Gli abitanti dei kibbutz bloccano gli aiuti umanitari a Gaza.

Jonathan Ofir  

18 giugno 2024 – Mondoweiss

La complicità con il genocidio non è confinata alla destra israeliana. Membri dell’organizzazione progressista che lo scorso anno ha capeggiato le proteste contro Netanyahu ora bloccano gli aiuti umanitari a Gaza

Nel corso degli ultimi mesi i principali mezzi di informazione hanno parlato del problema degli israeliani che bloccano gli aiuti umanitari a Gaza. A marzo Clarissa Ward della CNN ha raccontato degli attivisti israeliani di estrema destra che cercano di bloccare con i propri corpi i valichi verso Gaza attraverso cui è stato trasportato l’aiuto umanitario. Ward ha respinto le affermazioni dei manifestanti secondo cui i sacchi di riso erano stati riempiti con proiettili, spiegando inutilmente che i gazawi stanno morendo di fame.

Venerdì l’amministrazione Biden ha emanato una sanzione selettiva contro la principale organizzazione che blocca gli aiuti, “Tzav 9”, che significa “Ordine 9”, un nome che allude all’ordine di mobilitazione dei riservisti dell’esercito israeliano.

Il portavoce del Dipartimento di Stato Matthew Miller ha affermato:

Per mesi singoli individui di Tzav 9 hanno ripetutamente cercato di impedire la consegna di aiuti umanitari a Gaza, compreso  il blocco di strade, a volte in modo violento, lungo il loro percorso dal Giordano a Gaza, anche in Cisgiordania… Non tollereremo azioni di sabotaggio e violenze che prendano di mira questa indispensabile assistenza umanitaria… Continueremo ad usare ogni mezzo a nostra disposizione per promuovere il fatto che vengano chiamati a risponderne quanti cercano o intraprendono tali atti odiosi e ci aspettiamo e sollecitiamo le autorità israeliane a fare altrettanto.

Ma l’idea implicitamente sostenuta qui che “Tzav 9” sia l’unico attore negativo da condannare è assolutamente fuorviante. Il blocco dell’aiuto umanitario è solo un contributo di questi attivisti, il principale responsabile dell’uso della fame come arma contro tutta la popolazione di Gaza è il governo israeliano. È un l’attore fondamentale di questo genocidio.

Nel suo reportage Clarissa Ward ha correttamente notato che un recente sondaggio dell’Israeli Democracy Institute [centro di ricerca progressista, ndt.] ha mostrato che il 68% – oltre due terzi – degli ebrei israeliani è contrario all’aiuto umanitario a Gaza. Il sondaggio in effetti ha evidenziato l’80% tra i votanti di destra (che costituiscono circa i 2/3 della popolazione). E non importa se Hamas e l’UNRWA sono esclusi dalla fornitura di aiuti, vi si oppongono comunque. In altre parole i manifestanti di “Tzav 9” sono solo la punta dell’iceberg.

Di fatto a questi attivisti di destra ora si è unito un altro gruppo significativo: gli abitanti di kibbutz che stanno anche loro bloccando con i propri corpi l’aiuto umanitario a Gaza.

In Israele la società dei kibbutz è tradizionalmente nota per il suo spirito socialista di sinistra. Ma da sempre è ed è stata funzionale all’occupazione colonialista israeliana e all’apartheid. Come ha detto recentemente il presidente del Movimento dei Kibbutz Nir Meir, “i coloni non si sbagliano. La destra ha ragione: questo è il modo per impossessarsi delle terre e la loro affermazione secondo cui in ogni posto che noi israeliani lasciamo al nostro posto verranno gli arabi è corretta. La destra ha anche ragione nel suo progetto: è con la colonizzazione e solo con essa che può essere imposta la sovranità.”

