno colpito una base terroristica di Hamas all’interno di un ospedale a Gaza. È morto un gran numero di terroristi.”

Poi Naftali ha cambiato versione, definendo l’esplosione “misteriosa” e affermando che si era trattato “di un razzo difettoso” o di “qualcosa che è stato fatto di proposito per ottenere appoggio internazionale.”

Quando Israele ha risposto ufficialmente, ha negato ogni responsabilità per l’attacco e ha cercato di attribuirne la responsabilità a un razzo mal lanciato dal gruppo palestinese Jihad Islamico (PIJ).

Le conseguenze del disastro sono subito state molto estese, con manifestanti che hanno incendiato l’ambasciata israeliana in Giordania, mentre altri hanno invaso la città palestinese di Ramallah chiedendo le dimissioni del presidente palestinese Mahmoud Abbas.

Lo scetticismo con cui sono state accolte le dichiarazioni di innocenza da parte di Israele è il risultato di anni di disinformazione diramata dall’esercito israeliano a seguito di attacchi e uccisioni controversi.

Durante una conferenza stampa israeliana tenutasi dopo il massacro, un giornalista ha fatto riferimento alla lista “tutt’altro che impeccabile” dell’esercito quando si è trattato di fornire informazioni credibili, citando le false affermazioni secondo cui miliziani palestinesi avrebbero ucciso la giornalista di Al Jazeera Shireen Abu Akleh nel 2022.

Un portavoce dell’esercito ha risposto: “In passato siamo stati molto frettolosi nell’arrivare a conclusioni. È per questa ragione che in questo caso ci siamo presi tempo, più di cinque ore. Volevamo fare un doppio controllo su tutto.”

Tuttavia da molti punti di vista la risposta iniziale di Israele all’attacco contro l’ospedale ha seguito le stesse caratteristiche di avvenimenti precedenti.

Cos’è successo?

L’attacco contro l’ospedale è la peggiore atrocità avvenuta a Gaza da quando Israele ha iniziato a bombardare l’enclave costiera assediata in seguito all’attacco guidato da Hamas contro Israele il 7 ottobre.

Foto e video da Gaza City hanno mostrato il fuoco che si diffondeva dagli ingressi della struttura, vetri e parti di corpi umani sparsi sul pavimento dell’ospedale.

Un medico ha descritto “scene orripilanti, surreali”, e ha detto a Middle East Eye che l’attacco ha messo “in ginocchio” il sistema sanitario di Gaza.

Al momento dell’incidente l’ospedale, gestito dalla chiesa anglicana, stava fornendo cure e rifugio a centinaia di palestinesi feriti e cacciati dalla guerra israeliana di 11 giorni contro l’enclave assediata.

Foto e video ottenuti da Middle East Eye mostrano paramedici e abitanti che corrono a soccorrere i feriti, con molti minori tra le vittime.

Attorno a loro sul prato ci sono lenzuola, zainetti per la scuola e altri oggetti.

Cos’è successo secondo Israele?

Il ministero della Sanità palestinese ha affermato sul suo canale Telegram che l’ospedale aveva ricevuto minacce da parte di Israele perché venisse evacuato altrimenti sarebbe stato bombardato, e in effetti sabato era stato colpito da un raid aereo come avvertimento per il personale e i pazienti di andarsene.

Mercoledì anche Hamas ha ripetuto la sua convinzione che l’attacco fosse un bombardamento aereo israeliano.

Tuttavia finora Israele ha rifiutato di prendersi la responsabilità della distruzione dell’ospedale.

Al contrario, sostiene che un razzo lanciato dal PIJ è caduto sull’ospedale, una cosa che il gruppo armato nega recisamente, affermando in un comunicato di “non utilizzare luoghi di culto o edifici pubblici, soprattutto ospedali, come centri militari o magazzini per le armi.”

L’account “israeliano” di X martedì notte ha twittato quella che sostiene essere una prova della responsabilità del PIJ nell’attacco, affermando che “dalle analisi dei sistemi operativi dell’IDF [l’esercito israeliano, ndt.] una raffica di razzi nemici è stata lanciata verso Israele ed è passata nelle vicinanze dell’ospedale quando questo è stato colpito.”

Tuttavia la versione originale del post includeva un video dei razzi sparati dai dintorni di Gaza City.

In seguito il video è stato rimosso dall’account, mentre alcuni analisti hanno notato che la prima menzione pubblica del bombardamento è stata alle 19,20 ora locale, mentre il video condiviso da Israele come prova segnava un’ora tra le 19,59 e le 20 ora locale.

Mercoledì quello stesso account ha condiviso un audio dell’esercito israeliano presentata come una conversazione in cui combattenti di Hamas discutono della distruzione dell’ospedale e la attribuiscono al PIJ.

Ma Muhammad Shehada, un attivista per i diritti umani di Gaza che per un decennio ha scritto rapporti contro Hamas, ha postato che la citazione era stata mal tradotta da “loro dicono” in “noi diciamo”.

“Sta descrivendo una diceria, non una prova,” ha scritto Shehada, prima di proseguire elencando altre ragioni per credere che l’audio sia parte di una campagna di disinformazione.

Alex Thomson, un inviato di Channel 4 News [notiziario britannico, ndt.], ha affermato che “molti esperti” gli hanno detto che “la registrazione dei miliziani di Hamas che parlano del cattivo funzionamento del missile è un falso. Dicono che il tono, la sintassi, l’accento e la lingua sono inverosimili.”

Si può sentire uno di loro che dice: “Lo hanno sparato dal cimitero dietro l’ospedale.”

Francesco Sebregondi, architetto e ricercatore che attualmente lavora con l’ong investigativa Index [associazione francese esperta in analisi e ricerche su questioni di interesse pubblico, ndt.], ha detto a Middle East Eye che Israele si è affrettato a dare subito materiale perché gli analisti vi basassero le proprie conclusioni.

“Fornendo rapidamente un certo numero di ‘prove’ poco concrete, per esempio nella forma di riprese del luogo fatte da un drone, l’esercito israeliano può contare anche sull’impazienza di alcuni attori di Open Source Intelligence [informazioni liberamente disponibili al pubblico, ndt.] (OSINT) che usano qualunque immagine/materiale/dato per pubblicare rapidamente nuovi contenuti o ‘analisi’, e di conseguenza appoggiare più o meno direttamente la sua versione degli eventi,” ha detto.

Una reputazione “tutt’altro che impeccabile”

Una serie di episodi passati ha macchiato la reputazione dell’esercito israeliano riguardo alla disinformazione.

Forse l’esempio più noto negli ultimi anni è stata l’uccisione della giornalista palestinese Shireen Abu Akleh.

Abu Akleh, che era anche cittadina statunitense, è stata colpita a morte da forze israeliane l’11 maggio 2022 mentre stava informando su un’operazione militare israeliana a Jenin, nella Cisgiordania occupata. Anche il suo collega Ali al-Samoudi è stato colpito e ferito.

