Israele distrugge l’80% delle capacità militari della Siria

Redazione di MEMO

11 dicembre 2024 – Middle East Monitor

Martedì l’esercito israeliano ha detto ai giornalisti che ha completato la parte principale della sua campagna militare aggressiva contro la Siria dopo la caduta del regime di Bashar Al-Assad, avendo come obbiettivo le capacità militari dello Stato siriano. L’esercito di occupazione ha dichiarato di aver distrutto tra il 70% e l’80% di queste capacità.

La campagna in Siria è chiamata dal regime di occupazione Operazione Freccia Basan. Questo è un riferimento ad un regno biblico che è stato parte della terra di Canaan e si ritiene sia stato situato nel sud della Siria e nella parte orientale della Giordania. La parola “Basan” in ebraico significa “terra piatta o spianata”.

L’area è stata chiamata così dal Monte Basan, conosciuto oggi come Jabal Al-Arab o Jabal Al-Druze, nella Siria meridionale. È dove i veicoli israeliani si sono infiltrati ed hanno occupato la zona cuscinetto demilitarizzata in base all’accordo di disimpegno con la Siria del 1974.

Secondo l’esercito di occupazione israeliano nei giorni scorsi esso ha attaccato più di 320 obiettivi in Siria, con 350 caccia che hanno effettuato 359 missioni contro “capacità militari strategiche.” Sostiene che ciò ha l’obiettivo di “prevenire l’accesso ad armi strategiche da parte di soggetti ostili.”

Sabato scorso il capo di stato Herzl Halevi ha approvato i piani operativi durante la sua visita alle alture del Golan siriane occupate. Nella stessa notte l’aeronautica militare israeliana ha cominciato a lanciare incursioni aventi come obiettivi varie parti della Siria, da Damasco a Tartus. Gli obiettivi distrutti includono decine di aerei ed elicotteri da combattimento, in aggiunta a sistemi radar, batterie di missili antiaerei, navi, sistemi di missili terra-terra, razzi, siluri e siti di produzione di armi.

Gli attacchi israeliani hanno anche avuto come obiettivi depositi di armi e munizioni in Siria, missili Scud, missili da crociera guidati, missili balistici navali, magazzini di droni ed altre capacità militari dello Stato siriano.

L’esercito di occupazione ha rivelato che l’operazione sul terreno sta continuando, mentre le forze di terra sono nelle zone cuscinetto per assicurarsi il controllo dell’area, distruggere le armi e smantellare l’infrastruttura militare siriana nella zona, con il pretesto che non raggiungano soggetti indesiderati.

(traduzione dall’inglese di Gianluca Ramunno)




Wael Dahdouh di Al Jazeera vince il premio Coraggio di Reporter Senza Frontiere per il suo lavoro a Gaza

Redazione di MEMO

4 dicembre 2024 – Middle East Monitor

Ieri sera in una cerimonia a Washington il direttore della sede di Gaza di Al Jazeera Wael Dahdouh è stato nominato vincitore per il 2024 del premio Coraggio di Reporter Senza Frontiere.

In un messaggio registrato Dahdouh ha affermato che “abbiamo fatto un enorme sacrificio e pagato un prezzo elevato: estrema stanchezza, notti insonni, sangue, sudore, paura, terrore, perdita, sfollamento, per assicurare che tutte le notizie, le immagini e l’informazione proveniente da Gaza durante questa guerra potesse arrivare al resto del mondo.”

In una dichiarazione Medici Senza Frontiere ha affermato che Dahdouh ha vinto il premio Coraggio perché “non ha mai smesso di informare, nonostante le ferite e la morte di suoi familiari a Gaza.” Egli “racchiude in sé resilienza e lotta per una informazione affidabile,” ha aggiunto.

Ogni anno i premi per la libertà di stampa di Reporter Senza Frontiere onorano il lavoro dei giornalisti e degli organi di stampa che hanno dato significativi contributi alla difesa e alla promozione della liberà di stampa in tutto il mondo.

La giuria della trentaduesima edizione comprendeva importanti giornalisti, sostenitori della libertà di espressione e fotogiornalisti da tutto il mondo ed è stata presieduta dal presidente di Reporter Senza Frontiere, il giornalista francese Pierre Haski.

