Guerra a Gaza: come Hamas ha attirato Israele in una trappola letale

David Hearst

4 luglio 2024 – Middle East Eye

La strategia di Hamas si è rivelata più efficace di quanto ritenuto possibile nove mesi fa. Israele ora ha tra le mani una vera guerra, e su tutti i fronti. Non può essere fermata facilmente.

Una delle domande principali sugli attacchi di Hamas del 7 ottobre rimane ancora senza risposta.

Cosa pensava Hamas che sarebbe successo con un attacco di tale portata a Israele?

Inizialmente ho dato credito alla teoria del caos. È andata così. Unoperazione limitata per colpire obiettivi militari israeliani e prendere degli ostaggi preziosi è andata fuori controllo grazie al cedimento inaspettato della Brigata Israeliana di Gaza. Hamas si aspettava che parte prevalente dei 1.400 combattenti inviati quel giorno oltre la recinzione sarebbe stata uccisa. La maggior parte di loro è tornata viva.

Quando Hamas e altri gruppi armati hanno esaurito gli obiettivi prestabiliti si sono sparpagliati e si sono imbattuti in un festival musicale di cui non sapevano l’esistenza. La susseguente carneficina è diventata, con le parole di un diplomatico del Golfo: “la madre di tutti gli errori di calcolo”.

Man mano che questa guerra va avanti, un mese dopo l’altro, sono sempre meno sicuro che questa teoria sia corretta.

In effetti, ha guadagnato terreno subito dopo lattacco di Hamas, poiché gli alleati di Hamas non sono riusciti a seguirne lesempio.

Il giorno in cui le sue forze hanno colpito, il comandante militare di Hamas, Mohamed Deif, ha invitato gli alleati dell'”asse della resistenza” a unirsi alla lotta: “Nostri fratelli nella resistenza islamica in Libano, Iran, Yemen, Iraq e Siria! Questo è il giorno in cui la vostra resistenza si unirà a quella del vostro popolo in Palestina”, ha detto in un messaggio audio preparato qualche tempo prima.

Ma Hezbollah, per esempio, era tuttaltro che entusiasta della prospettiva di partecipare ad una guerra che non rientrava nei suoi programmi o nelle sue scelte. Come la Brigata israeliana di Gaza, Hezbollah è stato colto di sorpresa.

I suoi combattenti non erano in allerta nemmeno nei villaggi vicino al confine con Israele: “Ci siamo svegliati con una guerra”, ha detto un comandante. Chiaramente, una risposta misurata da parte di Hezbollah non rientrava nel copione di Hamas.

Sono passate due settimane prima che Khaled Meshaal, a capo dellufficio di Hamas nella diaspora, ringraziasse Hezbollah per la sua risposta fino a quel momento, ma aggiungendo esplicitamente che la battaglia richiede di più”.

Hassan Nasrallah, segretario generale di Hezbollah, ha mantenuto il silenzio per altre tre lunghe settimane prima di dichiarare che l’operazione di Hamas era “palestinese al 100% sia in termini di decisione che di esecuzione”, aggiungendo: “Questa operazione non ha un minimo legame con alcuna decisione o mossa che venga adottata da qualsiasi altra fazione all’interno dell’asse della resistenza”.

È stato ben chiaro lAyatollah Ali Khamenei nel dire a Ismail Haniyeh, leader politico di Hamas, che lIran non sarebbe intervenuto direttamente anche se avrebbe continuato a fornire all’organizzazione il suo sostegno politico e morale.

Ci si trovava ormai a metà novembre e la strategia di Hamas di dare inizio a quella che avrebbe chiaramente voluto che fosse una guerra regionale sembrava essere fallita.

La diga è crollata

Confrontiamo la situazione di novembre con le parole e le azioni attuali di Hezbollah e dellIran.

Quando Israele ha colpito preventivamente sempre più obiettivi di Hezbollah, la fazione libanese ha risposto a tono. Il movimento Ansarallah dello Yemen (gli Houthi) è entrato nella mischia a novembre con attacchi alle navi nel Mar Rosso.

Il momento della svolta è sopraggiunto ad aprile quando Israele ha colpito un complesso dell’ambasciata iraniana a Damasco uccidendo il generale di brigata Mohammad Reza Zahedi, l’ufficiale responsabile delle operazioni all’estero della forza Quds [componente del Corpo delle Guardie della rivoluzione islamica, ndt.] e altre 15 persone, tra cui altri sette ufficiali del corpo delle guardie rivoluzionarie islamiche (IRGC).

LIran ha lanciato una risposta massiccia: 170 droni, 30 missili da crociera e ben 120 missili balistici pesanti direttamente contro obiettivi israeliani, molti dei quali hanno colpito basi militari.

Il Rubicone era stato oltrepassato e il terreno per una guerra regionale chiaramente preparato. Da quel momento in poi la questione è quando, non se.

Martedì il capo della Forza aerospaziale dellIRGC, il generale di brigata Amir Ali Hajizadeh, ha affermato che lIran non vedeva lora di avere unaltra analoga opportunità da sfruttare.

Oggi Hezbollah è sullorlo della guerra, con Nasrallah che avverte Israele che centinaia di migliaia di altri combattenti sarebbero disposti ad arruolarsi un aiuto di cui Hezbollah non ha per il momento bisogno. Ha addirittura minacciato di attaccare Cipro se avesse consentito agli aerei da guerra israeliani di utilizzare le sue basi.

Si è scoperto che Hamas dopo il 7 ottobre non ha dovuto far altro che aspettare, continuare a combattere e lasciare che la naturale aggressività e larroganza di Israele nei confronti dei suoi vicini lavorassero a suo favore.

La sua strategia sta funzionando. Ma questa strategia è stata messa insieme allindomani di un raid fallito, come tutti avevano pensato il 7 ottobre?

Apparentemente no. Ripercorriamo i discorsi di Yehya Sinwar, il leader di Hamas a Gaza.

Predire il futuro

Nel dicembre 2022, in occasione dell’anniversario della fondazione del gruppo islamista, Sinwar dichiarò: “Accrescere la resistenza in tutte le sue forme e far sì che l’ [autorità] occupante sconti le conseguenze dell’occupazione e dell’insediamento coloniale è l’unico mezzo per salvare il nostro popolo e realizzare i suoi obiettivi di liberazione e ritorno.

Chi non prende l’iniziativa oggi se ne pentirà domani. Il merito va a chi si fa avanti per primo e si dimostra sincero. Non permettete a nessuno di riportarvi indietro alle controversie, mitragliamenti e combattimenti interni. Non non abbiamo tempo per questo mentre la minaccia del fascismo incombe sulle nostre teste.”

Mesi dopo Sinwar tenne un discorso in cui predisse accuratamente il futuro.

“Fra alcuni mesi, e secondo le mie stime non passerà un anno, porremo [l’autorità] di occupazione davanti a due scelte: o la costringeremo ad attuare il diritto internazionale, a rispettare le risoluzioni internazionali, [cioè] a ritirarsi dalla Cisgiordania e da Gerusalemme, smantellare gli insediamenti coloniali, liberare i prigionieri e [consentire] il ritorno dei profughi

oppure metteremo questa occupazione in contraddizione con l’intera volontà internazionale, creando così nei suoi confronti un forte e vasto isolamento, e porremo fine al suo processo di assimilazione nella regione e nel mondo intero, [ribaltando] la situazione di forte indebolimento che ha caratterizzato la resistenza negli ultimi anni in tutti i fronti [della ribellione].”

Questo è esattamente quello che è successo. Israele è isolato a livello internazionale come mai prima dora. È sul banco degli imputati di due dei più alti tribunali internazionali e i suoi principali sostenitori, Stati Uniti e Regno Unito, stanno combattendo un’azione di retroguardia cercando di fermare il crescente numero di sanzioni internazionali.

Quando è emerso come leader politico a Gaza Sinwar aveva allinterno di Hamas degli oppositori. Il suo tentativo di riconciliazione con il suo ex compagno di scuola e di prigione, il leader di Fatah Mohammed Dahlan, è stato un fiasco totale.

Forti preoccupazioni sono state espresse anche riguardo al riavvicinamento di Hamas alla Siria dopo le aspre spaccature create dalla guerra civile. La fazione di Hamas strettamente alleata con la Turchia non ha gradito per niente il riavvicinamento con la Siria e lIran e non ha esitato a dirlo.

Ora si scopre che questo riavvicinamento era una componente vitale della strategia di Sinwar per attaccare Israele e iniziare una lunga guerra.

Ancora fratelli

Il riavvicinamento tra ex acerrimi nemici nella guerra civile siriana va ben oltre la disponibilità di Hezbollah a consentire ad Hamas di lanciare attacchi contro Israele nella sua area operativa nel sud del Libano, lungo il confine con Israele.

Al-Fajr è il braccio armato di Al-Jama’a al-Islamiya (JAI), i Fratelli Musulmani in Libano. Da molto tempo le sue forze sono numericamente insignificanti.

Oggi si ritiene che ammontino a soli circa 500 combattenti, ma la loro importanza va oltre il loro numero ed è cresciuta man mano che Israele ha moltiplicato i suoi attacchi contro gli alti comandanti di Hezbollah in seguito agli assalti del 7 ottobre.

La dichiarazione di cordoglio della JAI, rilasciata dopo che l’alto comandante di Hamas Saleh al-Arouri è stato ucciso in un attacco israeliano a gennaio, affermava che “il sangue libanese e palestinese si sono mescolati per completare insieme il processo di liberazione”.

Quando a giugno un comandante di alto profilo di Hezbollah, Talib Sami Abdallah, è stato ucciso in un attacco israeliano a Jwaya, una città nel sud del Libano, Nasrallah ha sottolineato nel suo tributo come questo combattente veterano fosse andato in aiuto dei musulmani sunniti in Bosnia.

“A proposito, poiché si parla di [divisioni] tra sciiti e sunniti, loro [i bosniaci] non sono sciiti, non risulta che ci fossero sciiti in Bosnia quando questo caro gruppo di fratelli lasciò la nostra organizzazione e i dirigenti e rimase lì per anni al freddo e alla neve lontano da casa”, ha detto Nasrallah.

Ci sono stati anche incontri di alto profilo, inimmaginabili solo pochi anni fa, tra ex nemici nella guerra civile siriana. Nasrallah ha incontrato il capo della JAI, Sheikh Mohammed Taqoush. Al Mayadeen, l’organo di informazione pro-Hezbollah, ha commentato: “È interessante rilevare che dall’8 ottobre 2023 diversi combattenti delle forze al-Fajr, l’ala militare del Gruppo islamico in Libano, sono stati martirizzati per la loro partecipazione ad operazioni contro obiettivi militari israeliani lungo il confine con la Palestina occupata.”

Il nuovo patto tra Hezbollah e i Fratelli Musulmani in Libano ha avuto conseguenze interne per la comunità sunnita, rimasta senza leader da quando lex primo ministro Saad Hariri ha lasciato la scena nel 2019.

La settimana scorsa, quando la Lega Araba ha rimosso Hezbollah dalla lista delle organizzazioni terroristiche, l’ex primo ministro libanese Fouad Siniora, un sunnita della leadership tradizionale, si è irritato. “È necessario smettere di fare regali gratuiti a Hezbollah”, ha detto ad Al Arabiya.

Un importante cambiamento regionale

La parziale ricomposizione della spaccatura settaria tra sciiti e sunniti sebbene non accolta da un segmento della popolazione sunnita che non perdonerà quanto accaduto in Siria rappresenta un importante cambiamento nel panorama regionale.

Israele ha sempre prosperato grazie ad una politica del divide et impera. Sapeva che se le forze sunnite e sciite fossero confluite, la capacità di manovra di Israele sarebbe stata limitata.

E’ ciò che sta accadendo ora con conseguenze concrete. Le operazioni militari in Cisgiordania sono passate in gran parte inosservate, ma Israele sta ora utilizzando aerei F16 per bombardare i campi profughi palestinesi. Lultima volta che lo ha fatto è stato durante la Seconda Intifada [dal 2000 al 2005, ndt.].

In risposta, i combattenti della resistenza hanno migliorato qualitativamente il loro livello operativo. Ora stanno attirando le truppe israeliane in trappole sofisticate e letali. Sono comparse lungo le strade bombe ad alta tecnologia, proprio come è successo contro gli americani in Iraq.

Un soldato israeliano è stato ucciso e altri gravemente feriti quando un veicolo blindato pesante è stato fatto saltare in aria da una bomba lungo una strada a Tulkarem.

L’attacco è stato filmato dalle Brigate Al Quds, che ne hanno rivendicato la paternità. Giorni prima a Jenin un soldato era stato ucciso e altri 16 feriti da esplosivi interrati in profondità sotto una strada.

Il bilancio delle vittime israeliane in Cisgiordania è aumentato in modo significativo. Secondo il ministero della Sanità palestinese dal 7 ottobre in Cisgiordania sono stati uccisi 540 palestinesi. Nello stesso periodo sono morti 25 israeliani, la maggior parte dei quali militari.

LAutorità Nazionale Palestinese ha apertamente avvertito Israele che la portata del contrabbando di armi e componenti sofisticati dalla Giordania alla Cisgiordania sta aumentando a un ritmo tale che i militanti riusciranno a costruire e lanciare razzi contro Israele entro un anno.

Una strategia messa in atto

Anche se Sinwar dovesse morire domani il leader di Hamas considererebbe realizzato il compito della sua vita.

Tutto è pronto per uninvasione israeliana del Libano e con essa una guerra regionale la cui fine potrebbe richiedere decenni.

Secondo 12 ex funzionari dell’amministrazione che si sono dimessi a causa della politica del presidente Biden la strategia americana di sostenere Israele fino in fondo dopo l’attacco di Hamas, e poi di tentare di trattenerlo in un “abbraccio dell’orso”, ha reso ogni militare americano che lavora nella regione un chiaro bersaglio.

Gli esperti di Medio Oriente del Dipartimento di Stato sono in aperta ribellione e questa settimana è comparsa una seconda lettera che mette in guardia sulla follia dell’operato di Joe Biden.

