Come Israele ha fatto di un insegnante un traditore

Oren Ziv

9 febbraio 2024 – +972 Magazine

I post sui social media relativi al 7 ottobre lo hanno fatto licenziare, arrestare e gettare in prigione. Ora, Meir Baruchin deve lottare per tornare in una scuola che vuole che se ne vada.

Immaginate la scena: un giorno un insegnante di scuola superiore di 62 anni entra nel cortile della scuola e viene accolto da una protesta premeditata da parte degli studenti che si rifiutano di frequentare la sua lezione. “Figlio di puttana!” uno studente gli urla contro. “Buffone!” grida un altro. “Puttana!” strilla un terzo, mentre altri studenti sputano per terra davanti a lui.

Questa è stata l’accoglienza che Meir Baruchin ha ricevuto il 19 gennaio, il giorno in cui è stato reintegrato nella scuola superiore Yitzhak Shamir della città di Petah Tivkah, nella zona centrale di Israele, dopo essere stato licenziato, arrestato e incarcerato per quattro giorni in condizioni di isolamento in una prigione di massima sicurezza. Il suo reato? Due post su Facebook l8 ottobre – il giorno dopo che i miliziani guidati da Hamas avevano massacrato oltre 1.100 persone nel sud di Israele e dopo che Israele aveva iniziato il bombardamento della Striscia di Gaza – in cui condivideva una foto di bambini palestinesi uccisi in un attacco aereo israeliano e implorava di fermare questa follia” e metteva in guardia contro il crescente spargimento di sangue in Cisgiordania.

In unudienza tenutasi 10 giorni dopo presso il Comune di Petah Tikvah, che assume tutti gli insegnanti delle scuole pubbliche della città, Baruchin è stato accusato di condannare i soldati delle IDF [l’esercito israeliano, ndt.], stigmatizzare lo Stato di Israele e sostenere atti terroristici” e licenziato dal suo incarico. Alla ricerca di ulteriori punizioni il Comune ha anche presentato alla polizia una denuncia riguardo alla condotta di Baruchin, che è stato arrestato meno di un mese dopo con laccusa di manifesta intenzione di tradire il Paese”.

Alla fine Baruchin è stato rilasciato su cauzione e il 15 gennaio il tribunale regionale del lavoro di Tel Aviv ha stabilito che era stato licenziato ingiustamente. Il Comune ha presentato ricorso contro la sentenza del tribunale e il procedimento legale è ancora in corso nonostante l’avvenuta reintegrazione il mese passato. E anche se per la preside della scuola, Rachel Barel, sarebbe stato necessario un intervento giuridicamente praticabile per impedire il suo ritorno”, nel frattempo la scuola ha concordato che Baruchin riceverà il suo stipendio insegnando a distanza, registrando le lezioni di educazione civica per gli studenti del 12° anno [in Israele l’ultimo anno delle superiori, ndt.] che si preparano per gli esami di maturità.

Mentre dallinizio della guerra i cittadini palestinesi di Israele hanno dovuto affrontare una persecuzione dilagante, il caso di Baruchin dimostra come, anche se in numero molto minore, anche gli ebrei israeliani di sinistra stanno cadendo vittime della repressione di Stato sulla libertà di espressione. In seguito alla rivolta suscitata dal suo breve ritorno a scuola +972 ha incontrato l’insegnante di storia e educazione civica nella sua casa di Gerusalemme per conoscere la sua esperienza degli ultimi mesi. L’intervista è stata modificata per motivi di lunghezza e chiarezza.

E’ rimasto sorpreso nel ritrovarsi in questa situazione, licenziato e persino arrestato per un post sui social media?

Insegno educazione civica e storia, due materie fortemente politiche. Le dimensioni politiche sono inevitabili, quindi non sono rimasto sorpreso da questa repressione. Non sono il primo ad essere arrestato senza motivi fondati – e se fossi stato palestinese sarebbe andata peggio – e sfortunatamente non credo che sarò lultimo.

Conosco centinaia di insegnanti che hanno paura di parlare apertamente, paura di perdere i propri mezzi di sostentamento. Il mio licenziamento è stato chiaramente un messaggio intenzionale. Lobiettivo è mettere a tacere chiunque sollevi delle critiche minacciandone i mezzi di sussistenza, denunciandolo pubblicamente, infamandolo nei principali media e mandandolo in prigione.

Un ministro del governo ha suggerito di sganciare una bomba atomica su Gaza. Un altro ha chiesto che Huwara [città palestinese in Cisgiordania] venga cancellata. Durante lindagine ho chiesto a chi mi interrogava se avessero convocato tutte le persone che avevano cantato o scritto sui muri Morte agli arabi” o che avevano chiesto che i villaggi palestinesi fossero dati alle fiamme. Che dire di Itzik Zarka [un importante attivista del Likud] che si è detto orgoglioso del fatto che 6 milioni di ebrei ashkenaziti siano stati inceneriti [nell’Olocausto]? Lo avete arrestato? Interrogato? È abbastanza evidente che ci troviamo di fronte ad unapplicazione selettiva delle leggi.

Non si tratta semplicemente di costruire una realtà. È anche una manipolazione deliberata delle coscienze. Attraverso il controllo del sistema educativo, dellesercito e dei media si acquisisce un potere enorme e si può manipolare la popolazione nel modo desiderato. Chi non si adegua è un traditore, un anti-israeliano, un nemico che va trattato come si tratta un nemico.

La sensazione è che come società oscilliamo costantemente tra nevrosi e psicosi. Siamo in uno stato di disintegrazione, incapaci di accogliere coloro che sono diversi da noi. Sono visti come nemici, creano un senso di minaccia. E quando si è minacciati si reagisce violentemente.

Alla base dell’indagine ci sono due post su Facebook scritti l’8 ottobre. Cosa ha detto in quei post?

In uno di essi ho condiviso limmagine dei cadaveri di cinque bambini palestinesi, della famiglia Abu Daqqah, avvolti in lenzuoli bianchi. Di solito non invio queste foto, ma ero così scioccato che volevo che gli israeliani vedessero cosa veniva fatto a loro nome. La maggioranza degli israeliani non se ne interessa. Ho visto che questa foto è stata pubblicata anche su siti web di destra con faccine che ridono ed emoji di applausi e commenti del tipo: “Molti altri così“.

Nel secondo post ho scritto che anche in Cisgiordania si stava verificando un massacro. Quel giorno erano stati uccisi circa cinque palestinesi, alcuni dei quali minori.

Unaltro elemento presentato come prova contro di lei è una schermata proveniente dal WhatsApp di un insegnante che mostra un messaggio in cui lei scrive: I soldati israeliani non hanno mai violentato donne palestinesi? Lo fanno dal 1948. Questo non è contenuto nei libri di testo [di storia]”. Mi parli di questa conversazione.

Il 7 ottobre nel gruppo c’è stato uno scambio di opinioni emotivamente intenso, giustamente. La gente era scioccata, e lo ero anchio. Molti insegnanti hanno scritto cose che esprimevano shock e dolore, e si è sviluppata una discussione sugli obiettivi della risposta israeliana. Hanno scritto che Gaza avrebbe dovuto essere rasa al suolo e Hamas sradicato. Quindi ho chiesto: Qual è il fine? Cosa vogliamo?”

Ho scritto che uccidendo un gran numero di donne e bambini stavamo facendo del male a persone innocenti, cosa impossibile da accettare. Allora qualcuno ha risposto che dopo quello che ci hanno fatto [i palestinesi] se lo meritavano e ha affermato che i nostri soldati non hanno mai violentato le donne palestinesi. Quindi ho corretto questa affermazione. Sul mio telefono ho delle schermate dei diari di David Ben Gurion e Yisraeli Galili [il Capo di Stato Maggiore del gruppo paramilitare sionista pre-statale dell’Haganah] che descrivono casi in cui nel 1948 i nostri soldati hanno violentato donne palestinesi. Da quando sono stato rilasciato ho raccolto ulteriori prove di questo.

Mi racconti del suo arresto e interrogatorio a novembre.

Giovedì 9 novembre intorno alle 14.30 ho ricevuto una telefonata dalla polizia che mi informava che ero convocato per un interrogatorio con l’accusa di istigazione. Quando sono arrivato alla stazione di polizia un detective mi si è avvicinato. Ha confiscato il mio telefono e mi ha portato in una stanza dove mi hanno immediatamente legato mani e piedi e mi hanno portato via l’orologio da polso. [L’orologio, il telefono, il computer portatile e le chiavette USB sono stati restituiti a Baruchin solo tre settimane dopo il suo rilascio.]

Hanno iniziato a setacciare il mio telefono e poi mi hanno mostrato un mandato di arresto e uno di perquisizione dicendomi che avrebbero perquisito la mia casa. Cinque investigatori mi hanno portato a casa mia e, in presenza di due testimoni di cui avevo chiesto la presenza, la hanno messa a soqquadro.

Quella sera sono stato riportato alla stazione di polizia per essere interrogato. L’interrogatorio è durato circa quattro ore. L’investigatrice mi ha mostrato una dozzina di post sulla mia pagina Facebook, ma solo uno di questi era successivo al 7 ottobre. C’erano post di quattro anni fa, alcuni di un anno e mezzo fa.

La sua tecnica era molto manipolatoria. Non mi ha fatto vere e proprie domande. Piazzava le risposte all’interno delle domande. Ad esempio, mi chiedeva qualcosa del tipo: Se giustificasse lo stupro delle donne da parte di membri di Hamas, cosa ne penserebbe di…” – come se avesse già deciso che io giustificavo lo stupro.

E poi è stato messo in cella?

Sì, verso le 23:00. Agli altri detenuti è stato detto di non avvicinarsi né di parlare con me [Baruchin era l’unico ebreo israeliano tra i “prigionieri in regime di sicurezza” del Russian Compound – il centro di detenzione di massima sicurezza a Gerusalemme]. Mi hanno dato due coperte che puzzavano di sigarette. Con una mi coprivo e usavo l’altra come cuscino. Non avevo portato niente con me. Ho indossato gli stessi vestiti per quattro giorni. Mi hanno portato via i lacci delle scarpe e la cintura. Non mi hanno nemmeno permesso di tenere un libro da leggere e ovviamente non potevo guardare la televisione.

Nella cella stavo quasi sempre sdraiato sul letto e fissavo le pareti. Per non impazzire facevo esercizio fisico ogni ora e mezza o due, ma non c’era quasi spazio per muovermi. Una volta al giorno mi lasciavano uscire dalla cella per andare nel cortile, che è un quadrato di cemento recintato su tutti i lati. Per i primi due giorni non sono stato in grado di mangiare nulla [a causa dello stress]. Solo il terzo giorno sono riuscito a mangiare un pezzo di pane con formaggio e cetriolo. L’acqua delle docce era fredda.

Sono stato sradicato da tutto ciò che fa parte della mia vita: la famiglia, gli amici, le attività, gli hobby. Avrei dovuto iniziare a insegnare ai bambini evacuati dai kibbutz che circondano Gaza. Il loro preside voleva che insegnassi cinque giorni alla settimana; ovviamente ciò non è accaduto e non ho avuto nemmeno modo di dire loro che non avrei potuto farlo.

Il secondo giorno del mio arresto c’è stata un’udienza [per il prolungamento della detenzione]. Non ero fisicamente presente in aula; mi hanno condotto in manette nella sala videoconferenze del centro di detenzione, dove riuscivo a malapena a sentire quello che dicevano nel video.

Il rappresentante della polizia ha raccontato una serie di bugie, tra cui il fatto che io avessi giustificato tutte le atrocità commesse da Hamas. Non solo non ho mai giustificato una cosa del genere, ma ho scritto un post in cui condannavo esplicitamente le azioni di Hamas e dicevo che ero scioccato e profondamente ferito dalle atrocità commesse da Hamas. Hanno del tutto ignorato quel post.

Nel corso dell’udienza il giudice è andato di fretta per tornare a casa prima dello Shabbat e non mi ha permesso di parlare. Ha prolungato la mia detenzione fino a lunedì a mezzogiorno, e la questione è finita lì.

Dopo di che è stato interrogato di nuovo: cosa è successo allora?

Domenica sera [il quarto giorno di detenzione] sono stato portato per un altro interrogatorio. Anche questo è durato circa quattro ore. L’interrogante mi ha chiesto di Hamas, cosa pensassi di loro e delle organizzazioni terroristiche in generale. Non sono caduto nella sua trappola. Ad un certo punto ha detto che i miei post erano come i Protocolli degli Anziani di Sion [un famigerato falso che descrive una cospirazione ebraica per conquistare il mondo]. Queste sono state le sue parole.

Sono un insegnante di storia. Ho letto i Protocolli degli Anziani di Sion decine di volte. Ho insegnato l’argomento. Le ho chiesto se avesse mai letto i Protocolli degli Anziani di Sion. Lei è rimasta in silenzio.

Dopo alcune ore ha constatato che non riusciva a ottenere da me ciò che voleva, così ha chiamato il suo comandante più anziano, che mi ha posto anche lui una serie di domande usando esattamente la stessa tecnica. Sapevano benissimo di non avere nulla contro di me.

Il mese scorso le è stato finalmente permesso di tornare al suo posto di insegnante, ma presto la situazione è diventata insostenibile. Cos’è successo al suo rientro?

Il mio primo giorno di rientro è stato un venerdì e il venerdì di solito insegno in due classi del 12° anno. Quella mattina la preside mi ha mandato una mail dicendomi che ci sarebbe stata una grande manifestazione e che sarebbe stata presente la polizia. La mattina mi ha accompagnato in classe. Tutti gli studenti si sono rifiutati di restare in classe, tranne uno che non aveva portato con sé il quaderno, per cui è uscito anche lui. Sono rimasto in classe da solo. Due ragazze di un’altra classe sono entrate per curiosità e abbiamo avuto una piacevole conversazione.

Poi sono andato nell’aula professori e durante la pausa decine di studenti hanno bussato alla porta e alle finestre. Gridavano: Figlio di puttana! Tua madre è una puttana! Che ti venga un cancro! Violenteremo tua figlia!” Nessuno ha cercato di fermarli: né la preside, né gli addetti alla sicurezza all’interno della scuola, né la guardia al cancello. Non è stato chiamato alcun agente di polizia. C’erano due genitori fuori dal cancello che hanno solo peggiorato le cose.

Nei giorni successivi sono rimasto sotto assedio nella sala professori. Decine di studenti non frequentavano le lezioni, in realtà con l’autorizzazione. Nell’aula docenti c’erano circa 12-15 insegnanti di cui due o tre mi si sono avvicinati per stringermi la mano esprimendo empatia. Uno di loro mi è rimasto vicino per tutta la giornata.

Poi, alla fine della giornata, decine di studenti si sono presentati alla porta dell’edificio che conduce all’aula professori. Volevo andare a casa e la preside e la guardia di sicurezza mi hanno scortato fino alla porta.

A 30 metri dal cancello della scuola c’erano decine di studenti che imprecavano e mi sputavano contro. Quando ho lasciato il portone della scuola i genitori e gli studenti mi hanno inseguito continuando a imprecare e sputare. La settimana successiva è accaduta la stessa cosa.

Come ha risposto la scuola?

Lunedì sera [22 gennaio], la preside ha inviato un messaggio al gruppo WhatsApp dei genitori dicendo che la scuola, educando alla tolleranza, non accettava alcuna violenza verbale. Ma la realtà si è dimostrata completamente diversa.

Al mio successivo rientro la preside mi aveva suggerito di entrare nella scuola dall’ingresso sul retro, ma ho rifiutato. Sarei entrato solo dall’ingresso principale. Avrebbero potuto imprecare, sputare, picchiarmi: non avrei risposto. Se un quindicenne pensa che sia giusto sputare addosso a un uomo di 62 anni, non ho niente da dire al riguardo.

Dopo aver perso in tribunale volevano rendermi la vita infelice e rendermi insopportabile il tempo trascorso a scuola. Pensavano che ciò mi avrebbe spezzato.

Perché è importante per lei postare sui social media su ciò che sta accadendo a Gaza e in Cisgiordania?

Lopinione pubblica israeliana non sa cosa viene fatto in suo nome, né in Cisgiordania né a Gaza, per come lo Stato manipola la nostra coscienza. Non appare nei media, certamente non nei principali. E a quelli che lo sanno non importa. Nei miei post cerco di portarlo alla loro attenzione. E voglio mostrare nomi e volti: Guardateli! Guardateli! Alcuni di loro sono bambini! Guarda cosa stanno facendo in vostro nome! Potete convivere con questo?” Se i media facessero il loro lavoro, non dovrei farlo io.

Molte volte le persone mi hanno accusato di non scrivere di ciò che ci fanno i palestinesi. E io rispondo sempre che non hanno bisogno che lo faccia io: hanno tutti i media, la tv, la stampa, la radio, internet. Uso la mia pagina Facebook per scrivere di ciò che non sanno, non di ciò che sanno già. E c’è qualcosa che non va in loro se non capiscono che quello che è successo il 7 ottobre mi ha profondamente scioccato e ferito.

Qual è il suo approccio pedagogico, come insegnante di storia e di educazione civica che lavora in una società del genere?