(traduzione dall’inglese di Gianluca Ramunno)




L’UNRWA avverte che la crisi umanitaria a Gaza si sta aggravando a causa del maltempo invernale

  1. Redazione di MEMO

26 novembre 2024 – Middle East Monitor

L’agenzia di stampa Anadolu ha riferito che lunedì l’UN Relief and Works Agency for Palestine Refugees [Agenzia ONU Assistenza e Lavoro per i Rifugiati Palestinesi] (UNRWA) ha avvisato che l’arrivo dell’inverno sta aggravando la crisi umanitaria nella Striscia di Gaza. La funzionaria dell’ufficio stampa dell’agenzia ONU Enas Hamdan ha riferito ad Anadolu che le famiglie sfollate stanno affrontando “condizioni disastrose” in seguito a forti piogge, forti venti e grandi ondate sulla costa, oltre alla continua “grave riduzione” degli aiuti umanitari.

Hamdan ha osservato che molte tende che ospitano le famiglie di sfollati sono state danneggiate dalle condizioni atmosferiche, lasciando gli abitanti senza adeguato riparo. “Stiamo parlando di una situazione umanitaria catastrofica con riduzioni critiche di forniture invernali essenziali,” ha aggiunto.

I beni di prima necessità come la farina e le scorte alimentari sono quasi esaurite, ha affermato la funzionaria UNRWA, mentre c’è una grave carenza di teli di plastica rinforzata e nylon usati per creare tende di fortuna per famiglie sfollate.

L’UNRWA ha distribuito circa 13.000 pacchi di beni essenziali invernali nella parte meridionale e centrale di Gaza, ma queste forniture coprono solo una piccola parte delle necessità. Infatti la crisi si estende oltre la disponibilità di un rifugio e colpisce anche la sanità.

Hamdan ha indicato una significativa riduzione di forniture mediche e di medicine essenziali, aggravata da sovraffollamento e condizioni di vita inadeguate. Ha inoltre avvertito che circa 1,8 milioni di persone sfollate sono a rischio di malattie accresciuto da carenza di igiene e insufficiente assistenza sanitaria.

Descrivendo la situazione umanitaria a Gaza come “estremamente dura”, la funzionaria ha evidenziato il bisogno urgente di azioni internazionali per affrontare i bisogni degli abitanti ed alleviare le loro sofferenze. Una crescente pressione sulle parti responsabili è necessaria per permettere un maggior flusso di aiuti umanitari dentro Gaza, ha affermato Hamdan, osservando che le attuali consegne di aiuti – limitate a circa 30 camion al giorno – sono insufficienti, dato l’enorme bisogno: “Questi aiuti in entrata sono solamente una goccia nell’oceano in confronto ai disperati bisogni dei palestinesi a causa di una opprimente crisi umanitaria.”

Le sfide per gli abitanti sfollati di Gaza – stimati in circa due milioni – sono aggravate dalle operazioni militari israeliane in corso e da un devastante maltempo invernale. Le municipalità locali a Gaza hanno emesso ripetuti avvisi riguardo a una situazione umanitaria in peggioramento, ma i continui attacchi aerei israeliani, un implacabile assedio e la mancanza di risorse hanno lasciato la crisi per la maggior parte irrisolta.

In precedenza lunedì l’ufficio stampa del governo di Gaza ha affermato che approssimativamente 10.000 tende che ospitano abitanti sfollati sono state distrutte o portate via delle onde negli ultimi due giorni a causa delle avverse condizioni metereologiche.

(traduzione dall’inglese di Gianluca Ramunno)




Un ufficiale delle IDF scappa da Cipro temendo un arresto con accuse di crimini di guerra

Redazione di MEMO

20 novembre 2024 – Middle East Monitor

Un ufficiale riservista delle Israel Defence Forces (IDF) [l’esercito israeliano, ndt.] è fuggito da Cipro per evitare di essere “perseguito legalmente” con accuse di crimini di guerra. Secondo il quotidiano Israel Hayom Elisha Livman era in vacanza a Cipro con sua moglie, ma ha lasciato l’isola dopo che la fondazione belga Hind Rajab ha pubblicato dei video di lui che combatteva nella Striscia di Gaza. In uno dei video dice: “Noi non ci fermeremo fino a quando non avremo bruciato tutta Gaza.”

