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Calore umano e coraggio nel campo profughi di Jenin

Gideon Levy

12 gennaio 2023, Haaretz

Nel campo profughi di Jenin ho visto tante cose belle. Non libri di poesie di Rachel o di Natan Alterman, come il narrante di una canzone di Naomi Shemer diceva di aver trovato negli avamposti dell’esercito israeliano nel Sinai, ma un accampamento coraggioso, determinato, ben organizzato e intriso di uno spirito combattivo forse senza uguali nella storia.

Sono passati quattro anni dalla mia ultima visita. Da un anno le forze di difesa israeliane non osano invadere il campo ma solo la sua periferia. Per anni l’Autorità Nazionale Palestinese non è stata in grado di entrarvi. Né nessun giornalista israeliano, a parte Amira Hass, lo ha visitato o vi è stato accolto dopo tutte le delusioni che i giornalisti israeliani hanno inflitto ai residenti del campo.

Ma questa settimana ci sono tornato con il fotografo Alex Levac. È stata una visita molto emozionante, intima, commovente ma anche istruttiva.

Nella città di Jenin solo nell’ultimo anno sono stati uccisi 60 abitanti. Di questi, 38 erano residenti nel campo, il luogo più simile alla Striscia di Gaza sia nello spirito che nella sofferenza; si ritrova nel campo di Jenin lo stesso calore umano e lo stesso coraggio.

Una terza sezione del cimitero dei martiri è già piena e se ne deve trovare un’altra per le vittime a venire. Se le forze di difesa israeliane invaderanno il campo, dicono qui, ci sarà un massacro. Lo dicono senza ombra di paura o di vanto.

Dalla mia ultima visita il proprietario del negozio di hummus all’ingresso del campo ha subito un intervento chirurgico di bypass. La moglie di un alto funzionario di Hamas nel campo, che è imprigionato in Israele, ha perso la vista. Vicino al campo è stato aperto un moderno ospedale e Jamal Zubeidi, il più coraggioso e nobile di tutti, nell’ultimo anno ha perso sia suo figlio Naeem che suo genero Daoud. Daoud era fratello e nipote di Zakaria Zubeidi [leader rivoluzionario e artista fuggito nel 2021 dalla prigione israeliana e in seguito ricatturato – non è mai stato processato per il suo arresto originale del 2019, ma gli è stata inflitta un’ulteriore condanna a cinque anni per la fuga, ndt.]

Abbiamo visitato il campo nel 40° giorno di lutto per Naeem. Jamal sedeva da solo in una stanza e riceveva gli ospiti, proprio nel luogo in cui l’esercito israeliano gli ha già demolito due volte la casa, circondato da foto e manifesti dei sei membri della sua famiglia uccisi. Anche una delegazione della setta ebraica Neturei Karta in visita a Jenin si era recata qui per porgere le proprie condoglianze, ma uomini armati del campo li hanno fatti scappare a colpi di arma da fuoco.

Il figlio più giovane di Jamal, Hamoudi, che avevamo incontrato la prima volta quand’era un bambino birichino, è ora l’uomo del campo più ricercato da Israele; è membro della Jihad islamica. I figli degli uomini che avevano combattuto per il laico Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina ora combattono per la Jihad Islamica, l’organizzazione più potente del campo. E questa è in breve tutta la storia.

Gli uomini armati hanno sui loro cellulari un numero segreto che chiamano ogni volta che qualcuno vede le forze dell’esercito israeliano avvicinarsi alla città o al campo profughi. Quel numero di telefono fa suonare automaticamente un allarme in tutto il campo. Di solito succede di notte. L’intero campo viene svegliato e decine di uomini armati lasciano le loro case e si dirigono rapidamente verso gli ingressi del campo e della città. È così che sono stati uccisi 38 residenti del campo.

Le distinzioni tra le diverse organizzazioni militanti sono qui sfumate; collaborano tra loro più di quanto non facciano in qualsiasi altra parte della Cisgiordania o a Gaza. Reti mimetiche coprono alcuni vicoli per impedire ai droni dell’esercito israeliano di monitorare ciò che sta accadendo.

Un giovane tira fuori una fotografia aerea del campo che molto probabilmente è stata abbandonata in città dai soldati, anche se secondo la leggenda locale è stata rubata dalla tasca di un soldato. La foto è stata scattata durante la Coppa del Mondo e l’esercito israeliano ha etichettato alcuni dei vicoli del campo con i nomi dei paesi in competizione: vicolo Portogallo, vicolo Francia e vicolo Brasile.

Una casa nella foto è etichettata come habira; i giovani pensavano che si riferisse alla casa di un “amico” (“haver” in ebraico, che deriva dalla stessa radice ebraica) – in altre parole, un collaboratore.

L’auto più popolare nel campo è il SUV ibrido C-HR Toyota. Ne abbiamo visti diversi correre per i vicoli. Sono stati rubati a Israele quasi nuovi di zecca. Dopo tutto ciò che Israele ha rubato ai palestinesi, da ciò che resta delle loro terre a ciò che resta della loro dignità, c’è una giustizia poetica in queste Toyota rubate di cui i giovani sono così orgogliosi.

Non c’è qui una casa che non abbia subito un lutto, una famiglia che non abbia avuto un familiare reso permanentemente disabile o imprigionato. All’ingresso del campo, i giovani hanno eretto barricate di ferro brunito “come in Ucraina”. Non è ancora l’Ucraina, ma il campo profughi di Jenin potrebbe diventare un giorno, forse molto presto, una nuova versione della città ucraina di Bucha. Nessun israeliano dovrebbe rallegrarsene.

(traduzione dall’inglese di Luciana Galliano)




Palestinese colpito a morte in Cisgiordania dopo aver ucciso degli israeliani

Redazione di AL Jazeera 

15 novembre 2022 Al Jazeera e Agenzie di stampa

Mohammad Souf, di 18 anni, ha accoltellato diversi israeliani all’ingresso industriale della colonia di Ariel nella Cisgiordania occupata.

Un palestinese ha ucciso tre israeliani e ne ha feriti altri tre in un attacco in una colonia nella Cisgiordania occupata, prima di essere colpito e ucciso da agenti della sicurezza israeliani: questo è quanto hanno riferito paramedici israeliani e funzionari palestinesi.

Il servizio paramedico Zaka ha detto che i tre feriti nell’attacco nella colonia illegale di Ariel sono stati curati in ospedale e sono in gravi condizioni.

E’ stato l’ultimo attacco di un’ondata di violenza tra israeliani e palestinesi in questo anno, che ha visto incursioni israeliane quasi quotidiane nella Cisgiordania occupata, con arresti e uccisioni di palestinesi, così come attacchi di palestinesi contro israeliani.

L’esercito israeliano ha affermato che il palestinese, identificato dal Ministero della Salute palestinese come il 18enne Mohammad Souf, prima ha attaccato gli israeliani all’entrata della zona industriale della colonia, poi ha proseguito fino ad un vicino distributore di benzina e lì ha accoltellato altre persone. L’esercito ha detto che poi l’uomo ha rubato un’auto, si è intenzionalmente scontrato con un’automobile sulla vicina strada principale ed ha colpito ed ucciso un’altra persona prima di fuggire a piedi.

Ha riferito che l’aggressore è stato colpito da un soldato e che le truppe stavano perlustrando l’area per cercare altri sospetti.

Un video amatoriale diffuso dalla televisione israeliana sembra mostrare il sospetto aggressore percorrere di corsa una strada e crollare a terra dopo essere stato colpito. Più tardi il Ministero della Salute ha dichiarato che Souf proveniva dal vicino villaggio di Hares.

Le forze israeliane hanno fatto irruzione nella casa di famiglia di Souf e, secondo organi di stampa palestinesi, hanno aggredito fisicamente membri della famiglia.

Nessuna fazione palestinese ha rivendicato la responsabilità dell’attacco, ma esso è stato acclamato da portavoce di Hamas, Jihad islamica e Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina.

In una dichiarazione il portavoce di Hamas Abdel Latif al-Qanou ha affermato che l’operazione ha dimostrato “la capacità del nostro popolo di proseguire la sua rivoluzione e difendere la Moschea di Al-Aqsa da quotidiane incursioni”.

Il FPLP, di sinistra, ha affermato che l’attacco è stato una risposta “alla politica di esecuzioni sul campo perseguita dall’occupazione israeliana e dai suoi servizi di sicurezza contro il nostro popolo, delle quali l’uccisione della ragazza palestinese Fulla Masalmeh ieri a Beitunia non sarà l’ultima.”

