Jenin resiste tenacemente ai continui attacchi di Israele

Tamara Nassar

21 maggio 2022 – The Electronic Intifada

Un adolescente palestinese è stato ucciso dalle truppe israeliane a Jenin sabato nelle prime ore del giorno.

Le autorità sanitarie palestinesi lo hanno identificato come Amjad Walid al-Fayed, di 17 anni.

L’organizzazione di resistenza palestinese della Jihad islamica ha affermato che il loro membro è stato ucciso in uno scontro a fuoco tra i combattenti della resistenza palestinese e le forze di occupazione israeliane durante un’incursione israeliana nella città settentrionale della Cisgiordania.

Sabato centinaia di persone erano presenti al funerale di al-Fayed.

Un secondo adolescente è stato gravemente ferito allo stomaco dagli spari delle forze israeliane.

La Jihad islamica ha affermato che al-Fayed era imparentato con due militanti della resistenza palestinese che hanno combattuto contro le truppe di occupazione israeliane durante un’incursione a Jenin nell’aprile 2002.

Vent’anni fa i suoi zii Amjad e Muhammad al-Fayed sarebbero stati coinvolti in un’imboscata che portò all’uccisione di 13 soldati israeliani.

Secondo un rapporto dell’epoca del segretario generale delle Nazioni Unite, nell’aprile 2002 l’esercito israeliano massacrò nel campo profughi di Jenin almeno 52 palestinesi e ne ferì altre decine.

Inoltre le forze israeliane bombardarono 150 edifici, lasciando 450 famiglie senza casa. Secondo il rapporto alla fine dell’operazione rimasero uccisi 23 soldati israeliani.

Ragazzi come scudi umani

La scorsa settimana i soldati israeliani hanno usato un’adolescente palestinese come scudo umano durante uno scontro a fuoco con uomini armati palestinesi a Jenin.

Alle 6 del mattino del 13 maggio l’esercito israeliano ha assediato la casa di Ahed Mohammad Rida Mereb nel quartiere al-Hadaf di Jenin per arrestare suo fratello di 20 anni.

Dopo aver ordinato ai genitori e ai fratelli minori di Ahed di uscire di casa, l’esercito israeliano ha aperto il fuoco contro la casa in cui era rimasto il fratello. Secondo un’indagine sul campo di Defense for Children International-Palestine [ONG impegnata internazionalmente a difesa dei diritti del fanciullo, ndtr.] il fratello ha reagito sparando contro le truppe israeliane.

Due ore dopo, i combattenti della resistenza palestinese hanno iniziato a sparare pesantemente contro un veicolo militare israeliano.

I soldati hanno costretto Ahed a stare fuori dal veicolo militare per due ore mentre loro erano seduti all’interno in uno scambio di fuoco con uomini armati palestinesi.

Venivano sparati proiettili contro il veicolo militare da tutte le direzioni”, ha detto Ahed a DCIP.

“Tremavo, piangevo e gridavo ai soldati di spostarmi da lì perché i proiettili mi passavano sopra la testa”, ha aggiunto Ahed.

Ma uno di loro mi ha ordinato in arabo, attraverso un finestrino del veicolo militare, Rimani dove sei e non muoverti. Sei una terrorista. Resta al tuo posto finché non dirai addio a tuo fratello’”.

“Ahed ha provato a inclinare la testa di lato per schivare i proiettili, ma uno dei soldati israeliani le ha ordinato di stare dritta”, ha dichiarato DCIP.

È stata costretta a rimanere lì per due ore prima di correre vicino a un albero e crollare. È stata curata in ospedale per un grave stress mentale e bassi livelli di ossigeno.

Dopo aver evacuato la casa di Ahed, dove viveva con la sua grande famiglia, inclusi otto minori, le forze israeliane hanno bombardato la casa con granate a razzo causandone l’incendio, e poi l’hanno attaccata con proiettili veri.

Resistenza a Jenin

Nelle ultime settimane l’esercito israeliano ha intensificato gli attacchi su Jenin la resistenza nel campo profughi è diventata più dura.

Il 13 maggio, come accade quasi quotidianamente, le forze israeliane hanno invaso il campo profughi di Jenin e la vicina città di Burqin ferendo più di una dozzina di palestinesi ed effettuando arresti.

Quel giorno a Burqin un ufficiale israeliano è stato ucciso da combattenti della resistenza palestinese.

Le forze israeliane hanno cercato di arrestare il militante palestinese Mahmoud al-Dubai. Le truppe israeliane hanno circondato la sua casa e gli hanno ordinato di arrendersi.

Dopo uno scontro a fuoco di un’ora tra al-Dubai e le forze di occupazione israeliane, in cui, secondo quanto riferito, dei soldati israeliani sparavano contro la casa granate anticarro Energa [armi usate per il combattimento ravvicinato contro mezzi corazzati e postazioni fortificate, ndtr.], al-Dubai è stato arrestato.

“La quantità di spari contro di noi era incrediibile, migliaia di proiettili”, ha affermato un anonimo “alto ufficiale” su Arutz Sheva, una pubblicazione a sostegno delle attività di insediamento coloniale di Israele in Cisgiordania.

“Sono nell’esercito da più di 20 anni e non ho mai visto niente di simile”.

Nel tentativo di escogitare nuovi metodi per contrastare la resistenza, Israele sta valutando un ritorno all’uso dei raid aerei contro il campo un metodo di repressione che la Cisgiordania non vede dalla seconda Intifada di due decenni fa.

“Elicotteri e droni possono essere utilizzati per proteggere le truppe di terra attraverso l’uso del fuoco deterrente e possibilmente sparare contro combattenti armati”, ha riferito il quotidiano di Tel Aviv Haaretz.

Uccisi fratelli di prigionieri

Nel frattempo a Jenin il fratello di uno dei sei palestinesi evasi lo scorso settembre da una delle prigioni più fortificate di Israele è morto dopo essere stato colpito delle forze di occupazione israeliane.

Durante i combattimenti del 13 maggio a Jenin le forze israeliane hanno sparato a Daoud Zubaidi. Era un fratello di Zakaria Zubeidi, il prigioniero più noto evaso a settembre.

Zakaria Zubeidi era un comandante delle Brigate dei Martiri di al-Aqsa, una milizia affiliata a Fatah.

Daoud è stato trasferito all’ospedale Rambam di Haifa, dove è morto il 15 maggio.

Il politico israeliano di estrema destra Itamar Ben-Gvir ha visitato quell’ospedale poco prima che fosse annunciata la morte di Daoud Zubeidi.

Ben-Gvir ha invocato l’esecuzione per Daoud Zubeidi.

“Questo terrorista insieme ad altri terroristi dovrebbe essere mandato sulla sedia elettrica”, ha detto Ben-Gvir in un video.

Chiunque spari nella direzione dei nostri soldati, chiunque tenti di uccidere non dovrebbe ricevere cure o coccole in ospedale. Gli si deve infliggere la morte sulla sedia elettrica”.

L’uccisione di Daoud Zubaidi porta a 228 il numero dei palestinesi morti in Israele da detenuti. Israele sta ancora trattenendone il corpo e si rifiuta di consegnarlo alla famiglia.

Il Palestine Prisoners Club [ONG che sostiene i prigionieri politici nelle carceri di occupazione israeliana, ndtr.] ha detto che le forze israeliane hanno sparato contro di lui con l’obiettivo di “finirlo“.

Il fratello di un altro prigioniero evaso è morto il mese scorso mentre combatteva contro le forze israeliane.

Shas Kamamji, 29 anni, è stato ucciso nel villaggio di Kafr Dan il 14 aprile quando le forze israeliane hanno aperto il fuoco contro una folla di persone che lanciavano pietre contro i veicoli militari.

Kamamji era il fratello di Ayham Kamamji, un altro dei fuggitivi dalla prigione di Gilboa. La fuga è stata considerata un colpo terribile per la reputazione dell’apparato di sicurezza israeliano.

I prigionieri rimasero in libertà per giorni e in alcuni casi settimane prima di essere nuovamente arrestati.

(traduzione dall’inglese di Aldo Lotta)




Facebook mi ha bloccata per aver chiamato eroe l’evaso da Gilboa Zakaria Zubeidi

Orly Noy

14 Settembre 2021 – Middle East Eye

Il mio appoggio pubblico ad uno dei prigionieri evasi ha provocato clamore tra gli israeliani. Il mio crimine? L’ho chiamato eroe e ho detto che capisco perché i palestinesi facciano ricorso alla lotta violenta

Entro un’ora dal mio post su Facebook relativo a Zakaria Zubeidi, uno dei sei prigionieri palestinesi che recentemente sono evasi dal carcere di Gilboa e uno dei quattro in seguito catturati, Facebook mi ha bloccata per tre giorni per aver violato le sue “linee guida della comunità”.

Non sono stata particolarmente sorpresa. Sapevo che molti israeliani avrebbero immediatamente segnalato il post e sarebbero riusciti a farlo cancellare. Il motivo è che io insisto nel considerare Zubeidi ed i suoi compagni dei combattenti per la libertà e non dei terroristi. Ed insisto nel delineare il contesto del tragico ed eroico percorso della vita di Zubeidi.

