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I veri architetti e attuatori del regime di supremazia ebraica in Israele

Hagai El-Ad

2 settembre 2023,  Haaretz

La gran parte di quelli che sono così sprezzanti nei confronti di Ben-Gvir convivono molto bene con l’apartheid israeliano – semplicemente non lo proclamano ai quattro venti

Nei mesi trascorsi da quando il deputato Itamar Ben-Gvir (Sionismo religioso/Otzma Yehudit) è stato nominato Ministro della Sicurezza Nazionale di Israele non c’è stata settimana in cui un general maggiore dell’esercito o della polizia in pensione non abbia sommerso di profondo disprezzo il “ministro della distruzione”, la nullità che non capisce nulla e ha ancor meno esperienza, il “sospetto” dello Shin Bet che è diventato il “ministro rompiballe” e chi più ne ha più ne metta. La rabbia è così pervasiva che ci si può solo fermare e chiedersi: che cosa si sta cercando di nascondere dietro tutto questo?

Perché, dopo tutto, è doveroso e persino logico disprezzare Ben-Gvir per le politiche violente, piene di odio e razzismo che promuove. Ma qual è il significato di questo profondo disprezzo? Anni fa (ai bei vecchi tempi, quando era semplicemente un “sospetto”), il servizio di sicurezza dello Shin Bet lo giudicava “persona acuta, brillante e astuta”. Verso la fine del 2022, dopo le elezioni per l’attuale XXV Knesset, Ben-Gvir è riuscito a sfruttare la forza politica della sua piccola fazione alla Knesset (i sei parlamentari di Otzma Yehudit) e gli è stato assegnato il portafoglio ministeriale che aveva richiesto.

Da allora il ministro rompiballe si è lavorato il commissario di polizia e i suoi pezzi grossi come se fossero palle da impasto a temperatura ambiente.

Per non parlare del percorso che la nullità ha superato dall’essere una persona con la quale il primo ministro Benjamin Netanyahu rifiutava di farsi fotografare a persona che non molto tempo fa è stata complice nella manovra di Netanyahu per annullare il principio di ragionevolezza [per cui l’atto legislativo si deve adeguare ad un canone di razionalità per evitare decisioni arbitrarie ed irrazionali, ndt.] dell’Alta Corte. Tutto ciò sembrerebbe sottintendere l’esistenza di una certa dose di saggezza pratica e di acume politico. Forse non si dovrebbe essere meno automaticamente sprezzanti nei confronti di chi ha raggiunto tutto questo?

Invece di affrontare seriamente una tale figura politica e l’agenda che persegue, molti preferiscono deglutire e rallegrarsi del fatto che il gabinetto di sicurezza non venga convocato (per paura che Ben-Gvir possa ottenere delle informazioni) e che vengano prese decisioni importanti sopra la sua testa (perché è una superflua nullità). Una nullità talmente superflua che sta guidando un movimento ben radicato a plasmare un discorso pubblico che normalizza la supremazia ebraica e la grida ai quattro venti – e sono proprio quei quattro venti l’essenza della questione.

In effetti, la grande maggioranza di coloro che sono così sprezzanti nei confronti di Ben-Gvir convivono molto bene con un Israele di supremazia ebraica – semplicemente non lo gridano ai quattro venti, il cielo non voglia. Questo è il metodo su cui si fonda il regime israeliano: garantire “l’assoluta uguaglianza dei diritti”, come previsto dalla Dichiarazione di Indipendenza (e poi imporre un regime militare ai cittadini palestinesi e saccheggiare le loro terre); consentire ai sudditi palestinesi presenti nei territori di presentare ricorso all’Alta Corte di Giustizia (che a sua volta convalida la tortura, le demolizioni di case, l’incarcerazione senza processo e il furto di terre); avviare un’indagine quando i soldati uccidono palestinesi (e poi chiudere il caso senza incriminazioni); essere una “nazione startup” (e utilizzare la tecnologia avanzata qui sviluppata per migliorare il controllo sui palestinesi); parlare quando necessario del “processo di pace” (e nel frattempo continuare a costruire colonie).

In breve: supremazia ebraica? Fantastico. Ma Otzma Yehudit (potere ebraico) al governo? Orrore. Tutto – uccidere, espropriare, opprimere – solo non alla luce del sole, in modo da mantenere una legittimità internazionale, in modo da non diventare come il Sud Africa durante il regime dell’apartheid – pur nel pieno di una assennata realizzazione dell’apartheid. Anche se questo metodo necessita di più tempo, richiede pazienza e una certa abilità, se si guarda ai risultati di 100 anni di sionismo è impossibile mettere in dubbio il fatto che, almeno finora, ha avuto successo. Un buon trucco: praticare l’apartheid ed essere considerati, agli occhi del mondo – e ai nostri stessi occhi – una democrazia.

Affinché la faccenda funzioni, ogni apparato statale deve adempiere al proprio compito: Knesset ed esercito, ministeri e tribunali. Questi ultimi – i tribunali, che sono stati al centro del discorso pubblico degli ultimi mesi, attaccati da destra e difesi da sinistra – hanno effettivamente svolto un ruolo centrale nel convalidare il regime di supremazia ebraica.

E non solo per quanto riguarda la situazione nei territori occupati, ma per l’intero territorio governato da Israele: basti ricordare la legge sui Comitati di Ammissione, che consente alle comunità costruite su suolo pubblico di respingere le domande di residenza di candidati “non idonei” – leggi “arabi”. (Nel 2014 l’Alta Corte si era rifiutata di intervenire; proprio di recente la Knesset ha esteso l’applicazione della legge con il sostegno dei membri dell’opposizione), o la Legge fondamentale di Israele come Stato-nazione del popolo ebraico (nel 2021, l’Alta Corte ha respinto le istanze contro la legge – 10 giudici ebrei contro l’unico dissenso del giudice arabo, George Karra). Coloro che non ne sono ancora convinti dovrebbero ascoltare ciò che l’ex presidente della Corte Suprema, Dorit Beinisch, ha affermato solo pochi mesi fa sul ruolo della Corte: “La Corte Suprema non ha mai deciso che le colonie non sono legali, che è un principio fondamentale nel diritto internazionale.”

No. Siamo parte del sistema. Se Israele sta dando battaglia sulla scena internazionale, non intralciamo, al contrario: sosteniamo.

La Corte Suprema è tanto lontana dal ministro rompiballe quanto l’est è dall’ovest. Questo è ovvio. Ma quale dei due ha contribuito maggiormente a far avanzare il progetto delle colonie e al suo successo? In realtà, la risposta a questa domanda è banale: è la Corte Suprema, un gioco da ragazzi. Ma emotivamente, è una risposta che – per la maggior parte dei sostenitori della nostra “democrazia”– è intollerabile.

Lo stesso discorso vale quando si tratta di un elemento cruciale della capacità di Israele di governare i palestinesi: la necessità di insabbiare così tante uccisioni di palestinesi e nel contempo conservare una facciata di legittimità per la violenza di Stato. Israele lo fa da anni con grande abilità. Dopo le ultime elezioni, Ben-Gvir ha cercato di promuovere una “legge sull’immunità” per il personale delle forze di sicurezza, ma alla fine è stato convinto (per il momento) ad abbandonare l’idea. Presumibilmente perché ha capito che, in pratica, l’immunità che Israele concede ai membri delle sue forze di sicurezza è quasi assoluta, e che è preferibile andare avanti così fino in fondo, anche se a volte implica aspettarsi ciò che a prima vista sembrano “indagini”.

Chi ha maggiormente contribuito alla creazione di questo stato di cose, in cui l’inutile teatrino delle indagini serve con successo a Israele sulla scena internazionale e gli consente di continuare a uccidere palestinesi senza assumersene alcuna responsabilità? L’avvocato generale-procuratore generale-Alta Corte di Giustizia militare (nota anche come “élite giudiziaria”), o Ben-Gvir? Ancora una volta, la risposta è banale: la faccenda dell’immunità è frutto del lavoro di quegli stessi onesti giuristi; Ben-Gvir non vi ha parte. Si potrebbero citare molti altri esempi, non ultimo il ricco campo delle modalità “legali” con cui la terra palestinese è stata saccheggiata ai suoi originari proprietari e passata nelle mani dello Stato dal 1948 ad oggi. Ma ormai il metodo è chiaro.

Arriviamo così al 2023, e ai quattro venti: molti ebrei in Israele hanno deciso di non voler più stare a questo gioco, per quanto vincente e intelligente possa essere. Vogliono di più e più velocemente. Possono essere definiti estremisti o messianici, ma questo non spiega nulla. Come è successo? Sul piano emotivo è impossibile non distinguere la necessità di colmare il divario tra un’ideologia chiara e comprensibile a tutti e la sua attuazione eccessivamente complessa. Perché se va bene la “supremazia ebraica”, perché non il “Piano di vittoria” (di Bezalel Smotrich), o “Lasciate vincere le forze di difesa israeliane” e tutto il resto? A livello pratico, secondo loro, è possibile e auspicabile portare avanti il progetto di supremazia ebraica tra il fiume e il mare con più forza, meno parole, e una maggiore dose di grettezza, potere e violenza. Sì, palesemente, ai quattro venti.

La verità è che non c’è motivo di stupirsi se gradualmente sempre più ebrei abbiano deciso di seguire la strada lastricata da tutte quelle sedicenti persone ragionevoli e di arrivare a conclusioni che stanno ora scioccando le persone ragionevoli.

Ecco cosa sta succedendo ora: volenti o nolenti, lo stiamo sentendo sempre più gridato ai quattro venti. Vediamo che qualcuno grida la supremazia ebraica in tutte le direzioni. In realtà quel qualcuno non è Ben-Gvir. Quella figura è il primo ministro (che nel 2016 ha telefonato al padre del sergente Elor Azaria [che uccise un palestinese ferito incapace di nuocere, ndt.]), il presidente della Corte Suprema (che proclama che la Legge Fondamentale dello Stato-Nazione non vìola l’uguaglianza), il comandante dell’aeronautica (con più di 500 bambini palestinesi uccisi a Gaza nell’estate 2014) e il capo dello Shin Bet (che invoca la “difesa di necessità” per la tortura, e, meraviglia delle meraviglie, ogni palestinese finisce per confessare). Gli artefici della supremazia ebraica e i suoi attuatori. Sono loro che non solo sono d’accordo con Ben-Gvir sul principio della supremazia ebraica, ma sono anche quelli che ci hanno portato a questo punto e sono stupiti e furiosi quando lui e i suoi simili vogliono andare oltre.

Questi sono i fatti. Ma sono emotivamente insopportabili. Cosa fare? Trasformare Ben-Gvir in una sorta di clown marginale, svilirlo per non dover affrontare la persona che grida ai quattro venti, che è la persona nello specchio. Bandire le prove. Ben-Gvir è tutto ciò che non siamo. E poi potremo gridare “De-mo-cra-zia” fino a diventare rauchi.