L’anno più sanguinoso

Il Primo Ministro israeliano uscente Yair Lapid ha inviato le condoglianze alle famiglie degli israeliani uccisi nell’attacco e ha detto che Israele “sta combattendo il terrorismo senza sosta e col massimo delle forze.”

Le nostre forze di sicurezza lavorano 24 ore al giorno per proteggere i cittadini israeliani e danneggiano senza sosta le infrastrutture del terrorismo”, ha detto.

Quest’anno l’ondata di violenza tra israeliani e palestinesi in Cisgiordania e Gerusalemme est ha fatto almeno 25 morti dalla parte israeliana e più di 130 da quella palestinese, rendendo il 2022 l’anno con più vittime dal 2006.

Israele afferma che le sue incursioni ed arresti che avvengono quasi ogni notte in Cisgiordania sono necessari per smantellare le reti armate in un momento in cui le forze di sicurezza palestinesi non sono capaci o non vogliono farlo.

L’Autorità Nazionale Palestinese afferma che le incursioni indeboliscono le sue forze di sicurezza ed hanno lo scopo di consolidare l’occupazione illegale di Israele che continua da 55 anni nei territori che i palestinesi vogliono per il loro auspicato Stato.

In queste incursioni sono state fermate centinaia di palestinesi, molti dei quali sottoposti alla cosiddetta detenzione amministrativa, che consente ad Israele di detenerli a tempo indefinito senza processo né imputazione.

(Traduzione dall’inglese di Cristiana Cavagna)




Prigionieri palestinesi interrompono lo sciopero della fame di massa dopo che Israele “mette fine alle misure punitive”

Shatha Hammad

1 settembre 2022 – Middle East Eye

Almeno 1.000 prigionieri hanno sospeso il loro sciopero ore dopo aver avviato la loro iniziativa contro le dure condizioni nelle carceri israeliane

Almeno 1.000 prigionieri palestinesi hanno sospeso lo sciopero della fame giovedì dopo che le autorità carcerarie israeliane hanno acconsentito alle loro richieste di revocare le dure misure imposte da mesi nelle carceri.

Il Comitato Supremo Nazionale di Emergenza, che gestisce le proteste dei prigionieri, ha affermato in una dichiarazione che Israele “si è reso conto che i prigionieri sono pronti a pagare ogni prezzo per la loro dignità e i loro diritti.

E che dietro di loro c’è un popolo e una resistenza che sono disposti a pagare qualsiasi prezzo pur di sostenere i loro combattenti nelle carceri dell’occupazione.

Ecco perché il nemico ha deciso di fermare le sue decisioni ingiuste e le sue misure arbitrarie… e rispondere alle loro richieste”.

L’annuncio è arrivato poche ore dopo che i prigionieri hanno lanciato lo sciopero come parte di una serie di iniziative di crescente intensità da loro adottate da febbraio a causa della continua mancanza di risposte dell’Israel Prison Service (IPS) alle loro richieste di revocare le misure messe in atto nei loro confronti in seguito alla fuga di sei prigionieri dalla prigione di Gilboa nel settembre 2021.

Le misure punitive includevano la limitazione del tempo di aria, l’aumento delle restrizioni sui prigionieri che scontano pene lunghe – in particolare l’isolamento inflitto a quelli che scontano l’ergastolo – e il costante trasferimento dei prigionieri tra le strutture carcerarie, che porta a uno stato di instabilità all’interno delle carceri.

L’intensificarsi delle lotte

I prigionieri in sciopero avevano formato il Comitato Supremo Nazionale di Emergenza, composto da tutte le fazioni palestinesi nelle carceri, per approvare e gestire le proteste.

“Stiamo entrando in una nuova fase di confronto con il carceriere, anche con l’annuncio ufficiale dello scioglimento delle strutture delle varie organizzazioni in ​​tutte le carceri in un intento di ribellione contro le decisioni [dell’Israel Prison Service] come ultima passaggio prima di iniziare uno sciopero della fame a tempo indeterminato”, ha affermato il comitato in un comunicato di sabato.

Lo scioglimento delle strutture organizzative mira a costringere le autorità israeliane a trattare i prigionieri come individui e non attraverso le organizzazioni che li rappresentavano.

Secondo il Palestine Prisoners Club ci sono attualmente 4.550 palestinesi detenuti nelle carceri israeliane – inclusi 175 minori, 32 donne, 730 detenuti amministrativi e 551 che stanno scontando l’ergastolo.

I prigionieri hanno iniziato la loro azione contro l’IPS il 22 agosto in varie carceri israeliane, con iniziative che includevano il rifiuto dei pasti e delle code per i controlli di sicurezza. Il 29 agosto i detenuti si sono impegnati a indossare l’uniforme dell’IPS in ogni momento all’interno delle celle e nei cortili, manifestando la loro disponibilità a un confronto con le autorità carcerarie.

Sciopero per richieste di base

Qadri Abu Bakr, capo della commissione per i prigionieri dell’Autorità Nazionale Palestinese, ha detto a Middle East Eye che la maggior parte delle richieste sono legate a bisogni umani quotidiani negati ai prigionieri dallo scorso settembre, inclusi dispositivi elettrici, alcuni prodotti alimentari e prodotti per la pulizia.

Le richieste riguardano anche l’isolamento di un gran numero di prigionieri, il trasferimento frequente e improvviso di detenuti tra le carceri, le restrizioni alle visite dei familiari e un trattamento appropriato per i prigionieri malati.

Abu Bakr ha affermato che l’Autorità Nazionale Palestinese stava lavorando per fare luce sulla questione a livello internazionale, mentre le istituzioni dei prigionieri avevano anche preparato attività di solidarietà che sarebbero state organizzate nella maggior parte delle città palestinesi.

L’IPS aveva informato i prigionieri che le misure adottate erano state decise a livello politico e lì sarebbero state risolte. Tuttavia, nonostante le continue richieste dei prigionieri, l’Autorità Nazionale Palestinese non ha messo in opera serie iniziative né per fare pressione su Israele né per spingere la questione a livello internazionale.

Amani Sarahneh, una portavoce del Palestine Prisoners Club, ha detto a MEE che lo sciopero della fame collettivo è la continuazione delle precedenti proteste dei prigionieri dal settembre 2021, in seguito alla formazione da parte dell’IPS di un comitato per punire i prigionieri, principalmente quelli che scontano lunghe condanne.

Da allora i prigionieri hanno intrapreso una serie di azioni per ribellarsi e disobbedire ai nuovi regolamenti imposti dall’IPS.

“Ultimamente l’IPS ha intensificato le sue operazioni di trasferimento di prigionieri tra le celle e tra le carceri e li ha informati dell’intenzione di continuare con queste misure”, afferma Sarahneh.

All’inizio di quest’anno, l’IPS ha falsamente promesso la fine di queste misure, portando allo sciopero della fame.

Sarahneh afferma che l’obiettivo dell’IPS di spostare i prigionieri in varie celle e tra le carceri è rompere la loro struttura organizzativa, limitare la loro stabilità all’interno della prigione e rendere difficile la visita delle loro famiglie.

“I prigionieri del movimento della Jihad islamica sono tra i prigionieri che affrontano le maggiori difficoltà all’interno del carcere, soprattutto dopo la fuga dei sei prigionieri nel settembre 2021”, dice Sarahneh.

‘Un minimo di dignità’

La maggior parte dei fuggitivi da Gilboa erano membri della Jihad islamica, il che ha portato l’IPS a vendicarsi imponendo dure restrizioni ai prigionieri del gruppo, incluso l’isolamento dagli altri detenuti e il trasferimento di figure di spicco in altre carceri.

“Negli ultimi due anni abbiamo assistito a violente irruzioni nelle carceri e a un aumento della violenza usata per reprimere i prigionieri… e abbiamo un fondato timore che la repressione si intensifichi nei prossimi giorni”, dice Sarahneh.

Dirgham al-Araj, un ex prigioniero che ha trascorso 20 anni nelle carceri israeliane, ha detto a MEE: “L’obiettivo dello sciopero della fame è chiedere il ripristino di un minimo di dignità migliorando le condizioni di vita”.

Araj è stato rilasciato dal carcere nel 2019 e ha partecipato a diversi scioperi della fame collettivi nelle carceri nel 2004, 2011, 2012 e 2017.