Domenica il quotidiano israeliano di centro Maariv ha informato che ora circolano video di membri di kibbutz che stanno anche loro bloccando l’aiuto umanitario. Il video mostra due uomini del kibbutz Sdeh Boker (proprio il kibbutz di Ben-Gurion) e attivisti di “Koah Kaplan” — la “Forza Kaplan”, l’organizzazione che protesta contro l’attuale governo. Prende il nome da via Kaplan a Tel-Aviv, dove si svolgono le principali manifestazioni [contro Netanyahu, ndt.]. Il video di Maariv, secondo cui sarebbe di febbraio, mostra il blocco di camion da parte di membri del kibbutz al valico di Kerem Shalom verso Gaza, e “Tsav 9” ha confermato che negli ultimi mesi “Forza Kaplan” ha fatto parte del tentativo di bloccarli.

Ecco quanto dicono nel video i due attivisti:

Sono Boaz Sapir del kibbutz Sdeh Boker, sono qui per trasmettere un chiaro messaggio… il messaggio è che non ci sono destra o sinistra, che tutti gli ostaggi ritornino, vivi.”

Sono Gilad Shavit, del kibbutz Sdeh Boker, insieme a Boaz… vengo a portare il messaggio che gli ostaggi sono di tutta la Nazione di Israele, tutta la Nazione di Israele vuole il ritorno degli ostaggi, ma per un po’ il governo lo ha dimenticato. Non è possibile, non forniremo nessuna assistenza (umanitaria) ad Hamas finché i rapiti non verranno restituiti, questo è il nostro messaggio.”

Quello stesso messaggio è stato pronunciato fin dall’inizio del genocidio dall’uomo che è stato recentemente eletto alla guida del partito Laburista israeliano, Yair Golan.

Golan è entrato nel partito laburista da sinistra, essendo stato membro del Meretz, che non è riuscito a superare la soglia di sbarramento nelle elezioni del novembre 2022. Il 13 ottobre Golan ha sostenuto addirittura che bisogna far morire di fame i gazawi:

Innanzitutto interrompere tutte le forniture di elettricità a Gaza. Penso che in questa battaglia sia vietato consentire un’operazione umanitaria. Dobbiamo dire loro: ascoltate, finché non saranno rilasciati (gli ostaggi) per quanto ci riguarda potete morire di fame. È assolutamente legittimo.”

Nel suo articolo Maariv pone l’ovvia domanda: “Il governo americano metterà in atto sanzioni contro gli attivisti della ‘Forza Kaplan’?”

Penso che sappiamo tutti la risposta. L’amministrazione Biden non sanzionerà un movimento che rappresenta la “democrazia” israeliana, dato che esso lotta apertamente contro il governo, a dimostrazione del fatto che in Israele esiste il pluralismo politico.

Biden vuole cavarsela con gesti simbolici come in marzo, quando ha sanzionato quattro coloni “che minacciano la pace, la sicurezza o la stabilità in Cisgiordania”. Il docente della Columbia University Rashid Khalidi ha sottolineato:

È un po’ come se ci fosse un furioso incendio e ci buttassero sopra un bicchier d’acqua e nello stesso tempo stessero fornendo benzina per alimentare le fiamme… Sanzionare qualche individuo che fa parte di una spinta alla colonizzazione sostenuta dal governo israeliano per 56 anni è in sé e per sé assurdo. O sanzioni chi lo ha guidato con molti miliardi di dollari, cioè il governo israeliano e le donazioni americane esentasse, o non fingere di opporti alle colonie.”

Gli USA dovrebbero impedire un genocidio, non giocare con le sanzioni contro questa o quella organizzazione. Israele nel suo complesso sta commettendo questo genocidio. Invece Biden sta solo andando dietro al frutto facile da cogliere degli attivisti di estrema destra, un atto simbolico, mentre continua la sua politica di incrollabile appoggio al genocidio israeliano.

