138 giornalisti uccisi a Gaza

Redazione di Middle East Monitor

2 aprile 2024 – Middle East Monitor

Ieri l’ufficio stampa del governo ha annunciato che 138 giornalisti sono stati uccisi a Gaza dal 7 ottobre 2023.

L’ufficio stampa ha affermato che “il numero di giornalisti martiri è aumentato dopo l’uccisione del giornalista Mohammad Abu Sakhil durante la criminale incursione nel complesso ospedaliero Al-Shifa a Gaza.”

Il ministero della Sanità a Gaza ha riferito che ieri le forze di occupazione hanno abbandonato la struttura dell’Al-Shifa e le aree circostanti nella Striscia di Gaza assediata, due settimane dopo aver lanciato una operazione militare su larga scala contro il sito, lasciandosi dietro numerosi corpi in decomposizione, che sono stati schiacciati dai veicoli militari, dilaniati da cani randagi o di persone che sono state uccise in esecuzioni sommarie con le mani legate dietro la schiena, molti dei quali non sono identificabili.

Decine di corpi sono stati trovati dentro e attorno alla struttura sanitaria,” ha affermato il ministero.

Dal 7 ottobre 2023 Israele ha ucciso 32.845 palestinesi e ne ha feriti 75.392.

(traduzione dall’inglese di Gianluca Ramunno)




Israele ha distrutto l’ospedale al-Shifa per accelerare la distruzione delle strutture sociali di Gaza

Faris Giacaman 

2 Aprile 2024 – Mondoweiss

Israele vuole provocare un crollo dellordine sociale a Gaza, e non può riuscirci senza cancellare i suoi ospedali.

La caduta dell’ospedale al-Shifa sarà ricordata come uno dei momenti più cruciali della campagna genocida di Israele a Gaza, non per la scatenata volontà di distruzione mostrata, ma perché ha offerto una straordinaria immagine del vero motivo per cui Israele ha deciso di demolire sistematicamente gli ospedali di Gaza.

Nei tempi di guerra gli ospedali di Gaza non sono serviti solo come luoghi per la cura dei feriti e dei malati, ma sono diventati istituzioni sociali fondamentali, ospitando un microcosmo dellintero ordine sociale di Gaza. Sono diventati centri nevralgici per giornalisti e difensori dei diritti umani, hanno offerto spazio alle squadre della protezione civile di Gaza per organizzare e coordinare le attività di salvataggio, sono diventati una base operativa per le forze di polizia di Gaza e hanno ospitato decine di migliaia di rifugiati sfollati in cerca di riparo dai bombardamenti. Gli ospedali sono diventati tutto questo perché costituivano le ultime istituzioni civili rimaste che avrebbero dovuto godere di un minimo di protezione dalla guerra.

In altre parole, essi ospitavano tutti i meccanismi che fanno funzionare una società. Al posto della demolizione delle infrastrutture di resistenza di Gaza, un traguardo che rimane irraggiungibile per lesercito israeliano, uno degli obiettivi della guerra di Israele a Gaza è stato quello di provocare il collasso delle strutture sociali.

La normalizzazione degli attacchi contro gli ospedali

Tutto è iniziato con il primo assalto israeliano contro al-Shifa il 15 novembre. Nei giorni precedenti lincursione lospedale era stato messo sotto assedio mentre il personale sanitario e i medici venivano colpiti attraverso le finestre e nel cortile principale dellospedale. Quando altri si precipitavano fuori nel tentativo di salvarli, anche loro venivano abbattuti, finché nessuno ha più osato lasciare gli edifici. I feriti venivano lasciati morire dissanguati, per poi marcire ed essere mangiati dagli animali randagi. Quando lesercito israeliano è entrato, ha ripulito lospedale dal personale, dai pazienti e dai rifugiati sfollati. La propaganda israeliana ha cominciato a inondare i media con immagini di armi nascoste dietro una macchina per la risonanza magnetica, una delle poche fragili prove” a sostegno delluso dellospedale come centro di comando e controllo” militare.

Ma nonostante il fatto che le affermazioni di Israele su al-Shifa si siano rivelate infondate linvasione ha costituito un importante precedente per quella che è stata considerata una condotta ammissibile durante la guerra. Ciò che prima era impensabile ora è diventato una cosa normale, ponendo le basi per ciò che sarebbe successo.

Favorire la distruzione delle strutture portanti della società

Verso la fine dellanno, dopo il ritiro dellesercito da alcune aree del nord di Gaza, compresa la zona circostante al-Shifa, il personale medico e i pazienti sono tornati allinterno dell’ospedale. Al-Shifa ha rapidamente ripreso il suo status di centro nevralgico per gli sfollati e gli attori della società civile. Ma con linizio del nuovo anno la carestia e la fame hanno cominciato a manifestarsi. La privazione sistematica degli aiuti alimentari e la presa di mira dei richiedenti aiuto nelle rotatorie Kuwait e Nabulsi nel nord di Gaza hanno portato a diversi massacri che hanno messo in crisi la popolazione locale.

Poi, in quello che è stato universalmente considerato un risultato straordinario, il 17 marzo un convoglio di 13 camion di aiuti è finalmente arrivato nel nord senza incidenti. La differenza è che questa volta la consegna degli aiuti è stata coordinata direttamente dalle forze di polizia di Gaza. La figura chiave che ha organizzato la consegna è stato il direttore delle operazioni di polizia, Faiq Mabhouh, che come la maggior parte dei dipendenti civili di Gaza ha naturalmente coordinato le operazioni da al-Shifa. Il giorno successivo, il 18 marzo, Israele ha lanciato la sua seconda incursione nellospedale.