“La copertura diplomatica americana e il continuo flusso di armi verso Israele hanno assicurato la nostra innegabile complicità nelle uccisioni e nella carestia forzata della popolazione palestinese assediata a Gaza”, affermano gli ex funzionari nella dichiarazione.

Lopinione pubblica araba è in stragrande maggioranza antiamericana. L’ininterrotta operazione di Israele a Gaza ha causato così tanta rabbia e umiliazione nel mondo arabo che sta seppellendo le profonde spaccature tra le forze politiche nazionaliste e islamiste emerse dopo la Primavera Araba più di 13 anni fa.

Questo è un risultato.

Un sondaggio dopo laltro fa eco a questa tendenza. Nel novembre dello scorso anno il Washington Institute for Near Eastern Policy [Istituto di Washington per la Politica in Medio Oriente] ha rilevato che una media del 40% degli intervistati in Egitto, Iraq, Giordania, Libano, Palestina e Siria ha affermato che le azioni dellIran stavano avendo un impatto positivo sulla guerra.

L’Arab Barometer [rete di ricerca imparziale sugli atteggiamenti e sui valori sociali, politici ed economici dei cittadini del mondo arabo, ndt.] ha rilevato che il leader supremo dellIran ha superato lindice di gradimento del principe ereditario saudita o del presidente degli Emirati.

La stessa cosa è accaduta dopo linvasione israeliana del Libano nel 2006, ma la differenza oggi consiste nel grande rafforzamento degli armamenti in mano alla resistenza e nell’indebolimento militare degli stati arabi.

Il vero paradosso è che Israele sia caduto volontariamente in una trappola creata da Hamas.

Se Israele avesse ceduto alle pressioni di Biden e dell’ONU per porre fine alla guerra a Gaza senza smantellare Hamas avrebbe subito una sconfitta tattica che avrebbe fatto a pezzi la coalizione di destra.

Ma se, come in base alle aspettative di Hamas, continuasse la guerra a Gaza indipendentemente dal costo umano, ciò provocherebbe una guerra regionale che gli Stati Uniti non sarebbero in grado di contenere o fermare.

Questa è la strada che Israele ha ora intrapreso. Anche se si raggiungesse un accordo di cessate il fuoco tra Hamas e Israele, è ormai pienamente inteso che per Israele si tratterebbe di una tregua temporanea, unopportunità per i riservisti dellesercito di riprendersi prima dellinevitabile attacco al Libano.

Avigdor Lieberman, oppositore del primo ministro Benjamin Netanyahu e implacabile nemico dei suoi alleati religiosi sionisti di estrema destra, ha affermato che Hezbollah e Hamas possono essere sconfitti solo se lo sarà anche lIran.

Ha scritto su X: In questo confronto tra Israele e lAsse del Male, dobbiamo vincere, e senza sconfiggere lIran ed eliminare il suo programma nucleare né Hezbollah né Hamas potranno essere sconfitti.

Per fermare il programma nucleare iraniano, che è già nella fase della realizzazione degli armamenti, dobbiamo utilizzare tutti i mezzi a nostra disposizione. Dovrebbe essere chiaro che in questa fase non è possibile impedire [l’uso] di armi nucleari da parte dellIran con mezzi convenzionali”.

Negli ultimi nove mesi i palestinesi di Gaza hanno patito grandi sofferenze. La fame è una morte ancora più crudele dei bombardamenti a tappeto indiscriminati. Il costo di questa strategia è elevato.

Ma sotto unoccupazione sempre più brutale il cui unico scopo è costringere il maggior numero possibile di palestinesi ad andarsene la resistenza armata sotto una leadership militante che rifiuta di arrendersi o di scappare in esilio è diventata la scelta collettiva dei palestinesi ovunque vivano.

Si tratta di un cambiamento marcato nel disegno che Israele ha fatto nel corso dei decenni per sottomettere sia la popolazione palestinese che la regione su cui si è imposto.

Ma, qualunque cosa accada adesso, la strategia di Hamas è stata più efficace di quanto ritenuto possibile nove mesi fa. Israele ha ora tra le mani una vera guerra, e su tutti i fronti. Inoltre, è una guerra che non sarà facilmente fermata.

Le opinioni espresse in questo articolo appartengono all’autore e non riflettono necessariamente la politica editoriale di Middle East Eye

David Hearst è cofondatore e redattore capo di Middle East Eye. È commentatore e relatore sulla regione e analista dell’Arabia Saudita. E’ stato capo redattore per l’estero del Guardian e corrispondente in Russia, Europa e Belfast. È entrato a far parte del Guardian da The Scotsman, dove era corrispondente per l’istruzione.

(traduzione dall’inglese di Aldo Lotta)




Per sopravvivere, Israele deve colpire subito l’Iran

Benny Morris
30 Giugno 2024 – Haaretz
 

Se Israele si dimostrerà incapace di distruggere il progetto nucleare iraniano con armi convenzionali, potrebbe non avere altra scelta che ricorrere alle sue armi non convenzionali.

* Nota Redazionale

Lo storico israeliano Benny Morris è noto per i suoi lavori sul 1948, in cui è stato tra i primi a raccontare la pulizia etnica compiuta dalle milizie sioniste prima e dall’esercito israeliano poi a danno dei palestinesi: la cosiddetta Nakba.
Inizialmente su posizioni di sinistra, ormai da anni Morris si è spostato decisamente a destra. In questo articolo interviene sulla questione iraniana proponendo addirittura un attacco con armi non convenzionali per distruggere gli impianti nucleari iraniani. Pur esprimendo il nostro profondo dissenso dalle argomentazioni dello storico, riteniamo interessante proporre le sue argomentazioni.

Il Ministro della Sicurezza Nazionale Itamar Ben-Gvir ha descritto la risposta israeliana all’attacco missilistico dell’Iran contro Israele del 13 aprile come un dardaleh – in gergo calcistico un tiro fiacco. É stato riferito che la rappresaglia israeliana avrebbe distrutto un piccolo impianto radar isolato non lontano da Natanz, uno dei siti dove l’Iran produce uranio arricchito. Purtroppo – poiché Ben-Gvir è un ministro pericoloso e spregevole – aveva ragione.

Il governo israeliano – ovvero il primo ministro corrotto e incompetente di Israele, Benjamin Netanyahu – temeva che una risposta più forte (e adeguata), come un attacco all’impianto di Natanz, avrebbe portato a una significativa reazione da parte dell’Iran. Teheran potrebbe ad esempio attivare il suo alleato libanese, Hezbollah, per effettuare massicci lanci di razzi o fare fuoco con i propri missili contro le città israeliane e infrastrutture essenziali.

Un giorno potrebbero essere resi noti i verbali delle riunioni del gabinetto di guerra ristretto tenutesi prima della risposta israeliana. Sapremo allora se i generali presenti – il Ministro della Difesa Yoav Gallant, l’ex Capo di Stato Maggiore dell’IDF Ten. Gen. Gadi Eisenkot, il Presidente del Partito di Unità Nazionale Benny Gantz e il Capo di Stato Maggiore dell’esercito israeliano Ten. Gen. Herzl Levi – hanno raccomandato un attacco più potente e se Netanyahu ha convinto i membri del gabinetto ad accontentarsi dell’attacco “dardaleh”.

Negli ultimi 15 anni Netanyahu ha generalmente agito con estrema esitazione e moderazione di fronte agli attacchi dell’Iran, compiuti attraverso i suoi alleati o direttamente, contro Israele e i suoi interessi. Ma, cosa ben più significativa e grave, a parte le sue dichiarazioni bellicose Netanyahu non ha fatto quanto necessario per impedire all’Iran di dotarsi di un’arma nucleare, nonostante i leader iraniani dichiarino senza sosta il loro intento di distruggere Israele. La moderazione di Israele nel 2010-2012 e negli anni successivi era dovuta a una carenza di mezzi? Quest’uomo disonesto aveva altri, reconditi motivi? Non c’è modo di saperlo.

In ogni caso siamo arrivati al momento della verità e una decisione è necessaria. Secondo una serie di rapporti l’Iran è sul punto di raggiungere il 90% di arricchimento dell’uranio e ha accumulato materiale sufficiente, se potenziato, a produrre un arsenale di bombe nucleari. Gli attacchi contro Israele degli ultimi otto mesi da parte dell’Iran, dei suoi emissari e dei suoi alleati – Hamas, gli Houthi, Hezbollah e varie milizie in Siria e in Iraq – costituiscono una ragione sufficiente per tentare di distruggere le capacità strategiche dell’Iran, incluse le sue risorse balistiche.

Il mondo dovrebbe sostenere e certamente comprendere una simile operazione israeliana. Ma anche se non lo facesse, sicuramente la sopravvivenza del Paese dovrebbe essere più importante per i suoi abitanti di eventuali condanne internazionali e persino di sanzioni, se venissero imposte (anche se dubito che si tratterebbe di sanzioni significative).

Non c’è momento migliore per sferrare all’Iran un colpo strategico, data l’attuale asimmetria di forze tra i due Paesi. Israele ha un vantaggio schiacciante nelle forze aeree grazie ai suoi avanzati aerei stealth F-15 e F-35, oltre a una superiorità impressionante per quanto riguarda armi antiaeree e antimissile. Le forze aeree iraniane sono dotate di velivoli inferiori e non dispongono di sistemi missilistici antiaerei e antimissile avanzati. Ma nei prossimi anni è probabile che questa superiorità strategica di Israele venga meno.

Ma, soprattutto, Israele ha uno straordinario vantaggio (secondo quanto riportato dalla stampa estera): possiede un arsenale nucleare, mentre l’Iran attualmente può solo aspirare ad averne uno. L’Iran probabilmente terrà conto di questa asimmetria quando valuterà se rispondere a un attacco israeliano alle sue strutture e infrastrutture nucleari.

Israele è in grado, utilizzando armi convenzionali, di distruggere – o almeno di danneggiare gravemente – gli impianti di produzione di missili, droni e razzi dell’Iran e i suoi siti nucleari, che sono sparsi su un’ampia area e almeno alcuni dei quali sono sepolti in profondità nel sottosuolo? Non lo so, ed è probabile che non lo sappiano nemmeno i generali di Israele. La guerra è il regno dell’imponderabile e, in larga misura, della fortuna. Ma distruggere il progetto nucleare iraniano, e la capacità di attacco dell’Iran, è un imperativo esistenziale se Israele vuole sopravvivere. Dato il profondo odio degli ayatollah per Israele e la loro plausibile irrazionalità, un arsenale nucleare iraniano segnerà la fine di Israele.

Una volta che gli ayatollah avranno le armi nucleari e i mezzi per farne uso, potrebbero usarle contro Israele – e lasciare ad Allah il compito di proteggerli da un contrattacco israeliano. Dopo tutto, abbiamo a che fare con fanatici messianici e religiosi.

E anche se l’Iran si astenesse dal lanciare le sue armi nucleari, il solo fatto di possederle, insieme al suo desiderio e alla sua politica dichiaratamente orientati alla distruzione di Israele (di cui abbiamo visto abbondanti prove in questi nove mesi), scoraggerebbe potenziali investimenti e immigrati dal raggiungere Israele e spingerebbe molte brave persone a fuggire dal Paese.

In un contesto di ripetuti, futuri attacchi orchestrati dagli iraniani contro Israele, come il 7 ottobre, Israele declinerebbe costantemente fino a scomparire.

Le organizzazioni sunnite, e forse i Paesi sunniti vicini, riconoscerebbero la debolezza di Israele (e dell’America) e la forza dell’Iran e molto probabilmente si unirebbero all’anello di Stati ostili guidato da Teheran, e non c’è alcuna garanzia che i leader dell’Europa e degli Stati Uniti – forse con l’ambiguo Donald Trump piuttosto che il filo-sionista Biden al timone – verrebbero in nostro aiuto.

Tutto ciò deve far pensare che, se Israele si dimostrerà incapace di distruggere il progetto nucleare iraniano con armi convenzionali, potrebbe non avere altra scelta se non quella di ricorrere alle sue armi non convenzionali (a meno che gli Stati Uniti non inviino le proprie forze armate, il che sembra estremamente improbabile vista la mancanza di determinazione americana dopo i fallimenti in Iraq e Afghanistan).

Ribadisco, Israele può aspettarsi i rimproveri dei media internazionali, dei ragazzini ignoranti e sconsiderati dei campus e di svariati leader mondiali, ma godrà anche della comprensione, se non del sostegno attivo, di molti membri della comunità internazionale.

Temo che siamo arrivati al momento della verità e che Israele – auspicabilmente nei prossimi mesi, sotto una guida più competente – debba agire. Altrimenti, Allah yerahmu (che Allah abbia pietà di noi).

(traduzione dall’inglese di Giacomo Coggiola)




Libano: Israele usa fosforo bianco rischiando di causare danni ai civili

Report di Human Rights Watch

5 giugno 2024, Human Rights Watch

Munizioni a esplosione aerea usati illegalmente in zone popolate

(Beirut) – Human Rights Watch ha dichiarato oggi (mercoledì 5 giugno) che l’uso diffuso nel Libano meridionale del fosforo bianco da parte di Israele sta mettendo a grave rischio i civili e contribuendo alla fuga dei residenti. Human Rights Watch ha verificato l’uso di munizioni al fosforo bianco da parte delle forze israeliane dall’ottobre 2023 in almeno 17 comuni nel Libano meridionale, tra cui 5 dove i proiettili esplosivi sono stati usati illegalmente in zone residenziali densamente popolate.

Il fosforo bianco è una sostanza chimica dispersa da proiettili di artiglieria, bombe e razzi che si infiamma quando esposta all’ossigeno. I suoi effetti incendiari provocano morte o atroci ferite che causano sofferenze per tutta la vita. Può dar fuoco a case, zone agricole e altri obiettivi civili. Ai sensi del diritto umanitario internazionale l’uso indiscriminato di fosforo bianco in armi incendiarie è illegale in zone abitate e comunque non soddisfa i requisiti di legge per prendere tutte le precauzioni possibili per evitare danni ai civili.