Ma qui la democrazia non è mai esistita. Anche se potessimo tornare al novembre 2022, senza Ben-Gvir e con il principio della ragionevolezza, saremmo comunque uno Stato di apartheid. È questo ciò che vogliamo? Le prossime elezioni forse rafforzeranno Ben-Gvir o forse, al contrario, lo metteranno effettivamente da parte, ma la strada aperta dagli architetti della supremazia ebraica – la strada aperta dal sionismo così come è stato messo sin qui in pratica – resterà aperta. Se non Ben-Gvir, altri la percorreranno.

E qui sta la vera difficoltà: sebbene l’apartheid con il trucco del rossetto burocratico sia uno stratagemma intelligente, ad un certo punto cesserà di persuadere. Dopotutto, c’è la realtà, ci sono i fatti, c’è la vita stessa. Il fatto è che anche dopo 100 anni di sionismo, metà della popolazione tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo è palestinese. Se veramente ci importa della vita, dobbiamo trovare una risposta ad una domanda sensata: che tipo di vita costruiremo qui tutti insieme?

(traduzione dall’inglese di Luciana Galliano)




L’assassinio di un giovane palestinese da parte di coloni israeliani è il più recente tentativo di escalation

Amira Hass

6 agosto 2023 – Haaretz

I coloni israeliani assassini saranno probabilmente liberati o dichiarati innocenti per legittima difesa, i palestinesi attaccati saranno processati per tentato omicidio. Ma la violenza organizzata ha un altro obiettivo.

Ci sono vari possibili scenari in seguito all’assassinio del giovane palestinese Qosai Mi’tan nel suo villaggio di Burqa, a est di Ramallah: la polizia lascerà libero di tornare a casa sua l’ebreo incarcerato in seguito alle affermazioni del suo avvocato che ha agito per legittima difesa dopo che il suo amico era stato ferito. In seguito a proteste crescenti da parte dei parlamentari del (partito) Sionista Religioso che l’esercito sta abbandonando i coloni, l’esercito e lo Shin Bet arresteranno in quel villaggio i palestinesi indiziati per aver attaccato con armi il sospettato (ferito e portato in ospedale), e anche i suoi amici.

Il pubblico ministero chiuderà la pratica contro i due sospettati dato che sarà convinto che si stavano difendendo o potrebbe cambiare l’accusa con una per uso improprio di armi. I giudici a Gerusalemme saranno indulgenti e condanneranno entrambi ai servizi sociali, come lavorare in un asilo nell’avamposto di Pnei Kedem autorizzato di recente.

I palestinesi devono rispondere davanti al tribunale militare di Ofer dell’accusa di aver attaccato pastori ebrei la vigilia dello Shabbat. La loro detenzione sarà estesa fino alla fine di tutti i procedimenti legali. Saranno accusati di tentato omicidio e condannati a vari anni di carcere. “Una disputa sui pascoli non dovrebbe finire in un attacco contro pastori innocenti che volevano solo che le loro pecore e capre brucassero l’erba che cresce su questa terra fertile,” dirà poeticamente il giudice, un tenente colonnello.

Delirante? Non in Israele, come provano i commenti domenica mattina di Itamar Ben-Gvir [ministro di ultradestra per la sicurezza nazionale, ndt.] in cui afferma che ai due sospettati si dovrebbe dare un’onorificenza. Nel giugno 2022 (durante il governo Bennett-Lapid-Gantz), un colono dell’avamposto autorizzato di Nofei Nehemia ha ucciso il ventisettenne Ali Harb del villaggio di Iskaka, a sud di Nablus. Il colono stava partecipando a un’invasione organizzata delle terre del villaggio con lo specifico intento di fondarci un nuovo avamposto. Quando gli abitanti di Iskaka hanno tentato di fermare gli invasori uno di loro ha tirato fuori un coltello con cui ha ucciso Harb. Il pubblico ministero ha archiviato il caso certo che il colono avesse agito per difendersi.

L’invasione dei campi di Burqa da parte di un gruppo di coloni e delle loro greggi è stata prontamente definita dai media come un “conflitto sui pascoli”. Questa formula ingannevole ignora il modello fisso di una crescente violenza dei coloni contro i palestinesi attuata principalmente da “pastori ebrei” ben armati. Dall’inizio dell’anno al 24 luglio ci sono stati 581 attacchi, senza contare assalti e intimidazioni che non sono finiti con danni a proprietà o persone.

Noi non lavoriamo nel vuoto normativo,” ha detto giovedì scorso il giudice Uzi Fogelman, valutando i ricorsi contro la legge che impedisce che Netanyahu venga dichiarato inabilitato a governare. Egli stava difendendo l’autorità della corte a rivedere persino le leggi fondamentali [Basic Laws]. Il giorno prima, lui e i suoi colleghi Esther Hayut e Yael Willner hanno davvero lavorato nel vuoto normativo com’è loro inviolabile abitudine quando si tratta delle colonie in Cisgiordania. Hanno respinto un ricorso presentato dagli abitanti di un altro villaggio chiamato Burqa (questo è vicino a Nablus), che chiedevano fosse loro permesso di lavorare la propria terra senza gli attacchi di coloni e divieti ai propri spostamenti imposti dall’esercito.

La petizione è stata respinta poiché la scuola ebraica, la yeshiva illegale in quella località, era stata spostata in una piccolissima enclave designata come “terra demaniale,” nel bel mezzo di terreni privati palestinesi. Il fatto che i coloni si spostino in questa terra privata e che questa sia la ricetta infallibile per continue molestie e attacchi contro palestinesi non è stata presa in considerazione dai giudici. Proprio come il pubblico ministero che ha liberato l’accoltellatore di Nofei Nehemia ha ignorato l’intenzione illegale a priori di costruire un avamposto invasivo su terreni palestinesi (pubblici o privati fa lo stesso agli occhi del diritto internazionale). Entrambe le decisioni incoraggiano i pogromisti ebrei.

L’assassinio di Mi’tan non è avvenuto in un vuoto. I dettagli precisi saranno chiariti grazie a indagini indipendenti nei prossimi giorni. Ma noi possiamo già riconoscere alcuni degli schemi che saranno seguiti:

1. Collaborazione tra coloni e istituzioni statali. L’avamposto di Migron, a sud di Burqa, fu costruito nel 1999 sui terreni di Burqa. Dopo una battaglia legale intrapresa dagli abitanti del villaggio insieme all’organizzazione Peace Now [Ong progressista pacifista israeliana, ndt.] i coloni furono estromessi dall’avamposto nel 2012, ma l’esercito proibì ai palestinesi, proprietari legali, di ritornare ai propri appezzamenti, coltivarli e svilupparli secondo le proprie necessità. Questo divieto è stato un invito a quelli che 3 anni fa hanno iniziato un allevamento di pecore detto Ramat Migron sulla stessa collina. I contadini e pastori palestinesi della zona spesso denunciano violenti attacchi da questo avamposto. Le autorità hanno trasferito parecchie volte i coloni che, per nulla scoraggiati, ci ritornano continuamente.

2. Anche isolare il villaggio dal circondario, al punto da soffocarlo economicamente e sociale sembra essere sistematico. Burqa giace a meno di 10 chilometri a est di Ramallah. All’inizio degli anni ’80 una strada diretta alla città fu bloccata a vantaggio della colonia di Psagot. Una seconda strada fu bloccata agli inizi del 2000, quando l’avamposto di Giv’at Assaf fu costruito sui terreni del villaggio di Beitin, di fronte all’uscita nord da Burqa. Questa uscita è ancora bloccata.

Invece di meno di 10 minuti per raggiungere Ramallah gli abitanti di Burqa devono fare una lunga deviazione attraverso villaggi adiacenti che richiede dai 30 ai 45 minuti. I costi connessi e la perdita di tempo hanno un impatto diretto sulla difficile situazione economica del villaggio. Anche se nel 2014 l’esercito ha detto al gruppo per i diritti umani B’Tselem che per quanto lo concerne l’uscita non era bloccata, blocchi di cemento e sassi sono piazzati là e non permettono il passaggio delle auto. I pedoni non si azzardano ad andarci. L’avamposto di Oz Zion, ripetutamente demolito e ricostruito, si trova nelle vicinanze della strada bloccata. 

Anche questo è un metodo usato dai coloni: bloccare strade e sentieri usati dagli abitanti dei villaggi palestinesi. L’esercito sta a guardare. Perciò i coloni hanno bloccato l’uscita diretta da Qaryut alla superstrada 60 o la strada dal villaggio di Sinjil ai propri terreni.

3. L’obiettivo comune condiviso dallo Stato e dai coloni assalitori resta quello di occupare i terreni dei palestinesi. Circa 1.000 dunam (100 ettari) di terreni di Burqa, in maggioranza agricoli, sono intrappolati dentro colonie che si sono iniziate a costruire nella zona negli anni ’80, o vicino a strade che portano a quelle colonie. Gli abitanti non hanno accesso alle proprie terre. La maggior parte delle terre rimanenti è nell’Area C (sotto completa autorità israeliana), una definizione degli accordi di Oslo che avrebbe dovuto essere temporanea, ma è diventata permanente. Israele impedisce al villaggio di costruire sulle proprie terre e di svilupparle come sembra opportuno.

Secondo una relazione del 2014 di Iyad Haddad, un ricercatore sul campo di B’Tselem [principale ong israeliana per i diritti umani, ndt.], sugli altri terreni la sistematica violenza da parte dei cittadini israeliani dal 2000 e la conseguente paura impediva agli abitanti di accedere a ulteriori 1.200 dunam. La stessa relazione fece notare che un quarto degli abitanti del villaggio aveva subito attacchi dai coloni. I più noti sono incendiare la moschea e prendere a pietrate i pastori e i raccoglitori di olive.

4. Persino le greggi di capre e le mandrie di bovini servono come arma contro i palestinesi. In tutta la Cisgiordania decine di avamposti di pastori mandano le loro greggi affamate nei villaggi, negli accampamenti di tende, nei campi e frutteti palestinesi per sabotarne i raccolti e impedire agli abitanti di coltivare le proprie terre. Oltretutto questa è una tattica usata per permettere a coloni israeliani armati, spesso scortati dall’esercito, di invadere comunità palestinesi e sconvolgere le loro vite.

Questa violenza organizzata e ben finanziata ha un altro obiettivo: creare provocazioni che portino a un’escalation militare. Dopo tutto i palestinesi non potranno contenere tanto a lungo gli attacchi crescenti contro di loro, commessi con il favore di polizia, esercito e pubblico ministero. Se i palestinesi cercano di difendersi o reagire, esercito e Shin Bet intraprendono delle azioni contro di loro.