Per me, leducazione ai valori” e linsegnamento vanno di pari passo. Non cerco di instillare i miei valori nei miei studenti: presento una serie di valori e lascio che i miei studenti, che hanno 16 o 17 anni, capiscano da soli quali saranno quelli a cui attenersi. Il punto non è che io sia soddisfatto ma che loro si sentano contenti di se stessi.

Insegno da 35 anni e nessuno studente ha cambiato ciò che pensava a causa di qualcosa che ho detto in classe. Se pensa che io abbia il potere di far cambiare loro idea, non sta rendendo sufficiente merito agli studenti. Non sono marionette e non sono io a tenere i fili. Spesso non sono d’accordo con me e può svilupparsi una conversazione rispettosa. Questa è la filosofia della mia professione e rende le lezioni interessanti. Anni dopo la laurea molti di loro restano in contatto e mi mandano messaggi del tipo: Sa, solo adesso capisco il significato di ciò di cui abbiamo parlato in classe”.

(traduzione dall’inglese di Aldo Lotta)




La redazione della CNN afferma che la tendenza filoisraeliana della rete rappresenta una “pratica giornalistica scorretta”

Chris McGreal

4 febbraio 2024 – The Guardian

Voci interne affermano che le pressioni dall’alto portano a reportage che accreditano le affermazioni israeliane e mettono a tacere il punto di vista palestinese.

La CNN sta affrontando una reazione da parte della sua stessa redazione riguardo a politiche editoriali che avrebbero portato a una ripetizione a pappagallo della propaganda israeliana e alla censura del punto di vista palestinese nella copertura della rete sulla guerra a Gaza.

Giornalisti della redazione CNN negli USA e all’estero affermano che le trasmissioni sono state distorte da imposizioni della direzione e da un procedimento di approvazione dei reportage che si è tradotto in una copertura molto parziale del massacro di Hamas del 7 ottobre e dell’attacco per rappresaglia contro Gaza.

“Da quando è iniziata la guerra, all’interno della rete la maggioranza delle notizie, indipendentemente da quanto siano stati accurati i primi reportage, è stata distorta da una tendenziosità sistematica e istituzionalizzata a favore di Israele,” afferma un redattore della CNN. “In sostanza, la copertura della CNN sulla guerra tra Israele e Gaza rappresenta una pratica giornalistica scorretta”.

Secondo i racconti di sei giornalisti della CNN in differenti redazioni e più di una decina di note ed email ottenute da The Guardian, le decisioni sulle notizie giornaliere sono condizionate da un flusso di direttive del quartier generale della CNN ad Atlanta che hanno stabilito rigide linee guida sulle notizie da dare.

Includono severe restrizioni alle citazioni di Hamas e alla presentazione di altre prospettive dei palestinesi, mentre le dichiarazioni del governo israeliano sono prese per oro colato. Inoltre, prima della messa in onda o della pubblicazione, ogni reportage sul conflitto deve essere autorizzato dall’ufficio di Gerusalemme.

I giornalisti della CNN affermano che il tono della copertura è stabilito dall’alto dal nuovo direttore e amministratore delegato, Mark Thompson, che ha assunto l’incarico due giorni dopo l’attacco di Hamas del 7 ottobre. Alcuni membri del personale sono preoccupati dell’effettiva volontà di Thompson di opporsi ai tentativi di influenzare le notizie dall’esterno, dato che nel suo precedente ruolo di direttore generale della BBC era stato accusato di aver ceduto in varie occasioni alle pressioni del governo israeliano, compresa la richiesta nel 2005 di rimuovere una delle inviate più importanti dell’azienda dal suo posto a Gerusalemme.

Fonti interne alla CNN affermano che ciò ha portato, soprattutto nelle prime settimane di guerra, a un’attenzione molto maggiore sulla sofferenza degli israeliani e sulla narrazione israeliana della guerra come una caccia ad Hamas e ai suoi tunnel e a un’insufficiente attenzione nei confronti del livello di morti civili palestinesi e distruzioni a Gaza.

Un giornalista descrive una “frattura” all’interno della rete riguardo alla copertura che a quanto afferma ricorda talvolta il tifo conformista che seguì l’11 settembre.

“Ci sono parecchi conflitti e dissensi interni. Alcuni stanno cercando di andarsene,” afferma.

Un giornalista di un altro ufficio dice che anche lì c’è stata opposizione.

“Importanti redattori che dissentono dallo status quo si sono scontrati con il fatto che i dirigenti diano ordini, mettendo in discussione come si possa effettivamente raccontare quello che accade con le indicazioni restrittive vigenti” afferma.

“Molti hanno spinto perché vengano segnalati e trasmessi più contenuti da Gaza. Al momento questi reportage passano attraverso Gerusalemme e arrivano in TV o in prima pagina, con modifiche importanti, dall’inserimento di un linguaggio impreciso a ignorando vicende cruciali, che garantiscono che quasi ogni servizio, per quanto accusatorio, assolva Israele da azioni illecite.”

La redazione della CNN afferma che alcuni giornalisti con esperienza di reportage sul conflitto o sulla regione hanno rifiutato di essere inviati in Israele perché pensano che non sarebbero liberi di raccontare tutto quello che avviene. Altri ipotizzano di esserne stati tenuti fuori dai capi della redazione.

“È evidente che alcuni che non sono esperti stanno coprendo la guerra e altri che lo sono non lo stanno facendo,” afferma una fonte interna.

Imposizioni dai piani alti

Nella prima riunione di redazione di Thompson, due giorni dopo l’attacco di Hamas il 7 ottobre, il nuovo direttore della rete ha descritto la copertura del rapido sviluppo degli avvenimenti da parte della CNN come “fondamentalmente molto buono”.

Poi Thompson ha detto di volere che il pubblico capisse cosa sia Hamas, che cosa voglia e cosa abbia cercato di ottenere con l’attacco. Qualcuno dei presenti ha pensato che fosse un lodevole obiettivo giornalistico. Ma affermano che col tempo è diventato chiaro che egli aveva aspettative più specifiche su come i giornalisti dovessero sull’organizzazione.

Alla fine di ottobre, mentre il bilancio dei palestinesi uccisi cresceva notevolmente a causa dei bombardamenti israeliani, con più di 2.700 minori uccisi secondo il ministero della Sanità di Gaza, e mentre Israele si preparava all’invasione di terra, nelle caselle di posta della redazione CNN è arrivata una serie di linee guida.

Una nota all’inizio della comunicazione di due pagine indicava un’istruzione “da Mark” perché si facesse attenzione a un particolare paragrafo intitolato “guida sulla copertura”. Il paragrafo diceva che, mentre la CNN avrebbe riportato le conseguenze umane dell’attacco israeliano e il contesto storico della vicenda, “dobbiamo continuare sempre a ricordare al nostro pubblico la causa immediata dell’attuale conflitto, cioè l’attacco di Hamas e l’uccisione di massa e il rapimento di civili” (corsivo nell’originale).

I membri della redazione della CNN affermano che la comunicazione ha consolidato un contesto di servizi in cui il massacro di Hamas è stato usato per giustificare implicitamente le azioni di Israele e che altri contesti o vicende sono spesso risultati sgraditi o lasciati da parte.

“In quale altro modo i giornalisti avrebbero dovuto leggerla se non come un’indicazione che qualunque cosa facciano gli israeliani Hamas in ultima analisi è colpevole? Il reportage su ogni azione di Israele – bombardamenti massicci che spazzano via intere vie, la cancellazione di intere famiglie – finisce per essere manipolato per creare una narrazione secondo cui “se la sono cercata loro,” dice un redattore.

La stessa comunicazione afferma che ogni riferimento ai dati del ministero della Sanità di Gaza sulle vittime deve specificare che è “controllato da Hamas”, implicando che i resoconti delle morti di migliaia di minori sono inattendibili, anche se l’Organizzazione Mondiale della Salute e altri enti internazionali hanno affermato che sono decisamente veritieri. La redazione della CNN afferma che l’imposizione è stata stilata da Thompson durante una delle prime riunioni di redazione.

Un controllo più generale della copertura della direzione della CNN ad Atlanta è diretto dalla “Triade”, composta da tre dipartimenti della CNN: norme e pratiche delle notizie, ufficio legale e controllo dei fatti.

David Lindsay, il principale direttore di norme e pratiche delle notizie, all’inizio di novembre ha emanato una direttiva che di fatto ha vietato le informazioni sulla maggior parte delle dichiarazioni di Hamas, definendole come “retorica incendiaria e propaganda”.

“La maggior parte di questi discorsi è stato detto molte volte in precedenza e non è degno di nota. Dobbiamo dare attenzione a non fornirgli una tribuna,” ha scritto.

Lindsay ha affermato che se una dichiarazione viene definita editorialmente importante “la possiamo usare se è accompagnata da un contesto più complessivo, preferibilmente in un insieme di notizie o un testo digitale. Evitiamo di presentarlo come un estratto o una citazione autonomi.”

Un redattore della CNN fa notare che invece la rete ha ripetutamente trasmesso discorsi incendiari e propaganda da parte di politici israeliani e sostenitori americani, spesso senza interviste con contraddittorio.

Evidenzia che, mentre la CNN non lo ha fatto, altri canali hanno intervistato dirigenti di Hamas, compresa un’intervista in cui il portavoce del gruppo, Ghazi Hamad, ha interrotto le domande della BBC quando gli è stato chiesto dell’uccisione di civili israeliani. Un redattore afferma che tra gli inviati c’è l’opinione che sia “uno strazio far approvare dalla Triade un’intervista ad Hamas.”

Fonti della CNN riconoscono che dall’attacco del 7 ottobre non ci sono state interviste ad Hamas, ma affermano che la rete non impone un divieto su queste interviste.

Ma alla redazione e agli inviati della CNN sono state date indicazioni di non utilizzare video ripresi da Hamas “in nessun caso, finché non sia stato approvato dalla Triade e dai principali responsabili editoriali.”

Questa posizione è stata ripetuta in un’altra nota del 23 ottobre, secondo cui i reportage non dovevano mostrare video di Hamas del rilascio di due ostaggi israeliani, Nurit Cooper e Yocheved Lifshitz. Due giorni dopo Lindsay ha inviato un’ulteriore indicazione, secondo cui il video dell’ottantacinquenne Lifshitz che stringe la mano di uno dei suoi rapitori “può essere utilizzato solo quando viene specificamente scritto che era sua riguardo alla decisione di stringere la mano al rapitore.”

Oltre agli ordini di Atlanta, la CNN ha una politica di lunga data in base alla quale, per essere messo in onda o pubblicato, ogni testo sulla situazione in Israele/Palestina deve essere approvato dall’ufficio di Gerusalemme. Per velocizzare l’approvazione, in luglio la rete ha creato un processo denominato “SecondEyes” [Secondi Occhi].

Il caporedattore dell’ufficio di Gerusalemme, Richard Greene, ha detto alla redazione in una nota che annunciava “SecondEyes” riportata per la prima volta da The Intercept [sito alternativo di notizie, ndt.], che, poiché le informazioni sul conflitto israelo-palestinese sono sottoposte al controllo dei sostenitori di entrambe le parti, la misura è stata creata come “rete di sicurezza in modo che non usiamo un linguaggio impreciso o parole che possano suonare imparziali ma che qui possono avere un significato in codice.”

Redattori della CNN sostengono che non c’è niente di intrinsecamente sbagliato nella richiesta, data la notevole delicatezza nell’informazione su Israele e Palestina e la natura aggressiva delle autorità israeliane e dei ben organizzati gruppi filo-israeliani per cercare di influenzare la copertura giornalistica. Ma alcuni hanno l’impressione che una misura originariamente intesa a preservare un buon livello sia diventata uno strumento di auto-censura per evitare polemiche.

Uno dei risultati di SecondEyes è che le dichiarazioni ufficiali israeliane sono spesso rapidamente approvate e mandate in onda in base al principio che devono essere prese per buone, come se avessero il visto per la diffusione, mentre i comunicati e le affermazioni dei palestinesi, e non solo di Hamas, sono ritardate o non riportate.

Un giornalista della CNN afferma che gli ordini di SecondEyes spesso sembrano intesi a evitare critiche da parte di gruppi filo-israeliani. Fanno l’esempio dell’intervento di Greene per cambiare un titolo, “Israele non sta neppure lontanamente distruggendo Hamas”, un punto di vista ampiamente presente nella stampa straniera e israeliana. È stato sostituito con un titolo che sposta l’attenzione da se Israele possa raggiungere la giustificazione dichiarata per l’uccisione di migliaia di civili palestinesi a “Dopo tre mesi Israele sta entrando in una nuova fase della guerra. Sta ancora cercando di ‘distruggere’ Hamas?”

Alcuni redattori della CNN temono che il risultato sia una rete che agisce come censore sostitutivo a favore del governo israeliano.

“Il sistema porta a individui scelti che pubblicano e raccontano con una parzialità istituzionalizzata a favore di Israele, utilizzando spesso un linguaggio passivo per assolvere l’esercito israeliano da ogni responsabilità e minimizzando le morti dei palestinesi e gli attacchi israeliani,” afferma uno dei giornalisti della rete.

Redattori della CNN che hanno parlato con The Guardian sono stati pronti a elogiare i reportage approfonditi ed incisivi degli inviati sul terreno. Hanno detto che questi servizi spesso hanno avuto risalto su CNN International, sono stati visti fuori dagli USA. Ma sul canale CNN disponibile negli USA spesso sono stati meno visibili e a volte messi da parte da ore di interviste a politici e sostenitori israeliani della guerra a Gaza, a cui è stata lasciata piena libertà di sostenere le proprie idee, spesso senza contraddittorio e a volte con presentatori che facevano dichiarazioni di sostegno. Nel contempo le voci e le opinioni dei palestinesi si sono sentite molto meno di frequente e sono state contraddette con maggiore forza.

Un redattore ha evidenziato la presenza di Rami Igra, un importante exufficiale del servizio di sicurezza israeliano, nel programma di Anderson Cooper, dove ha affermato che tutta la popolazione palestinese di Gaza dovrebbe essere vista come combattente.

“Popolazione non-combattente nella Striscia di Gaza è in realtà un termine inesistente perché tutti i gazawi hanno votato per Hamas e, come abbiamo visto il 7 ottobre, la grande maggioranza della popolazione della Striscia di Gaza è con Hamas,” ha affermato.

“Ciononostante noi li stiamo trattando come non combattenti, come civili regolari e sono risparmiati dai combattimenti.”

Cooper non ha smentito nessuna delle sue affermazioni. Quando l’intervista è stata messa in onda, il 19 novembre, a Gaza erano state uccise più di 13.000 persone, in grande maggioranza civili.

Un altro dipendente della CNN ha scelto il programma del presentatore Jake Tapper come esempio di un conduttore che si identifica troppo con una parte mentre l’altra ha solo una presenza limitata. In un certo momento Tapper ha riconosciuto la morte e le sofferenze di palestinesi di Gaza innocenti, ma è sembrato difendere l’entità dell’attacco israeliano contro Gaza.

“Cosa ha pensato esattamente Hamas che avrebbe fatto l’esercito israeliano in risposta a questo?” ha affermato, in riferimento all’attacco del 7 ottobre.

Un portavoce della CNN ha sostenuto: “Rifiutiamo nel modo più assoluto l’affermazione che i nostri giornalisti trattano i politici israeliani diversamente da altri politici.”

Un’altra presentatrice, Sara Sidner, ha suscitato critiche per il suo emotivo reportage sulle affermazioni israeliane non verificate secondo cui il 7 ottobre Hamas avrebbe decapitato decine di bambini.

“Abbiamo notizie veramente sconvolgenti da Israele,” ha annunciato quattro giorni dopo l’attacco.

“Il portavoce del primo ministro israeliano ha appena confermato che bambini e neonati sono stati trovati decapitati a Kfar Aza, nel sud di Israele, dopo gli attacchi di Hamas nel kibbutz durante il fine settimana. Ciò è stato confermato dall’ufficio del primo ministro.”

Sidner ha definito l’affermazione “indicibilmente sconvolgente.”

“Per le famiglie che ascoltano, per il popolo di Israele, per chiunque sia un genitore, chi ami i bambini, non so come si possa sopportare tutto ciò,” ha affermato.

Sidner poi ha detto a un reporter della CNN a Gerusalemme, Hadas Gold, che la decapitazione dei bambini avrebbe reso impossibile a Israele fare la pace con Hamas.

Gold ha replicato: “Come puoi farlo quando hai a che fare con gente che farebbe simili atrocità a dei bambini, dei neonati, dei bimbi?”

Gold, che faceva parte del gruppo SecondEyes che approva i reportage, ha di nuovo detto che le notizie erano state confermate dall’ufficio di Netanyahu e lei ha fatto un parallelo con l’Olocausto. Ha risposto alla smentita di Hamas di aver decapitato bambini come incredibile “quando abbiamo letteralmente dei video di questi ragazzi, di questi miliziani, di questi terroristi che fanno esattamente quello che dicono di non aver fatto a civili e a bambini.”

Solo che, come ha evidenziato un giornalista della CNN, né la rete, né, a quanto pare, nessun altro hanno tali video.

“Il problema è che, ancora una volta, la versione del governo israeliano sugli avvenimenti è stata accolta in modo emotivo senza una verifica da parte di qualcuno che si suppone sia un giornalista neutrale,” afferma.

Al momento della trasmissione di Sidner c’erano già buone ragioni perché la CNN trattasse le affermazioni [israeliane] con cautela.