Gli abitanti dei kibbutz, spesso additati dai democratici progressisti come il meglio della società israeliana, non sono diversi da “Tzav 9” quando si tratta di bloccare l’aiuto salvavita ai palestinesi di Gaza. E le loro parole e azioni rivelano solo quanto la società israeliana sia nel suo complesso genocidaria.

(traduzione dall’inglese di Amedeo Rossi)




Il massacro di Nuseirat: per i media razzisti coloniali occidentali i palestinesi massacrati non esistono

Linah Alsaafin

10 giugno 2024 – Middle East Eye

Biden e Netanyahu stanno precipitando verso il baratro, e gli effetti del prolungamento di questo genocidio si ritorceranno prima o poi contro i loro interessi.

I particolari delloperazione militare congiunta USA-Israele che sabato ha ucciso e ferito quasi 1.000 palestinesi nel campo profughi di Nuseirat non evidenziano affatto leroismo tanto celebrato o la precisione che i titoli dei media occidentali hanno sbandierato in prima pagina.

Ma in un mondo distopico in cui luccisione di almeno 50.000 uomini, donne e bambini nellarco di otto mesi non fa batter ciglio ai vertici dellordine globale a guida occidentale, può essere giustificato ritenere che qualsiasi missione che distrugge centinaia di vite civili per recuperare quattro ostaggi sia motivo di festeggiamenti.

E’ ancora peggio quando i 274 palestinesi uccisi e i 698 feriti nel massacro del campo profughi di Nuseirat vengono deliberatamente eliminati dalla copertura giornalistica, o appena citati come un dettaglio insignificante in un titolo o di sfuggita in un sottotitolo.

La copertina domenicale del New York Times, un giornale che ha volontariamente distrutto le sue ultime vestigia di credibilità per agire come sfacciato stenografo della propaganda israeliana, mostrava con orgoglio il titolo “In una missione a Gaza l’esercito israeliano libera 4 ostaggi”.

La copertina era correlata da una foto di un ostaggio israeliano sorridente rilasciato (citato per nome) e circondato da soldati trionfanti. I palestinesi uccisi sono relegati in una nota a piè di pagina.

La BBC e la Reuters seguono una linea simile, scegliendo di aprire rispettivamente con “Quattro ostaggi israeliani liberati in un raid nel centro di Gaza” e “Secondo l’esercito le forze israeliane salvano quattro ostaggi vivi a Gaza”.

La CNN ha scelto di concentrarsi sulla logistica anziché sulle vittime della strage: “L’operazione israeliana per salvare 4 ostaggi ha richiesto settimane di preparazione”, ha scritto diligentemente.

Più schietto il tono del Washington Post: “Una rara giornata di gioia nel mezzo di un massacro con il salvataggio di 4 ostaggi”. Un secondo titolo iniziava ancora con “Recuperati quattro ostaggi israeliani vivi” e aggiungeva come post scriptum il numero provvisorio dei palestinesi uccisi: “Secondo dichiarazioni ufficiali almeno 210 persone uccise a Gaza”.

E poi c’è il Sunday Times, inequivocabile e sfacciato nei toni, scritto con una sorta di stile mozzafiato, come se descrivesse la trama ridondante di un film d’azione di Hollywood.

“Audace raid libera a Gaza la prigioniera della motocicletta” [Noa Argamani catturata il 7 ottobre da Hamas mentre si trovava sul sedile posteriore di una moto], esordiva il titolo, per poi proseguire nella pagina successiva con: “Un attacco chirurgico, un feroce scontro a fuoco e i festeggiamenti hanno rotto il silenzio del sabato”.

La carneficina che questo attacco chirurgico” ha lasciato dietro di sé, i corpi mutilati dei palestinesi che giacciono di traverso sulle strade del mercato, le decine di edifici e case distrutte vengono completamente omessi.

Dilagante disumanizzazione

C’è un che di macabro nel fatto che anche quando vengono menzionati i palestinesi ciò avviene in quella forma inerte che ormai siamo abituati ad aspettarci da questi mezzi di informazione, senza un contesto e senza alcun riferimento a chi sta facendo loro cosa.

