Il Fondo Nazionale Ebraico* per la gioventù delle colline e per l’annessione

Editoriale di Haaretz

2 ottobre 2023- Haaretz

Il Fondo Nazionale Ebraico * [Jewish National Fund (JNF) è un’organizzazione senza scopo di lucro fondata nel 1901 per acquistare e sviluppare terreni nella Siria ottomana, ndt] continua a rafforzare il suo ruolo di attore chiave nell’impresa della colonizzazione e nel relativo saccheggio ed esproprio dei palestinesi in Cisgiordania in preparazione ad una futura annessione. Come tutti gli altri attori della colonizzazione di insediamento, anche il JNF sembra considerare tutti i mezzi come kosher [idonei]. E se non sono kosher, allora lo saranno retroattivamente in futuro, dopo che i coloni avranno terminato la loro conquista di Israele.

Negli ultimi due anni, il Fondo Nazionale Ebraico ha investito 4 milioni di shekel [987.000 euro] in un progetto per recuperare gli adolescenti che hanno abbandonato gli studi e che vivono nelle colonie agricole e negli avamposti di pastorizia in Cisgiordania. Il denaro, destinato a finanziare la formazione professionale degli adolescenti, viene devoluto a organizzazioni che incoraggiano la creazione di avamposti di colonie illegali. Una fonte del JNF ha detto ad Haaretz che il numero di colonie agricole in Cisgiordania che l’organizzazione finanzia attraverso il suo dipartimento Noar Besikuy per i giovani a rischio è maggiore del numero di fattorie che finanzia nel Negev o in Galilea (Hagar Shezaf, Haaretz, 1° ottobre).

In passato aveva causato una tempesta al JNF la notizia che l’organizzazione aveva acquistato terreni in Cisgiordania. Ma da allora, evidentemente, il JNF ha dismesso la sua neutralità” in politica e si è dichiarato a tutti gli effetti unorganizzazione di coloni. Non gli restava che adottare tutte le pratiche corrotte che limpresa della colonizzazione utilizza per cacciare i palestinesi dalle loro terre e portare avanti il sogno dellannessione e dellapartheid – “massimo territorio, minimo palestinesi.

Negli ultimi dieci anni gli avamposti coloniali di pastorizia sono diventati il tipo più comune di avamposto in Cisgiordania. Secondo un rapporto pubblicato dall’organizzazione Kerem Navot un anno e mezzo fa, i coloni sono riusciti durante questo periodo a impossessarsi di circa il 7% dell’Area C – circa il 60% della Cisgiordania sotto il pieno controllo israeliano – attraverso 77 colonie di pastorizia che nel complesso controllano circa 240.000 dunam [1 dunum, unità di misura corrispondente a circa 1000mq]. Anche se queste fattorie vengono definite illegali e nei loro confronti vengono emessi ordini di demolizione gli ordini non vengono eseguiti a causa della politica adottata dal Primo Ministro, dal Ministero della Difesa e dall’Amministrazione Civile israeliana in Cisgiordania. E in ogni caso, è solo questione di tempo prima che vengano legalizzati, soprattutto visto che l’Amministrazione Civile è ora controllata da Bezalel Smotrich.

Questo progetto opera nelle aree periferiche sociali e geografiche e nelle aziende agricole di tutto il paese”, ha affermato il JNF in risposta. Ma i territori occupati non sono la periferia, e le “fattorie agricole” in Cisgiordania si trovano al di fuori dei confini di Israele. E a giudicare dalla sua risposta, il JNF è indifferente alla loro illegalità. “Il JNF è attivo in programmi educativi e non si occupa dello status giuridico di queste aziende agricole”, ha affermato. In pratica, sta spingendo i giovani a rischio a unirsi alla “gioventù delle colline” estremista dei coloni.

Come tutte le altre istituzioni nazionali israeliane, il JNF completò la sua missione nazionale una volta fondato lo Stato e in quel momento avrebbe dovuto essere chiuso. Ciò è doppiamente vero ora che è diventato il Fondo nazionale per le colonie e l’annessione.

L’articolo di cui sopra è l’editoriale principale di Haaretz, così come pubblicato sul giornale in Ebraico e in Inglese.

(traduzione dall’Inglese di Giuseppe Ponsetti)




Il mondo deve fermare le annessioni di Israele e cancellare la sua colonizzazione della Palestina

Ramona Wadi

9 maggio 2020 The Palestine Chronicle

Le critiche del relatore speciale delle Nazioni Unite Michael Lynk nei confronti della incombente annessione da parte di USA-Israele di altri territori palestinesi offrirebbero un buon punto di partenza per un’azione politica collettiva contro Israele se solo la comunità internazionale dimostrasse tale determinazione.

“Il piano consoliderebbe un’apartheid del 21° secolo e avrebbe come conseguenza la fine del diritto dei palestinesi all’autodeterminazione. Legalmente, moralmente, politicamente, questo è del tutto inaccettabile”, ha dichiarato Lynk.