Giornalisti israeliani che si erano recati a Kfar Aza il giorno prima avevano detto di non aver visto prove di tale crimine e fonti ufficiali dell’esercito non ne avevano fatto menzione. Tim Langmaid, vicepresidente della CNN di Atlanta e importante direttore editoriale, ha inviato un’indicazione in base alla quale le affermazioni del presidente Biden di aver visto foto delle presunte atrocità “confermano quanto detto dal governo israeliano.”

Anche se gli interrogativi stavano aumentando, Langmaid ha inviato una nota in cui diceva: “È importante informare sulle atrocità degli attacchi di Hamas e sulla guerra appena li apprendiamo.”

Fonti interne della CNN sostengono che i caporedattori avrebbero dovuto trattare fin dall’inizio la vicenda con cautela, perché l’esercito israeliano ha una lunga storia di affermazioni false o esagerate che in seguito sono state smentite.

Altre reti, come Sky News, sono state sensibilmente più scettiche nei loro reportage e hanno delineato le vaghe origini della vicenda, iniziata con una giornalista di un canale di notizie israeliano secondo cui alcuni soldati le avevano raccontato che 40 bambini erano stati uccisi nel massacro di Hamas e che un soldato aveva detto di aver visto “corpi di bimbi con la testa tagliata”. L’esercito israeliano ha poi utilizzato la notizia per paragonare Hamas allo Stato Islamico.

Persino dopo che la Casa Bianca ha ammesso che né il presidente né i suoi funzionari avevano visto foto di bambini decapitati e che si erano basati su affermazioni degli israeliani, Langmaid ha detto alla redazione che avrebbe potuto ancora raccontare le asserzioni del governo israeliano insieme alla smentita di Hamas.

La CNN ha informato del ritiro delle accuse quando fonti ufficiali israeliane le hanno smentite, ma un redattore sostiene che ormai il danno era stato fatto, descrivendo la copertura un fallimento giornalistico.

“L’infame affermazione sui ‘bambini decapitati’ attribuita al governo israeliano, è andata in onda per circa 18 ore, persino dopo che la Casa Bianca aveva fatto marcia indietro sul comunicato di Biden secondo cui aveva visto foto inesistenti. La CNN non aveva avuto accesso a prove fotografiche né alla possibilità di verificare in modo indipendente queste affermazioni,” dice.

Un portavoce della CNN ha sostenuto che la rete ha informato in modo accurato quello che era stato detto all’epoca.

“Nei nostri notiziari abbiamo fatto molta attenzione ad attribuire queste affermazioni e abbiamo anche emanato linee guida molto specifiche a questo scopo,” ha detto.

Alcuni redattori della CNN hanno sollevato questioni simili riguardo alle informazioni sui tunnel di Hamas a Gaza e alle affermazioni secondo cui essi portano a un esteso centro di comando sotto l’ospedale al-Shifa.

Fonti interne dicono che alcuni giornalisti hanno respinto le imposizioni. Uno ha indicato Jomana Karadsheh, corrispondente da Londra con una lunga esperienza di inviata in Medio Oriente.

“Jomana ha molto insistito per mettere in evidenza le vittime palestinesi di questa guerra e ha avuto un certo successo. Ha fatto alcuni reportage molto importanti per umanizzare tutto ciò e analizzare le azioni e le intenzioni di Israele. Ma non penso che sia stato facile per lei. Questi servizi non hanno la visibilità che meritano,” ha affermato un giornalista.

L’impulso per un’informazione più equilibrata è stato complicato dal divieto israeliano di ingresso dei giornalisti a Gaza, salvo che sotto il controllo e la censura dell’esercito israeliano. Ciò ha contribuito a tenere fuori dalla CNN e da altri canali l’impatto complessivo della guerra sui palestinesi, garantendo nel contempo che ci sia un’attenzione costante al punto di vista israeliano.

Un portavoce della CNN ha negato le accuse di parzialità: “Le nostre notizie, comprese alcune delle nostre inchieste, interviste e reportage più dettagliate e di spicco, hanno messo a confronto la risposta di Israele agli attacchi” ha affermato.

La CNN dovette far fronte a simili accuse di parzialità in seguito agli attacchi dell’11 settembre del 2001, quando il direttore della rete, Walter Isaacson, ordinò che i reportage sull’uccisione di civili afghani da parte delle forze USA fossero controbilanciati dalla condanna dei talebani per i loro rapporti con al-Qaeda.

“Poiché abbiamo buoni reportage dall’Afghanistan controllato dai talebani, dobbiamo raddoppiare i nostri sforzi per essere sicuri che non sembri che stiamo informando semplicemente a loro favore o dal loro punto di vista. Dobbiamo parlare di come i talebani stanno usando scudi umani e come hanno ospitato i terroristi responsabili dell’uccisione di quasi 5.000 persone innocenti,” scrisse in una nota, secondo il Washington Post.

Alcuni redattori affermano che dopo le prime settimane in cui la CNN ha informato sull’attacco di Hamas “come se fosse l’11 settembre”, è aumentato lo spazio dedicato al punto di vista palestinese, dato il crescente numero di morti e distruzioni dell’attacco di rappresaglia israeliano contro Gaza.

L’unico giornalista straniero a informare da Gaza senza essere accompagnato dagli israeliani è stata Clarissa Ward della CNN, che è entrata per due ore con una squadra di soccorso umanitario degli Emirati Arabi Uniti.

La settimana scorsa sul Washington Post Ward ha riconosciuto le difficoltà. Ha scritto che il suo reportage da Israele le ha consentito “di creare un’immagine vivida delle mostruosità del 7 ottobre”, ma le è stato impedito di tramettere un’immagine più completa della tragedia in corso a Gaza a causa del blocco israeliano contro i giornalisti stranieri, lasciandone l’onere solo a un numero limitato di coraggiosi giornalisti palestinesi che sono stati uccisi in numero spropositato.

“Ora dobbiamo poter raccontare allo stesso modo le terribili morti e distruzioni inflitte a Gaza, sul terreno, in modo indipendente, in mezzo a uno dei bombardamenti più intensi nella storia delle guerre moderne,” ha scritto.

“Nei media israeliani la risposta ai nostri racconti su Gaza suggerisce una ragione indicibile per negarci l’accesso. Quando ha risposto in onda riguardo a un nostro pezzo, un giornalista del Canale 13 israeliano ha replicato: ‘Se veramente i reporter occidentali iniziano a entrare a Gaza ciò sarà di certo un grave grattacapo per Israele e per la sua hasbara.’ Hasbara è una parola ebraica per propaganda a favore di Israele.”

Qualcuno alla CNN teme che l’informazione sull’ultima guerra a Gaza stia danneggiando una reputazione costruita sul modo in cui ha raccontato l’invasione russa dell’Ucraina, che ha portato a un aumento degli spettatori. Ma altri affermano che la guerra in Ucraina deve essere parte del problema, perché le regole redazionali sono diventate meno accurate in quanto, soprattutto all’inizio del conflitto, la rete e molti dei suoi giornalisti si sono identificati chiaramente con una parte: l’Ucraina.

Un membro della redazione della CNN afferma che l’informazione sull’Ucraina ha definito un pericoloso precedente che si è ritorto contro la rete, perché il conflitto israelo-palestinese è molto più divisivo e le opinioni sono molto più profondamente radicate.

“La trascuratezza nella qualità della nostra informazione e dell’integrità giornalistica raccontando dell’Ucraina si è ritorta contro di noi. Solo che stavolta la posta in gioco è più alta e le conseguenze molto più gravi. La scarsa serietà giornalistica è una pillola più facile da far ingoiare al mondo quando si tratta di vite arabe perse invece che europee,” dice.

Un altro dipendente della CNN sostiene che il doppio standard sia lampante.

“Ci va bene essere inseriti nell’esercito israeliano, produrre reportage censurati dall’esercito, ma non possiamo parlare dell’organizzazione che, ci piaccia o meno, ha vinto la maggioranza dei voti a Gaza. Agli spettatori della CNN è stato impedito di sentire [la voce di] un attore fondamentale di questa vicenda,” afferma.

“Non è giornalismo dire che non vogliamo parlare con qualcuno perché non ci piace quello che fa. La CNN ha parlato con un sacco di terroristi e nemici dell’America nel corso degli anni. Abbiamo intervistato Muammar Gheddafi, persino Osama bin Laden. Quindi cosa c’è di diverso questa volta?”

Anni di pressioni

I giornalisti che lavorano alla CNN danno varie spiegazioni.

Alcuni dicono che il problema deriva da anni di pressioni da parte del governo israeliano e delle organizzazioni che lo appoggiano negli USA, insieme al timore di perdere inserzioni pubblicitarie.

Durante la lotta per la narrazione della Seconda Intifada palestinese all’inizio degli anni 2000 l’allora ministro delle Comunicazioni, Reuven Rivlin, chiamò la CNN “il male, di parte e sbilanciata.” Il Jerusalem Post paragonò l’inviata della rete in città, Sheila MacVicar, alla “donna che metteva la carta igienica nel gabinetto di Goebbels.”

Il fondatore della CNN, Ted Turner, scatenò una bufera nel 2002 quando disse a The Guardian che Israele stava commettendo atti terroristici contro i palestinesi.

“I palestinesi stanno lottando con attentatori suicidi, è tutto quello che hanno. Gli israeliani… hanno una delle macchine da guerra più potenti al mondo. I palestinesi non hanno niente. Quindi chi sono i terroristi? Io sosterrei che entrambe le parti sono coinvolte nel terrorismo,” disse Turner, che allora era il vicepresidente di AOL Time Warner, proprietaria della CNN.

La tempesta di proteste che ne derivò diede come risultato minacce per le entrate della rete, tra cui iniziative delle compagnie israeliane di televisione via cavo, che la sostituirono con Fox News.

Il presidente della CNN, Walter Isaacson, apparve sulla televisione israeliana denunciando Turner, ma ciò non ridusse le critiche. L’allora responsabile esecutivo delle notizie, Eason Jordan, impose una nuova regola secondo cui la CNN non avrebbe più mostrato dichiarazioni degli attentatori suicidi o interviste ai loro parenti e volò in Israele per placare la bufera.

La CNN iniziò anche a mandare in onda una serie sulle vittime degli attentatori suicidi palestinesi. La rete insistette che l’iniziativa non era una risposta alle pressioni, ma alcuni dei suoi giornalisti erano scettici. La CNN non produsse una serie simile sui parenti dei palestinesi innocenti uccisi da Israele nei bombardamenti.

Nel 2021 l’editorialista per la CNN della Columbia Journalism Review [semestrale per giornalisti professionisti che ne monitora il lavoro, ndt.], Ariana Pekary, accusò la rete di escludere dall’informazione le voci dei palestinesi e il contesto storico.

Anche Thompson ha le sue cicatrici di guerra dovute ai rapporti con politici israeliani quando era direttore generale della BBC vent’anni fa.

Nella primavera del 2005 la BBC venne invischiata in un incidente diplomatico riguardo a un’intervista con chi aveva svelato che Israele aveva la bomba nucleare, Mordechai Vanunu, che era stato rilasciato dal carcere l’anno prima.

Le autorità israeliane avevano vietato a Vanunu di rilasciare interviste. Quando un’equipe documentaristica della BBC parlò con lui e poi fece uscire di nascosto le riprese da Israele, le autorità reagirono espellendo in pratica il direttore ad interim dell’ufficio della BBC a Gerusalemme, Simon Wilson, che non aveva niente a che fare con l’intervista.

La disputa andò avanti per mesi, finché la BBC si inchinò alla richiesta israeliana che Wilson scrivesse una lettera di scuse prima di poter tornare a Gerusalemme. La lettera, che includeva un impegno ad “obbedire in futuro alle regole”, avrebbe dovuto rimanere riservata, ma involontariamente la BBC mise in rete dei dettagli prima di cancellarli qualche ora dopo. Il dietrofront fece infuriare alcuni giornalisti della BBC, che stavano resistendo a continue pressioni e abusi a causa del loro lavoro.

In seguito quell’anno Thompson visitò Gerusalemme e incontrò il primo ministro israeliano Ariel Sharon nel tentativo di migliorare le relazioni dopo altri incidenti.

Il governo israeliano era particolarmente scontento della corrispondente molto esperta della BBC da Gerusalemme, Orla Guerin. Il ministro israeliano per gli Affari della Diaspora dell’epoca, Natan Sharansky, la accusò di antisemitismo e di “totale identificazione con gli obiettivi e i metodi dei gruppi terroristici palestinesi” dopo un servizio di Guerin sull’arresto di un ragazzo palestinese sedicenne che portava esplosivi. Accusò i funzionari israeliani di aver trasformato l’arresto in un’opportunità propagandistica perché “avevano fatto sfilare il ragazzo davanti ai media internazionali” dopo averlo obbligato ad aspettare a un checkpoint l’arrivo dei fotografi.

Dopo qualche giorno dall’incontro di Thompson con Sharon la BBC annunciò che Guerin avrebbe lasciato Gerusalemme. All’epoca l’ufficio di Thompson negò di aver agito sotto pressione di Israele e disse che Guerin aveva terminato un incarico più lungo del solito.

(traduzione dall’inglese di Amedeo Rossi)




Il congelamento dei finanziamenti potrebbe fermare le operazioni dell’UNRWA entro la fine del mese

Maureen Clare Murphy

Diritti e responsabilità

3 febbraio 2024 – The Electronic Intifada

Secondo il direttore dell’Agenzia Philippe Lazzarini se i finanziamenti non verranno ripristinati l’UNRWA sarà costretta a sospendere le operazioni già entro la fine del mese.

I Paesi donatori, tra cui gli Stati Uniti, il suo principale finanziatore, hanno sospeso gli aiuti per un valore di 440 milioni di dollari dopo che Israele ha sollevato accuse non verificate secondo cui alcuni dipendenti dellUNRWA a Gaza avrebbero partecipato agli attacchi del 7 ottobre guidati da Hamas.

Mercoledì Martin Griffiths, responsabile per gli aiuti umanitari dell’ONU, ha dichiarato al Consiglio di Sicurezza che la risposta umanitaria dellorganismo mondiale in Cisgiordania e Gaza dipende dal presupposto che lUNRWA sia adeguatamente finanziata e operativa” e ha chiesto che le decisioni di trattenere i fondi” vengano revocate.

Questa settimana tre organizzazioni palestinesi per i diritti umani – Al-Haq, Al Mezan e il Centro Palestinese per i Diritti Umani – hanno condannato il congelamento dei finanziamenti allUNRWA, affermando che ciò “equivale a un atto di punizione collettiva contro 5,9 milioni di rifugiati palestinesi registrati” presso lagenzia.

Anche Josep Borrell, rappresentante dellUnione Europea per gli affari esteri, si è espresso contro quella che ha descritto come una punizione collettiva” del popolo palestinese. Ha detto che il collasso dellagenzia causerebbe la morte di centinaia di migliaia di persone”.

Questa settimana Petra De Sutter, vice prima ministra del Belgio, ha descritto lUNRWA come insostituibile nel compito di fornire aiuti umanitari urgenti e cruciali a Gaza”. Un giorno prima che lei facesse quel commento, Israele aveva bombardato gli uffici di Gaza dellagenzia umanitaria belga.

Le organizzazioni palestinesi per i diritti umani hanno avvertito che la sospensione dei fondi, con conseguente cessazione degli aiuti umanitari a Gaza, potrebbe costituire complicità nel genocidio”. Ciò varrebbe soprattutto per gli Stati Uniti e la Germania, due dei principali Paesi donatori.

L’Istituto Lemkin per la Prevenzione del Genocidio ha affermato che la decisione di sospendere i finanziamenti rappresenta un passaggio da parte di diversi paesi da una potenziale complicità nel genocidio a un coinvolgimento diretto in una carestia pianificata”.

Listituto ha aggiunto che si tratta di un attacco a ciò che resta della sicurezza personale, libertà, salute e dignità in Palestina”.

Giovedì l‘UNRWA ha affermato che lagenzia dell’ONU per i rifugiati palestinesi è il più grande fornitore di aiuti umanitari a Gaza, dove la stragrande maggioranza della popolazione dipende da essa per la propria sopravvivenza”.

Prima delle agenzie delle Nazioni Unite ad essere istituita, lUNRWA fornisce servizi pubblici a circa sei milioni di rifugiati palestinesi nella Striscia di Gaza occupata e in Cisgiordania, nonché in Libano, Siria e Giordania.

Due terzi dei 2,3 milioni di abitanti di Gaza sono rifugiati registrati presso lUNRWA. Delle circa 27.000 persone uccise a Gaza dal 7 ottobre più di 150 erano membri del personale dellUNRWA mentre più di 140 strutture dellagenzia sono state danneggiate o distrutte, compreso il quartier generale di Gaza City.

Centinaia di migliaia di sfollati si trovano nelle strutture dell’UNRWA in tutta Gaza. Più di 350 sfollati sono stati uccisi e 1.255 feriti negli attacchi contro le strutture delle Nazioni Unite.

Intento criminale”

Lagenzia, che fa affidamento sui finanziamenti volontari degli Stati membri delle Nazioni Unite, negli ultimi anni ha visto diminuire i contributi mentre le necessità dei suoi servizi non hanno fatto altro che aumentare. L’estate scorsa il segretario generale delle Nazioni Unite ha avvertito che lUNRWA si trovava sullorlo del collasso finanziario”.