Tale contesto è descritto limpidamente in ‘I ragazzi di Arna’, il film del 2003 di Juliano Mer-Khamis sul lavoro di sua madre, Arna Mer-Khamis, e sul suo progetto del Freedom Theatre (Teatro della Libertà) degli anni ’90 per i ragazzi del campo profughi di Jenin.

I giovani partecipanti al progetto ci vengono presentati come ragazzi sorridenti che si trasformano gradualmente in combattenti determinati, molti dei quali sono stati alla fine uccisi. Uno dei ragazzi di Arna è Zakaria Zubeidi, che ha in seguito raggiunto lo status di super ricercato dalle forze di sicurezza israeliane ed è considerato dall’opinione pubblica israeliana come il perfetto terrorista.

Nel post rimosso da Facebook ho definito Zubeidi un eroe. Non solo perché ha lottato per la libertà del suo popolo, ma anche perché ogni palestinese che sopravvive all’occupazione e insiste nel continuare a vivere è un eroe – anche se non ha mai lanciato neanche una pietra.

La famiglia di Zubeidi ha donato parte della propria casa per le prove del Freedom Theatre. Sua madre e suo fratello sono stati in seguito uccisi dall’esercito israeliano e lui infine ha preso le armi per combattere per la libertà. Noi, il pubblico israeliano, siamo quelli (così ho scritto) che dovrebbero rendere conto della trasformazione compiuta da Zubeidi, uno di quei ragazzini sorridenti del film.

Stupore e indignazione

Ovviamente ciò è estremamente improbabile. Il pubblico israeliano rifiuta drasticamente di riconoscere il contesto della lotta palestinese e si stupisce quando qualcuno osa anche solo parlarne. Questo stupore ha improntato la risposta israeliana quando è uscita la notizia dell’evasione dei sei prigionieri da Gilboa: in qualche modo ci hanno ingannati, ma come? Noi siamo così bravi e così forti – noi siamo invincibili!

Lo stupore e l’indignazione sono tipici della reazione israeliana ogni volta che i palestinesi riescono ad ottenere una vittoria contro il regime israeliano ed il suo sofisticato, potente, articolato sistema di oppressione. La straordinaria e riuscita azione palestinese provoca una meravigliata protesta da parte degli israeliani del genere: ‘non fanno un gioco corretto’.

Dal punto di vista israeliano le regole di questo gioco stabiliscono che la nostra parte è quella che conquista, schiaccia, umilia, espelle, esilia, arresta, incarcera, preme il grilletto ed uccide. Il loro ruolo (dei palestinesi, ndtr.) è di essere sconfitti, schiacciati, espulsi, incarcerati e di morire. Che cosa gli dà il diritto di violare questa equivalenza tra ebraismo e democrazia?

E’come se Golia dovesse vedere il mondo come lo vedeva Davide ed insistesse nel considerarsi una vittima, anche quando infierisce sul debole e ignora il diritto internazionale. Per esempio, imprigionare un abitante dei territori occupati al di fuori di quei territori è una violazione del diritto internazionale. L’incarcerazione di Zubeidi e dei suoi amici a Gilboa è stata essa stessa illegittima e un crimine di guerra.

Quando sei un Golia che si percepisce come un Davide, sei cieco rispetto all’eroismo di coloro che stai calpestando, quelli che impugnano una fionda contro il tuo immenso potere. Né puoi comprendere il terribile prezzo che pagano per essersi comportati così – come i ragazzi del Freedom Theatre di Jenin, la maggior parte dei quali hanno pagato con la vita.

Yusuf per esempio era un ragazzo del Freedom Theatre. Durante la seconda Intifada, dopo che una granata ha colpito un’aula della scuola, Yusuf si è trovato a portare in braccio una ragazzina che è morta dopo pochi minuti. I suoi amici dicono che quell’esperienza lo ha completamente cambiato. Ha smesso di sorridere, di ridere, è diventato apatico. Poi, pur essendo del tutto ateo, si è unito alla Jihad islamica, ha imbracciato le armi, è andato con un amico a Hadera nel centro di Israele ed ha aperto il fuoco, uccidendo quattro persone e ferendone 30. In risposta la polizia ha ucciso sia Yusuf che il suo compagno.

Non mi arrenderò mai’

Poi c’è Ashraf, nel film un dolce ragazzo e nel gruppo teatrale un attore importante. In una scena, dopo che l’esercito israeliano ha distrutto la casa della famiglia del suo vicino Alaa, Ashraf fruga tra le macerie per recuperare qualcuna delle cose del suo amico. Scatto in avanti e si sente Alaa che descrive come Ashraf in seguito sia morto combattendo contro le forze israeliane nella battaglia di Jenin nel 2002. Residenti armati hanno preso posizione nell’edificio che un tempo ospitava il teatro ed è là che è morto Ashraf.

O prendiamo Alaa, che da bambino ha visto distruggere la casa della sua famiglia. Vediamo un Alaa cresciuto, che spiega che lui non sarebbe mai stato catturato perché sarebbe “diventato libero o sepolto nella sua tomba”. Nella scena seguente vediamo il suo cadavere bruciato all’ospedale, circondato da amici e parenti in lutto, dopo che è stato colpito dalle forze armate israeliane nel novembre 2002, due settimane dopo la nascita del suo primo figlio.

E poi c’è lo stesso Zubeidi. “Non mi arrenderò mai”, dice nel film ai suoi amici. “Mai!” Ed effettivamente non lo ha mai fatto. E’stato catturato da un poliziotto armato fino ai denti alle dipendenze di un vile e codardo regime le cui incessanti e sadiche violenze sono attribuite a “necessità di sicurezza” e in cui la persecuzione di questi combattenti per la libertà è chiamata “eroismo”.

Perciò sì, per quanto incredibile possa essere per gli israeliani, un giorno la gente rinchiusa in un ghetto dove una morte lenta ha migliaia di facce tenterà di insorgere e rischierà la vita per farlo. Uno delle migliaia di prigionieri del ghetto potrebbe addirittura uccidere uno dei suoi carcerieri. E sì, il popolo i cui conquistatori lo incarcerano per anni in una prigione più materiale del ghetto potrebbe tentare di scappare ed una su decine di migliaia di persone potrebbe farcela. Sì, compresi quelli che hanno scelto la violenza.

Ricerca interiore

Perché qui c’è un’altra sorpresa: viviamo in una realtà molto violenta che, benché abbia due lati, non è affatto simmetrica. La violenza di una delle parti ha il fine di opprimere, di schiacciare, di sradicare, di stabilire la superiorità, mentre la violenza dell’altra parte è una ricerca di liberazione. Ecco come persino azioni che non dovrebbero mai avvenire diventano parte della lotta per la libertà.

Alla fine di questa settimana milioni di ebrei osserveranno il giorno più sacro dell’anno ebraico, lo Yom Kippur: un giorno di esame di coscienza e di ricerca interiore. Nella tradizione ebraica le nostre preghiere durante lo Yom Kippur ci permettono di ottenere il perdono per i peccati contro Dio, ma non per quelli che abbiamo commesso contro altri esseri umani. Solo le vittime stesse possono perdonarci per quelli.

In questo Yom Kippur dovremmo inginocchiarci di fronte ai milioni di palestinesi che abbiamo oppresso per decenni e domandare loro perdono dal profondo dei nostri cuori, mentre ci pentiamo sinceramente dei peccati che abbiamo commesso contro di loro. Come negli anni passati, tuttavia, non succederà nemmeno in questo Yom Kippur. L’esibizione di forza degli ebrei ha sostituito la loro moralità 73 anni fa.

Le opinioni espresse in questo articolo appartengono all’autrice e non riflettono necessariamente la politica editoriale di Middle East Eye.

Orly Noy è una giornalista e un’attivista politica che vive a Gerusalemme.

(Traduzione dall’inglese di Cristiana Cavagna)




Militari israeliani uccidono ufficiale dell’Autorità Nazionale Palestinese e sparano a un insegnante

Tamara Nassar

9 novembre 2020 – The Electronic Intifada

Domenica scorsa le forze di occupazione israeliane hanno sparato ad un palestinese all’ingresso del campo profughi di al-Fawwar, vicino alla città di Hebron in Cisgiordania.

L’esercito israeliano ha affermato che quando hanno aperto il fuoco Ali Suleiman Amro, 40 anni, stava tentando di aggredirli con un coltello.

Come in molti casi precedenti di uccisione di un presunto aggressore palestinese, nel corso dell’accaduto nessun soldato israeliano è rimasto ferito.

L’esercito ha dichiarato che Amro è stato ricoverato in ospedale, ma i media israeliani hanno riferito che le sue condizioni erano ignote.

Dei testimoni palestinesi hanno filmato la sparatoria dal loro veicolo.

È possibile scorgere Amro mentre viene circondato da almeno tre soldati quando si sentono due colpi di arma da fuoco.

I media palestinesi hanno riferito che Amro era un insegnante di una scuola superiore nella città di Dura, vicino a Hebron, nella Cisgiordania occupata.