Non sorprende che Israele abbia riciclato le solite affermazioni infondate, affermando che loperazione era basata su informazioni di intelligence preciseche indicavano che lospedale ospitava centinaia di militari dai quali venivano condotti attacchi terroristici. Il primo giorno dell’attacco le forze israeliane hanno assassinato Mabhouh, uccidendo altre decine di persone all’interno del complesso medico. Fin dallinizio Mondoweiss ha dimostrato la vera ragione dietro lattacco: sferrare un colpo alle infrastrutture civili di Gaza con lobiettivo di provocare il caos e minarne la capacità operativa.

Mabhouh aveva supervisionato diversi comitati popolari in coordinamento con le comunità locali per organizzare la consegna degli aiuti alla popolazione affamata. Stava diventando chiaro che il governo di Hamas stesse tentando di ristabilire un punto d’appoggio nel nord di Gaza e di riportare l’ordine, cosa di cui si erano già intravisti dei segnali a febbraio. Naturalmente per Israele qualsiasi impiegato governativo a Gaza, anche se in settori civili come la polizia, era, a tutti gli effetti, agente di Hamas, non diverso dai combattenti della resistenza delle Brigate Qassam. Inclusi anche i membri dei comitati e delle organizzazioni civiche responsabili della distribuzione degli aiuti, che Israele ha continuato a prendere di mira nel nord di Gaza mentre iniziava lassedio di al-Shifa.

Quasi due settimane dopo, il 31 marzo, dopo l’uccisione da parte dellesercito israeliano di oltre 70 dei loro membri, i comitati popolari e le comunità hanno annunciato che avrebbero interrotto il coordinamento e la distribuzione degli aiuti nel nord di Gaza. I comitati hanno rilasciato una dichiarazione affermando che lesercito li aveva sistematicamente presi di mira e che stava deliberatamente seminando caos e fameimpedendo a organizzazioni internazionali come la Croce Rossa, lUNRWA e il Programma Alimentare Mondiale di fornire aiuti. Quando lesercito israeliano si è ritirato da al-Shifa, il Gaza Media Office ha dichiarato che durante il raid durato due settimane almeno 400 palestinesi erano stati uccisi e 900 feriti. Gli edifici non distrutti sono stati incendiati e danneggiati irreparabilmente. L’esercito ha promesso che al-Shifa non avrebbe ripreso la sua operatività.

La realizzazione della zona di uccisione

Nel corso delle due settimane in cui è proseguito l’assedio di al-Shifa hanno iniziato ad emergere notizie di atrocità e massacri su larga scala avvenuti nell’ospedale. Al termine dellincursione innumerevoli testimonianze hanno riportato dettagliatamente esecuzioni sul posto, mentre le squadre della Protezione Civile hanno riferito di aver trovato cadaveri con le gambe legate sepolti sotto la sabbia.

Un giorno prima del ritiro dellesercito Haaretz ha pubblicato uninchiesta che fornisce nuove informazioni su come lesercito ha operato durante la guerra, realizzando zone di uccisionein cui i soldati hanno ricevuto istruzioni di sparare a vista a chiunque. L’articolo definisce tali zone come un’area in cui si insedia una pattuglia, di solito una casa abbandonata, con la zona circostante che diventa unarea militare chiusa, ma non delimitata da segnali ben visibili. Naturalmente, queste zone di uccisionesi trovano anche nel mezzo di quartieri residenziali, molti dei quali non evacuati.

L’articolo fornisce un quadro utile per comprendere come si è probabilmente svolta linvasione di al-Shifa.

Inizia con un riferimento al famigerato attacco dell’inizio di gennaio contro quattro uomini disarmati a Khan Younis da parte di un drone israeliano, affermando che lincidente è stato uno dei tanti in cui sono stati uccisi civili palestinesi in quanto dichiarati senza prove terroristi” dallesercito.

L’inchiesta raccoglie le testimonianze di numerosi soldati israeliani, “alti” ufficiali dellesercito e numerosi comandanti di ruolo e di riserva dellesercito da cui risulta che tutti mettono in dubbio laffermazione che fossero tutti terroristi, implicando che la definizione di terrorista è aperta a unampia gamma di interpretazioni. È del tutto possibile che dei palestinesi che non hanno mai impugnato unarma in vita loro una volta morti siano stati elevati al rango di terroristi”, almeno dalle IDF[esercito israeliano, ndt.]”.

Non è che facciamo l’inventario dei cadaveri, ma nessuno può determinare con certezza chi è un terrorista e chi è stato colpito una volta entrato nella zona di combattimento, ha detto ad Haaretz un ufficiale della riserva. Un altro ufficiale riservista ha affermato che in pratica, terrorista è chiunque sia stato ucciso dai militari nelle aree in cui operano. L’ufficiale ha detto che i rapporti dell’esercito israeliano sul numero di combattenti della resistenza presumibilmente uccisi erano sorprendentie che non c’è bisogno di essere un genio per rendersi conto che non ci sono centinaia o decine di uomini armati che corrono per le strade.”

Al contrario, le testimonianze dei soldati affermano che molte di queste persone erano probabilmente non combattenti disperati in cerca di cibo che si erano imbattuti in aree che pensavano fossero state evacuate dallesercito. “Quando si recavano in luoghi del genere venivano uccisi in quanto percepiti come potenzialmente pericolosi per l’incolumità delle nostre forze”, ha detto ad Haaretz un comandante.