Le tre organizzazioni palestinesi per i diritti umani affermano che la tempistica delle accuse di Israele contro lUNRWA suggerisce un intento criminale” a seguito della sentenza provvisoria della Corte Internazionale di Giustizia dellAia che ha stabilito che Israele sta plausibilmente commettendo un genocidio a Gaza.

Una delle numerose misure provvisorie emesse dalla corte impone a Israele di adottare misure immediate ed efficaci per consentire la fornitura dei servizi di base e di assistenza umanitaria urgentemente necessari”.

Le organizzazioni per i diritti umani hanno affermato che le accuse convenientemente tempestive costituiscono rappresaglie contro lUNRWA, le cui dichiarazioni sono citate come supporto nellautorevole sentenza della CIG contro Israele”.

Si tratta di un comportamento abituale nel recente passato: Israele impedisce regolarmente lingresso ai funzionari delle Nazioni Unite e ad altri investigatori sui diritti umani e ha rifiutato di rinnovare un il visto a Lynn Hastings, lex alto funzionario per gli aiuti umanitari delle Nazioni Unite a favore della Cisgiordania e Gaza.

A quanto pare all’inizio di novembre dello scorso anno lo Stato ha rifiutato l’ingresso a Volker Türk, il responsabile dei diritti umani delle Nazioni Unite, nel corso della sua visita di cinque giorni nella regione.

Questa settimana durante un incontro a Gerusalemme il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha detto agli ambasciatori delle Nazioni Unite che lUNRWA è “totalmente infiltrata” da Hamas e deve essere sostituita.

“Lo dico con grande rammarico perché speravamo che esistesse un organismo di soccorso obiettivo e costruttivo”, ha detto Netanyahu ai diplomatici. Oggi a Gaza abbiamo bisogno di un organismo di questo tipo, ma lUNRWA non è quellorganismo”.

Netanyahu si è anche lamentato del controllo delle Nazioni Unite sulle azioni di Israele, ha ripetuto affermazioni già confutate sulle atrocità e ha affermato che il suo Paese sta combattendo la guerra della civiltà contro la barbarie”.

Netanyahu ha criticato lUNRWA per aver presentato le informazioni citate dal Sudafrica nella sua denuncia di genocidio contro Israele allAia.

Altri funzionari israeliani sono meno desiderosi di Netanyahu di vedere il collasso immediato dellUNRWA.

Un alto funzionario anonimo ha detto al Times of Israel che se lUNRWA cessasse di operare sul terreno ciò potrebbe causare una catastrofe umanitaria che costringerebbe Israele a fermare la sua lotta contro Hamas”.

Una catastrofe umanitaria a Gaza è in corso da mesi dopo che allinizio della sua controffensiva Israele ha tagliato la fornitura di elettricità, carburante, acqua, cibo e scorte mediche.

Alcuni di questi elementi vitali indispensabili sono stati ripristinati a Gaza ma a un livello ben lungi dal soddisfare i bisogni primari della popolazione poiché le restrizioni e le operazioni militari israeliane impediscono lattività commerciale e la fornitura di aiuti su vasta scala.

I palestinesi di Gaza si trovano ad affrontare una malnutrizione di massa con un ritmo e una portata mai visti dalla seconda guerra mondiale, costretti a mangiare erba e bere acqua inquinata per sopravvivere alle condizioni di carestia imposte da Israele.

Christian Lindmeier, portavoce dellOrganizzazione Mondiale della Sanità, ha affermato che le accuse contro il personale dellUNRWA sono una distrazione da ciò che realmente accade ogni giorno, ogni ora, ogni minuto a Gaza”.

È un voler distogliere l’attenzione dall’aver interdetto a unintera popolazione laccesso allacqua pulita, al cibo e ad un riparo”, ha aggiunto. “È un voler distogliere l’attenzione dallaver impedito l’afflusso dell’elettricità a Gaza per oltre 100 giorni”.

Diritto al ritorno

La dichiarazione di rammarico di Netanyahyu è smentita dalla campagna multi-decennale di Israele rivolta a smantellare lUNRWA.

Le tre organizzazioni palestinesi per i diritti umani hanno affermato che il desiderio di Israele di distruggere lagenzia è “motivato dalla questione centrale insita nel mandato dellUNRWA: lattuazione della risoluzione 194 (III) dellAssemblea generale delle Nazioni Unite”.

Tale risoluzione fu approvata dallAssemblea Generale delle Nazioni Unite nel dicembre 1948 in seguito allespulsione forzata di centinaia di migliaia di palestinesi dalla loro patria da parte delle milizie sioniste prestatali e dellesercito israeliano.

I rifugiati che desiderano ritornare alle loro case e vivere in pace con i loro vicini dovranno essere autorizzati a farlo il prima possibile”, afferma la risoluzione delle Nazioni Unite, aggiungendo che i rifugiati che avessero scelto di non ritornare avrebbero dovuto essere risarciti per la perdita o il danno alle loro proprietà.

Israele ha negato ai palestinesi di esercitare il loro diritto al ritorno nelle terre che ora occupa perché ciò “altererebbe il carattere demografico di Israele al punto da eliminarlo come Stato ebraico”, come ha affermato la Commissione Economica e Sociale delle Nazioni Unite per lAsia occidentale in un rapporto del 2017.

Le nostre organizzazioni sottolineano che lUNRWA deve essere preservata come istituzione per proteggere i diritti dei palestinesi”, hanno affermato le tre organizzazioni per i diritti umani sopra menzionate, aggiungendo che ai rifugiati palestinesi viene ancora sistematicamente negato il loro inalienabile diritto al ritorno; essi vengono lasciati vivere per generazioni in campi profughi e viene negata loro la libertà di movimento e i diritti umani fondamentali”.

Le organizzazioni per i diritti dei palestinesi sottolineano che i Paesi che hanno sospeso il sostegno all’UNRWA – che oltre agli Stati Uniti includono Germania, Regno Unito, Canada, Australia, Italia, Paesi Bassi, Svezia, Finlandia, Estonia, Islanda, Giappone, Austria, Lettonia, Lituania e Romania – hanno ignorato i loro appelli affinché smettessero di armare Israele.

La britannica Sky News ha riferito questa settimana di aver visto i documenti dellintelligence israeliana che supporterebbero le sue affermazioni secondo cui degli operatori dellUNRWA sarebbero collegati ad Hamas.

Sky News ha affermato che il dossier, condiviso con i governi stranieri ma non con le autorità delle Nazioni Unite, sostiene che il 7 ottobre sei dipendenti dellUNRWA si sono infiltrati” in Israele da Gaza. Secondo Sky News quattro di questi sei dipendenti sarebbero presumibilmente coinvolti nel rapimento di israeliani, mentre un altro lavoratore avrebbe fornito supporto logistico’”.

I primi rapporti della scorsa settimana affermavano che Israele avrebbe sostenuto che 12 dipendenti dell’UNRWA erano coinvolti negli attacchi del 7 ottobre.

Sky News ha aggiunto che il dossier di Israele afferma che il 10% dei 12.000 dipendenti dellUNRWA a Gaza sono agenti di Hamas e della Jihad islamica, unaltra fazione palestinese impegnata nella resistenza armata. Il dossier afferma inoltre che circa la metà del personale dellUNRWA a Gaza sarebbe costituita da parenti di primo grado di un militante di Hamas”.

Il dossier di Israele tenta evidentemente di dipingere il coordinamento dellUNRWA con le autorità locali come una forma di subordinazione a Hamas che di fatto governa gli affari interni di Gaza dal 2007.

L’emittente ha affermato: I documenti dellintelligence israeliana fanno diverse affermazioni di cui Sky News non ha visto prove e molte delle affermazioni, anche se vere, non implicano esplicitamente lUNRWA”.

Dossier sospetti

Il dossier dellUNRWA riportato da Sky News sembra essere simile ai documenti prodotti in passato da Israele e dai suoi delegati che cercavano di collegare le organizzazioni non governative palestinesi alle organizzazioni di resistenza nel tentativo di privarle dei loro finanziamenti europei.

Nel 2021 gli Stati europei hanno affermato di non essere rimasti convinti da un dossier segreto fornito da Israele per dimostrare le sue accuse contro diverse importanti organizzazioni della società civile palestinese dichiarate organizzazioni terroristiche”.

Il dossier si fondava su testimonianze di due uomini licenziati da un’organizzazione per sospetti reati finanziari.

L’avvocato di uno degli uomini ha sostenuto che [il suo assistito] durante l’interrogatorio potrebbe essere stato sottoposto a maltrattamenti o torture.

Nel dossier segreto, il cui contenuto è stato rivelato dalla rivista +972 Magazine, risultava evidente che i due uomini non avevano familiarità con le altre organizzazioni palestinesi contro le quali la loro testimonianza era stata usata.

Le dichiarazioni dei funzionari israeliani suggeriscono che le attuali accuse contro i dipendenti dell’UNRWA potrebbero essere basate su informazioni estorte ai detenuti, dando adito a preoccupazioni per torture e maltrattamenti.

(traduzione dall’inglese di Aldo Lotta)




Come la sentenza della Corte Internazionale di Giustizia potrebbe alla fine rompere l’assedio di Gaza

David Hearst

26 gennaio 2024 – Middle East Eye

Se Israele continua a rinviare gli aiuti e a prendere di mira i civili palestinesi crescerà la pressione su Regno Unito e USA perché inizino a paracadutare cibo sul territorio.

La sentenza emessa venerdì dalla Corte Internazionale di Giustizia (CIG) è più grande e più potente di un bulldozer D9 [bulldozer corrazzato usato dall’esercito israeliano per demolire le case, ndt] contro la posizione occidentale di sostegno all’invasione di Gaza che continua da quasi quattro mesi.

La sentenza stabilisce che ciò che sta avvenendo a Gaza non è una guerra con l’obbiettivo di smantellare un gruppo militante nemico, ma un’operazione che ha lo scopo di smantellare un popolo, e una nazione. Non ci può essere un giudizio legale più epocale nella storia del conflitto, certamente non in questo secolo.

Questa sentenza ristabilisce la moralità, l’imparzialità e il ruolo del diritto internazionale e mostrerà l’impunità di cui Israele ha goduto grazie ai suoi principali fornitori di armi e sostenitori per quello che è: una licenza di uccidere.

Non ci può essere colpo più grande inferto alla posizione di un’amministrazione USA che ha falsamente proclamato “la diplomazia è ritornata” e poi ha continuato a difendere e approvvigionare il più micidiale bombardamento nella storia recente di questo conflitto.

Israele è ora sul banco degli imputati con un’accusa di genocidio e sarà obbligato a riferire entro un mese alla Corte le misure intraprese per impedire l’incitamento al genocidio e il genocidio stesso, perché il suo accusatore, il Sudafrica, possa visionarle, e consentire l’ingresso di maggiori aiuti a Gaza.

Certo ci sarà delusione per il fatto che la CIG ha mancato di richiedere un immediato cessate il fuoco. La Corte lo ha fatto in base al presupposto legale che solo una delle parti in questa guerra è riconosciuta come Stato.

I palestinesi non hanno bisogno di una sentenza di tribunale che sancisca la loro sofferenza. Aspettavano una misura che mettesse fine a questo genocidio, invece di rimandare la palla nel campo di Israele perché agisca in un modo che chiunque sa che non farà. Ma Israele aveva già comunicato la sua intenzione di ignorare qualunque sentenza della CIG, perciò non è ad Israele che si dovrebbe guardare per cambiare questa situazione.

L’unico potere che ha la sentenza della CIG è modificare la politica occidentale che permette al Segretario di Stato USA Antony Blinken di torcersi le mani come se Washington fosse impotente a fermare il massacro quotidiano. Palesemente non lo è.

Urgenza manifesta

Una sentenza del genere inoltre fornisce la necessaria forza a diverse azioni giudiziarie in tutto il mondo che riguardano minori, ma altrettanto importanti, accuse di crimini di guerra. Se la definizione di apartheid è stata un gigantesco colpo ai tentativi di Israele di presentarsi come una normale democrazia occidentale, l’etichetta di genocidio sicuramente inchioda il coperchio della bara.

Chiaramente la Corte non ha creduto alla difesa di Israele e nell’emettere la sentenza la presidente della CIG Joan Donoghue ha fatto ampio uso delle prove fornite dal Sudafrica. Il team sudafricano ha ragione di cantare vittoria.

L’urgenza di questa sentenza è evidente a tutti. Secondo le Nazioni Unite più di 750.000 persone soffrono di una “fame catastrofica” a Gaza. La mancanza di acqua pulita sta portando ad un picco di malattie trasmesse con l’acqua, quali la diarrea che è un importante fattore di morte per i bambini.

Ci sono già quasi 158.000 casi e l’ONU ha avvertito che molte migliaia di bambini potrebbero morire di diarrea prima di morire di fame.

A Gaza funzionano solo 15 su 97 panetterie dopo tre mesi e mezzo di bombardamenti israeliani. Nel centro di Gaza la carenza di grano è così grave che la gente mescola nell’impasto cibo per gli uccelli e foraggio per animali.

Intanto i bulldozer dell’esercito lavorano assiduamente a maciullare i più fertili orti e campi di Gaza. Lo scopo immediato è creare una zona di sicurezza, ma l’obbiettivo strategico è assicurarsi che il territorio non sarà mai più in grado di sfamarsi.

Mentre David Cameron, il ministro degli esteri britannico, si filma mentre carica bancali di aiuti britannici su un aereo a Doha diretto in Egitto, gli israeliani all’altro capo della catena logistica fanno tutto ciò che possono per trasformare il flusso di aiuti in uno stillicidio.

Ci vogliono parecchie settimane di attesa perché i camion entrino a Gaza. Possono essere scaricati e caricati più volte. Se nel carico vengono trovate merci vietate il camion torna in fondo alla coda e l’intero processo ricomincia daccapo. Israele avrebbe respinto articoli come prodotti igienici femminili, kit per il test dell’acqua e disinfettanti per le mani.

Laddove gli aiuti umanitari riescono a passare, la gente affamata viene presa di mira da carrarmati e cecchini. Ci sono ad oggi così tanti casi registrati di ciò, che non si può più considerarlo accidentale.

Le persone fanno la fila nella zona per prendere i prodotti poiché non ci sono addetti che agevolino la distribuzione. Ci sono grandi quantità di persone là…quindi quando le forze israeliane attaccano l’area ci sono decine di morti”, dice un corrispondente a Gaza di Middle East Eye.

Le file di civili a Dawaar al-Kuwait vicino alla zona di Salah al-Din sono state recentemente attaccate dalle forze israeliane, che hanno ucciso 8 persone e ferite decine. Giovedì le forze israeliane hanno ucciso almeno 20 palestinesi e ferito altri 180 mentre aspettavano gli aiuti umanitari a Gaza City.

Ridere e sparare

Poco di tutto ciò è accidentale, o il risultato del caos della guerra. E’ stato calcolato e valutato a fondo. Succede di proposito.

Di fronte al rifiuto dell’Egitto di consentire un esodo di massa di palestinesi nel Sinai, il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha incaricato Ron Dermer, Ministro per gli Affari Strategici, di escogitare un piano per “sfoltire” la popolazione di Gaza provocando una “fuga di massa” di palestinesi in Europa e Africa via mare.

Il piano, rivelato per la prima volta da Israel Hayom (quotidiano gratuito israeliano, ndtr.), è stato fatto circolare tra pochissime persone a causa della sua “ovvia carica esplosiva”. Il piano sostiene che se milioni di siriani, libanesi e tunisini possono salire sulle barche per fuggire la guerra civile e la povertà, perché non potrebbe essere lo stesso per i palestinesi?

Nonostante mesi di forti pressioni dietro le quinte da parte del presidente USA Joe Biden, non vi è segnale che né Netanyahu né l’esercito stiano deviando dal piano di rendere Gaza invivibile in modo permanente.

I due hanno obbiettivi differenti. Netanyahu vuole una guerra permanente sapendo che appena essa si fermasse la sua coalizione di estrema destra si spezzerebbe e lui si troverebbe in grossi guai, dovendo rispondere della grave falla nella sicurezza che ha permesso a Hamas di scatenarsi nel sud di Israele in ottobre. Solo un sostanziale esodo di palestinesi da Gaza potrebbe soddisfare l’estrema destra.

All’alto comando dell’esercito poco importa una occupazione permanente di Gaza e sta resistendo agli ordini di rioccupare il Corridoio Filadelfia (zona cuscinetto al confine tra Israele e Egitto, ndtr.) intorno al valico di Rafah con l’Egitto. Vuole recuperare l’onore perduto e ristabilire la deterrenza con Hamas. 

Ma per il momento stanno lavorando insieme. Non ci sono indicazioni che Israele stia rinunciando al piano strategico di svuotare Gaza di una parte sostanziale della sua popolazione. I soldati si riprendono in video esultanti mentre spianano intere aree del territorio.

Questo è lo spirito in Israele. Da un pezzo i soldati hanno smesso di “piangere e sparare”; oggi ridono e sparano.