Questo obiettivo è stato espresso da Elisha Yered, uno dei due sospetti dell’omicidio di Mi’tan. Yered, un abitante dell’avamposto di Ramat Migron, ha scritto un testo pubblicato il 5 luglio dal Jewish Voice: “Come cittadini cosa ci resta da fare? Non possiamo ridurre neppure per un momento le nostre richieste per una vasta e profonda operazione militare… in tutti i villaggi di Giudea e Samaria. L’obiettivo di tale operazione deve esse la vittoria riconosciuta dal nemico e non una serie di conflitti sanguinosi ogni due o tre mesi …

La recente mini operazione (a Jenin) è stata il risultato di proteste diffuse da parte degli abitanti di Giudea e Samaria [la Cisgiordania, ndt.], a cui più tardi si sono uniti parlamentari e figure pubbliche … noi scenderemo in piazza e protesteremo persino per eventi ‘minori’ come il lancio di pietre e gli attacchi con bombe incendiari e chiariremo agli apparati di sicurezza che non resteremo in silenzio se continua questa politica di contenimento.”

Tutti i rami del movimento dei coloni sono coordinati. Non sorprende quindi che al momento il capo del Comando Centrale, Yehuda Fuchs, sia nel mirino dei rappresentanti dei coloni nella Knesset, che lo accusano di essere debole e di permettere libertà di movimento ai palestinesi. L’opposto del “contenimento” è la guerra. A favore della guerra sono i sostenitori dell’espansionismo e delle annessioni, perché in guerra è più facile commettere crimini irreversibili su larga scala.

(tradotto dall’inglese da Mirella Alessio)




Il ministro di estrema destra afferma che le visite al luogo santo di Gerusalemme ricadono sotto le decisioni israeliane

Ben Lynfield

21 maggio 2023 – The Guardian

Tra crescenti tensioni i commenti di Itamar Ben-Gvir suscitano la condanna dei palestinesi

Il ministro della sicurezza israeliano di estrema destra, Itamar Ben-Gvir, ha visitato un luogo a Gerusalemme sacro sia per i musulmani che per gli ebrei e ha dichiarato che Israele ne era “responsabile”, attirandosi la condanna dei palestinesi dopo mesi di crescenti tensioni e violenze.

La visita di primo mattino al sito, venerato dagli ebrei come il Monte del Tempio e dai musulmani come il complesso che ospita la moschea di al-Aqsa, ha anche suscitato denunce da parte di due dei partner di pace arabi di Israele, la Giordania e l’Egitto.

È successo pochi giorni dopo che gruppi di giovani ebrei si sono scontrati con palestinesi e hanno intonato slogan razzisti durante una marcia nazionalista attraverso la Città Vecchia.

Sono felice di salire sul Monte del Tempio, il luogo più importante per la nazione di Israele”, ha detto Ben-Gvir durante la sua visita al complesso, il luogo più controverso tra musulmani ed ebrei a Gerusalemme e teatro di ripetuti scontri. “La polizia sta facendo un lavoro fantastico qui ricordando di nuovo chi è il padrone di casa a Gerusalemme. Non serviranno tutte le minacce di Hamas. Noi siamo i padroni di Gerusalemme e di tutta la terra d’Israele”.

Secondo le disposizioni in vigore da quando Israele ha occupato il sito insieme al resto di Gerusalemme Est durante la guerra del 1967, gli ebrei possono visitare il posto ma solo i musulmani possono pregare lì. Dagli ebrei è venerato come il sito degli antichi templi, mentre i musulmani lo considerano come il luogo da cui il profeta Maometto ascese al cielo.

Negli ultimi anni le visite e gli appelli alla preghiera ebraica sono aumentati, alimentando i timori musulmani che ci possa essere un’espropriazione. Allo stesso tempo, la polizia è diventata sempre più negligente nel far rispettare il divieto di culto ebraico e spesso non ha impedito agli ebrei di pregare nell’angolo orientale del complesso. Lo fanno leggendo dai loro telefoni cellulari, piuttosto che dai libri di preghiere, che è quello che ha fatto Ben-Gvir domenica. Il momento è stato ripreso in video.

Ben-Gvir, che è stato eletto lo scorso novembre promettendo di sostenere la preghiera ebraica sul sito [di al-Aqsa,ndt], è considerato da molti il politico israeliano più estremista e ha una lunga storia di provocazioni rivolte agli arabi. Per molti anni ha esposto in bella vista nella sua casa una foto di Baruch Goldstein, un israeliano armato che uccise 29 palestinesi durante le preghiere della moschea a Hebron nel 1994.

Ben-Gvir ha anche chiesto maggiori finanziamenti per consentire a un ministero controllato dal suo partito Jewish Power (Potere Ebraico) di aumentare il numero di ebrei in parti di Israele con consistenti popolazioni arabe, il Negev e la Galilea. “Dobbiamo agire lì, dobbiamo essere i padroni anche del Negev e della Galilea”, ha detto.

Ahmad Majdalani, membro del comitato esecutivo dell’OLP, ha affermato che la visita ha offeso i musulmani di tutto il mondo e ha previsto che potrebbe destabilizzare la regione rafforzando i fondamentalisti islamici.

Majdalani, che è anche ministro palestinese per lo sviluppo sociale, ha definito la visita di Ben-Gvir “un’espressione provocatoria del governo israeliano nel suo insieme, non solo un’espressione individuale di Ben-Gvir. È politica ufficiale ferire i sentimenti dei musulmani in tutto il mondo, in particolare dei palestinesi. Avvertiamo che se continua così, la situazione cambia da un conflitto politico a uno religioso che non può essere controllato. Il pericolo di ciò per la regione non può essere sopravvalutato”.

La Giordania, a cui è stato affidato un ruolo speciale riguardo ai siti islamici a Gerusalemme nel suo trattato di pace con Israele del 1994, è stata dura nella sua condanna. “L’assalto alla moschea di al-Aqsa e la violazione della sua santità da parte di un ministro del gabinetto israeliano sono atti da condannare e provocatori”, ha affermato il portavoce del Ministero degli Affari Esteri e degli espatriati Sinan Majali. “Rappresentano una palese violazione del diritto internazionale, nonché dello status quo storico e giuridico a Gerusalemme e nei suoi luoghi santi”.

Israele ha occupato la Città Vecchia di Gerusalemme, che comprende al-Aqsa e l’adiacente Muro Occidentale, un luogo sacro di preghiera per gli ebrei, durante la guerra in Medio Oriente del 1967.

Da allora Israele ha annesso Gerusalemme Est, con una iniziativa non riconosciuta dalla comunità internazionale, e considera l’intera città come la sua capitale eterna e indivisa. I palestinesi vogliono Gerusalemme Est come capitale di uno Stato futuro.

(traduzione dall’Inglese di Giuseppe Ponsetti)




Israele: Ben-Gvir tiene un discorso in memoria dei “martiri” Baruch Goldstein e Meir Kahane

Frank Andrews

2 maggio 2023 – Middle East Eye

Il ministro della sicurezza nazionale ha descritto in precedenza Goldstein, che massacrò 29 palestinesi nel 1994, come il suo “eroe”

Il ministro israeliano di estrema destra per la sicurezza nazionale, Itamar Ben-Gvir, è stato filmato mentre pronunciava un discorso davanti a un drappo che glorifica il colono israeliano Baruch Goldstein, che massacrò 29 palestinesi nel 1994.

Le immagini ottenute da Haaretz mostrano Ben-Gvir che parla martedì scorso, alla vigilia del Giorno dell’Indipendenza israeliana, circondato dalla sicurezza dell’ufficio del primo ministro.

Dietro di lui sul muro un drappo, citando le scritture, si riferisce ai “martiri” Kahane e Goldstein e recita: “Il loro sangue sorgerà” e prosegue “Perché vendicherò il loro sangue, che non ho ancora vendicato. Perché il Signore dimora a Sion”.

Parlando alla yeshiva [scuola ebraica nella quale si attende principalmente allo studio della Torah e del Talmud, ndt.], Ben-Gvir ha detto: “Siamo di fronte una lotta ideologica chiara e inequivocabile. C’è un piccolo gruppo che sta cercando di condurre l’intero popolo di Israele su una cattiva strada. Ma la verità deve essere detta – ci sono molti ebrei confusi”.

Ha detto ai presenti di partecipare al Memorial Day a Be’er Shiva, una commemorazione per i soldati israeliani caduti, nonostante si dica che famiglie in lutto adirate abbiano espresso l’opinione che Ben-Gvir non avrebbe dovuto partecipare.

Ben-Gvir, il cui partito Jewish Power ha recentemente vinto sei seggi alla Knesset israeliana, stava parlando alla Jewish Idea yeshiva, fondata da Kahane, un rabbino di estrema destra ed ex deputato.

Kahane fondò anche il partito Kach, che fu messo fuori legge in seguito al massacro compiuto a un suo sostenitore, Goldstein, alla Moschea Ibrahimi a Hebron nel 1994, con l’uccisione 29 fedeli e il ferimento di altre decine.

Secondo quanto riferito, Ben-Gvir va ogni anno al seminario di Kahane per le celebrazioni del Giorno dell’Indipendenza, ma afferma di aver rotto con gli elementi più estremi della piattaforma di Kahane.

All’età di 16 anni Ben-Gvir aderì come attivista al gruppo Kach prima che, in seguito alle azioni di Goldstein, fosse designato come gruppo terroristico dagli Stati Uniti e bandito in Israele

Una clip scoperta di recente mostra Ben Gvir nel 1995, vestito come Goldstein per la festa ebraica di Purim, che dice: “È il mio eroe”.

Per anni ha tenuto appeso un ritratto di Goldstein al muro della sua casa nella violenta enclave di coloni di Kiryat Arba, vicino a Hebron. Secondo quanto riferito ha rimosso la foto solo nel 2020, nella speranza di persuadere un altro leader dei coloni, Naftali Bennett, ad allearsi con lui nelle elezioni.

Nel 2007, prima della costituzione di Jewish Power, Ben Gvir è stato condannato per incitamento al razzismo e sostegno a un gruppo terroristico dopo aver mostrato un cartello con la scritta “Fuori gli Arabi”. Nella sua macchina sono stati trovati manifesti kahanisti che dicevano: “O noi o loro” e “C’è una soluzione: espellere il nemico arabo”.

Stav Shaffir, un ex deputato del partito laburista israeliano, lo ha descritto come l’unico accolito anziano di Kahane rimasto il cui “coinvolgimento nel terrorismo non è stato dimostrato”. Ad altri affiliati di Kahane i tribunali hanno impedito di candidarsi alle elezioni.

Kahane sorride dal cielo

Il Jewish Power di Ben-Gvir ha chiesto l’annessione formale e la colonizzazione ebraica dell’intera Cisgiordania occupata – in violazione del diritto internazionale – e il sequestro del complesso della moschea di Al-Aqsa, nella Città Vecchia di Gerusalemme est occupata, per porlo sotto la proprietà ebraica.