Araj afferma che le difficili condizioni di vita nelle carceri sono state la motivazione principale che ha portato i prigionieri ad avviare uno sciopero della fame, un’azione strategica intrapresa dai detenuti solo dopo aver esaurito tutti i loro tentativi di negoziare con l’IPS.

Araj aggiunge che dopo la Seconda Intifada, durata tra il 2000 e il 2005, i prigionieri hanno iniziato a chiedere condizioni migliori, con il numero di palestinesi nelle carceri israeliane che a un certo punto ha raggiunto i 10.000.

Araj, professore del corso sul movimento dei prigionieri all’Università Al-Quds, ha affermato che gli scioperi della fame hanno avuto successo in passato quando hanno ottenuto il sostegno popolare. Ha detto che lo sciopero della fame del 1992 è stato il più riuscito, poiché si è svolto in tutte le carceri insieme a manifestazioni e marce diffuse nella maggior parte delle città occupate della Cisgiordania, che hanno esercitato pressioni su Israele.

“Mobilitare le piazze significa un grande costo economico e di sicurezza per Israele e quindi esercita pressione su di esso in molti modi”, afferma.

“Quindi solo le piazze palestinesi sono in grado di far sì che gli scioperi dei prigionieri abbiano successo”.

(traduzione dall’Inglese di Giuseppe Ponsetti)




La relatrice speciale per l’ONU afferma che gli attacchi israeliani su Gaza sono “illegali”.

Redazione Al Jazeera

7 agosto 2022 – Al Jazeera

Francesca Albanese chiede alle Nazioni Unite di indagare se Israele abbia violato il diritto internazionale e di accertare le responsabilità.

La relatrice speciale delle Nazioni Unite per i territori palestinesi occupati afferma che i raid aerei israeliani sulla Striscia di Gaza assediata “non solo sono illegali, ma irresponsabili”, invocando una soluzione diplomatica all’ultimo scoppio di violenza iniziato venerdì, quando Israele ha lanciato gli attacchi aerei su Gaza City.

La situazione a Gaza è sull’orlo di una crisi umanitaria”, ha detto Francesca Albanese ad Al Jazeera.

Il solo modo per garantire il benessere dei palestinesi ovunque siano è togliere l’assedio e permettere l’ingresso degli aiuti”.

Israele ha definito l’attacco come azione “preventiva” di autodifesa contro il gruppo della Jihad Islamica palestinese e ha detto che l’operazione sarebbe durata una settimana.

Albanese ha esecrato gli Stati Uniti per aver detto di ritenere che Israele aveva il diritto di difendersi. “Israele non può sostenere che si sta difendendo in questo conflitto”, ha detto Albanese.

L’ambasciatore statunitense in Israele, Tom Nides, venerdì ha scritto su twitter: “Gli Stati Uniti credono fermamente che Israele abbia il diritto di proteggersi. Ci stiamo impegnando con le diverse parti e invitiamo tutti alla calma.”

La sua posizione è stata ripresa dalla Ministra degli Esteri britannica Liz Truss, che ha detto che il Regno Unito “sta dalla parte di Israele e del suo diritto a difendersi” e ha condannato i gruppi terroristi che sparano ai civili e la violenza che ha provocato vittime da entrambe le parti.”

A partire da venerdì a Gaza sono stati uccisi almeno 31 palestinesi e 260 sono stati feriti. A sabato non sono stati riferiti feriti gravi dal lato israeliano, in quanto secondo l’esercito il sistema di difesa Iron Dome ha intercettato il 97% dei razzi lanciati dalla striscia assediata.

La protezione è ciò che ho chiesto in Palestina e non solo io. È necessario…proteggere le vite dei civili”, ha detto Albanese. “Non è possibile che Israele si stia difendendo dai civili dal 1967.”

La relatrice speciale, che è un’esperta indipendente responsabile del monitoraggio delle violazioni dei diritti umani nei territori palestinesi occupati e di riferirne all’ONU, ha chiesto all’ente internazionale di accertare se a Gaza sia stato violato il diritto internazionale e di garantire l’attribuzione delle responsabilità.

Ritengo che la mancanza di attribuzione di responsabilità rafforzi Israele”, ha detto Albanese. “Vedo come soluzione la fine dell’occupazione.”

Una commissione di inchiesta indipendente istituita dal Consiglio per i Diritti Umani dell’ONU dopo la brutale guerra contro Gaza nel maggio 2021 ha affermato che Israele deve fare di più che “porre semplicemente fine all’occupazione” della terra che i dirigenti palestinesi esigono per un futuro Stato.

Di per sé la fine dell’occupazione non sarà sufficiente”, conclude il rapporto pubblicato a giugno. Aggiunge che devono essere prese misure per assicurare un uguale godimento dei diritti umani per i palestinesi.

Tuttavia fornisce prove che Israele “non ha intenzione di porre termine all’occupazione”, ma al contrario persegue il “completo controllo” dei territori occupati nel 1967.

La commissione conclude che il governo israeliano “ha agito in modo da alterare la demografia tramite il mantenimento di un contesto repressivo per i palestinesi e favorevole ai coloni israeliani.”

Gli USA hanno lasciato il Consiglio (per i Diritti Umani) nel 2018 imputando “un cronico pregiudizio” contro Israele e vi sono pienamente rientrati solo quest’anno.

Nel maggio 2021 un’offensiva militare durata 11 giorni contro Gaza ha ucciso oltre 260 palestinesi e ne ha feriti più di 2.000. In Israele sono state uccise 13 persone.

(Traduzione dall’inglese di Cristiana Cavagna)




Israele uccide almeno 10 palestinesi nella nuova campagna di bombardamenti contro Gaza

Ahmed Al-Sammak, Lubna Masarwa, Huthifa Fayyad da Gaza City, Palestina occupata

5 agosto 2022 – Middle East Eye

Un dirigente della Jihad Islamica è stato assassinato in un attacco che ha ucciso anche una bambina di 5 anni e ferito più di 55 civili

Nell’ultimo bombardamento contro la Striscia di Gaza di venerdì l’esercito israeliano ha ucciso almeno 10 palestinesi, tra cui una bambina di 5 anni e un importante leader militare.

Taiseer al-Jabari, capo della divisione nord delle Brigate di al-Quds (Saraya al-Quds), l’ala militare del movimento Jihad Islamica, è stato ucciso durante attacchi aerei che hanno colpito varie località di Gaza. Secondo il ministero della Sanità palestinese almeno 55 persone sono rimaste ferite.

Gli attacchi iniziali hanno colpito tre diverse zone: Khan Younis nel sud della Striscia, Shujaiya a nord e un edificio residenziale nel centro di Gaza.

L’esercito afferma di aver preso di mira la Jihad Islamica con l’operazione denominata “Breaking Dawn” [Sorgere del sole].

Hamas, che governa di fatto Gaza, e la Jihad Islamica, la seconda più importante organizzazione armata della Striscia, hanno promesso una dura risposta all’aggressione israeliana. 

Ziad al-Nakhalah, capo della Jihad Islamica, ha affermato che non ci sono limiti in questa guerra e che Tel Aviv verrà presa di mira.

Non ci sono linee rosse in questa battaglia e Tel Aviv, come tutte le città israeliane, finirà sotto i razzi della resistenza,” ha affermato.

Gaza è stata colpita da attacchi aerei e dal fuoco dell’artiglieria. La Jihad Islamica ha affermato di aver sparato 100 razzi venerdì notte come risposta iniziale.

Fawzi Barhoum, portavoce di Hamas, ha detto che le fazioni della resistenza a Gaza sono unite e pronte a rispondere con “tutta la forza”.

Nel contempo il primo ministro israeliano Yair Lapid ha affermato che il Paese “non consentirà alle organizzazioni terroristiche della Striscia di Gaza di dettare le regole” e che l’esercito israeliano continuerà ad agire contro l’organizzazione Jihad Islamica “per eliminare la minaccia che rappresenta per i cittadini di Israele.”

Un vero e proprio crimine”

Khalil Kanon vive al dodicesimo piano della Palestine Tower, un edificio nel centro di Gaza che è stato colpito venerdì durante il primo attacco aereo israeliano. Dice a MEE che il bombardamento ha ferito sua moglie e sua madre, ha terrorizzato i suoi figli e tutta la famiglia è stata macchiata di sangue.”