Il funzionario delle Nazioni Unite ha descritto le ripercussioni dell’annessione come l’apertura di un varco per “una cascata di conseguenze negative sui diritti umani” e ha insistito sul fatto che la comunità internazionale non possa più svolgere un suo ruolo accondiscendente nei confronti delle violazioni israeliane. “L’incombente annessione è una cartina di tornasole politica per la comunità internazionale. – ha avvertito – Questa annessione non sarà annullata con i rimproveri, né l’occupazione che persiste da 53 anni morirà di vecchiaia”.

Questa non è la prima volta che Lynk rivolge verso Israele una critica più severa rispetto ai pacati commenti tipici dei funzionari e delle istituzioni delle Nazioni Unite. In passato, ha caldeggiato sanzioni internazionali contro Israele e ha sostenuto la Corte Penale Internazionale (CPI) nelle sue indagini sui crimini di guerra israeliani contro il popolo palestinese.

Le parole di Lynk attirano l’attenzione sulle falle politiche delle Nazioni Unite e sull’appoggio alle violazioni dei diritti umani commesse dai suoi stati membri. Mentre Israele va verso l’annessione, è improbabile che la comunità internazionale faccia una valutazione critica della propria complicità. I piani di annessione USA-Israele sono fondati su decenni di appoggio internazionale alla colonizzazione sionista.

Dichiararsi contrari all’annessione – uno degli ultimi passi che Israele sta intraprendendo per completare il suo progetto coloniale – non è sufficiente. Anche ridurre il processo di colonizzazione ai “53 anni di occupazione” è incoerente ed è una falsa rappresentazione delle cause della cacciata dei palestinesi.

Gli Stati Uniti potrebbero al momento giocare un ruolo preminente, ma la comunità internazionale ha enfatizzato la relazione USA-Israele per distogliere l’attenzione dal processo storico che ha portato all’attuale evoluzione. Il sostegno della comunità internazionale al progetto di colonizzazione israeliano è una grave violazione che rimane sottovalutata. Ciò che Stati Uniti e Israele hanno ottenuto sotto l’amministrazione Trump è il riflesso di un ciclo continuo di intenzionale silenzio politico a livello globale.

Con l’accensione dei riflettori sulla collusione USA-Israele, la comunità internazionale ha ottenuto una sospensione temporanea della valutazione critica delle sue azioni, in particolare della sua inazione quando sono in ballo i diritti politici del popolo palestinese.

In verità, l’azione della comunità internazionale può essere riassunta nel Piano di partizione del 1947, dopo di che il ricorso a dichiarazioni e condanne divenne il mezzo accettato diplomaticamente per sostenere nelle apparenze i diritti dei palestinesi. Le dichiarazioni di Lynk, sebbene prive di riferimenti diretti alla colonizzazione israeliana, puntano il dito contro una responsabilità internazionale.

Negli ultimi anni il compromesso sui due Stati rimane la prova più palese della responsabilità internazionale nell’impedire la rivendicazione palestinese sulla propria terra e i propri diritti. Proprio come l’annessione è stata dichiarata una violazione del diritto internazionale, anche la diplomazia dei due Stati deve essere ritenuta responsabile del fatto di aver aperto la strada all’annessione.

Ciò richiede un completo ripensamento della politica che le Nazioni Unite hanno sostenuto finora. Non ci può essere un fronte politico unificato contro Israele se non viene abbandonata la politica dei due Stati. Per fermare l’annessione è necessaria una cessazione della colonizzazione israeliana; qualsiasi provvedimento meno severo costituirebbe un’affermazione di tradimento contro il popolo palestinese.

– Ramona Wadi è una redattrice dello staff di Middle East Monitor, dove questo articolo è stato originariamente pubblicato. Ha concesso questo articolo a The Palestine Chronicle.

(traduzione dall’inglese di Aldo Lotta)




Come Israele sta usando l’emergenza da coronavirus per annettere la Cisgiordania

Fareed Taamallah

24 aprile 2020 – Middle East Eye

La formazione della coalizione governativa Gantz-Netanyahu non ha nulla a che fare con la pandemia, è una mossa puramente politica

Benjamin Netanyahu, il primo ministro di Israele, e Benny Gantz, il suo principale rivale, hanno firmato questa settimana un accordo per formare un governo di unità nazionale di “emergenza”. 

Secondo i media israeliani, il Likud, il partito di Netanyahu, e il Blu e Bianco, l’alleanza guidata da Gantz, si sono accordati per l’alternanza del premier. Inizialmente Netanyahu resterà primo ministro e Gantz sarà il suo vice e, dopo 18 mesi, si scambieranno i ruoli.

La prima reazione dall’amministrazione statunitense è arrivata mercoledì dal segretario di stato Mike Pompeo che ha detto che annettere parti della Cisgiordania ” spetta in ultima istanza a Israele”.  Questa brutale dichiarazione riflette la parzialità dell’amministrazione americana verso Israele. 

Da palestinese, nel corso dell’occupazione, ho assistito alla formazione di parecchi governi israeliani nessuno dei quali seriamente interessato a una soluzione pacifica del conflitto o a porre fine agli insediamenti illegali in Cisgiordania. 