Sono in corso piani per dare a Ben-Gvir il comando di una guardia nazionale che un ex capo della polizia ha denunciato come una “milizia privata”.

Il piano è parte di un accordo tra il primo ministro Benjamin Netanyahu e Ben-Gvir, che aveva minacciato di dimettersi dopo che il primo ministro aveva sospeso un controverso piano per riformare la magistratura dopo settimane di proteste di massa che a marzo avevano bloccato il paese.

Ben-Gvir ha già detto alla polizia di reprimere più duramente le proteste antigovernative iniziate a gennaio.

Il ministro ha precedentemente notato come le idee di Kahane siano diventate un’opinione corrente nei principali partiti di destra israeliani, incluso il Likud di Netanyahu.

In un servizio commemorativo di Kahane nel 2020, il leader del Jewish Power ha tenuto un discorso in onore del suo defunto maestro.

Ha concluso: “Penso che stia guardando giù dal cielo e sorridendo”.

(traduzione dall’Inglese di Giuseppe Ponsetti)




Gli ebrei fondamentalisti sono più pericolosi di quelli laici? Chiedetelo alle loro vittime palestinesi

Joseph Massad

12 aprile 2023 – Middle East Eye

Non c’è nulla di quello che hanno chiesto gli ebrei sionisti fondamentalisti che i sionisti laici non abbiano già promesso o propugnato.

Per decenni i sionisti laici e persino gli antisionisti ci hanno messo in guardia contro il pericolo del fondamentalismo sionista ebraico. Le loro voci sono diventate più aspre negli ultimi mesi con la salita al potere del governo di destra di Benjamin Netanyahu, che include il maggior numero di ebrei fondamentalisti di sempre in un gabinetto israeliano.

La maggior parte dei laici sionisti pensa che gli ebrei fondamentalisti siano molto pericolosi per gli ebrei israeliani, altri che lo siano anche per i palestinesi, mentre alcuni, inclusi gli antisionisti laici, sostengono che sono una minaccia anche per tutto il mondo dei non ebrei.

Eppure sono sempre stati i sionisti laici a commettere i più orrendi massacri di palestinesi, che hanno conquistato e colonizzato le loro terre, discriminato gli ebrei mizrahi, [ebrei originari di Paesi arabi o musulmani, ndt.] che continuano ad essere amici di forze e regimi antisemiti in tutto il mondo, dall’Ungheria di Viktor Orbán e altri movimenti politici europei di destra ai fondamentalisti evangelici americani.

Sono i sionisti laici a continuare anche ad applicare in Israele la censura militare su tutti i media e che dal 1948 hanno continuato a governare il Paese con norme di emergenza. Sono i laici ad aver anche emanato le leggi razziste per cui Israele è tristemente noto.

Allora cosa rende gli ebrei sionisti fondamentalisti più pericolosi dei sionisti laici?

Il fondamentalismo laico

In realtà, molte delle disquisizioni fondamentaliste antiebraiche sono simili nei toni e nella faziosità agli scritti antimusulmani, per non parlare di quelli anti-islamisti, pubblicati dagli occidentali islamofobi e dai laici arabi e musulmani.

Sicuramente quello che i pamphlet fondamentalisti antiebraici hanno in comune con le tirate anti-musulmane e anti-islamiste è un impegno incondizionato al laicismo liberale dei bianchi protestanti europei usato come il principale punto di riferimento “illuminato” con cui islam, islamismo ed ebraismo fondamentalista (se non proprio l’ebraismo stesso) sono sempre paragonati e che lascia indietro tutti gli altri.

Un esempio rilevante è la lunga intervista che il quotidiano israeliano Haaretz ha pubblicato un paio di settimane fa sull’influenza di Yitzchak Ginsburgh, rabbino americano fondamentalista di origini israeliane. L’intervista è condotta da Motti Inbari, formatosi in Israele e ora docente di religione negli USA, studioso di Ginsburgh e del suo movimento. Da sionista laico Inbari avverte i suoi lettori che Ginsburgh vorrebbe trasformare Israele in un “Iran”, poiché cercherebbe di:“sradicare lo spirito sionista laico e di rovesciare il governo per poter instaurare un regime basato sulla Torah. La Corte Suprema, con le sue decisioni criminali, deve essere annientata. Non c’è bisogno di annientare l’esercito, non deve essere annientato, basta sottometterlo. In questo contesto è importante stabilire dei paragoni e va detto esplicitamente: l’ISIS e Al-Qaida la pensano allo stesso modo.”

Inbari aggiunge che Ginsburgh è pericoloso anche per i palestinesi e gli altri non-ebrei poiché crede che “il sangue ebraico valga più di quello dei gentili”, e che “gli ebrei siano al di sopra della natura e di conseguenza, nel caso in cui un gentile intenda uccidere un ebreo, il gentile deve essere liquidato per proteggere l’ebreo”.

Questi non sono affatto avvertimenti nuovi. In un libro pubblicato trent’anni fa sul fondamentalismo ebraico in Israele, Ian Lustick, lo studioso americano di scienze politiche filoisraeliano che si oppose all’occupazione del 1967 e sostenitore di negoziati per la pace, affermava che “il sistema di valori” degli ebrei fondamentalisti era “radicalmente diverso dall’ethos liberale umanitario condiviso dalla maggioranza di israeliani e americani”.

Lustick identificava i fondamentalisti come “l’ostacolo maggiore” a quello che lui definiva “negoziati seri”.  Egli sosteneva che, a differenza degli ebrei laici che si opporrebbero alla “pace” basandosi sulla “sicurezza”, i fondamentalisti lo fanno basandosi sull’”ideologia”. Sembrerebbe che i sionisti laici non abbiano un’ideologia a guidarli.

Lustick, preoccupato che le relazioni degli USA con Israele si sarebbero indebolite se al potere in Israele fosse andato il fondamentalismo ebraico, avvertiva che tale regime fondamentalista “avrebbe distrutto la relazione speciale con gli Stati Uniti” che si basa sulla “percezione di scopi etici, politici e culturali comuni”.

Questo Israele fondamentalista che possiede “un ampio e sofisticato arsenale nucleare”, concludeva Lustick, sarebbe una minaccia per gli interessi USA quanto la “rivoluzione islamica in Iran”.

L’adesione di Lustick e Inbari alla propaganda ufficiale USA riguardo al fatto che la struttura dello Stato iraniano sia “fondamentalista” o che costituisca una minaccia per gli USA, non viene messa in discussione, motivo per cui gli ebrei fondamentalisti sono paragonati da entrambi all’Iran, il peggior spauracchio dei laici occidentali.

Più pericoloso?

Per non essere da meno il defunto Shahak, attivista antisionista israeliano, è stato ancora più diretto nei suoi disperati attacchi anti-fondamentalisti. In un libro sull’argomento del 1999 di cui fu coautore aveva annunciato che gli ebrei fondamentalisti sono un pericolo non solo per i palestinesi, ma per “tutti i non ebrei “.    

Shahak, allo stesso modo di Inbari più recentemente, ha spiegato come il giudaismo fondamentalista consideri gli ebrei unici, per razza e genetica, con sangue ebraico speciale e DNA ebraico che quindi rendono la vita ebraica speciale e di maggior valore della vita dei non ebrei. Mentre Shahak era al corrente del razzismo laico sionista anti-arabo, radicato nel razzismo laico europeo, non è chiaro perché egli rappresenti il razzismo dei fondamentalisti ebrei come in un certo modo più pericoloso per palestinesi o altri gentili.

Inoltre Shahak si era spinto ad attribuire il razzismo laico sionista all’ebraismo stesso e non al razzismo laico europeo. Perciò l’atteggiamento suprematista ebraico prevalente fra i fondamentalisti, ci viene detto, è percolato nel sistema di pensiero degli ebrei laici al punto che i manifestanti israeliani contro il coinvolgimento militare israeliano in Libano non avevano mai citato i morti libanesi.

Ma tale omissione può essere spiegata in modo adeguato solo dal fondamentalismo ebraico? Negli USA, per esempio, si fa spesso riferimento ai circa 58.000 soldati americani uccisi in Vietnam senza citare gli oltre tre milioni di indocinesi uccisi dai soldati americani.

Quindi sarebbe anche colpevole non solo il fondamentalismo ebraico che privilegia le vite degli ebrei, ma anche un nazionalismo razzista laico e sciovinista che privilegia la vita dei bianchi europei, in vesti sioniste in Israele e camuffato da anticomunista e anti-asiatico negli USA a danno delle vite dei non-bianchi?     

Fin dall’inizio le opinioni di Shahak, simili a quelle di Lustick e Inbari, si basano su una griglia di paragoni fra l’ebraismo fondamentalista, da un lato e l’Europa protestante laica liberale e i suoi imitatori laici israeliani dall’altro. È all’interno di questo schema mentale che molti autori simili raccontano le loro storie di uno spaventoso fondamentalismo ebraico.

Il libro di Shahak continua come la maggioranza dei più recenti pamphlet occidentali sull’islamismo che esotizzano i musulmani e l’Islam per poi proseguire tirando le conclusioni più oltraggiose su di loro.

Ovviamente la differenza principale è che, a differenza degli esperti anti-Islam che fanno parte della propaganda egemonica occidentale contro i musulmani, il libro di Shahak sfida la riscrittura sionista egemonica e distorta della storia ebraica. Ciò che il libro condivide con i molti scritti anti-Islam è però la valutazione positiva a priori dell’Occidente protestante progressista e laico.

Shahak arriva al punto di affermare: “Le tensioni fra israeliani fondamentalisti e laici, perciò, derivano per la maggior parte dal fatto che questi due gruppi vivono in periodi temporali diversi”.

Tali rappresentazioni evoluzioniste e di darwinismo sociale sono caratteristiche di molti autori occidentali e di alcuni musulmani che scrivono sull’Islam e in generale sul Terzo mondo.

Razzismo ‘illuminato’

Il laico Shahak confonde devozione religiosa con fondamentalismo. A differenza dei laici ashkenaziti [discendenti degli ebrei provenienti dall’Europa centrale e orientale, ndt.] che sull’argomento dell’ebraismo e dell’autorità rabbinica sono rappresentati come “illuminati”, ci viene rifilata la descrizione paternalistica secondo cui “quasi tutti i politici [ebrei] orientali, incluse le Pantere Nere [gruppo di ebrei sefarditi che lottava contro il razzismo dell’élite ashkenazita e cercava un’alleanza con i palestinesi, ndt.] degli inizi degli anni ’70 e i membri dei minuscoli movimenti per la pace degli ebrei orientali, normalmente si inchinano e baciano le mani dei rabbini in pubblico”.