Livman ha ricevuto una chiamata urgente dal ministro israeliano degli Esteri, che si è incontrato con il ministro della Giustizia, e ha deciso che l’ufficiale doveva lasciare Cipro immediatamente prima di venire accusato di commettere crimini di guerra e genocidio.

Il sito web della fondazione Hind Rajab spiega che l’organizzazione ha sporto una denuncia formale alle autorità cipriote nella quale la fondazione “fornisce ampie prove contro Livman, inclusi dei video che lo mostrano incendiare una casa ed una proprietà civili a Gaza.” La fondazione ha anche fatto riferimento ai post sui social media dell’ufficiale israeliano durante la sua visita a Cipro, nei quali ha incitato alla violenza contro un ristorante libanese.

La fondazione ha anche sporto denuncia contro 1.000 soldati israeliani presso la Corte Internazionale di Giustizia [organismo dell’ONU, ndt.] con accuse di genocidio nella Striscia di Gaza, oltre a crimini di guerra e contro l’umanità.

Il giornale israeliano Yedioth Ahronoth ha sottolineato che Livman ha condiviso il fatto che lui e sua moglie stavano viaggiando a Cipro per vacanza. “Questo annuncio è diventato il presupposto in base al quale le organizzazioni solidali con i palestinesi, incluso il gruppo belga 30 Marzo, hanno chiesto un mandato d’arresto. Il gruppo segue i soldati israeliani con l’intento di perseguirli in Europa per presunti crimini di guerra.

(traduzione dall’inglese di Gianluca Ramunno)




Un reparto armato guidato da Hamas prende di mira le bande che saccheggiano i convogli di aiuti a Gaza

Redazione di MEMO

19 novembre 2024-Middle East Monitor

Dopo un forte aumento dei saccheggi delle scarse forniture, Reuters riporta che Combattenti di Hamas e di altre fazioni di Gaza hanno formato un reparto armato per impedire alle bande di saccheggiare i convogli di aiuti nel territorio assediato, come hanno affermato residenti e fonti vicine al gruppo.

Da quando è stato formato questo mese, in mezzo alla crescente rabbia pubblica per i sequestri di aiuti e l’aumento dei prezzi, il nuovo reparto ha organizzato ripetute operazioni tendendo imboscate ai saccheggiatori e uccidendone alcuni in scontri armati, hanno affermato le fonti.

Gli sforzi di Hamas per assumere un ruolo guida nell’assicurare le forniture di aiuti indicano le difficoltà che Israele affronterà in una Gaza postbellica viste le poche alternative fattibili a un’organizzazione che sta cercando di distruggere da oltre un anno e che afferma non potrà avere alcun ruolo di governo.

Israele accusa Hamas di dirottare gli aiuti. L’organizzazione lo nega e accusa Israele di cercare di fomentare l’anarchia a Gaza prendendo di mira la polizia che sorveglia i convogli di aiuti.

Un portavoce dell’esercito israeliano non ha risposto immediatamente alla richiesta di commento di Reuters sulle unità di Hamas che combattono i saccheggiatori. Nel caos della guerra le bande armate hanno intensificato e razzie dei convogli di rifornimenti dirottando camion e vendendo le scorte saccheggiate nei mercati di Gaza a prezzi esorbitanti.

Oltre a scatenare la rabbia nei confronti dell’esercito israeliano la penuria ha anche suscitato domande su Hamas per la sua apparente incapacità di fermare le bande. “Siamo tutti contro i banditi e i saccheggiatori, per poter vivere e mangiare […] ora sei obbligato a comprare da un ladro” ha affermato Diyaa Al-Nasara, parlando durante un funerale di un combattente di Hamas ucciso negli scontri con i saccheggiatori.