Eppure la definizione dellesercito di minacciapercepita è altrettanto ampia. “Non appena le persone entrano [in una zona di uccisione], soprattutto maschi adulti, l’ordine è di sparare e uccidere, anche se quella persona è disarmata”, ha detto ad Haaretz un ufficiale riservista. Un altro soldato che era stato nel nord di Gaza ha detto che la sensazione che avevamo era che lì non esistessero realmente regole di ingaggio, mentre un alto funzionario dellestablishment della difesa ha detto ad Haaretz che sembra che molti reparti combattenti stiano scrivendo le proprie regole di ingaggio.”

Queste testimonianze di soldati sono coerenti con i resoconti dei testimoni oculari e delle organizzazioni per i diritti umani nel nord di Gaza, che descrivono anche in dettaglio la prassi di sparare intenzionalmente ai bambini con proiettili veri e luso dei palestinesi come scudi umani durante il raid ad al-Shifa. Anche se nulla di tutto ciò porti di fatto nuove rivelazioni per la comprensione delle atrocità di Israele, le testimonianze dei soldati sono preziose nel rivelare luso delle zone di uccisionecome quadro operativo per la conduzione di attività sul campo.

Questo ci riporta allassalto ad al-Shifa. Secondo Ynet [quotidiano israeliano, ndt.] lesercito israeliano ha affermato di aver condotto unoperazione precisache ha distinto tra terroristi e civili, ma che la priorità della sicurezza dei soldati israeliani è sempre rimasta fondamentale. Ecco perché, secondo lesercito, di fronte al rischio per la sicurezza delle nostre forze quando viene rilevata una minaccia apriamo il fuoco per eliminare i terroristi”.

In altre parole, lintero ospedale di al-Shifa e larea circostante sono stati trasformati in una gigantesca zona di uccisione.

(traduzione dallinglese di Aldo Lotta)




Guerra a Gaza: come i soldati israeliani hanno aggredito i palestinesi durante il raid all’ospedale di al-Shifa

Mohammed al-Hajjar, Abubaker Abed e Osama Kahlout

25 marzo 2024 Middle East Eye

I sopravvissuti all’attacco nelle vicinanze dell’ospedale raccontano di esecuzioni, torture e abusi da parte dei soldati israeliani durante l’operazione durata una settimana

Una settimana dopo il raid, i sopravvissuti all’attacco israeliano all’ospedale al-Shifa e nei suoi dintorni a Gaza City hanno raccontato le loro esperienze a Middle East Eye.

Da lunedì 18 marzo le forze israeliane hanno continuato ad attaccare e assediare l’ospedale di al-Shifa. Il complesso medico è il più grande della Striscia di Gaza, con circa 30.000 persone che vi cercavano rifugio prima dell’attuale raid.

L’edificio della chirurgia è stato distrutto giovedì e molti sfollati sono stati costretti a lasciare il complesso medico, il più grande della Striscia di Gaza. Nel frattempo, i civili nelle vicinanze dell’ospedale hanno riferito di essere rimasti intrappolati sotto il fuoco israeliano per giorni.

Sabato il gruppo per i diritti umani Euro-Med Human Rights Monitor ha dichiarato di aver documentato la scorsa settimana nell’area dell’ospedale di Gaza City “una serie di crimini sistematicamente commessi dalle forze israeliane”.

Gli abusi, secondo Euro-Med, includono esecuzioni extragiudiziali, interruzioni delle comunicazioni e intensi bombardamenti sulle case circostanti il complesso medico.

Adel AbdRabbouh, 29 anni, è stato testimone oculare dell’attacco israeliano all’ospedale la scorsa settimana, mentre si recava a visitare i cugini.

Lunedì scorso, intorno alle 11, ha visto quadricotteri, carri armati, aerei da guerra e veicoli militari circondare l’ospedale. 

Ha detto che “migliaia di proiettili” sono stati sparati contro l’ospedale, e si è visto costretto a stare fermo perché temeva di essere colpito se fosse fuggito dall’edificio.

Le persone cadevano […] come foglie sotto i proiettili israeliani; i pazienti venivano lasciati dentro soli a gemere per il dolore; le donne chiamavano i loro figli e i bambini gridavano in preda al panico. Questa la scena”, ha detto a Middle East Eye.

Poi, AbdRabbouh ha detto che circa 500 soldati israeliani hanno fatto irruzione nell’ospedale, ordinando a tutti di non muoversi.

Hanno iniziato ad arrestare coloro che potevano camminare e che non presentavano ferite mortali, ha aggiunto. 

Rassicurandoci all’inizio che non ci avrebbero fatto alcun male, hanno proceduto a uccidere almeno 300 civili. Eravamo solo giocattoli nelle loro mani”, ha detto.

Nonostante durante l’attacco avesse riportato gravi fratture e ustioni alla gamba sinistra, AbdRabbouh era tra le persone arrestate nel raid.

Ha detto a MEE anche che più di 500 persone sono state detenute, tra cui donne e bambini.

Gli uomini sono stati spogliati, picchiati, bendati e ammanettati. Siamo stati radunati nel cortile e successivamente sottoposti a interrogatorio”, ha aggiunto.

AbdRabbouh ha detto di essere stato sottoposto a tre cicli di interrogatori da parte dei soldati israeliani, ciascuno della durata di 15 minuti.

I soldati gli hanno chiesto se avesse incontrato combattenti palestinesi. Dopo 45 minuti di interrogatorio ad ognuno, sono stati lasciati nudi fuori dall’ospedale e non hanno ricevuto nulla per l’iftar tranne una bottiglietta d’acqua.

Sono rimasti in quello stato fino al mattino seguente, quando gli è stato ordinato di marciare verso Al-Rasheed Street, vicino all’Istanbul Cafe. Mercoledì mattina sono stati rilasciati e gli è stato ordinato di fuggire a sud.