Stavo leggendo le notizie. Improvvisamente abbiamo sentito bombardamenti assordanti. Una mano di mia madre e una gamba di mia moglie sono state ferite, e i miei figli erano terrorizzati,” racconta Kanon.

Dopo il bombardamento, un vicino di Kanon è corso ad aiutare e ha portato fuori dall’edificio i suoi figli e sua moglie, mentre Kanon aspettava gli infermieri per aiutarli a portare via sua madre dallo stabile.

Eravamo tutti sporchi di sangue. Guarda, c’è una macchia di sangue sulla mia maglietta.

Non avrei mai pensato che questo edificio potesse essere bombardato. Che razza di vita abbiamo?”

Ahmed al-Bata, un giornalista, quando l’edificio è stato bombardato stava aspettando l’ascensore per salire al quattordicesimo piano della Palestine Tower, dove si trova il suo ufficio.

Improvvisamente ho sentito tre massicci, intensi bombardamenti,” racconta a MEE.

La scena è stata inimmaginabile. Dopo qualche minuto decine di abitanti hanno iniziato a scappare urlando. Quasi tutti erano bambini e donne. Decine di loro erano ferite. La scena era talmente orribile. È un vero e proprio crimine.”

Arresto di un leader della Jihad Islamica

L’attacco è giunto dopo giorni di blocco imposto dalle autorità israeliane agli abitanti che vivono nei pressi di Gaza, e il dispiegamento di truppe nella zona. Le misure hanno incluso la chiusura di strade e il blocco del servizio ferroviario vicino a Gaza.

L’esercito israeliano ha affermato di averle messe in atto a causa del timore di attacchi di rappresaglia da parte della Jihad Islamica a Gaza dopo l’arresto nella città di Jenin, nella Cisgiordania occupata, di un importante dirigente dell’organizzazione, Bassam al_Saadi.

Nell’incursione in città è stato ucciso anche il diciassettenne palestinese Dirar al-Kafrayni, colpito a morte dalle forze israeliane. 

Nell’incursione è stato arrestato anche il genero di Saadi, Ashraf al-Jada. Durante l’arresto la moglie di Saadi è stata ferita e portata in ospedale per essere curata. Immagini di una telecamera di sorveglianza dell’arresto di Saadi mostrano soldati israeliani che trascinano sul pavimento il sessantaduenne. Sarebbe anche stato ferito da un cane dell’esercito israeliano.

Quando si sono diffuse notizie dell’incursione mortale, gruppi di persone si sono riuniti nel campo di rifugiati di Jenin e nella vicina città di Nablus, mentre sostenitori hanno espresso solidarietà a un personaggio molto rispettato. La Jihad Islamica, considerata la seconda milizia più importante della resistenza armata palestinese dopo Hamas, ha affermato di aver messo in allerta ovunque i propri combattenti.

Ameer Makhoul, un importante attivista e scrittore palestinese, dice a MEE: “Nessuno dovrebbe essere sorpreso dall’aggressione israeliana contro Gaza e del fatto che siano stati presi di mira i dirigenti delle brigate di al-Quds e i civili.”

Makhoul ha aggiunto che il massiccio schieramento dell’esercito sul e attorno al confine con Gaza non è stato “un’iniziativa difensiva” o per prevenire la risposta della Jihad Islamica all’arresto di Saadi.

Al contrario, l’arresto è avvenuto come parte della preparazione di una nuova aggressione con obiettivi e strategie, anche se di portata limitata,” ha affermato.

Meron Rapoport, un esperto commentatore israeliano, ha affermato che la tempistica dell’operazione israeliana è stata strana e che Israele ha essenzialmente punito l’organizzazione Jihad Islamica perché non attaccasse come rappresaglia per l’arresto di Saadi, dato che il gruppo armato ha lanciato razzi solo dopo che Israele ha iniziato attacchi aerei contro Gaza.

Israele arresta un importante membro della Jihad Islamica in Cisgiordania, e il gruppo non risponde,” continua Rapoport, in riferimento all’arresto di Bassam al-Saadi all’inizio di questa settimana a Jenin.

Ma poi “Israele ha imposto il coprifuoco a decine di migliaia di abitanti nelle zone adiacenti a Gaza in base al fatto che la Jihad Islamica progettava una risposta, poi uccide importanti membri dell’organizzazione e civili a Gaza, in base al fatto che pianificavano di attaccare Israele. Il risultato, dopo che Israele avrebbe tentato di impedire attacchi della Jihad Islamica, è che ora arrivano razzi, cosa che a quanto pare non sarebbe avvenuta se Israele non avesse attaccato per primo.”

Gli USA difendono Israele, l’ONU sollecita una riduzione della tensione

In risposta al bombardamento di Gaza da parte di Israele gli Stati Uniti hanno detto che il Paese ha il “diritto di difendersi”.

L’attacco giunge poche settimane dopo che il presidente USA Joe Biden ha visitato Israele. Prima del viaggio la sua amministrazione avrebbe chiesto a Israele di rimandare ogni escalation contro i palestinesi “a dopo la visita di Biden” a metà luglio.

La richiesta è stata condannata dagli attivisti palestinesi, che hanno detto a MEE che ciò è “indicativo della vera politica degli Stati Uniti nei confronti di Israele,” in quanto gli USA non si preoccupano di come Israele tratta i palestinesi.

Nel contempo l’ONU ha emanato un comunicato più severo, affermando che non ci sono “giustificazioni” per gli attacchi contro i civili.

Sono profondamente preoccupato dalla continua escalation tra i miliziani palestinesi e Israele, compresa l’odierna uccisione mirata di un dirigente della Jihad Islamica palestinese all’interno di Gaza,” ha affermato venerdì sera in un comunicato Tor Wennesland, il coordinatore speciale dell’ONU per il processo di pace in Medio Oriente.

La continua escalation è molto pericolosa,” ha affermato Wennesland.

Israele impone dal 2007 un durissimo blocco contro la Striscia di Gaza, che secondo le associazioni per i diritti umani rappresenta una punizione collettiva per i due milioni di abitanti dell’enclave. Israele impedisce l’importazione di materiali ed attrezzature a Gaza ed ha imposto rigide restrizioni alle esportazioni, che hanno portato a una condizione di “paralisi” in molti settori dell’economia di Gaza.  

Anche l’Egitto sostiene l’assedio, controllando i movimenti in entrata e in uscita da Gaza sulla propria frontiera.

Secondo il ministero della Sanità di Gaza nel maggio dello scorso anno un attacco militare israeliano contro Gaza ha ucciso più di 260 palestinesi, tra cui 66 minorenni, e sfollato almeno 72.000 persone.

In un rapporto Human Rights Watch [prestigiosa ong per i diritti umani con sede negli USA, ndt.] ha affermato che gli attacchi aerei israeliani del 2021 hanno preso di mira zone nelle cui vicinanze non c’erano prove dell’esistenza di obiettivi militari, il che rappresenta un crimine di guerra.

(traduzione dall’inglese di Amedeo Rossi)




Jenin resiste tenacemente ai continui attacchi di Israele

Tamara Nassar

21 maggio 2022 – The Electronic Intifada

Un adolescente palestinese è stato ucciso dalle truppe israeliane a Jenin sabato nelle prime ore del giorno.

Le autorità sanitarie palestinesi lo hanno identificato come Amjad Walid al-Fayed, di 17 anni.

L’organizzazione di resistenza palestinese della Jihad islamica ha affermato che il loro membro è stato ucciso in uno scontro a fuoco tra i combattenti della resistenza palestinese e le forze di occupazione israeliane durante un’incursione israeliana nella città settentrionale della Cisgiordania.

Sabato centinaia di persone erano presenti al funerale di al-Fayed.

Un secondo adolescente è stato gravemente ferito allo stomaco dagli spari delle forze israeliane.

La Jihad islamica ha affermato che al-Fayed era imparentato con due militanti della resistenza palestinese che hanno combattuto contro le truppe di occupazione israeliane durante un’incursione a Jenin nell’aprile 2002.

Vent’anni fa i suoi zii Amjad e Muhammad al-Fayed sarebbero stati coinvolti in un’imboscata che portò all’uccisione di 13 soldati israeliani.

Secondo un rapporto dell’epoca del segretario generale delle Nazioni Unite, nell’aprile 2002 l’esercito israeliano massacrò nel campo profughi di Jenin almeno 52 palestinesi e ne ferì altre decine.