Questo è il secondo episodio nel corso di questo mese in cui i soldati israeliani sparano a dei palestinesi asserendo di essere stati attaccati.

Il precedente è stato fatale.

Ucciso un capitano dell’Autorità Nazionale Palestinese

Mercoledì scorso dei militari israeliani hanno sparato e ucciso un uomo palestinese vicino al posto di blocco militare di Huwwara, principale punto di transito in entrata e in uscita della città di Nablus, in Cisgiordania.

L’uomo è stato identificato come Bilal Adnan Rawajba, 29 anni. Era un consulente legale con il grado di capitano delle forze di sicurezza dell’Autorità Nazionale Palestinese.

L’esercito israeliano ha affermato che Rawajba aveva aperto il fuoco contro i militari israeliani “mentre usciva dalla città“.

L’esercito ha affermato che i soldati lo hanno “neutralizzato”.

La famiglia di Rawajba avrebbe sostenuto che egli si stava recando per lavoro nella città di Tubas, nel nord della Cisgiordania.

Dei palestinesi in un veicolo vicino hanno filmato la sparatoria. Il video diffuso sui social media mostra un soldato israeliano che spara più volte contro l’auto di Rawajba a distanza ravvicinata.

I filmati di sorveglianza diffusi dai media locali mostrano un’auto bianca che si avvicina ad una postazione militare dove si trovano due soldati. I soldati inizialmente correndo si allontanano  dal veicolo.

Da una barriera di cemento sembra levarsi della polvere, probabilmente originata da un colpo di arma da fuoco. In nessuno dei due video è visibile Rawajba o qualsiasi arma potesse avere con sé.

I media locali hanno anche diffuso un’immagine grafica che mostra Rawajba ucciso all’interno della sua auto.

Nessun soldato israeliano è rimasto ferito durante il fatto.

“Coordinamento della sicurezza”

Mercoledì l’Organizzazione per la liberazione della Palestina in un tweet ha ritenuto Israele “pienamente responsabile” di quella che ha definito “l’esecuzione extragiudiziale” di Rawajba.

L’OLP ha anche accusato Israele di “aver impedito agli equipaggi delle ambulanze di raggiungerlo, lasciandolo morire dissanguato”.

“Chiediamo alla Corte Penale Internazionale di accelerare le sue indagini”, ha aggiunto.

A maggio l’Autorità Nazionale Palestinese ha sospeso il suo coordinamento “civile” e relativo alla “sicurezza” con Israele per protestare contro i piani israeliani di annettere vaste aree della Cisgiordania occupata.

Ciò si è ripercosso sui pazienti palestinesi che richiedono cure mediche fuori Gaza, i quali si affidano al coordinamento dell’ANP con l’esercito israeliano per ottenere i permessi.

L’ Autorità Nazionale Palestinese ha anche rifiutato di accettare le entrate fiscali che Israele raccoglie dai palestinesi per conto della stessa ANP. Ciò per protestare contro la sottrazione da parte di Israele del denaro pari agli importi che l’ANP versa alle famiglie dei prigionieri palestinesi.

Questo ha danneggiato i funzionari dell’ANP come Rawajba, che a causa della controversia ricevono solo metà dei loro stipendi.

Il quotidiano di Tel Aviv Haaretz [quotidiano israeliano di orientamento progressista, ndtr.] ha affermato che la sospensione del coordinamento ha “danneggiato l’apparato di sicurezza palestinese più di quanto abbia fatto leva su Israele”.

La resistenza palestinese e le fazioni politiche Hamas e Jihad islamica hanno entrambe condannato l’uccisione di Rawajba.

Il partito politico di sinistra Fronte popolare per la liberazione della Palestina ha definito l’uccisione di Rawajba all’interno della sua auto “un altro crimine di guerra sionista da aggiungere all’elenco dei crimini contro il nostro popolo”.

(traduzione dall’inglese di Aldo Lotta)




Raid e spari israeliani tra Gaza e Siria: tre membri del Jihad islamico uccisi

Redazione Nena News

Tensione alta nella Striscia dove ieri mattina i militari di Tel Aviv hanno ucciso e poi sollevato con un bulldozer un giovane militante della fazione palestinese. “Piantava un esplosivo al confine” afferma l’esercito. Razzi del Jihad verso il sud d’Israele. Nella notte la risposta dei jet israeliani: diversi feriti nell’enclave palestinese, 2 le vittime nell’area di Damasco

24 febbraio 2020 Nena News

Giornata ad altissima tensione quella vissuta ieri a confine tra la Striscia di Gaza e, nella notte, in Siria (a sud di Damasco) dove l’aviazione israeliana ha fatto sapere di aver colpito “decine di obiettivi” della fazione palestinese del Jihad Islamico in risposta ai suoi razzi lanciati nel pomeriggio di ieri verso il territorio israeliano.

L’esercito ha riferito di aver colpito nell’area di al-Adleyeh (Damasco) la principale base siriana del Jihad dove si sviluppano razzi. In questa zona, afferma Tel Aviv, avvengono anche le esercitazioni militari dei membri dell’organizzazione palestinese provenienti sia dalla Striscia di Gaza che da Libano e Siria. In un comunicato il Jihad Islamico ha riconosciuto l’uccisione di due suoi combattenti, Salim Salim (24 anni) e Ziad Mansour (23), e ha promesso che si vendicherà.

Israele ha inoltre fatto sapere che ieri pomeriggio il Jihad ha lanciato dalla Striscia di Gaza verso la parte meridionale del suo territorio circa 30 razzi e colpi di mortaio, gran parte dei quali stata intercettata dal sistema difensivo Iron Dome. Il lancio dei razzi era stata una risposta a quanto avvenuto ieri mattina al confine tra Gaza e Israele dove l’esercito ha ammesso di aver ucciso un membro del Jihad mentre “era intento a piantare un esplosivo lungo il confine”. “L’esercito risponderà in modo aggressivo alle attività terroristiche del Jihad islamico che mettono in pericolo i cittadini d’Israele e danneggiano la sua sovranità” si legge in una nota ufficiale dell’esercito. Quanto accaduto ad est di Khan Yunis (a sud della Striscia, assediata da oltre 10 anni dallo stato ebraico) però non può essere ridotto a questo scarno comunicato. In un video che ha fatto ben presto il giro della rete, infatti, si vede chiaramente come un bulldozer dell’esercito trascini e poi sollevi il corpo della vittima, Mohammad Ali al-Naim (27 anni). Una scena orribile che era stata preceduta poco prima dagli spari dei soldati israeliani verso almeno due palestinesi (rimasti feriti) che provavano a recuperare il corpo ormai senza vita di an-Naim.

L’esercito si è difeso: “Abbiamo notato due terroristi avvicinarsi alla barriera di sicurezza e che piazzavano una bomba lì vicino e pertanto i soldati hanno aperto il fuoco verso di loro”. Il Jihad, di cui an-Naim era membro, ha fatto sapere che “il sangue dei martiri non sarà vano”. Duro è stato il commento anche di Hamas che governa la Striscia da oltre 10 anni. Il suo portavoce Fawzi Barhoum ha detto che “il maltrattamento” del cadavere è “un altro odioso crimine che si aggiunge ai tanti orrendi crimini compiuti [da Israele] al popolo palestinese”. Il recupero del corpo senza vita di an-Naim rientra nel piano del ministro della Difesa israeliano Bennet di usare i corpi senza vita dei combattenti palestinesi come pedine di scambio nei negoziati per il rilascio di due israeliani e per riavere indietro i resti di due soldati israeliani che sono tenuti da Hamas. Come segno di vendetta per l’uccisione di an-Naim e per il barbaro trattamento del suo cadavere, il Jihad ha rivendicato gli attacchi di ieri verso il sud d’Israele (il primo lancio di razzi è avvenuto ieri verso le 17:30 ora locale, il secondo verso le 20, qualche altro razzo è stato poi sparato dopo le 21).

Nel pomeriggio della serata di ieri la tensione è salita alle stelle quando l’aviazione di Tel Aviv ha risposto ai razzi del Jihad colpendo più punti della Striscia di Gaza. I militari hanno detto che uno dei target era un sito dove i membri del Jihad si stavano preparando a lanciare razzi verso il territorio israeliano (il ministero della Salute di Gaza parla di 4 feriti nel raid). Secondo Israele, tra gli altri obiettivi colpiti ci sarebbero anche basi militari e depositi di armi del Jihad situati a Beit Lahiya (presa di mira la base di Hittin), Rafah (qui si riportano altri due feriti) e Khan Yunis.

La tensione resta alta al confine tra Gaza e il confine meridionale d’Israele al punto che l’esercito ha ordinato oggi la chiusura delle scuole nelle comunità israeliane vicino alla Striscia e nelle città di Ashkelon, Sderot e Netivot. Vietati anche raduni pubblici. Alla popolazione è permesso andare a lavorare solo se si trovano in prossimità di un rifugio anti-missile.

Gli attacchi di ieri dalla Striscia non hanno provocato feriti (solo qualche leggerissimo danno) perché la maggior parte di loro è stata intercettata dall’Iron Dome o è caduta in aree non abitate. Sirene di emergenza sono suonate diverse volte nell’area vicina al confine o non troppo lontana dalla Striscia. Migliaia di israeliani che vivono nella zona interessata si sono recati nei rifugi.