Nonostante la stanchezza, le ferite e la disidratazione, abbiamo dovuto camminare per sette ore fino a Deir al-Balah. Ci sono arrivato che ero quasi morto“, ha raccontato.

“Fame pazzesca

Il fratello di AbdRabbouh, Abdul Rahman, era tra i detenuti fuggiti a sud. Ha raccontato dei due giorni di calvario dicendo che hanno patito una “fame pazzesca” fino a quando non hanno raggiunto il sud.

“Se qualcuno osava chiedere acqua veniva colpito alle gambe. Abbiamo patito una fame pazzesca per due giorni.”

Ha aggiunto di aver visto un bambino di otto anni a cui un soldato israeliano ha sparato alle gambe perché aveva chiesto di vedere la sua famiglia.

Ha detto che i soldati israeliani li hanno sottoposti ad “abusi, percosse e trattamenti disumanizzanti”.

I soldati israeliani si sono comportati come mostri”, ha detto.

Mi considero fortunato ad aver ritrovato mio fratello e di essere fuggito con lui a sud. Non sapere se saremmo stati giustiziati o risparmiati è stata la cosa più dolorosa del nostro calvario. Avrò bisogno di molti anni per riprendermi da questa traumatica esperienza “, ha aggiunto trattenendo le lacrime.

Un altro sopravvissuto, Mohammed, che ha dato solo il nome, si trovava nella sua casa vicino ad al-Shifa quando è avvenuto il raid, nelle prime ore del 18 marzo.

Ha detto che lui e i suoi figli dormivano quando è iniziato l’attacco.

“Abbiamo provato a uscire di casa ma abbiamo trovato un carro armato subito fuori dalla porta e un bulldozer militare stava radendo al suolo la casa del nostro vicino”, ha detto a MEE.

Erano tutti seduti in una stanza in mezzo al il frastuono dei bombardamenti dell’artiglieria e degli attacchi aerei. Il muro di una delle stanze è poi crollato a causa dei bombardamenti, hanno quindi dovuto nascondersi in un’altra stanza.

I miei figli erano molto spaventati e non sapevo cosa fare. Sono strisciato in cucina per prendere loro del cibo. Sono riuscito a prendere delle pagnotte e noi che eravamo in nove a casa ce le siamo divise. Continuavo a cercare di rassicurare i miei figli affinché tornassero a dormire ogni volta che si svegliavano per i bombardamenti”.

Al mattino, i soldati israeliani hanno sfondato la porta e fatto irruzione in casa. 

Hanno spogliato me e mio fratello fino alle mutande e hanno spostato mia moglie e i miei figli al piano di sotto dopo averle portato via il telefono. I miei figli imploravano i soldati di lasciarmi con loro ma loro hanno rifiutato. Hanno spinto mia figlia a terra e le hanno detto di andare con sua madre”.

Dopo che sua moglie e i figli se ne furono andati, Mohammed e suo fratello sono stati bendati, i loro polsi legati con fascette di plastica e poi sono stati lasciati in strada al freddo. “Quando ho chiesto qualcosa per coprirmi, mi hanno picchiato. Continuavano a picchiarci e ad insultarci verbalmente”.

Poi i soldati hanno portato i due fratelli insieme ad altri uomini all’ospedale di al-Shifa.

Mohammed ha detto che per tutto il tempo non potevano vedere nulla, ma potevano sentire i soldati che picchiavano altri uomini.

Hanno portato alcuni uomini in un’altra stanza e poi abbiamo sentito degli spari. I soldati sono tornati da quella stanza senza gli uomini che avevano portato con sé”.

“Ci siamo resi conto che li avevano giustiziati, quindi ci siamo seduti lì aspettando solo il nostro turno.”

Siamo rimasti così per due giorni. Niente acqua, cibo o coperte. Dopo due giorni ci hanno scansionato i volti e finalmente ci hanno detto che potevamo andare. Abbiamo camminato tra carri armati e spari per metterci in salvo”.

Cocci di vetro

Mohammed Mershed e suo fratello sono stati trattenuti vicino ad al-Shifa lontano dalla loro casa dopo che era stata bombardata.

Lunedì all’Ospedale dei Martiri al-Aqsa di Deir el-Balah ha detto a MEE: “Chiedevamo aiuto. I soldati ci hanno portato via da casa nostra e ci hanno ammanettati sulla schiena. Ci hanno costretto a sdraiarci su cocci di vetro“.

Siamo stati lasciati lì per tre giorni al freddo. Il primo giorno mia madre, le mie sorelle e i miei figli sono rimasti con noi. Poi li hanno portati via”.

Non hanno chiesto i nostri documenti d’identità né effettuato alcun interrogatorio mentre eravamo detenuti. Stavano solo giocando.”

Ho assistito alle esecuzioni sul campo. È stato orribile, è troppo doloroso da ricordare.

L’esercito israeliano ha annunciato di aver ucciso e arrestato decine di palestinesi nel corso del raid. Ha dichiarato che le persone uccise erano combattenti e che gli arrestati erano sospetti membri di Hamas. L’esercito, tuttavia, non ha fornito alcuna prova a sostegno di tali affermazioni.

Secondo il Ministero della Sanità palestinese, Al-Shifa e i suoi dintorni sono stati attaccati almeno quattro volte dall’inizio della guerra il 7 ottobre.

Israele ha ripetutamente accusato Hamas di operare all’interno degli ospedali, un’accusa che il gruppo palestinese ha costantemente negato.