In un primo tempo Israele ha accusato uomini armati palestinesi di averle sparato, ma poi ha concluso che c’erano “molte probabilità che Abu Akleh sia stata accidentalmente colpita da fuoco dell’IDF (l’esercito israeliano) sparato verso sospetti identificati come palestinesi armati.”

L’ufficio della procura generale dell’esercito israeliano ha affermato che non avrebbe aperto un’inchiesta riguardo ai soldati coinvolti nell’incidente in quanto “non ci sono sospetti che sia stato commesso un reato penale.”

Un altro esempio fu la morte del dodicenne Mohammed al-Durah nel 2000, uno degli avvenimenti fondamentali della Seconda Intifada (2000-2005).

Il video del ragazzino rannicchiato con il padre in mezzo ad uno scambio di colpi e che poi si accascia morto scatenò l’indignazione internazionale e rimane un’immagine iconica della repressione israeliana contro i palestinesi.

Benché inizialmente abbiano accettato la responsabilità della sua morte, sostenendo che era stato usato come scudo umano, in seguito, nel 2005, gli israeliani ritrattarono.

Denunce e contro-denunce vennero lanciate avanti e indietro, e alcuni sostennero che France 2 [rete televisiva pubblica francese, ndt.], che inizialmente aveva diffuso il video, avesse inscenato l’incidente. La rete rispose con una serie di denunce per diffamazione che ebbero successo.

“Si parlò molto di questo video, affermazioni che si trattava di un falso. Ma la gente che lo diceva non conosceva neppure la zona,” disse nel 2020 ad Al Jazeera Talal Abu Rahma, il cameraman che aveva ripreso le immagini.

“Ci furono un sacco di chiamate e inchieste nei miei confronti riguardo a quanto fossero veritiere le immagini. Gli ho dato una sola risposta: la telecamera non mente.”

Infine, continueranno ad esserci una serie di narrazioni in conflitto anche riguardo a quanto è avvenuto all’ospedale arabo al-Ahli. Al momento un’inchiesta sul campo sembra assolutamente impossibile e la serie di immagini e riprese diffuse in rete continuerà probabilmente ad essere la principale fonte di informazione.

“Cerchiamo di non essere ingenui riguardo ai pregiudizi politici e analitici di un gran numero di attori nelle attuali comunità OSINT in rete,” afferma Sebregondi.

“Lo stesso termine OSINT viene dal mondo militare e dell’intelligence. Queste comunità in rete comprendono molti (ex) militari e personale dell’intelligence che, sotto le mentite spoglie di reporter totalmente indipendenti, possono anche essere propensi ad appoggiare la continua brutale azione militare israeliana in quella che è ancora definita da molti importanti mezzi di comunicazione come una ‘guerra al terrorismo.’”

(traduzione dall’inglese di Amedeo Rossi)




Guerra Israele-Palestina: deraglia la politica USA per il Medio Oriente Da quando è scoppiato il conflitto Washington ha fatto una serie di errori marchiani, portando la regione sull’orlo di una guerra più ampia

David Hearst

18 ottobre 2023 – Middle East Eye

Joe Biden non sta avendo una bella guerra. Tre giorni dopo l’attacco di Hamas il presidente USA ha pronunciato un discorso da far invidia persino a David Friedman, ex ambasciatore in Israele sotto la presidenza Trump e difensore dei coloni.

Biden ha erroneamente sostenuto l’affermazione che Hamas avrebbe decapitato neonati, con affermazioni che la Casa Bianca ha poi dovuto smentire; ha promesso il sostegno USA per dare a Israele tutto il necessario per “rispondere a questo attacco” e ha poi erroneamente asserito che i civili a Gaza erano usati come scudi umani.

In quei tre giorni la leadership di Israele ha reso chiarissimo che sarebbe andata giù pesante e che lo Stato nella sua risposta all’attacco di Hamas non avrebbe rispettato le regole di guerra.

Gli eventi si sono svolti di conseguenza e Israele in 10 giorni ha colpito Gaza con una potenza esplosiva equivalente a un quarto di una bomba nucleare.

Mentre Biden stava decollando per il suo ultimo viaggio in Medio Oriente, a Gaza le forze israeliane hanno colpito un ospedale che avevano attaccato pochi giorni prima, dopo aver avvertito di evacuarlo. Oltre 20 altri ospedali hanno ricevuto minacce simili.

Questa volta sono state uccise circa 500 persone. La carneficina all’al-Ahli, uno dei più vecchi ospedali di Gaza, ha fatto un tale piacere a Itamar Ben Gvir, il ministro israeliano della Sicurezza Nazionale, che se ne è prematuramente attribuito la responsabilità: “Fino a quando Hamas non libererà gli ostaggi l’unica cosa che si deve far entrare a Gaza sono centinaia di tonnellate di esplosivo lanciate dall’aeronautica militare, non un grammo di aiuti umanitari.”

Anche Hananya Naftali, che lavorava per il team digitale del Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu, ha postato su X: “ULTIMISSIME: l’aeronautica militare israeliana ha colpito una base terrorista di Hamas dentro un ospedale a Gaza.” Ha velocemente tolto il post.

Più tardi lo stesso giorno un portavoce dell’esercito israeliano ha detto che un “razzo nemico” lanciato contro Israele era uscito dalla traiettoria colpendo l’ospedale. Tali razzi non hanno una potenza esplosiva tale da uccidere 500 persone. Inizialmente l’esercito aveva pubblicato immagini che mostravano un razzo del Jihad Islamico, ma dopo la scoperta che questo video era di 40 minuti successivi al bombardamento, l’esercito ha rimosso il filmato.

Sembra che qualcuno stia facendo gli straordinari al suo laptop per cancellare le tracce dell’attacco contro l’ospedale. C’è persino un audio che rivelerebbe la discussione fra miliziani di Hamas che discuterebbero del fallito lancio, salvo il fatto che, secondo Channel 4 [notiziario britannico, ndt.], sarebbe un falso che usa tono, sintassi e accento sbagliati.

Semaforo verdissimo

Mercoledì, quando Biden è atterrato in Israele, gran parte del tour regionale pianificato era stato cancellato. Tale era la rabbia nella Cisgiordania occupata, in Giordania, Libano ed Egitto che nessun leader arabo per garantire la propria sicurezza ha voluto incontrarlo.

Con centinaia di persone radunate davanti alle ambasciate di USA e Israele in Giordania che invocavano l’espulsione dell’ambasciatore israeliano e la revoca del trattato di pace con Israele, la visita ad Amman è stata annullata. 

Ma poco dopo l’arrivo in Israele Biden si è scavato una fossa ancora più profonda quando ha detto a Netanyahu, a proposito dell’attacco all’ospedale: “Basandomi su quanto ho visto sembra che sia stato fatto dall’altra parte, non da voi.”

Dietro le quinte la politica USA per il Medio Oriente sembrava stesse deragliando.