Ramzi Kaiss, ricercatore di Human Rights Watch per il Libano ha detto: “L’uso fatto da Israele di munizioni esplosive al fosforo bianco in zone abitate danneggia indiscriminatamente i civili e ha costretto molti di loro a lasciare le proprie case. Le forze israeliane dovrebbero cessarne immediatamente l’uso in aree popolate, specialmente quando sono facilmente disponibili alternative meno dannose.

Human Rights Watch ha intervistato otto abitanti e verificato e geolocalizzato 47 foto e video provenienti dal Libano meridionale postate sui social media o condivise direttamente con i ricercatori che indicano l’uso di munizioni al fosforo bianco. In cinque villaggi le immagini mostrano munizioni esplosive contenenti fosforo bianco che atterrano sul tetto di edifici residenziali di Kafr Kila, Mays al-Jabal, Boustane, Markaba e Aita al-Chaab, villaggi lungo il confine meridionale libanese.

Il sindaco di Boustane ha detto che due abitanti del villaggio sono stati ricoverati in ospedale a causa dell’asfissia causata dall’inalazione di gas di fosforo bianco dopo l’attacco del 15 ottobre. “Entrambi i civili erano nelle proprie case,” conclude il sindaco. “Uno era un consigliere comunale, l’altro un contadino.”

Le persone hanno detto a Human Rights Watch che l’uso di fosforo bianco nelle aree popolate nel Libano meridionale ha contribuito allo sfollamento degli abitanti di parecchi villaggi lungo il confine Libano-Israele.

Il ministero della salute pubblica libanese ha detto che dal 28 maggio l’esposizione al fosforo bianco ha procurato lesioni ad almeno 173 persone. Human Rights Watch non ha ottenuto prove di ustioni risultanti da munizioni al fosforo bianco ma ha sentito racconti che indicano possibili danni respiratori.

Gli effetti più gravi del fosforo bianco sono dermici o cutanei, fra cui ustioni di secondo e terzo grado che possono causare una grave necrosi profonda e ustioni a tutto spessore,” ha detto il dottor Tharwat Zahran, tossicologo e ricercatore di medicina di emergenza presso l’American University di Beirut. “L’esposizione al fosforo bianco potrebbe [anche] causare danni acuti all’apparato respiratorio superiore, come respiro affannoso o rapido [e] tosse, ma potrebbe anche avere effetti ritardati, [incluse] polmoniti chimiche che potrebbero richiedere ricoveri ospedalieri e supporto respiratorio meccanico.”

Human Rights Watch ha detto che l’uso diffuso da parte di Israele di fosforo bianco nel Libano meridionale evidenzia la necessità di una legge internazionale più rigorosa sulle armi incendiarie. Il protocollo III della Convenzione sulle armi convenzionali è l’unico strumento giuridicamente vincolante dedicato specificamente alle armi incendiarie. Il Libano fa parte del Protocollo III, Israele no.

Il Protocollo III si applica ad armi che sono “progettate principalmente” per dar fuoco o causare ustioni e perciò esclude certe munizioni multiuso con effetti incendiari, soprattutto quelle contenenti fosforo bianco. Inoltre ha regolamenti meno rigidi per l’uso su “concentrazioni di civili” di armi incendiarie lanciate da terra, come quelle usate in Libano, rispetto alle bombe aviolanciate anche se producono le stesse orrende ferite.

Il termine “Concentrazioni di civili” è definito genericamente e include zone abitate che vanno dai villaggi, ai campi profughi alle città. Human Rights Watch e molti Paesi hanno da tempo invocato l’eliminazione di queste scappatoie nel Protocollo III per creare norme internazionali che proteggano meglio i civili dai danni causati da armi incendiarie.

A livello nazionale Israele dovrebbe proibire completamente l’uso di munizioni ad esplosione aerea al fosforo bianco in aree popolate poiché pone i civili a rischio di attacchi indiscriminati. Come alternative al fosforo bianco sono disponibili le granate fumogene, fra cui alcune prodotte da aziende israeliane, come i proiettili fumogeni M150 che l’esercito israeliano ha usato nel passato come oscuranti, un modo per ostacolare la visibilità dei suoi soldati. Queste alternative possono avere lo stesso effetto e ridurre drammaticamente i danni ai civili.

Il Libano dovrebbe immediatamente sottoporre una dichiarazione alla Corte Penale Internazionale (CPI) avviando le indagini e l’azione penale per gravi crimini internazionali entro la giurisdizione della Corte sul territorio libanese dall’ottobre 2023.

Sono necessari limiti internazionali più stringenti contro l’uso di fosforo bianco per far sì che queste armi non continuino a mettere in pericolo i civili,” ha detto Kaiss. “L’uso recente da parte di Israele di fosforo bianco in Libano dovrebbe motivare altri Paesi a intraprendere un’azione immediata per raggiungere questo obiettivo.”

Uso di fosforo bianco in conflitti armati

Il fosforo bianco può essere usato come mezzo militare per oscurare, marcare o segnalare, o come arma per stanare con il fumo le forze nemiche. Le preoccupazioni per il suo uso in aree popolate sono ampliate data la tecnica indiscriminata, vista nei video, di proiettili al fosforo bianco esplosi in aria che sparpagliano 116 pezzi di feltro incendiari impregnati con la sostanza su un’area fra i 125 e i 250 metri di diametro a seconda dell’altitudine e dell’angolazione dell’esplosione, esponendo più civili e strutture civili a danni potenziali rispetto al caso in cui l’esplosione fosse partita da terra.

Quando esposto all’ossigeno atmosferico il fosforo bianco prende fuoco e continua a bruciare fino a quando è privato di ossigeno o esso si esaurisce. La sua reazione chimica può creare un calore intenso (circa 1.500 gradi), bagliori e fumo.

Il fosforo bianco che entra in contatto con una persona può provocare ustioni fino all’osso. Frammenti di fosforo bianco possono aggravare le ferite persino dopo il trattamento e possono entrare nel sangue e causare insufficienze multiorgano. Ferite già bendate possono riprendere fuoco quando si rimuove il bendaggio e sono esposte nuovamente all’ossigeno. Anche ustioni minori sono spesso fatali. Fra i sopravvissuti le cicatrici estese stringono il tessuto muscolare e creano disabilità fisiche. Il trauma dell’attacco, il trattamento doloroso che ne segue e le cicatrici che cambiano aspetto causano danni psicologici e isolamento sociale.

Attacchi di razzi e missili e scontri armati fra l’esercito israeliano e vari gruppi armati libanesi fra cui Hezbollah sono continuati dall’otto ottobre, il giorno dopo l’attacco guidato da Hamas di gruppi armati palestinesi nel sud di Israele che, secondo il governo israeliano, ha ucciso circa 1200 persone, quasi tutte civili. Dal 7 ottobre al 29 maggio almeno 36171 palestinesi sono stati uccisi da pesanti bombardamenti e operazioni militari a Gaza delle forze israeliane.

Human Rights Watch ha documentato l’uso fatto dall’esercito israeliano di fosforo bianco lanciato dall’artiglieria nel Libano meridionale e a Gaza nell’ottobre 2023 oltre alle precedenti ostilità a Gaza, fra cui quelle del 2009.

Human Rights Watch aveva precedentemente verificato l’uso di munizioni al fosforo bianco lanciate dall’artiglieria nel Libano meridionale il 10 ottobre in due località vicino al confine Israele-Libano e a Gaza City. Il 12 ottobre, nel corso di un’intervista alla CNN, il portavoce dell’esercito israeliano ha smentito l’uso di munizioni al fosforo bianco nel Libano meridionale e a Gaza.

Il 30 ottobre Amnesty International ha scoperto che un attacco del 16 ottobre contro il villaggio sul confine libanese di Dhayra con l’uso di munizioni al fosforo bianco era stato un “attacco indiscriminato che aveva ferito almeno nove civili e danneggiato attrezzature civili.” Secondo il Washington Post che aveva condotto una sua indagine l’attacco aveva incluso l’uso di munizioni al fosforo bianco fornite dagli USA.

L’esercito israeliano ha detto che la maggioranza delle sue granate fumogene non contengono fosforo bianco, ma ha confermato che “come molti eserciti occidentali le FDI [Forze di Difesa Israeliane] hanno anche granate fumogene che contengono fosforo bianco … e che la scelta di usarle è influenzata da considerazioni operative e disponibilità in mancanza di alternative.” Il militare ha detto anche che tali munizioni “sono intese per creare una cortina fumogena e non per attaccare o incendiare.”

La dispersione di frammenti di feltro di munizioni al fosforo bianco osservate in foto e video analizzate da Human Rights Watch è in linea con l’uso di proiettili che sarebbero stati esplosi dall’artiglieria dell’esercito israeliano sia a Gaza che nel Libano meridionale.

È stato riferito dai reportage dei media che fino al 29 maggio gli attacchi israeliani in Libano dall’ottobre 2023 avrebbero ucciso almeno 88 civili, oltre a più di 300 combattenti. Attacchi in Israele da parte di Hezbollah e milizie armate palestinesi in Libano dall’ottobre 2023 avrebbero ucciso almeno 11 civili e 14 soldati. Oltre 93.000 persone sono fuggite dalle loro case nel Libano meridionale e almeno 80.000 sono scappate nel nord di Israele.

Metolodogia

Ricercatori di Human Rights Watch hanno analizzato oltre 100 foto e video postati sui social media e condivisi da giornalisti, agenzie di stampa e abitanti del Libano meridionale oltre a riprese condivise direttamente con i ricercatori. Essi hanno identificato l’uso di munizioni al fosforo bianco in 47 di tali immagini e poi le hanno geolocalizzate per confermare le loro posizioni e, quando possibile, identificare con precisione la zona dove erano caduti i frammenti di feltro impregnati di fosforo bianco.

Human Rights Watch ha anche parlato con otto abitanti del Libano meridionale fra cui il capo di un sindacato di lavoratori agricoli, un insegnante, due fotografi che lavorano nella regione, un soccorritore della Difesa civile libanese e i sindaci di Kafr Kila, Mays al-Jabal e Boustane. Human Rights Watch ha anche parlato con un tossicologo di Beirut.

il 22 maggio Human Rights Watch ha mandato una lettera all’esercito israeliano con i risultati e delle domande concernenti l’uso di fosforo bianco ma non ha ricevuto risposta.

Uso documentato in aree popolate

Tramite la sua analisi di video e foto verificati dall’ottobre 2023 Human Rights Watch ha identificato l’uso di munizioni in 17 comuni nel Libano meridionale. Tra questi cinque villaggi dove le munizioni esplosive sono state usate su zone popolate. In video e foto postate sui social o pubblicate da agenzie di stampa dei villaggi di Boustane il 15 ottobre, di Kafr Kila il 12 novembre, 14 e 31 gennaio, di Mays al-Jabal il 12 novembre, di Markaba il 4 marzo e Aita al-Chaab il 3 aprile frammenti di feltro incendiati atterrano visibilmente sul tetto di edifici residenziali.

Human Rights Watch non è stata in grado di determinare se c’erano obiettivi militari nelle zone dove l’esercito israeliano ha usato munizioni al fosforo bianco nel Libano meridionale.

Il sindaco di Boustane ha detto che quasi tutti gli abitanti vivevano ancora nel villaggio quando è stato attaccato. “Durante la prima settimana di guerra quasi tutti i 900 abitanti di Boustane erano ancora nel villaggio,” ha detto. “Dopo due settimane ne sono rimasti quasi 700. […] E in seguito c’erano circa 14 famiglie. […] Gradualmente hanno continuato a ridursi e ora sono rimaste solo in 4.”

Dati raccolti dall’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM) per il periodo tra il 10 e il 15 ottobre indicano che gli spostamenti dai villaggi erano minimi fino alla data dell’attacco. Quando Boustane è stata assaltata il 15 praticamente tutta la popolazione era nel villaggio.

A Mays al-Jabal il sindaco Abdelmonem Choucair ha detto che “durante i primi mesi di guerra circa 25 persone, tutte civili, sono state portate in ospedale a causa del fosforo bianco.” Human Rights Watch ha verificato foto e video che mostrano munizioni al fosforo bianco a Mays al-Jabal in immagini postate sui social il 12 novembre e il 5 dicembre.

L’uso di munizioni al fosforo bianco a Mays al-Jabal ha spinto la gente a fuggire dal villaggio che è diventato una zona militare,” ha detto Choucair.

Il sindaco di Kafr Kila ha detto che stima che al momento dell’attacco al fosforo bianco a novembre circa il 50-70% degli abitanti viveva ancora là. “La gente stava nelle proprie case, anche se ogni tanto andava via, ma poi ritornava,” ha detto. “Ma dal gennaio in poi il villaggio ha cominciato a svuotarsi. Sono stati l’uso del fosforo bianco e anche i colpi diretti alle case che hanno spinto la gente ad andarsene.”

Human Rights Watch ha verificato foto e video condivisi da agenzie stampa o postati sui social il 17 ottobre, 12 novembre, 14 e 31 gennaio e 2 marzo che mostrano l’uso di munizioni al fosforo bianco a Kafr Kila.

Un fotografo ha detto che dopo aver inalato fumo delle munizioni usate in un attacco a Kafr Kila si è messo a letto e ha dormito per due giorni. “Ancora oggi mia moglie mi dice che ho sempre la tosse.”

A un certo punto ho dovuto avvicinarmi al fumo del fosforo bianco per scappare dal villaggio perché il fosforo era alla periferia,” ha detto l’uomo. “Avevo i finestrini aperti mentre guidavo e il fumo è entrato nell’abitacolo. Non sono sicuro di cosa sia successo ma sono certo di averlo inalato […] Avevo il voltastomaco. Gola, polmoni e stomaco mi facevano male, quella notte ho avuto la diarrea e dopo non sono più riuscito a mangiare per un po’, più o meno cinque giorni.”