Il Guardian spicca per il suo singolare modo di raccontare latroce assalto di sabato: Israele salva quattro ostaggi mentre degli attacchi nelle vicinanze uccidono 93 palestinesi”.

Il lettore rimane stupito di fronte all’evidente dissociazione e all’enorme buco nella trama. Quali attacchi? Condotti da chi? Cos’è importante da sapere riguardo a “nelle vicinanze”?

In fin dei conti questi titoli non sorprendono e sono il prodotto di decenni di dilagante disumanizzazione. La dichiarazione del Dipartimento di Stato americano sulloperazione non fa alcuna menzione dei palestinesi uccisi, perché i corpi neri e di pelle olivastra semplicemente non contano per gli interessi imperialisti.

Il fatto che loperazione di salvataggio di quattro israeliani sia avvenuta a scapito di alcune centinaia di palestinesi è, come afferma Maya Mikdashi, accademica e redattrice di Jadaliyya [rivista online indipendente dell’Arab Studies Institute, ndt.], puro razzismo coloniale”.

Non c’è motivo di gioire per il fatto che 274 palestinesi hanno dovuto essere brutalmente uccisi affinché questi quattro prigionieri israeliani – sani e in buona forma rispetto alle figure distrutte, malconce e scheletriche dei palestinesi liberati dalle carceri israeliane – possano tornare alle loro famiglie.

In ogni caso nessuno doveva essere ucciso, dato che Hamas lo scorso ottobre si era offerto di liberare i prigionieri civili in cambio del fatto che lesercito israeliano non invadesse la Striscia di Gaza.

Secondo il portavoce dell’ala militare di Hamas, Abu Obeida, l’operazione, che ha definito un “molteplice crimine di guerra”, ha ucciso anche altri prigionieri israeliani, ma non ha specificato le circostanze né il numero. “Il nemico è riuscito a recuperare alcuni ostaggi commettendo un terribile massacro, ma nel farlo ne ha uccisi alcuni altri”, ha detto.

Non c’è dubbio che luso della forza militare letale non sia la strada più efficace per liberare i prigionieri israeliani. Il rilascio della maggior parte degli ostaggi israeliani, 105, è avvenuto lo scorso novembre attraverso una tregua temporanea che ha visto anche la liberazione dei prigionieri palestinesi.

Gli attacchi israeliani sulla Striscia di Gaza hanno ucciso un numero imprecisato di ostaggi israeliani, e quelli salvati” a febbraio sono stati solo due, a scapito della morte di 74 palestinesi.

Ma il primo ministro Benjamin Netanyahu, il fiero esecutore di questo genocidio, e i membri altrettanto violenti ed estremisti che compongono il suo governo, sono sempre stati franchi riguardo alle loro intenzioni. Non c’è mai stato un impegno per la liberazione dei prigionieri israeliani né per la sicurezza di Israele.

Devastare Gaza

L’importante è sempre stato devastare la Striscia di Gaza, ridurre la sua popolazione e sfollare con la forza i restanti palestinesi, in linea con la visione di una colonia di insediamento espansionista.

I dettagli su come questa presunta missione di salvataggio sia andata a buon fine, con il pieno sostegno e la partecipazione degli Stati Uniti, sono oltremodo ignobili.

I soldati hanno deciso di nascondersi all’interno di due veicoli, tra cui un camion di aiuti umanitari, un crimine contro i diritti umani e un palese atto di perfidia che l’Occidente ha ripetutamente accusato Hamas di aver compiuto senza presentare alcuna prova credibile.

Abdullah Jouda, uno studente di farmacia di 23 anni che è stato sfollato quattro volte, racconta come dopo aver sentito un trambusto in strada ha aperto la porta e si è trovato davanti il camion. Ha anche incrociato lo sguardo con un agente delle forze speciali.