Il premier israeliano Netanyahu, il ministro della difesa Bennet e diversi membri dei servizi di sicurezza si sono incontrati nel quartier generale dell’esercito a Tel Aviv ieri notte per fare il punto della situazione e per programmare eventualmente un attacco di più ampia portata.

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Aggiungiamo come redazione di Zeitun  da Ruptly  il video del bulldozer che con la benna trascina il corpo del palestinese ucciso.




Come i media occidentali permettono a Israele di farla franca su Gaza

Ramzy Baroud

16 novembre, 2019 Middle East Monitor

Un attacco israeliano a Gaza era imminente e non a causa di qualche provocazione da parte di gruppi palestinesi nella impoverita e assediata striscia di Gaza. L’escalation dell’esercito israeliano era prevedibile perché si colloca perfettamente nel controverso scenario politico israeliano. La guerra non era una questione di “se”, ma di “quando”.

La risposta è arrivata il 12 novembre quando l’esercito israeliano ha lanciato un grave attacco contro Gaza, uccidendo il comandante della Jihad islamica Bahaa Abu al-Ata e la moglie Asma.

Sono seguiti altri attacchi contro quelle che l’esercito israeliano ha descritto come basi della Jihad islamica. Comunque le identità delle vittime, insieme a video incriminanti sui social media, foto e resoconti di testimoni indicano che sono stati bombardati anche civili e distrutte infrastrutture civili.

Quando il 14 novembre è stata annunciata la tregua, durante l’aggressione israeliana erano stati uccisi 32 e feriti oltre 80 palestinesi.

Quello che veramente ostacola ogni seria discussione sull’orrenda situazione a Gaza è la blanda reazione sia delle organizzazioni internazionali, che esistono con il solo scopo di mantenere la pace nel mondo, che dei principali media occidentali, che incessantemente celebrano la propria accuratezza ed imparzialità. Una reazione estremamente deludente alla violenza israeliana è stata quella di Nickolay Mladenov, il coordinatore speciale ONU per il processo di pace in Medio Oriente.

Mladenov, il cui compito da tempo avrebbe dovuto essere considerato inutile dato che non esiste al momento alcun “processo di pace”, ha espresso la sua “preoccupazione” circa la “seria e costante escalation fra la Jihad islamica palestinese e Israele”.

La dichiarazione di Mladenov non solo stabilisce un’equivalenza morale fra una potenza di occupazione, che per prima ha provocato la guerra, e un piccolo gruppo di poche centinaia di uomini armati, ma è anche disonesta.

Il lancio indiscriminato di razzi e colpi di mortaio contro centri abitati è assolutamente inaccettabile e deve cessare immediatamente” ha aggiunto Mladenov, dando grande enfasi al fatto che “non c’è alcuna giustificazione per degli attacchi contro civili”.

Sorprendentemente Mladenov si stava riferendo ai civili israeliani, non a quelli palestinesi. Quando questa dichiarazione è stata rilasciata ai media, c’erano già decine di civili palestinesi feriti e uccisi mentre i reportage dei media israeliani parlavano dei pochi israeliani che erano stati curati per “ansia”.

L’Unione Europea non ha fatto molto di meglio, ripetendo la solita reazione automatica americana di condanna “al fuoco di fila di attacchi di razzi che penetrano profondamente in territorio israeliano”.

Non è possibile che Mladenov e i vertici dei responsabili della politica estera dell’UE non capiscano correttamente il contesto politico dell’ultimo massacro israeliano, cioè che il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sotto attacco sta usando l’escalation militare per rafforzare il suo controllo sul potere che si sta sempre più indebolendo.

Tenendo presente questo, cosa si deve pensare della scadente copertura mediatica, delle analisi inadeguate e dell’assenza di servizi equilibrati sui principali media occidentali?

In un servizio diffuso dalla BBC il 13 novembre, l’emittente britannica ha parlato di “violenza alla frontiera fra Israele e i militanti a Gaza”.

Ma Gaza non è un Paese indipendente e, secondo le leggi internazionali, è ancora occupata da Israele. Israele ha dichiarato Gaza un “territorio ostile” nel settembre 2007, stabilendo arbitrariamente un “confine” fra il Paese e il territorio palestinese assediato. Per qualche ragione la BBC pensa che questa definizione sia accettabile.

Dal canto suo, il 13 novembre la CNN ha riportato che “la campagna militare israeliana contro la Jihad islamica” è al suo secondo giorno, enfatizzando la condanna ONU degli attacchi con i razzi.

La CNN, come la maggior parte degli altri principali media americani, riporta le campagne militari israeliane come parte integrante di una immaginaria “guerra al terrorismo”. Perciò analizzare il linguaggio dei principali media USA allo scopo di sottolineare e enfatizzare i suoi errori e pregiudizi è un esercizio inutile. Purtroppo, i pregiudizi USA sulla Palestina si sono estesi ai media principali in quei Paesi europei che erano, in parte, più imparziali, se non più solidali con la situazione dei palestinesi.

Lo spagnolo El Mundo, per esempio, ha parlato di un certo numero di palestinesi, avendo cura di sottolineare che erano “quasi tutti miliziani” che sono “morti” e non che “erano stati uccisi” dall’esercito israeliano.

L’escalation ha fatto seguito alla morte del leader del braccio armato di Gaza” ha riportato El Mundo, omettendo, ancora una volta, di identificare i responsabili di queste morti apparentemente misteriose.

La Repubblica, che in Italia è considerata una testata di “sinistra”, sembrava più un giornale israeliano di destra nella sua descrizione degli eventi che hanno portato alla morte e al ferimento di molti palestinesi. Il quotidiano italiano ha usato una sequenza degli avvenimenti inventata che esiste solo nella mente dell’esercito e dei responsabili politici israeliani.

La violenza continua. Secondo “The Jerusalem Post” (un giornale israeliano di destra) e l’esercito israeliano parecchi razzi sono stati lanciati dai (miliziani) della Jihad islamica di Gaza verso Israele, violando la breve tregua”.

Resta poco chiaro a quale “tregua” si riferisse La Repubblica.

Il francese Le Monde ha fatto lo stesso, riportando le stesse frasi israeliane, fuorvianti e stereotipate e enfatizzando le dichiarazioni dell’esercito e del

governo israeliano. Stranamente la morte e il ferimento di molti palestinesi a Gaza non merita un posto sulla homepage del giornale francese.

Invece si è scelto di dare evidenza a una notizia relativamente poco importante, in cui Israele denunciava la definizione di prodotti delle colonie illegali come “discriminatoria”.

Forse si sarebbero potute scusare queste mancanze giornalistiche e morali ad ampio raggio se non fosse per il fatto che la storia di Gaza è stata una di quelle più ampiamente riportate ovunque nel mondo da oltre un decennio.

È ovvio che i “i quotidiani più importanti” occidentali non hanno volutamente fatto dei reportage onesti su Gaza e hanno intenzionalmente nascosto la verità ai loro lettori per molti anni, per non offendere la sensibilità del governo israeliano e dei suoi potenti alleati e lobby.

Se non si può che deplorare la morte del buon giornalismo in Occidente, è anche importante riconoscere con grande ammirazione il coraggio e i sacrifici dei giovani giornalisti e dei blogger di Gaza che, in più occasioni, sono stati presi di mira e uccisi dall’esercito israeliano per aver trasmesso la verità sulla situazione di emergenza dell’assediata, ma tenace Striscia.

Le opinioni espresse in questo articolo appartengono all’autore e non riflettono necessariamente la politica editoriale del Middle East Monitor.

(traduzione dall’inglese di Mirella Alessio)




Gli articoli del “NY Times” sull’uccisione di una famiglia a Gaza sono parte della riduzione del danno per l’esercito israeliano

James North

16 novembre 2019 – Mondoweiss

Il taglio dell’odierno articolo del New York Times su come l’aviazione di Israele abbia ucciso civili a Gaza inizia direttamente dal titolo. Nell’edizione in rete recita: “In un attacco che ha ucciso 5 bambini, Israele ha affermato di aver tolto di mezzo un miliziano di Gaza. Ora non è sicuro.”

Trovai per la prima volta “togliere di mezzo” come eufemismo per “ucciso” quando ero inviato nell’Africa meridionale negli anni ’70. Il regime della minoranza bianca in Rhodesia lo utilizzava per minimizzare la repressione contro il movimento nero di guerriglia che alla fine conquistò l’indipendenza e ribattezzò il Paese Zimbabwe. Il New York Times vuole davvero condividere questa orribile storia?

L’articolo del Times inizia con un rapido reportage di prima mano di un testimone del terribile attacco aereo notturno israeliano contro Deir-El-Balah, a Gaza. Ismail al-Swarka vi ha perso otto dei suoi parenti, cinque dei quali bambini.