Ramiz Dallah, un fotografo del Libano meridionale, ha condiviso le sue immagini degli attacchi al fosforo bianco contro il villaggio di Shebaa, che Human Rights Watch ha verificato, e ha detto che dopo un attacco a dicembre il fumo dei proiettili copriva parte della valle di Shebaa e dello stesso villaggio.

Molte persone hanno cominciato ad aver paura di comprare qualsiasi cosa dal villaggio o dal sud perché temono possa essere stato colpito dal fosforo [bianco],” ha detto. “La gente non vuole comprare prodotti del nostro villaggio. Ho sentito l’odore e inalato fosforo bianco quando hanno colpito Shebaa. Non so quali saranno gli effetti a lungo termine di tutto questo fumo dentro il mio corpo.”

Il dottor Zahran, tossicologo, ha detto che i medici hanno riferito di alcuni casi in cui “la gente che andava a controllare le proprie case aveva subito un’esposizione secondaria, con sintomi respiratori dovuti all’inalazione di fosforo bianco che stava ancora bruciando ed era presente nelle zone colpite.”

Politica israeliana sull’uso di fosforo bianco

Nel 2013 le forze armate israeliane annunciarono che stavano sviluppando nuove granate fumogene senza fosforo bianco. L’esercito disse che avrebbe ciononostante usato e immagazzinato le munizioni fino a quando non avesse alternative sufficienti, ma disse che “a seconda del risultato di questo processo di sviluppo le nuove granate sono destinate a rimpiazzare gradualmente quelle attuali come mezzo primario impiegato dalle FDI per le cortine fumogene.”

La decisione di sviluppare alternative è arrivata dopo l’israeliana Operazione Piombo Fuso a Gaza dal 27 dicembre 2008 al 18 gennaio 2009, quando l’esercito israeliano lanciò da terra circa 200 munizioni al fosforo bianco verso zone abitate di Gaza. L’esercito fece particolarmente affidamento sui proiettili di artiglieria M825E1 da 155mm che lanciano frammenti di fosforo in fiamme a 125 metri in tutte le direzioni, dando loro un effetto a largo raggio. Il ministero degli affari esteri israeliano ha dichiarato che l’esercito israeliano ha usato i proiettili solo per creare una cortina fumogena. Tuttavia nel marzo 2009 Human Rights Watch documentò decine di vittime civili nei sei incidenti su cui aveva indagato. Le munizioni al fosforo bianco danneggiarono anche strutture civili, fra cui una scuola, un mercato, un deposito di aiuti umanitari e un ospedale.

Tale uso di fosforo bianco causò indignazione e richieste di indagini in ambito internazionale e domestico. Nel 2013 in risposta a una petizione presentata alla Corte Suprema di Giustizia israeliana sugli attacchi a Gaza l’esercito israeliano affermò che non avrebbe più usato fosforo bianco in zone abitate eccetto in due limitate situazioni che rivelò solo al sistema giudiziario. Nella sentenza della corte la giudice Edna Arbel spiegò che le condizioni avrebbero “reso l’uso del fosforo bianco un’eccezione estrema in circostanze veramente particolari.” Nonostante questo impegno presso la Corte non costituisse un cambio ufficiale di politiche la giudice Arbel chiese all’esercito israeliano di condurre “un esame approfondito e esaustivo” e di adottare una direttiva militare permanente.

(traduzione dall’inglese di Mirella Alessio)




Ex capo del Mossad: non possiamo sconfiggere Hamas e la Jihad islamica militarmente

Redazione di Middle East Monitor

4 giugno 2024 – Middle East Monitor

Ieri un ex-capo dei servizi segreti israeliani all’estero (il Mossad) ha confermato che Tel Aviv non può sconfiggere Hamas e la Jihad islamica militarmente.

Dal 7 ottobre Israele ha intrapreso una guerra genocida contro la Striscia di Gaza, con un bilancio di oltre 118.000 palestinesi uccisi o feriti, di cui più del 70% minori e donne, e circa 10.000 dispersi in mezzo ad una massiccia distruzione e alla carestia.

Scrivendo sul quotidiano israeliano Maariv sotto il titolo ‘L’amara verità: Hamas e la Jihad non saranno sconfitti da azioni militari’, Danny Yatom ha affermato: “Non siamo in grado di raggiungere gli obiettivi al nord (Libano) e al sud (Gaza)”.

Ci sono ancora molti ostaggi nei tunnel di Gaza, migliaia di sfollati (israeliani) che sono ben lontani dal poter tornare alle proprie case ed Hezbollah sta distruggendo le nostre città al nord.”

Israele stima che ci siano 128 prigionieri di guerra israeliani ostaggi a Gaza, mentre Hamas ha annunciato che più di 70 di loro sono stati uccisi accidentalmente dalle incursioni effettuate da Israele, che trattiene almeno 9.500 palestinesi nelle sue prigioni, molti senza accusa o processo.

Yatom ha continuato: “Nonostante la presenza dell’esercito israeliano ovunque nella Striscia di Gaza, Hamas e la Jihad islamica non saranno sconfitti da azioni militari e gli ostaggi non faranno ritorno sono pressione militare senza accordi politici.”

(traduzione dall’inglese di Gianluca Ramunno)




Guerra a Gaza: 100 giorni dopo, incombe una catastrofe regionale

David Hearst

12 gennaio 2024-Middle East Eye

Israele non ha raggiunto nessuno dei suoi obiettivi di distruggere Hamas, svuotare Gaza, rimodellare il Medio Oriente. Quindi cosa succederà adesso dopo?

Questo fine settimana segnerà 100 giorni da quando Israele ha lanciato la sua offensiva a Gaza, e c’è stato un diluvio di dichiarazioni secondo cui la guerra sarebbe “passata” a una nuova fase con meno truppe, meno bombardamenti e un maggiore uso di attacchi “mirati”. Per far sembrare che il ritiro delle truppe fosse l’atto di uno Stato sovrano, e non il risultato di una pressione costante da parte di Washington, l’esercito israeliano ha affermato di aver strappato il nord di Gaza al controllo di Hamas.

Eppure, mentre si svolgevano questi briefing, l’esercito israeliano ha annunciato che almeno 103 soldati erano stati feriti nei combattimenti delle 24 ore precedenti. Il giorno dopo l’esercito ha annunciato la morte di nove soldati. Nello stesso periodo, il ministero della Sanità di Gaza ha annunciato che 126 palestinesi erano stati uccisi negli attacchi israeliani. Il ministero a affermato che nelle ultime 24 ore altri 147 sono stati uccisi.

Una contraddizione appare evidente. Le perdite subite quotidianamente dall’esercito israeliano e dai civili palestinesi a Gaza sono in contrasto con le affermazioni di una nuova guerra di “minore intensità”.

La spiegazione più ovvia riguardo le vittime è che, 100 giorni dopo, la guerra viene combattuta con la stessa ferocia del primo giorno. Hamas non sventola bandiera bianca.

Yoav Gallant, ministro della difesa israeliano e membro del gabinetto di guerra formato da tre uomini, ha qualificato l’affermazione secondo cui il suo esercito aveva stabilito il controllo sul nord aggiungendo “almeno in superficie”. Beh, può ben dirlo.

Allora, cosa ha ottenuto Israele lanciando tutta la potenza della sua aviazione e del suo esercito su Gaza, indipendentemente dal costo in vite civili, e con il pieno intento di rendere quella terra inabitabile per la sua popolazione di 2,3 milioni di abitanti?

Il gabinetto di guerra aveva tre obiettivi in questa campagna: spazzare via Hamas dalla faccia della terra, indipendentemente dalla sorte degli ostaggi catturati, modificare l’equilibrio demografico sfavorevole tra ebrei e arabi costringendo il maggior numero possibile di palestinesi a lasciare Gaza e modificare la situazione in modo che nessun altro gruppo militante possa mai più fare ciò che ha fatto Hamas il 7 ottobre.

Come è andata sotto ogni aspetto?

Israele ha raggiunto i suoi obiettivi militari?

Chiaramente no, secondo il resoconto di Gallant, poiché ha previsto un periodo di combattimenti a venire ancora più lungo. Solo un ostaggio è stato rilasciato vivo in seguito all’operazione militare israeliana, Ori Megidish, che Israele ha dichiarato di aver salvato durante le operazioni di terra, anche se è controverso se sia stata “rilasciata” da Hamas o attivamente “liberata” da Israele durante le sue operazioni.

Ma cosa si può dire rispetto alla distruzione della rete di tunnel che costituisce la spina dorsale della struttura militare di Hamas, bandita come organizzazione terroristica nel Regno Unito e in altri Paesi?

L’esercito israeliano ha intrapreso questa operazione con le capacità più avanzate di qualsiasi esercito al mondo nell’individuazione, mappatura e distruzione dei tunnel – eppure sembra essere stato sopraffatto dalla portata del compito, con unità specializzate che sono cadute in un serie di trappole esplosive.

Come ha scritto su Foreign Affairs Daphne Richemond-Barak, professoressa associata alla Lauder School of Government, Diplomacy and Strategy presso l’Università Reichman in Israele: “Queste unità hanno anche scoperto una nuova generazione di tunnel di Hamas. Le strutture rudimentali del gruppo dei primi anni 2000 erano rinforzate con assi di legno. Le reti attuali sono più profonde e rinforzate e ricordano i grandi tunnel di infiltrazione della Corea del Nord. Hamas ha utilizzato tecnologie avanzate di perforazione civile per scavarli portando le sue capacità sotterranee a un livello superiore.

La crescente dipendenza di Hamas dai tunnel e il suo elaborato sforzo di costruzione hanno dato i loro frutti. Mai nella storia della guerra nei tunnel un difensore ha potuto trascorrere mesi in spazi così ristretti. Lo scavo stesso, i modi innovativi in cui Hamas ha utilizzato i tunnel e la sopravvivenza del gruppo sottoterra per così tanto tempo non hanno precedenti”.

Davvero un elogio. Ciò che Richemond-Barak non è riuscita a sottolineare è l’ampiezza della rete di tunnel, che si estende, mi è stato detto, per molte centinaia di chilometri.

Forse questo può spiegare perché all’inizio del nuovo anno, subito dopo la mezzanotte, è stata lanciata una nuova raffica di razzi su Tel Aviv.

Dopo cento giorni del bombardamento aereo più feroce che il mondo abbia mai visto dai tempi del bombardamento di Dresda, Amburgo e Tokyo da parte degli Alleati nella Seconda Guerra Mondiale Hamas ha mantenuto la sua capacità di combattere e di infliggere perdite ai carri armati e ai soldati israeliani.

In Israele comincia ad esservi una crescente perplessità riguardo all’entità delle vittime che sta subendo. Dopo le insistenti notizie sull’elevato numero di soldati feriti l’esercito israeliano ha creato una propria pagina web, nella quale attualmente si legge che dall’inizio dell’attacco di terra sono stati uccisi 186 soldati. Il sito rileva inoltre che dall’inizio del conflitto sono rimasti feriti circa 2.500 soldati.

Il quadro reale è peggiore. Yediot Ahronoth ha riferito che si prevede che almeno 12.500 soldati saranno riconosciuti come disabili a seguito dell’intervento a Gaza. Una società assunta dal Ministero della Difesa ha affermato che anche questa cifra potrebbe essere sottostimata, sottolineando che il numero di casi richiedenti il riconoscimento della disabilità potrebbe raggiungere i 20.000. Ci sono 60.000 soldati attualmente sottoposti a riabilitazione.

Israele ha imposto un esodo da Gaza?

Qualunque sia la decisione della Corte Internazionale di Giustizia (ICJ) dell’Aia sull’affermazione del Sud Africa secondo cui Israele è responsabile di un genocidio, Israele ha senza dubbio creato una catastrofe umanitaria a Gaza – e lo ha fatto come aveva pianificato.

Un rapporto delle Nazioni Unite compilato a dicembre utilizzando dati provenienti da 17 diverse agenzie ha rilevato che l’80% di tutti coloro che nel mondo versano in uno stato di fame catastrofico si trova in questo momento a Gaza.

Anche se la guerra finisse domani Gaza è pienamente nelle condizioni di sviluppare una pandemia: l’Organizzazione Mondiale della Sanità segnala che, in media, c’è una doccia ogni 4.500 persone e un servizio igienico ogni 220. Considerando tutto questo il tasso di mortalità tra un anno potrebbe essere molte volte maggiore rispetto al culmine della guerra lampo.

Giora Eiland, ex capo del Consiglio di sicurezza nazionale israeliano e consigliere del governo, è stato così incosciente da esprimere a parole la strategia del gabinetto di guerra. Eiland ha affermato che non è sufficiente tagliare l’acqua, l’elettricità e il diesel a Gaza.

Nei documenti citati come prova dell’intento genocida davanti alla Corte Internazionale di Giustizia si sottolinea come Eiland abbia scritto su un giornale online: “Per rendere efficace l’assedio dobbiamo impedire ad altri di dare assistenza a Gaza. Alla gente dovrebbe essere detto che ha due scelte: restare e morire di fame, o andarsene”.

Israele è riuscito a creare un disastro umanitario a Gaza, ma finora non è riuscito a creare l’esodo dei palestinesi tanto desiderato dai fondamentalisti sionisti. Certamente alcuni cittadini stranieri hanno lasciato Gaza, così come i malati gravi, ma nella maggior parte dei casi non vi è stato alcun tentativo di assaltare il confine con l’Egitto a Rafah. Né vi è alcuna prova, finora, di una rivolta popolare contro Hamas.

Ascoltate invece cosa dice Hanaa Abu Sharkh. Vive in una tenda fuori dalla sua casa distrutta. Spesso si mette in fila aspettando a lungo l’acqua dolce, che di frequente finisce quando arriva il suo turno. “Ogni volta che faccio qualcosa, come lavare, preparare il cibo o raccogliere legna da ardere, ricordo quello che la nostra gente ci raccontava su come veniva esiliata e su come viveva. Una volta mi sembrava strano che vivessero nelle tende, ma ora vivo in una tenda… Non è facile lasciare la tua terra, la tua casa, e non è facile essere esiliato… Guarda, questa è la terra che su cui sei nata e cresciuta. È difficile dimenticarlo”, dice.

