La Giornata della collera palestinese contro lo “Stato dei coloni”

Umberto De Giovannangeli

26 novembre 2019 Huffington Post

Negozi chiusi, come le scuole e gli uffici pubblici. Manifestazioni e scontri a Gerusalemme Est e in varie località della Cisgiordania (decine i feriti). È la “Giornata della rabbia” dei palestinesi. Una rabbia indirizzata contro le dichiarazioni del segretario di Stato Usa, Mike Pompeo, sulla legalità degli insediamenti palestinesi.

 

Fine dalle prime ore dell’alba, le Forze di difesa israeliane (Idf) hanno rafforzato la loro presenza nella Cisgiordania e lungo la barriera difensiva con la Striscia di Gaza. “Abbiamo dichiarato una Giornata della rabbia per rifiutare questa dichiarazione del segretario di Stato – afferma Wasel Abu Yousef, membro della Commissione politica dell’Organizzazione per la liberazione della Palestina (Olp) – Condanniamo completamente questo sforzo statunitense di legittimare gli insediamenti”.

Gran parte della comunità internazionale considera illegali gli insediamenti, sulla base della Quarta convenzione di Ginevra, che impedisce a una potenza occupante di trasferire parte della propria popolazione civile nei territori occupati. Da parte sua, Israele non considera la Cisgiordania un territorio occupato, ma conteso a causa dell’esito della guerra del 1967, quando fu sottratta al Giordania. Mahmoud al-Aloul, vice presidente di Fatah – la maggiore delle componenti dell’Olp – citato dalla Wafa, ha attaccato l’amministrazione Usa guidata da Trump ed Israele responsabili di “molti crimini” contro il popolo palestinese. Stanno veramente sbattendo le porte in faccia al diritto internazionale e spalancando quelle dell’estremismo, del terrorismo, della violenza, della corruzione, dello spargimento di sangue – ribadisce ad HuffPost il segretario generale dell’Olp Saeb Erekat – Costringono i popoli a convincersi che l’unico modo di risolvere i problemi sia attraverso la violenza e non con i mezzi pacifici”. E aggiunge: “La comunità internazionale deve prendere tutte le misure necessarie per rispondere a fare da deterrente a questo comportamento irresponsabile degli Usa che rappresenta una minaccia alla sicurezza globale e alla pace”.

Durissima è anche la presa di posizione dei partiti arabi israeliani: “Netanyahu usa l’improvvida sortita americana per riproporre una visione colonialista ed etnocentrica d’Israele – ci dice Ayman Odeh, presidente della Joint List (La Lista araba unita, 13 seggi, terza forza parlamentare, ndr), incluso dalla Rivista Time tra le 100 ‘stelle nascenti’ a livello mondale della politica – Per Netanyahu annettere la Giudea e Samaria (i nomi biblici della West Bank, ndr) è come realizzare una missione divina, oltre che una spregiudicata manovra politica per garantirsi il sostegno dei falchi legati al movimento dei coloni. Siamo al fondamentalismo che si fa politica. E costui pretenderebbe di continuare a fare danni in un nuovo governo!”

In una nota, diffusa ieri, il Comitato esecutivo del Consiglio mondiale delle Chiese (Wcc) riafferma “la sua opposizione alla creazione e all’espansione degli insediamenti israeliani nei Territori palestinesi occupati dal 1967″. In risposta alla decisione del Governo Usa, del 18 novembre scorso, di considerare “non illegali” gli insediamenti civili israeliani in Cisgiordania, il Wcc ribadisce che “tale annuncio ribalta la politica statunitense finora applicata e si pone in netta contrapposizione con quella della comunità internazionale e delle Nazioni Unite”. Il Wcc “respinge questa posizione sbagliata nella legge e contraria al perseguimento di una pace giusta sia per i palestinesi che per gli israeliani” e “riafferma il diritto dello Stato di Israele di vivere in pace e sicurezza all’interno dei confini riconosciuti dalla comunità internazionale, e allo stesso tempo riconosce e sostiene lo stesso diritto per il popolo palestinese”.

