Artisti come me vengono censurati in Germania perché sosteniamo i diritti dei palestinesi

 Brian Eno

4 febbraio 2021  The Guardian

Una risoluzione parlamentare del 2019 ha avuto un effetto raggelante sui critici della politica israeliana. Adesso il settore culturale si fa sentire.

Sono solo uno dei tanti artisti che sono stati colpiti da un nuovo Maccartismo che ha preso piede in un clima crescente di intolleranza in Germania. La romanziera  Kamila Shamsie, il poeta Kae Tempest, i musicisti Young Fathers e il rapper Talib Kwelli, l’artista visuale Walid Raad e il filosofo Achille Mbembe * sono tra gli artisti, accademici, curatori e altri che sono stati coinvolti in un sistema di interrogatori politici, liste nere ed esclusione che è ormai diffuso in Germania grazie all’approvazione di una risoluzione parlamentare del 2019. In definitiva, si tratta di prendere di mira i critici della politica israeliana nei confronti dei palestinesi.

Recentemente, una mostra delle mie opere d’arte è stata cancellata nelle sue fasi iniziali perché sostengo il movimento non-violento, guidato dai palestinesi, per il boicottaggio, il disinvestimento e le sanzioni (BDS). La cancellazione non è mai stata dichiarata pubblicamente, ma a quanto mi risulta, è stata la conseguenza del timore di operatori culturali in Germania che loro e la loro istituzione sarebbero stati puniti per aver promosso qualcuno etichettato come “antisemita”. Così funziona la tirannia: creare una situazione in cui le persone siano abbastanza spaventate da tenere la bocca chiusa e l’autocensura farà il resto.

Ma poiché la mia storia è relativamente minore, vorrei parlarvi della mia amica, la musicista Nirit Sommerfeld.

Nirit è nata in Israele e cresciuta in Germania, e da tutta la vita mantiene il suo legame con entrambi i luoghi, inclusa la sua famiglia allargata in Israele. Come artista, si occupa da più di 20 anni in canzoni, testi e performance del rapporto tra tedeschi, israeliani e palestinesi, dedicando tutti i suoi spettacoli alla comprensione internazionale e interreligiosa.

Eppure ora Nirit si ritrova impedita nello svolgere liberamente il suo lavoro culturale. Nel considerare la sua domanda di finanziamento artistico, i funzionari statali hanno detto a Nirit che dovevano controllare il suo lavoro; quando ha cercato di prenotare un luogo per un suo concerto a Monaco, la sua città natale, le è stato detto dagli organizzatori che lo spettacolo sarebbe stato cancellato a meno che non avesse confermato per iscritto che non avrebbe espresso alcun “sostegno per il contenuto, l’argomento e gli obiettivi” della campagna BDS. È stata ripetutamente bersaglio di campagne diffamatorie.

Perché è successo?

Perché ha parlato di ciò che ha visto con i suoi occhi: le leggi razziste di Israele contro i suoi stessi cittadini che sono palestinesi; i posti di blocco militari israeliani, le demolizioni di case, il muro di separazione, l’accaparramento delle terre, l’incarcerazione di bambini e i soldati israeliani che umiliano e uccidono palestinesi di tutte le età. È stata testimone dell’uso illegale di bombe al fosforo contro Gaza e dell’indifferenza – nella migliore delle ipotesi – di molti nella società israeliana.

Ho chiesto a Nirit come si sente riguardo a questa situazione: “Dopo essere tornata per due anni a Tel Aviv e molte visite nei territori palestinesi occupati, ho capito che Israele non è all’altezza dei suoi elevati standard morali che dichiara. La lezione appresa dall’Olocausto è stata ‘Mai più!’ Ma è inteso solo per proteggere noi ebrei? Per me ‘Mai più!’ Deve includere ‘mai più razzismo, oppressione, pulizia etnica ovunque – così come mai più antisemitismo’. “

La musica di Nirit celebra il suo passato e presente ebraico attraverso il canto. In qualità di artista, il cui nonno è stato assassinato nel genocidio nazista, trova “profondamente inquietante” il fatto di essere soggetta alla censura e al maccartismo inquisitorio da parte di funzionari e istituzioni pubbliche tedesche.