Continuo a ripetermi: ‘Quando tornerò a casa mia?’ Anche se è distrutta. Terrò questa tenda fuori dalla casa finché Dio non allevierà queste difficoltà e potrò ricostruirla”, aggiunge Abu Sharkh. “Nessuno lascia la propria casa solo per favorire un piano vile, il cosiddetto Piano del Grande Israele. E dove siamo? Siamo ‘un popolo senza terra’, come hanno detto? ‘Per una terra senza popolo?’ No. Sono loro che dovrebbero andarsene, non noi”.

Inoltre lancia a Israele questo avvertimento: “Ci avete esiliato nel 1948 e nel 1967, e volete esiliarci di nuovo nel 2023; è troppo. Mi consolerò e dirò a me stesso che non sono in esilio e mi trovo ancora nella mia terra”.

Se c’è una voce che descrive la determinazione dei palestinesi a restare nell’inferno creato da Israele, è la voce di Abu Sharkh.

Israele ha ridisegnato la mappa del Medio Oriente?

Questo è l’obiettivo più ambizioso del gabinetto di guerra, ma con lo sviluppo della guerra è anche quello su cui il gabinetto è più coerente. Benjamin Netanyahu, il primo ministro israeliano in difficoltà, ha affermato poche ore dopo l’attacco del 7 ottobre che Israele avrebbe cambiato il volto del Medio Oriente – e da allora questa intenzione è stata ripetuta frequentemente, non ultimo da Gallant.

In vista della recente visita del Segretario di Stato americano Antony Blinken per spegnere le fiamme della guerra regionale Gallant ha segnalato quello che il Wall Street Journal ha descritto come un cambiamento duraturo nell’atteggiamento militare di Israele

Il mio punto di vista di fondo: stiamo combattendo un asse, non un singolo nemico”, ha detto Gallant. “L’Iran sta costruendo il potere militare attorno a Israele per poi usarlo”.

Le parole di Gallant, e quelle di molti altri, potrebbero indurre a pensare che una guerra il cui scopo è spingere le brigate d’élite di Hezbollah a nord del fiume Litani, e lontano dal confine settentrionale di Israele, è solo una questione di tempo.

Ciò significa anche che subito dopo potrebbe seguire una guerra con l’Iran. Ma non molto al di sotto della superficie della retorica militare israeliana ci sono forti dubbi– e, rispetto a Gaza, c’è un’ancor minore certezza che l’esercito possa finire il lavoro in Libano.

Come per ribadire questo obiettivo della guerra come un fatto compiuto, mentre Blinken stava volando nella regione per la quarta volta per impedire che ciò accadesse, Israele ha effettuato due omicidi mirati sul terreno di casa di Hezbollah

Il numero due di Hamas, Saleh al-Arouri, come ogni altro membro di Hamas fuori Gaza, non era stato avvisato dell’attacco del 7 ottobre, eppure è stato comunque preso di mira da un attacco missilistico contro il suo ufficio a Dahiyeh, la città densamente popolata cuore del sud di Beirut, nell’ora di punta. L’area è considerata una zona di sicurezza per Hezbollah.

Sia il suo assassinio che quello di Wissam al-Tawil, vice capo di un’unità della forza d’élite Radwan, sono stati concepiti come colpi contro Hezbollah. Il messaggio che Israele voleva inviare alle milizie più potenti ai suoi confini era che poteva colpire al cuore questa organizzazione.

Nessun freno alla risposta regionale

All’inizio della guerra il leader Hassan Nasrallah aveva affermato che Hezbollah non aveva collaborato con l’attacco di Hamas, ma aveva suggerito che l’obiettivo bellico di Israele di sradicare Hamas fosse una linea rossa per un successivo coinvolgimento di Hezbollah nel conflitto.

Dopo la morte di Arouri, Nasrallah ha promesso vendetta in un discorso in occasione del quarto anniversario dell’uccisione del generale iraniano Qassem Soleimani, ma ha rispettato il suo messaggio di fondo sulle linee rosse di Hezbollah.

In risposta all’uccisione di Arouri Hezbollah ha colpito la base aerea israeliana di Monte Meron, nel nord, con 62 razzi; e dopo l’uccisione di Tawil ha lanciato un attacco con droni contro il comando settentrionale di Israele. Si tratta di obiettivi militari di alto valore e Hezbollah ha inviato la propria risposta a Israele sull’accuratezza e la sofisticatezza della portata delle armi del gruppo. Hezbollah ha segnato il suo punto.

Ma non ci sono freni a quanto accade altrove. Soleimani è stato l’architetto dell’asse della resistenza, che ha iniziato a impegnarsi in risposta alla campagna israeliana a Gaza.

Gli Houthi nello Yemen, dopo più di due dozzine di attacchi alle navi occidentali che attraversavano lo stretto di Bab al-Mandeb, hanno costretto centinaia di navi portacontainer a deviare dal Canale di Suez. In Iraq, dopo che gli attacchi aerei statunitensi hanno preso di mira i membri delle milizie locali, il primo ministro Mohammed Shia al-Sudani ha prontamente annunciato che il suo governo avrebbe chiuso tutte le basi militari statunitensi in Iraq, uno dei principali obiettivi dell’Iran dopo l’uccisione di Soleimani.

Una guerra di logoramento ai confini di Israele si sta facendo sentire. Ciò lascia gli Stati Uniti e la Gran Bretagna, le due potenze con la maggiore responsabilità per la carneficina di Gaza, con poche o nessuna carta da giocare – e il tempo sta rapidamente scadendo.

Né sono sfortunati spettatori dato che hanno sostenuto pienamente la guerra di vendetta di Israele: il primi fornendo le bombe e i proiettili che Israele ha utilizzato per ridurre in macerie Gaza ed entrambi fermando i tentativi internazionali di imporre un cessate il fuoco immediato e prendendo di mira gli Houthi dello Yemen con attacchi aerei.

La deplorevole prestazione del Ministro degli Esteri britannico, David Cameron, sotto l’esame risoluto della Commissione Affari Esteri, ha rivelato pienamente il buco morale e legale in cui la Gran Bretagna si era infilata lasciando che Israele “si togliesse i guanti” a Gaza. Cameron non ha potuto – o voluto – rispondere se fosse stato avvertito dagli avvocati del governo che le azioni israeliane a Gaza erano crimini di guerra.

Inquadrature iniziali di una guerra più ampia

I regimi arabi, e i Paesi del Golfo in particolare, hanno accuratamente evitato qualsiasi ruolo di leadership contro le azioni di Israele. I più colpevoli sono i sauditi, sotto il cui patronato con l’Iniziativa di pace araba del 2002 venne compiuto l’ultimo serio tentativo di porre fine al conflitto. Ma Riyadh non può guardare oltre la propria sopravvivenza. Considera Hamas una minaccia ai propri piani di rivendicare la leadership del mondo sunnita normalizzando i legami con Israele.

L’attacco di Hamas, e la strenua resistenza da allora in poi, hanno fornito un modello rivale – ritenuto morto e sepolto – di unità panaraba. Ciò è strettamente legato alle rivolte popolari della Primavera Araba che l’Arabia Saudita, gli Emirati Arabi Uniti e l’Egitto hanno represso per un decennio.

L’ultima cosa che l’establishment della difesa israeliano dovrebbe fare, per una mente razionale, è dare un calcio a questi nidi di vespe di gruppi di milizie fortemente armati, in gran parte autonomi e agguerriti, tutti annidati in Stati deboli e a breve distanza dai confini settentrionali e orientali di Israele.

Non hanno le truppe per combattere su tre fronti contemporaneamente. Israele è troppo piccolo e i suoi centri abitati sono troppo vulnerabili agli attacchi missilistici. Nasrallah non esagera quando afferma che Israele sarebbe il primo a pagare il prezzo se scoppiasse una guerra vera e propria.

Un ex alto ufficiale dell’esercito israeliano e difensore civico del ministero della difesa, il general maggiore (della riserva) Yitzhak Brick, ha recentemente affermato che migliaia di razzi e missili potrebbero essere lanciati ogni giorno contro centri abitati, basi militari e infrastrutture elettriche e idriche: “Tutti lo sanno, non solo Nasrallah. Lo sappiamo. Sanno quello che hanno. Non siamo preparati per questo.” Né riusciranno a convincere gli Stati Uniti a sostenere un attacco contro l’Iran.

Fare tutto questo, pur avendo gettato all’aria il rapporto di Israele con la Russia a causa della guerra in Ucraina, è il massimo della follia.

Dopo che il mese scorso un attacco missilistico israeliano ha ucciso in Siria Seyyed Reza Mousavi, un alto comandante del “Iran’s Islamic Revolutionary Guard Corps Quds Force “ [corpo delle guardie rivoluzionarie islamiche dell’Iran] a Teheran sono state poste domande sul motivo per cui i russi non avevano schierato il loro sistema S-300 per proteggere i consiglieri iraniani in Siria. Il presidente russo Vladimir Putin sta aspettando e in Siria ha ancora delle carte da giocare.

Ma Israele non agisce in modo razionale. Netanyahu sa che sarà finito nel momento in cui la guerra finirà. L’opinione pubblica israeliana – anche dopo 100 giorni – non riesce a ottenere abbastanza sangue palestinese per soddisfare la sua sete di vendetta e una netta maggioranza vuole che Gaza venga rasa al suolo.

Non esiste un movimento contro la guerra. Ciò che resta dell’ala sinistra israeliana è in fuga all’estero o sta per fuggire. Nel frattempo, le strade, i caffè e i mercati si riempiono di ebrei israeliani armati di pistole. I cittadini palestinesi di Israele non si sono mai sentiti più soli o più vulnerabili.

Qualcuno di questi fatti può essere considerato un risultato per chiunque pensi razionalmente? Semmai questi 100 giorni sembrano l’inizio di una guerra molto più grande e lunga, che sarebbe catastrofica per tutti, sia ebrei che arabi.

Per quanto riguarda gli Stati Uniti e Israele, i due principali attori di questa guerra, non è più una questione di ciechi che guidano altri ciechi. È chi è strategicamente debole a essere guidato da chi è tatticamente arrabbiato.

Giovedì, aerei da guerra statunitensi e britannici hanno colpito le posizioni degli Houthi nello Yemen, un colpo che gli Houthi saranno in grado di sostenere, essendo sopravvissuti a sette anni di bombardamenti da parte dell’Arabia Saudita.

Seguirà una guerra dispiegata nel Mar Rosso. E questo è il risultato di una settimana di tentativi diplomatici statunitensi di limitare una guerra regionale. Questo alla faccia della diplomazia.

Il percorso in discesa su cui Israele sta portando gli Stati Uniti conduce al reciproco tramonto in Medio Oriente.

La guerra di Israele a Gaza potrebbe anche segnare la fine di questo presidente degli Stati Uniti.

Le opinioni espresse in questo articolo appartengono all’autore e non riflettono necessariamente la linea editoriale di Middle East Eye.

(traduzione dall’Inglese di Giuseppe Ponsetti)

 




Chi era Saleh al-Arouri, il dirigente di Hamas ucciso a Beirut?

Redazione di Al Jazeera

3 gennaio 2024 – Al Jazeera

L’uccisione del vice-capo dell’ufficio politico di Hamas potrebbe scatenare una rappresaglia da parte di Hamas ed Hezbollah.

Martedì un attacco con un drone nel quartiere periferico di Dahiyeh, roccaforte di Hezbollah a Beirut sud, ha ucciso l’importante politico di Hamas Saleh al-Arouri.

L’agenzia statale di notizie libanese ha informato che il drone ha colpito un ufficio di Hamas uccidendo sei persone.

Hamas ha confermato la morte di Al-Arouri e l’ha definita un “vigliacco assassinio” da parte di Israele, aggiungendo che gli attacchi contro i palestinesi “dentro e fuori dalla Palestina non riusciranno a spezzare la volontà e la tenacia del nostro popolo o a impedire la continuazione della nostra coraggiosa resistenza.”

“Ciò dimostra ancora una volta il totale fallimento del nostro nemico nel raggiungere i suoi scopi aggressivi nella Striscia di Gaza,” ha affermato l’organizzazione.

In seguito alla notizia della morte di al-Arouri le moschee di Arura, la città a nord di Ramallah nella Cisgiordania occupata, hanno pianto la sua morte ed è stato dichiarato uno sciopero generale per mercoledì.

Ecco quello che c’è da sapere del dirigente di Hamas morto in Libano.

Chi era Saleh al-Arouri?

Al-Arouri, 57 anni, era il vice-capo dell’ufficio politico di Hamas e uno dei fondatori dell’ala militare del gruppo, le brigate Qassam.

Dopo aver passato 15 anni in una prigione israeliana viveva in esilio in Libano. Prima che il 7 ottobre iniziasse la guerra, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu l’aveva minacciato di morte.

Nelle ultime settimane al-Arouri aveva assunto il ruolo di portavoce dell’organizzazione e lo scorso mese aveva detto ad Al Jazeera che Hamas non avrebbe discusso un accordo per lo scambio degli ostaggi detenuti dal gruppo prima della fine della guerra a Gaza.

Nel 2015 gli Stati Uniti avevano etichettato al-Arouri un “terrorista globale” e promesso una taglia di 5 milioni di dollari per ogni informazione su di lui.

Cosa ha detto Israele della morte di al-Arouri?

Mentre non ci sono state reazioni ufficiali di Israele sulla morte del politico di Hamas, Mark Regev, consigliere di Netanyahu, ha detto al sito di notizie statunitense MSNBC che Israele non si assume la responsabilità dell’attacco. Ma, ha aggiunto, “chiunque lo abbia fatto, deve essere chiaro che non si è trattato di un attacco contro lo Stato libanese.”

“Chiunque lo abbia fatto ha compiuto un attacco chirurgico contro la dirigenza di Hamas,” ha affermato.