Per essere chiari le azioni intraprese dagli USA dietro le quinte nel periodo immediatamente seguente all’attacco di Hamas ha spianato la strada alla crisi in cui si trova ora la regione. 

Gli USA non hanno solo dato il semaforo più verde possibile alla campagna di bombardamento mirante a spingere più di un milione di persone dalla metà settentrionale della Striscia di Gaza verso il confine egiziano. Non hanno solo dato a Israele, secondo funzionari della difesa, bombe guidate equipaggiate con il sistema JDAM e parecchie migliaia di proiettili di artiglieria 155 mm.

Secondo vari e credibili rapporti, inizialmente hanno anche cercato di persuadere l’Egitto ad accogliere un milione di rifugiati da Gaza. Al Akhbar [quotidiano in lingua araba pubblicato a Beirut, ndt.] all’inizio ha riferito che gli USA hanno cercato di coordinarsi con l’ONU e “organizzazioni internazionali che ricevono finanziamenti dall’ONU” per convincere il Cairo ad aprire il valico di Rafah. Naturalmente c’era di mezzo una bustarella.

Fonti hanno parlato della possibilità che gli USA dessero dei significativi finanziamenti all’Egitto, oltre 20 miliardi di dollari, se avesse accettato. Hanno menzionato una richiesta del Cairo di “facilitare il trasferimento di molte e numerose organizzazioni operanti nel settore del soccorso al confine con Rafah senza entrare a Gaza”.

Anche il sito egiziano Mada Masr ha riferito che funzionari egiziani si sono consultati sul trasferimento di una significativa parte della popolazione di Gaza. Tale affermazione così delicata ha fatto sì che le autorità egiziane intervenissero pesantemente sul sito: i direttori sono stati convocati e il Consiglio Supremo per la regolamentazione dei media ha iniziato un’indagine sulla pubblicazione di “notizie false”. 

Senza dubbio questi incontri si sono svolti prima che il presidente egiziano Abdel Fattah el-Sisi si rendesse conto del pericolo per lui in un anno di rielezioni. 

L’11 settembre di Israele

Gli USA hanno commesso tre errori nella loro reazione all’attacco di Hamas. Hanno incoraggiato Israele a colpire senza limiti, hanno inizialmente contemplato lo scenario di un esodo di massa dei palestinesi in Egitto e hanno portato il Medio Oriente sull’orlo di una guerra regionale. 

Fin dall’inizio la narrazione usata da Israele e dagli USA è stata che per Israele l’attacco di Hamas era paragonabile all’11 settembre, che Hamas non era in alcun modo diverso dallo Stato Islamico e che Israele aveva il dovere morale non solo di rispondere all’attacco di Hamas ma anche di sradicare l’intero movimento.

Ciò ha permesso a Israele di pensare che avrebbe potuto usare raid aerei contro Gaza non solo per distruggere Hamas, ma anche per apportare modifiche strutturali all’equilibrio di potere nel Medio Oriente, cioè confrontarsi con Hezbollah e infine con l’Iran.

Sia Netanyahu che il leader dell’opposizione Benny Gantz hanno alluso a un piano che avrebbe, nelle parole di Gantz, “cambiato la situazione strategica e della sicurezza nella regione”. Non mi è chiaro se gli USA avrebbero permesso a Israele di procedere con un piano più ampio che contro Hamas e Gaza, ma chiaramente il piano c’era.

Michael Milshtein, capo del Forum di Studi Palestinesi presso il centro Moshe Dayan all’università di Tel Aviv scrive: “Questa guerra è molto di più di un conflitto fra Israele e Hamas. In Occidente si sta sviluppando l’idea che la guerra delle Spade di Ferro [nome dell’operazione militare israeliana contro Gaza, ndt.] sia un momento qualificante, un’opportunità unica di rimodellare l’architettura del Medio Oriente che ci si aspetta influenzerà anche i rapporti di potere in tutto il mondo.”

Per alcuni giorni sembrava che l’espulsione forzata di metà di Gaza travestita da corridori umanitari potesse funzionare. Il confine nord con il Libano è rimasto tranquillo. Inizialmente Hezbollah non ha reagito. I media occidentali hanno accettato il piano di conquistare Hamas e rioccupare Gaza.

La svolta è arrivata quando il Segretario di Stato USA Antony Blinken sembra si sia reso conto che un’altra Nakba delle dimensioni di quanto accadde nel 1948 sarebbe stata una linea rossa. 

Dopo un incontro di ministri degli esteri, Ayman Safadi, vice primo ministro giordano, ha detto che tutti i paesi arabi si impegnavano in un’azione collettiva contro ogni tentativo di espellere i palestinesi dalla loro patria. Lo stesso messaggio è arrivato dal re  di Giordania Abdullah II durante il suo recente viaggio europeo.

L’urlo di protesta levatosi da Giordania, Egitto, Turchia e Arabia Saudita è stato tale che Blinken ha dovuto ammettere che “non avrebbe avuto seguito”. Biden ha anche detto che la rioccupazione di Gaza sarebbe stato un “errore enorme”. Il Primo Ministro britannico Rishi Sunak ha detto che tutti dovrebbero evitare l’escalation. 

Tutto ciò è stato accompagnato da altri avvertimenti chiari. Hossein Amir-Abdollahian, ministro degli Esteri iraniano, ha messo in guardia che l’asse della resistenza avrebbe aperto “fronti multipli” contro Israele se gli attacchi contro Gaza fossero continuati, dicendo alla televisione nazionale iraniana: “Non c’è più molto tempo. Se i crimini di guerra contro i palestinesi non si fermano immediatamente, si apriranno altri fronti multipli e questo è inevitabile.”

Se gli USA non capiranno hanno solo da guardare fuori dalla finestra dove ci sono proteste di massa senza precedenti in tutta la regione.

Guerra regionale

All’arrivo di Biden in Israele mercoledì la regione era in ebollizione. A parte la questione morale, l’esercito USA è chiaramente impreparato per tale impresa avendo speso gli ultimi anni a ridurre le sue risorse militari.

Secondo il Wall Street Journal l’anno scorso ha ritirato più di otto batterie di missili Patriot da Iraq, Kuwait, Giordania e Arabia Saudita, oltre a un sistema Terminal High Altitude Area Defense [Difesa d’area terminale ad alta quota] (Thaad) dall’Arabia Saudita. Ha svuotato le scorte di munizioni da 155mm in Israele per mandarli in Ucraina. Ha spostato la marina nel Pacifico.

In poco tempo ha dovuto far marcia indietro. Nel Mediterraneo c’è già una portaerei e un’altra sta arrivando [in realtà è già arrivata. ndt.]. L’ultima volta che gli USA hanno impiegato due portaerei in Medio Oriente fu nel 2020. Insieme alle sue navi ha dovuto riportare nel Golfo gli aerei da attacco A-10 e i caccia F-15 e F-16. 

Tutto ciò dovrebbe costituire un deterrente per l’Iran. Non lo sarà. Non mi capita spesso di citare le analisi su Israele dell’editorialista Thomas Friedman [noto giornalista USA tradizionalmente schierato con Israele, ndt.] del New York Times, ma in questa occasione farò eccezione.