L’imminente prospettiva di decine di migliaia di altri morti a Gaza per fame e malattie getta una luce tragica sul rifiuto della comunità internazionale di fare qualcosa per alleviare questa sofferenza di massa causata dall’uomo, che disprezza apertamente le Convenzioni di Ginevra e tutte le leggi di guerra e si configura come genocidio – sia che la CIG alla fine lo giudichi tale o no.

Netanyahu ignora apertamente le richieste di USA, Regno Unito e UE che non vi siano una rioccupazione di Gaza, corridoi di sicurezza lungo l’attuale confine con Israele e punizioni collettive della popolazione civile e che possano entrare cibo e acqua. Israele continua a restare impunito per questo comportamento.

Politica di facciata

Quanto a Cameron, c’è un netto sapore di nostalgia [imperiale, ndt] nel suo tentativo di spacciare le granate USA e le bombe intelligenti fornite a Israele tramite la base della RAF a Akrotiri a Cipro come un’impresa zelante, condivisa, amorevole.

Nessuno dovrebbe dimenticare il suo personale contributo a quel disastro di intervento militare in Medio Oriente che fu il rovesciamento di Muhammar Gheddafi in Libia e la guerra civile che provocò. Ma anche se il suo pubblico avesse avuto un tale attacco di amnesia, la sua politica riguardo a Gaza è una finzione.

Parlando sullo sfondo del suono dei motori dei jet rombanti nella base aerea al-Udeid in Qatar, Cameron ha detto che nessuno degli aiuti destinati a Gaza sarebbe stato utile se non ci fosse stata “un’immediata tregua nei combattimenti.”

Ricordatemi, per quante settimane dopo il 7 ottobre la Gran Bretagna si è opposta alle richieste di un cessate il fuoco immediato, in base all’assunto che Israele aveva il diritto di difendersi?

Cameron ha poi detto che una tregua nei combattimenti avrebbe dovuto trasformarsi in un sostenibile cessate il fuoco permanente. Ha sentito che cosa ha detto Netanyahu? “Nessuno ci fermerà – né l’Aja, né l’asse del male (guidato dall’Iran), né alcun altro”, ha specificato all’inizio del mese l’ufficio del ministro su Twitter/X.

Cameron non capisce che nel momento in cui Netanyahu deviasse da quella linea perderebbe il governo e probabilmente anche la libertà per le cause per corruzione pendenti in tribunale?

Cameron prosegue prescrivendo ciò che Hamas, che nel Regno Unito è classificata come organizzazione terrorista, dovrebbe fare: “Dovremmo vedere la leadership di Hamas uscire da Gaza.” Non lo farà mai.

Dovremmo vedere smantellati i dispositivi di Hamas in grado di lanciare razzi e attacchi terroristici su Israele.” L’Esercito Repubblicano Irlandese (IRA) ha smantellato il suo arsenale prima o dopo che fu negoziato l’Accordo del Venerdì Santo (nel 1998, ndtr.)? Quando mai un’insurrezione ha deposto le armi prima che fosse siglato un accordo di pace?

Dovremmo vedere una nuova Autorità Palestinese in grado di gestire il governo e i servizi non solo in Cisgiordania, ma anche a Gaza.” L’ANP è attualmente incapace di governare Nablus e Jenin, figuriamoci Gaza.

E soprattutto dovremmo avere un orizzonte politico in modo che il popolo palestinese e gli Stati arabi in questa regione possano vedere che esiste un percorso dal punto in cui siamo ora verso uno Stato palestinese.” Netanyahu si vanta che la missione della sua vita intende impedire proprio questa eventualità.

Cameron avrebbe ben dovuto dire dalla pista affollata di al-Udeid che, perché un tale piano veda la luce, è necessario niente di meno che un cambio di regime a Tel Aviv. E uscirebbe pulito riguardo alla sua responsabilità per questo massacro.

E’ stata la costante inazione riguardo ad uno Stato palestinese da parte di Cameron e dei suoi predecessori e successori – e del governo di cui ora fa parte che ancora non riconosce la Palestina come Stato – che ha creato l’impasse politico che ha condotto alla rinnovata insurrezione che vediamo oggi, non solo a Gaza ma in tutta la Cisgiordania occupata.

Il caso dei lanci aerei

Se Israele non rispetta la sentenza della CIG e continua a bloccare gli aiuti al confine e a prendere di mira i civili in coda per il cibo, come mi aspetto sicuramente che faccia, crescerà la pressione sul Regno Unito e sugli USA per iniziare lanci aerei di cibo sulla stessa Gaza.

La guerra non costituisce un impedimento. E’ stato fatto in Sud Sudan, nella Repubblica Democratica del Congo e in Bosnia; perché non si potrebbe fare a Gaza? La Giordania e la Francia hanno dato l’esempio con limitati lanci aerei per sostenere un ospedale da campo giordano. Che cosa impedisce a Gran Bretagna e USA di fare lo stesso?

La risposta è ovvia: Israele. Facciamo chiarezza su che cosa è in gioco qui. Qualunque cosa accada, Israele non accetterà di perdere il suo monopolio sull’imposizione dell’assedio a Gaza che ha mantenuto per più di 16 anni.

L’assedio, che consente a Israele di regolare il grado di sofferenza che infligge ad ogni anima viva a Gaza, è l’arma più preziosa e diabolica nel suo arsenale. Se la perde, perde la guerra.

Ecco che cosa è in gioco nella sentenza della CIG – ed ecco perché questo è un punto di svolta.

Le opinioni espresse in questo articolo appartengono all’autore e non riflettono necessariamente la politica editoriale di Middle East Eye.

David Hearst è co-fondatore e caporedattore di Middle East Eye. E’ commentatore e relatore sulla regione e analista su Arabia Saudita. E’ stato l’editorialista per l’estero del Guardian e corrispondente in Russia, Europa e a Belfast. E’ arrivato al Guardian da The Scotsman (quotidiano britannico edito a Edimburgo, ndtr.), dove era corrispondente per l’istruzione.

(Traduzione dall’inglese di Cristiana Cavagna)




Cosa implica per la guerra contro Gaza la sentenza provvisoria della CIG?

Justin Salhani

26 gennaio 2024 – Al Jazeera

Secondo alcuni esperti, se le misure provvisorie della CIG hanno evitato di chiedere un cessate il fuoco, potrebbero rendere più difficile per Israele continuare la guerra.

Venerdì la Corte Internazionale di Giustizia ha emesso una serie di misure provvisorie che chiedono a Israele di rispettare la convenzione sul genocidio del 1948, consentire l’ingresso a Gaza di più aiuti umanitari e agire contro quanti esprimono affermazioni genocidarie.

La sentenza provvisoria della Corte Internazionale nella causa intentata dal Sudafrica, che accusa Israele di commettere un genocidio a Gaza, ha evitato di ordinare a Israele di sospendere o porre fine alla sua devastante guerra contro Gaza, che dal 7 ottobre ha ucciso più di 26.000 palestinesi nell’enclave.

Ma ha rigettato la tesi di Israele secondo cui la Corte non ha giurisdizione per imporre misure provvisorie e ha evidenziato che le sue conclusioni sono vincolanti.

L’Autorità Palestinese ha accolto positivamente la sentenza: “La decisione della CIG è un importante richiamo al fatto che nessuno Stato è al di sopra della legge e fuori dalla portata della giustizia,” ha affermato in un comunicato il ministro degli Esteri palestinese Riyadh Maliki. “Ciò infrange la radicata cultura israeliana di criminalità e impunità, che ha caratterizzato le sue pluridecennali occupazione, spoliazione, persecuzione e apartheid in Palestina.”

Mentre la Corte di per sé non ha il potere di imporre l’applicazione della sentenza provvisoria, e neppure il verdetto definitivo che emetterà sul caso, secondo alcuni analisti le sue decisioni di venerdì potrebbero influire sulla guerra a Gaza. Nelle scorse settimane sono aumentate le pressioni su Israele e sui suoi sostenitori americani, mentre continuano a guadagnare terreno gli appelli internazionali per un cessate il fuoco.

La sentenza di venerdì non stabilisce se Israele stia commettendo un genocidio, come ha sostenuto il Sudafrica. Ma la giudice Joan Donahue, attuale presidentessa della CIG, annunciando le misure provvisorie ha affermato che la Corte ha concluso che la “situazione catastrofica” a Gaza potrebbe peggiorare ulteriormente durante il periodo che passerà prima del verdetto finale, e ciò richiede misure transitorie.

“La sentenza invia il forte messaggio a Israele che la Corte vede la situazione come molto grave e che Israele dovrebbe fare quello che può per esercitare moderazione nel portare avanti la sua campagna militare,” afferma Michael Becker, docente di diritto internazionale umanitario al Trinity College di Dublino e che è stato anche un giurista associato presso la Corte Internazionale di Giustizia all’Aia dal 2010 al 2014.

La guerra può continuare?

Nei suoi provvedimenti provvisori la CIG non ordina a Israele di interrompere la campagna militare a Gaza. Nella sua richiesta di interventi temporanei il Sudafrica, citando la possibilità di un genocidio a Gaza, aveva sollecitato una decisione per la cessazione immediata.

Nel marzo 2022, un mese dopo l’inizio dell’invasione dell’Ucraina, la Corte aveva ordinato alla Russia di interrompere la sua guerra in Ucraina, ma Mosca ha ignorato quella sentenza.

Quindi Israele non violerebbe le indicazioni di venerdì della CIG continuando la guerra che, insiste ad affermare, proseguirà finché non avrà distrutto Hamas, il gruppo armato palestinese che il 7 ottobre ha attaccato Israele uccidendo circa 1.200 persone e rapito altre 240.

Tuttavia il governo del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu sarà probabilmente più che mai sottoposto a controllo riguardo alle azioni dei suoi soldati a Gaza e alle affermazioni dei suoi leader e generali.

In base alla sentenza della CIG, a Israele viene chiesto di sottoporre un rapporto entro un mese per dimostrare che sta rispettando le misure provvisorie. Il Sudafrica avrà la possibilità di smentire le affermazioni di Israele.

Israele darà seguito alla sentenza della CIG?

Quando, alla fine di dicembre, il Sudafrica ha presentato la sua denuncia alla CIG, i politici israeliani l’hanno liquidata come una “menzogna” e accusato i sudafricani di “ipocrisia”. Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha annunciato che Israele non si sarebbe lasciato influenzare da alcuna sentenza.

“Ripristineremo la sicurezza sia a sud che a nord,” ha scritto Netanyahu sulla piattaforma X, ex Twitter, dall’account ufficiale della presidenza del consiglio israeliana. “Nessuno ci fermerà, né l’Aia, né l’asse del male, né altri.”

Ma, anche se Israele decidesse di non rispettare la sentenza della CIG, ci saranno pressioni sui suoi sostenitori internazionali.

“I politici israeliani hanno già detto che ignoreranno l’ordine della CIG,” dice ad Al Jazeera Mark Lattimer, direttore esecutivo del Ceasefire Centre for Civilian Rights [Centro del Cessate il Fuoco per i Diritti dei Civili, ong britannica, ndt.]. “È molto più difficile, soprattutto per gli USA e gli Stati europei, compresa la Gran Bretagna, ignorare l’ingiunzione, perché essi hanno una storia molto più solida di sostegno e supporto alla Corte Internazionale di Giustizia.”

Alcuni giuristi prevedono che gli alleati occidentali di Israele, tra cui gli USA, rispetteranno la sentenza della CIG. Non farlo avrebbe gravi ripercussioni.

Ciò minerebbe la “credibilità dell’ordine internazionale basato sulle regole che gli USA sostengono di difendere,” afferma Lattimer. Aggiunge che ciò “rafforzerà anche una crescente divisione” tra gli USA e i Paesi occidentali nei confronti del Sud globale, che vede con scetticismo questa asserita “difesa dell’ordine internazionale”.

La sentenza accrescerà le pressioni internazionali per un cessate il fuoco?

Mentre la sentenza di per sé non chiede il cessate il fuoco, essa potrebbe rendere più difficile per gli alleati di Israele continuare a ostacolare i tentativi internazionali di porre fine alla guerra.

“La sentenza della CIG accentua notevolmente la pressione sugli USA e gli altri alleati occidentali perché portino avanti una risoluzione per il cessate il fuoco,” dice ad Al Jazeera Zaha Hassan, avvocata per i diritti umani e ricercatrice presso il Carnegie Endowment for International Peace [gruppo di ricerca indipendente sulla pace con sede a Washington, ndt.]. “Ciò rende molto più difficile agli USA, insieme a Israele, far accettare ai governi occidentali, che si preoccupano ancora molto della legittimità internazionale, di continuare a sostenere che a Gaza Israele sta agendo all’interno dei limiti delle leggi internazionali e per autodifesa.”

Alcune prove suggeriscono che lo sa anche Israele. Secondo alcuni esperti, poco dopo che il Sudafrica ha annunciato che avrebbe portato il caso davanti alla CIG, la strategia di Israele sul terreno ha iniziato a cambiare.

C’è stata “una corsa per eliminare ogni possibilità di un ritorno dei palestinesi nel nord di Gaza,” sostiene Hassan, evidenziando i bombardamenti mirati contro università e ospedali. “Una volta che hai tolto di mezzo gli ospedali hai reso impossibile alle persone restare durante una guerra. È parte di una strategia per obbligare la popolazione palestinese a trasferirsi e per uno sfollamento permanente.”

Ma questo dovrebbe essere la consapevolezza del fatto che il tempo a disposizione di Israele per portare avanti la sua campagna militare sta per scadere.

“C’è bisogno di una pressione internazionale sufficiente a creare sostanzialmente più incentivi per negoziare un cessate il fuoco,” afferma Lattimer. “L’ordinanza della CIG è un importante contributo.”

Compagni d’armi

Soprattutto gli USA hanno fornito l’aiuto militare su cui si basa Israele per continuare a condurre la guerra. Il presidente Joe Biden ha eluso il Congresso USA due volte in un mese per dare l’approvazione alla vendita d’emergenza di armi a Israele.

L’amministrazione Biden sostiene di aver chiesto a Israele di proteggere la vita dei civili, ma ciò non gli ha evitato pesanti critiche, anche interne, per non aver convinto Israele a prestare maggiore attenzione alle vite innocenti a Gaza.

“Questa amministrazione è preoccupata del crescente numero di membri del Congresso, soprattutto senatori democratici moderati che stanno dando segnali d’allarme contro l’uso scorretto delle armi americane e la possibile complicità degli USA se continuano a inviare rifornimenti incondizionati a Israele,” dice Hassan.

La sentenza della CIG potrebbe dare maggiore impulso alla promozione di un cessate il fuoco a Gaza e affinchè gli USA insistano per un maggiore livello di controllo quando si tratta delle azioni dell’esercito israeliano.

“Nel momento stesso in cui gli USA diranno ‘Non continueremo più a rifornirvi’ questa guerra contro Gaza finirà,” sostiene Hassan.

(traduzione dall’inglese di Amedeo Rossi)




Nel primo intervento dall’inizio della guerra contro Gaza Hamas afferma che “ci sono stati errori” negli attacchi del 7 ottobre

Redazione di MEE

22 gennaio 2024 – Middle East Eye

Il movimento palestinese nega di aver aggredito deliberatamente civili nell’attacco a sorpresa e afferma che il conflitto “non è contro il popolo ebraico”

Hamas ha pubblicato un rapporto di 16 pagine sul suo attacco del 7 ottobre contro alcune comunità del sud di Israele, in cui afferma che ci sono stati “errori” ma nega di aver preso deliberatamente di mira civili. “La nostra narrazione: operazione Inondazione Al-Aqsa”, pubblicato domenica, è il primo resoconto pubblico dell’operazione da parte dell’organizzazione palestinese dall’attacco di tre mesi fa.

L’attacco a sorpresa ha ucciso 1.140 persone, circa 700 delle quali civili, e ha visto circa 240 persone prese in ostaggio a Gaza, di cui più o meno la metà rilasciate in un accordo per lo scambio di prigionieri.

Da allora incessanti bombardamenti israeliani contro la Striscia di Gaza assediata hanno ucciso più di 25.000 palestinesi, in maggioranza donne e bambini. Secondo alcuni resoconti, durante l’offensiva israeliana sono morti almeno 25 ostaggi.

Vorremmo chiarire… la verità su quanto è avvenuto il 7 ottobre, le ragioni che l’hanno motivato, il contesto generale relativo alla causa palestinese così come una smentita delle affermazioni israeliane, e porre i fatti nella luce giusta,” inizia il rapporto.

La parte introduttiva espone il contesto storico e attuale della situazione in Palestina, in un capitolo che spiega perché l’organizzazione ha creduto che l’attacco fosse necessario.

Evidenzia l’esproprio di terre e l’espulsione di massa dei palestinesi durante la Nakba, o “catastrofe”, del 1948 e la guerra del 1967 in Medio Oriente, che portò all’occupazione israeliana della Cisgiordania, di Gerusalemme est e di Gaza, così come delle Alture del Golan siriane e del Sinai egiziano.