Ma poi il giornale fa una digressione e un’operazione di riduzione del danno in associazione con l’esercito israeliano. Il Times afferma che l’esercito spiega che “vittime civili sono inevitabili nei brulicanti quartieri di Gaza.” Aggiunge che “Israele accusa i miliziani di utilizzare civili, compresi i loro stessi parenti, come scudi umani…” E, insistendo sull’argomento propagandistico, il giornale dice che Israele “adotta numerose precauzioni per evitare vittime civili inutili.”

Il giornale confonde anche le notizie veritiere, insinuando che, nonostante la morte di civili, ci doveva effettivamente essere stata “un’infrastruttura militare della Jihad Islamica”, nella zona che Israele ha attaccato. Il lettore si sente confuso, con l’impressione che l’aviazione israeliana potrebbe aver fatto un errore, ma forse no, e che in ogni caso simili errori sono rari.

La versione degli avvenimenti del Times è profondamente disonesta. Molte ore prima che il Times mettesse sul sito il suo articolo, il quotidiano indipendente israeliano Haaretz aveva già affermato chiaramente, nella sua prima frase:

Giovedì l’esercito israeliano ha ammesso di aver commesso un errore nel colpire mercoledì notte a Gaza un edificio che ospitava una famiglia di otto persone, tutte morte nell’attacco.”

I giornalisti di Haaretz, Yaniv Kubovich e Jack Khoury, hanno continuato a scrivere articoli veritieri, invece di stenografare i portavoce ufficiali dell’esercito israeliano. Si è scoperto che “l’edificio dove la famiglia (gli 8 gazawi uccisi nell’attacco, compresi 5 bambini) viveva era su una lista di potenziali bersagli, ma ufficiali israeliani della Difesa hanno confermato ad Haaretz che nell’ultimo anno non era stata aggiornata o controllata prima dell’attacco… Fonti della Difesa hanno confermato che in nessuna fase l’area è stata controllata per [verificare] la presenza di civili.”

Con buona pace delle “numerose precauzioni” dell’esercito israeliano per evitare di colpire civili palestinesi.

C’è stata ulteriore disonestà da parte del Times. La seconda frase dell’articolo del Times informa che “il portavoce dell’esercito israeliano in lingua araba ha postato su twitter la foto del comandante della Jihad Islamica palestinese che sostiene sia stato ucciso nel raid…” Poi cita la Jihad Islamica che nega le affermazioni di Israele. A te, lettore, decidere.

Ma Haaretz ha continuato a fare vera informazione. In un articolo di poche ore dopo Kubovich e Khoury hanno rivelato che l’esercito israeliano ha ammesso che la dichiarazione relativa al “comandante della Jihad Islamica” era una menzogna. “Funzionari della difesa ora ammettono che si è trattato di una dichiarazione falsa,” hanno detto.

L’inviato del Times David Halbfinger è in Israele da più di 2 anni. Non sarebbe ora che si creasse qualche fonte all’interno dell’esercito israeliano?

Questo orribile crimine di guerra israeliano – perché di questo si tratta – ricorda una storia rivelatrice raccontata da Yonatan Shapira, l’ex-pilota dell’aviazione israeliana che ora è un refusnik [israeliani che si rifiutano di fare il soldato o di partecipare ad attività nei territori palestinesi occupati, ndtr.], uno dei sempre più numerosi israeliani che non continueranno a prestare servizio nell’esercito. Nel 2003 Shapira, ancora in servizio, si scontrò con il comandante dell’aviazione riguardo a quelli che vengono anche eufemisticamente chiamati “assassinii mirati” – aerei da guerra avevano sparato missili contro leader palestinesi a Gaza, uccidendo anche passanti innocenti, alcuni dei quali bambini.

Shapira chiese al comandante: “Cosa sarebbe successo se i dirigenti palestinesi si fossero trovati a Tel Aviv? Avresti ordinato ai tuoi piloti di sparare lì, mettendo a rischio passanti israeliani?” Il comandante rispose di no. “Quindi tu attribuisci maggior valore agli israeliani che ai palestinesi,” rispose Yonatan. “Cercati qualcun altro per pilotare il tuo aereo.”

James North è un redattore generale di Mondoweiss e per quarant’anni è stato un inviato in Africa, America latina e Asia. Vive a New York.

(traduzione dall’inglese di Amedeo Rossi)




Rapporto OCHA del periodo 29 ottobre – 11 novembre 2019 (due settimane)

Il 2 novembre, un civile palestinese 27enne è stato ucciso ed un altro è rimasto ferito durante una serie di attacchi aerei israeliani contro siti militari ed aree non urbane della Striscia di Gaza.

I due uomini sono stati colpiti a sud-ovest di Khan Younis; si trovavano all’interno di una struttura agricola che, secondo fonti israeliane, veniva utilizzata a scopi militari. Nei due giorni precedenti, un gruppo armato palestinese aveva lanciato verso la regione meridionale di Israele diversi missili; uno di questi aveva colpito un edificio nella città di Sderot, provocando danni.

Vicino alla recinzione israeliana che perimetra la Striscia di Gaza, sono proseguite le manifestazioni della “Grande Marcia del Ritorno”, durante le quali le forze israeliane hanno ferito 396 palestinesi, tra cui 171 minori. Secondo il Ministero della Salute palestinese, 102 di loro, tra cui 39 minori, sono stati colpiti con armi da fuoco. Fonti israeliane hanno riferito che contro le forze israeliane sono stati lanciati ordigni esplosivi improvvisati, bombe a mano e bottiglie incendiarie e che ci sono stati diversi tentativi di violare la recinzione; non sono state riportate vittime israeliane.

In almeno 30 occasioni, allo scopo di far rispettare [ai palestinesi] le restrizioni di accesso, le forze israeliane hanno aperto il fuoco nelle aree della Striscia di Gaza adiacenti alla recinzione perimetrale e, in mare, al largo della costa; non sono stati segnalati feriti. In un caso separato, due pescatori palestinesi sono stati arrestati e la loro barca è stata confiscata dalle forze navali israeliane. In un altro caso, le forze israeliane hanno arrestato un minore palestinese che avrebbe tentato di entrare in Israele attraverso la recinzione perimetrale. Le forze israeliane hanno anche compiuto tre incursioni [nella Striscia], effettuando operazioni di spianatura del terreno vicino alla recinzione perimetrale.

L’11 novembre, durante scontri all’ingresso del campo profughi di Al ‘Arrub (Hebron), le forze israeliane hanno sparato e ucciso un palestinese di 22 anni. Il Coordinatore Speciale delle Nazioni Unite, Nickolay Mladenov, ha dichiarato che le registrazioni video dell’uccisione mostrano che, al momento in cui gli hanno sparato, l’uomo ucciso non costituiva alcuna minaccia per le forze israeliane. Secondo resoconti di media israeliani, le autorità israeliane hanno avviato un’indagine penale sul caso. Gli scontri erano scoppiati durante una manifestazione che commemorava il 15° anniversario della morte del Presidente palestinese Yasser Arafat.

In Cisgiordania, durante molteplici proteste e scontri, 56 palestinesi, tra cui almeno 17 minori, sono stati feriti dalle forze israeliane. Gli scontri più ampi sono stati registrati durante la summenzionata manifestazione nel campo di Al ‘Arrub; nel corso della protesta settimanale contro l’espansione degli insediamenti e le restrizioni di accesso a Kafr Qaddum (Qalqiliya) e durante una protesta nel villaggio di Surif (Hebron) contro la confisca della terra. Complessivamente, le forze israeliane hanno condotto 84 operazioni simili, tre delle quali hanno portato a scontri e a feriti.

Inoltre, 285 scolari e 35 insegnanti sono stati curati per inalazione di gas lacrimogeni: nella Zona (H2) della città di Hebron, controllata da Israele, in tre diverse circostanze, le forze israeliane avevano sparato gas lacrimogeni e bombe sonore nei cortili di due complessi scolastici. Secondo varie fonti palestinesi, solo uno dei tre casi (il 3 novembre) era stato preceduto dal lancio di pietre contro le forze israeliane da parte di minori palestinesi.

Nel quartiere Al Isawiya di Gerusalemme Est, le operazioni di polizia hanno sconvolto, quasi quotidianamente, la vita di circa 18.000 palestinesi; la maggior parte di queste operazioni ha provocato scontri e arresti. Il 2 novembre, per protestare contro la violenza della polizia, il Comitato dei genitori ha dichiarato uno sciopero di due giorni in tutte le scuole del quartiere. Sebbene non sia stato possibile accertare il numero delle persone ferite durante gli scontri di cui sopra, c’è particolare preoccupazione per un bambino di otto mesi e una donna incinta che hanno inalato gas lacrimogeno. Diciannove residenti, tra cui sette minori, sono stati arrestati. Ad Al Isawiya, dallo scorso giugno, si registrano alti livelli di tensione e violenze.

Due palestinesi, un ragazzo 15enne e una donna di 37 anni, sono stati feriti dalle forze israeliane in due episodi separati: secondo quanto riferito, avevano tentato di aggredire con un coltello le forze israeliane; nessun israeliano è rimasto ferito. I due episodi sono avvenuti il 28 e il 30 ottobre, rispettivamente nella Città Vecchia di Gerusalemme e nella zona H2 della città di Hebron. I due sospetti autori sono stati arrestati. Vicino al villaggio di Qaffin (Tulkarm), le forze israeliane hanno sparato e ferito un palestinese che aveva tentato di attraversare la Barriera senza permesso.