Inoltre le forze israeliane bombardarono 150 edifici, lasciando 450 famiglie senza casa. Secondo il rapporto alla fine dell’operazione rimasero uccisi 23 soldati israeliani.

Ragazzi come scudi umani

La scorsa settimana i soldati israeliani hanno usato un’adolescente palestinese come scudo umano durante uno scontro a fuoco con uomini armati palestinesi a Jenin.

Alle 6 del mattino del 13 maggio l’esercito israeliano ha assediato la casa di Ahed Mohammad Rida Mereb nel quartiere al-Hadaf di Jenin per arrestare suo fratello di 20 anni.

Dopo aver ordinato ai genitori e ai fratelli minori di Ahed di uscire di casa, l’esercito israeliano ha aperto il fuoco contro la casa in cui era rimasto il fratello. Secondo un’indagine sul campo di Defense for Children International-Palestine [ONG impegnata internazionalmente a difesa dei diritti del fanciullo, ndtr.] il fratello ha reagito sparando contro le truppe israeliane.

Due ore dopo, i combattenti della resistenza palestinese hanno iniziato a sparare pesantemente contro un veicolo militare israeliano.

I soldati hanno costretto Ahed a stare fuori dal veicolo militare per due ore mentre loro erano seduti all’interno in uno scambio di fuoco con uomini armati palestinesi.

Venivano sparati proiettili contro il veicolo militare da tutte le direzioni”, ha detto Ahed a DCIP.

“Tremavo, piangevo e gridavo ai soldati di spostarmi da lì perché i proiettili mi passavano sopra la testa”, ha aggiunto Ahed.

Ma uno di loro mi ha ordinato in arabo, attraverso un finestrino del veicolo militare, Rimani dove sei e non muoverti. Sei una terrorista. Resta al tuo posto finché non dirai addio a tuo fratello’”.

“Ahed ha provato a inclinare la testa di lato per schivare i proiettili, ma uno dei soldati israeliani le ha ordinato di stare dritta”, ha dichiarato DCIP.

È stata costretta a rimanere lì per due ore prima di correre vicino a un albero e crollare. È stata curata in ospedale per un grave stress mentale e bassi livelli di ossigeno.

Dopo aver evacuato la casa di Ahed, dove viveva con la sua grande famiglia, inclusi otto minori, le forze israeliane hanno bombardato la casa con granate a razzo causandone l’incendio, e poi l’hanno attaccata con proiettili veri.

Resistenza a Jenin

Nelle ultime settimane l’esercito israeliano ha intensificato gli attacchi su Jenin la resistenza nel campo profughi è diventata più dura.

Il 13 maggio, come accade quasi quotidianamente, le forze israeliane hanno invaso il campo profughi di Jenin e la vicina città di Burqin ferendo più di una dozzina di palestinesi ed effettuando arresti.

Quel giorno a Burqin un ufficiale israeliano è stato ucciso da combattenti della resistenza palestinese.

Le forze israeliane hanno cercato di arrestare il militante palestinese Mahmoud al-Dubai. Le truppe israeliane hanno circondato la sua casa e gli hanno ordinato di arrendersi.

Dopo uno scontro a fuoco di un’ora tra al-Dubai e le forze di occupazione israeliane, in cui, secondo quanto riferito, dei soldati israeliani sparavano contro la casa granate anticarro Energa [armi usate per il combattimento ravvicinato contro mezzi corazzati e postazioni fortificate, ndtr.], al-Dubai è stato arrestato.

“La quantità di spari contro di noi era incrediibile, migliaia di proiettili”, ha affermato un anonimo “alto ufficiale” su Arutz Sheva, una pubblicazione a sostegno delle attività di insediamento coloniale di Israele in Cisgiordania.

“Sono nell’esercito da più di 20 anni e non ho mai visto niente di simile”.

Nel tentativo di escogitare nuovi metodi per contrastare la resistenza, Israele sta valutando un ritorno all’uso dei raid aerei contro il campo un metodo di repressione che la Cisgiordania non vede dalla seconda Intifada di due decenni fa.

“Elicotteri e droni possono essere utilizzati per proteggere le truppe di terra attraverso l’uso del fuoco deterrente e possibilmente sparare contro combattenti armati”, ha riferito il quotidiano di Tel Aviv Haaretz.

Uccisi fratelli di prigionieri

Nel frattempo a Jenin il fratello di uno dei sei palestinesi evasi lo scorso settembre da una delle prigioni più fortificate di Israele è morto dopo essere stato colpito delle forze di occupazione israeliane.

Durante i combattimenti del 13 maggio a Jenin le forze israeliane hanno sparato a Daoud Zubaidi. Era un fratello di Zakaria Zubeidi, il prigioniero più noto evaso a settembre.

Zakaria Zubeidi era un comandante delle Brigate dei Martiri di al-Aqsa, una milizia affiliata a Fatah.

Daoud è stato trasferito all’ospedale Rambam di Haifa, dove è morto il 15 maggio.

Il politico israeliano di estrema destra Itamar Ben-Gvir ha visitato quell’ospedale poco prima che fosse annunciata la morte di Daoud Zubeidi.

Ben-Gvir ha invocato l’esecuzione per Daoud Zubeidi.

“Questo terrorista insieme ad altri terroristi dovrebbe essere mandato sulla sedia elettrica”, ha detto Ben-Gvir in un video.

Chiunque spari nella direzione dei nostri soldati, chiunque tenti di uccidere non dovrebbe ricevere cure o coccole in ospedale. Gli si deve infliggere la morte sulla sedia elettrica”.

L’uccisione di Daoud Zubaidi porta a 228 il numero dei palestinesi morti in Israele da detenuti. Israele sta ancora trattenendone il corpo e si rifiuta di consegnarlo alla famiglia.

Il Palestine Prisoners Club [ONG che sostiene i prigionieri politici nelle carceri di occupazione israeliana, ndtr.] ha detto che le forze israeliane hanno sparato contro di lui con l’obiettivo di “finirlo“.

Il fratello di un altro prigioniero evaso è morto il mese scorso mentre combatteva contro le forze israeliane.

Shas Kamamji, 29 anni, è stato ucciso nel villaggio di Kafr Dan il 14 aprile quando le forze israeliane hanno aperto il fuoco contro una folla di persone che lanciavano pietre contro i veicoli militari.

Kamamji era il fratello di Ayham Kamamji, un altro dei fuggitivi dalla prigione di Gilboa. La fuga è stata considerata un colpo terribile per la reputazione dell’apparato di sicurezza israeliano.

I prigionieri rimasero in libertà per giorni e in alcuni casi settimane prima di essere nuovamente arrestati.

(traduzione dall’inglese di Aldo Lotta)




Facebook mi ha bloccata per aver chiamato eroe l’evaso da Gilboa Zakaria Zubeidi

Orly Noy

14 Settembre 2021 – Middle East Eye

Il mio appoggio pubblico ad uno dei prigionieri evasi ha provocato clamore tra gli israeliani. Il mio crimine? L’ho chiamato eroe e ho detto che capisco perché i palestinesi facciano ricorso alla lotta violenta

Entro un’ora dal mio post su Facebook relativo a Zakaria Zubeidi, uno dei sei prigionieri palestinesi che recentemente sono evasi dal carcere di Gilboa e uno dei quattro in seguito catturati, Facebook mi ha bloccata per tre giorni per aver violato le sue “linee guida della comunità”.

Non sono stata particolarmente sorpresa. Sapevo che molti israeliani avrebbero immediatamente segnalato il post e sarebbero riusciti a farlo cancellare. Il motivo è che io insisto nel considerare Zubeidi ed i suoi compagni dei combattenti per la libertà e non dei terroristi. Ed insisto nel delineare il contesto del tragico ed eroico percorso della vita di Zubeidi.

Tale contesto è descritto limpidamente in ‘I ragazzi di Arna’, il film del 2003 di Juliano Mer-Khamis sul lavoro di sua madre, Arna Mer-Khamis, e sul suo progetto del Freedom Theatre (Teatro della Libertà) degli anni ’90 per i ragazzi del campo profughi di Jenin.

I giovani partecipanti al progetto ci vengono presentati come ragazzi sorridenti che si trasformano gradualmente in combattenti determinati, molti dei quali sono stati alla fine uccisi. Uno dei ragazzi di Arna è Zakaria Zubeidi, che ha in seguito raggiunto lo status di super ricercato dalle forze di sicurezza israeliane ed è considerato dall’opinione pubblica israeliana come il perfetto terrorista.