Il nuovo reparto anti-saccheggio, formato da combattenti ben equipaggiati di Hamas e gruppi alleati, è stato chiamato “Comitati popolari e rivoluzionari” ed è pronto ad aprire il fuoco sui dirottatori che non si arrendono, ha affermato una delle fonti, un funzionario del governo di Hamas. Il funzionario, che ha rifiutato di essere nominato perché Hamas non lo avrebbe autorizzato a parlarne, ha affermato che il gruppo ha operato nella parte centrale e meridionale di Gaza e ha svolto finora almeno 15 missioni durante le quali ha ucciso alcuni banditi armati.

Fame dilagante

A tredici mesi dall’inizio della devastante campagna militare di Israele a Gaza, lanciata in risposta ai mortali attacchi di Hamas del 7 ottobre 2023, gravi carenze di cibo, medicine e altri beni stanno causando fame e sofferenza dilaganti tra i civili.

Israele ha sospeso le importazioni di beni commerciali il mese scorso e da allora sono entrati a Gaza solo camion di aiuti trasportando una frazione di ciò che le organizzazioni umanitarie affermano sia necessario per un territorio in cui la maggior parte delle persone ha perso la casa e ha pochi soldi.

“Sta diventando sempre più difficile far arrivare gli aiuti”, ha affermato la portavoce dell’OMS, Margaret Harris, dopo una serie di saccheggi nel fine settimana. Prima della guerra, un sacco di farina veniva venduto a 10 o 15 dollari e un chilo di latte in polvere a 30 shekel (8 dollari). Ora la farina costa 100 $ e il latte in polvere 300 shekel (80 dollari), affermano i commercianti.

Alcune persone a Gaza dicono di volere che Hamas prenda di mira i saccheggiatori.

“C’è una campagna contro i ladri, lo vediamo. Se la campagna continua e gli aiuti fluiscono i prezzi scenderanno perché gli aiuti rubati appaiono sui mercati a prezzi elevati”, ha detto Shaban, un ingegnere sfollato di Gaza City, che ora vive a Deir Al-Balah nella Striscia di Gaza centrale.

Dopo che quasi 100 camion sono stati saccheggiati la scorsa settimana Hamas ha attaccato un gruppo armato che si stava radunando vicino a un valico dove di solito entrano i camion degli aiuti, ha aperto il fuoco anche con armi pesanti uccidendo almeno 20 membri di questo gruppo, secondo i residenti e la televisione di Hamas Aqsa.

I testimoni hanno descritto un altro scontro a fuoco sabato quando i combattenti di Hamas a bordo di due auto hanno inseguito uomini sospettati di saccheggio che erano su un altro veicolo con conseguente morte dei sospettati.

Il funzionario di Hamas ha detto che il reparto antisaccheggio ha dimostrato che continua ad essere in funzione il governo di Hamas a Gaza. “Hamas come movimento esiste, che piaccia o no. Hamas come governo esiste, anche se non è più forte come una volta, ma esiste e il suo personale cerca di aiutare la gente ovunque nelle aree di sfollamento”, ha affermato.

(traduzione dall’Inglese di Giuseppe Ponsetti)




ONU: l’85% delle richieste di aiuti umanitari nel nord di Gaza bloccati o ritardati da Israele

  1. Redazione di MEMO

12 novembre 2024 – Middle East Monitor

Le Nazioni Unite hanno riferito che lo scorso mese l’85% delle sue richieste di concordare l’invio di convogli di aiuti ed ingressi umanitari nel nord di Gaza sono stati o bloccati o ritardati dalle autorità israeliane.

Secondo un portavoce dell’ONU, Stephane Dujarric, l’UN Office for the Coordination of Humanitarian Affairs [ufficio ONU per il coordinamento degli affari umanitari (OCHA) ha inoltrato 98 richieste di accesso per il passaggio attraverso un posto di controllo nella Gaza Valley, ma solo 15 sono state approvate.

Egli ha annunciato che “negli ultimi tre giorni équipe dell’OCHA, di agenzie ONU che si occupano di diritti umani e di altre organizzazioni umanitarie hanno visitato nove luoghi a Gaza City per valutare i bisogni di centinaia di famiglie sfollate, molte delle quali stanno tornando nel nord di Gaza.”

Dujarric ha espresso serie preoccupazioni per i palestinesi ancora nel nord di Gaza a causa del blocco ancora in corso, sollecitando Israele a permettere operazioni umanitarie essenziali.