Friedman ha scritto: “Se Israele entra in Gaza adesso farà saltare gli Accordi di Abramo, destabilizzerà ancora di più due dei più importanti alleati dell’America (Egitto e Giordania) e renderà impossibile la normalizzazione con l’Arabia Saudita: una gigantesca battuta di arresto. Permetterebbe anche ad Hamas di incendiare veramente la Cisgiordania e fare partire una guerra di pastori fra i coloni ebrei e i palestinesi. Complessivamente farebbe il gioco della strategia iraniana di attrarre Israele verso una eccessiva espansione imperiale, indebolendo in tal modo la democrazia ebraica dall’interno.”

Hamas non ha bisogno di infiammare la Cisgiordania occupata, dato che ci sono enormi proteste in tutte le città principali per chiedere al Presidente Mahmoud Abbas di andarsene, dopo che le forze dell’Autorità Palestinese (AP) hanno usato proiettili veri contro i manifestanti. Ma sul punto strategico sono d’accordo con Friedman, anche se mi addolora dirlo.

Ha anche ragione a dire che un’invasione di terra di 360.000 soldati israeliani afflitti è la ricetta per massacri forse peggiori e di più vaste dimensioni di quelli mai visti fino ad ora.

Perdita del sostegno

C’è una discussione a Washington su come l’attacco di Hamas abbia cambiate la natura, la velocità e l’estensione del sistema del Medio Oriente sostenuto dagli USA. James Jeffrey, ex ambasciatore USA nella regione, ha detto a Middle East Eye: “La capacità di Hamas di sconfiggere l’intera difesa militare israeliana mette questa guerra sullo stesso piano della guerra dello Yom Kippur (la guerra in Medio Oriente del 1973). Nessun conflitto recente ha minacciato il sistema mediorientale sostenuto dagli USA tanto come questo, e tale lo considera l’amministrazione [Biden].”

Ma questa analisi fa partire il conto alla rovescia fino all’attacco stesso, non a tutti i segnali che l’hanno preceduto: il collasso dell’AP, gli sconfinamenti israeliani nella moschea di Al-Aqsa, l’impossibilità dei negoziati, i tentativi di stringere un accordo con l’Arabia Saudita passando sopra le teste dei palestinesi e l’impossibilità di tutti i palestinesi di uscire dalle gabbie collettive in cui sono rinchiusi.

Potrebbe anche essere che “il sistema mediorientale sostenuto dagli USA”, basato sul cieco supporto a Israele, non funzioni più? La lettera di dimissioni di Josh Paul, un funzionario ad alto livello del Dipartimento di Stato USA, dimissioni causate dalla posizione della sua amministrazione sulla guerra di Gaza, è una lettura interessante.

Paul ha definito l’attacco di Hamas la “mostruosità delle mostruosità”, ma poi continua: “La reazione di questa amministrazione e anche di gran parte del Congresso è una reazione impulsiva, basata su un pregiudizio confermato, sulla convenienza politica, sulla bancarotta intellettuale e sull’inerzia burocratica. Decenni con lo stesso approccio hanno mostrato che la sicurezza in cambio di pace non porta né alla sicurezza né alla pace. Il fatto che un supporto cieco a una parte sul lungo periodo è distruttivo per gli interessi dei popoli di entrambe le parti.”

Forse Biden ha capito il messaggio. Ma, avendo tolto 12 giorni fa il piede dal freno della rabbia collettiva di Israele, adesso avrà un compito difficile per rimettercelo.

Ho parlato prima di deragliamento, e in realtà è un traballante carro tirato da cavalli. Quello che gli scorsi dodici giorni hanno dimostrato più di ogni altra cosa è l’incapacità degli USA a essere un leader mondiale. Manca dei requisiti: capacità analitica, conoscenza della regione e capacità intellettuale. Spara commenti affrettati e solo dopo pensa alle conseguenze. E’ coinvolto in guerre per le quali è palesemente impreparata.

Accecata dal dogma, sempre entusiasta di dividere il mondo in opposizioni manichee: democrazia contro autocrazia, il mondo giudeo-cristiano contro l’Islam, l’America ha perso contatto con i valori che sostiene di difendere. Mentire a favore di Israele sui crimini di guerra che sta commettendo significa difenderlo?

Washington sta perdendo il sostegno dei suoi alleati. Vedendo le azioni degli USA nessuno può avere molta fiducia che siano state veramente meditate. Le conseguenze di questi 12 giorni e di quelli che seguiranno provocherà sconvolgimenti in lungo e in largo. 

Biden ha tutto l’interesse a chiudere l’episodio ora, fermando l’assalto via terra e costringendo a far entrare a Gaza gli aiuti umanitari essenziali. 

Solo allora potranno avvenire i negoziati con Hamas per uno scambio di prigionieri. Se non riesce a ottenere questi obiettivi base, anche lui scoprirà quali danni un Israele senza limiti può infliggere a sè stesso, alla regione, agli USA e invero al mondo. 

Le opinioni espresse in questo articolo appartengono all’autore e non riflettono necessariamente la politica editoriale di Middle East Eye.

David Hearst è cofondatore e capo-redattore di Middle East Eye. È commentatore e conferenziere sulla regione e analista dell’Arabia Saudita. Ha scritto di politica estera per il Guardian, è stato corrispondente da Russia, Europa e Belfast. È arrivato al Guardian da The Scotsman, dove era corrispondente per il settore dell’istruzione.

(traduzione dall’inglese di Mirella Alessio)




Quello che sappiamo finora dell’attacco mortale ad un ospedale di Gaza

Redazione di Al Jazeera

18 ottobre 2023 – Al Jazeera

Funzionari palestinesi affermano che almeno 500 persone sono state uccise in un raid aereo israeliano sull’ospedale arabo Al-Ahli a Gaza.

Almeno 500 persone sono state uccise in un attacco aereo israeliano contro l’ospedale arabo Al-Ahli nella Striscia di Gaza assediata, hanno detto funzionari palestinesi.

Il ministero della Sanità di Gaza ha affermato che l’esplosione nell’ospedale è stata causata da un raid aereo israeliano. Israele ha attribuito l’esplosione ad un lancio difettoso di un razzo da parte del gruppo armato della Jihad islamica palestinese (PIJ). La PIJ ha negato l’accusa.

Al Jazeera non è stata in grado di verificare in modo indipendente i resoconti.

Mentre la tensione continua a crescere, ecco cosa sappiamo finora dell’esplosione:

Centinaia di morti

Il ministero della Sanità di Gaza afferma che almeno 500 persone sono state uccise nell’esplosione, di gran lunga il più alto numero di vittime di qualsiasi singolo incidente avvenuto a Gaza durante l’attuale guerra tra Israele e Hamas.

Il ministero ha detto che centinaia di altre vittime sono rimaste sotto le macerie.

