‘Un posto dove volare’ – il Freedom Theatre di Jenin sopravvive coraggiosamente nonostante i raid israeliani

Mauricio Morales

25 novembre 2023 Al Jazeera

Una delle cose più allarmanti che Ranin Odeh ha osservato durante le attività che organizza per i bambini al Freedom Theatre nel campo di Jenin in Cisgiordania è che spesso i loro giochi diventano violenti. Frequentemente i bambini sono troppo turbolenti e si picchiano persino.

È una tipica reazione al trauma, dice. “Loro non capiscono perché lo fanno, ma io sì.” Ha spesso visto i bambini reagire al trauma delle incursioni israeliane nel campo con giochi violenti. Nel suo spazio non li permette, ma offre invece delle attività culturali e artistiche come alternativa per incanalare la loro paura e rabbia.

Capelli corti e neri e una presenza accogliente, la trentenne Odeh ha la vivacità e l’energia della gioventù, ma anche la decisione di una che ha visto molto ed è sopravvissuta. Il suo lavoro è particolarmente importante per una come lei cresciuta durante la seconda Intifada, o rivolta. Si identifica intensamente con la necessità che i bambini hanno di guarire dal trauma tramite arte e gioco.

I bambini hanno bisogno di spazi sicuri dove star bene, dice. “Devono avere un posto dove riuscire a volare.”

La vita per loro è traumatica. Odeh racconta che un giorno i bambini stavano divertendosi con un’attività nel Freedom Theatre ma improvvisamente c’è stato un attacco armato dell’esercito israeliano nel campo – un evento diventato molto più frequente dall’inizio della guerra di Israele contro Gaza il 7 ottobre.

Affrontare le bombe molotov

Lo stesso Freedom Theatre non è nuovo a pericoli e violenza.

In origine si chiamava Stone Theatre, fondato nel 1987, dopo la prima Intifada, da Arna Mer-Khamis, un’attivista israeliana morta nel 1995. Mer-Khamis nata nel 1929 in una famiglia ebrea è stata per tutta la vita una sostenitrice dei diritti dei palestinesi, specialmente dei bambini. Con il suo teatro e le arti voleva offrire loro uno spazio per guarire e alle donne per emanciparsi.

Il primo edificio ad ospitare il teatro fu distrutto nel 2002 dall’esercito israeliano durante la seconda Intifada. Nel 2006 Juliano Mer-Khamis, il figlio di Arna e del marito cristiano palestinese, Saliba Khamis, riaprì il teatro in una nuova sede a Jenin, che funge anche da centro comunitario.

Tuttavia non tutti erano a favore. Nel 2009 una persona non identificata gettò due bombe Molotov contro il teatro mentre era vuoto. Juliano a 52 anni fu ucciso a Jenin nel 2011 da un aggressore mascherato. Il caso del suo omicidio non è mai stato risolto.

Durante questa crisi Mustafa Sheta, l’alto e robusto direttore del teatro, dice che inizia ogni giorno sapendo che probabilmente non succederà niente di quello che aveva programmato.

Sheta ha un sorriso invitante, ti coinvolge intensamente quando parla del suo teatro o della guerra di Israele contro Gaza e dei frequenti attacchi contro la Cisgiordania occupata. Attacchi che in questi giorni avvengono quasi ogni volta che il 43enne parla con i visitatori del Freedom Theatre.

Due settimane fa – fra il 6 e il 10 novembre – ci sono stati attacchi multipli dell’esercito israeliano a Jenin e nei dintorni. Sheta e il personale del teatro erano dentro quando il 9 novembre, un giovedì, c’è stato un massiccio raid delle forze israeliane da mezzanotte fino all’alba di venerdì, che poi è ripreso a metà mattina. Ci sono stati scontri violenti accompagnati da attacchi di droni israeliani.

Prima che cominciasse la grande offensiva di giovedì notte c’erano già stati attacchi durante il giorno. La sera è stata interrotta l’elettricità e i militari hanno usato megafoni per annunciare che i civili avevano una finestra di due ore per lasciare il campo.

Quella notte, bambini, donne e uomini con pile o luci dei loro telefonini sono andati a piedi all’ospedale di Jenin in attesa che ricominciasse il raid. Durante la notte molti bambini sono rimasti intrappolati dentro le scuole aspettando che finissero le incursioni per potersi riunire alle loro famiglie. Quattordici palestinesi, alcuni di loro combattenti, sono stati uccisi.

Fare resistenza con l’arte

Perciò, data la probabilità di incursioni armate, il personale del teatro comincia ogni giorno cercando di scoprire se ce ne sarà una e Sheta dice che ha bisogno di sapere se il suo pubblico, i suoi quattro figli – due maschi e due femmine – il suo staff e le loro famiglie saranno al sicuro.

È molto difficile organizzare programmi regolari e quindi ha sempre un piano B. Ma dice che questo è il suo modo per resistere. E infatti “fare resistenza con l’arte” è il motto del teatro.

Anche noi facciamo parte della lotta,” aggiunge Sheta che crede che per liberare la Palestina dall’occupazione israeliana ci siano molti modi e che la lotta armata sia solo uno.