Inoltre, secondo un portavoce ONU un nuovo rapporto redatto da OCHA rivela inoltre che a ottobre organizzazioni umanitarie hanno presentato 50 richieste per entrare a Gaza nord, delle quali 33 sono state rigettate e 8 sono state accolte ma hanno subito ritardi che hanno inciso negativamente sulle loro missioni.

Il rapporto è stato pubblicato nel mezzo di una crescente crisi umanitaria, dato che la parte settentrionale di Gaza presenta gravi condizioni di carestia dopo 50 giorni durante i quali non è stato permesso l’ingresso di aiuti o approvvigionamenti. Le agenzie ONU avvertono che le centinaia di migliaia di abitanti dell’area stanno sperimentando estrema violenza, inclusi trasferimento forzato e carenze di cibo e risorse potenzialmente mortali.

Decine di migliaia di palestinesi, incluse decine di pazienti in tre ospedali nel nord della Striscia di Gaza, sono “in immediato pericolo di morte per fame o di conseguenze di lungo periodo sulla salute” ha avvertito domenica l’Euro-Med Human Rights Monitor.

Il Monitor ha aggiunto che “l’uso della denutrizione come arma di guerra da parte di Israele è parte del genocidio in corso nella Striscia, che include anche uccisioni di massa e trasferimenti forzati.”

Dall’attacco di Hamas dello scorso anno Israele ha continuato una devastante offensiva contro Gaza, nonostante una risoluzione del Consiglio di Sicurezza ONU che chiede un immediato cessate il fuoco.

Da allora sono state uccise più di 43.600 persone, per la maggior parte donne e minori, e altre circa 103.000 ferite, secondo fonti della sanità locale.

Israele deve inoltre affrontare una accusa di genocidio presso la Corte Internazionale di Giustizia per le sue azioni contro Gaza.

(traduzione dall’inglese di Gianluca Ramunno)




A causa del boicottaggio per il supporto ad Israele, Carrefour chiude i negozi in Giordania

Redazione di MEMO

5 novembre 2024 – Middle East Monitor

L’agenzia di notizie Anadolu ha riferito che ieri la catena multinazionale francese Carrefour ha affermato che chiuderà tutti i suoi negozi in Giordania, un passo riconducibile ad un boicottaggio in corso dei marchi che supportano Israele.

A partire dal 4 novembre 2024, Carrefour cesserà tutte le operazioni in Giordania e sospenderà le sue attività nel regno” ha scritto Carrefour in una dichiarazione su Facebook.

La società ha espresso gratitudine ai suoi clienti, aggiungendo: “Noi ringraziamo i nostri clienti per il loro supporto e ci scusiamo per qualsiasi inconveniente questa decisione possa causare.”

Dal 7 ottobre 2023 i principali marchi internazionali hanno subito boicottaggi internazionali come risultato dello sdegno popolare per il loro supporto diretto o indiretto ad Israele mentre bombarda Gaza.

Lo scorso mese la catena di fast food McDonald’s ha riferito di un crollo nelle vendite per il secondo trimestre consecutivo. La filiale israeliana di McDonald’s ha distribuito gratuitamente cibo ai membri delle forze di occupazione israeliane e continua a fornire alle persone attive in servizio pasti gratuiti o scontati con l’obiettivo di supportare i loro bombardamenti contro Gaza.

(traduzione dall’inglese di Gianluca Ramunno)




Un parlamentare europeo dichiara che Israele ha usato i gas lacrimogeni contro la delegazione internazionale

Redazione di MEMO

30 ottobre 2024 – Middle East Monitor

L’ex sindaca di Barcellona Ada Colau ha fatto parte di una delegazione internazionale per testimoniare le violazioni dei diritti degli olivicoltori palestinesi nella Cisgiordania occupata. Ha definito le azioni dell’esercito israeliano di occupazione “il più violento processo di colonizzazione” ed ha affermato che l’inazione dell’Unione Europea e della comunità internazionale è “intollerabile”. Colau – che è stata sindaca di Barcellona tra il 2015 e 2023 e la promotrice della decisione della municipalità di sospendere le relazioni con Israele – è arrivata in Palestina solo due giorni dopo aver effettuato il suo discorso finale al consiglio comunale di Barcellona indossando una kefiah.