Hamas ha affermato che l’esplosione ha ucciso soprattutto sfollati.

Il ministro della Sanità dell’Autorità Nazionale Palestinese, Mai Alkaila, ha accusato Israele di aver compiuto “un massacro”.

Situato nel centro di Gaza l’ospedale, gestito dalla diocesi episcopale di Gerusalemme, è stato colpito mentre era ultra affollato da migliaia di palestinesi in cerca di rifugio nel mezzo di una campagna di brutali attacchi aerei israeliani su gran parte della Striscia di Gaza assediata.

Come ha reagito il mondo?

I leader mondiali hanno denunciato il bombardamento e i leader di tutto il Medio Oriente hanno rilasciato le dichiarazioni più ferme.

Inoltre proteste sono scoppiate in tutto il Medio Oriente compresa la Giordania e la Cisgiordania occupata da Israele dove le proteste palestinesi si sono scontrate con le forze di sicurezza dell’Autorità Nazionale Palestinese.

La Giordania ha annullato il vertice previsto nella capitale Amman con il presidente degli Stati Uniti Joe Biden e i leader arabi.

Il ministro degli Esteri giordano Ayman Safadi ha affermato che l’incontro si terrà in un momento in cui tutti i presenti potranno concordare di lavorare per porre fine alla “guerra e ai massacri contro i palestinesi”.

Il presidente egiziano Abdel Fattah el-Sisi, che avrebbe dovuto partecipare al vertice, ha dichiarato di condannare “nei termini più forti possibili” il bombardamento israeliano dell’ospedale di Gaza.

Anche l’Arabia Saudita ha rilasciato una ferma dichiarazione, condannando “nei termini più forti possibili l’atroce crimine commesso dalle forze di occupazione israeliane con il bombardamento dell’ospedale battista Al Ahli a Gaza”.

I leader occidentali non hanno incolpato Israele per l’attacco, il presidente francese Emmanuel Macron ha affermato in un post sui social media che “niente può giustificare un attacco contro un ospedale” e ha aggiunto che “bisogna far luce sulle circostanze”.

Biden in un comunicato ha espresso “le più sentite condoglianze per le vite innocenti perse nell’esplosione dell’ospedale di Gaza”.

Cosa dice Israele?

Le autorità israeliane hanno detto che l’ospedale è stato colpito da un razzo vagante lanciato dalla Jihad islamica palestinese che opera all’interno della Striscia di Gaza.

“Un’analisi compiuta dai sistemi operativi dell’IDF [l’esercito israeliano] indica che una raffica di razzi è stata lanciata da terroristi a Gaza, passando in prossimità dell’ospedale Al Ahli di Gaza nel momento in cui è stato colpito”, ha detto il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu in un post sui social media.

Le informazioni provenienti da molteplici fonti che in nostro possesso indicano che la Jihad islamica è responsabile del fallito lancio di un razzo che ha colpito l’ospedale di Gaza”.

Il portavoce militare israeliano, il contrammiraglio Daniel Hagari, ha detto ai giornalisti che i razzi lanciati dalla PIJ sono passati vicino all’ospedale al momento dell’attacco che, secondo lui, ha colpito il parcheggio della struttura.

Hagari ha affermato che non c’è stato alcun attacco diretto sulla struttura e che le riprese dei droni militari hanno mostrato “una sorta di impatto nel parcheggio”.

Ha detto che in effetti nel momento dell’esplosione all’ospedale i militari avevano un’operazione dell’aeronautica israeliana in corso nell’area “ma è stato impiegato un tipo diverso di munizioni che non… si adatta al filmato che abbiamo [dell’] ospedale”.

Cosa dice PIJ?

La PIJ ha respinto l’accusa israeliana secondo cui sarebbe stata responsabile dell’attacco.

In un comunicato ha affermato: “Il nemico sionista sta facendo del suo meglio per eludere le proprie responsabilità per il brutale massacro commesso con il bombardamento dell’Ospedale nazionale arabo battista di Gaza attraverso la sua consueta fabbricazione di bugie e puntando il dito contro il movimento della Jihad islamica in Palestina”.

Il comunicato prosegue: “Affermiamo quindi che le accuse avanzate dal nemico sono false e infondate”

Imran Khan, giornalista di Al Jazeera, ha notato che alcuni osservatori hanno messo in dubbio la versione israeliana degli eventi e inoltre hanno sottolineato che Israele ha una lunga storia di false attribuzioni degli atti compiuti dalle sue stesse forze a gruppi armati palestinesi.

Martedì Khan ha affermato; “Abbiamo già visto questo tipo di cose da parte degli israeliani”.

Prendiamo ad esempio l’uccisione della nostra collega Shireen Abu Akleh. All’inizio gli israeliani hanno incolpato i combattenti all’interno del campo di Jenin per la sua morte. Solo più tardi hanno ammesso che era stato uno di loro”.

(Traduzione dall’inglese di Giuseppe Ponsetti)




Germania, da molto tempo hai tradito la tua responsabilità

Amira Hass

16 ottobre 2023 – Haaretz

Giovedì scorso il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha detto che “la sofferenza e le difficoltà della popolazione civile nella Striscia di Gaza non faranno che aumentare. Hamas è responsabile anche di questo.” Ma esiste qualche limite a questo aumento di sofferenza, dato che tu e i tuoi colleghi in occidente avete espresso un sostegno illimitato a Israele?

Acconsentirai all’uccisione di 2.000 bambini palestinesi? 80.000 anziani che potrebbero morire di disidratazione perché a Gaza manca l’acqua sono ai tuoi occhi un legittimo aumento della sofferenza?

Hai anche detto: “la nostra storia, la nostra responsabilità che deriva dall’Olocausto ci obbliga per sempre a schierarci per l’esistenza e la sicurezza dello Stato di Israele.”

Ma, Scholz, vi è una contraddizione tra questa affermazione e quella citata prima.

La sofferenza…non farà che aumentare” è dare carta bianca ad un Israele ferito ed offeso per polverizzare, distruggere e uccidere senza limiti e rischia di trascinare tutti noi in una guerra regionale, se non in una terza guerra mondiale, che danneggerebbe anche la sicurezza e l’esistenza di Israele. Ma “la responsabilità che deriva dall’Olocausto” significa fare tutto il possibile per impedire la guerra, che conduce a disastri che portano a guerre che aumentano le sofferenze, in un ciclo senza fine.

L’ho imparato da mio padre, un sopravvissuto ai carri bestiame tedeschi. Nel lontano 1992 ogni volta che ritornavo da Gaza con i rapporti sull’oppressione israeliana dei suoi abitanti lui mi diceva: “E’ vero, questo non è un genocidio come quello che abbiamo subito noi, ma per noi è finito dopo cinque o sei anni. Per i palestinesi le sofferenze sono continuate incessantemente per decenni.” E’ una continua Nakba.