“Sono uscite dal camion persone vestite di nero con fasce dei [miliziani delle brigate] Qassam avvolte intorno alla testa”, ha scritto su X. “Per un momento, mi sono sentito come se fossi in un film americano.”

Jouda ha chiuso la porta ed è corso di sopra dove si trovava la sua famiglia.

“Sembrava letteralmente che fossero iniziati gli orrori del giorno del giudizio”, afferma. La famiglia si è riparata in un angolo della casa mentre i proiettili piovevano intorno a loro ininterrottamente per 30 minuti. Il camion è rimasto al suo posto, prima che il fuoco di copertura lo colpisse con un missile lanciato da un F-16, mandando in frantumi le finestre di vetro della casa e ferendoli tutti.

“Poi siamo scesi in strada e siamo scappati. Quando siamo arrivati ​​alla fine della strada, hanno distrutto l’intero isolato, compresa la casa in cui ci trovavamo. Non dimenticherò mai i particolari di questo giorno cruciale“, conclude. “La cosa più importante è che siamo ancora vivi.”

Neppure la tempistica di questa operazione è stata casuale. Come a voler dimostrare lassoluta arroganza nel causare intenzionalmente il massimo delle vittime civili, per aprire la strada, una volta scoperte, alle forze israelo-americane gli aerei da guerra hanno colpito il mercato affollato durante il giorno.

Inoltre il camion degli aiuti era partito dal cosiddetto molo galleggiante degli aiuti americano, simbolo di un’occupazione non tanto abilmente camuffata, che sabato si è rivelata essere una struttura militare in collegamento con Israele, dando alla fine ragione agli scettici.

Tutto ciò non sorprende e conferma il fatto che, nonostante Israele abbia portato avanti questa brutale aggressione contro i palestinesi, esso rappresenta semplicemente la fanteria di quello che è sempre stato un genocidio rifornito, sostenuto e pagato dagli Stati Uniti.

Prolungare il genocidio

Il presidente Joe Biden, un sincero e ardente sionista, potrebbe porre fine a questo incubo per i 2,3 milioni di palestinesi della Striscia di Gaza con una semplice telefonata.

Ma negli ultimi otto mesi si è rifiutato di imporre alcuna conseguenza [per le proprie azioni] al governo israeliano. Al contrario, incoraggia attivamente la continuazione del genocidio, impiegando allo stesso tempo il doppio linguaggio degli appelli e delle proposte di cessate il fuoco. Ma la presenza stessa e il ruolo di Israele come risorsa imperiale valgono più di qualsiasi vita palestinese, se non di tutte.

Come ha affermato lex funzionario del Dipartimento di Stato Aaron David Miller, non c’è dubbio” che Biden non nutra per i palestinesi la stessa profondità di sentimenti ed empatia che riserva agli israeliani.

È per questo che le immagini raccapriccianti del cervello esposto di un ragazzo, il cui corpo inerte prende improvvisamente vita, non provoca nessuna commozione in coloro che stanno dietro il genocidio di Gaza.

È per questo che le strazianti testimonianze del massacro di Nuseirat da parte dei sopravvissuti che hanno visto le forze israelo-americane fare irruzione nelle loro case per giustiziare i loro familiari a sangue freddo si percepiscono a malapena nellapproccio degli Stati Uniti al proprio sistema di violenza e brutalità.

Ma questi continui omicidi e questa barbarie mai vista sono solo una vile facciata che nasconde ciò che è palesemente ovvio: Biden e Netanyahu stanno precipitando verso labisso, e gli effetti del protrarsi di questo genocidio si ritorceranno prima o poi contro i loro interessi.

Le opinioni espresse in questo articolo appartengono all’autrice e non riflettono necessariamente la politica editoriale di Middle East Eye.

Linah Alsaafin è una giornalista palestinese che ha scritto per Al Jazeera, The Times Literary Supplement, Al Monitor, The News Internationalist, Open Democracy e Middle East Eye.