Continua elencando le azioni più recenti di Israele contro i palestinesi prima del 7 ottobre, tra cui cinque guerre contro Gaza dall’inizio del nuovo secolo e la Seconda Intifada che, sostiene, hanno ucciso più di 11.000 palestinesi

Hamas afferma anche che “attraverso una vasta campagna di costruzione di colonie e l’ebreaizzazione delle terre palestinesi nella Cisgiordania occupata e a Gerusalemme” Israele ha fatto fallire gli Accordi di Oslo e la possibilità di creare uno Stato palestinese

Il rapporto ricorda: “Solo un mese prima dell’operazione ‘Inondazione Al-Aqsa’ il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha presentato una mappa del cosiddetto ‘Nuovo Medio Oriente’ che raffigurava ‘Israele’ esteso dal fiume Giordano al mar Mediterraneo, comprese la Cisgiordania e Gaza.”

Cita anche le incursioni israeliane nella moschea di al-Aqsa a Gerusalemme, “aggressioni e umiliazioni” dei palestinesi detenuti nelle carceri israeliane e i 17 anni di blocco della Striscia di Gaza.

Che cosa ci si aspettava dal popolo palestinese dopo tutto questo? Che continuasse ad aspettare e a contare sull’impotente ONU? O prendesse l’iniziativa nella difesa del popolo, delle terre, dei diritti e dei luoghi santi palestinesi, sapendo che le azioni difensive sono un diritto insito nelle leggi, norme e convenzioni internazionali?” dice.

Forse ci sono stati errori”

Riguardo agli eventi del 7 ottobre il rapporto sostiene che Hamas ha preso di mira postazioni militari israeliane e intendeva “arrestare i soldati del nemico” nel tentativo di fare pressione sulle autorità israeliane per il rilascio di migliaia di prigionieri palestinesi.

Evitare di arrecare danno ai civili, soprattutto bambini, donne e anziani è un impegno religioso e morale di tutti i combattenti delle Brigate Al-Qassam,” afferma, in riferimento all’ala militare di Hamas.

Insistiamo sul fatto che durante l’operazione la resistenza palestinese è stata molto disciplinata e rispettosa dei valori islamici e che i combattenti palestinesi hanno preso di mira solo i soldati dell’occupazione e quelli che hanno impugnato le armi contro il nostro popolo.”

Il rapporto aggiunge che i combattenti di Hamas hanno cercato di evitare danni ai civili “nonostante il fatto che la resistenza non possiede armi di precisione.”

Secondo i dati ufficiali israeliani durante gli attacchi tra le vittime ci sono stati più di 30 minorenni e 100 anziani, oltre a 60 lavoratori stranieri.

Se ci sono stati casi in cui sono stati presi di mira civili, ciò è avvenuto accidentalmente e nel corso di scontri con le forze dell’occupazione. A causa del rapido crollo del sistema di sicurezza israeliano e del caos provocato lungo le aree di confine con Gaza forse c’è stato qualche errore nella messa in atto dell’operazione ‘Inondazione Al-Aqsa’”.

Varie associazioni per i diritti umani hanno chiesto che Hamas, un’organizzazione bandita in molti Paesi occidentali, tra cui USA e Gran Bretagna, venga indagata per i fatti del 7 ottobre.

Amnesty International ha descritto “uccisioni deliberate di civili, rapimenti e aggressioni indiscriminate” durante l’operazione.

Amnesty afferma di aver verificato video che mostrano combattenti di Hamas rapire ed uccidere intenzionalmente civili all’interno e nei dintorni di centri abitati israeliani e analizzato video che mostrano gruppi armati che sparano contro civili durante il festival musicale Nova.

Hamas sostiene che Israele ha ucciso i suoi stessi cittadini

Hamas prosegue smentendo varie affermazioni israeliane riguardo al fatto che sono stati presi di mira i civili, comprese quelle secondo cui i miliziani palestinesi avrebbero decapitato 40 bambini, così come accuse che i combattenti palestinesi avrebbero violentato donne israeliane.

Citando articoli dei mezzi di informazione israeliani Haaretz e Yedioth Ahronoth, ipotizza anche che il 7 ottobre alcuni civili israeliani siano stati uccisi da un elicottero.

I due articoli sostengono che i combattenti di Hamas hanno raggiunto la zona della manifestazione musicale senza sapere in precedenza che ci fosse un festival, dove l’elicottero israeliano ha aperto il fuoco sia contro i miliziani di Hamas che contro i partecipanti al concerto,” afferma.

Cita la “Direttiva Hannibal”, una regola d’ingaggio israeliana che stabilirebbe che si debba evitare ad ogni costo che israeliani vengano presi di ostaggio, persino se ciò comportasse la morte della propria gente.

Hamas menziona anche il fatto che Israele abbia rivisto al ribasso i numeri delle persone uccise il 7 ottobre da 1.400 a 1.200 dopo aver scoperto che 200 corpi bruciati erano di combattenti di Hamas.

Ciò significa che chi ha ucciso i miliziani ha ucciso anche gli israeliani, dato che solo l’esercito israeliano possiede aerei da guerra che il 7 ottobre hanno ucciso, bruciato e distrutto zone israeliane,” dice l’organizzazione.

Aggiunge di avere la certezza che un’inchiesta indipendente “dimostrerebbe la verità della nostra narrazione” e proverebbe la portata delle “menzogne e informazioni fuorvianti da parte israeliana”.

Rifiutiamo lo sfruttamento della sofferenza degli ebrei”

Più avanti nel rapporto Hamas sollecita la comunità internazionale, indicando gli USA, la Germania, il Canada e la Gran Bretagna, a sostenere gli sforzi perché tribunali internazionali indaghino le azioni di Israele.

Continua affermando che il conflitto non è con il popolo ebraico, ma con “il progetto sionista”. “Hamas non conduce una lotta contro gli ebrei in quanto tali, ma contro i sionisti che occupano la Palestina,” sostiene. “Però sono i sionisti che continuano a identificare ebraismo ed ebrei con il loro progetto coloniale e la loro entità illegale.”

Aggiunge che i palestinesi si oppongono alle ingiustizie contro i civili, incluse “quelle che gli ebrei hanno subito dalla Germania nazista.

Qui ricordiamo che il problema ebraico è stato essenzialmente un problema europeo, mentre i contesti arabi e islamici sono stati, nel corso della storia, un rifugio sicuro per il popolo ebraico e per popoli di altre fedi ed etnie,” sostiene.

Rifiutiamo lo sfruttamento della sofferenza degli ebrei in Europa per giustificare l’oppressione contro il nostro popolo in Palestina”.

Il rapporto aggiunge che in base alle leggi internazionali la resistenza armata contro l’occupazione è legittima e afferma che le lezioni della storia dimostrano che “la resistenza è l’approccio strategico e il solo modo per la liberazione e la fine dell’occupazione.”

In un altro punto il movimento dice anche di “rifiutare categoricamente” ogni piano internazionale o israeliano per il futuro di Gaza che “serva a prolungare l’occupazione” e che i palestinesi dovrebbero decidere il proprio futuro.

Chiediamo di opporsi ai tentativo di normalizzazione con l’entità israeliana ed essere a favore di un boicottaggio complessivo dell’occupazione israeliana e dei suoi sostenitori,” conclude il rapporto.

(traduzione dall’inglese di Amedeo Rossi)




Guerra contro Gaza: stime USA mostrano che il numero di vittime di Hamas è molto inferiore rispetto agli obbiettivi israeliani

MEE staff

21 gennaio 2024 – Middle East Eye

L’organizzazione palestinese ha perso solo il 20-30% dei suoi combattenti ed è ben lungi dall’essere sradicata, concludono le agenzie di intelligence USA

Le agenzie di intelligence USA stimano che Hamas abbia perso solo il 20-30% dei suoi combattenti dall’inizio della guerra israeliana contro Gaza il 7 ottobre.

Le stime, le prime dall’inizio della guerra, non rispecchiano l’obbiettivo dichiarato di Israele di “distruggere” l’organizzazione palestinese, che ha di fatto governato la Striscia di Gaza prima dell’ultima invasione israeliana.

Secondo il rapporto di intelligence citato dal Wall Street Journal di sabato, Hamas è tuttora in grado di combattere le truppe israeliane e di lanciare razzi in Israele “per mesi”.

Il rapporto riferisce che i dirigenti israeliani ritengono che siano stati feriti circa 16.000 combattenti di Hamas, circa la metà dei quali probabilmente non tornerà sul campo di battaglia. Tuttavia le stime USA indicano una cifra tra i 10.500 e 11.700 combattenti, con la possibilità che molti tornino in servizio attivo.

Il giornale USA segnala che l’amministrazione Biden ha ridotto per questo motivo le proprie aspettative relativamente alla guerra ed ha esortato Israele a cambiare le tattiche di guerra per condurre operazioni mirate contro i capi di Hamas.

Un alto ufficiale militare israeliano ha detto al giornale che lo scopo di Hamas è di “non perdere” e sopravvivere al conflitto, piuttosto che di vincere.

Secondo gli ultimi dati dell’agenzia di previdenza sociale israeliana, l’attacco di Hamas ad Israele del 7 ottobre ha provocato la morte di circa 1.200 persone, compresi 695 civili israeliani e 373 militari. Più di 200 persone, sia civili che militari, sono state portate a Gaza come ostaggi.

Secondo il Ministero della Sanità palestinese il conseguente attacco israeliano a Gaza ha finora ucciso più di 25.000 palestinesi, per la maggior parte donne e bambini.

L’offensiva ha comportato accuse di genocidio contro Israele ed una causa di fronte alla Corte Internazionale di Giustizia intentata dal Sudafrica, che chiede misure provvisorie per fermare la guerra.

La maggior parte della popolazione di Gaza, di 2,3 milioni di persone, è stata sfollata dalla guerra e i rapporti dell’ONU indicano che l’assedio imposto da Israele ha spinto la popolazione sull’orlo della carestia.

L’ala armata di Hamas, le Brigate Qassam, non ha dichiarato il numero totale dei suoi combattenti o degli uccisi durante le ostilità.

Secondo il WSJ un rapporto riservato USA di gennaio stima che prima della guerra Hamas avesse tra i 25.000 e 30.000 combattenti che corrispondono alle stime israeliane di almeno 30.000.

Hamas continua a resistere nonostante le perdite

Il generale dell’esercito in pensione Joseph Votel, ex comandante delle operazioni militari USA in Medio Oriente, ha detto al Wall Street Journal che in base alla sua analisi Hamas è tuttora in grado di continuare la lotta nonostante le perdite subite.

Una persona adesso potrebbe dover svolgere due o tre compiti”, ha detto.

Secondo il WSJ persino al nord, dove gli attacchi israeliani hanno distrutto una vasta parte della città, l’organizzazione continua a resistere.

Hamas sta cercando di riaffermare la propria autorità destinando piccoli gruppi di poliziotti e servizi di emergenza a pattugliare le strade”, scrive il giornale citando ufficiali israeliani e abitanti palestinesi.

Il rapporto aggiunge che il lancio di razzi da parte di Hamas in Israele dal centro di Gaza è un altro segnale della resilienza dell’organizzazione.

Un ufficiale dell’esercito israeliano ha anche detto al WSJ che le autorità del Ministero dell’Interno palestinese guidato da Hamas sono persino tornate a Gaza City, anche in zone precedentemente conquistate dall’esercito israeliano durante i combattimenti.

(Traduzione dall’inglese di Cristiana Cavagna)




Immagini e video satellitari rivelano che a Gaza almeno 16 cimiteri sono stati profanati dalle forze israeliane

Jeremy Diamond, Muhammad Darwish, Abeer Salman, Benjamin Brown e Gianluca Mezzofiore

20 gennaio 2024 – CNN

Un’indagine della CNN ha rivelato che nella sua offensiva di terra a Gaza lesercito israeliano ha profanato almeno 16 cimiteri distruggendo lapidi, devastando la terra e, in alcuni casi, abbandonando corpi dissotterrati.

A Khan Younis, nel sud di Gaza, dove allinizio di questa settimana i combattimenti si sono intensificati, le forze israeliane hanno distrutto un cimitero e riesumato i cadaveri nel corso di ciò che le forze di difesa israeliane (IDF) hanno definito in una dichiarazione alla CNN parte di una ricerca dei resti degli ostaggi sequestrati da Hamas durante gli attacchi terroristici del 7 ottobre.

La CNN ha esaminato le immagini satellitari e i filmati dei social media che mostrano la distruzione dei cimiteri che ha verificato direttamente nel corso di un viaggio in un convoglio delle IDF. Nel complesso le prove rivelano una pratica attuata sistematicamente dalle forze di terra israeliane nel corso della loro avanzata attraverso la Striscia.

La distruzione intenzionale di siti religiosi, come i cimiteri, viola il diritto internazionale, tranne in circostanze limitate relative al fatto che quel sito diventi un obiettivo militare, ed esperti di diritto hanno detto alla CNN che le azioni di Israele potrebbero costituire crimini di guerra.

Un portavoce delle IDF non è stato in grado di spiegare la distruzione dei 16 cimiteri dei quali la CNN ha fornito le coordinate, ma ha detto che lesercito a volte non ha altra scelta” se non quella di prendere di mira i cimiteri che, ha sostenuto, Hamas utilizzerebbe per scopi militari.

L’esercito ha affermato che il salvataggio degli ostaggi, il ritrovamento e la restituzione dei loro corpi è una delle sue missioni chiave a Gaza, motivo per cui dei corpi sarebbero stati rimossi da alcune tombe.

Il processo di identificazione degli ostaggi, condotto in un luogo diverso e sicuro, garantisce condizioni professionali ottimali e rispetto per il defunto”, ha detto un portavoce dellesercito alla CNN, aggiungendo che i corpi non ritenuti appartenere ad ostaggi sarebbero restituiti con dignità e rispetto”.

Ma in altri casi sembra che lesercito israeliano abbia utilizzato i cimiteri come avamposti militari. Lanalisi da parte della CNN delle immagini e dei video satellitari ha mostrato che i bulldozer israeliani hanno trasformato numerosi cimiteri in aree di sosta militari, livellando ampi spazi ed erigendo terrapieni per fortificare le posizioni.

Nel quartiere Shajaiya di Gaza City, dove un tempo sorgeva il cimitero, si potevano vedere veicoli militari israeliani circondati da terrapieni su tutti i lati. Secondo quanto riportato dai media locali la parte centrale del cimitero di Shajaiya è stata sgomberata prima della guerra. Ma le immagini satellitari hanno mostrato che altre parti sono state demolite più recentemente e che è visibile la presenza delle IDF dal 10 dicembre.

Il 18 dicembre l’esercito israeliano ha pubblicato una foto non datata di quello che ha affermato essere la conseguenza dell’impatto sul terreno del cimitero di Shajaiya di un razzo lanciato da Hamas. La CNN non ha potuto verificare in modo indipendente quando o dove sia stata scattata la foto.

È stato possibile vedere un’analoga scena di distruzione nel cimitero di Bani Suheila, a est di Khan Younis, dove le immagini satellitari hanno rivelato la deliberata e progressiva demolizione del cimitero e la creazione di fortificazioni difensive nel corso di almeno due settimane tra la fine di dicembre e linizio di gennaio.

Nel cimitero di Al Falouja nel quartiere di Jabalya, a nord di Gaza City, in quello di Al-Tuffah, a est di Gaza City, e in un cimitero nel quartiere di Sheikh Ijlin di Gaza City, lapidi distrutte e marcate impronte di pneumatici indicavano il passaggio sopra le tombe di veicoli pesantemente blindati o di carri armati.

La settimana scorsa il veicolo corazzato che trasportava una squadra della CNN ha attraversato direttamente il cimitero di New Bureij ad Al-Bureij, un campo profughi palestinese nel centro di Gaza, mentre usciva dalla Striscia. Su uno schermo all’interno del veicolo che mostrava delle riprese in tempo reale attraverso la sua telecamera anteriore erano visibili tombe su entrambi i lati della strada sterrata appena demolita. La CNN ha confermato l’ubicazione del cimitero geolocalizzando le riprese fatte quel giorno all’interno di Gaza e confrontandole con le immagini satellitari.

Altri cimiteri presi in esame dalla CNN nelle immagini satellitari hanno mostrato pochi o nessun segno di distruzione o di fortificazioni militari: tra questi due cimiteri dove sono sepolti i caduti della prima e della seconda guerra mondiale, tra cui cristiani e alcuni ebrei.

Il portavoce dellIDF non ha spiegato perché ampie aree di cimiteri siano state demolite con i bulldozer per convertirle in avamposti militari o perché dove un tempo c’erano le tombe si trovassero dei veicoli militari. Abbiamo un serio obbligo di rispettare i morti e non esiste alcuna prassi di convertire i cimiteri in postazioni militari”, ha detto il portavoce alla CNN.

Secondo le immagini satellitari, i video esaminati e le geolocalizzazioni della CNN, le forze israeliane hanno gravemente danneggiato il cimitero di Khan Younis tra lunedì notte e mercoledì mattina, mentre si muovevano nell’area circostante il complesso dell’ospedale Al Nasser e un ospedale da campo giordano.

Lesercito ha dichiarato alla CNN che quando vengono ricevute importanti informazioni d’intelligence o operative”, fanno seguitooperazioni precise di salvataggio di ostaggi nei luoghi specifici in cui sulla base delle informazioni potrebbero essere localizzati i loro corpi”.

Israele ha affermato che durante gli attacchi terroristici di Hamas del 7 ottobre sono state prese in ostaggio 253 persone e ritiene che 132 ostaggi, di cui 105 vivi e 27 morti, si trovino ancora a Gaza.