Secondo Nirit, “quando i difensori di Israele insistono sul fatto che queste politiche di occupazione e di apartheid sono fatte a nome di tutti gli ebrei nel mondo, alimentano l’antisemitismo. La lotta all’antisemitismo non dovrebbe e non può essere fatta demonizzando la lotta per i diritti dei palestinesi “.

L’esperienza di Nirit è un esempio della situazione kafkiana in cui siamo scivolati: una donna ebrea, il cui lavoro è incentrato sulla storia, la memoria, la giustizia, la pace e la comprensione, falsamente accusata di antisemitismo dalle istituzioni tedesche. L’assurdità dell’accusa rende chiara una cosa: non si tratta affatto di antisemitismo, ma di limitare la nostra libertà di discutere la situazione politica e umanitaria in Israele e Palestina.

Allora come si è verificata questa situazione?

Nel 2019 in Germania è stata approvata una risoluzione parlamentare vagamente formulata non vincolante, che falsamente equipara il movimento BDS all’antisemitismo. In un breve lasso di tempo, questa risoluzione ha aperto la strada a un’atmosfera di paranoia, alimentata da disinformazione e opportunismo politico.

Il BDS è un movimento pacifico che mira a fare pressione su Israele affinché ponga fine alle sue violazioni dei diritti umani palestinesi e rispetti il ​​diritto internazionale. È modellato sui precedenti del movimento per i diritti civili degli Stati Uniti e, soprattutto, del movimento contro l’apartheid in Sud Africa. Si rivolge alla complicità con un regime ingiusto e prende di mira le istituzioni, non gli individui o l’identità. Il BDS avverte la coscienza pubblica di uno status quo insostenibile e profondamente ingiusto e mobilita l’azione per porre fine a qualsiasi coinvolgimento nel sostenerlo.

Eppure i direttori di festival, coloro che fanno programmazione e istituzioni interamente finanziate con fondi pubblici stanno sottoponendo gli artisti a test politici, controllando se hanno mai criticato la politica israeliana. Questo sistema di sorveglianza e autocensura è nato perché le istituzioni culturali si trovano sotto attacco da parte di gruppi anti-palestinesi quando invitano un artista o accademico che ritiene inaccettabile per loro la visione dell’occupazione israeliana.

Per fare un esempio tra i tanti, il direttore del Museo ebraico di Berlino, Peter Schäfer, è stato costretto a rassegnare le dimissioni dopo che il museo ha twittato il collegamento a un articolo su un giornale tedesco relativo ad una lettera aperta di 240 studiosi ebrei e israeliani, inclusi i massimi esperti di antisemitismo, che era critico nei confronti della risoluzione anti-BDS.

Ma ora, con una mossa senza precedenti, i rappresentanti di 32 delle principali istituzioni culturali tedesche, incluso l’ Istituto Goethe, si sono espressi insieme, manifestando allarme per la repressione delle voci critiche e delle minoranze in Germania a seguito della risoluzione anti-BDS del parlamento.

La loro dichiarazione congiunta afferma: “Invocando questa risoluzione, le accuse di antisemitismo vengono utilizzate in modo improprio per mettere a tacere voci importanti e distorcere le posizioni critiche”. Pochi giorni dopo, più di 1.000 artisti e accademici hanno firmato una lettera aperta a sostegno della protesta delle istituzioni culturali.

In un momento in cui le eredità coloniali sono sempre più messe in discussione, discutere di questo particolare esempio di colonialismo in corso sta invece diventando tabù. Ma non è mai stato più urgente: la situazione per i palestinesi che vivono sotto l’apartheid e l’occupazione peggiora di settimana in settimana.

Dovremmo essere tutti allarmati da questo nuovo maccartismo. Gli artisti, come tutti i cittadini, devono essere liberi di parlare apertamente e intraprendere azioni significative, inclusi boicottaggi su questioni di principio, contro i sistemi di ingiustizia. Se lasciato incontrastato, il silenziamento del dissenso e l’emarginazione dei gruppi minoritari non si fermerà ai palestinesi e a coloro che li sostengono.

Brian Eno è un musicista, artista, compositore e produttore

Traduzione di Flavia Donati

da Palestinaculturalibertà




Perché l’uomo che ha stilato la definizione dell’IHRA ne condanna l’uso

Nonostante si tratti di un articolo che risale all’anno scorso, riteniamo importante proporre questo articolo relativo alla definizione di antisemitismo dell’IHRA, che viene costantemente utilizzata per tacitare e criminalizzare la solidarietà con il popolo palestinese. Questo articolo evidenzia che lo stesso autore del testo dell’IHRA denuncia che il suo uso a questo fine è scorretto.