Voi tedeschi da molto tempo avete tradito la vostra responsabilità, quella “che deriva dall’Olocausto” – cioè dall’assassinio delle famiglie dei miei genitori, tra le altre, e dalla sofferenza dei sopravvissuti. Avete tradito a causa del vostro appoggio senza riserve ad un Israele che occupa, colonizza, priva le persone dell’acqua, ruba la terra, imprigiona due milioni di gazawi in una gabbia sovraffollata, demolisce le case, espelle intere comunità dalle proprie case e incoraggia la violenza dei coloni.

E tutto questo è avvenuto dopo il cosiddetto accordo di pace che voi e altri leader occidentali avete sostenuto. Avete permesso a Israele di agire all’opposto di questo accordo nella sua interpretazione europea – come un percorso verso la creazione di uno Stato palestinese nei territori occupati da Israele nel 1967 e che molti palestinesi hanno appoggiato proprio per il loro desiderio di impedire ulteriori sofferenze e spargimento di sangue.

Non mancano diplomatici e dipendenti delle agenzie di sviluppo che hanno riferito di come centinaia di migliaia di giovani palestinesi abbiano perso ogni speranza e ogni senso della propria vita sotto l’arrogante oppressione di Israele e le sue uccisioni di civili – a volte alla spicciolata, a volte a ondate. Gli attivisti palestinesi per i diritti umani hanno messo in guardia più volte che la politica di Israele poteva solo condurre ad un’eruzione di proporzioni inimmaginabili. Anche attivisti contro l’occupazione israeliani ed ebrei vi hanno avvertiti.

Ma voi vi siete arroccati sulla vostra strada, mandando a Israele il messaggio che tutto andava bene – che nessuno lo avrebbe punito o avrebbe spiegato agli israeliani attraverso convincenti passi diplomatici e politici che non può esserci normalità insieme all’occupazione. E allora voi accusate chi critica Israele di antisemitismo.

No, questo articolo non vuole giustificare l’orgia di assassinii e di sadismo che le milizie armate di Hamas hanno perpetrato. E non è una giustificazione delle reazioni esultanti di alcuni palestinesi e del rifiuto di altri di condannare le atrocità commesse in loro nome.

E’ piuttosto una richiesta a voi perché fermiate l’attuale campagna di morte e distruzione prima che provochi un’altra catastrofe per milioni di israeliani, palestinesi, libanesi e forse anche cittadini di altri Paesi residenti nella regione.

(Traduzione dall’inglese di Cristiana Cavagna)




L’invasione di terra a Gaza è una catastrofe annunciata

Gideon Levy

15 ottobre 2023, Haaretz

Israele sta per lanciare una catastrofica invasione di terra nella Striscia di Gaza – o l’avrà già iniziata quando apparirà questo articolo. L’invasione rischia di finire in un fallimento di portata tale che Israele e Gaza non hanno mai sperimentato. Le immagini provenienti da Gaza negli ultimi giorni sembrerebbero un trailer. Potremmo assistere ad un massacro di massa.

Un gran numero di soldati israeliani verrebbe ucciso inutilmente. Gli abitanti di Gaza si troverebbero ad affrontare una seconda Nakba, i cui primi segnali sono già evidenti sul campo. Nessuno potrebbe uscire vincente da questi orrori.

Di ora in ora le immagini provenienti da Gaza si fanno più terrificanti. I media israeliani, ormai arruolati nella lotta, tradiscono il loro ruolo impedendo al loro pubblico di vedere quello che sta realmente accadendo.

Si accontentano delle noiose e interminabili chiacchiere dei generali.

Ma il fatto che Israele non mostri quanto avviene a Gaza non significa che non vi sia in corso una catastrofe. Sabato più di un milione di persone, metà delle quali bambini, sono fuggite per salvarsi la vita o sono rimaste in un gesto suicida nelle loro case bombardate.

Anziani, donne, bambini, disabili, malati sono fuggiti verso sud, a piedi, sui cofani delle auto, sugli asini o in motocicletta, con pochissimi beni. Le persone si stanno dirigendo verso la loro rovina e lo sanno.

Non c’è nessuno nell’enorme corteo diretto a sud che creda di avere ancora una casa in cui tornare. Non c’è nessuno a cui non vengano in mente le scene della Nakba vissute dalle loro famiglie della generazione precedente, 75 anni fa. Sabato Gaza somigliava al Nagorno-Karabakh.

Dove andranno i palestinesi di Gaza? Dove si nasconderanno? Dove troveranno rifugio? In mare, forse. Non c’è elettricità né acqua, medicine o internet.

Questa espulsione è una punizione collettiva di massa che offre una premonizione di ciò che avverrà.

Israele sostiene che dal nord della Striscia di Gaza Hamas deve essere spazzato via, e poi si sposterà a sud. A due milioni di persone, o a quelle che rimarranno in vita, verrà quindi ordinato di fuggire di nuovo al nord per ripulire il sud.

La missione sarà compiuta. Le forze di difesa israeliane prenderanno nota della massa di vittime provocata e affermeranno che la maggior parte di esse faceva parte di Hamas. Si dirà che ogni adolescente era membro di Hamas. Più di 600 minori palestinesi sono stati uccisi già sabato pomeriggio, prima di qualsiasi invasione di terra. Non erano di Hamas.

Israele avrà vinto. Gaza sarà rasa al suolo. La rete di tunnel sotterranei di Hamas verrà sgombrata. Gli animali umani saranno assassinati. Il tanfo di morte che si alzerà dalla Striscia si mescolerà alle scene di chi muore di fame e di chi sta per morire negli ospedali stracolmi.

E il mondo continuerà a sostenere Israele. Israele è stato barbaramente attaccato e non aveva alternative. Gli ostaggi israeliani potrebbero pagarne il prezzo con la vita.

E il mattino spunterà su una Gaza in rovina. E poi cosa? Chi vi assumerà le redini del governo? Rappresentanti dell’Agenzia Ebraica [ente parastatale israeliano, ndt.]? Collaborazionisti di Gaza? E cosa ci guadagnerà Israele? E questo per non parlare di una guerra su più fronti che potrebbe anche scoppiare e cambiare completamente le regole del gioco.

Israele si sta imbarcando in un’operazione militare pericolosa e senza alcuna prospettiva di successo. Può chiedere al suo alleato a Washington cosa hanno prodotto le insensate guerre intraprese dall’America per cambiare i regimi nel mondo, quante persone sono state uccise inutilmente e chi ha preso il potere con le armi americane. Ma non abbiamo bisogno dell’America e nemmeno di pensare alla catastrofe palestinese per capire che siamo sulla soglia di un disastro storico anche per Israele.

Se questa missione verrà effettivamente portata a termine, e Israele ribalterà i governanti e gli abitanti della Striscia di Gaza, la cosa rimarrà impressa per generazioni nella coscienza del mondo arabo, del mondo musulmano e del Terzo Mondo. Una seconda Nakba impedirebbe a centinaia di milioni di persone in tutto il mondo di accettare Israele. Potrebbero esserci alcuni regimi arabi che all’inizio darebbero prova di moderazione, ma l’opinione pubblica nei loro Paesi non permetterebbe di mantenere a lungo tale moderazione.