Non sono riuscito a trovare la sua tomba”

Dina, la figlia di Munther al Hayek, è stata uccisa nella guerra contro Gaza del 2014. Allinizio di gennaio Munther ha visitato la tomba di Dina nel cimitero di Sheikh Radwan a Gaza City ma lei non c’era. Ha cercato la tomba di sua nonna. Non c’era neanche quella.

Le forze di occupazione le hanno distrutte e demolite”, ha detto alla CNN Hayek, portavoce dell’organizzazione di opposizione palestinese Fatah a Gaza. Le scene sono orribili. Vogliamo che il mondo intervenga per proteggere i civili palestinesi”.

Anche Mosab Abu Toha, un poeta di Gaza le cui opere sono state pubblicate sul New York Times e sul New Yorker, ha appreso che il cimitero dove sono sepolti suo fratello minore e suo nonno è stato gravemente danneggiato dall’esercito israeliano.

Ora al sicuro al Cairo, Abu Toha ha raccontato alla CNN come il 26 dicembre suo fratello lo abbia chiamato dal cimitero di Beit Lahia, nel nord di Gaza, mentre cercava i suoi cari senza riuscire a trovarli.

In una registrazione della loro videochiamata, vista dalla CNN, le macerie ricoprono il terreno dove un tempo sorgeva il cimitero. Nelle immagini satellitari il cimitero è solcato in lungo e in largo da impronte di pneumatici di veicoli militari pesanti.

Il bilancio delle vittime a Gaza cresce di giorno in giorno. Secondo il Ministero della Sanità di Gaza controllato da Hamas più di 24.000 palestinesi sono stati uccisi negli attacchi israeliani. Le sepolture spesso avvengono rapidamente secondo la pratica islamica e, dall’inizio della guerra, i morti sono stati spesso sepolti in fosse comuni.

Alla fine di dicembre Israele ha restituito le salme di 80 palestinesi uccisi nel corso della guerra, affermando di aver verificato che non si trattava di ostaggi israeliani catturati da Hamas. I resoconti dei media palestinesi di quel periodo affermavano che i cadaveri restituiti non erano identificabili. La CNN non può verificare in modo indipendente tali affermazioni.

Rispettare i morti

Esperti di diritto internazionale affermano che la profanazione dei cimiteri viola lo Statuto di Roma, il trattato del 1998 che ha istituito e regola la Corte Penale Internazionale (CPI) per giudicare crimini di guerra, genocidi, crimini contro lumanità e crimini di aggressione. Israele, che originariamente aveva sostenuto la creazione della Corte, non ha ratificato lo Statuto di Roma.

I cimiteri sono tutelati in quantobeni civili” ai sensi del diritto internazionale e vengono loro concesse protezioni speciali, con limitate eccezioni.

I cimiteri possono essere attaccati o distrutti solo se laltra parte in guerra li utilizzi per scopi militari o se ciò sia ritenuto una necessità militare e il vantaggio militare ottenuto sovrasti il danno ai beni civili.

Janina Dill, co-direttrice presso lIstituto di Etica, Diritto e Conflitti Armati dellUniversità di Oxford, ha detto alla CNN: La natura civile del cimitero rimane in una certa misura intatta. Quindi chi vuole attaccare un cimitero deve comunque tenere conto della caratteristica di uso civile delle tombe e dellimportanza civile del cimitero, e deve ridurre al minimo i danni alla funzione civile del cimitero”.

Il Sudafrica ha sollevato la questione della distruzione dei cimiteri di Gaza da parte delle IDF come parte della sua denuncia davanti alla Corte Internazionale di Giustizia, sostenendo che Israele sta commettendo un genocidio. Israele nega laccusa, ma Dill afferma che, sebbene la sola distruzione dei cimiteri non equivalga a un genocidio, può tuttavia contribuire a dimostrare le intenzioni di Israele.

C’è un profondo significato simbolico nellidea che nemmeno i morti siano lasciati in pace”, dice Dill. Il diritto internazionale umanitario protegge la dignità di chi è estraneo al combattimento come di chi combatte, e tale protezione non termina con la morte”.

Ma in almeno due casi è chiaro che si è fatto di tutto per rispettare i morti – nei cimiteri dove i palestinesi non sono sepolti.

A nemmeno un chilometro di distanza dal cimitero distrutto di Al-Tuffah, a est di Gaza City, si trova in gran parte intatto un cimitero che conserva i corpi di soldati, per lo più britannici e australiani, morti durante la prima e la seconda guerra mondiale. Un cratere sul luogo di sepoltura appare nelle immagini satellitari tra l’8 e il 15 ottobre, ma per il resto non è stato toccato dalla guerra.

Un secondo cimitero amministrato dalla Commissione delle Tombe di Guerra del Commonwealth nel centro di Gaza offre un esempio ancora più evidente. Relitti di veicoli dilaniati e strade distrutte circondano il cimitero. Ma il cimitero in sé, che contiene soprattutto tombe di cristiani e di alcuni soldati ebrei della prima guerra mondiale, è intatto.

Dei soldati israeliani hanno persino posato con una bandiera israeliana accanto alla tomba di un soldato ebreo sepolto lì e unaltra immagine pubblicata sui social media mostra un carro armato fermarsi al confine del cimitero – rispettando la sacralità di quel terreno consacrato.

Il rispetto di alcuni morti, ma non di altri, è in violazione del diritto internazionale, ha detto alla CNN Muna Haddad, avvocatessa per i diritti umani e studiosa del culto dei morti, aggiungendo: Ciò che sta accadendo è una chiara violazione di queste regole fondamentali e ‘commettere oltraggio alla dignità personale’ è considerato un crimine di guerra ai sensi dello Statuto di Roma”.

(traduzione dall’inglese di Aldo Lotta)




Guerra a Gaza: 100 giorni dopo, incombe una catastrofe regionale

David Hearst

12 gennaio 2024-Middle East Eye

Israele non ha raggiunto nessuno dei suoi obiettivi di distruggere Hamas, svuotare Gaza, rimodellare il Medio Oriente. Quindi cosa succederà adesso dopo?

Questo fine settimana segnerà 100 giorni da quando Israele ha lanciato la sua offensiva a Gaza, e c’è stato un diluvio di dichiarazioni secondo cui la guerra sarebbe “passata” a una nuova fase con meno truppe, meno bombardamenti e un maggiore uso di attacchi “mirati”. Per far sembrare che il ritiro delle truppe fosse l’atto di uno Stato sovrano, e non il risultato di una pressione costante da parte di Washington, l’esercito israeliano ha affermato di aver strappato il nord di Gaza al controllo di Hamas.

Eppure, mentre si svolgevano questi briefing, l’esercito israeliano ha annunciato che almeno 103 soldati erano stati feriti nei combattimenti delle 24 ore precedenti. Il giorno dopo l’esercito ha annunciato la morte di nove soldati. Nello stesso periodo, il ministero della Sanità di Gaza ha annunciato che 126 palestinesi erano stati uccisi negli attacchi israeliani. Il ministero a affermato che nelle ultime 24 ore altri 147 sono stati uccisi.

Una contraddizione appare evidente. Le perdite subite quotidianamente dall’esercito israeliano e dai civili palestinesi a Gaza sono in contrasto con le affermazioni di una nuova guerra di “minore intensità”.

La spiegazione più ovvia riguardo le vittime è che, 100 giorni dopo, la guerra viene combattuta con la stessa ferocia del primo giorno. Hamas non sventola bandiera bianca.

Yoav Gallant, ministro della difesa israeliano e membro del gabinetto di guerra formato da tre uomini, ha qualificato l’affermazione secondo cui il suo esercito aveva stabilito il controllo sul nord aggiungendo “almeno in superficie”. Beh, può ben dirlo.

Allora, cosa ha ottenuto Israele lanciando tutta la potenza della sua aviazione e del suo esercito su Gaza, indipendentemente dal costo in vite civili, e con il pieno intento di rendere quella terra inabitabile per la sua popolazione di 2,3 milioni di abitanti?

Il gabinetto di guerra aveva tre obiettivi in questa campagna: spazzare via Hamas dalla faccia della terra, indipendentemente dalla sorte degli ostaggi catturati, modificare l’equilibrio demografico sfavorevole tra ebrei e arabi costringendo il maggior numero possibile di palestinesi a lasciare Gaza e modificare la situazione in modo che nessun altro gruppo militante possa mai più fare ciò che ha fatto Hamas il 7 ottobre.

Come è andata sotto ogni aspetto?

Israele ha raggiunto i suoi obiettivi militari?

Chiaramente no, secondo il resoconto di Gallant, poiché ha previsto un periodo di combattimenti a venire ancora più lungo. Solo un ostaggio è stato rilasciato vivo in seguito all’operazione militare israeliana, Ori Megidish, che Israele ha dichiarato di aver salvato durante le operazioni di terra, anche se è controverso se sia stata “rilasciata” da Hamas o attivamente “liberata” da Israele durante le sue operazioni.

Ma cosa si può dire rispetto alla distruzione della rete di tunnel che costituisce la spina dorsale della struttura militare di Hamas, bandita come organizzazione terroristica nel Regno Unito e in altri Paesi?

L’esercito israeliano ha intrapreso questa operazione con le capacità più avanzate di qualsiasi esercito al mondo nell’individuazione, mappatura e distruzione dei tunnel – eppure sembra essere stato sopraffatto dalla portata del compito, con unità specializzate che sono cadute in un serie di trappole esplosive.

Come ha scritto su Foreign Affairs Daphne Richemond-Barak, professoressa associata alla Lauder School of Government, Diplomacy and Strategy presso l’Università Reichman in Israele: “Queste unità hanno anche scoperto una nuova generazione di tunnel di Hamas. Le strutture rudimentali del gruppo dei primi anni 2000 erano rinforzate con assi di legno. Le reti attuali sono più profonde e rinforzate e ricordano i grandi tunnel di infiltrazione della Corea del Nord. Hamas ha utilizzato tecnologie avanzate di perforazione civile per scavarli portando le sue capacità sotterranee a un livello superiore.

La crescente dipendenza di Hamas dai tunnel e il suo elaborato sforzo di costruzione hanno dato i loro frutti. Mai nella storia della guerra nei tunnel un difensore ha potuto trascorrere mesi in spazi così ristretti. Lo scavo stesso, i modi innovativi in cui Hamas ha utilizzato i tunnel e la sopravvivenza del gruppo sottoterra per così tanto tempo non hanno precedenti”.

Davvero un elogio. Ciò che Richemond-Barak non è riuscita a sottolineare è l’ampiezza della rete di tunnel, che si estende, mi è stato detto, per molte centinaia di chilometri.

Forse questo può spiegare perché all’inizio del nuovo anno, subito dopo la mezzanotte, è stata lanciata una nuova raffica di razzi su Tel Aviv.

Dopo cento giorni del bombardamento aereo più feroce che il mondo abbia mai visto dai tempi del bombardamento di Dresda, Amburgo e Tokyo da parte degli Alleati nella Seconda Guerra Mondiale Hamas ha mantenuto la sua capacità di combattere e di infliggere perdite ai carri armati e ai soldati israeliani.

In Israele comincia ad esservi una crescente perplessità riguardo all’entità delle vittime che sta subendo. Dopo le insistenti notizie sull’elevato numero di soldati feriti l’esercito israeliano ha creato una propria pagina web, nella quale attualmente si legge che dall’inizio dell’attacco di terra sono stati uccisi 186 soldati. Il sito rileva inoltre che dall’inizio del conflitto sono rimasti feriti circa 2.500 soldati.

Il quadro reale è peggiore. Yediot Ahronoth ha riferito che si prevede che almeno 12.500 soldati saranno riconosciuti come disabili a seguito dell’intervento a Gaza. Una società assunta dal Ministero della Difesa ha affermato che anche questa cifra potrebbe essere sottostimata, sottolineando che il numero di casi richiedenti il riconoscimento della disabilità potrebbe raggiungere i 20.000. Ci sono 60.000 soldati attualmente sottoposti a riabilitazione.

Israele ha imposto un esodo da Gaza?

Qualunque sia la decisione della Corte Internazionale di Giustizia (ICJ) dell’Aia sull’affermazione del Sud Africa secondo cui Israele è responsabile di un genocidio, Israele ha senza dubbio creato una catastrofe umanitaria a Gaza – e lo ha fatto come aveva pianificato.

Un rapporto delle Nazioni Unite compilato a dicembre utilizzando dati provenienti da 17 diverse agenzie ha rilevato che l’80% di tutti coloro che nel mondo versano in uno stato di fame catastrofico si trova in questo momento a Gaza.

Anche se la guerra finisse domani Gaza è pienamente nelle condizioni di sviluppare una pandemia: l’Organizzazione Mondiale della Sanità segnala che, in media, c’è una doccia ogni 4.500 persone e un servizio igienico ogni 220. Considerando tutto questo il tasso di mortalità tra un anno potrebbe essere molte volte maggiore rispetto al culmine della guerra lampo.

Giora Eiland, ex capo del Consiglio di sicurezza nazionale israeliano e consigliere del governo, è stato così incosciente da esprimere a parole la strategia del gabinetto di guerra. Eiland ha affermato che non è sufficiente tagliare l’acqua, l’elettricità e il diesel a Gaza.

Nei documenti citati come prova dell’intento genocida davanti alla Corte Internazionale di Giustizia si sottolinea come Eiland abbia scritto su un giornale online: “Per rendere efficace l’assedio dobbiamo impedire ad altri di dare assistenza a Gaza. Alla gente dovrebbe essere detto che ha due scelte: restare e morire di fame, o andarsene”.

Israele è riuscito a creare un disastro umanitario a Gaza, ma finora non è riuscito a creare l’esodo dei palestinesi tanto desiderato dai fondamentalisti sionisti. Certamente alcuni cittadini stranieri hanno lasciato Gaza, così come i malati gravi, ma nella maggior parte dei casi non vi è stato alcun tentativo di assaltare il confine con l’Egitto a Rafah. Né vi è alcuna prova, finora, di una rivolta popolare contro Hamas.

Ascoltate invece cosa dice Hanaa Abu Sharkh. Vive in una tenda fuori dalla sua casa distrutta. Spesso si mette in fila aspettando a lungo l’acqua dolce, che di frequente finisce quando arriva il suo turno. “Ogni volta che faccio qualcosa, come lavare, preparare il cibo o raccogliere legna da ardere, ricordo quello che la nostra gente ci raccontava su come veniva esiliata e su come viveva. Una volta mi sembrava strano che vivessero nelle tende, ma ora vivo in una tenda… Non è facile lasciare la tua terra, la tua casa, e non è facile essere esiliato… Guarda, questa è la terra che su cui sei nata e cresciuta. È difficile dimenticarlo”, dice.

Continuo a ripetermi: ‘Quando tornerò a casa mia?’ Anche se è distrutta. Terrò questa tenda fuori dalla casa finché Dio non allevierà queste difficoltà e potrò ricostruirla”, aggiunge Abu Sharkh. “Nessuno lascia la propria casa solo per favorire un piano vile, il cosiddetto Piano del Grande Israele. E dove siamo? Siamo ‘un popolo senza terra’, come hanno detto? ‘Per una terra senza popolo?’ No. Sono loro che dovrebbero andarsene, non noi”.

Inoltre lancia a Israele questo avvertimento: “Ci avete esiliato nel 1948 e nel 1967, e volete esiliarci di nuovo nel 2023; è troppo. Mi consolerò e dirò a me stesso che non sono in esilio e mi trovo ancora nella mia terra”.

Se c’è una voce che descrive la determinazione dei palestinesi a restare nell’inferno creato da Israele, è la voce di Abu Sharkh.

Israele ha ridisegnato la mappa del Medio Oriente?

Questo è l’obiettivo più ambizioso del gabinetto di guerra, ma con lo sviluppo della guerra è anche quello su cui il gabinetto è più coerente. Benjamin Netanyahu, il primo ministro israeliano in difficoltà, ha affermato poche ore dopo l’attacco del 7 ottobre che Israele avrebbe cambiato il volto del Medio Oriente – e da allora questa intenzione è stata ripetuta frequentemente, non ultimo da Gallant.

In vista della recente visita del Segretario di Stato americano Antony Blinken per spegnere le fiamme della guerra regionale Gallant ha segnalato quello che il Wall Street Journal ha descritto come un cambiamento duraturo nell’atteggiamento militare di Israele

Il mio punto di vista di fondo: stiamo combattendo un asse, non un singolo nemico”, ha detto Gallant. “L’Iran sta costruendo il potere militare attorno a Israele per poi usarlo”.

Le parole di Gallant, e quelle di molti altri, potrebbero indurre a pensare che una guerra il cui scopo è spingere le brigate d’élite di Hezbollah a nord del fiume Litani, e lontano dal confine settentrionale di Israele, è solo una questione di tempo.

Ciò significa anche che subito dopo potrebbe seguire una guerra con l’Iran. Ma non molto al di sotto della superficie della retorica militare israeliana ci sono forti dubbi– e, rispetto a Gaza, c’è un’ancor minore certezza che l’esercito possa finire il lavoro in Libano.