George Wilmers

1 agosto 2018 – Jewish Voice for Peace

La persona che ha stilato la definizione di antisemitismo dell’IHRA ne condanna l’uso rivolto a limitare la libertà di parola.

Secondo gli ultimi criteri isterici della lobby israeliana* e dei suoi seguaci, l’estensore originario della cosiddetta definizione di antisemitismo dell’IHRA [International Holocaust Remembrance Alliance, Alleanza Internazionale per il Ricordo dell’Olocausto, organizzazione intergovernativa composta da 31 Paesi, ndtr.], un sionista dichiarato, dovrebbe egli stesso essere definito antisemita, o forse un “kapo” [gli ebrei che nei campi di sterminio collaboravano con i nazisti, ndtr.]. Perché questa è la conclusione che si dovrebbe trarre se si accettasse l’affermazione secondo cui chiunque metta in discussione un qualunque aspetto del sacro testo che la definizione dell’IHRA è diventato sia un antisemita. L’estensore di quella che in seguito è diventata comunemente nota come EUMC o definizione di antisemitismo dell’IRHA, compresi gli esempi ad esso associati, è stato l’avvocato statunitense Kenneth S. Stern.

Tuttavia, in una testimonianza scritta presentata lo scorso anno al Congresso USA, Stern ha denunciato che la sua originaria definizione è stata utilizzata per uno scopo totalmente diverso da quello per il quale era stata pensata. Secondo Stern, in principio era stata ideata come una “definizione provvisoria” con l’obiettivo di cercare di standardizzare la raccolta di dati sull’incidenza dei delitti d’odio antisemita in Paesi diversi. Non è mai stata pensata per essere utilizzata come lo si sta facendo ora. Nello stesso documento Stern condanna specificatamente come improprio l’uso della definizione per questi scopi, citando in particolare la restrizione alla libertà di parola nelle università della Gran Bretagna, e riferendosi come esempi alle università di Manchester e di Bristol. Ecco quello che scrive:

La “definizione provvisoria” dell’EUMC è stata di recente adottata nel Regno Unito e messa in pratica nelle università. Un evento della “Israel Apartheid Week” [Settimana contro l’Apartheid Israeliana, ricorrenza annuale celebrata a livello internazionale con attività di denuncia delle discriminazioni israeliane contro i palestinesi, ndtr.] è stato annullato in quanto violava la definizione. A un sopravvissuto all’Olocausto è stato chiesto di cambiare il titolo del suo discorso all’università, e l’università (di Manchester) ha ordinato che venisse registrato, dopo che un diplomatico israeliano (l’ambasciatore Regev) si è lamentato che il titolo violava la definizione. Cosa forse ancora più significativa, un gruppo esterno all’università, citando la definizione, ha chiesto a un’università di condurre un’indagine per antisemitismo su una docente (che ha ottenuto un dottorato alla Columbia University), in base a un articolo che aveva scritto l’anno precedente. L’università (Bristol) allora ha condotto l’indagine. E, benché alla fine non abbia trovato nessun fondamento per punire la professoressa, il tentativo è stato in sé agghiacciante e maccartista.

Ovviamente i gruppi che stavano dietro questa repressione della libertà di parola in stile maccartista condannati da Stern sono proprio gli stessi ora impegnati nell’attuale vendetta [in italiano nel testo, ndtr.] contro Corbyn [segretario del partito Laburista inglese, ndtr.]. Per esempio, nel caso della docente dell’università di Bristol che è stata sottoposta ad inchiesta con le false accuse di antisemitismo, si è trattato della denominata, a torto, “Campagna contro l’Antisemitismo”, in realtà un gruppo aggressivo della lobby filo-israeliana, che ha chiesto che fosse sospesa [dall’insegnamento] finché non avesse ritrattato.

Significativamente Stern riconosce chiaramente l’intrinseca assurdità logica e la minaccia alla libertà di parola che solleva dove vengono messi in atto significativi tentativi di proibire discorsi politici riguardanti Stati o governi:

Immaginate una definizione destinata ai palestinesi. Se “negare al popolo ebraico il suo diritto all’autodeterminazione, e negare ad Israele il diritto di esistere” è antisemita, allora non dovrebbe essere antipalestinese “negare al popolo palestinese il suo diritto all’autodeterminazione, e negare alla Palestina il diritto di esistere”? Allora chiederebbero ai responsabili [delle università] di sorvegliare ed eventualmente punire eventi nelle università da parte di gruppi filo-israeliani che si oppongono alla soluzione dei due Stati, o sostengono che il popolo palestinese sia un mito?