Il prezzo verrebbe pagato da Israele, e sarà più alto di quanto Israele attualmente pensi. Israele sta per imbarcarsi in una guerra catastrofica –potrebbe persino averlo già fatto.

(traduzione dall’inglese di Luciana Galliano)




Il mito Israeliano dell'”esercito più etico” al mondo

Neve Gordon

16 ottobre 2023 – Al jazeera

La manipolazione del diritto internazionale consente a Israele di eludere la condanna per i suoi crimini di guerra.

Mentre Israele ordinava a un milione e centomila palestinesi, molti dei quali figli e nipoti di rifugiati, di lasciare le loro case nel nord di Gaza prima delloffensiva di terra, mi sono chiesto quante altre uccisioni e distruzioni saranno necessarie per soddisfare questa pulsione di morte.

Israele intende chiaramente infliggere una punizione in seguito al terribile attacco di Hamas. Nellimmaginario israeliano il 7 ottobre sarà ricordato per sempre come il giorno in cui Hamas massacrò più di 1.300 persone. I combattenti di Hamas sono entrati negli insediamenti e nelle città israeliane uccidendo centinaia di bambini, uomini e donne. L’attacco ad un festival musicale nel deserto ha causato la morte di oltre 250 israeliani.

Dal punto di vista giuridico questi attacchi costituiscono una serie di crimini di guerra palesi ed eclatanti e quindi è naturale che i leader di tutto il mondo li abbiano denunciati come atroci atti di violenza.

Tuttavia, lattacco di Israele a edifici e infrastrutture civili e luccisione di più di 2.300 bambini, uomini e donne palestinesi è stato accolto dal silenzio dei leader occidentali. Inoltre, la decisione di Israele di tagliare lelettricità, limitare la fornitura dacqua e radere al suolo gran parte della Striscia di Gaza non ha suscitato quasi alcuna critica da parte dellOccidente, anche se queste azioni costituiscono anchesse flagranti crimini di guerra.

Per capire perché la morte di civili palestinesi non riesca a generare indignazione morale tra le élite occidentali e cosa probabilmente accadrà ai palestinesi di Gaza quando le truppe israeliane attraverseranno il confine dobbiamo dare uno sguardo alle narrazioni israeliane dominanti in occasione degli assalti passati.

Nel 2014, ad esempio, durante linvasione israeliana di Gaza, furono uccisi più di 2.200 palestinesi, 556 dei quali minorenni a confronto con i 64 israeliani uccisi in quell’ondata di violenza.

Allora, come è possibile che, anche dopo che Israele ebbe scatenato nel 2014 una violenza così sproporzionata e letale, lOccidente continuasse a credere quasi all’unanimità che lesercito israeliano sia lesercito più etico al mondo, mentre i palestinesi sono stati inesorabilmente considerati aggressori violenti? Perché i leader occidentali non denunciano mai pubblicamente Israele per crimini di guerra?

La risposta è complessa perché ci sono diversi fattori in gioco. Ma uno di questi è la manipolazione incredibilmente astuta del diritto bellico da parte di Israele, che ha contribuito con successo a inquadrare la violenza israeliana come etica.

Le manipolazioni giuridiche di Israele si basano su una serie di ambiguità ed eccezioni all’interno del diritto internazionale, che rivelano come le leggi di guerra favoriscano gli Stati rispetto agli attori non statali e i forti rispetto ai deboli e di conseguenza potrebbero non essere lo strumento migliore per proteggere i civili a Gaza.

Facciamo alcuni esempi concreti. Gli ordini permanenti dati ai soldati che entrarono nella Striscia di Gaza nel 2014 erano chiari: i palestinesi che non avevano prestato ascolto agli avvertimenti di Israele di evacuare le loro case e fuggire a sud diventavano obiettivi militari legittimi. Un soldato ha spiegato allorganizzazione israeliana Breaking the Silence che:

In realtà non cerano regole di ingaggioCi dissero: non dovrebbero esserci civili. Se vedete qualcuno, sparate. Se la persona rappresentasse o meno una minaccia non era nemmeno messo in discussione; e questo per me ha un significato. Se spari a qualcuno a Gaza è ok, non è un grosso problema. Prima di tutto perché è Gaza, e in secondo luogo perché questa è una guerra. Anche questo ci venne chiarito: ci dissero: ‘non abbiate paura di sparare, e misero in chiaro che non esistevano civili non conniventi”.

Si potrebbe pensare che un ordine militare che consenta di sparare indiscriminatamente contro i civili sarebbe considerato illegale ai sensi del diritto internazionale, in particolare alla luce del principio di distinzione (il fondamento del diritto bellico che invita le parti in guerra a distinguere in ogni momento tra civili e combattenti e vieta lattacco intenzionale ai civili) e dato che oltre la metà dei 2,3 milioni di palestinesi che attualmente vivono nella Striscia di Gaza sono minorenni.

Lironia è che Israele in realtà utilizza il diritto di guerra per presentarsi come attore morale. Come ha fatto allinizio di questa settimana, nel 2014 lesercito israeliano ordinò a centinaia di migliaia di palestinesi di lasciare le loro case e di viaggiare verso sud ben sapendo che tra coloro che vivono nella zona ci fossero migliaia di anziani e malati e che il lasso di tempo concesso per liberare l’area non sarebbe stato sufficiente.

Ma Israele sa anche che avvertire i civili palestinesi e ordinare loro di andarsene gli permetterà di negare lesistenza stessa dei civili nel nord di Gaza. Questo è esattamente il significato della frase non ci sono civili non conniventi, poiché marchia tutti coloro che sono rimasti nella zona (anche se i civili sono ancora la maggioranza e non possono andarsene, come hanno affermato le Nazioni Unite sullattuale situazione) come partecipanti alle ostilità” o come scudi umani volontari. Secondo alcune interpretazioni del diritto di guerra tale terminologia rende questi civili “passibili di uccisione”.

E poiché la pretesa di eticità si basa sul rispetto delle leggi di guerra la violenza letale che i soldati israeliani usano contro i civili che rimangono nelle loro case viene quindi congegnata come moralmente giustificabile e persino etica.

Accanto a questa visione giuridica Israele diffonde anche una narrazione coloniale che presenta i palestinesi come animali umaniche non comprendono le leggi della guerra. Combinando questi cliché coloniali e il gergo giuridico si inquadrano i palestinesi come barbari immorali che meritano di morire. Questa mossa retorica, a sua volta, interpreta i soldati israeliani come lopposto, vale a dire, i combattenti civilizzati” e morali.