Nel post rimosso da Facebook ho definito Zubeidi un eroe. Non solo perché ha lottato per la libertà del suo popolo, ma anche perché ogni palestinese che sopravvive all’occupazione e insiste nel continuare a vivere è un eroe – anche se non ha mai lanciato neanche una pietra.

La famiglia di Zubeidi ha donato parte della propria casa per le prove del Freedom Theatre. Sua madre e suo fratello sono stati in seguito uccisi dall’esercito israeliano e lui infine ha preso le armi per combattere per la libertà. Noi, il pubblico israeliano, siamo quelli (così ho scritto) che dovrebbero rendere conto della trasformazione compiuta da Zubeidi, uno di quei ragazzini sorridenti del film.

Stupore e indignazione

Ovviamente ciò è estremamente improbabile. Il pubblico israeliano rifiuta drasticamente di riconoscere il contesto della lotta palestinese e si stupisce quando qualcuno osa anche solo parlarne. Questo stupore ha improntato la risposta israeliana quando è uscita la notizia dell’evasione dei sei prigionieri da Gilboa: in qualche modo ci hanno ingannati, ma come? Noi siamo così bravi e così forti – noi siamo invincibili!

Lo stupore e l’indignazione sono tipici della reazione israeliana ogni volta che i palestinesi riescono ad ottenere una vittoria contro il regime israeliano ed il suo sofisticato, potente, articolato sistema di oppressione. La straordinaria e riuscita azione palestinese provoca una meravigliata protesta da parte degli israeliani del genere: ‘non fanno un gioco corretto’.

Dal punto di vista israeliano le regole di questo gioco stabiliscono che la nostra parte è quella che conquista, schiaccia, umilia, espelle, esilia, arresta, incarcera, preme il grilletto ed uccide. Il loro ruolo (dei palestinesi, ndtr.) è di essere sconfitti, schiacciati, espulsi, incarcerati e di morire. Che cosa gli dà il diritto di violare questa equivalenza tra ebraismo e democrazia?

E’come se Golia dovesse vedere il mondo come lo vedeva Davide ed insistesse nel considerarsi una vittima, anche quando infierisce sul debole e ignora il diritto internazionale. Per esempio, imprigionare un abitante dei territori occupati al di fuori di quei territori è una violazione del diritto internazionale. L’incarcerazione di Zubeidi e dei suoi amici a Gilboa è stata essa stessa illegittima e un crimine di guerra.

Quando sei un Golia che si percepisce come un Davide, sei cieco rispetto all’eroismo di coloro che stai calpestando, quelli che impugnano una fionda contro il tuo immenso potere. Né puoi comprendere il terribile prezzo che pagano per essersi comportati così – come i ragazzi del Freedom Theatre di Jenin, la maggior parte dei quali hanno pagato con la vita.

Yusuf per esempio era un ragazzo del Freedom Theatre. Durante la seconda Intifada, dopo che una granata ha colpito un’aula della scuola, Yusuf si è trovato a portare in braccio una ragazzina che è morta dopo pochi minuti. I suoi amici dicono che quell’esperienza lo ha completamente cambiato. Ha smesso di sorridere, di ridere, è diventato apatico. Poi, pur essendo del tutto ateo, si è unito alla Jihad islamica, ha imbracciato le armi, è andato con un amico a Hadera nel centro di Israele ed ha aperto il fuoco, uccidendo quattro persone e ferendone 30. In risposta la polizia ha ucciso sia Yusuf che il suo compagno.

Non mi arrenderò mai’

Poi c’è Ashraf, nel film un dolce ragazzo e nel gruppo teatrale un attore importante. In una scena, dopo che l’esercito israeliano ha distrutto la casa della famiglia del suo vicino Alaa, Ashraf fruga tra le macerie per recuperare qualcuna delle cose del suo amico. Scatto in avanti e si sente Alaa che descrive come Ashraf in seguito sia morto combattendo contro le forze israeliane nella battaglia di Jenin nel 2002. Residenti armati hanno preso posizione nell’edificio che un tempo ospitava il teatro ed è là che è morto Ashraf.

O prendiamo Alaa, che da bambino ha visto distruggere la casa della sua famiglia. Vediamo un Alaa cresciuto, che spiega che lui non sarebbe mai stato catturato perché sarebbe “diventato libero o sepolto nella sua tomba”. Nella scena seguente vediamo il suo cadavere bruciato all’ospedale, circondato da amici e parenti in lutto, dopo che è stato colpito dalle forze armate israeliane nel novembre 2002, due settimane dopo la nascita del suo primo figlio.

E poi c’è lo stesso Zubeidi. “Non mi arrenderò mai”, dice nel film ai suoi amici. “Mai!” Ed effettivamente non lo ha mai fatto. E’stato catturato da un poliziotto armato fino ai denti alle dipendenze di un vile e codardo regime le cui incessanti e sadiche violenze sono attribuite a “necessità di sicurezza” e in cui la persecuzione di questi combattenti per la libertà è chiamata “eroismo”.

Perciò sì, per quanto incredibile possa essere per gli israeliani, un giorno la gente rinchiusa in un ghetto dove una morte lenta ha migliaia di facce tenterà di insorgere e rischierà la vita per farlo. Uno delle migliaia di prigionieri del ghetto potrebbe addirittura uccidere uno dei suoi carcerieri. E sì, il popolo i cui conquistatori lo incarcerano per anni in una prigione più materiale del ghetto potrebbe tentare di scappare ed una su decine di migliaia di persone potrebbe farcela. Sì, compresi quelli che hanno scelto la violenza.

Ricerca interiore

Perché qui c’è un’altra sorpresa: viviamo in una realtà molto violenta che, benché abbia due lati, non è affatto simmetrica. La violenza di una delle parti ha il fine di opprimere, di schiacciare, di sradicare, di stabilire la superiorità, mentre la violenza dell’altra parte è una ricerca di liberazione. Ecco come persino azioni che non dovrebbero mai avvenire diventano parte della lotta per la libertà.

Alla fine di questa settimana milioni di ebrei osserveranno il giorno più sacro dell’anno ebraico, lo Yom Kippur: un giorno di esame di coscienza e di ricerca interiore. Nella tradizione ebraica le nostre preghiere durante lo Yom Kippur ci permettono di ottenere il perdono per i peccati contro Dio, ma non per quelli che abbiamo commesso contro altri esseri umani. Solo le vittime stesse possono perdonarci per quelli.

In questo Yom Kippur dovremmo inginocchiarci di fronte ai milioni di palestinesi che abbiamo oppresso per decenni e domandare loro perdono dal profondo dei nostri cuori, mentre ci pentiamo sinceramente dei peccati che abbiamo commesso contro di loro. Come negli anni passati, tuttavia, non succederà nemmeno in questo Yom Kippur. L’esibizione di forza degli ebrei ha sostituito la loro moralità 73 anni fa.

Le opinioni espresse in questo articolo appartengono all’autrice e non riflettono necessariamente la politica editoriale di Middle East Eye.

Orly Noy è una giornalista e un’attivista politica che vive a Gerusalemme.

(Traduzione dall’inglese di Cristiana Cavagna)




Militari israeliani uccidono ufficiale dell’Autorità Nazionale Palestinese e sparano a un insegnante

Tamara Nassar

9 novembre 2020 – The Electronic Intifada

Domenica scorsa le forze di occupazione israeliane hanno sparato ad un palestinese all’ingresso del campo profughi di al-Fawwar, vicino alla città di Hebron in Cisgiordania.

L’esercito israeliano ha affermato che quando hanno aperto il fuoco Ali Suleiman Amro, 40 anni, stava tentando di aggredirli con un coltello.

Come in molti casi precedenti di uccisione di un presunto aggressore palestinese, nel corso dell’accaduto nessun soldato israeliano è rimasto ferito.

L’esercito ha dichiarato che Amro è stato ricoverato in ospedale, ma i media israeliani hanno riferito che le sue condizioni erano ignote.

Dei testimoni palestinesi hanno filmato la sparatoria dal loro veicolo.

È possibile scorgere Amro mentre viene circondato da almeno tre soldati quando si sentono due colpi di arma da fuoco.

I media palestinesi hanno riferito che Amro era un insegnante di una scuola superiore nella città di Dura, vicino a Hebron, nella Cisgiordania occupata.

Questo è il secondo episodio nel corso di questo mese in cui i soldati israeliani sparano a dei palestinesi asserendo di essere stati attaccati.