Kenneth Stern è un sionista e sicuramente non è di sinistra. Tuttavia va riconosciuto a merito dell’autore originario della definizione dell’IHRA di essere un coerente difensore della libertà di parola che condanna l’attuale uso maccartista della definizione dell’IHRA.

Quindi l’autore sionista della definizione di antisemitismo dell’IHRA è un antisemita in incognito che ora si è smascherato da solo? Era forse la vecchia talpa di una segreta cospirazione internazionale di antisemiti guidati da Jeremy Corbyn? Forse Nick Cohen [giornalista filoisraeliano del quotidiano inglese “The Guardian”, ndtr.] ci darà una risposta?

Come per ogni passo di una sacra scrittura, il processo politico attraverso il quale la definizione dell’IHRA ha acquisito sia la sua attuale interpretazione che il suo status sacro tra i suoi fanatici fedeli è ancora avvolto nel mistero, nonostante qualche interessante tentativo di indagare la sua breve storia di 14 anni. Che i dettagli della definizione e la sua evidente inadeguatezza come testo giuridico e para-giuridico siano un argomento tabù nei principali mezzi di comunicazione è un tributo all’abbandono del ragionamento razionale nel discorso pubblico ufficiale.**

Nonostante la convinzione generale del contrario e la sua “adozione” da parte del governo del Regno Unito, la definizione dell’IHRA non vi ha un valore legale, e per ottime ragioni: com’è stato evidenziato da importanti giuristi come Hugh Tomlinson [prestigioso esperto inglese in diritto dei mezzi di comunicazione e di informazione, ndtr.] e Stephen Sedley [noto giudice e docente di diritto ad Oxford, di origine ebraica, ndtr.], non solo non si tratta di una definizione corretta per scopi legali, ma la sua adozione dal punto di vista giuridico da parte di una qualunque autorità sarebbe in conflitto con il diritto esistente e protetto di libertà di parola garantito dall’articolo 10 della Convenzione Europea sui Diritti Umani. Ciononostante è tale il potere della campagna di propaganda a favore del culto dell’IHRA che, lasciando da parte considerazioni razionali, la dirigenza del partito Laburista si è sentita obbligata ad obbedire allo status sacro dell’IHRA, pur cercando discretamente di modificare il testo per mitigare alcuni dei suoi effetti draconiani. Tuttavia malauguratamente non si può cavare sangue da una rapa.

Quindi, qualunque sia la vostra convinzione riguardante la funzionalità della rapa nella sua condizione originaria, dobbiamo essere grati all’uomo che l’ha forgiata per aver evidenziato con una tale chiarezza i suoi evidenti limiti.

Note

* Utilizzo il termine “lobby israeliana” come abbreviazione per indicare quanti utilizzano accuse di antisemitismo false o estremamente esagerate contro il partito Laburista per coprire i loro veri obiettivi, che sono: (a) rendere impossibile l’attivismo a favore dei palestinesi all’interno del partito Laburista, e (b), ottenere che Corbyn venga rimosso da segretario del partito Laburista. In realtà, come ha ripetutamente evidenziato Moshe Machover [matematico, filosofo e attivista israeliano antisionista, espulso e poi riammesso al partito Laburista, ndtr.], questa è una libera coalizione di gruppi politici notevolmente differenziati di centro e di estrema destra, alcuni dei quali sono legati a organizzazioni ebraiche filoisraeliane e di destra, ma alcune delle quali non hanno particolari rapporti o interessi né nei confronti dell’ebraismo né del conflitto israelo-palestinese, ma stanno semplicemente utilizzando l’isteria contro l’antisemitismo come mezzo per attaccare il progetto politico di Corbyn. Alcuni hanno suggerito che il termine “lobby antipalestinese” sarebbe una terminologia più adeguata.