Secondo Sama [agenzia di stampa araba, ndt] Jaume Asens, membro del parlamento europeo, ha riferito che le forze di occupazione israeliane hanno usato gas lacrimogeni contro una delegazione internazionale sui diritti umani vicino a Nablus, nella Cisgiordania occupata.

L’ex-sindaca di Barcellona Ada Colau, che ha fatto parte della delegazione insieme ad Asens, ha dettagliato l’incidente in un video condiviso sui social media. Lei ha affermato che l’esercito ha preso di mira la delegazione mentre era accompagnata da un gruppo di palestinesi che stavano raccogliendo le olive.

Secondo il giornale spagnolo La Vanguardia Asens e Colau sono arrivati in Palestina lunedì come parte di un gruppo internazionale per “investigare le violazioni sistematiche del diritto internazionale da parte di Israele.”

Recentemente Israele ha intensificato gli sforzi contro le organizzazioni per i diritti umani, in particolare l’United Nations Relief and Works Agency for Palestine Refugees [Agenzia ONU per l’Assistenza ed il Lavoro per i Rifugiati Palestinesi] (UNRWA). Precedentemente il governo israeliano aveva approvato una legge che vieta i contatti con l’UNRWA, vietando di fatto ai ministri degli Esteri e degli Interni israeliani l’emissione di visti al suo staff, e l’ha dichiarata una “organizzazione terroristica.”

(traduzione dall’inglese di Gianluca Ramunno)




Un messaggio per gli ebrei che conosco e per gli ebrei che dovrebbero conoscere la verità

Salman Abu Sitta

29 ottobre 2024 – Middle East Monitor

È ora che veniate allo scoperto e prendiate posizione.

Al momento, in Occidente e in Israele, ci sono molti gruppi di ebrei che affermano di stare dalla parte della giustizia per i palestinesi in Palestina. Oscillano tra proporre un regime sionista, camuffato in panni pacifisti, a una prudente ma non significativa liberazione della Palestina.

Io vi dico: non potete continuare con questa altalena. Smettete di oscillare fra due estremi. Prendete posizione, proclamate la vostra lealtà a una tribù o a tutta l’umanità.

Non esistono una apartheid a metà, un’occupazione umana (come hanno sostenuto le macchine della propaganda), un compromesso tra l’assassino e la vittima, non esistono uccisioni o distruzioni giustificate.

Non nascondetevi dietro a slogan come “uguaglianza” o, in arabo, “musawa”, uno Stato Unico Democratico. Sono bustine che contengono una ricetta per un veleno.

L’occupante e l’assassino non hanno il diritto all’“autodifesa”. L’autodifesa non è un diritto di coloro che arrivano da oltreoceano per ammazzare e saccheggiare. L’autodifesa è il diritto del popolo di un Paese di difendersi contro gli invasori stranieri.

Non siete esseri umani giusti quando dite: ammazzate i bambini, ma non troppo, affamate la gente, ma tenete in vita qualcuno, metteteli in gabbia, ma con un guinzaglio lungo, distruggete gli ospedali, ma dategli cerotti.

Non potete mercanteggiare su quanta della loro terra rubata impossessarvi, metà o un po’ di più. Non predicate l’adesione alla “soluzione dei due Stati”. State semplicemente negoziando su quanta carne taglierete via dal corpo della Palestina.

Non accusate “le due parti”. State nascondendo il killer dietro la sua vittima.

Non potete offrire alla popolazione imprigionata una falsa libertà di parlare o respirare in base a quanto imposto dal carceriere e aspettarvi di essere applauditi.

Se siete un israeliano non potete vivere in Israele su una terra i cui proprietari vivono in un campo profughi.

Se siete un israeliano abbiate la decenza di non impiegare un lavoratore della Cisgiordania per coltivare per voi quello stesso campo che avete sottratto alla sua famiglia espulsa. Restituitegli ciò che è suo. 