In Area C e Gerusalemme Est, citando la mancanza di permessi di costruzione rilasciati da Israele, le autorità israeliane hanno demolito, o costretto le persone a demolire, 19 strutture: 49 palestinesi sono stati sfollati mentre altri 61 hanno subìto ripercussioni di diversa entità [segue dettaglio]. Sei di queste strutture, di cui quattro precedentemente fornite come aiuti umanitari, si trovavano in Comunità di pastori situate in aree da Israele dichiarate chiuse e dedicate ad “addestramento a fuoco” delle forze armate israeliane. Altre tre strutture (tutte abitative) erano situate nelle Comunità beduine palestinesi ad est di Gerusalemme, vicino a un’area destinata all’espansione dell’insediamento colonico di Ma’ale Adummim (piano E1). Le rimanenti nove strutture sono state demolite a Gerusalemme Est, inclusa una casa in Al Isawiya, auto-demolita dai proprietari. Dall’inizio dell’anno ad oggi [11 novembre], il numero di strutture demolite (513) indica un incremento di quasi il 33%, rispetto al corrispondente periodo del 2018.

In diverse aree della Cisgiordania la raccolta delle olive è stata sconvolta dalla violenza di coloni israeliani che hanno danneggiato almeno 1.050 alberi e rubato diverse tonnellate di olive. Nove episodi documentati hanno avuto luogo [su terreni palestinesi] vicino ad insediamenti colonici; l’accesso dei palestinesi a questi luoghi è limitato e regolato dalle autorità israeliane. Le Comunità colpite includevano Qaryut, Burin, Al Lubban ash Sharqiya e Deir al Hatab (tutte a Nablus), Kafr Qaddum (Qalqiliya), Mas-ha (Salfit) e Umm Safa (Ramallah). Altri sette episodi che hanno visto coloni come protagonisti sono stati segnalati nei villaggi di Yatma, Sawiya e Burin (Nablus), Kafr Qaddum (Qalqiliya) e Yasuf (Salfit). La raccolta delle olive, che si svolge ogni anno tra ottobre e novembre, è un evento basilare per i palestinesi, sia da punto di vista economico che sociale e culturale.

Altri cinque attacchi di coloni hanno provocato ferimenti e danni a proprietà palestinesi. In tre di questi episodi, accaduti sulle strade della Cisgiordania, un palestinese è stato ferito e tre veicoli palestinesi hanno subito danni a seguito del lancio di pietre. In altri due casi, coloni israeliani hanno vandalizzato almeno 32 veicoli ed hanno spruzzato scritte tipo “Questo è il prezzo da pagare” su tre case nei villaggi di Tublas (Gerusalemme) e Qabalan (Nablus). A Qarawat Bani Hassan (Salfit), coloni israeliani avrebbero danneggiato una baracca e dato fuoco a 400 balle di fieno. Finora nel 2019, OCHA ha registrato 299 episodi in cui coloni israeliani hanno ucciso o ferito palestinesi o danneggiato loro proprietà; nei corrispondenti periodi dei due anni precedenti, gli episodi erano stati 213 nel 2018 e 124 nel 2017.

Media israeliani hanno riferito di sei episodi di lancio di pietre da parte di palestinesi contro veicoli di coloni israeliani: due coloni sono rimasti feriti e diversi veicoli sono stati danneggiati. Finora, nel 2019, OCHA ha registrato 93 episodi in cui palestinesi hanno ucciso o ferito coloni o altri civili israeliani o danneggiato loro proprietà; quindi si registra un calo rispetto al numero di episodi verificatisi in periodi corrispondenti del 2018 (141 casi) e 2017 (211 casi).

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Ultimi sviluppi (successivi al periodo di riferimento)

Nelle prime ore del 12 novembre, l’aeronautica israeliana ha preso di mira e ucciso un comandante dell’ala armata del gruppo palestinese della Jihad islamica (PIJ) e sua moglie, mentre dormivano nella loro casa. L’episodio ha innescato, per circa 48 ore, un crescendo di ostilità tra Israele e varie fazioni armate palestinesi; ne è rimasta estranea Hamas. Secondo il Ministero della Salute palestinese (MoH), a Gaza, durante questi attacchi sono state uccise 34 persone, di cui 23 uomini, otto minori e tre donne. Delle vittime fanno parte otto persone appartenenti alla stessa famiglia; stando a quanto riferito, sono rimaste uccise durante un attacco diretto contro un agente PIJ di alto livello. Il MoH ha anche riferito che 111 palestinesi sono rimasti feriti, tra cui almeno 41 minori e 13 donne. In Israele, sarebbero state ricoverate in ospedale, in stato di shock o ferite in vario modo, 77 persone, incluse donne e bambini. La mattina del 14 novembre, con la mediazione delle Nazioni Unite e dell’Egitto, è stato annunciato un cessate il fuoco informale che, al momento, pare tenere.

nota 1:

I Rapporti ONU OCHAoPt vengono pubblicati ogni due settimane in lingua inglese, araba ed ebraica; contengono informa-zioni, corredate di dati statistici e grafici, sugli eventi che riguardano la protezione dei civili nei territori palestinesi occupati.

sono scaricabili dal sito Web di OCHAoPt, alla pagina: https://www.ochaopt.org/reports/protection-of-civilians

L’Associazione per la pace – gruppo di Rivoli, traduce in italiano l’edizione inglese dei Rapporti.

nota 2: Nella versione italiana non sono riprodotti i dati statistici ed i grafici. Le scritte [in corsivo tra parentesi quadre]

sono talvolta aggiunte dai traduttori per meglio esplicitare situazioni e contesti che gli estensori dei Rapporti

a volte sottintendono, considerandoli già noti ai lettori abituali.

nota 3: In caso di discrepanze (tra il testo dei Report e la traduzione italiana), fa testo il Report originale in lingua inglese.

Associazione per la pace – Via S. Allende, 5 – 10098 Rivoli TO; e-mail: assopacerivoli@yahoo.it




Strage di civili a Gaza

Moatasim Dalloul da Gaza City

14 Novembre 2019 – Middle East Eye

I palestinesi seppelliscono i loro morti mentre nella Striscia di Gaza entra in vigore il cessate il fuoco

Due giorni di attacco israeliano lasciano 34 vittime palestinesi, compresi otto membri della stessa famiglia morti nella loro casa

Dopo due giorni di crescente violenza nella Striscia di Gaza, che ha lasciato almeno 34 morti palestinesi, giovedì mattina è entrato in vigore un cessate il fuoco.

Musab al-Breem, un portavoce della Jihad Islamica, ha detto a Middle East Eye che il suo movimento ha fissato le condizioni per accettare la tregua, mediata dall’Egitto e dall’ONU, e che Israele ha accettato le condizioni.

Breem ha detto: “L’occupazione si è arresa alle condizioni della resistenza.”

Khader Habib, importante dirigente del gruppo, ha detto a MEE che l’accordo è stato mediato dall’Egitto e dalle Nazioni Unite e che Israele ha accettato di interrompere immediatamente gli attacchi contro Gaza, compresi i raid aerei e le uccisioni mirate, e di cessare l’uso di proiettili letali contro i manifestanti dell’enclave palestinese.

“La resistenza palestinese ha ottenuto una grande vittoria, in quanto ha avuto l’impegno da parte di Israele della fine degli attacchi aerei, degli assassinii e dell’uso di munizioni vere contro i manifestanti di Gaza,” ha detto Habib. “La resistenza palestinese ha provocato molti danni all’occupazione israeliana. Israele ha imparato che prendere di mira i dirigenti palestinesi avrà conseguenze devastanti. Il cessate il fuoco è stato mediato dall’Egitto e dall’ONU. Sono le parti che hanno la responsabilità di occuparsi di ogni violazione israeliana.”

In cambio la Jihad Islamica ha accettato di interrompere il lancio di razzi su Israele.

 

Approntati i funerali

Il cessate il fuoco, entrato in vigore alle 5,30 (4,30 ora italiana), è arrivato dopo un bilancio di morti a causa dei raid aerei israeliani sulla Striscia di Gaza salito a 34 da martedì, dopo che fonti ufficiali palestinesi hanno detto che otto membri della stessa famiglia erano stati uccisi.

Statistiche delle vittime rese pubbliche dal ministero della Sanità di Gaza hanno mostrato che il numero totale di morti ha incluso otto minorenni e tre donne. Il ministero dell’Educazione ha confermato la morte di almeno sei studenti delle elementari e delle superiori.

I feriti sono stati 111, compresi 46 minori e 20 donne, ha affermato il ministero.

Sul terreno prevale una calma tesa in tutta la Striscia di Gaza, con il suono dei droni militari israeliani che ronzano ancora sulla testa.

Mentre entra in vigore il cessate il fuoco, la gente riapre i negozi, le strade sono piene di auto e la vita quotidiana inizia a tornare normale.