Sheta si considera un “guerrigliero culturale” ma neanche lui è sfuggito agli effetti della violenza. Suo padre, un insegnante delle superiori, è stato ucciso a Jenin dalle truppe israeliane nel 2002, proprio un mese prima che Sheta si laureasse, uno dei suoi sogni per i suoi figli.

Anche Sheta è stato arrestato nel passato ed è stato otto mesi in due carceri israeliane, accusato di “incitamento alla violenza”. Ha visto questa come un’opportunità per imparare qualcosa in più sulla situazione dei prigionieri. “La violenza contro i palestinesi in Cisgiordania, specialmente a Jenin, non è cominciata il 7 ottobre,” aggiunge.

Principalmente comunque crede nell’importanza di preservare la cultura palestinese e di stabilire un’identità per il suo popolo che vada oltre l’occupazione. “È ora di investire nella cultura palestinese. La lotta si fa a molti livelli, non solo con le armi.”

(tradotto dall’inglese da Mirella Alessio)




Le forze israeliane arrestano il direttore del Freedom Theatre di Jenin

Sheren Falah Saab

12 settembre 2022 Haaretz

Il Ministro della Cultura palestinese condanna l’arresto di Bilal al-Saadi al posto di blocco di Za’atara: “Fa parte della politica di abusi e oppressione che l’occupazione esercita quotidianamente”

Il direttore del consiglio di amministrazione del Freedom Theatre di Jenin è stato arrestato domenica dalle forze israeliane mentre attraversava un posto di blocco militare in Cisgiordania, come ha riferito l’agenzia di stampa palestinese Wafa. La direzione della sicurezza israeliana ha confermato che Bilal al-Saadi è stato effettivamente arrestato, “ma in questo momento non possiamo fornire ulteriori dettagli “.

Secondo una dichiarazione rilasciata dai rappresentanti del teatro, al-Saadi stava attraversando il posto di blocco militare di Za’atara tra Ramallah e Nablus insieme al produttore del teatro, Mustafa Sheta. “Entrambi stavano tornando da un incontro con il Ministro della Cultura a Ramallah. Il Freedom Theatre è in contatto con associazioni per i diritti umani che sono state messe al corrente della situazione. Stiamo cercando ulteriori informazioni e consigli e poi daremo indicazioni alle persone su come fare campagna per il rilascio di Bilal”.

Il fratello di Bilal, Yasser al-Saadi, ha confermato questi dettagli in una conversazione con il quotidiano palestinese Al Quds. Dopo che al posto di blocco le forze israeliane hanno controllato la carta d’identità di Bilal, ha detto, “lo hanno arrestato e portato via”.

Il Ministro della Cultura palestinese Atef Abu Saif ha rilasciato una dichiarazione in cui condanna l’arresto di al-Saadi. “Questo arresto fa parte della politica di abuso e oppressione che l’occupazione esercita quotidianamente contro i figli e le figlie del nostro popolo. Esercita ogni forma di oppressione e ostacolo delle istituzioni culturali palestinesi”.

Ha detto anche che al-Saadi ha contribuito a fondare il Freedom Theatre e ne è una figura chiave. “Lui e i suoi collaboratori non hanno mai smesso di immaginare un futuro nelle difficili condizioni del campo profughi e hanno contribuito a consolidare la narrativa nazionale e la denuncia dei crimini dell’occupazione”.

Al-Saadi, 48 anni, residente nel campo profughi di Jenin, ha lavorato come consigliere nel consiglio di amministrazione del teatro sin dall’inizio. È anche membro del Palestine Performing Arts Network [Sistema delle arti dello spettacolo in Palestina], che promuove collaborazioni nel campo della danza, della musica e del teatro. Un post sulla pagina Facebook del teatro riporta che Al-Saadi “crede nel ruolo dell’arte e della cultura nel portare avanti la lotta nazionale palestinese contro l’occupazione israeliana. Per lui il teatro è una voce importante nel far sentire in tutto il mondo un messaggio contro l’ingiustizia della situazione palestinese”. Nel 2011 al-Saadi era stato arrestato dall’esercito israeliano in seguito all’assassinio dell’attore arabo-ebreo Juliano Mer-Khamis, socio fondatore del teatro e suo direttore artistico.

Il Freedom Theatre è stato fondato nel 1990 da Arna Mer-Khamis, madre di Juliano. Nel 2002, al culmine della seconda Intifada, il teatro era stato chiuso e demolito dall’esercito israeliano. Nel 2006 è stato riaperto da Juliano Mer-Khamis, insieme all’ex militante Zakaria Zubeidi. Il teatro è stato istituito per insegnare ai bambini e agli adolescenti palestinesi a recitare e per aiutarli a esprimersi attraverso l’arte. Juliano Mer-Khamis ha anche istituito un consiglio internazionale per sostenere l’attività del teatro, che vanta membri di spicco come la filosofa Judith Butler e lo scrittore Elias Khoury. Prima dell’omicidio di Mer-Khamis, il teatro era stato ripetutamente vandalizzato dagli islamisti e c’erano stati due tentativi di incendiarlo; l’assassinio di Juliano rimane irrisolto.

(traduzione dall’inglese di Luciana Galliano)