A parte la somiglianza tra questi pii gesti di questi non-fondamentalisti con i pii gesti con cui i pii musulmani arabi e cristiani trattano il loro clero, in Shahak questo panico orientalista è accostato alla descrizione dei movimenti per la pace mizrahi come “minuscoli” (come storicamente infatti sono stati), a suggerire che i movimenti per la “pace” ashkenaziti costituiscano movimenti popolari di massa (cosa che non sono mai stati).

Shahak aveva per lungo tempo predetto una guerra civile in Israele che non si è mai materializzata durante la sua vita. In questo libro aveva da fare previsioni ancora più allarmanti : “Non è irragionevole presumere che, se avesse il potere e il controllo, (il movimento dei coloni ebrei fondamentalisti) Gush Emunim userebbe armi nucleari in guerra per tentare di raggiungere i suoi scopi.”

Questo corrisponde esattamente alla propaganda USA sugli islamisti e alla presunta prontezza degli Stati “canaglia” a usare contro l’Occidente armi nucleari che non hanno, a differenza di Israele, specialmente perché, come Shahak ci spiega in gran dettaglio, i gentili non includono solo gli arabi, ma “tutti i non ebrei”.

In questo racconto manca il fatto che i primi ministri israeliani Levi Eshkol e Golda Meir, sionisti laici, nel 1967 e 1973 stavano per usare armi nucleari contro Egitto e Siria. Shahak, che ha scritto della potenzialità nucleare di Israele, certamente era a conoscenza di questi fatti.

Il punto non è che Gush Emunim negli anni ’90 o i fondamentalisti ebrei di oggi non userebbero armi nucleari (che Israele ha in abbondanza), ma che non le userebbero solamente basandosi sulla propria interpretazione fondamentalista dell’ebraismo, ma sulle convinzioni sioniste che caratterizzano in primo luogo la loro idea di ebraismo.

La cosa più straordinaria è che Shahak, Lustick e Inbari non vedano il colonialista fondamentalista ebreo-americano Baruch Goldstein che nel 1994 ha massacrato i palestinesi alla moschea al-Ibrahimi in occasione della festa di Purim, nel contesto di un sionismo laico razzista e colonialista e della miriade di massacri di palestinesi dagli anni ’30, ma piuttosto come parte di un impegno fondamentalista ebraico.  

Per contestualizzare il massacro, Shahak, per esempio, parla persino di “casi ben documentati di [ebrei che hanno commesso] massacri di cristiani e crocifissioni parodistiche di Gesù in occasione del Purim, la maggior parte avvenuta nel periodo tardoantico o nel Medioevo”.

Tuttavia, a differenza di tali eventi, massacri di palestinesi da parte di sionisti e israeliani laici sono continui e, piuttosto di alcune pratiche ebraiche medievali, offrono esempi più recenti da emulare per gente come Goldstein. Invocando alcuni esempi di uccisioni di cristiani da parte di ebrei durante il Purim, l’antisionista Shahak involontariamente discolpa il sionismo laico.

A oggi non c’è nulla che gli ebrei sionisti fondamentalisti chiedano che non sia stato già commesso o invocato dal sionismo laico. Probabilmente questo è stato espresso al meglio dal ministro della Sicurezza Nazionale di Israele, l’ebreo fondamentalista Itamar Ben Gvir nel 1994. quando era giovane.

In un’intervista rimproverava i suoi ipocriti interlocutori ebrei, laici di sinistra, che lo accusavano di sostenere i massacri per aver difeso Goldstein.

Alle loro urla di orrore, Ben Gvir astutamente e con sincera onestà ricordò ai suoi accusatori laici che tutti gli eroi dell’esercito israeliano e dell’Haganah, la milizia sionista precedente all’insediamento dello Stato, erano tali perché avevano assassinato dei palestinesi. Non si sbagliava.

Per quanto riguarda l’attuale campagna di propaganda, secondo cui gli ebrei fondamentalisti sono in un certo senso più pericolosi o violenti o sanguinari dei laici, basta chiedere alle vittime palestinesi sopravvissute che prontamente ribadiranno le giuste considerazioni di Ben Gvir.

Le opinioni espresse in questo articolo appartengono all’autore e non riflettono necessariamente la politica editoriale di Middle East Eye.

Joseph Massad è docente di storia politica e intellettuale araba moderna alla Columbia University di New York. È autore di diversi libri e articoli, sia accademici che giornalistici. Fra i suoi libri: ‘Colonial effects: the making of national identity in Jordan’, ‘Desiring Arabs’ e ‘The Persistence of the Palestinian Question: Essays on Zionism and the Palestinians’. Più di recente ha pubblicato ‘Islam in Liberalism’. I suoi libri e articoli sono stati tradotti in una decina di lingue.

(traduzione dall’inglese di Mirella Alessio)

 




Un poliziotto per gli ebrei israeliani, uno diverso per gli arabi

Hanin Maiadli

11 aprile 2023 – Haaretz

La scorsa settimana il ministro degli Affari e del Patrimonio di Gerusalemme Amichai Eliyahu, figlio del rabbino Shmuel (“È vietato affittare appartamenti agli arabi”) Eliyahu, ha scritto sul suo profilo Twitter che la ventilata Guardia nazionale dovrebbe operare solo contro cittadini israeliani che si identificano con il nemico.

Prima di tutto, grazie per aver chiarito ogni possibile confusione sul suo obiettivo. Dal momento che il rinvio, il mese scorso, della legge di riforma giudiziaria è stato subordinato dal ministro della Sicurezza Nazionale Itamar Ben-Gvir all’istituzione di una Guardia Nazionale, molti oppositori della riforma hanno erroneamente pensato che la Guardia Nazionale li avrebbe presi di mira.

È bene che si siano sbagliati. Abbiamo imparato che la legge e l’ordine vengono mantenuti come sempre e che i buoni e i cattivi rimangono gli stessi, sebbene anche gli ebrei stiano iniziando a scoprire che il loro “Paese democratico” è un bluff e che lo Stato è ancora fondato sulla razza.

Eliyahu si è spiegato dicendo che, a suo avviso, “la divisione dei poteri deve essere tale che la polizia si prenda cura della criminalità ordinaria e delle questioni di legge e ordine tra i cittadini comuni, mentre la Guardia Nazionale si può occupare della criminalità nazionalista”. Ha spiegato: “In questo modo non arriveremo a situazioni in cui si veda un commissario di polizia accusare dei cittadini ebrei di una rivolta”. Il problema non è la rivolta in sé ma accusare della rivolta gli ebrei, vero?

In altre parole, il ministro sta dicendo in effetti che gli ebrei sono gli unici veri cittadini, gli arabi sono sudditi, persone identificabili con il nemico, che per il momento sono considerati cittadini (e comunque senza pari diritti, quindi la cittadinanza è solo sulla carta), ma non per molto. Quindi gli ebrei, i cittadini, si rivolteranno? Perché, sono arabi? Al massimo gli ebrei protestano, manifestano, proclamano la pura verità. “Rivolte.” Queste appartengono agli arabi.

E cos’è, in realtà, un “crimine nazionalista” e in che cosa differisce da un “crimine ordinario”? L’eroina venduta da uno spacciatore ebreo è meno pericolosa di quella di uno spacciatore arabo? Un rapinatore di banche ebreo vuole solo rubare denaro mentre un rapinatore di banche arabo ha altre motivazioni? E nel caso di una banda di ladri mista come stabiliamo il movente?

Un’ evasione fiscale compiuta da un arabo è nazionalista? E un abuso edilizio? Una guida spericolata? Pizzo e spaccio di armi? È sotto l’autorità della Guardia Nazionale o della polizia regolare? E che dire dei crimini di cittadini arabi commessi contro altri arabi? È vero, non c’è una voce in bilancio per questo: 42 assassinati dall’inizio dell’anno, un record assoluto.

Ben-Gvir ed Eliyahu vogliono una milizia ebraica con poteri legali che operi solo contro gli arabi. La fase successiva potrebbe benissimo essere quella di decidere che ogni caso criminale che arriva ai tribunali attraverso la Guardia Nazionale richieda una punizione doppia rispetto a un caso giunto attraverso la polizia regolare. O forse serviranno meno prove per ottenere una condanna.

Non dovranno nemmeno lavorare sodo. Sarà sufficiente che un giudice veda che il detenuto viene condotto in aula da agenti che indossano uniformi diverse (sarebbero appropriate delle camicie brune) e la sentenza potrà essere pronunciata senza il fastidio di ascoltare le testimonianze. Un sistema legale separato basato su origine e razza, dove l’ho già sentito?

Secondo un’ottica di sviluppo potenzialmente correlata, questa settimana è stato riferito che Tel Aviv e Berlino stanno per diventare città gemelle. Mi chiedo se in tale contesto invieremo agenti di polizia in Germania per la formazione professionale.

(traduzione dall’inglese di Aldo Lotta)




I coloni festeggiano Purim con altri attacchi contro i palestinesi

Ali Abunimah 

7 marzo 2023 – Electronic Intifada

Lunedì quattro palestinesi, tra cui una ragazza, sono stati portati in ospedale dopo che coloni israeliani li hanno aggrediti a colpi di pietre nel villaggio di Huwwara, nella Cisgiordania occupata.

Si tratta dello stesso villaggio che il mese scorso i coloni, appoggiati da soldati israeliani, hanno assaltato bruciando automobili, case e attività commerciali.

Durante il pogrom è stata uccisa una persona, il trentasettenne Sameh Aqtash, appena tornato dalla Turchia dove era andato volontario per aiutare le vittime del terremoto.

Dopo questo attacco il ministro israeliano delle Finanze Bezalel Smotrich ha rilasciato un appello genocida secondo cui Huwwara deve essere “spazzato via”.

Giovedì mi sono unito a Rania Khalek e Eugene Purvear su BreakThrough News [notiziario di controinformazione con sede negli USA, ndt.] per parlare dell’aggressione contro Huwwara e del contesto più generale dell’estremismo e della violenza israeliani in aumento, soprattutto delle sempre più frequenti incursioni letali nelle città e nei campi profughi palestinesi.

Si può vedere l’intervista completa nel video all’inizio di questo articolo [nella versione originale in inglese, ndt.].

Nonostante la condanna internazionale del primo attacco contro Huwwara, Israele non sta facendo niente per frenare i coloni.

I pogrom a Huwwara continuano anche come parte dei festeggiamenti per Purim dei coloni, appoggiati dal governo e senza che le autorità facciano rispettare la legge,” afferma l’Ong israeliana per i diritti umani Yesh Din.

Lunedì si sono visti coloni ballare e cantare per le strade del villaggio come parte dei festeggiamenti per la festa ebraica di Purim, un’esibizione che un giornalista ha definito uno “spettacolo di suprematismo ebraico”.

Spesso Purim viene festeggiato in maschera, ma per l’avanguardia dei coloni dello Stato israeliano è diventato da tempo un’occasione per sfoggiare il loro razzismo e la loro violenza.

Itamar Ben-Gvir, ora ministro israeliano della Sicurezza Nazionale, è stato un partecipante entusiasta di questa orribile tradizione.