Come per ribadire questo obiettivo della guerra come un fatto compiuto, mentre Blinken stava volando nella regione per la quarta volta per impedire che ciò accadesse, Israele ha effettuato due omicidi mirati sul terreno di casa di Hezbollah

Il numero due di Hamas, Saleh al-Arouri, come ogni altro membro di Hamas fuori Gaza, non era stato avvisato dell’attacco del 7 ottobre, eppure è stato comunque preso di mira da un attacco missilistico contro il suo ufficio a Dahiyeh, la città densamente popolata cuore del sud di Beirut, nell’ora di punta. L’area è considerata una zona di sicurezza per Hezbollah.

Sia il suo assassinio che quello di Wissam al-Tawil, vice capo di un’unità della forza d’élite Radwan, sono stati concepiti come colpi contro Hezbollah. Il messaggio che Israele voleva inviare alle milizie più potenti ai suoi confini era che poteva colpire al cuore questa organizzazione.

Nessun freno alla risposta regionale

All’inizio della guerra il leader Hassan Nasrallah aveva affermato che Hezbollah non aveva collaborato con l’attacco di Hamas, ma aveva suggerito che l’obiettivo bellico di Israele di sradicare Hamas fosse una linea rossa per un successivo coinvolgimento di Hezbollah nel conflitto.

Dopo la morte di Arouri, Nasrallah ha promesso vendetta in un discorso in occasione del quarto anniversario dell’uccisione del generale iraniano Qassem Soleimani, ma ha rispettato il suo messaggio di fondo sulle linee rosse di Hezbollah.

In risposta all’uccisione di Arouri Hezbollah ha colpito la base aerea israeliana di Monte Meron, nel nord, con 62 razzi; e dopo l’uccisione di Tawil ha lanciato un attacco con droni contro il comando settentrionale di Israele. Si tratta di obiettivi militari di alto valore e Hezbollah ha inviato la propria risposta a Israele sull’accuratezza e la sofisticatezza della portata delle armi del gruppo. Hezbollah ha segnato il suo punto.

Ma non ci sono freni a quanto accade altrove. Soleimani è stato l’architetto dell’asse della resistenza, che ha iniziato a impegnarsi in risposta alla campagna israeliana a Gaza.

Gli Houthi nello Yemen, dopo più di due dozzine di attacchi alle navi occidentali che attraversavano lo stretto di Bab al-Mandeb, hanno costretto centinaia di navi portacontainer a deviare dal Canale di Suez. In Iraq, dopo che gli attacchi aerei statunitensi hanno preso di mira i membri delle milizie locali, il primo ministro Mohammed Shia al-Sudani ha prontamente annunciato che il suo governo avrebbe chiuso tutte le basi militari statunitensi in Iraq, uno dei principali obiettivi dell’Iran dopo l’uccisione di Soleimani.

Una guerra di logoramento ai confini di Israele si sta facendo sentire. Ciò lascia gli Stati Uniti e la Gran Bretagna, le due potenze con la maggiore responsabilità per la carneficina di Gaza, con poche o nessuna carta da giocare – e il tempo sta rapidamente scadendo.

Né sono sfortunati spettatori dato che hanno sostenuto pienamente la guerra di vendetta di Israele: il primi fornendo le bombe e i proiettili che Israele ha utilizzato per ridurre in macerie Gaza ed entrambi fermando i tentativi internazionali di imporre un cessate il fuoco immediato e prendendo di mira gli Houthi dello Yemen con attacchi aerei.

La deplorevole prestazione del Ministro degli Esteri britannico, David Cameron, sotto l’esame risoluto della Commissione Affari Esteri, ha rivelato pienamente il buco morale e legale in cui la Gran Bretagna si era infilata lasciando che Israele “si togliesse i guanti” a Gaza. Cameron non ha potuto – o voluto – rispondere se fosse stato avvertito dagli avvocati del governo che le azioni israeliane a Gaza erano crimini di guerra.

Inquadrature iniziali di una guerra più ampia

I regimi arabi, e i Paesi del Golfo in particolare, hanno accuratamente evitato qualsiasi ruolo di leadership contro le azioni di Israele. I più colpevoli sono i sauditi, sotto il cui patronato con l’Iniziativa di pace araba del 2002 venne compiuto l’ultimo serio tentativo di porre fine al conflitto. Ma Riyadh non può guardare oltre la propria sopravvivenza. Considera Hamas una minaccia ai propri piani di rivendicare la leadership del mondo sunnita normalizzando i legami con Israele.

L’attacco di Hamas, e la strenua resistenza da allora in poi, hanno fornito un modello rivale – ritenuto morto e sepolto – di unità panaraba. Ciò è strettamente legato alle rivolte popolari della Primavera Araba che l’Arabia Saudita, gli Emirati Arabi Uniti e l’Egitto hanno represso per un decennio.

L’ultima cosa che l’establishment della difesa israeliano dovrebbe fare, per una mente razionale, è dare un calcio a questi nidi di vespe di gruppi di milizie fortemente armati, in gran parte autonomi e agguerriti, tutti annidati in Stati deboli e a breve distanza dai confini settentrionali e orientali di Israele.

Non hanno le truppe per combattere su tre fronti contemporaneamente. Israele è troppo piccolo e i suoi centri abitati sono troppo vulnerabili agli attacchi missilistici. Nasrallah non esagera quando afferma che Israele sarebbe il primo a pagare il prezzo se scoppiasse una guerra vera e propria.

Un ex alto ufficiale dell’esercito israeliano e difensore civico del ministero della difesa, il general maggiore (della riserva) Yitzhak Brick, ha recentemente affermato che migliaia di razzi e missili potrebbero essere lanciati ogni giorno contro centri abitati, basi militari e infrastrutture elettriche e idriche: “Tutti lo sanno, non solo Nasrallah. Lo sappiamo. Sanno quello che hanno. Non siamo preparati per questo.” Né riusciranno a convincere gli Stati Uniti a sostenere un attacco contro l’Iran.

Fare tutto questo, pur avendo gettato all’aria il rapporto di Israele con la Russia a causa della guerra in Ucraina, è il massimo della follia.

Dopo che il mese scorso un attacco missilistico israeliano ha ucciso in Siria Seyyed Reza Mousavi, un alto comandante del “Iran’s Islamic Revolutionary Guard Corps Quds Force “ [corpo delle guardie rivoluzionarie islamiche dell’Iran] a Teheran sono state poste domande sul motivo per cui i russi non avevano schierato il loro sistema S-300 per proteggere i consiglieri iraniani in Siria. Il presidente russo Vladimir Putin sta aspettando e in Siria ha ancora delle carte da giocare.

Ma Israele non agisce in modo razionale. Netanyahu sa che sarà finito nel momento in cui la guerra finirà. L’opinione pubblica israeliana – anche dopo 100 giorni – non riesce a ottenere abbastanza sangue palestinese per soddisfare la sua sete di vendetta e una netta maggioranza vuole che Gaza venga rasa al suolo.

Non esiste un movimento contro la guerra. Ciò che resta dell’ala sinistra israeliana è in fuga all’estero o sta per fuggire. Nel frattempo, le strade, i caffè e i mercati si riempiono di ebrei israeliani armati di pistole. I cittadini palestinesi di Israele non si sono mai sentiti più soli o più vulnerabili.

Qualcuno di questi fatti può essere considerato un risultato per chiunque pensi razionalmente? Semmai questi 100 giorni sembrano l’inizio di una guerra molto più grande e lunga, che sarebbe catastrofica per tutti, sia ebrei che arabi.

Per quanto riguarda gli Stati Uniti e Israele, i due principali attori di questa guerra, non è più una questione di ciechi che guidano altri ciechi. È chi è strategicamente debole a essere guidato da chi è tatticamente arrabbiato.

Giovedì, aerei da guerra statunitensi e britannici hanno colpito le posizioni degli Houthi nello Yemen, un colpo che gli Houthi saranno in grado di sostenere, essendo sopravvissuti a sette anni di bombardamenti da parte dell’Arabia Saudita.

Seguirà una guerra dispiegata nel Mar Rosso. E questo è il risultato di una settimana di tentativi diplomatici statunitensi di limitare una guerra regionale. Questo alla faccia della diplomazia.

Il percorso in discesa su cui Israele sta portando gli Stati Uniti conduce al reciproco tramonto in Medio Oriente.

La guerra di Israele a Gaza potrebbe anche segnare la fine di questo presidente degli Stati Uniti.

Le opinioni espresse in questo articolo appartengono all’autore e non riflettono necessariamente la linea editoriale di Middle East Eye.

(traduzione dall’Inglese di Giuseppe Ponsetti)

 




I rabbini americani interrompono la riunione delle Nazioni Unite e chiedono a Biden di smettere di bloccare la pace a Gaza

Ephrem Kossaify

10 gennaio 2024, Arabnews

La riunione dell’Assemblea Generale fa seguito al recente veto degli Stati Uniti sull’emendamento alla risoluzione per il cessate il fuoco a Gaza. L’inviato palestinese chiede al mondo di porre fine alla “schizofrenia” di opporsi alle atrocità della guerra e allo stesso tempo mettere un veto alla pace.

NEW YORK: Martedì decine di rabbini americani hanno interrotto una riunione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite a New York per chiedere che Washington smetta di impedire al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite di intraprendere azioni urgenti a sostegno di un cessate il fuoco immediato e permanente a Gaza.

Durante la loro protesta – guidata dall’organizzazione Rabbis 4 Ceasefire e co-organizzata da Jewish for Racial and Economic Justice, Jewish Voice for Peace e IfNotNow – i 36 rabbini, provenienti da diversi Stati, hanno cantato, pregato e recitato brani tratti dalla Dichiarazione dei diritti umani delle Nazioni Unite, e organizzato una cerimonia commemorativa. Portavano striscioni con la scritta “Biden: il mondo dice: Cessate il fuoco” invitando il presidente degli Stati Uniti a “smettere di porre il veto alla pace”.

Dopo essere stati scortati fuori dai locali dal personale di sicurezza, hanno indetto una conferenza stampa davanti all’ONU. La rabbina Alissa Wise, fondatrice di Rabbis 4 Ceasefire, ha riferito come avessero assistito con orrore al governo degli Stati Uniti che “da solo ha bloccato gli sforzi per fermare i bombardamenti e la morte per fame a Gaza per mano di Israele”.

Ha aggiunto: “Sappiamo che non esiste una soluzione militare a questa violenza. Siamo qui a pregare perché l’ONU è dove può avere luogo un’azione diplomatica significativa per fermare la violenza, e perché la preghiera è il modo in cui noi, come rabbini, possiamo esprimere le nostre paure, sogni, speranze e disperazione”.

La rabbina Abby Stein, appartenente a Jewish For Racial and Economic Justice, ha affermato che l’ONU è stata creata all’indomani della Seconda Guerra Mondiale e dell’Olocausto nazista che prese di mira il popolo ebraico con l’intento di garantire che tale atrocità non si ripetessero mai più.

“Sono qui come ebrea, come rabbina ordinata, come nipote di tre sopravvissuti all’Olocausto, per sollecitare le Nazioni Unite a portare avanti questa nobile missione”, ha detto. “‘Mai più’ significa mai più per nessuno.”

Il rabbino Elliot Kukla ha dichiarato: “Gli Stati Uniti stanno difendendo l’indifendibile in un’Assemblea Generale, usando il loro potere di veto per impedire da soli alle Nazioni Unite di intraprendere azioni significative per un cessate il fuoco. Sono qui come rabbino perché la tradizione ebraica richiede che facciamo tutto ciò che è in nostro potere per salvare vite umane, il che significa fornire assistenza umanitaria ai palestinesi che sono sfollati, muoiono di fame e non hanno un posto sicuro dove rifugiarsi mentre piovono bombe. Il nostro governo si rifiuta di rappresentare questa richiesta di una vasta maggioranza popolare; siamo venuti qui per rappresentare direttamente noi stessi e i nostri valori ebraici”.

L’incontro di martedì è avvenuto dopo che gli Stati Uniti hanno posto il veto alla proposta della Russia di modificare una risoluzione del Consiglio di Sicurezza per includere un appello per il cessate il fuoco a Gaza.

Il 22 dicembre il Consiglio aveva adottato una risoluzione, redatta dagli Emirati Arabi Uniti, che chiedeva maggiori aiuti alla Striscia di Gaza, comprese misure urgenti tra cui un accesso umanitario sicuro, senza ostacoli e ampio, al territorio. Gli Stati Uniti si sono astenuti dal voto dei 15 membri del Consiglio ma non hanno usato il loro potere di veto e così la risoluzione è stata adottata.

La Russia aveva proposto un emendamento alla risoluzione chiedendo “una cessazione urgente e sostenibile delle ostilità”. Gli Stati Uniti hanno posto il veto a questa proposta di cambiamento.

Una risoluzione dell’Assemblea Generale stabilisce che ogni volta che un membro del Consiglio di Sicurezza usa il suo potere di veto, si indica una riunione e un dibattito in assemblea per esaminare e discutere la scelta.

Robert Wood, il vice rappresentante permanente degli Stati Uniti presso le Nazioni Unite, ha affermato che, sebbene gli Stati Uniti si siano astenuti dal voto, hanno comunque lavorato “in buona fede” per contribuire a forgiare una risoluzione forte.

Questo lavoro sostiene la diplomazia diretta in cui gli Stati Uniti sono impegnati per portare maggiori aiuti umanitari a Gaza e aiutare a far uscire gli ostaggi da Gaza”, ha aggiunto.

Alludendo all’emendamento russo, Wood ha accusato Mosca di avanzare proposte “scollegate dalla situazione sul campo”.

Ha detto che è “profondamente preoccupante che così tanti Stati membri sembrino aver smesso di considerare la difficile situazione degli oltre 100 ostaggi tenuti da Hamas e altri gruppi. Gli Stati Uniti restano impegnati a riportare a casa tutti gli ostaggi. Ognuno di loro.”

Ha aggiunto: “È anche sorprendente che, anche se sentiamo molti Paesi sollecitare la fine di questo conflitto, cosa che tutti vorremmo vedere, sentiamo pochissime richieste all’iniziatore di questo conflitto – Hamas – perché smetta di nascondersi dietro i civili, deponga le armi e si arrenda.

Tutto sarebbe finito se i leader di Hamas lo avessero fatto. Sarebbe positivo se ci fosse una forte voce internazionale che spinga i leader di Hamas a fare ciò che è necessario per porre fine al conflitto che hanno iniziato il 7 ottobre”.

Riyad Mansour, osservatore permanente dello Stato di Palestina presso le Nazioni Unite, ha affermato di trovarsi davanti all’Assemblea Generale “in rappresentanza di un popolo massacrato, con famiglie integralmente uccise, uomini e donne fucilati per le strade, migliaia di persone rapite, torturate e umiliate, bambini uccisi, amputati, orfani – segnati per tutta la vita”.

È incomprensibile, ha aggiunto, che al Consiglio di Sicurezza venga ancora impedito di chiedere un cessate il fuoco umanitario immediato anche se è proprio ciò che avevano chiesto 153 Stati membri dell’Assemblea Generale e il Segretario generale delle Nazioni Unite.

La “guerra delle atrocità” di Israele non ha precedenti nella storia moderna, ha detto Mansour. “Non si tratta della sicurezza israeliana, si tratta della distruzione della Palestina”, ha continuato. “Gli interessi e gli obiettivi di questo governo estremista israeliano sono chiari e incompatibili con gli interessi e gli obiettivi di qualsiasi Paese che sostenga il diritto internazionale e la pace”.
E ha chiesto: “Come si può conciliare l’opposizione alle atrocità con il veto alla richiesta di porre fine alla guerra che porta alla loro esecuzione?”

Ha chiesto che “questa schizofrenia” finisca e ha aggiunto: “Non invocate la pace mentre aprite il fuoco. Se volete la pace, iniziate con un cessate il fuoco. Ora.”

L’ambasciatore israeliano presso le Nazioni Unite, Gilad Erdan, ha condannato la richiesta di cessate il fuoco mentre gli ostaggi israeliani sono ancora tenuti prigionieri.

“Quanto è ormai moralmente in bancarotta questa istituzione?” ha chiesto, dicendo che “Nonostante il marciume morale delle Nazioni Unite” i cittadini di Israele sono resilienti, con la fede, la speranza e l’incrollabile determinazione a difendersi.

Ha accusato l’ONU di ignorare le vittime israeliane del conflitto, di preoccuparsi solo dei gazawi e di farsi “complice dei terroristi”, e ha affermato che l’organizzazione ha perso la sua ragione di esistenza.

L’ONU “è ossessionata solo dal benessere della gente di Gaza” che ha messo Hamas al potere e sostenuto le atrocità del gruppo, ha detto Erdan aggiungendo: “Voi ignorate tutte le vittime israeliane”.

La vice rappresentante permanente della Russia presso le Nazioni Unite, Anna Evstigneeva, ha affermato che quando il 22 dicembre Washington ha usato il suo veto al Consiglio di Sicurezza, si è resa colpevole di giocare un “ruolo senza scrupoli” nel tentativo di proteggere Israele dalle sue azioni a Gaza.

Ha detto che attraverso l’uso del ricatto e del braccio di ferro gli Stati Uniti hanno dato a Israele la licenza di continuare a uccidere i palestinesi e la benedizione alla “continuazione dello sterminio degli abitanti di Gaza”, motivo per cui Mosca ha proposto il suo emendamento.

(traduzione dall’inglese di Luciana Galliano)