“Siamo alla legalizzazione dello ‘Stato dei coloni’, in spregio alla legalità internazionale e alle risoluzioni delle Nazioni Unite”, incalza Hanan Ashrawi, già portavoce della delegazione palestinese ai negoziati di Washington, più volte ministra palestinese.

In questo clima di odio e di rabbia che crescono le giovani generazioni palestinesi. E nella “Giornata della rabbia”, vale come testimonianza diretta di una situazione drammatica, quanto scrive su Internazionale Amira Hass, firma storica di Haaretz, la giornalista israeliana che meglio conosce, avendola raccontata da anni, la realtà palestinese: “Vivo in Cisgiordania da abbastanza tempo per capire l’odio e il disgusto dei palestinesi, che assume contorni sempre più personali man mano che si allontana la speranza di ottenere la libertà. Negli ultimi venticinque anni Israele ha fatto tutto quello che era in suo potere per dimostrare le proprie ambizioni colonialiste, sfruttando nel modo più astuto il processo di negoziazione per strappare sempre più terre ai palestinesi e per smembrare ancora di più la loro collettività. Per contrastare questa politica sono stati usati tutti i mezzi possibili: manifestazioni individuali e di massa, post su Facebook e video, lancio di pietre, ordigni esplosivi e razzi da Gaza, appelli alle star della musica statunitense affinché non si esibissero in Israele, petizioni sui giornali, concerti di raccolta fondi e votazioni all’Onu.  Tutti questi mezzi hanno fallito. Lo Stato israeliano va avanti per la sua strada. Il mondo gli permette di comportarsi come se fosse al di sopra della legge, mentre i palestinesi vengono vivisezionati per ogni parola e ogni slogan che pronunciano, per ogni colpo che sparano…”. Due pesi e due misure. La speranza di pace si spegne anche così.




I palestinesi condannano il ribaltamento della politica USA sulle colonie israeliane

Al Jazeera e agenzie di informazione

19 novembre 2019 – Al Jazeera

Gli USA dicono di non considerare più illegali le colonie israeliane, provocando aspre critiche da parte dei palestinesi e delle associazioni per i diritti

Palestinesi, associazioni per i diritti, politici ed altri hanno aspramente criticato l’amministrazione Trump dopo l’annuncio che gli Stati Uniti non considerano più le colonie israeliane nella Cisgiordania occupata come “incompatibili” con il diritto internazionale.

Dopo aver studiato attentamente tutti gli aspetti del dibattito legale, questa amministrazione concorda ….che l’insediamento di colonie civili israeliane in Cisgiordania non è di per sé in contrasto con il diritto internazionale”, ha detto lunedì il Segretario di Stato USA Mike Pompeo quando ha dato l’annuncio.

Ha detto che l’amministrazione del presidente USA Donald Trump non si atterrà più all’opinione legale del Dipartimento di Stato del 1978 che affermava che le colonie erano “contrarie al diritto internazionale”.

Secondo diverse Risoluzioni del Consiglio di Sicurezza ONU, la più recente nel 2016, le colonie israeliane sono illegali in base al diritto internazionale, in quanto violano la Quarta Convenzione di Ginevra, che vieta ad una potenza occupante di trasferire la propria popolazione nell’area da essa occupata.

L’annuncio USA, l’ultimo di una serie di iniziative dell’amministrazione Trump a favore di Israele, ha sollevato critiche immediate da parte di palestinesi, associazioni per i diritti e politici in tutto il mondo.

Un portavoce del presidente palestinese Mahmoud Abbas ha detto che la decisione degli USA “è totalmente contraria al diritto internazionale.”

Washington “non è qualificata né autorizzata ad annullare le risoluzioni del diritto internazionale e non ha il diritto di concedere legittimità ad alcuna colonia israeliana”, ha dichiarato il portavoce della presidenza palestinese Nabil Abu Rudeinah.