Le scuole e tutte le altre istituzioni governative rimangono chiuse, come era stato loro ordinato mercoledì pomeriggio, quando il bombardamento israeliano contro Gaza era in corso.

In tutta la Striscia di Gaza la scena era diversa negli ospedali, dove i parenti dei morti durante l’attacco israeliano durato due giorni stavano preparandoli per il funerale.

Anche decine di parenti dei feriti negli attacchi stavano in coda presso le porte delle camere d’ospedale in attesa di visitarli.

 

“Non era mai stato coinvolto in alcuna azione della resistenza”

Said Abu Karam, del quartiere di al-Toffah, nel nord di Gaza City, è appena tornato a casa dopo aver fatto visita a suo cognato all’ospedale al-Shifa, il più grande di Gaza, dove viene curata la maggior parte dei casi più gravi.

“È stato ferito durante un raid aereo israeliano che ha preso di mira una casa abbandonata nel quartiere,” dice Abu Karam di suo cognato.

“Era a circa 50 metri dalla casa, ma alcune schegge l’hanno colpito a una coscia e provocato una grave ferita,” afferma Abu Karam, aggiungendo che ora si trova in condizioni stabili.

La situazione è diversa per Abdallah Ayyad, che ha perso tre familiari in un attacco aereo israeliano nei pressi della loro casa nel quartiere di al-Zaytoun, a sudest di Gaza City.

“Mio cugino Raafat era un contadino e non è mai stato coinvolto in attività della resistenza,” sostiene Ayyad.

“I miei altri parenti erano giovani e la loro unica colpa era vivere in una casa situata in una zona agricola,” afferma. “Stavano giocando insieme nei pressi della loro casa.”

Durante le precedenti escalation e offensive Israele ha colpito chiunque si spostasse in zone agricole e in spazi vuoti, perché alcuni gruppi palestinesi lanciavano razzi da questi luoghi.

 

Uccisi otto membri della stessa famiglia

Giovedì mattina il ministero della Sanità di Gaza ha detto che otto palestinesi della stessa famiglia sono stati uccisi da un raid aereo israeliano.

Testimoni affermano che la casa della famiglia al-Sawarka, situata a est della città di Deir al-Balah, nella zona centrale della Striscia di Gaza, è stata colpita verso l’una e un quarto del mattino.

Durante la notte dalle macerie sono stati estratti sei corpi e due sono stati portati via dopo l’alba.

Secondo il ministero della Sanità i morti sono stati Rasmi al-Sawarka, 45 anni, Mariam al-Sawarka, 45 anni, Yusra al-Sawarka, 43 anni, Waseem al-Sawarka, 13 anni, Mohannad al-Sawarka, 12 anni, e Muaz al-Sawarka, 7 anni.

Il ministero ha detto che gli altri due membri della famiglia che sono stati portati via dopo l’alba erano minorenni, identificandoli come Salim e Firas. La loro età non è ancora stata fornita.

 

“In Medio Oriente non c’è bisogno di altre guerre”

Israele ha scatenato un attacco aereo contro Gaza dopo aver assassinato l’importante comandante della Jihad Islamica Bahaa Abu al-Atta e sua moglie martedì mattina.

Il gruppo armato ha iniziato una rappresaglia lanciando salve di razzi contro Israele e impegnandosi a proseguire i suoi attacchi.

Nikolai Mladenov, l’inviato ONU per il processo di pace in Medio Oriente, ha detto che il cessate il fuoco è stato il risultato di uno sforzo congiunto di Egitto e ONU.

“L’Egitto e l’ONU hanno lavorato duramente per evitare che un’escalation ancora più pericolosa all’interno e attorno Gaza portasse alla guerra,” ha scritto su Twitter.

“Le prossime ore e i prossimi giorni saranno cruciali. TUTTI devono mostrare la massima moderazione e fare la propria parte per evitare spargimento di sangue. In Medio Oriente non c’è bisogno di altre guerre.”

 

 

(traduzione dall’inglese di Amedeo Rossi)

 




Quale precisione da parte di Israele?

Yvonne Ridley

13 novembre 2019 – Middle East Monitor

La propaganda sulla precisione degli israeliani cerca di giustificare il massacro di innocenti

Le forze israeliane “di difesa” (IDF), nome assolutamente fuorviante, e i loro sostenitori si arrabbiano molto quando i componenti dell’esercito, quinta potenza militare al mondo, sono accusati di prendere di mira donne e bambini innocenti.Si rilasciano veementi smentite a livello mondiale, anche se è esattamente quello che succede come conseguenza inevitabile del fatto di lanciare materiali altamente esplosivi in aree densamente abitate da civili.

Persino mentre stanno ancora cadendo le bombe, la propaganda israeliana ingrana la quarta. Ieri un tweet delle IDf annunciava drammaticamente: “ULTIME NOTIZIE. Abbiamo appena attaccato il comandante della Jihad islamica a Gaza, Baha Abu Al Ata. Al Ata era direttamente responsabile di centinaia di attacchi terroristici contro civili e soldati israeliani. Il suo prossimo attacco era imminente.” Questo messaggio era poi subito seguito da un altro post che sosteneva che l’azione mortale era “un attacco chirurgico”.

Questa affermazione è discutibile. Quello che il team della propaganda delle IDF, l’hasbara, ha dimenticato di riportare era che, colpendo Abu Al-Ata, l’esercito di occupazione aveva anche ucciso la moglie e gravemente ferito quattro dei loro figli e una vicina. Non c’era niente di “preciso” o “chirurgico” a proposito di questo attacco: si tratta probabilmente di un crimine di guerra.

Wikipedia spiega che quando si lanciano missili Hellfire, “usati in varie uccisioni di personaggi di alto profilo” e altre bombe cosiddette intelligenti in un’area residenziale si uccideranno dei civili. I civili non-combattenti non erano protetti in alcun modo durante la Seconda guerra mondiale, il che spiega perché fu redatto l’Articolo 33 della Convenzione di Ginevra nel 1949. Esso stabilisce che nessuno possa essere punito per un’infrazione che non ha commesso personalmente. Sono proibite le misure di rappresaglia nei confronti delle persone protette e dei loro beni.

Ora dobbiamo assistere e testimoniare a tale doppia oscenità: non solo Israele ignora la Convenzione di Ginevra uccidendo dei civili, ma anche i lobbysti pro-Israele che difendono tale azione. Fra i molti tweet postati a sostegno dell’attacco militare, uno che ha attirato la mia attenzione proveniva dal direttore delle pubbliche relazioni di una ONG tedesca: Josias Terschüren mi attaccava quando ho avuto l’ardire di far notare che in aree abitate da civili non esiste una cosa come “l’attacco chirurgico.”

“Apparentemente nessuno, a parte il bersaglio, il terrorista, e sua moglie, sono morti nell’attacco chirurgico e due dei suoi figli sono stati feriti in modo serio” twittava Terschüren. “Questo può succedere, ed è successo, ad altri familiari di terroristi. Nessun civile è stato ferito.”

Perciò, agli occhi di questa persona, né la moglie di Abu Al-Ata né i suoi figli possono essere considerati civili innocenti: sono membri della “famiglia di un terrorista”.

Quando ho messo in discussione questo punto, il direttore delle pubbliche relazioni di “Iniziativa 27 gennaio” un’organizzazione sull’Olocausto con sede a Berlino, ha risposto: “Mi riferivo alle sue critiche agli attacchi israeliani in aree densamente popolate. Tutto quello che volevo dire era che, a parte i suoi familiari, nessun altro civile è stato colpito. È un fatto comune, seppur sfortunato e spiacevole, nei casi di membri delle famiglie dei terroristi”.

Io non sono sicura se Terschüren, che si descrive “conservatore” e “cristiano”, abbia deliberatamente diffuso questa spregevole propaganda o se sia lui stesso una vittima della  propaganda di Israele, perché questa è un’arma di cui le IDF usano e abusano con grande abilità.

Consideriamo questo, per esempio: “Questa mattina abbiamo ucciso un comandante della Jihad islamica in #Gaza” hanno twittato ieri le IDF. “Questo è il motivo per cui ti dovrebbe importare.” Il video che accompagnava il testo includeva scene tratte da filmati di attacchi terroristi inclusi quelli dell’11 settembre, quelli a Mumbai, Manchester, Parigi, in Svezia, Indonesia e Nigeria, nessuno dei quali aveva niente a che fare con i palestinesi. Cercare di collegare i gruppi della resistenza palestinese agli attacchi terroristici transnazionali altrove è semplicemente disonesto. Questi non sono filiali di Al-Qaeda o Daesh, non importa quante volte le IDF e i lacchè di Israele cerchino di convincerci del contrario. Semplicemente non è vero.

Ma questo è quanto siamo arrivati ad aspettarci da un Paese che non può giustificare in altro modo il proprio terrorismo di stato. “Bugie, dannate bugie, e propaganda israeliana” come avrebbe potuto dire Mark Twain.  Purtroppo tale propaganda sembra funzionare, a giudicare dai social media: quelli che sono anti-palestinesi ci cascano completamente, probabilmente perché alimenta il loro razzismo e odio innati.