Hamas ha affermato in un comunicato della scorsa settimana: “La continua aggressione israeliana contro l’ospedale al-Shifa è un tentativo di nascondere il fallimento nel raggiungere i suoi obiettivi militari”.

Secondo il Ministero della Sanità, l’assalto israeliano a Gaza ha finora ucciso più di 32.000 palestinesi. Più di 70.000 palestinesi sono rimasti feriti durante le ostilità iniziate il 7 ottobre.

(traduzione dall’inglese di Luciana Galliano)

 




L’esercito israeliano chiede alla BBC di scusarsi per aver messo in dubbio la sua ‘prova’

Redazione di MEMO

21 novembre 2023 – Middle East Monitor

Il portavoce dell’esercito israeliano Peter Lerner ha chiesto alla BBC di scusarsi per aver messo in dubbio la “prova” dell’esercito riguardo alla presenza di Hamas nell’ospedale Al-Shifa a Gaza.

Lerner ha pubblicato su X [precedentemente Twitter, ndt.] il filmato di una telecamera di video sorveglianza con una descrizione orale di “armi, dispositivi di comunicazione, RPG [e una] Toyota carica di armi” che, a quanto afferma, l’esercito ha trovato nell’ospedale.

BBCWorld si scuserà? BowenBBC dirà che si è sbagliato?” chiede.

In un articolo pubblicato sabato, il caporedattore della BBC internazionale Jeremy Bowen ha messo in discussione la prova presentata dall’esercito israeliano secondo cui l’ospedale di Al-Shifa è stato usato come “quartier generale” di Hamas.

Ha anche criticato le restrizioni dell’esercito sui giornalisti stranieri che informano dall’Al-Shifa, affermando che “non c’è controllo indipendente dentro l’ospedale; i giornalisti non si possono muovere liberamente a Gaza e chi sta documentando sul sito sta lavorando sotto l’egida dell’esercito israeliano.”

La BBC ha riferito che le forze di occupazione israeliane hanno manipolato la presunta “prova” all’Al-Shifa prima di permettere ai giornalisti di entrare.

(traduzione dall’inglese di Gianluca Ramunno)




Fatti o finzione: Israele ha bisogno di false infermiere per giustificare l’uccisione dei bambini di Gaza

Marc Owen Jones

17 novembre 2023-Al Jazeera

Israele sa che rischia di perdere il sostegno globale per il suo massacro di bambini. Quindi ci si rivolge alla disinformazione sui social media, che è sciatta ma spesso efficace.

A Gaza ogni 10 minuti viene ucciso un bambino. Dal 7 ottobre Israele ha ucciso più di 4.000 bambini. In questo momento i bambini prematuri dell’ospedale al-Shifa di Gaza stanno morendo perché dopo oltre un mese di assedio israeliano l’istituto è senza energia elettrica e quindi non è in grado di far funzionare le incubatrici.

Israele sa che rischia di perdere il sostegno internazionale per il suo continuo massacro di bambini. Alleati occidentali come il presidente francese Emmanuel Macron e il primo ministro canadese Justin Trudeau, che fino ad ora sono stati risoluti nel sostenere Israele, la scorsa settimana hanno chiesto pubblicamente al governo israeliano di smettere di uccidere bambini, anche se Macron da allora ha ammorbidito il suo tono.

Di solito, la prima risposta di Israele alle accuse di atrocità è la negazione. Quando ciò fallisce, la seconda strategia è quella di incolpare Hamas o altri gruppi armati palestinesi per le morti palestinesi.

Non ha rinunciato a queste strategie, ma sta anche cercando di collegare direttamente i bambini palestinesi a Hamas, cercando così di raffigurare loro– e i luoghi in cui si rifugiano – come obiettivi legittimi.

Incolpare Hamas

L’11 novembre, l’account ufficiale in arabo gestito dal Ministero degli Affari Esteri israeliano ha pubblicato un video di un’infermiera, apparentemente agitata, che parlava di Hamas e riferiva che aveva invaso l’ospedale di al-Shifa e preso tutto il carburante e la morfina. Ha affermato che, poiché Hamas aveva rubato la morfina, non poteva usarla su un bambino di cinque anni con una frattura.

Il video, ritwittato migliaia di volte, era chiaramente un falso. Nessun membro del personale nelle vicinanze sembra riconoscere la donna del video, mettendo in dubbio la sua identità e il suo ruolo. Robert Mackey, giornalista dell’agenzia di ricerca Forensic Architecture, ha parlato con tre membri dello staff di Medici Senza Frontiere che lavorano all’ospedale al-Shifa, nessuno dei quali l’ha riconosciuta.

Il video era quasi comico nella sua assurdità. L’infermiera parlava con un accento non palestinese e il suo dialogo sembrava riecheggiare perfettamente i discorsi dell’esercito israeliano secondo cui Hamas avrebbe rubato tutto il carburante dagli ospedali.

Inoltre il posizionamento strategico di un logo del Ministero della Sanità palestinese è stato un tentativo artificioso di fuorviare o creare una trappola per ottenere un rilancio da parte degli algoritmi “intelligenti”. Ad aumentare il sospetto c’erano gli effetti audio “di repertorio” dei bombardamenti, il suo camice bianco perfettamente pulito e il trucco perfetto, che sembravano tutti fuori posto in un ambiente che avrebbe dovuto essere disastrato.

Lo scopo del video era chiaro: incolpare Hamas per la sofferenza dei bambini e legittimare le affermazioni dell’esercito israeliano secondo cui Hamas sta usando civili e bambini come scudi umani.

Alla fine, quando al governo israeliano è stato chiesto di rendere conto del video, il Ministero degli Esteri ha cancellato silenziosamente il suo post, senza alcuna spiegazione.