Tuttavia Danny Danon, ex- ambasciatore israeliano alle Nazioni Unite, ha esaltato l’attacco e si è congratulato con l’esercito israeliano, lo Shin Bet, il servizio di sicurezza, e il Mossad, il servizio di intelligence, per l’uccisione di al-Arouri.

“Chiunque sia convolto nel massacro del 7 ottobre dovrebbe sapere che lo troveremo e faremo i conti con lui,” ha scritto su X in ebraico, in riferimento all’attacco del 7 ottobre di Hamas nel sud di Israele che ha ucciso circa 1.200 persone.

I continui bombardamenti e colpi di artiglieria israeliani contro Gaza hanno ucciso da allora più di 22.000 palestinesi, tra cui più di 8.000 minori.

Secondo i media israeliani, dopo il tweet di Danon il governo ha ordinato ai ministri di non rilasciare interviste riguardo alla morte di al-Arouri.

Quale è stata la risposta dal Libano?

Il primo ministro libanese ad interim Najib Mikati ha condannato l’attacco contro il quartiere di Beirut ed ha affermato che si è trattato di un “nuovo crimine israeliano” e di un tentativo di spingere il Libano in guerra.

Mikati ha anche messo in guardia verso “gli alti dirigenti politici israeliani che ricorrono all’esportazione del fallimento a Gaza sul confine meridionale [del Libano] per imporre nuovi fatti sul terreno e cambiare le regole d’ingaggio.”

Hezbollah ha affermato che l’attacco contro la capitale del Libano “non passerà impunito.”

(traduzione dall’inglese di Amedeo Rossi)




Guerra Israele-Palestina: come Hamas vede l’andamento del conflitto a Gaza e perché pensa di poter vincere

David Hearst 

4 novembre 2023 – Middle East Eye

Una fonte vicina alla leadership politica di Hamas afferma che l’organizzazione crede di poter sconfiggere Israele ma riconosce il pesante prezzo pagato da chi è sul campo.

Lattacco di Hamas del 7 ottobre è stato definito da una delle principali fonti arabe il più grande di tutti gli errori di valutazione nella storia”.

Unoperazione che secondo le persone informate sui dettagli della sua pianificazione doveva essere una missione tattica progettata per catturare al massimo una ventina di ostaggi militari si è trasformata, in seguito al crollo della Divisione israeliana di Gaza, in un assalto caotico.

Mentre i combattenti di Hamas e una serie di altri partecipanti armati provenienti da Gaza facevano irruzione nel sud di Israele attaccando basi militari, comunità di kibbutz e un festival musicale, lassalto ha prodotto le immagini terrificanti del peggior massacro di civili israeliani dalla nascita dello Stato.

Hamas è accusata da organizzazioni per i diritti umani di uccisioni deliberate, rapimenti e attacchi indiscriminati nei confronti di civilinel corso di episodi oggetto di un’indagine in corso da parte della Corte Penale Internazionale.

Sono stati sequestrati fino a 250 ostaggi, alcuni dei quali cittadini stranieri.

In risposta, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha promesso di estirpare Hamas da Gaza.

Una campagna ritorsiva di bombardamenti mirata a spingere oltre un milione di abitanti della parte settentrionale del Paese verso sud e verso il confine egiziano sta per entrare nella quinta settimana con soldati israeliani e miliziani di Hamas impegnati nei combattimenti.

Secondo i dati del ministero della Sanità palestinese i bombardamenti hanno raso al suolo il nord di Gaza e ucciso oltre 9.000 palestinesi. La situazione non mostra segni di cedimento, dal momento che Israele e gli Stati Uniti resistono alla crescente pressione internazionale per un cessate il fuoco.

Middle East Eye ha riferito che lufficio politico di Hamas a Doha è stato tenuto all’oscuro della decisione di Mohammed Deif, comandante delle Brigate Izz al-Din al-Qassam, di scatenare il raid.

Ma nel suo ruolo di leadership lala politica di Hamas ha dovuto assumersene la responsabilità e costituisce al momento una parte fondamentale dei negoziati per il rilascio degli ostaggi su mediazione del Qatar.

Questa è la situazione vista dall’esterno del gruppo combattente, ma non è il modo in cui la stessa Hamas vede questi eventi.

Per scoprire cosa pensa Hamas MEE ha parlato con una fonte palestinese di alto livello in contatto con la leadership politica di Hamas.

MEE ha posto tre domande principali. Perché l’attacco è avvenuto in quel momento? Gli obiettivi di guerra di Israele sono realizzabili? Cosa pensa di ottenere Hamas al termine della guerra?

Perché adesso?

A scatenare l’attacco del 7 ottobre è stata la preoccupazione di Hamas che gli ebrei di estrema destra intendessero sacrificare un animale nel sito della moschea di al-Aqsa, ponendo così le basi per la demolizione del santuario della Cupola sulla Roccia e la costruzione del Terzo Tempio, ha affermato.

Hamas ha seguito da vicino i piani israeliani di istituire una presenza ebraica permanente all’interno del complesso di al-Aqsa. Al-Aqsa è considerato il terzo luogo più sacro dell’Islam e un simbolo dell’identità palestinese. È conosciuto in Israele come il Monte del Tempio.

La presenza quotidiana ad al-Aqsa di ebrei di estrema destra era già stata conseguita, con due irruzioni giornaliere al mattino e al pomeriggio in tour protetti da poliziotti armati fino ai denti e della durata da 30 minuti a un’ora.

Secondo alcune sette religiose messianiche come il Temple Institute, prima che il Terzo Tempio possa essere ricostruito deve essere sacrificata una giovenca rossa senza macchia per purificare il terreno.

A questo scopo sono state importate delle mucche Red Angus dagli Stati Uniti. Allinizio di questanno un’organizzazione a favore del Terzo Tempio ha dichiarato che sperava di macellare durante le vacanze di Pasqua del prossimo anno, che cadranno nellaprile 2024, cinque giovenche importate.

La fonte di MEE afferma che era stata già fatta una programmazione dei tempi rilevando che i coloni avevano eseguito nel sito di al-Aqsa sacrifici di vegetali”.

Affermazione che sembra riferirsi a un’irruzione avvenuta un mese fa da parte di decine di coloni che trasportavano fronde di palma per celebrare la festa ebraica del Sukhot [festa israeliana di pellegrinaggio della durata di sette giorni, ndt.].

Resta solo da compiere la macellazione delle giovenche rosse importate dagli Stati Uniti. Se la facessero sarebbe il segnale per la ricostruzione del Terzo Tempio, dice la fonte.

Hamas aveva già avvertito Israele che stava giocando con il fuoco nel tentare di mettere in atto ad al-Aqsa accordi simili a quelli relativi alla Moschea Ibrahimi di Hebron, divisa tra musulmani ed ebrei [dopo il massacro compiuto dal colono Baruch Goldstein nel 1994 che uccise 29 fedeli palestinesi, lesercito israeliano confiscò la maggior parte della moschea e ai musulmani viene inoltre impedito laccesso alla Moschea Ibrahimi durante le festività ebraiche, ndt.].

Anche altre organizzazioni palestinesi, inclusa lAutorità Nazionale Palestinese, hanno messo in guardia Israele dal cambiare lo status quo nella moschea.

Nelle tre settimane precedenti il raid, si sono svolte tre feste ebraiche terminate con il Sukhot. La sensazione di Hamas a Gaza era che al-Aqsa fosse in pericolo imminente, riferisce la fonte a MEE.

Sulla decisione di scatenare lattacco sono intervenute anche delle considerazioni a lungo termine.

Il destino dei 5.200 prigionieri palestinesi in detenzione israeliana è una pesante responsabilità” per la leadership di Hamas, riferisce la fonte, ed Hamas rifletteva ogni giorno su come avrebbero potuto essere rilasciati”.

La terza motivazione alla base dellattacco era costituita da Gaza stessa, sottoposta a 18 anni di assedio dopo il ritiro da parte di Israele dei suoi coloni dalla Striscia.

Gli Stati Uniti e le potenze regionali hanno lasciato Gaza ai limiti della sopravvivenza, relegata in un angolo con appena il supporto vitale, in lotta per cibo, denaro o un generatore. Lo sfondamento del 7 ottobre è stato un forte messaggio che gli abitanti di Gaza possono rompere lassedio, continua la fonte.

E’ possibile estirpare Hamas?

Non è la prima volta che i leader israeliani promettono di spazzare via Hamas, e ogni guerra precedente si è conclusa con il ritiro israeliano, dice.

I leader di Hamas riconoscono che la portata della devastazione è diversa ma credono ancora che il risultato finale sarà un altro ritiro israeliano, aggiunge.

Israele potrebbe distruggere una metà di Gaza ma penso che alla fine il risultato sarà lo stesso. Il problema per [il primo ministro israeliano Benjamin] Netanyahu sarà come concludere la battaglia con una immagine positiva da offrire alla gente.

Ma ha un grosso problema. Anche se riuscisse nel suo obiettivo bellico di eliminare la leadership di Hamas a Gaza, si troverebbe ancora ad affrontare le contestazioni sulla sua responsabilità per lattacco del 7 ottobre”.

La fonte respinge la prospettiva che Israele possa raggiungere il suo obiettivo principale. Dice che è fisicamente impossibile eliminare Hamas a causa delle dimensioni a Gaza dell’organizzazione e dei suoi affiliati.

Hamas è parte del tessuto della società. Ci sono i combattenti e le loro famiglie. Gli enti di beneficenza e le loro famiglie. I dipendenti pubblici e le loro famiglie. Nel loro insieme costituiscono una parte molto consistente della popolazione.

Anche se Hamas non prevedeva una risposta israeliana di questa portata dispone di una vasta rete di tunnel che si estende per molte centinaia di chilometri, ha riferito un’altra fonte a MEE.

L‘ipotesi che Hamas perdendo Gaza City, che le forze israeliane stanno cercando di accerchiare, cesserebbe di operare è dunque meno probabile.

Allo stesso modo Hamas non dipende dallentrata in guerra di Hezbollah, ma molti allinterno del movimento vedono il suo coinvolgimento come inevitabile.

Dicono che se Hezbollah permettesse l’annientamento di Hamas, sarebbe solo questione di tempo prima che Israele attaccasse anche l’organizzazione libanese.

Cosa otterrà Hamas alla fine di questa battaglia?

Hamas non crede che alla fine della guerra si possa riportare l’orologio al 6 ottobre e Gaza possa ricominciare da capo, dice.

Lattacco del 7 ottobre ha trasmesso un messaggio diretto e preciso secondo cui i palestinesi hanno la capacità di sconfiggere Israele e liberarsi delloccupazione. Per Hamas questo è ormai un dato di fatto, continua.

Hamas ritiene che l’attacco abbia infranto un patto che esisteva tra l’esercito israeliano e la popolazione sin dalla dichiarazione dello Stato nel 1948.

Il patto tacito era che il popolo avrebbe inviato all’esercito i propri figli e figlie e lesercito in cambio avrebbe protetto il Paese.

Secondo la fonte Hamas ritiene che l’attuale conflitto abbia spinto il popolo palestinese e la resistenza palestinese verso la vittoria e la liberazione, aggiungendo: Penso che Israele abbia perso molta fiducia nel futuro”.

Afferma che Hamas riconosce il pesante prezzo pagato dalla popolazione di Gaza. Ma credeva che la maggior parte avrebbe scelto di restare piuttosto che fuggire da una seconda Nakba, in riferimento allo sfollamento di 750.000 palestinesi dalla loro terra ancestrale nel 1948. Per la maggior parte delle persone non c’è scelta: il confine di Gaza con lEgitto e la sua frontiera con Israele sono chiusi e non c’è nessun posto sicuro dai bombardamenti.

Ogni palestinese sa che deve restare nella propria terra, anche se ridotta in macerie e pur vivendo nelle tende, dice.

Hamas ritiene che Israele abbia commesso un enorme errore strategico nel respingere le molteplici iniziative di pace arabe che avrebbero portato alla fine del conflitto.

La loro strategia consiste nell’avere tutto. Per questo perderanno tutto. Sottovalutano i palestinesi, prosegue la fonte.

Dice che mentre le capitali occidentali aspettano unera dopo Hamas, la resistenza palestinese aspetta con fiducia unera in cui possano vivere in un proprio Stato.

Riconosce che lesercito israeliano possiede un enorme vantaggio militare. Ma insiste sul fatto che i risultati di una guerra non sempre dipendono dagli equilibri di potere.

Guardate il Vietnam, lAfghanistan, lAlgeria. Guardate come sono finite quelle guerre coloniali, conclude.

(Traduzione dall’inglese di Aldo Lotta)




Guerra Israele-Palestina: deraglia la politica USA per il Medio Oriente Da quando è scoppiato il conflitto Washington ha fatto una serie di errori marchiani, portando la regione sull’orlo di una guerra più ampia

David Hearst

18 ottobre 2023 – Middle East Eye

Joe Biden non sta avendo una bella guerra. Tre giorni dopo l’attacco di Hamas il presidente USA ha pronunciato un discorso da far invidia persino a David Friedman, ex ambasciatore in Israele sotto la presidenza Trump e difensore dei coloni.

Biden ha erroneamente sostenuto l’affermazione che Hamas avrebbe decapitato neonati, con affermazioni che la Casa Bianca ha poi dovuto smentire; ha promesso il sostegno USA per dare a Israele tutto il necessario per “rispondere a questo attacco” e ha poi erroneamente asserito che i civili a Gaza erano usati come scudi umani.

In quei tre giorni la leadership di Israele ha reso chiarissimo che sarebbe andata giù pesante e che lo Stato nella sua risposta all’attacco di Hamas non avrebbe rispettato le regole di guerra.

Gli eventi si sono svolti di conseguenza e Israele in 10 giorni ha colpito Gaza con una potenza esplosiva equivalente a un quarto di una bomba nucleare.

Mentre Biden stava decollando per il suo ultimo viaggio in Medio Oriente, a Gaza le forze israeliane hanno colpito un ospedale che avevano attaccato pochi giorni prima, dopo aver avvertito di evacuarlo. Oltre 20 altri ospedali hanno ricevuto minacce simili.