Dopo l’assassinio di Abu Al-Ata e di sua moglie le IDF sono state impegnate in altri “attacchi chirurgici”. Il totale dei morti, al momento in cui scrivo, è di 23 palestinesi, dei quali i lobbisti pro-Israele affermano che solo 12 erano “membri accertati di gruppi terroristi”. Dopo tutto, gli attacchi non erano per niente chirurgici.

Forse i 18 innocenti coinvolti in tutto ciò erano le mogli e i bambini di “terroristi”. E questo va bene, secondo gli illusi e accecati sostenitori dei crimini. I loro sofismi per giustificare l’assassinio di uomini, donne e bambini innocenti sono disgustosi.

Le opinioni espresse in quest’articolo appartengono all’autore e non riflettono necessariamente la politica editoriale di Middle East Monitor.

 

(traduzione dall’inglese di Mirella Alessio)

 

 




Dieci morti a Gaza

Dieci morti a Gaza mentre Israele provoca una nuova guerra

Maureen Clare Murphy

12 novembre 2019 – Electronic Intifada

 

Gli attacchi missilistici israeliani contro Gaza e il lancio di razzi dal territorio sono continuati fino al tardo pomeriggio di martedì [12 novembre 2019] dopo che l’assassinio di un dirigente della Jihad Islamica all’inizio della giornata ha innescato lo scontro militare più grave da mesi.

Secondo il ministero della Sanità di Gaza durante il giorno dieci palestinesi sono stati uccisi negli attacchi israeliani. Nel contempo Israele ha chiuso i punti di transito dal territorio assediato e ha ridotto la zona di pesca a sei miglia nautiche dalla costa di Gaza.

Martedì sera il portavoce dell’ala militare della Jihad Islamica ha giurato che “le prossime ore segneranno una vittoria per il popolo palestinese. Israele ha iniziato questa campagna, ma sarà avvisato quando questa finirà.”

Baha Abu al-Ata, 42 anni, descritto dai media israeliani come il comandante militare della Jihad Islamica nella zona nord di Gaza, è stato ucciso da un attacco aereo contro la sua casa nel quartiere di Shujaiyeh a Gaza City.

Anche sua moglie, Asma Abu al-Ata, 38 anni, è stata uccisa nell’attacco israeliano. Altre sette persone, compresi quattro minorenni, sono rimasti feriti e alcune case vicine e una scuola sono state danneggiate.

Nel frattempo nella capitale siriana la casa di Akram al-Ajouri, il capo dell’ala militare della Jihad Islamica, è stata presa di mira da un attacco aereo. La Siria ha accusato Israele dell’attacco.

Nel raid sarebbero state uccise due persone, compreso uno dei figli di al-Ajouri.

Combattenti palestinesi a Gaza hanno risposto all’attacco con il lancio di razzi che sono arrivati fino a Tel Aviv.  Ziad al-Nakhala, segretario generale della Jihad Islamica, ha affermato che “siamo in guerra” e che il primo ministro israeliano “ha oltrepassato ogni limite” uccidendo Abu al-Ata.

A Sderot, città del sud di Israele, una fabbrica di giocattoli è stata tra i luoghi colpiti dai razzi sparati da Gaza, e le immagini di una telecamera di sicurezza hanno mostrato un razzo che ha raggiunto un’autostrada, quasi colpendo un motociclista.

Martedì non ci sono informazioni di vittime gravi israeliane.

Martedì mattina un missile ha colpito gli uffici della Commissione Palestinese Indipendente per i Diritti Umani a Gaza City, ferendo leggermente un membro del personale.

Amnesty International ha condannato l’attacco, affermando che “aggressioni che prendono di mira edifici civili (sono) una violazione delle leggi internazionali.”

Il quotidiano israeliano “Haaretz” [giornale di centro sinistra, ndtr.] in seguito ha informato che il palazzo degli uffici a Gaza City era stato colpito da un razzo sparato da Gaza che è caduto troppo vicino, e non da un missile israeliano.

Israele ha sostenuto di aver sparato missili contro gruppi che lanciavano razzi in Israele e la Jihad Islamica avrebbe confermato la morte di uno dei suoi combattenti. L’esercito israeliano ha anche affermato di aver preso di mira fabbriche sotterranee e depositi di armi, così come campi di addestramento della Jihad Islamica.

In un discorso televisivo il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha affermato che l’assassinio di Abu al-Ata è stato approvato 10 giorni fa.

“Questo terrorista ha lanciato centinaia di razzi e pianificava ulteriori attacchi,” ha detto Netanyahu. “Era una bomba a orologeria.”

“Non siamo interessati a un’escalation, ma se necessario risponderemo,” ha aggiunto Netanyahu.

Aviv Kohavi, capo di stato maggiore dell’esercito israeliano, ha affermato che Abu al-Ata “ha agito in ogni modo per sabotare i tentativi di una tregua con Hamas.”

“Ci stiamo preparando da terra, cielo e mare per un’escalation,” ha aggiunto Kohavi.

In Israele alcuni commentatori hanno sollevato sospetti sulla tempistica e sui motivi dell’assassinio di Abu al-Ata.

Scrivendo per il quotidiano israeliano “Haaretz”, Chemi Shalev ha suggerito che Netanyahu intenda sabotare le possibilità che la “Lista Unitaria”, una fazione parlamentare prevalentemente composta da cittadini palestinesi di Israele, stringa un accordo per sostenere un governo guidato da Benny Gantz.

Gantz, il leader della coalizione “Blu e Bianco”, sta al momento cercando di formare un governo dopo che Netanyahu non ci è riuscito in seguito alle inconcludenti elezioni israeliane di settembre. Mentre i colloqui per formare una coalizione di governo proseguono, Netanyahu rimane capo del governo israeliano ad interim.

Gantz ha negato che gli sviluppi possano influire sui negoziati per un governo di coalizione, e ha detto che l’esercito israeliano ha preso la “decisione giusta” nell’uccidere Abu al-Ata.

Martedì molti mezzi di informazione in ebraico hanno informato che Netanyahu ha voluto l’uccisione di Abu al-Ata dopo che razzi sparati da Gaza lo hanno obbligato a lasciare il palco durante un comizio la settimana prima che si tenessero le elezioni di settembre.

Secondo il “Times of Israel” [quotidiano israeliano indipendente in lingua inglese, ndtr.] “Netanyahu era furioso e ha fatto subito pressioni su alti dirigenti della sicurezza perché approvassero l’assassinio di Abu al-Ata,” ma l’operazione è stata rimandata.

Ismail Haniyeh, il capo dell’ala politica di Hamas, ha accusato Israele del tentativo di impedire “il percorso per ristabilire la nostra unità nazionale” assassinando Abu al-Ata. Lo scorso mese Hamas ha indicato di essere pronta a tenere elezioni, che non ci sono più state dalla sorprendente vittoria del gruppo della resistenza alle elezioni legislative del 2006.

Nel contempo martedì Naftali Bennett, un acceso antiarabo, ha assunto il ruolo di ministro della Difesa israeliano. Netanyahu è stato titolare del portafoglio del ministero mentre i negoziati per la formazione del futuro governo israeliano sono in corso.

In precedenza Bennett si era vantato del suo sanguinoso passato. “Ho ucciso molti arabi nella mia vita, e non ho nessun problema al riguardo,” ha detto Bennett durante una riunione di governo nel 2013.

L’Unione Europea, la Germania, gli USA e il Regno Unito hanno condannato il lancio di razzi da Gaza, ma non l’esecuzione extragiudiziaria che l’ha determinato, appoggiando implicitamente l’attacco israeliano.

Il Comitato Nazionale del [movimento per il] Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni palestinese ha affermato che “la società civile internazionale deve agire per rendere Israele responsabile quando i governi non lo fanno.”

Amnesty International ha descritto gli sviluppi sui confini tra Gaza e Israele come “profondamente preoccupanti”, aggiungendo che “la successiva escalation della violenza tra Israele e i gruppi armati palestinesi suscita timori di un aumento dello spargimento di sangue tra i civili.”

L’associazione per i diritti umani ha affermato: “Israele ha precedenti nel perpetrare gravi violazioni delle leggi umanitarie internazionali a Gaza, compresi crimini di guerra, con impunità e dimostrando uno sconvolgente disprezzo per le vite dei palestinesi.”

L’uccisione di Abu al-Ata da parte di Israele martedì ricorda l’assassinio del comandante militare di Hamas Ahmed al-Jabari a Gaza sette anni fa in questo stesso mese.

Uccidendo al-Jabari Israele ruppe un cessate il fuoco con i gruppi armati di Gaza. Ciò scatenò alcuni giorni di duri combattimenti e un’invasione terrestre che uccise 170 palestinesi, tra cui più di 100 civili.

Durante quell’offensiva dieci membri della famiglia al-Dalu e due loro vicini vennero uccisi in un solo attacco israeliano contro un edificio residenziale a Gaza City.

Egitto e ONU starebbero cercando di riportare alla calma l’attuale situazione e di evitare uno scontro su vasta scala.

Questo articolo è stato aggiornato dalla sua pubblicazione iniziale per includere nuovi sviluppi.

 

(traduzione dall’inglese di Amedeo Rossi)