Fissare la data per l’annessione

Quest’ultima coalizione non fa eccezione. La differenza è che per la prima volta un governo israeliano ha ufficialmente e sfrontatamente fissato una data precisa per l’annessione. 

Sulla base dell’accordo del secolo dell’amministrazione Trump, il primo luglio la Knesset potrà votare l’annessione di parti della Cisgiordania. Tale accordo era stato respinto preventivamente dai palestinesi perché dà ad Israele il totale controllo militare su di loro, sulla gran parte delle loro terre, sull’intera Gerusalemme e su tutti gli insediamenti israeliani.

L’accordo stabilisce che la votazione debba tenersi “il prima possibile”, senza ritardi in commissione. Sebbene i membri della coalizione possano votare come ritengono opportuno, è probabile che il fronte della Knesset a favore dell’annessione avrà la maggioranza.

Il cosiddetto governo di unità nazionale di “emergenza”, che durerà 36 mesi, è stato legittimato a gestire la pandemia in Israele. Ma perché l’implementazione dell’accordo del secolo deve essere considerata un’emergenza? 

Già prima di formare il nuovo governo. Netanyahu aveva dichiarato molte volte di voler annettere la Valle del Giordano e gli insediamenti della Cisgiordania. Gli americani e gli israeliani hanno già redatto mappe dei territori che hanno pianificato di annettere. 

Alcuni esperti predicono che Israele ingloberà almeno il 30% della Cisgiordania. Inutile dire che l’annessione non avverrà nel quadro di negoziati o di uno scambio concordato di territori, ma sarà piuttosto una decisione unilaterale che mina un futuro Stato palestinese, ponendo fine alla dottrina della “soluzione dei due Stati” per arrivare a un’entità palestinese segregata come bantustan in Sud Africa. 

Mossa propagandistica

Questa annessione avrebbe un impatto disastroso sulle aspirazioni di auto-determinazione del nostro popolo e su di me personalmente, un contadino palestinese che possiede della terra nell’Area C [sotto totale controllo israeliano e che in parte dovrebbe essere annessa, ndtr.].

Se il governo israeliano seguisse la mappa disegnata dai consiglieri di Trump, parte di Qira, il villaggio da dove vengo, situato nella zona cisgiordana di Salfit, e forse persino la mia fattoria verrebbero incorporate dall’insediamento coloniale illegale di Ariel.   

Il presidente palestinese Mahmoud Abbas ha diffidato gli USA e i governi israeliani dall’annettere una qualsiasi parte dei territori palestinesi. “Non pensiate che, a causa del coronavirus, ci siamo dimenticati dell’annessione, delle misure di Netanyahu o dell’accordo del secolo,” ha detto questo mese, aggiungendo che i leader palestinesi avrebbero continuato a lavorare contro questi piani.

È chiaro che la formazione del governo di coalizione non ha niente a che fare con l’emergenza da pandemia, ma ha invece delle mire politiche. Netanyahu e ora anche Gantz vogliono approfittarne per implementare l’accordo trumpiano e annettere parti della Cisgiordania, mentre il mondo e i palestinesi sono esausti per la lotta contro il virus. 

Le elezioni presidenziali negli USA sono fissate per novembre e questa sarebbe anche una buona mossa propagandistica per facilitare la rielezione di Trump.

L’establishment politico israeliano si è unito su un programma permanente di colonizzazione e annessione, sfruttando la straordinaria situazione locale e internazionale per imporre lo status quo come realtà nei territori, con il pieno appoggio e sostegno da parte dell’amministrazione statunitense.

La necessità dell’unità palestinese

Secondo Hanan Ashrawi che fa parte del comitato esecutivo dell’Organizzazione per la liberazione della Palestina, l’accordo di unità “rivela i partiti politici israeliani per quello che sono e prova, al di là di ogni ragionevole dubbio, la morte in Israele della cosiddetta sinistra”. Sono d’accordo e vorrei aggiungere che il governo di unità evoca più che mai la necessità di porre fine alla divisione fra la Cisgiordania e Gaza per cercare invece la riconciliazione fra tutte le fazioni politiche.

I palestinesi devono adottare una strategia nuova, chiara e più determinata per affrontare l’annessione della propria terra, dato che Israele e gli USA non hanno lasciato loro altra alternativa che resistere. 

È ora che i palestinesi smettano di inseguire la futile illusione dei “due Stati” e inizino a cercare una soluzione realistica di “uno Stato democratico” che offra, a tutti quelli che vivono fra il fiume Giordano e il mar Mediterraneo [cioè nella Palestina storica, che comprende l’attuale Israele, la Cisgiordania e Gaza, ndtr.], gli stessi diritti e obblighi in qualità di cittadini uguali indipendentemente dalla loro religione o razza.

Questa resta l’unica soluzione fattibile del conflitto del secolo.

Le opinioni espresse in questo articolo appartengono all’autore e non riflettono necessariamente la politica editoriale di Middle East Eye.

Fareed Taamallah

Fareed Taamallah è un agricoltore palestinese e un attivista politico.

(traduzione dall’inglese di Mirella Alessio)