Il precedente è stato fatale.

Ucciso un capitano dell’Autorità Nazionale Palestinese

Mercoledì scorso dei militari israeliani hanno sparato e ucciso un uomo palestinese vicino al posto di blocco militare di Huwwara, principale punto di transito in entrata e in uscita della città di Nablus, in Cisgiordania.

L’uomo è stato identificato come Bilal Adnan Rawajba, 29 anni. Era un consulente legale con il grado di capitano delle forze di sicurezza dell’Autorità Nazionale Palestinese.

L’esercito israeliano ha affermato che Rawajba aveva aperto il fuoco contro i militari israeliani “mentre usciva dalla città“.

L’esercito ha affermato che i soldati lo hanno “neutralizzato”.

La famiglia di Rawajba avrebbe sostenuto che egli si stava recando per lavoro nella città di Tubas, nel nord della Cisgiordania.

Dei palestinesi in un veicolo vicino hanno filmato la sparatoria. Il video diffuso sui social media mostra un soldato israeliano che spara più volte contro l’auto di Rawajba a distanza ravvicinata.

I filmati di sorveglianza diffusi dai media locali mostrano un’auto bianca che si avvicina ad una postazione militare dove si trovano due soldati. I soldati inizialmente correndo si allontanano  dal veicolo.

Da una barriera di cemento sembra levarsi della polvere, probabilmente originata da un colpo di arma da fuoco. In nessuno dei due video è visibile Rawajba o qualsiasi arma potesse avere con sé.

I media locali hanno anche diffuso un’immagine grafica che mostra Rawajba ucciso all’interno della sua auto.

Nessun soldato israeliano è rimasto ferito durante il fatto.

“Coordinamento della sicurezza”

Mercoledì l’Organizzazione per la liberazione della Palestina in un tweet ha ritenuto Israele “pienamente responsabile” di quella che ha definito “l’esecuzione extragiudiziale” di Rawajba.

L’OLP ha anche accusato Israele di “aver impedito agli equipaggi delle ambulanze di raggiungerlo, lasciandolo morire dissanguato”.

“Chiediamo alla Corte Penale Internazionale di accelerare le sue indagini”, ha aggiunto.

A maggio l’Autorità Nazionale Palestinese ha sospeso il suo coordinamento “civile” e relativo alla “sicurezza” con Israele per protestare contro i piani israeliani di annettere vaste aree della Cisgiordania occupata.

Ciò si è ripercosso sui pazienti palestinesi che richiedono cure mediche fuori Gaza, i quali si affidano al coordinamento dell’ANP con l’esercito israeliano per ottenere i permessi.

L’ Autorità Nazionale Palestinese ha anche rifiutato di accettare le entrate fiscali che Israele raccoglie dai palestinesi per conto della stessa ANP. Ciò per protestare contro la sottrazione da parte di Israele del denaro pari agli importi che l’ANP versa alle famiglie dei prigionieri palestinesi.

Questo ha danneggiato i funzionari dell’ANP come Rawajba, che a causa della controversia ricevono solo metà dei loro stipendi.

Il quotidiano di Tel Aviv Haaretz [quotidiano israeliano di orientamento progressista, ndtr.] ha affermato che la sospensione del coordinamento ha “danneggiato l’apparato di sicurezza palestinese più di quanto abbia fatto leva su Israele”.

La resistenza palestinese e le fazioni politiche Hamas e Jihad islamica hanno entrambe condannato l’uccisione di Rawajba.

Il partito politico di sinistra Fronte popolare per la liberazione della Palestina ha definito l’uccisione di Rawajba all’interno della sua auto “un altro crimine di guerra sionista da aggiungere all’elenco dei crimini contro il nostro popolo”.

(traduzione dall’inglese di Aldo Lotta)




Raid e spari israeliani tra Gaza e Siria: tre membri del Jihad islamico uccisi

Redazione Nena News

Tensione alta nella Striscia dove ieri mattina i militari di Tel Aviv hanno ucciso e poi sollevato con un bulldozer un giovane militante della fazione palestinese. “Piantava un esplosivo al confine” afferma l’esercito. Razzi del Jihad verso il sud d’Israele. Nella notte la risposta dei jet israeliani: diversi feriti nell’enclave palestinese, 2 le vittime nell’area di Damasco

24 febbraio 2020 Nena News

Giornata ad altissima tensione quella vissuta ieri a confine tra la Striscia di Gaza e, nella notte, in Siria (a sud di Damasco) dove l’aviazione israeliana ha fatto sapere di aver colpito “decine di obiettivi” della fazione palestinese del Jihad Islamico in risposta ai suoi razzi lanciati nel pomeriggio di ieri verso il territorio israeliano.

L’esercito ha riferito di aver colpito nell’area di al-Adleyeh (Damasco) la principale base siriana del Jihad dove si sviluppano razzi. In questa zona, afferma Tel Aviv, avvengono anche le esercitazioni militari dei membri dell’organizzazione palestinese provenienti sia dalla Striscia di Gaza che da Libano e Siria. In un comunicato il Jihad Islamico ha riconosciuto l’uccisione di due suoi combattenti, Salim Salim (24 anni) e Ziad Mansour (23), e ha promesso che si vendicherà.

Israele ha inoltre fatto sapere che ieri pomeriggio il Jihad ha lanciato dalla Striscia di Gaza verso la parte meridionale del suo territorio circa 30 razzi e colpi di mortaio, gran parte dei quali stata intercettata dal sistema difensivo Iron Dome. Il lancio dei razzi era stata una risposta a quanto avvenuto ieri mattina al confine tra Gaza e Israele dove l’esercito ha ammesso di aver ucciso un membro del Jihad mentre “era intento a piantare un esplosivo lungo il confine”. “L’esercito risponderà in modo aggressivo alle attività terroristiche del Jihad islamico che mettono in pericolo i cittadini d’Israele e danneggiano la sua sovranità” si legge in una nota ufficiale dell’esercito. Quanto accaduto ad est di Khan Yunis (a sud della Striscia, assediata da oltre 10 anni dallo stato ebraico) però non può essere ridotto a questo scarno comunicato. In un video che ha fatto ben presto il giro della rete, infatti, si vede chiaramente come un bulldozer dell’esercito trascini e poi sollevi il corpo della vittima, Mohammad Ali al-Naim (27 anni). Una scena orribile che era stata preceduta poco prima dagli spari dei soldati israeliani verso almeno due palestinesi (rimasti feriti) che provavano a recuperare il corpo ormai senza vita di an-Naim.

L’esercito si è difeso: “Abbiamo notato due terroristi avvicinarsi alla barriera di sicurezza e che piazzavano una bomba lì vicino e pertanto i soldati hanno aperto il fuoco verso di loro”. Il Jihad, di cui an-Naim era membro, ha fatto sapere che “il sangue dei martiri non sarà vano”. Duro è stato il commento anche di Hamas che governa la Striscia da oltre 10 anni. Il suo portavoce Fawzi Barhoum ha detto che “il maltrattamento” del cadavere è “un altro odioso crimine che si aggiunge ai tanti orrendi crimini compiuti [da Israele] al popolo palestinese”. Il recupero del corpo senza vita di an-Naim rientra nel piano del ministro della Difesa israeliano Bennet di usare i corpi senza vita dei combattenti palestinesi come pedine di scambio nei negoziati per il rilascio di due israeliani e per riavere indietro i resti di due soldati israeliani che sono tenuti da Hamas. Come segno di vendetta per l’uccisione di an-Naim e per il barbaro trattamento del suo cadavere, il Jihad ha rivendicato gli attacchi di ieri verso il sud d’Israele (il primo lancio di razzi è avvenuto ieri verso le 17:30 ora locale, il secondo verso le 20, qualche altro razzo è stato poi sparato dopo le 21).

Nel pomeriggio della serata di ieri la tensione è salita alle stelle quando l’aviazione di Tel Aviv ha risposto ai razzi del Jihad colpendo più punti della Striscia di Gaza. I militari hanno detto che uno dei target era un sito dove i membri del Jihad si stavano preparando a lanciare razzi verso il territorio israeliano (il ministero della Salute di Gaza parla di 4 feriti nel raid). Secondo Israele, tra gli altri obiettivi colpiti ci sarebbero anche basi militari e depositi di armi del Jihad situati a Beit Lahiya (presa di mira la base di Hittin), Rafah (qui si riportano altri due feriti) e Khan Yunis.