(traduzione dall’inglese di Aldo Lotta)




Capire la proposta di Biden per un cessate il fuoco a Gaza

Michel Plitnik

1 giugno 2024 Mondoweiss

I dettagli della proposta di Joe Biden per un cessate il fuoco a Gaza rimangono vaghi, ma un esito dello scontro è certo: Israele e gli Stati Uniti hanno perso.

Venerdì il presidente degli Stati Uniti Joe Biden si è avvicinato al microfono e ha controllato l’orologio prima di iniziare il suo discorso, scherzando sul fatto che voleva assicurarsi che fosse pomeriggio. Dato che era in ritardo di quasi un’ora, qualcuno avrebbe potuto suggerirgli da dietro le quinte di aspettare fino all’inizio di Shabbat in Israele. In questo modo i ministri di estrema destra e osservanti del sabato come Bezalel Smotrich e Itamar Ben-Gvir avrebbero dovuto aspettare un giorno per rispondere a un discorso che certamente non avrebbero voluto sentire.

Del discorso di Biden nemmeno il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu avrebbe potuto essere molto soddisfatto, anche se doveva sapere da tempo che sarebbe avvenuto.

Biden ha usato gran parte del suo discorso per presentare quella che ha definito “una nuova proposta israeliana” per porre fine al massacro di Gaza. Da un lato il piano da lui presentato era incredibilmente simile a quello respinto da Israele all’inizio di maggio, sostenendo successivamente che Hamas, dopo averlo accettato, lo avesse “modificato”.

Questo solleva la questione del perché Israele lo dovrebbe improvvisamente adesso accettare. Parte della risposta è arrivata poco dopo il discorso di Biden, quando entrambe le camere del Congresso e l’intera leadership bipartisan hanno inviato a Netanyahu l’invito formale a parlare in una sessione congiunta del Congresso, probabilmente alla fine di agosto o all’inizio di settembre.

La politica che concerne tutto ciò è cinica, ma non ci sono dubbi sul fatto che le manifestazioni di massa negli Stati Uniti e in Europa, in tutto il mondo arabo e persino in Israele abbiano spinto tutte le parti coinvolte nei colloqui a mettere almeno un’offerta concreta sul tavolo. Tuttavia questa stessa politica potrebbe significare che nonostante tutto l’attacco di Israele continuerà.

Cosa sappiamo della proposta

Come l’accordo ipotizzato qualche settimana fa la proposta avanzata da Biden è divisa in tre fasi.

Nella Fase Uno ci sarebbe un cessate il fuoco completo per sei settimane. Israele si ritirerebbe da “tutte le aree popolate di Gaza”; Hamas e gli altri gruppi militanti rilascerebbero alcuni ostaggi tra cui donne, anziani e feriti in cambio del rilascio di “centinaia” di prigionieri palestinesi; i civili palestinesi potrebbero ovunque tornare nelle loro case a Gaza e ogni giorno entrerebbero a Gaza almeno 600 camion di aiuti umanitari.

Alcuni dettagli cruciali rimangono poco chiari. Forse il più importante è cosa significhi il ritiro di Israele da “tutte le aree popolate di Gaza”. Se Israele non si impegnerà in alcuna operazione militare, la presenza delle truppe apparirà una cosa di routine. E se i palestinesi possono tornare ovunque a Gaza, ciò lascia poca preziosa terra “spopolata” nella piccola e sovraffollata Striscia.

La Fase Due è in qualche modo aperta e i dettagli dovrebbero essere elaborati durante la Fase Uno. Biden ha affermato esplicitamente che se i negoziati non fossero completati entro sei settimane, il cessate il fuoco verrebbe prolungato fino al loro completamento.

La seconda fase vedrebbe un accordo sulla fine permanente delle ostilità, il rilascio di tutti gli ostaggi viventi detenuti a Gaza e il completo ritiro israeliano da Gaza. Dato che non sembra esserci un quadro normativo per una cessazione definitiva, la prospettiva di successo in un periodo di tempo così breve è dubbia.