Nel 1995, da giovane adulto, Ben-Gvir si è travestito da Baruch Goldstein, il colono e medico ebreo americano che un anno prima aveva massacrato 29 palestinesi che stavano pregando nella moschea di Ibrahimi a Hebron per il Ramadan.

Il dottor Goldstein è il mio eroe”, dice Ben-Gvir a una televisione israeliana in un video.

Nonostante il suo odio violento contro i palestinesi sia rimasto immutato, ora Ben-Gvir recita la parte dello statista, celebrando Purim con una cerimonia religiosa solenne insieme al Primo Ministro Benjamin Netanyahu.

Ma nelle città palestinesi i coloni continuano a scatenarsi, con il totale appoggio dell’esercito israeliano.

Utilizzare Purim come scusa per la violenza è praticamente una tradizione” nella Cisgiordania occupata, osserva Breaking the Silence, un’associazione israeliana contro l’occupazione.

La scorsa notte a Huwwara coloni e soldati hanno ballato insieme con la musica di Purim mentre altri coloni aggredivano palestinesi,” aggiunge Breaking the Silence.

Sfortunatamente il resto dell’anno l’esercito israeliano e i coloni non si scomodano a inventare scuse per le continue violenze contro i palestinesi.

(traduzione dall’inglese di Amedeo Rossi)




È iniziata la guerra di Ben-Gvir a Gerusalemme

MARIAM BARGHOUTI e YUMNA PATEL

18 febbraio 2023 Mondoweiss   

Gli eventi degli ultimi giorni a Gerusalemme dimostrano che la guerra dichiarata da Ben Gvir a Gerusalemme Est [sezione palestinese della città, ndt.] è già iniziata, con le autorità israeliane che inaspriscono il controllo sui palestinesi in tutta la città.

La scorsa settimana tre israeliani sono stati uccisi quando un palestinese di Gerusalemme est ha diretto la sua auto contro una fermata dell’autobus nell’insediamento illegale di Ramot Alon.

L’irruzione in auto a Gerusalemme è stata l’ultima di una serie di attacchi di “lupi solitari” da parte di palestinesi nella città occupata, inclusa una sparatoria nell’insediamento di Neve Yaacov che ha ucciso sette israeliani il 27 gennaio, il giorno dopo che le forze israeliane avevano sparato e ucciso 9 palestinesi nel campo profughi di Jenin.

Dopo ogni incidente la risposta del governo israeliano è stata quasi identica: immediati appelli alla punizione collettiva della famiglia del palestinese autore dell’attacco, con arresti di massa e demolizioni punitive di case. Il governo ha anche chiesto l’espulsione delle famiglie dei palestinesi accusati di aver compiuto attacchi contro israeliani e l’allentamento delle norme sulle armi per rendere più facile portare armi agli israeliani.

In seguito all’irruzione di Ramot Alon, l’ultranazionalista israeliano e parlamentare di estrema destra Itamar Ben-Gvir ha chiesto alla polizia israeliana, sulla quale ha il controllo in qualità di Ministro della Sicurezza nazionale, di “riportare l’ordine a Gerusalemme est.”

La repressione proposta da Ben-Gvir a Gerusalemme Est include la richiesta di chiudere interi quartieri, erigere posti di blocco volanti, istituire blocchi e perquisizioni per tutti i palestinesi che entrano ed escono da determinati quartieri e accelerare la demolizione di case a Gerusalemme Est.

Sebbene si sia parlato di dissidi tra Ben-Gvir e il capo della polizia israeliana Kobi Shabtai su quando e come la polizia dovrebbe agire in base ai radicali ordini di Ben-Gvir, gli eventi degli ultimi giorni a Gerusalemme hanno segnalato che, indipendentemente dal fatto se ci sia o meno un accordo a livello governativo, la guerra dichiarata da Ben-Gvir a Gerusalemme est è già in corso.

È documentato che nei quartieri cittadini la polizia israeliana e le forze di polizia di frontiera molestano e attaccano i palestinesi senza essere provocati. Sono stati documentati diversi casi di minori fermati e perquisiti mentre andavano a scuola, passanti e negozianti palestinesi attaccati da agenti di polizia e, in un caso, un palestinese a cui le forze israeliane hanno sparato arbitrariamente e indiscriminatamente mentre guidava.

Nel frattempo le forze israeliane hanno intensificato la demolizione di case palestinesi a Gerusalemme est, con il pretesto che sono prive dei permessi di costruzione rilasciati da Israele.

Persecuzione e aggressioni ai civili

Negli ultimi giorni sono apparsi numerosi rapporti che documentano le punizioni e le vessazioni collettive sulla popolazione palestinese a Gerusalemme est.

Molti degli incidenti sono avvenuti dentro e intorno all’area di Shu’fat, dopo che nel campo profughi di Shu’fat le forze israeliane hanno sparato e ferito un adolescente palestinese che avrebbe tentato di accoltellare un soldato al posto di blocco fuori dal campo. Durante il presunto tentativo di accoltellamento un ufficiale della polizia di frontiera israeliana ha sparato e ucciso un collega.

Nei giorni e ore successive all’uccisione del soldato ad opera del collega, le forze israeliane hanno imposto la chiusura totale del posto di blocco, effettuato arresti e perquisizioni casuali dei residenti e hanno fatto irruzione nel campo profughi vessando e aggredendo i palestinesi nell’area.

In un video che è diventato virale sui social media, un ragazzo palestinese viene picchiato dalla polizia di frontiera israeliana a un posto di blocco fuori dal posto di blocco militare di Shu’fat dopo che gli agenti gli avevano ordinato di spogliarsi durante una perquisizione casuale.

In altri casi documentati sui social media si vedono le forze di polizia di frontiera israeliane aggredire una donna che passa nel campo profughi di Shu’fat, aggredire minori e impedire loro di attraversare un posto di blocco militare per recarsi a scuola, e fermare e perquisire bambini e i loro zaini nella Città Vecchia di Gerusalemme Est.

In un altro caso, un palestinese è stato ferito da proiettili veri quando agenti israeliani hanno crivellato la sua auto di proiettili affermando che aveva tentato di speronarli con il suo veicolo. I media palestinesi e i testimoni oculari hanno riferito che l’uomo stava semplicemente attraversando un’area in cui i soldati stavano conducendo un raid e che gli hanno sparato senza motivo.

L’anno scorso, prima di assumere l’incarico di ministro, Ben-Gvir aveva chiesto di allentare le regole di ingaggio contro coloro che “odiano Israele”.

Aumentano le demolizioni di case e le famiglie dei detenuti sono prese di mira

Venerdì 17 febbraio sei proprietari di case palestinesi sono stati informati dei piani del comune di Gerusalemme di distruggere le loro case nel quartiere di Issawiya a Gerusalemme Est, dove risiedeva Hussein Qaraqe, il palestinese che ha effettuato l’attacco con l’auto a Ramot Alon. 

Secondo Wafa News Agency, gli edifici non erano di nuova costruzione, alcuni hanno 25 anni. All’inizio della settimana un altro palestinese di Issawiya è stato costretto a demolire un ampliamento di due stanze della sua casa, e altre due case sono state demolite nel quartiere di Jabal al-Mukaber.

Al Jazeera ha riferito che dall’inizio dell’anno le forze israeliane hanno demolito almeno 47 strutture palestinesi a Gerusalemme Est e che al 7 febbraio almeno 60 palestinesi sono rimasti senza casa a causa delle demolizioni.

Secondo l’analisi di Mondoweiss sui dati OCHA delle demolizioni, tra il 2018 e il 2021 c’è stato un aumento del 156% delle espulsioni di palestinesi dalle loro case in Cisgiordania e a Gerusalemme. Nello stesso periodo, c’è stato un aumento del 99% delle espulsioni dei palestinesi dalle loro case nella sola Gerusalemme Est.

In aggiunta, giovedì a Gerusalemme le forze israeliane hanno saccheggiato le case di detenuti ed ex detenuti palestinesi, sequestrando alle famiglie denaro, oro e beni personali di valore.

Le forze israeliane hanno in passato preso di mira ex detenuti a Gerusalemme, dove le forze armate hanno fatto irruzione nelle case e preso con la forza tutto il denaro trovato. La casa della famiglia di Ahmad Manasra, processato come un adulto all’età di 13 anni, era una di quelle case.

Secondo Amjad Abu Asab, capo del Comitato per le famiglie dei prigionieri a Gerusalemme, prendere di mira i detenuti palestinesi e le loro famiglie serve a cacciare i palestinesi da Gerusalemme, come la demolizione delle case. “L’occupazione mira a compiacere i coloni e l’estrema destra razzista premendo per ulteriori politiche discriminatorie contro i detenuti”, ha detto Abu Asab in un’intervista ad Al-Qastal.

“Una nuova Nakba”

“Il governo israeliano fascista di destra sta lanciando un attacco senza precedenti contro il nostro popolo a Gerusalemme”, ha dichiarato giovedì 17 febbraio Qadura Faris, direttore dell’Associazione dei Prigionieri Palestinesi.

In un’escalation di campagne di perquisizioni e arresti, le forze israeliane continuano a detenere in massa palestinesi in Cisgiordania e a Gerusalemme. Il più alto tasso di arresti si concentra a Gerusalemme.

Secondo il dipartimento di monitoraggio dell’Associazione dei Prigionieri Palestinesi, a gennaio più di 255 palestinesi sono stati arrestati a Gerusalemme, facendo di Gerusalemme il luogo con il tasso più alto di arresti di palestinesi per mano delle autorità israeliane.

Nelle ultime settimane, le autorità israeliane hanno sequestrato il denaro fornito dall’Autorità Nazionale Palestinese alle famiglie dei detenuti politici palestinesi a Gerusalemme, che considerano pagamento da “entità ostili”.

L’ANP è incaricata della fornitura di stipendi e sostegno monetario ai detenuti palestinesi e alle loro famiglie in caso di detenzione da parte di Israele. Ciò è in gran parte dovuto alla considerazione che molti dei detenuti sono spesso il principale sostegno delle loro famiglie.

“Quello che sta accadendo nel prendere di mira le famiglie dei prigionieri e gli ex detenuti politici”, ha detto Faris, “è una nuova Nakba, che l’occupazione sta sviluppando con l’uso di nuovi mezzi tecnologici”.

Questo concentrarsi su Gerusalemme fa molto aumentare le preoccupazioni palestinesi che Gerusalemme venga espropriata alla comunità palestinese.

Dal 2021, i responsabili politici e il personale militare israeliani chiedono la revoca della residenza a Gerusalemme ai palestinesi come misura punitiva contro coloro che hanno partecipato alle proteste della Rivolta dell’Unità nel 2021 [contro lo sgombero di residenti palestinesi a Sheikh Jarrah, quartiere di Gerusalemme Est, ndt.].