La tensione resta alta al confine tra Gaza e il confine meridionale d’Israele al punto che l’esercito ha ordinato oggi la chiusura delle scuole nelle comunità israeliane vicino alla Striscia e nelle città di Ashkelon, Sderot e Netivot. Vietati anche raduni pubblici. Alla popolazione è permesso andare a lavorare solo se si trovano in prossimità di un rifugio anti-missile.

Gli attacchi di ieri dalla Striscia non hanno provocato feriti (solo qualche leggerissimo danno) perché la maggior parte di loro è stata intercettata dall’Iron Dome o è caduta in aree non abitate. Sirene di emergenza sono suonate diverse volte nell’area vicina al confine o non troppo lontana dalla Striscia. Migliaia di israeliani che vivono nella zona interessata si sono recati nei rifugi.

Il premier israeliano Netanyahu, il ministro della difesa Bennet e diversi membri dei servizi di sicurezza si sono incontrati nel quartier generale dell’esercito a Tel Aviv ieri notte per fare il punto della situazione e per programmare eventualmente un attacco di più ampia portata.

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Aggiungiamo come redazione di Zeitun  da Ruptly  il video del bulldozer che con la benna trascina il corpo del palestinese ucciso.




Come i media occidentali permettono a Israele di farla franca su Gaza

Ramzy Baroud

16 novembre, 2019 Middle East Monitor

Un attacco israeliano a Gaza era imminente e non a causa di qualche provocazione da parte di gruppi palestinesi nella impoverita e assediata striscia di Gaza. L’escalation dell’esercito israeliano era prevedibile perché si colloca perfettamente nel controverso scenario politico israeliano. La guerra non era una questione di “se”, ma di “quando”.

La risposta è arrivata il 12 novembre quando l’esercito israeliano ha lanciato un grave attacco contro Gaza, uccidendo il comandante della Jihad islamica Bahaa Abu al-Ata e la moglie Asma.

Sono seguiti altri attacchi contro quelle che l’esercito israeliano ha descritto come basi della Jihad islamica. Comunque le identità delle vittime, insieme a video incriminanti sui social media, foto e resoconti di testimoni indicano che sono stati bombardati anche civili e distrutte infrastrutture civili.

Quando il 14 novembre è stata annunciata la tregua, durante l’aggressione israeliana erano stati uccisi 32 e feriti oltre 80 palestinesi.

Quello che veramente ostacola ogni seria discussione sull’orrenda situazione a Gaza è la blanda reazione sia delle organizzazioni internazionali, che esistono con il solo scopo di mantenere la pace nel mondo, che dei principali media occidentali, che incessantemente celebrano la propria accuratezza ed imparzialità. Una reazione estremamente deludente alla violenza israeliana è stata quella di Nickolay Mladenov, il coordinatore speciale ONU per il processo di pace in Medio Oriente.

Mladenov, il cui compito da tempo avrebbe dovuto essere considerato inutile dato che non esiste al momento alcun “processo di pace”, ha espresso la sua “preoccupazione” circa la “seria e costante escalation fra la Jihad islamica palestinese e Israele”.

La dichiarazione di Mladenov non solo stabilisce un’equivalenza morale fra una potenza di occupazione, che per prima ha provocato la guerra, e un piccolo gruppo di poche centinaia di uomini armati, ma è anche disonesta.

Il lancio indiscriminato di razzi e colpi di mortaio contro centri abitati è assolutamente inaccettabile e deve cessare immediatamente” ha aggiunto Mladenov, dando grande enfasi al fatto che “non c’è alcuna giustificazione per degli attacchi contro civili”.

Sorprendentemente Mladenov si stava riferendo ai civili israeliani, non a quelli palestinesi. Quando questa dichiarazione è stata rilasciata ai media, c’erano già decine di civili palestinesi feriti e uccisi mentre i reportage dei media israeliani parlavano dei pochi israeliani che erano stati curati per “ansia”.

L’Unione Europea non ha fatto molto di meglio, ripetendo la solita reazione automatica americana di condanna “al fuoco di fila di attacchi di razzi che penetrano profondamente in territorio israeliano”.

Non è possibile che Mladenov e i vertici dei responsabili della politica estera dell’UE non capiscano correttamente il contesto politico dell’ultimo massacro israeliano, cioè che il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sotto attacco sta usando l’escalation militare per rafforzare il suo controllo sul potere che si sta sempre più indebolendo.

Tenendo presente questo, cosa si deve pensare della scadente copertura mediatica, delle analisi inadeguate e dell’assenza di servizi equilibrati sui principali media occidentali?

In un servizio diffuso dalla BBC il 13 novembre, l’emittente britannica ha parlato di “violenza alla frontiera fra Israele e i militanti a Gaza”.

Ma Gaza non è un Paese indipendente e, secondo le leggi internazionali, è ancora occupata da Israele. Israele ha dichiarato Gaza un “territorio ostile” nel settembre 2007, stabilendo arbitrariamente un “confine” fra il Paese e il territorio palestinese assediato. Per qualche ragione la BBC pensa che questa definizione sia accettabile.

Dal canto suo, il 13 novembre la CNN ha riportato che “la campagna militare israeliana contro la Jihad islamica” è al suo secondo giorno, enfatizzando la condanna ONU degli attacchi con i razzi.

La CNN, come la maggior parte degli altri principali media americani, riporta le campagne militari israeliane come parte integrante di una immaginaria “guerra al terrorismo”. Perciò analizzare il linguaggio dei principali media USA allo scopo di sottolineare e enfatizzare i suoi errori e pregiudizi è un esercizio inutile. Purtroppo, i pregiudizi USA sulla Palestina si sono estesi ai media principali in quei Paesi europei che erano, in parte, più imparziali, se non più solidali con la situazione dei palestinesi.

Lo spagnolo El Mundo, per esempio, ha parlato di un certo numero di palestinesi, avendo cura di sottolineare che erano “quasi tutti miliziani” che sono “morti” e non che “erano stati uccisi” dall’esercito israeliano.

L’escalation ha fatto seguito alla morte del leader del braccio armato di Gaza” ha riportato El Mundo, omettendo, ancora una volta, di identificare i responsabili di queste morti apparentemente misteriose.

La Repubblica, che in Italia è considerata una testata di “sinistra”, sembrava più un giornale israeliano di destra nella sua descrizione degli eventi che hanno portato alla morte e al ferimento di molti palestinesi. Il quotidiano italiano ha usato una sequenza degli avvenimenti inventata che esiste solo nella mente dell’esercito e dei responsabili politici israeliani.

La violenza continua. Secondo “The Jerusalem Post” (un giornale israeliano di destra) e l’esercito israeliano parecchi razzi sono stati lanciati dai (miliziani) della Jihad islamica di Gaza verso Israele, violando la breve tregua”.

Resta poco chiaro a quale “tregua” si riferisse La Repubblica.

Il francese Le Monde ha fatto lo stesso, riportando le stesse frasi israeliane, fuorvianti e stereotipate e enfatizzando le dichiarazioni dell’esercito e del

governo israeliano. Stranamente la morte e il ferimento di molti palestinesi a Gaza non merita un posto sulla homepage del giornale francese.

Invece si è scelto di dare evidenza a una notizia relativamente poco importante, in cui Israele denunciava la definizione di prodotti delle colonie illegali come “discriminatoria”.

Forse si sarebbero potute scusare queste mancanze giornalistiche e morali ad ampio raggio se non fosse per il fatto che la storia di Gaza è stata una di quelle più ampiamente riportate ovunque nel mondo da oltre un decennio.

È ovvio che i “i quotidiani più importanti” occidentali non hanno volutamente fatto dei reportage onesti su Gaza e hanno intenzionalmente nascosto la verità ai loro lettori per molti anni, per non offendere la sensibilità del governo israeliano e dei suoi potenti alleati e lobby.

Se non si può che deplorare la morte del buon giornalismo in Occidente, è anche importante riconoscere con grande ammirazione il coraggio e i sacrifici dei giovani giornalisti e dei blogger di Gaza che, in più occasioni, sono stati presi di mira e uccisi dall’esercito israeliano per aver trasmesso la verità sulla situazione di emergenza dell’assediata, ma tenace Striscia.

Le opinioni espresse in questo articolo appartengono all’autore e non riflettono necessariamente la politica editoriale del Middle East Monitor.

(traduzione dall’inglese di Mirella Alessio)