Questa volta sono state uccise circa 500 persone. La carneficina all’al-Ahli, uno dei più vecchi ospedali di Gaza, ha fatto un tale piacere a Itamar Ben Gvir, il ministro israeliano della Sicurezza Nazionale, che se ne è prematuramente attribuito la responsabilità: “Fino a quando Hamas non libererà gli ostaggi l’unica cosa che si deve far entrare a Gaza sono centinaia di tonnellate di esplosivo lanciate dall’aeronautica militare, non un grammo di aiuti umanitari.”

Anche Hananya Naftali, che lavorava per il team digitale del Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu, ha postato su X: “ULTIMISSIME: l’aeronautica militare israeliana ha colpito una base terrorista di Hamas dentro un ospedale a Gaza.” Ha velocemente tolto il post.

Più tardi lo stesso giorno un portavoce dell’esercito israeliano ha detto che un “razzo nemico” lanciato contro Israele era uscito dalla traiettoria colpendo l’ospedale. Tali razzi non hanno una potenza esplosiva tale da uccidere 500 persone. Inizialmente l’esercito aveva pubblicato immagini che mostravano un razzo del Jihad Islamico, ma dopo la scoperta che questo video era di 40 minuti successivi al bombardamento, l’esercito ha rimosso il filmato.

Sembra che qualcuno stia facendo gli straordinari al suo laptop per cancellare le tracce dell’attacco contro l’ospedale. C’è persino un audio che rivelerebbe la discussione fra miliziani di Hamas che discuterebbero del fallito lancio, salvo il fatto che, secondo Channel 4 [notiziario britannico, ndt.], sarebbe un falso che usa tono, sintassi e accento sbagliati.

Semaforo verdissimo

Mercoledì, quando Biden è atterrato in Israele, gran parte del tour regionale pianificato era stato cancellato. Tale era la rabbia nella Cisgiordania occupata, in Giordania, Libano ed Egitto che nessun leader arabo per garantire la propria sicurezza ha voluto incontrarlo.

Con centinaia di persone radunate davanti alle ambasciate di USA e Israele in Giordania che invocavano l’espulsione dell’ambasciatore israeliano e la revoca del trattato di pace con Israele, la visita ad Amman è stata annullata. 

Ma poco dopo l’arrivo in Israele Biden si è scavato una fossa ancora più profonda quando ha detto a Netanyahu, a proposito dell’attacco all’ospedale: “Basandomi su quanto ho visto sembra che sia stato fatto dall’altra parte, non da voi.”

Dietro le quinte la politica USA per il Medio Oriente sembrava stesse deragliando.

Per essere chiari le azioni intraprese dagli USA dietro le quinte nel periodo immediatamente seguente all’attacco di Hamas ha spianato la strada alla crisi in cui si trova ora la regione. 

Gli USA non hanno solo dato il semaforo più verde possibile alla campagna di bombardamento mirante a spingere più di un milione di persone dalla metà settentrionale della Striscia di Gaza verso il confine egiziano. Non hanno solo dato a Israele, secondo funzionari della difesa, bombe guidate equipaggiate con il sistema JDAM e parecchie migliaia di proiettili di artiglieria 155 mm.

Secondo vari e credibili rapporti, inizialmente hanno anche cercato di persuadere l’Egitto ad accogliere un milione di rifugiati da Gaza. Al Akhbar [quotidiano in lingua araba pubblicato a Beirut, ndt.] all’inizio ha riferito che gli USA hanno cercato di coordinarsi con l’ONU e “organizzazioni internazionali che ricevono finanziamenti dall’ONU” per convincere il Cairo ad aprire il valico di Rafah. Naturalmente c’era di mezzo una bustarella.

Fonti hanno parlato della possibilità che gli USA dessero dei significativi finanziamenti all’Egitto, oltre 20 miliardi di dollari, se avesse accettato. Hanno menzionato una richiesta del Cairo di “facilitare il trasferimento di molte e numerose organizzazioni operanti nel settore del soccorso al confine con Rafah senza entrare a Gaza”.

Anche il sito egiziano Mada Masr ha riferito che funzionari egiziani si sono consultati sul trasferimento di una significativa parte della popolazione di Gaza. Tale affermazione così delicata ha fatto sì che le autorità egiziane intervenissero pesantemente sul sito: i direttori sono stati convocati e il Consiglio Supremo per la regolamentazione dei media ha iniziato un’indagine sulla pubblicazione di “notizie false”. 

Senza dubbio questi incontri si sono svolti prima che il presidente egiziano Abdel Fattah el-Sisi si rendesse conto del pericolo per lui in un anno di rielezioni. 

L’11 settembre di Israele

Gli USA hanno commesso tre errori nella loro reazione all’attacco di Hamas. Hanno incoraggiato Israele a colpire senza limiti, hanno inizialmente contemplato lo scenario di un esodo di massa dei palestinesi in Egitto e hanno portato il Medio Oriente sull’orlo di una guerra regionale. 

Fin dall’inizio la narrazione usata da Israele e dagli USA è stata che per Israele l’attacco di Hamas era paragonabile all’11 settembre, che Hamas non era in alcun modo diverso dallo Stato Islamico e che Israele aveva il dovere morale non solo di rispondere all’attacco di Hamas ma anche di sradicare l’intero movimento.

Ciò ha permesso a Israele di pensare che avrebbe potuto usare raid aerei contro Gaza non solo per distruggere Hamas, ma anche per apportare modifiche strutturali all’equilibrio di potere nel Medio Oriente, cioè confrontarsi con Hezbollah e infine con l’Iran.

Sia Netanyahu che il leader dell’opposizione Benny Gantz hanno alluso a un piano che avrebbe, nelle parole di Gantz, “cambiato la situazione strategica e della sicurezza nella regione”. Non mi è chiaro se gli USA avrebbero permesso a Israele di procedere con un piano più ampio che contro Hamas e Gaza, ma chiaramente il piano c’era.

Michael Milshtein, capo del Forum di Studi Palestinesi presso il centro Moshe Dayan all’università di Tel Aviv scrive: “Questa guerra è molto di più di un conflitto fra Israele e Hamas. In Occidente si sta sviluppando l’idea che la guerra delle Spade di Ferro [nome dell’operazione militare israeliana contro Gaza, ndt.] sia un momento qualificante, un’opportunità unica di rimodellare l’architettura del Medio Oriente che ci si aspetta influenzerà anche i rapporti di potere in tutto il mondo.”

Per alcuni giorni sembrava che l’espulsione forzata di metà di Gaza travestita da corridori umanitari potesse funzionare. Il confine nord con il Libano è rimasto tranquillo. Inizialmente Hezbollah non ha reagito. I media occidentali hanno accettato il piano di conquistare Hamas e rioccupare Gaza.

La svolta è arrivata quando il Segretario di Stato USA Antony Blinken sembra si sia reso conto che un’altra Nakba delle dimensioni di quanto accadde nel 1948 sarebbe stata una linea rossa. 

Dopo un incontro di ministri degli esteri, Ayman Safadi, vice primo ministro giordano, ha detto che tutti i paesi arabi si impegnavano in un’azione collettiva contro ogni tentativo di espellere i palestinesi dalla loro patria. Lo stesso messaggio è arrivato dal re  di Giordania Abdullah II durante il suo recente viaggio europeo.

L’urlo di protesta levatosi da Giordania, Egitto, Turchia e Arabia Saudita è stato tale che Blinken ha dovuto ammettere che “non avrebbe avuto seguito”. Biden ha anche detto che la rioccupazione di Gaza sarebbe stato un “errore enorme”. Il Primo Ministro britannico Rishi Sunak ha detto che tutti dovrebbero evitare l’escalation. 

Tutto ciò è stato accompagnato da altri avvertimenti chiari. Hossein Amir-Abdollahian, ministro degli Esteri iraniano, ha messo in guardia che l’asse della resistenza avrebbe aperto “fronti multipli” contro Israele se gli attacchi contro Gaza fossero continuati, dicendo alla televisione nazionale iraniana: “Non c’è più molto tempo. Se i crimini di guerra contro i palestinesi non si fermano immediatamente, si apriranno altri fronti multipli e questo è inevitabile.”

Se gli USA non capiranno hanno solo da guardare fuori dalla finestra dove ci sono proteste di massa senza precedenti in tutta la regione.

Guerra regionale

All’arrivo di Biden in Israele mercoledì la regione era in ebollizione. A parte la questione morale, l’esercito USA è chiaramente impreparato per tale impresa avendo speso gli ultimi anni a ridurre le sue risorse militari.

Secondo il Wall Street Journal l’anno scorso ha ritirato più di otto batterie di missili Patriot da Iraq, Kuwait, Giordania e Arabia Saudita, oltre a un sistema Terminal High Altitude Area Defense [Difesa d’area terminale ad alta quota] (Thaad) dall’Arabia Saudita. Ha svuotato le scorte di munizioni da 155mm in Israele per mandarli in Ucraina. Ha spostato la marina nel Pacifico.

In poco tempo ha dovuto far marcia indietro. Nel Mediterraneo c’è già una portaerei e un’altra sta arrivando [in realtà è già arrivata. ndt.]. L’ultima volta che gli USA hanno impiegato due portaerei in Medio Oriente fu nel 2020. Insieme alle sue navi ha dovuto riportare nel Golfo gli aerei da attacco A-10 e i caccia F-15 e F-16. 

Tutto ciò dovrebbe costituire un deterrente per l’Iran. Non lo sarà. Non mi capita spesso di citare le analisi su Israele dell’editorialista Thomas Friedman [noto giornalista USA tradizionalmente schierato con Israele, ndt.] del New York Times, ma in questa occasione farò eccezione.

Friedman ha scritto: “Se Israele entra in Gaza adesso farà saltare gli Accordi di Abramo, destabilizzerà ancora di più due dei più importanti alleati dell’America (Egitto e Giordania) e renderà impossibile la normalizzazione con l’Arabia Saudita: una gigantesca battuta di arresto. Permetterebbe anche ad Hamas di incendiare veramente la Cisgiordania e fare partire una guerra di pastori fra i coloni ebrei e i palestinesi. Complessivamente farebbe il gioco della strategia iraniana di attrarre Israele verso una eccessiva espansione imperiale, indebolendo in tal modo la democrazia ebraica dall’interno.”

Hamas non ha bisogno di infiammare la Cisgiordania occupata, dato che ci sono enormi proteste in tutte le città principali per chiedere al Presidente Mahmoud Abbas di andarsene, dopo che le forze dell’Autorità Palestinese (AP) hanno usato proiettili veri contro i manifestanti. Ma sul punto strategico sono d’accordo con Friedman, anche se mi addolora dirlo.

Ha anche ragione a dire che un’invasione di terra di 360.000 soldati israeliani afflitti è la ricetta per massacri forse peggiori e di più vaste dimensioni di quelli mai visti fino ad ora.

Perdita del sostegno

C’è una discussione a Washington su come l’attacco di Hamas abbia cambiate la natura, la velocità e l’estensione del sistema del Medio Oriente sostenuto dagli USA. James Jeffrey, ex ambasciatore USA nella regione, ha detto a Middle East Eye: “La capacità di Hamas di sconfiggere l’intera difesa militare israeliana mette questa guerra sullo stesso piano della guerra dello Yom Kippur (la guerra in Medio Oriente del 1973). Nessun conflitto recente ha minacciato il sistema mediorientale sostenuto dagli USA tanto come questo, e tale lo considera l’amministrazione [Biden].”

Ma questa analisi fa partire il conto alla rovescia fino all’attacco stesso, non a tutti i segnali che l’hanno preceduto: il collasso dell’AP, gli sconfinamenti israeliani nella moschea di Al-Aqsa, l’impossibilità dei negoziati, i tentativi di stringere un accordo con l’Arabia Saudita passando sopra le teste dei palestinesi e l’impossibilità di tutti i palestinesi di uscire dalle gabbie collettive in cui sono rinchiusi.

Potrebbe anche essere che “il sistema mediorientale sostenuto dagli USA”, basato sul cieco supporto a Israele, non funzioni più? La lettera di dimissioni di Josh Paul, un funzionario ad alto livello del Dipartimento di Stato USA, dimissioni causate dalla posizione della sua amministrazione sulla guerra di Gaza, è una lettura interessante.

Paul ha definito l’attacco di Hamas la “mostruosità delle mostruosità”, ma poi continua: “La reazione di questa amministrazione e anche di gran parte del Congresso è una reazione impulsiva, basata su un pregiudizio confermato, sulla convenienza politica, sulla bancarotta intellettuale e sull’inerzia burocratica. Decenni con lo stesso approccio hanno mostrato che la sicurezza in cambio di pace non porta né alla sicurezza né alla pace. Il fatto che un supporto cieco a una parte sul lungo periodo è distruttivo per gli interessi dei popoli di entrambe le parti.”

Forse Biden ha capito il messaggio. Ma, avendo tolto 12 giorni fa il piede dal freno della rabbia collettiva di Israele, adesso avrà un compito difficile per rimettercelo.

Ho parlato prima di deragliamento, e in realtà è un traballante carro tirato da cavalli. Quello che gli scorsi dodici giorni hanno dimostrato più di ogni altra cosa è l’incapacità degli USA a essere un leader mondiale. Manca dei requisiti: capacità analitica, conoscenza della regione e capacità intellettuale. Spara commenti affrettati e solo dopo pensa alle conseguenze. E’ coinvolto in guerre per le quali è palesemente impreparata.

Accecata dal dogma, sempre entusiasta di dividere il mondo in opposizioni manichee: democrazia contro autocrazia, il mondo giudeo-cristiano contro l’Islam, l’America ha perso contatto con i valori che sostiene di difendere. Mentire a favore di Israele sui crimini di guerra che sta commettendo significa difenderlo?

Washington sta perdendo il sostegno dei suoi alleati. Vedendo le azioni degli USA nessuno può avere molta fiducia che siano state veramente meditate. Le conseguenze di questi 12 giorni e di quelli che seguiranno provocherà sconvolgimenti in lungo e in largo. 