Nel 2018 questo potere è stato affidato al Ministro degli Interni ad interim, che ha il potere di revocare la residenza permanente dei gerosolimitani, una politica che è stata applicata solo contro i palestinesi.

Proteste israeliane contro il governo mentre aumentano gli insediamenti

Il 13 febbraio decine di migliaia di ebrei israeliani si sono riuniti a Gerusalemme per protestare contro le nuove misure del Parlamento che cercano di indebolire la Corte Suprema israeliana, consolidando ulteriormente il potere delle forze armate israeliane.

Ciò è avvenuto il giorno dopo che il nuovo governo israeliano ha approvato e legalizzato nove avamposti in Cisgiordania. “È ora che il mondo punisca Israele per aver sfidato le risoluzioni delle Nazioni Unite e le politiche americane ed europee che chiedono di fermare gli insediamenti”, ha detto in una dichiarazione il primo ministro palestinese Mohammad Shtayyeh.

L’anno scorso l’esercito israeliano ha dotato gli avamposti e le colonie israeliane in Cisgiordania di tecnologia e supporto.

Questa ribellione contro il diritto internazionale e la legittimità internazionale deve essere perseguita con gravi ripercussioni”, ha proseguito Shtayyeh, chiedendo il boicottaggio di Israele “in quanto Stato al di fuori della legalità”.

(traduzione dall’inglese di Luciana Galliano)




Tre palestinesi uccisi in 3 giorni durante l’escalation militare israeliana

Mariam Barghouti

13 Febbraio 2023 – Mondoweiss

Le forze israeliane e i coloni israeliani hanno ucciso 3 palestinesi in tre giorni poco dopo che Itamar Ben Gvir aveva chiesto una “Operazione Scudo difensivo 2″*  in risposta all’attacco ai coloni israeliani. *[operazione militare condotta in Cisgiordania nel 2002 ndt]

I coloni israeliani e l’esercito israeliano hanno ucciso tre palestinesi in tre giorni di seguito. Ciò avviene poco dopo che il Ministro della Sicurezza Nazionale israeliano, Itamar Ben Gvir, ha chiesto di invadere la Cisgiordania in risposta all’uccisione di coloni israeliani, una “Operazione Scudo difensivo 2”.

Sabato 11 febbraio, Mithqal Rayyan, 27 anni, è stato ucciso da un colono israeliano a Qarawa Bani Husan, vicino a Salfit; domenica 12 febbraio le forze israeliane hanno invaso il campo profughi di Jenin e ucciso il quattordicenne Qusai Radwan e lunedì 13 febbraio le forze israeliane hanno fatto irruzione a Nablus in un’operazione militare contro i combattenti della resistenza palestinese durante la quale Ameer Bustami, 21 anni, è stato colpito e ucciso dall’esercito.

Nel fine settimana: l’uccisione di un padre e di un adolescente

Due palestinesi sono stati uccisi durante il fine settimana: sabato 11 febbraio il 27enne Mithqal Rayyan a Qarawat Bani Husan vicino a Salfit e domenica 12 febbraio il quattordicenne Qusai Radwan nel campo profughi di Jenin.

Sabato pomeriggio Mithqal Rayyan è stato ucciso da un colono israeliano con una pallottola alla testa durante un attacco di coloni contro contadini palestinesi e i loro campi.

Rayyan era padre di tre figli. Suo figlio maggiore ha solo 4 anni e ha una figlia di 2 anni e un neonato di meno di un mese.

Durante il suo funerale la madre di Rayyan è stata vista tenergli la testa e baciarlo in lacrime.

Ha detto alla Maan News Agency: “È partito la mattina senza salutare sua moglie e i suoi figli solo per tornare da loro come martire”.

Il giorno successivo, 12 febbraio, l’adolescente Qusai Radwan è stato ucciso durante un’incursione israeliana a Jenin – un evento quasi quotidiano – che aveva lo scopo di arrestare il fratello del detenuto politico palestinese Zakaria Zubeidi, uno dei sei palestinesi che sono fuggiti dalla prigione di Gilboa nel settembre 2021.

Gibril Zubeidi ed altri due sono stati arrestati durante il raid. Nel maggio dello scorso anno, Daoud Zubeidi, il fratello maggiore di Zakaria e Gibril, è stato arrestato dalle forze israeliane pochi giorni dopo l’uccisione di Shireen Abu Akleh, e sarebbe poi morto per le ferite riportate durante il suo arresto.

Qusai Radwan è stato sepolto nel suo villaggio natale di Arqah più tardi domenica sera.

A Nablus continuano gli scontri

Dopo la mezzanotte di lunedì, intorno all’una di notte, le forze speciali israeliane sotto copertura hanno attaccato Nablus vicino al campo profughi di Al-Ain.

Entro la prima mezz’ora dell’incursione le forze israeliane sono riuscite a circondare e ad assediare un edificio vicino alla Città Vecchia che si credeva ospitasse un combattente della resistenza. I combattenti della resistenza circondati si sono rifiutati di consegnarsi, ne è seguito un lungo scontro a fuoco che è durato quasi quattro ore.

Due palestinesi sono stati infine arrestati, Osama Al-Tawil e Abed Al-Kamel Jury, con l’accusa di essere sospettati di aver effettuato nell’ottobre dello scorso anno una sparatoria nei pressi dell’insediamento illegale di Shavei Shomron durante la quale un ufficiale israeliano che stava proteggendo una marcia di coloni è stato ucciso.

Durante l’assalto notturno a Nablus sette persone sono state ferite con proiettili veri, ma le forze israeliane hanno negato l’accesso al personale medico per raggiungere i feriti. Secondo la Mezzaluna Rossa palestinese anche tre medici volontari sono stati trattenuti per diverse ore in un edificio ed è stato loro impedito di fornire cure di emergenza. Secondo la Mezzaluna Rossa nella Città Vecchia a un ferito con proiettili veri alla coscia è stato impedito di raggiungere l’ospedale.

“I soldati della Fossa dei Leoni sono attualmente impegnati nella battaglia per la dignità”, ha affermato lunedì un comunicato stampa rilasciato dal gruppo di resistenza armata la Fossa dei Leoni. “Una battaglia per gli stessi valori di Al-Azizi, Al-Nabulsi e Al-Wadee”, riferendosi ai combattenti caduti che erano figure di spicco del gruppo di resistenza armata. La dichiarazione prosegue invitando i palestinesi ad affrontare le incursioni israeliane.

Vicino all’ingresso occidentale della città le forze israeliane hanno circondato un edificio e lo hanno attaccato con una serie di esplosivi, come mostrano filmati condivisi con Mondoweiss da abitanti e giornalisti locali.

Alle 2:30 del mattino le moschee della città hanno dato l’allarme avvertendo dell’incursione con suoni acuti, mentre nel centro della città sono seguiti scontri armati. In concomitanza con la Fossa dei leoni, anche le Brigate Quds-Battaglione Nablus, un gruppo di resistenza armata affiliato alla Jihad islamica palestinese (PIJ), si sono unite agli scontri.

Il Battaglione Nablus delle Brigate Al-Quds, secondo una dichiarazione sul suo account Telegram, ha riferito che il suo gruppo si è unito agli scontri contro le forze di invasione israeliane e ha sparato ordigni esplosivi da diverse posizioni.

L’assalto è stato così brutale che testimoni oculari lo hanno definito un “vero campo di battaglia”. Riprese video e reportage di giornalisti locali mostrano continue e consecutive sparatorie con munizioni vere. Queste si sono ulteriormente intensificate quando un veicolo dell’esercito si è fermato vicino a una scuola a Nablus, mentre i combattenti della resistenza hanno continuato a sparare contro l’esercito mentre si ritirava intorno alle 4:00 del mattino.

Alle 4:25, la Mezzaluna Rossa ha riferito che Ameer Bustami è stato dichiarato morto dopo diversi tentativi di rianimazione da parte dei medici dell’ospedale Rafidia vicino a Nablus.

Secondo locali fonti di notizie di Jenin, durante l’incursione di domenica al campo profughi di Jenin per arrestare Gibril Zubeid i combattenti della resistenza palestinese hanno impiegato un drone volante per monitorare il movimento dei veicoli militari israeliani che invadevano il campo. Questo è considerato un nuovo sviluppo della resistenza palestinese che, fino allo scorso anno, si era limitata a lanciare pietre e bombe molotov contro le forze israeliane d’invasione.

Con l’uccisione di Bustami, il numero di palestinesi uccisi in Cisgiordania è salito a 48 in meno di due mesi dall’inizio del nuovo anno, compresi dieci minori.

(traduzione dall’Inglese di Giuseppe Ponsetti)




I generali israeliani non sono contenti di dover rispondere ai due ministri e mezzo di Netanyahu

Lily Galili

23 gennaio 2023 – Middle East Eye

L’accordo di coalizione del primo ministro israeliano ha consegnato all’estrema destra un controllo civile e militare senza precedenti, aprendo la strada all’annessione de facto della Cisgiordania.

Il nuovo comandante dell’esercito israeliano Herzi Halevi si trova in una situazione insolita. Il generale deve rispondere non a un ministro della Difesa, e neanche a due, ma a due ministri e mezzo.

Yoav Gallant del Likud [partito nazionalista e di destra israeliano con a capo l’attuale primo ministro Netanyahu, ndt.] è il ministro della Difesa israeliano. Bezalel Smotrich, presidente del partito di estrema destra Sionismo religioso, è sottosegretario presso lo stesso ministero [oltre ad essere ministro delle Finanze ndt.]. Itamar Ben-Gvir, del partito Jewish Power [Potere Ebraico, di estrema destra, ndt.], dispone di una fetta del portafoglio della Difesa, oltre ad essere ministro della Sicurezza Nazionale.

Gli ultimi due politici di estrema destra hanno rivendicato la loro parte nel ministero attraverso piani per riorganizzare l’autorità nella Cisgiordania occupata, che Israele ha [fino ad oggi, ndt.] amministrato – con l’eccezione di Gerusalemme Est – attraverso l’Amministrazione Civile Israeliana, un ramo del ministero della Difesa.

Nell’ambito dell’accordo che lo ha visto entrare a far parte del nuovo governo del primo ministro Benjamin Netanyahu, Smotrich ha chiesto – e ottenuto – l’autorità sull’Amministrazione Civile, che fino a quel momento era stata sotto il controllo esclusivo del ministro della Difesa.

Ben-Gvir, responsabile della polizia, ha ottenuto l’autorità sulla polizia di frontiera operante in Cisgiordania. Fino ad ora quella forza è rimasta sotto il controllo del comando centrale dell’esercito israeliano.

Ma ora, sulla base dell’accordo di coalizione, entro 90 giorni dalla formazione del nuovo governo sarà attuato il trasferimento dei poteri.