Inoltre, il collegamento del diritto internazionale con i luoghi comuni coloniali, o quello che potremmo chiamare una visione giuridico-coloniale, aiuta a giustificare lesecuzione di gravi violenze. Circa un mese fa il programma 60 Minutes della CBS News ha intervistato Shira Etting, una pilota israeliana attiva nelle proteste contro i tentativi del governo del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu di riformare la giustizia israeliana. Se si pretende che i piloti possano alzarsi in volo per lanciare bombe e missili sulle case sapendo che potrebbero uccidere bambini, ha detto, è indispensabile che essi abbiano la massima fiducia nei [politici] che prendono quelle decisioni”.

Etting non concepisce in alcun modo una intenzionalità nell’uccisione di minori. Eppure riconosce che quando lei e i suoi colleghi piloti partono per una missione nei cieli di Gaza sanno che può benissimo finire, come spesso capita, che i missili lanciati uccidano dei civili.

In altre parole, i piloti israeliani, come Etting, sanno quando sganciano massicci bombardamenti sui centri urbani di uccidere dei minorenni ma non avendo intenzionedi ucciderli, il diritto internazionale così come i media come CBS News e i leader occidentali considerano le loro azioni moralmente integre. Questo nonostante il bombardamento effettuato da questi piloti abbia provocato la morte di un numero esponenzialmente maggiore di civili, compresi minorenni, rispetto a un attacco di Hamas. I media occidentali li dipingono come eroi che non intendevano uccidere i non combattenti, evenienza eufemisticamente chiamata danno collaterale”.

Si noti tuttavia che allinterno di questa visione giuridico coloniale non sono solo gli autori della violenza ad essere considerati differenti sul piano etico, ma anche le vittime di questa violenza. Le vittime israeliane hanno nomi e storie di vita che sono state tragicamente interrotte. Queste vittime, in altre parole, vengono presentate come persone degne di essere compiante.

Al contrario, le vittime palestinesi restano senza nome; e tendono a essere presentate come semplici numeri piuttosto che come esseri umani in carne ed ossa le cui vite meritino di essere ugualmente compiante. Anche questo contribuisce a perpetuare il mito dellesercito israeliano come etico.

In definitiva, quindi, non solo coloro che utilizzano le armi dei forti sono considerati più etici perché uccidono persone innocenti a distanza, ma anche perché il discorso giuridico coloniale considera le persone uccise come animali umani”, danno collateraleo come dati statistici.

Finché i morti saranno disumanizzati in questo modo e, di conseguenza, presentati come indegni di essere compianti, la pulsione di morte continuerà senza sosta. Questa, temo, è la ricetta per una punizione genocida.

Le opinioni espresse in questo articolo appartengono allautore e non riflettono necessariamente la posizione editoriale di Al Jazeera.

Neve Gordon è docente di diritto internazionale alla Queen Mary University di Londra. È anche autore di Israel’s Occupation [L’occupazione israeliana, ndt.] e coautore di The Human Right to Dominate [Il diritto umano di dominare, ndt.].

[traduzione dall’inglese di Aldo Lotta)




Cosa c’è da sapere riguardo al mortale attacco di Hamas contro un festival musicale israeliano

Redazione di Al Jazeera

10 ottobre 2023 – Al Jazeera

Almeno 260 persone sono morte durante il festival musicale Supernova dopo che dei combattenti sono arrivati su furgoni e motociclette, indossando giubbotti antiproiettile e brandendo mitra AK-47.

Sabato in migliaia sono stati testimoni di un massacro durante un festival musicale israeliano quando combattenti di Hamas hanno ucciso almeno 260 persone e portato ostaggi all’interno di Gaza.

Ecco quello che se ne sa:

Cos’è successo e quando?

Circa 3.500 giovani erano presenti al festival musicale Supernova, diventato uno dei primi obiettivi degli uomini armati palestinesi che hanno attraversato la barriera di confine di Gaza sabato alla mattina presto da Gaza.

Immagini video circolate sulle reti sociali mostrano uomini armati scendere con parapendii sull’evento. Altri sono arrivati via terra.

Decine di combattenti di Hamas hanno aperto il fuoco sui giovani israeliani che erano arrivati insieme per una notte di musica elettronica per celebrare la festività ebraica di Sukkot.

Filmati realizzati dai primi soccorritori israeliani e postati sulla rete sociale Telegram mostrano uomini armati che si lanciano sulla folla presa dal panico, falciando le persone in festa con raffiche di armi automatiche.

Molte vittime sono state colpite alla schiena mentre scappavano.

Secondo i partecipanti alla festa, mentre piovevano razzi, alcuni combattenti si sono diretti verso il luogo dove si svolgeva il festival mentre altri aspettavano nei pressi dei rifugi antimissile, abbattendo persone che vi cercavano riparo.

Si ritiene che l’attacco di sabato sia il peggior massacro di civili nella storia di Israele.

 Dov’è successo?

La festa si svolgeva in un campo sterrato fuori dal kibbutz di Re’im, a circa 5,3 kilometri dal muro che separa Gaza dal sud di Israele.

Quante vittime?

I servizi d’emergenza israeliani affermano che nel sito del festival sono stati recuperati 260 corpi.

Tuttavia gli organizzatori del festival affermano che stanno aiutando le forze di sicurezza israeliane a individuare i partecipanti che risultano ancora dispersi. Il bilancio dei morti potrebbe salire in quanto ci sono squadre che continuano a perlustrare la zona.

Cos’altro sappiamo riguardo ai combattenti di Hamas che stanno dietro a quanto successo?

Molti dei combattenti, arrivati anche con furgoni e motociclette, indossavano giubbotti antiproiettile e brandivano mitragliette Ak-47 e lanciagranate.

Cosa dicono le vittime?

“Ci siamo nascosti e messi a correre, nascosti e messi a correre, in un campo aperto, il posto peggiore in cui ti possa trovare in quella situazione,” ha detto Arik Nani di Tel Aviv, che era andato alla festa per festeggiare il suo ventiseiesimo compleanno.

“Per un Paese in cui tutti conoscono tutti in quel giro è un trauma che non avrei mai immaginato,” ha detto Maya Alper, 25 anni, all’Associated Press.

“Non posso neppure spiegarmi l’energia che loro (i miliziani) hanno avuto. Era così evidente che non ci vedevano come esseri umani,” afferma. “Ci guardavano con odio, puro odio.”

Elad Hakim, fuggito con altri amici su un’auto da corsa, dice che “era sicuro che sarebbero stati rapiti.”

“Ho scritto ai miei genitori, ho inviato al mio amico una registrazione per dire ai miei genitori che non avevo sofferto e che era… sarebbe andato tutto bene.”

Zohar Maariv, 23 anni, che vive sul confine con Gaza afferma di aver sentito durante l’attacco che “quella era la fine.”

“Vivo sul confine con Gaza e ne ho viste di cose durante la mia vita, ma non lo avevo mai provato così da vicino,” afferma Maariv, che ha dovuto saltare giù dall’auto con cui stava scappando quando è finita sotto un fuoco incrociato.

“Non mi ero mai sentita così vicina alla morte,” aggiunge.

Fonte: Al Jazeera e agenzia di notizie.

(traduzione dall’inglese di Amedeo Rossi)