Biden ha tutto l’interesse a chiudere l’episodio ora, fermando l’assalto via terra e costringendo a far entrare a Gaza gli aiuti umanitari essenziali. 

Solo allora potranno avvenire i negoziati con Hamas per uno scambio di prigionieri. Se non riesce a ottenere questi obiettivi base, anche lui scoprirà quali danni un Israele senza limiti può infliggere a sè stesso, alla regione, agli USA e invero al mondo. 

Le opinioni espresse in questo articolo appartengono all’autore e non riflettono necessariamente la politica editoriale di Middle East Eye.

David Hearst è cofondatore e capo-redattore di Middle East Eye. È commentatore e conferenziere sulla regione e analista dell’Arabia Saudita. Ha scritto di politica estera per il Guardian, è stato corrispondente da Russia, Europa e Belfast. È arrivato al Guardian da The Scotsman, dove era corrispondente per il settore dell’istruzione.

(traduzione dall’inglese di Mirella Alessio)




Israele contro Iran: Venti di guerra a Gerusalemme – con il sostegno di Washington

Amos Harel

1 maggio 2018, Haaretz

Israele è determinato a estromettere l’Iran dalla Siria, ma se sbaglia i calcoli, Hezbollah e Hamas potrebbero accettare la sfida. Netanyahu è pronto a correre dei rischi – a un passo dal gioco d’azzardo.

Dopo l’attacco alla Siria attribuito a Israele nella notte di domenica, perlomeno il quinto da settembre, sembra che non ci sia spazio al dubbio. Israele è determinato a sradicare la presenza militare iraniana dalla Siria.

Dopo il precedente attacco alla base aerea T4 vicino a Homs il 9 aprile, in cui morirono 14 persone inclusi sette membri del Corpo delle guardie rivoluzionarie iraniane, l’Iran minacciò gravi ritorsioni. Lo stato maggiore di difesa israeliano si preparò di conseguenza, ma finora non era successo nulla. Invece, ora è stato inflitto un altro attacco agli interessi iraniani in Siria.

In base ai rapporti siriani, il raid [israeliano] sugli obiettivi militari tra Hama e Aleppo nel nord della Siria ha causato forti esplosioni – una fonte ha riferito che sembrava ci fosse un piccolo terremoto. Alcuni furono uccisi, apparentemente soldati siriani e miliziani sciiti pro-iraniani.

La scorsa settimana la rete televisiva CNN ha riferito che lo spionaggio americano e israeliano sta controllando i movimenti in Siria delle armi iraniane che potrebbero essere utilizzate per “chiudere i conti” con Israele. L’attacco di domenica notte – questa volta, con tanta forza – potrebbe rivelare che è stato colpito un grosso deposito di armi. E ciò potrebbe confermare il tentativo di sventare una potenziale reazione iraniana.

Con l’Iran a nord di Israele lo scontro è diretto: Israele ha tracciato un limite ed è pronto a farlo rispettare con la forza. Poiché gli iraniani si oppongono sia alla proibizione di Israele alla sua presenza che ai mezzi che Israele sta usando, in assenza di un mediatore tra le parti, questo conflitto potrebbe ancora intensificarsi. La settimana è appena all’inizio.

Paura di provocare Trump

Nell’ultimo anno, due tendenze sono diventate evidenti in Medio Oriente: il presidente siriano Bashar Assad ha vinto la sanguinosa guerra civile in Siria e gli Stati Uniti stanno ridimensionando la propria presenza nella regione. Anche il loro recente attacco punitivo contro il regime di Assad è stato percepito come un gesto simbolico di addio. Nel frattempo, stanno prendendo forma altre due tendenze: lo sforzo di Israele di espellere l’Iran dalla Siria e Washington che si prepara a una risoluzione per abbandonare l’accordo nucleare tra l’Iran e le potenze [occidentali], che dovrebbe avvenire intorno al 12 maggio.

Il governo del primo ministro Benjamin Netanyahu sembra stabilire una relazione fra le ultime due tendenze. L’idea è che l’Iran si stia trattenendo dal reagire contro Israele per le ultime presunte mosse in Siria perché ha paura di commettere un errore che provocherebbe la rabbia degli Stati Uniti. Secondo questo punto di vista, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump potrebbe rispondere all’escalation tra Iran e Israele abbandonando l’accordo nucleare ancora prima, e in seguito potrebbe persino attaccare i siti nucleari iraniani (il che sarebbe incalcolabilmente più grave di un ipotetico attacco israeliano). Le autorità di Teheran sono anche preoccupate per le varie minacce interne, dalla crisi finanziaria alle accese manifestazioni di protesta. Apparentemente la conclusione logica è che Israele possa continuare a colpire gli iraniani in Siria a suo piacimento.

In effetti, gli Stati Uniti agiscono in modo molto diverso rispetto ai giorni di Obama. Il Segretario di Stato Mike Pompeo è venuto in Israele dopo aver assunto l’incarico ed è partito per la Giordania poco prima che arrivassero le prime notizie degli attacchi israeliani in Siria. Contemporaneamente, Trump e Netanyahu si sono parlati per telefono, discutendo, come riferito, anche dell’Iran. Si tratta chiaramente di un riconoscimento da parte di Washington dei venti di guerra che soffiano a Gerusalemme. Si potrebbe pensare che se Pompeo avesse potuto rimanere in Israele qualche ora in più, gli avrebbero suggerito di saltare in una cabina di pilotaggio e sparare lui stesso alcuni missili.

Nel frattempo, Netanyahu, come abbiamo scritto alcune settimane fa, è di un umore particolarmente trumpiano, molto diverso dal suo comportamento normale. L’attenzione agli incidenti riguardo alla sicurezza ha superato anche la preoccupazione per le lotte politiche all’interno della coalizione. È pronto ad affrontare rischi inediti, al limite del gioco d’azzardo. Stranamente, lo stato maggiore della difesa è con lui. Contrariamente all’acceso contrasto dell’inizio del decennio [2010] sul bombardamento dei siti nucleari in Iran, questa volta i capi della difesa israeliana portano avanti una linea dura e aggressiva riguardo alla presenza dell’Iran in Siria.

La seccante ma necessaria domanda di questa mattina è cosa succede se Israele sbaglia una mossa.

È vero, l’Iran adesso non vuole importunare gli Stati Uniti. È piuttosto occupato a proteggere il suo programma nucleare da ulteriori pressioni ed è interessato a esibire la sua capacità di colpire in Siria. Un combattimento in Siria non andrebbe bene nemmeno ai russi che sono intenzionati a ristabilire il regime di Assad.

Ma i calcoli di Israele potrebbero saltare se le fiamme in Siria divampassero fuori controllo, e se l’Iran decidesse, smentendo le ipotesi, di trascinare Hezbollah nel conflitto, per esempio dopo le elezioni libanesi del 6 maggio. Hezbollah ha acquisito in Siria un’esperienza largamente operativa. Ha un arsenale di oltre 100.000 fra missili e razzi. Hezbollah non è certamente più forte delle Forze di Difesa Israeliane, ma in caso di guerra, potrebbe provocare danni reali sul fronte interno israeliano, e i combattimenti a terra in Libano potrebbero costare cari all’esercito israeliano.

Un conflitto del genere potrebbe coinvolgere Hamas a Gaza, come il ministro della Difesa Avigdor Lieberman ha ripetutamente segnalato (sembra esserci una discrepanza tra i toni sicuri espressi da Gerusalemme, tra cui quelli di Lieberman, in pubblico, e le loro reali paure). Finora Israele è riuscito a stabilire e mantenere un coordinamento con l’aviazione russa per prevenire qualsiasi attrito nei cieli siriani. Ma, a un certo punto, non potrebbe Mosca decidere che è stufa di ricevere diktat da Gerusalemme?

Israele ha uno scopo comprensibile in Siria. La presenza dell’Iran sta diventando potenzialmente pericolosa e potrebbe in futuro bloccare l’esercito israeliano. Eppure, stamattina, bisogna farsi alcune domande. L’obiettivo di espellere tutte le forze iraniane dalla Siria è davvero raggiungibile, come sembrano pensare il primo ministro, il ministro della Difesa e il capo dello stato maggiore? Stanno considerando che le cose possano andare storte, sfociando in un conflitto più vasto dal costo molto più alto? Finora non c’è stata alcuna vera discussione in merito, né è emerso alcun dibattito sulla politica che sta prendendo forma al nord – non nel governo né tra i vertici della sicurezza.

( Traduzione di Luciana Galliano)




Israele sta armando sette gruppi ribelli in Siria

Asa Winstanley,

28 Febbraio, 2018 ,Middle East Monitor

L’occupazione israeliana illegale delle Alture del Golan dura ormai da 50 anni. Questo ricco territorio, parte della Siria meridionale, è stato conquistato dalle forze di occupazione israeliane nella guerra del 1967.

La maggioranza della popolazione siriana sul territorio è stata espulsa o è dovuta fuggire per salvarsi. Israele ha demolito le loro case, i loro edifici, e interi villaggi nel Golan per costruire al loro posto colonie israeliane.

Nel 1981, sfidando le Nazioni Unite e violando il diritto internazionale, Israele ha annesso le Alture del Golan. La mossa – non riconosciuta nemmeno dagli alleati di Israele – era intesa a consolidare il controllo de facto di Israele sul territorio siriano occupato, attribuendogli una patina di auto-riconoscimento legale. In aggiunta a questo , Israele ha usato, negli ultimi anni, la lunga e sanguinosa guerra in Siria come copertura per espandere il proprio controllo nel Golan, molto a sud del territorio ancora del suo vicino sovrano; vuole il piu’ ampio controllo possibile.

Come ho scitto qui l’estate scorsa, Israele sta ora consolidando una buffer zone [zona cuscinetto ndt] nel sud della Siria, estendendola a partire dal Golan. Lavorando nel sud con rappresentanti locali, Israele sta costruendo ciò che le sue organizzazioni di copertura sostengono essere una “zona sicura”.

Quell’estate abbiamo scoperto che Israele stava dando supporto ad un gruppo ribelle sul confine tra il Golan e il resto della Siria per una somma di decine di migliaia di dollari. Negli anni precedenti, Israele aveva sostenuto economicamente gruppi legati ad Al-Qaeda nel sud della Siria. Questo sostegno consisteva nel provvedere le cure ai combattenti feriti in ospedali israeliani al di là del confine, per poi rimandarli indietro in Siria a combattere il regime.

Le notizie piu recenti sono che l’armamento delle forze delegate da Israele in Siria stia crescendo rapidamente. Un’inchiesta del giornale di Tel Aviv Haaretz la scorsa settimana sostiene che Israele stia armando ora “almeno” sette gruppi ribelli nel Golan, che “stanno ricevendo armi e munizioni da Israele, assieme a denaro per comprare ulteriori armi”.

Tutti I gruppi in questione riportano un recente aumento degli aiuti israeliani. Questo in conseguenza del fatto che molti Stati, inclusi la Giordania e gli Stati Uniti, stanno diminuendo la portata delle loro operazioni militari in Siria.

Come ha riportato Haaretz, “A gennario, l’amministrazione Trump ha chiuso la base operativa che la CIA gestiva ad Amman, la capitale giordana, e che coordinava gli aiuti alle organizzazioni ribelli nel sud della Siria. Come risultato, decine di migliaia di ribelli che ricevevano un regolare supporto economico dagli USA sono stati privati di questo supporto.”

Lo scopo di Israele qui sembra essere doppio. Il primo è di tenere le forze armate di Iran e Hezbollah – alleati del regime siriano – lontane dalla linea di confine del Golan. Il modo più rapido per farlo è di fare in modo che ci sia una forza di opposizione reale in quell’area.

In secondo luogo, il programma israeliano di proliferazione delle armi è inteso a promuovere il suo ufficiale obiettivo strategico nella regione; “lasciare che entrambe le parti si massacrino” in modo da prolungare la guerra il piu’ a lungo possibile. Indebolire la Siria e i suoi alleati, [qui tutti dicono] l’Hezbollah libanese e l’Iran, è un obiettivo importante per Israele e la superpotenza che lo sostiene, gli USA. Ancora piu importante è l’obiettivo di far sì che la guerra continui. Tutto ciò in aggiunta allo scopo generale israeliano di controllare il piu’ ampio territorio che può accaparrarsi e mantenere. La buffer zone che Israele sta tentando segretamente di ampliare fino a 40 chilometri dentro la Siria si sta realizzando attraverso gruppi di facciata che si presentano apparentemente come organizazzioni “non-governative” per gli aiuti, come anche pagando i salari dei combattenti ribelli e mandando finanziamenti per comprare armi.

Questi pretesi gruppi di “società civile per gli aiuti” sostenuti da Israele nel sud della Siria – che estendono l’occupazione nel Golan – sono una facciata. In realtà, essi costituiscono un modo per estendere il controllo mediato di Israele nella regione.

Tutto questo è molto in linea con gli schemi di Israele in Libano. Tra il 1982 e il 2000, Israele ha illegalmente occupato il sud del Libano. Dopo l’invasione del 1982 – che raggiunse persino Beirut – Israele si ritirò ad una “buffer zone” nel sud del Libano. Invece di occupare la zona con soldati israeliani, molto del lavoro è stato gestito delegandolo a forze libanesi. Questi gruppi-burattino armati oppressero la popolazione per conto di Israele. Questo condusse presto alla resistenza armata contro l’occupazione israeliana, e fu in queste circostanze che nacque Hezbollah.

Israele occupò illegalmente il sud del Libano fino al 2000, quando la resistenza guidata da Hezbollah spinse fuori (dal territorio) il principale rappresentante israeliano, il cosiddetto Esercito Libanese del Sud. Oggi, Israele sta tentando di istituire quello che è, in tutto fuorché nel nome, un “Esercito Siriano del Sud”. Se possa riuscirci è opinabile, ma, come dimostra la storia del Libano, anche se dovesse farlo è improbabile che Israele riesca a mantenere il controllo a lungo.

(Traduzione di Tamara Taher)