Di tutte le frammentazioni dei ministeri compiute da Netanyahu per facilitare la ripartizione equilibrata degli incarichi tra i partner della sua coalizione di estrema destra, la disarticolazione del ministero della Difesa è la meno comprensibile.

Nonostante la messa sull’avviso da parte di ufficiali di alto rango, anche in occasione di un incontro urgente con il comandante dell’esercito uscente Aviv Kochavi, Netanyahu ha portato a termine una mossa senza precedenti e insolitamente rischiosa.

Non è ciò che fa un primo ministro che si vanta di essere “Mr Security” [Signor Sicurezza]. È qualcosa che fa un uomo incriminato di tre reati per evitare di andare in prigione.

Yagil Levy, professore di Sociologia Politica e Ordine Pubblico presso la Open University of Israel, ha dichiarato a Middle East Eye che queste variazioni senza precedenti nella struttura dell’esercito e nella divisione dei compiti potrebbero provocare nei militari, in particolare tra gli alti gradi dell’esercito, un senso di perdita di prestigio.

Amir Eshel, ex dirigente generale del ministero della Difesa ed ex comandante dell’aeronautica israeliana, ha avvertito che la divisione del ministero tra tre entità potrebbe costituire un vero pericolo per la sicurezza.

Lunedì scorso, alla cerimonia del passaggio delle consegne ad Halevi, il ministro della Difesa Gallant ha affrontato la questione, dicendo che si sarebbe impegnato per frenare la “pressione esterna” sulle forze armate.

Gallant ha sottolineato l’unità di comando: “Per ogni soldato c’è un comandante… e soprattutto c’è il capo di stato maggiore, subordinato al ministro della Difesa”, ha detto.

Quindi un ministro della Difesa, e non 2,5. Dietro le spalle Gallant, che dovrebbe essere alla guida del ministero, è soprannominato ministro della Difesa di secondo grado”, o appaltatore esecutivo per lo smantellamento dell’esercito”. In questo caso la colpa non è sua.

La nuova struttura è stata testata prima del previsto quando venerdì, dopo che un avamposto coloniale ebraico illegale in Cisgiordania è stato evacuato poco dopo che era stato creato durante la notte, si è verificata una crisi di potere all’interno della coalizione. Gallant ha ordinato l’evacuazione sfidando sia Smotrich che Ben-Gvir.

Come ritorsione Smotrich ha rifiutato di partecipare alla teleconferenza con Netanyahu e Gallant; nel frattempo Ben-Gvir ha chiesto l’immediata evacuazione di Khan al-Ahmar, un villaggio beduino in Cisgiordania, lamentando un doppio standard per ebrei e arabi. Questo è solo l’inizio.

L’autorità di Smotrich sull’Amministrazione Civile israeliana e il Coordinatore delle attività governative nei territori (Cogat) [unità del Ministero della Difesa israeliano che coordina le questioni civili tra il governo di Israele, l’esercito israeliano, le organizzazioni internazionali e l’Autorità Nazionale Palestinese, ndt.] è già stata suggellata nell’accordo di coalizione.

Cosa significa questo in realtà, a parte un’anomalia all’interno di un’anomalia? Una risposta è più che certa: significa annessione de facto della Cisgiordania.

Amministrazione civile e militare

Per comprenderlo è fondamentale cogliere il ruolo dell’amministrazione civile nella macchina dell’occupazione.

La natura di questo organismo, istituito nel 1981, è stata delineata dal governo militare della Cisgiordania occupata in un regolamento militare.

Esso affermava: “Con la presente istituiamo un’amministrazione civile … gestirà tutte le questioni civili regionali relative a questo decreto militare, per il benessere e l’interesse della popolazione locale”.

In pratica, l’amministrazione civile è un eufemismo per amministrazione militare. Dal 1994 nelle aree A (18% della Cisgiordania) [sotto il pieno controllo dell’ANP, sulla base degli accordi di Oslo del 1993, ndt.] e B (22%) [sotto il controllo civile dell’ANP e militare di Israele, ndt.] alcune delle sue funzioni sono state trasferite per le questioni civili all’Autorità Nazionale Palestinese.

Oggi l’amministrazione civile è responsabile del rilascio dei permessi di viaggio dalla Cisgiordania occupata e da Gaza verso Israele. All’interno della Cisgiordania rilascia permessi di lavoro ai palestinesi che entrano in Israele per lavorare e sovrintende a tutti i permessi di costruzione negli insediamenti coloniali israeliani e su terra palestinese nell’Area C (60% della Cisgiordania), che è sotto il pieno controllo civile e militare israeliano.

“Il controllo dell’esercito sulla terra e sulla popolazione, in particolare quella palestinese, richiede non solo armi, ma un insieme di strumenti civili, militari e legali – ecco perché deve rimanere sotto una catena di comando militare”, ha detto in un’intervista radiofonica il generale in pensione Nitzan Alon, già a capo del comando centrale.

La subordinazione dell’Amministrazione Civile all’autorità militare non solo svolge il ruolo di organo effettivo di occupazione, ma anche di strumento legale. Israele non ha mai annesso formalmente la Cisgiordania e, anche se lo facesse, il suo status rimarrebbe comunque definito dal diritto internazionale come “occupazione militare temporanea”.

Mentre il mondo diviene insofferente per i 56 anni di occupazione temporanea, il trasferimento dell’autorità militare sull’area a un ministero civile solleva una questione giuridica.

Apparentemente, potrebbe significare un’annessione de facto con tutte le ripercussioni giuridiche del cambiamento di status. Contemporaneamente significa un aggravamento dell’apartheid.

Quasi tre milioni di palestinesi – compresi quelli delle aree A e B, ancora dipendenti da Israele – e mezzo milione di coloni ebrei si ritroveranno sotto una nuova compagine amministrativa che predica la supremazia ebraica ed è lì per compiacere il suo elettorato di estrema destra. Le implicazioni sono evidenti.

I generali in pensione si oppongono al cambiamento

Ephraim Sneh, un generale di brigata in pensione ed ex politico il cui ultimo ruolo nelle forze armate è stato quello di capo dell’Amministrazione Civile e che in seguito ha svolto attività di supervisione come viceministro della Difesa, è profondamente turbato dall’imminente trasferimento del potere dal comando militare a Smotrich.

Parlando con MEE, ha descritto l’equilibrio che le amministrazioni civile e militare cercano di raggiungere nel controllo della Cisgiordania e della sua popolazione.

“Il responsabile del comando centrale e il capo dell’amministrazione civile devono trovare l’equilibrio tra le esigenze di sicurezza militare e le esigenze civili”, sostiene Sneh.

Molto spesso queste esigenze si scontrano. Il capo dell’Amministrazione Civile si occupa per definizione di tutelare con la maggiore discrezione possibile la routine quotidiana. L’organismo responsabile della sicurezza è lì per fornire sicurezza, spesso a costo di interrompere la routine dei palestinesi”, afferma.

I responsabili della sicurezza, dice Sneh, sono a favore di più posti di blocco, maggiori restrizioni per fornire sicurezza, mentre la popolazione cerca semplicemente più comodità e possibilità di spostamento”.

“Alla fine, spetta al ministro della Difesa decidere”, afferma il comandante in pensione. “È una mossa molto rischiosa mettere questa autorità nelle mani di un ministro il cui principale interesse è cacciar via quanti più palestinesi possibile.

Ancora peggio, un politico i cui maggiori interessi sono scontri violenti tra ebrei e arabi ovunque, per preparare il terreno per futuri trasferimenti o quanto meno per compiacere il suo elettorato”.

Alla richiesta di fornire un esempio concreto di possibile scontro tra l’autorità militare del comando centrale responsabile della Cisgiordania e l’amministrazione civile, Sneh descrive una situazione di vita reale.

Immaginiamo una situazione in cui un uomo di un villaggio palestinese venga sospettato di qualche atto terroristico. L’istinto immediato dei militari sarebbe porre sotto assedio l’intero villaggio e revocare tutti i permessi di lavoro – una punizione collettiva totale”, sostiene Sneh.

L’Amministrazione Civile per definizione non è interessata ad una punizione collettiva, a cui farebbe seguito una protesta collettiva e quindi una violenza collettiva. Diciamo che l’Amministrazione Civile preferisce infliggere una punizione solo alla famiglia. È il ministro della Difesa a dover decidere. Ora abbiamo due ministri incaricati di quella decisione”.

Sneh aggiunge che il Cogat, un’unità del ministero della Difesa a cui è subordinata l’Amministrazione Civile, sarebbe guidata da un esponente di estrema destra incaricato da Smotrich, “la cui missione è rendere la vita dei palestinesi il più miserabile possibile”.

Avvertimento del dimissionario Kochavi

In una serie di interviste di addio ai media israeliani il comandante militare uscente Kochavi ha trattato dell’imminente subordinazione della polizia di frontiera della Cisgiordania al controverso Ben-Gvir.

Ha espresso la sua preoccupazione per la mossa in un incontro con Netanyahu. Alla domanda sul possibile trasferimento del potere a Ben-Gvir Kochavi non ha usato mezzi termini:

“Non possiamo avere due eserciti che rispondono a differenti concezioni e norme“, ha detto a Channel 13 [canale televisivo israeliano, ndt.].

Se in Giudea e Samaria [denominazione ebraica della Cisgiordania, ndt.] il controllo viene trasferito al di fuori della catena di comando dell’esercito, schiereremo soldati e riservisti per sostituire la polizia di frontiera. Le forze che operano insieme non avranno due comandanti”.

Kochavi ha sollevato la questione con Netanyahu ed è andato via con la convinzione che “saranno prese le decisioni giuste”. Ma anche Smotrich e Ben-Gvir sono stati ottimisti quando hanno firmato i loro accordi di coalizione, essendogli stato promesso tutto questo e altro ancora.

Levy, l’accademico, è preoccupato per le possibili ripercussioni. “Se a causa del trasferimento dell’autorità sulla polizia di frontiera a Ben-Gvir saranno necessari più riservisti, alcune unità potrebbero ribellarsi contro l’eccessivo reclutamento“, ha detto a MEE.

Il mondo assiste con indifferenza alla scissione del ministero dell’Istruzione e al trasferimento di alcuni dei suoi poteri a un irriducibile omofobo e misogino [si riferisce al vice ministro Avi Maoz, del partito ultraintegralista Noam, ndt.]. Lo stesso si può dire nel caso della frammentazione del ministero degli Esteri.

Questo non accade quando dei cambiamenti nelle forze armate sono un segnale chiaro e forte di un cambiamento di politica sull’uso della forza, l’apartheid e l’annessione accelerata dei territori occupati.

“Caos” è la parola usata dalla maggior parte delle alte cariche per descrivere l’evolversi della situazione, poiché avvertono il pericolo di un grande scontro con la comunità internazionale, l’amministrazione statunitense, l’UE e gli Stati arabi.

(Traduzione dall’inglese di Aldo Lotta)