Hanan Ashrawi, una importante negoziatrice palestinese e membro del comitato esecutivo dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina, ha scritto su Twitter, di fronte alla dichiarazione di Pompeo, che l’iniziativa rappresenta un altro colpo “al diritto internazionale, alla giustizia e alla pace.”

Il Ministro degli Esteri della Giordania, Ayman Safadi, ha avvertito che il cambiamento di posizione degli USA potrebbe comportare “pericolose conseguenze” sulle prospettive di riavviare il processo di pace in Medio Oriente.

Safadi ha detto in un tweet che le colonie israeliane nel territorio sono illegali ed annientano la prospettiva di una soluzione con due Stati, in cui uno Stato palestinese dovrebbe esistere a fianco di Israele, cosa che i Paesi arabi ritengono essere l’unica via per risolvere il pluridecennale conflitto arabo-israeliano.

‘Un regalo a Netanyahu’

Più di 600.000 israeliani vivono attualmente in colonie nella Cisgiordania occupata, compresa Gerusalemme est occupata. Vi risiedono circa 3 milioni di palestinesi.

Le colonie sono state considerate per molto tempo un gravissimo ostacolo ad un accordo di pace israelo-palestinese.

Gruppi di monitoraggio hanno detto che, da quando Trump è diventato presidente, Israele ha accelerato la creazione di colonie.

L’annuncio di lunedì ha segnato un’altra significativa tappa in cui l’amministrazione Trump si è schierata a favore di Israele e contro le posizioni dei palestinesi e degli Stati arabi ancor prima di svelare il suo piano di pace israelo-palestinese a lungo rinviato.

Nel 2017 Trump ha riconosciuto Gerusalemme capitale di Israele e nel 2018 gli USA hanno aperto ufficialmente un’ambasciata nella città. La posizione politica USA precedentemente era stata che lo status di Gerusalemme doveva essere definito dalle parti in conflitto.

Nel 2018 gli USA hanno anche annunciato la cancellazione dei finanziamenti all’UN Relief and Works Agency [Agenzia ONU per l’Aiuto e il Lavoro] (UNRWA), l’agenzia ONU per i rifugiati palestinesi.

E in marzo Trump ha riconosciuto l’annessione israeliana delle Alture del Golan occupate nel 1981, facendo un favore al Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu, cosa che ha provocato una dura risposta da parte della Siria, che un tempo deteneva lo strategico territorio.

Lunedì Netanyahu ha plaudito al cambio di politica, dicendo che la mossa degli USA “corregge uno storico errore”.

Yousef Munayyer, direttore esecutivo della Campagna per i diritti dei palestinesi, ha definito l’annuncio di Pompeo “un altro regalo a Netanyahu e un semaforo verde ai leader israeliani per accelerare la costruzione di colonie e anticipare un’ annessione formale.”

Attualmente Netanyahu sta subendo pressioni interne su due fronti, dopo che all’inizio dell’anno in Israele si sono svolte elezioni inconcludenti. Il suo principale rivale politico, l’ex capo di stato maggiore Benny Gantz, ha due giorni per cercare di formare un governo per sostituire Netanyahu, che sta anche affrontando una possibile incriminazione in tre casi di corruzione.

Nell’ultima campagna elettorale Netanyahu ha promesso di annettere ampie parti della Cisgiordania, una mossa che metterebbe ulteriormente a rischio una soluzione con due Stati.

Gantz ha accolto positivamente l’iniziativa statunitense, dicendo in un tweet che “il destino delle colonie dovrebbe essere deciso da accordi che rispettino le esigenze di sicurezza e promuovano la pace.”

Pompeo ha negato la volontà di dare sostegno a Netanyahu, dicendo: “La tempistica di questo (annuncio) non è collegata a niente che abbia a che fare con politiche interne in Israele o altrove.”