Ma diffondere disinformazione e poi cancellarla è diventata una routine; ciò solleva la domanda: perché la propaganda dell’esercito israeliano è così sciatta? Dopotutto, Israele non rischia di perdere credibilità in questo modo?

No, perché i benefici superano i costi. Il vecchio adagio, “Una bugia può viaggiare dall’altra parte del mondo mentre la verità si sta ancora mettendo le scarpe” ci dice gran parte di ciò che dobbiamo sapere sulla propaganda. La chiave non è la veridicità, ma piuttosto la velocità e il primato.

Controllare la narrazione significa diffondere le informazioni più velocemente del tuo nemico e renderle sensazionali, indipendentemente dal fatto che siano reali. Uno studio ha dimostrato che l’86% delle persone non verifica le notizie che vede sui social media.

Una volta che qualcosa di falso diventa virale, è improbabile che le persone che lo vedono cerchino la verifica dei fatti. Il pubblico di questi video non è un astuto fact-checker. Nel caso di Israele, un gran numero di spettatori è di lingua inglese, spettatori occidentali che non coglieranno accenti contraffatti e non hanno motivo di credere che tali informazioni siano false.

È importante ricordare che la propaganda non deve essere sofisticata per essere efficace, ma solo veloce e sensazionalistica. I social media sono perfetti per questo.

Bambini pieni di odio, che leggono il Mein Kampf

Oltre a incolpare Hamas, sta emergendo uno stadio più sinistro della legittimazione dell’uccisione di minori da parte di Israele: il tentativo di denigrare i minori palestinesi definendoli destinatari della propaganda malvagia e antisemita di Hamas. Insomma i minori palestinesi verrebbero educati solo per diventare “terroristi”.

Il 5 novembre l’account ufficiale in arabo di Israele ha twittato una vignetta che mostrava che Israele alleva i suoi bambini all’ “amore”, mentre Hamas riempie i bambini di Gaza di “odio”.

Poi, lunedì, l’account ufficiale israeliano gestito dal Ministero degli Esteri ha affermato su X che l’esercito israeliano aveva trovato una copia del “Mein Kampf” di Hitler nella stanza di un minore a Gaza. Intonso, con perfette annotazioni e sottolineature dei punti salienti, il “ritrovamento” del libro è stato un tentativo di rafforzare la narrazione secondo cui i minori palestinesi sono pieni di odio, senza speranza di redenzione e sono quindi validi bersagli da uccidere.

Mein Kampf rappresenta l’epitome dell’antisemitismo. È l’autobiografia di Hitler. Il significato di ciò non sfuggirà a molti occidentali, spesso destinatari della propaganda israeliana. L’uso del Mein Kampf, una copia del quale è stata brandita teatralmente dal presidente israeliano Isaac Herzog, dimostra che Israele sta cercando di ritrarre i minori palestinesi più grandi come antisemiti a cui è stato fatto il lavaggio del cervello: è uno strumento semplice per promuovere questa narrazione.

Bunker sotto un ospedale pediatrico

Lunedì sera Israele ha raddoppiato i suoi tentativi di legittimare i suoi attacchi contro i bambini. L’esercito israeliano ha pubblicato un video del suo portavoce Daniel Hagari che si aggira in un presunto bunker di Hamas sotto l’ospedale pediatrico Rantisi a Gaza. In una delle scene Hagari è inginocchiato accanto a pistole, granate e altre armi, sullo sfondo il dipinto di un albero apparentemente disegnato da bambini.

In un altro video, anch’esso si presume proveniente dal seminterrato dell’ospedale Rantisi, Hagari attira l’attenzione su una sedia e i resti di una corda che, secondo lui, venivano usate per legare gli ostaggi. Quindi indica un biberon che si trova sopra una scatola di giunzione elettrica contrassegnata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità.

Porre accanto la rappresentazione dell’innocenza infantile nella forma del dipinto o del biberon alle armi serve a legittimare la narrazione israeliana di Hamas come “terroristi” disumani che usano bambini, ospedali e prigionieri come scudi umani. Ciò a sua volta viene utilizzato per giustificare gli attacchi di Israele contro obiettivi civili – anche se la vita dei bambini è a rischio, e anche se è coinvolta un’organizzazione delle Nazioni Unite.

Tuttavia il video è chiaramente una trovata propagandistica. Hagari indica una tabella scritta a mano in arabo fissata al muro. Hagari poi dice che la lista nomina i combattenti di Hamas. “Questa è una lista di guardiani in cui ogni terrorista scrive il suo nome, e ogni terrorista ha il proprio turno di guardia per le persone che erano qui”.

L’unico problema è che lì non c’era scritto nulla del genere. Era la pagina settimanale di un calendario.

Perché Israele fa questo?

Durante il fine settimana Israele ha offerto all’ospedale di al-Shifa una miserabile quantità di carburante, dopo aver imposto dal 7 ottobre un blocco totale della Striscia di Gaza che ha paralizzato le strutture mediche.

Il direttore dell’ospedale, Muhammad Abu Salmiya, ha detto del tentativo di fornire carburante che “Israele vuole mostrare al mondo che non sta uccidendo bambini”.

Ma ora che Israele non può più negare di uccidere bambini palestinesi sta cercando di legittimare il loro omicidio. Nel suo lavoro sulla “teoria del restauro dell’immagine” William Benoit chiama ciò “ridurre l’offensività”. In parole povere, incolpi la vittima o fai sembrare la vittima meritevole della sua sofferenza.

Man mano che il bilancio delle vittime aumenta, aumentano anche i tentativi stravaganti di scaricare la colpa su vittime innocenti.