La terza fase vedrebbe poi la restituzione dei corpi di tutti gli ostaggi morti e l’inizio di un massiccio sforzo di ricostruzione a Gaza da parte della comunità internazionale.

Cosa manca

Il piano così com’è stato presentato è chiaramente incompleto e solleva la domanda se ci siano ulteriori dettagli importanti da elaborare o se quei punti, alcuni dei quali molto significativi, non siano stati omessi dall’annuncio per ragioni politiche.

Forse il punto più importante che manca nella presentazione di Biden è la governance. È un mistero se Israele o gli Stati Uniti siano disposti a tollerare un governo di Hamas. L’Autorità Palestinese potrebbe avere più facilità a subentrare se Hamas accettasse questa offerta e la presentasse come una vittoria per il popolo palestinese. Ma Israele sarebbe davvero d’accordo su questo? Il popolo di Gaza sarebbe disposto ad accettare una sorta di coalizione internazionale per il controllo temporaneo di Gaza? Anche questo sembra improbabile, anche se potrebbe essere un prezzo che vale la pena pagare per porre fine alla tragedia.

Restano aperte le questioni relative ai crimini di guerra, al caso davanti alla Corte Penale Internazionale e ai suoi potenziali mandati di arresto. Se le gravi violenze a Gaza finissero è del tutto possibile che quei casi possano sparire e con essi la speranza di riconoscere la responsabilità di Stati potenti e dei loro leader che commettono crimini di guerra. Ancora una volta, è difficile immaginare che Israele metta fine al massacro per poi affrontare quelle accuse, ed è difficile immaginare che gli Stati Uniti starebbero a guardare.

C’è anche un ovvio problema di implementazione. Biden ha affermato che se Hamas violasse i termini di questa proposta dopo che fosse stata accettata, Israele potrebbe riprendere la sua campagna genocida. Questa è una minaccia che Israele avrà sempre a disposizione. 

Ma cosa succederebbe se fosse Israele a non rispettare la sua parte nell’accordo? Biden sembra aver semplicemente dato per scontato che, se Israele lo accetterà, rispetterà l’accordo. Le lezioni di Oslo non valgono nulla per il Presidente, e di nuovo manca la consapevolezza che solo la pressione esterna – che deve includere gli Stati Uniti, anche se non è necessario che siano l’unico Stato ad applicarla – può garantire che Israele ottemperi agli accordi. È una storia con un finale molto brutto che abbiamo visto ripetersi molte volte nel corso degli anni.

La politica dell’offerta

La tempistica di questa offerta suggerisce il motivo per cui sia arrivata proprio ora. Visto che Donald Trump era stato condannato per 34 reati a New York proprio il giorno prima, Biden ha fatto di tutto per trarre vantaggio dalla giornata nera di Trump anche perché, almeno inizialmente, le condanne di Trump non sembrano avergli dato una gran spinta.

Naturalmente, visto quanto è costato a Biden il sostegno al genocidio di Gaza, ogni momento è buono per concludere un accordo. La vera domanda è perché Israele all’improvviso abbia accettato la proposta.

In primo luogo è importante comprendere la prassi di Israele. La sua squadra negoziale ha lavorato con Egitto, Qatar e Stati Uniti su questo accordo, ma è improbabile che si tratti di una proposta che venga da Israele, come l’ha presentata Biden. Netanyahu ha dovuto approvare che gli Stati Uniti facessero la proposta a nome di Israele, ma ciò non significa che Israele l’abbia ufficialmente accettata. Netanyahu ha l’ultima parola e se i partiti di estrema destra minacciassero di lasciare il governo potrebbe fare marcia indietro. 