Reazioni

Un portavoce dell’Ufficio ONU per i Diritti Umani (OHCHR) ha detto di “condividere la posizione da tempo adottata dall’ONU sulla questione che le colonie israeliane violano il diritto internazionale.”

Rupert Colville ha detto anche che ci sono diverse risoluzioni ONU, come anche sentenze della Corte Internazionale di Giustizia (CIG) che si riferiscono alla questione.

Il 9 luglio 2004 la CIG nel suo parere consultivo ha affermato che la costruzione da parte di Israele del muro di separazione e l’espansione delle colonie sono illegali ed alterano la composizione demografica dei Territori Palestinesi Occupati (TPO), compromettendo in tal modo gravemente la possibilità per i palestinesi di esercitare il proprio diritto all’autodeterminazione”, ha detto martedì ai giornalisti.

Al contempo l’Unione Europea ha detto di continuare a credere che l’attività di colonizzazione israeliana nei territori palestinesi occupati sia illegale in base al diritto internazionale e vanifichi le prospettive di una pace duratura.

La UE chiede ad Israele di porre fine all’attività di colonizzazione, in conformità con i suoi obblighi in quanto potenza occupante”, ha detto il capo della politica estera europea Federica Mogherini in una dichiarazione in seguito all’iniziativa USA.

Kenneth Roth, direttore esecutivo di Human Rights Watch, ha tweettato: “La fittizia dichiarazione di Pompeo non cambia niente. Trump non può spazzare via con questo annuncio decenni di diritto internazionale consolidato secondo cui le colonie israeliane sono un crimine di guerra.”

Anche il senatore USA Bernie Sanders, uno dei più importanti candidati democratici alle elezioni presidenziali USA, , ha detto la sua su Twitter: “Le colonie israeliane nei territori occupati sono illegali.

Risulta chiaro dal diritto internazionale e da molte risoluzioni delle Nazioni Unite. Ancora una volta il signor Trump sta isolando gli Stati Uniti e compromettendo la diplomazia per assecondare la propria base [elettorale] estremista”, ha detto Sanders.

 

(Traduzione dall’inglese di Cristiana Cavagna)

 

 




Indignazione dopo che un video fatto filtrare mostra un poliziotto israeliano sparare a un palestinese alla schiena

Yumna Patel

4 novembre 2019 – Mondoweiss

Le reti sociali palestinesi si sono scatenate durante il fine settimana in quanto la gente ha manifestato la propria indignazione riguardo a un video filtrato clandestinamente che mostra un poliziotto di frontiera israeliano che spara a un palestinese alla schiena mentre l’uomo si allontana dai poliziotti con le mani in alto.

Il video, girato l’anno scorso, è stato fatto filtrare durante il fine settimana e divulgato sabato al pubblico dal Canale 13 israeliano.

Le immagini mostrano poliziotti di frontiera israeliani che ordinano a un palestinese non identificato di girarsi e allontanarsi da loro, che si trovavano a un posto di controllo tra la Cisgiordania e Gerusalemme.

Corri”, dicono i poliziotti all’uomo, che allora si gira prontamente, alza le mani e si allontana in gran fretta da loro.

Pochi secondi dopo, mentre un poliziotto filma con il suo telefonino, un altro poliziotto spara una pallottola ricoperta di gomma, che può essere letale se sparata a corta distanza, colpendo l’uomo alla schiena. Allora questi cade a terra e lo si sente gridare di dolore.

Secondo Haaretz [quotidiano israeliano di centro sinistra, ndtr.] l’incidente è stato reso noto lo scorso anno durante un’inchiesta relativa ad un’altra vicenda che ha coinvolto poliziotti di frontiera che hanno picchiato un palestinese senza alcun motivo apparente.

La poliziotta incriminata, che avrebbe circa 20 anni, è stata arrestata insieme ad altre quattro colleghe e congedata dalla polizia di frontiera solo per essere poi arruolata come soldatessa nell’esercito per terminare il suo servizio di leva.