Ma nessuna quantità di video fabbricati o di “prove” nascoste può oscurare la verità. I bambini stanno morendo a centinaia a Gaza, il loro sangue è versato a causa delle bombe, dei proiettili e dell’assedio di Israele.

The views expressed in this article are the author’s own and do not necessarily reflect Al Jazeera’s editorial stance.

Le opinioni espresse in questo articolo appartengono all’autore e non riflettono necessariamente la linea editoriale di Al Jazeera.

(traduzione dall’ Inglese di Giuseppe Ponsetti)




Secondo i funzionari sanitari Israele colpisce il più grande complesso ospedaliero di Gaza

Redazione di Al Jazeera

Al Jazeera 10 novembre 2023

L’esercito israeliano sostiene che Hamas opera ad al-Shifa, ciò che il gruppo armato e i funzionari dell’ospedale negano

Il Ministero della Sanità dell’enclave governata da Hamas ha detto che Israele ha attaccato quattro ospedali a Gaza, compreso il più grande complesso medico dell’enclave provocando pare numerose vittime.

Nel complesso ospedaliero di al-Shifa l’esercito israeliano ha colpito un cortile dove si erano rifugiati migliaia di palestinesi sfollati, ha detto venerdì il portavoce del Ministero della Sanità Ashraf al-Qudra.

Israele sta ora muovendo questi pericolosi attacchi contro gli ospedali per metterli completamente fuori servizio e di conseguenza sfollare le persone che vi si rifugiano, così come i pazienti e i medici”, ha detto al-Qudra ad Al Jazeera.

L’esercito israeliano ha affermato che Hamas gestisce un centro di comando nel sito dell’ospedale, compresi gli ingressi alla sua vasta rete di tunnel, cosa che Hamas e i funzionari dell’ospedale hanno sempre negato.

I funzionari israeliani non hanno commentato immediatamente le notizie sugli ultimi attacchi.

Mohammad Abu Salmiya, direttore generale dell’ospedale al-Shifa, ha detto che l’attacco ha colpito i civili che erano nel cortile accanto ad alcuni giornalisti ferendone quattro, di cui due in modo grave.

Ha causato molte vittime, compresi feriti gravi. Avrebbe potuto esserci un massacro per via del numero di persone presenti in questo complesso”, ha detto Abu Salmiya ad Al Jazeera.

“Prima avevano bombardato un edificio molto vicino all’ospedale. E ora ci sono pesanti scontri e bombardamenti vicino all’ospedale”.

Abu Salmiya ha detto che medici e pazienti erano terrorizzati a causa delle esplosioni quasi continue vicino alla struttura.

Non passa un secondo senza che cadano bombe vicino all’ospedale. Molte finestre dell’ospedale si sono rotte e c’è paura e ansia tra i medici, i pazienti e gli sfollati”, ha detto.

Questa è una guerra contro gli ospedali e una guerra contro tutti i cittadini [palestinesi]”.

Il video delle evidenti conseguenze dell’attacco mostra diverse persone che urlano e cercano riparo, e un uomo ferito che giace sul marciapiede in una pozza di sangue.

Al-Qudra ha affermato che venerdì anche due ospedali pediatrici, al-Rantisi e al-Nasser, sono stati colpiti da “attacchi e bombardamenti diretti”.

Anche il Ministero degli Esteri indonesiano ha riferito che durante la notte delle esplosioni hanno danneggiato l’ospedale indonesiano che si trova all’estremità settentrionale dell’enclave, vicino a cui migliaia di palestinesi feriti e sfollati si erano rifugiati.

“L’Indonesia condanna ancora una volta i selvaggi attacchi contro civili e obiettivi civili, in particolare le strutture umanitarie a Gaza”, ha affermato il Ministero in una nota.

Tenendo in mano le schegge missilistiche, Atef al-Kahlout, direttore dell’ospedale, ha dichiarato: “Questo è ciò che l’occupazione sta lanciando contro gli ospedali: proiettili a frammentazione!”.

Che il mondo sia testimone di quali sono gli obiettivi dell’occupazione. Tra 24 ore l’ospedale sarà fuori servizio. Sembra che le forze di occupazione israeliane non siano contente dell’esistenza dell’ospedale indonesiano né della determinazione della popolazione del nord di Gaza”.

Omar Shakir, direttore di Human Rights Watch per Israele e Palestina, ha affermato sui social media che le strutture mediche devono essere protette e che “Nessuna area è zona di fuoco libero”.

L’attacco ad al-Shifa è l’ultimo di una serie di attacchi segnalati nei giorni scorsi contro o nelle vicinanze dell’ospedale di Gaza City.

La settimana scorsa, secondo i funzionari palestinesi, l’esercito israeliano ha bombardato un’ambulanza fuori dall’ospedale, uccidendo 15 persone. Lunedì Al Jazeera e i media palestinesi hanno riferito che le forze israeliane avevano colpito i pannelli solari che fornivano elettricità al complesso medico, subito smentiti dai funzionari israeliani.

Funzionari militari israeliani hanno rilasciato immagini, mappe illustrate e registrazioni audio che, secondo loro, dimostrano che Hamas sta utilizzando la struttura per pianificare operazioni e nascondere i suoi combattenti.

I terroristi di Hamas operano all’interno e sotto l’ospedale [al-Shifa] e in altri ospedali di Gaza”, ha detto il mese scorso il portavoce dell’esercito israeliano contrammiraglio Daniel Hagari.

Hamas, le autorità sanitarie e i funzionari dell’ospedale al-Shifa hanno negato che il gruppo armato si nasconda all’interno o sotto il complesso.