** La BBC può essere presa come esempio paradigmatico di questo completo abbandono di un’argomentazione razionale, in cui i presentatori dei notiziari e i commentatori tentano quasi sempre di bloccare qualunque discussione sui dettagli, sulla storia della definizione dell’IHRA o sulla sua inadeguatezza giuridica, concentrandosi esclusivamente sulla presunta “percezione della comunità ebraica,” un concetto che in sé è segnato da uno stereotipo razzista. Un’eccezione molto rara rispetto a questo comportamento vergognoso è l’eccellente intervista recente del notiziario della BBC del 23 luglio 2018 da parte di Norma Smith a Naomi Wimborne-Idrissi, in cui a quest’ultima viene rispettosamente concesso di presentare il suo caso senza interruzioni prepotenti o faziose da parte dell’intervistatore.

L’autore ringrazia Richard Kuper e Murray Glickman per la loro significativa collaborazione e consulenza nella preparazione di questo articolo.

(traduzione dall’inglese di Amedeo Rossi)




Metodi fascisti: come i detrattori di Jeremy Corbyn stanno tramando per toglierlo di mezzo

David Hearst

Martedì 14 agosto 2018,Middle East Eye

Agli oppositori del leader del partito Laburista non importa niente dell’antisemitismo. Faranno solo di tutto per eliminare Corbyn

Ogni volta che ti connetti, ti chiedi quanto sarà ancora più sporca la campagna per spodestare Jeremy Corbyn come leader del partito Laburista, quanto più in basso i suoi nemici stanno per sprofondare. E ogni giorno essi si superano nella corsa verso la fogna della politica britannica.

La scorsa settimana tre giornali ebrei britannici, che di solito si scontrano tra loro, hanno unito le forze per postare un editoriale unitario in cui si dichiara che un governo diretto da Corbyn rappresenterebbe una “minaccia esiziale” per gli ebrei britannici.

Il vero scopo della campagna

Sabato il “Daily Mail” [secondo quotidiano più venduto in GB, di tendenza conservatrice, ndtr.] ha affermato che Corbyn ha lasciato una corona di fiori sulla tomba di due palestinesi che avrebbero organizzato il massacro alle Olimpiadi di Monaco. Oggi il giornale popolare “The Sun” [giornale più venduto in GB, di tendenza molto conservatrice, ndtr.] ha pubblicato due articoli nella stessa edizione. Uno era una lettera di un lettore in cui si dichiarava che Boris Johnson [importante politico conservatore, ndtr.] ha “colto nel segno” quando ha detto che le donne che portano il burqa sembrano cassette delle lettere o rapinatori di banche: “A Boris dovrebbe essere consentito di parlare sinceramente, non ha niente di cui scusarsi.”

Immaginate solo quello che sarebbe successo se Corbyn avesse preso in giro la kippah [copricapo degli ebrei osservanti, ndtr.], apertamente e spudoratamente, su un giornale nazionale.

L’altro era un editoriale in cui si affermava che Corbyn non è adeguato ad essere il leader del partito Laburista e “non gli si può consentire di avvicinarsi al governo.” Almeno –finalmente – siamo arrivati allo scopo di questa campagna. È chiaro ora che non ha niente a che vedere con la reale e verificabile situazione dell’antisemitismo nel partito Laburista, o al fatto che Corbyn si sia ritrovato nei cimiteri di Tunisi nel 2014 per i rifugiati palestinesi.

È evidente che l’obiettivo è togliere di mezzo il capo dell’opposizione utilizzando metodi fascisti – diffamazione, calunnia, intimidazione.

Incapaci di presentare un candidato in grado di sconfiggerlo con metodi democratici, nelle urne, incapaci di attaccarlo per le sue politiche, che riscuotono un sostegno maggioritario nel Paese, i detrattori di Corbyn si sono metodicamente e costantemente concentrati sul compito di diffamarlo.

E, ovviamente, funziona.

Dare da mangiare ai coccodrilli

Corbyn sta affrontando la più grande minaccia alla sua leadership dal “golpe” organizzato dai parlamentari del suo partito. È anche sempre più isolato tra i suoi stessi sostenitori. John McDonnell, l’alleato più vicino a Corbyn, che evita la politica estera,[in quanto] pensa che non sia un argomento di lotta del partito Laburista. Emily Thornberry, il suo ministro ombra degli Esteri [il partito laburista, all’opposizione, ha un governo ombra, ndtr.], non ha detto una parola.