Il portavoce della polizia israeliana Micky Rosenfeld ha detto ai media che gli altri poliziotti di frontiera presenti alla scena sono stati “esonerati dal servizio e alcuni di loro sono stati trasferiti ad altra mansione.”

Secondo Haaretz, lo scorso ottobre, durante un’udienza in tribunale per il poliziotto, il giudice avrebbe affermato che a quanto pare egli avrebbe sparato al palestinese “come un modo discutibile per divertirsi.”

Il video mostra la gravità del cieco odio e del razzismo sionista,” ha affermato in un comunicato l’OLP, dicendo che “le vite e il sangue dei palestinesi sono diventati uno spasso per gli assassini.”

Su twitter la dottoressa Hanan Ashrawi [storica dirigente politica palestinese, ndtr.] ha manifestato la propria rabbia, scrivendo: “Volgare e crudele disumanità: l’orrore inammissibile quando un palestinese disarmato viene colpito a sangue freddo solo perché ‘prodi’ soldati israeliani possono farlo con impunità e per il proprio divertimento. Basta #IsraeliCrimes. #FreePalestine.”

Buona parte della frustrazione manifestata dai palestinesi sulle reti sociali durante il fine settimana non deriva solo dalla sparatoria, ma anche dal presunto scambio di parole tra i poliziotti che ne è seguito.

Secondo Haaretz, prove presentate durante l’udienza relative alla poliziotta hanno incluso messaggi di testo tra lei è la sua unità in cui si vantava della sparatoria.

Nel suo reportage Canale 13 ha citato l’avvocato della poliziotta sospettata mentre dice che lei non è responsabile dello sparo. Il reportage include anche uno scambio su Whatsapp che avrebbe avuto luogo tra un altro soldato maschio dell’unità e qualcuno che potrebbe essere la sua fidanzata.

Schermate circolate sulle reti sociali mostrano la presunta fidanzata del poliziotto chiedere se è arrivato, e lui risponde. “Sì, siamo al portone, ma che te ne pare dello sparo? Sono o non sono un professionista?”, e un emoticon con un braccio piegato [per mostrare i muscoli].

La sua fidanzata risponde: “Sì, amore mio, sei un professionista. Sii prudente!” insieme a un emoticon con un cuoricino.

Mondoweiss non ha potuto verificare l’autenticità di questi messaggi.

In seguito alle reazioni durante il fine settimana, domenica il ministero della Giustizia israeliano ha affermato che deciderà nelle prossime settimane se presentare una denuncia contro la soldatessa o no.

La sparatoria ha suscitato un’accesa reazione da parte di gruppi per i diritti e di palestinesi in Cisgiordania, dove tali incidenti sono diventati normali ai posti di controllo e in altre zone in cui ai soldati israeliani viene data la possibilità di esercitare il proprio controllo sui palestinesi.

Questa documentazione eccezionale mostra quello che purtroppo è un avvenimento frequente: le forze di sicurezza israeliane che colpiscono un palestinese senza alcuna ragione,” ha detto su twitter il portavoce di B’Tselem [organizzazione israeliana per i diritti umani, ndtr.] Amit Gilutz. “Questi esempi sono il diretto risultato della cultura di impunità promossa da Israele, che è fondamentale per la continuazione del suo controllo militare sui palestinesi.”

B’Tselem ha continuamente criticato l’esercito israeliano per la sua mancanza di responsabilizzazione dei soldati che quotidianamente violano i diritti umani dei palestinesi, affermando:

Questo è il comportamento standard del sistema di applicazione delle leggi militari, basato sulla consapevolezza che avallare – anche implicitamente – le evidenti infrazioni dei soldati agli ordini senza rendere nessuno responsabile è ciò che consente il continuo uso di forza letale. Questa forza è fondamentale per la possibilità di Israele di conservare il suo controllo violento su milioni di palestinesi.”

Yumna Patel è l’inviata di Mondoweiss in Palestina.

(traduzione dall’inglese di Amedeo Rossi)