L’esercito israeliano ha ripetutamente ordinato l’evacuazione dell’ospedale nelle ultime settimane, suscitando la condanna di gruppi umanitari che affermano che le strutture mediche devono essere risparmiate dai combattimenti.

(traduzione dall’inglese di Luciana Galliano)




I tormenti di un medico

Hanan Abukmail

28 giugno 2021 – We Are Not Numbers

Sono passate settimane dalla fine della quarta guerra di Israele contro Gaza. E anche se il mondo è andato avanti, qui a Gaza siamo rimasti a raccogliere i cocci. Ed io? Mi ritrovo a mettere in discussione la mia decisione di fare il medico. Forse è sufficiente leggere una sezione del mio diario per capire perché.

In questi giorni il mio ospedale è pervaso dall’odore del sangue e della morte. Come descriverlo, se non siete mai stati in sua presenza? L’odore è paragonabile al fumo, mi penetra le cellule senza permesso, mi fa sentire debole e nauseata. A volte sono costretta a fuggire in un’altra stanza prima di poter fare ritorno.

Mi rivedo nel 2014, quando ho iniziato il percorso per diventare medico. Quello che è stato il più lungo attacco militare di Israele fu devastante, ma mi ispirò a inseguire il mio sogno d’infanzia di diventare un angelo bianco.

Ed ora eccomi qui sette anni dopo, medico sopravvissuto ad un altro brutale attacco israeliano, a farmi le seguenti domande. Per quanto tempo ancora il mio cuore potrà sopportare di essere testimone dell’uccisione di tutte queste vite? Perché sono nata in questo Paese? Perché ho scelto questa professione?

L’inimmaginabile si ripete

Lo scorso 15 maggio, in piena notte, l’aviazione di Israele ha attaccato un edificio residenziale di proprietà della famiglia di Abu Hatab. L’unico sopravvissuto al genocidio di un’intera famiglia è un bambino di cinque mesi.

Il giorno dopo questa distruzione è iniziata la peggiore notte di bombardamenti. Shimaa’ Abu Alaouf, studentessa ventunenne al terzo anno di odontoiatria, è stata uccisa. Avrebbe dovuto sposarsi il mese dopo con l’uomo che amava, Anas. Probabilmente sognava il giorno della sua festa di laurea, il lavoro di dentista, dei bimbi da crescere in una casa sua. Ma invece la futura sposa, insieme con il suo amore e le sue passioni, è finita sepolta dagli attacchi aerei israeliani che ne hanno distrutto la casa.

I nostri ospedali sono sommersi dall’ingente numero di vittime. L’ospedale di Al-Shifa, che è quello centrale nella Striscia di Gaza, ha una capacità di 250 posti letto soltanto. Tuttavia negli ultimi giorni questa capacità è stata di gran lunga superata. Registriamo una grave carenza nella banca del sangue centrale. Non abbiamo abbastanza posti letto, non abbiamo abbastanza sangue.

Il mio negozio di fiori preferito in via Al-Wehda è stato bombardato. Compravo qui ogni fiore da regalare ai miei cari e lo accompagnavo ad un biglietto che diceva: “Abbi cura di te, caro/a.” Ci andavo spesso, non fosse altro per guardare i fiori. Ora non ci sono fiori da vedere né fiori da regalare né messaggi di affetto da mandare.

Più di dieci famiglie sono state cancellate dal registro dell’anagrafe. Ripeto: oltre dieci intere famiglie non ci sono più.

Prima mi addormentavo presto e non vedevo l’ora di andare al lavoro. Mi imponevo di cancellare i miei pensieri e di aprire il cuore ad ogni passo che facevo. Respirando a pieni polmoni nella luce del mattino, al mio arrivo in ospedale mi sentivo allegra, rinnovata e pronta ad iniziare la giornata.

Ma adesso il rumore del mio pianto è più forte del suono dei razzi che cadono sulla testa del mio popolo.

La paura per i sopravvissuti

Ore dopo, guardo e aspetto mentre le persone vengono estratte dalle macerie. I vivi e i morti aspettano di essere trovati.

La maggior parte delle persone che curo in ospedale quasi non riescono a credere di essere vive. I loro visi sono affranti e sconvolti. Ho paura per i miei pazienti. Ho paura per i superstiti trovati fra le macerie. Ho paura per le loro famiglie. I danni mentali che derivano dal trauma di essere letteralmente sepolti prima di essere alla fine salvati sono enormi: battito cardiaco accelerato, inalazione di polvere e tossine, lacerazioni alla pelle causate dalle schegge e la persistente paura di essere intrappolati senza venire mai trovati. Alcuni dei superstiti si dissanguano lentamente e muoiono a pochi minuti dalla rianimazione. Come affronteranno la situazione i familiari che li stavano aspettando?

Per noi che viviamo sotto l’occupazione di Israele e sotto la minaccia di venire bombardati in qualsiasi momento, il tempo che intercorre fra la vita e la morte è solo questione di minuti.

In continuazione Israele viola i nostri diritti umani e le convenzioni internazionali prendendo di mira civili disarmati e presidi sanitari. Sappiamo che la guerra ritornerà, se non l’anno prossimo, quello successivo o quello ancora dopo. Ho paura e faccio tutto ciò che posso per sopravvivere e servire il mio popolo.

Tuttavia, al di là della mia paura, abbiamo visto e toccato con mano la solidarietà e la speranza da parte di una comunità internazionale di attivisti e altri sostenitori. Questo ci dà la speranza che ci serve per andare avanti e continuare a lottare.

 (traduzione dall’inglese di Stefania Fusero)