Ed Milliband, l’ex leader del partito Laburista sotto la cui direzione l’antisemitismo è stato storicamente maggiore che durante la segreteria di Corbyn, gli ha fornito uno scarso appoggio. I dirigenti del sindacato si sono tenuti lontano. I gruppi musulmani non ne vogliono sapere. Corbyn è solo.

E il risultato è che Corbyn sente di essere lasciato senza alternative se non cedere, chiedere scusa, accettare uno dopo l’altro i controversi “esempi pratici” della definizione di antisemitismo dell’”International Holocaust Remembrance Alliance” [Alleanza Internazionale per il Ricordo dell’Olocausto] (IHRA) in una lenta e penosa ritirata.

È un disastroso errore di valutazione. Le “scuse” di Corbyn per misfatti di cui è innocente, non fanno che alimentare il coccodrillo. Come dicono i georgiani: “Una volta che hai esaurito le galline da gettare al coccodrillo, si prenderà il tuo braccio.” Che Corbyn sopravviva a questo attacco o no, chiunque partecipi, consapevolmente o meno, a questa campagna deve essere conscio di quello che vuole.

Qualunque cosa accada a Corbyn, ci sono tre vittime di questa sporca faccenda.

Le vittime

La prima è la verità. Praticamente ogni volta che prendi in considerazione una specifica accusa e la esamini, la prova si sgretola come sabbia nelle mani. Prendiamo l’ultima: che Corbyn ha lasciato una corona di fiori sulle tombe di due terroristi palestinesi. Risulta che non ha lasciato una corona di fiori su quella tomba, che era a 13 metri di distanza, ma era presente quando ne è stata lasciata una. La corona era per tutti quelli che si trovavano nel cimitero: palestinesi morti sotto un bombardamento, quelli assassinati e quelli che sono semplicemente morti in esilio. Quindi Corbyn ha onorato i morti palestinesi 22 anni dopo Oslo.

E comunque, chi erano questi due terroristi? Entrambi erano uomini dell’OLP, la fazione palestinese che ha negoziato ad Oslo ed ha riconosciuto Israele. Uno era Salah Khalaf, che si è incontrato con l’ambasciatore USA a Tunisi come parte del dialogo con l’OLP autorizzato dal segretario di Stato USA James Baker. Ciò rende Baker colpevole dello stesso crimine appena commesso da Corbyn?

Khalaf era stato individuato dagli americani come una persona pragmatica che stava spostando la politica dell’OLP. Il secondo era Atef Bseiso, il funzionario di collegamento dell’OLP con la CIA. Israele lo ha accusato di coinvolgimento nel massacro di Monaco, benché quanti degli assassinati [dai servizi segreti israeliani, ndtr.] fossero direttamente legati a Monaco sia un argomento di discussione storica. I servizi segreti francesi ricondussero il suo [di Bseiso, ndtr.] assassinio a Parigi ad Abu Nidal [gruppo palestinese dissidente rispetto alla politica dell’OLP, ndtr.], e l’OLP accusò il Mossad [il servizio segreto israeliano, ndtr.]. Stiamo dicendo che due uomini dell’OLP che hanno creato dei canali paralleli che avrebbero portato alla conferenza di Madrid, e quindi a Oslo, non dovrebbero essere onorati?

Khalaf, noto anche come Abu Iyad, era il capo dell’intelligence dell’OLP e braccio destro di Arafat. Jack Straw [ex-parlamentare ed ex-ministro laburista, ndtr.] ha lasciato una corona di fiori sulla tomba di Arafat. Ora Straw dovrebbe essere denunciato per averlo fatto? Bseiso e Khalaf furono acclamati dai giorni del Settembre Nero all’inizio degli anni ’70.

E quanto indietro vogliamo andare nella storia? Israele ha avuto due primi ministri che erano ex terroristi per gli attentati che contribuirono a organizzare nel 1944.

Menachim Begin era il capo dell’Irgun, un gruppo paramilitare clandestino sionista il cui scopo era di obbligare gli inglesi a lasciare la Palestina. L’Irgun mise in atto una serie di attentati nel 1944 contro obiettivi britannici, l’ufficio immigrazione, gli uffici delle imposte, una serie di commissariati di polizia. Il suo volto compare su un manifesto con la scritta “ricercato” emanato dalla forza di polizia palestinese [del Mandato britannico, ndtr.].