Se siete un israeliano a Sderot che vive sulla terra del villaggio di Nejd i cui abitanti sono rifugiati a Gaza, a tre chilometri di distanza, non lamentatevi se vi tirano i tubi della cucina. Vi stanno dicendo che sono ancora qui e che non lasceranno la loro terra. 

Se siete un askenazita arrivato sui nostri lidi su una nave di trafficanti per uccidere, distruggere e derubare siete un codardo. Dovreste combattere i vostri compatrioti che vi hanno perseguitato dove vivevate. Non dovreste fare vela per un altro Paese per uccidere un popolo di cui non sapevate nulla, che non vi ha fatto del male.

Siate come i palestinesi: combattete con tutta la vostra forza l’aggressore, l’occupante, l’assassino.

Se non siete un attivista per la causa della giustizia state proteggendo l’assassino.

Rammentate che d’ora in poi la storia degli ebrei non sarà più ricordata per il dogma cristiano degli assassini di Gesù Cristo né per le atrocità dei nazisti, ma per le persistenti, continue e barbariche atrocità contro i palestinesi che rappresentano un genocidio durato finora più di 27.700 giorni.

Questo è un pesante fardello che potete scaricarvi dalle spalle mettendovi incondizionatamente dalla parte dei palestinesi.

I vostri migliori pensieri, il vostro latente concetto di giustizia che oscilla da zero a cento ha solo aiutato l’assassino.

Se siete veramente esseri umani giusti venite allo scoperto: unitevi alla resistenza palestinese, combattete l’aggressore sul campo, fianco a fianco con i palestinesi.

Questo è l’unico modo per ripristinare la giustizia.

La prova del nove per testare la vostra umanità è chiara: l’adempimento completo e senza restrizioni del Diritto al Ritorno con retribuzione, compensazione e risanamento delle perdite e dei danni materiali e immateriali, individuali e collettivi.

Tutto il resto è fuffa.

Le opinioni espresse in questo articolo appartengono all’autore e non riflettono necessariamente la politica editoriale di Middle East Monitor.

(traduzione dall’inglese di Mirella Alessio)




In seguito all’invasione israeliana il tasso di povertà nei territori palestinesi è raddoppiato, riportando indietro lo sviluppo di Gaza ai livelli degli anni ‘50.

  1. Redazione di MEMO

22 ottobre 2024 – Middle East Monitor

Quest’anno il tasso di povertà in tutti i territori palestinesi occupati dovrebbe raggiungere quasi il 75% in seguito ai bombardamenti e all’invasione israeliane in corso nella Striscia di Gaza.

Secondo un nuovo rapporto del Programma di Sviluppo delle Nazioni Unite (UNDP), l’economia palestinese è attualmente scesa del 35% rispetto all’inizio dell’invasione israeliana un anno fa, cancellando oltre sette decenni di incremento e riportando i livelli di sviluppo a Gaza agli anni ‘50.

Alla fine del 2023 il tasso di povertà in tutti i territori palestinesi è stato del 38,8%, ma gli ulteriori 2,61 milioni di palestinesi che sono da allora caduti in povertà quest’anno hanno portato il totale a 4,1 milioni, rendendo il tasso quasi doppio, al 74,3%.

Achim Steiner, il direttore dell’UNDP, ha dichiarato che “l’immediata conseguenza della guerra, non solo in quanto a distruzione di infrastrutture fisiche, ma anche in termini di povertà, condizioni di vita e perdita dei mezzi di sostentamento è enorme.” Ha aggiunto che “il livello di distruzioni ha riportato indietro di anni, se non di decenni, lo Stato di Palestina in termini di percorso verso lo sviluppo.”

Steiner ha riconosciuto che, anche se i bombardamenti si fermassero e d’ora in poi gli aiuti umanitari fossero forniti ogni anno, ci vorrebbe almeno oltre un decennio prima che l’economia possa ritornare ai livelli di prima dell’invasione israeliana. “Proiezioni in questa nuova analisi confermano che a fronte della sofferenza immediata e dell’orrenda perdita di vite, è in corso anche una seria crisi nello sviluppo, che mette a repentaglio il futuro dei palestinesi per le prossime generazioni,” ha affermato.

(traduzione dall’inglese di Gianluca Ramunno)