Yitzak Shamir era un membro del Lehi, o della famosa Banda Stern, che assassinò lord Moyne, il governatore inglese in Medio Oriente. In Israele sia Begin che Shamir sono celebrati come combattenti della libertà.

Maccartismo al lavoro

La seconda vittima di questa campagna sono i palestinesi. Lo scopo è quello di intimorire tutti i politici, che siano conservatori, laburisti, liberal democratici o dell’SNP [il partito nazionalista scozzese, ndtr.] dall’avere qualunque contatto con organizzazioni palestinesi, che potrebbe essere usato per screditarli in futuro. Ognuno ora è messo in guardia per qualunque testimonianza esista di contatti e conferenze che abbiano avuto luogo molto tempo fa. La definizione di antisemitismo dell’IHRA, che non è giuridicamente vincolante, sarà usata come arma retroattiva.

Se ciò assomiglia ai metodi che il senatore USA Joseph McCarthy utilizzava all’inizio degli anni ’50 contro i sospetti comunisti – “rossi sotto il letto” – al culmine della guerra fredda, è perché è così. D’ora innanzi ogni passato contatto, ogni evento, ogni palco condiviso con gruppi, sostenitori, attivisti a favore dei palestinesi e ogni foto che salti fuori dai meandri dei server psicologici di Israele potrebbe essere usato per distruggere la reputazione di politici britannici con altrettanta efficacia che con Corbyn. Che egli sopravviva o meno, la reputazione internazionale di Corbyn è stata intaccata. Se tu fossi un candidato democratico negli USA, ora ti incontreresti con lui?

È la politica di tutti i partiti britannici sostenere –l’ormai moribonda – soluzione dei due Stati. Ogni partito politico appoggia la formazione di uno Stato palestinese indipendente e sostenibile. Proprio per questa ragione questa campagna paralizza nei fatti ogni comunicazione tra attivisti palestinesi, di qualunque tendenza, e politici britannici.

Sto dedicando questo punto in particolare ai nemici di Corbyn alla destra del partito e ai parlamentari del partito. Volete seriamente che gli stessi metodi che avete utilizzato, o di cui siete stati complici, contro Corbyn, vengano utilizzati contro di voi? Pensate davvero che il risultato finale sia la vittoria della democrazia britannica?

Se qualcuno pensa che, tolto di mezzo Corbyn, questa campagna finirà lì, si sbaglia.

La lotta di tutti

La terza vittima di questa campagna è chiunque, palestinese o israeliano, musulmano, cristiano o ebreo, sia identificato e preso di mira da Israele in quanto oppositore.

Si ricordi quello che è successo al giornalista ebreo americano Peter Beinart all’aeroporto Ben Gurion. Beinart, che ha pubblicamente manifestato il proprio appoggio al boicottaggio di prodotti delle colonie nella Cisgiordania occupata, è stato interrogato per un’ora sui suoi articoli di politica e sulle sue attività.

L’incontro è finito quando chi mi interrogava mi ha chiesto, chiaro e tondo, se stavo pensando di partecipare ad un’altra protesta,” ha scritto Beinart. “Ho risposto sinceramente: No. Con ciò sono stato rimandato alla sala d’attesa.” Il primo ministro israeliano Benyamin Netanyahu ha fatto immediatamente marcia indietro ed ha sostenuto che l’interrogatorio di Beinart è stato un “errore amministrativo”.

Per gli ebrei americani e quelli britannici, questo è un vero campanello d’allarme. Questo è il cammino lungo cui Israele è guidato, e lungo cui Israele sta trascinando anche la diaspora ebraica. Schieratevi ora e resistete prima che sia troppo tardi. La lotta di Corbyn per la sua stessa integrità, reputazione e onestà è la lotta di tutti.

Se non lo fate, se ve ne tenete fuori, se state zitti, se sogghignate scientemente e non fate niente, potreste essere i prossimi.

– David Hearst è caporedattore di Middle East Eye. È stato caporedattore degli esteri di “The Guardian” [giornale inglese di centro sinistra, ndtr.], ex editorialista associato degli esteri, per l’Europa, capo della redazione a Mosca, corrispondente dall’Europa e dall’Irlanda. È arrivato a “The Guardian” dallo “Scotsman”, dov’era corrispondente per l’educazione.

Le opinioni esposte in questo articolo sono dell’autore e non riflettono necessariamente la politica editoriale di Middle East Eye.

(traduzione di Amedeo Rossi)