Inoltre Netanyahu non ha avuto bisogno di premere molto per respingere il cessate il fuoco che porterebbe al rilascio degli ostaggi detenuti a Gaza, come ha ripetutamente fatto sin dall’inizio. Anche se il suo governo non dovesse cadere immediatamente, correrebbe comunque un serio rischio nei processi per corruzione in corso. Continuare la carneficina a Gaza impedisce che questo accada.

L’invito del Congresso è probabilmente parte del pacchetto che Biden ha offerto a Netanyahu per portare avanti questa proposta almeno provvisoriamente. Potrebbero esserci altri incentivi che devono ancora concretizzarsi affinché Netanyahu possa aumentare la sua popolarità in Israele o perché altri partiti, come Yesh Atid [partito israeliano sionista di centro e laico, ndt.] di Yair Lapid, accettino di salvare il suo governo se i partiti di estrema destra se ne vanno. Ma Biden ha un disperato bisogno di trarre qualcosa di positivo dalla débâcle di Gaza e se trova il modo di salvare Netanyahu e far sì che ciò accada lo farà sicuramente.

Nel suo discorso Biden ha aperto la porta a Netanyahu dicendo che negli ultimi otto mesi sono stati uccisi così tanti combattenti di Hamas che non sarebbe possibile organizzare di nuovo un attacco pesante come quello del 7 ottobre. Stava chiaramente lastricando la strada che Netanyahu avrebbe potuto percorrere per rivendicare la vittoria accettando questo accordo, suggerendo che l’intenzione di Netanyahu di sconfiggere completamente Hamas sia stata soddisfatta per quanto realisticamente possibile.

Le reazioni

Eppure sia Netanyahu che Hamas sono stati cautamente positivi nelle loro risposte. Hamas ha rilasciato una dichiarazione in cui afferma: “Hamas conferma la sua disponibilità ad affrontare positivamente e in modo costruttivo qualsiasi proposta basata sul cessate il fuoco permanente e sul completo ritiro [delle forze israeliane] dalla Striscia di Gaza, sulla ricostruzione [di Gaza], e il ritorno degli sfollati ai loro luoghi, insieme alla realizzazione di un vero accordo di scambio di prigionieri se l’occupazione annuncia chiaramente l’impegno a tale accordo”.

È una risposta intelligente. Esprime il fatto che stiano ancora analizzando i dettagli, alcuni dei quali non sono ancora stati resi pubblici e che non si impegneranno pubblicamente nell’accordo finché Israele non dichiarerà il suo appoggio. Il fatto è che questa proposta soddisfa in gran parte le richieste che Hamas ha ripetuto negli ultimi mesi: cessate il fuoco completo, fine delle ostilità, ritiro completo israeliano e completa libertà dei palestinesi di tornare ovunque siano stati cacciati da Gaza.

Tutte queste cose non accadrebbero necessariamente il primo giorno, ma è improbabile che Hamas trovi un accordo migliore di questo ed è certamente un accordo che gli permette di affermare realisticamente di aver resistito a tutti gli attacchi di Israele, e che loro e il popolo di Gaza sono rimasti in piedi. Israele avrà la propria narrazione e i sostenitori di ciascuna parte abbracceranno le varie versioni, ma questo è un argomento realistico che Hamas può sostenere.

Biden ha fatto allusione all’idea che questa proposta in qualche modo rimetta in pista l’idea di una soluzione a due Stati, il che è una totale assurdità. Non avrà alcun effetto su quel miraggio, metterà semplicemente fine al massacro.

Biden ha anche lasciato intendere che la cosa potrebbe portare all’accordo di normalizzazione tra Arabia Saudita e Israele. Anche questo è improbabile. Non è impossibile, ma richiederà una serie di altre cose per essere realizzato, inclusa l’approvazione del Senato sull’accordo e l’impegno di Israele per uno Stato palestinese, cosa che è altamente improbabile Netanyahu faccia.

In effetti se quell’accordo ne facesse in qualche modo parte sarebbe una ricetta per un disastro. Non solo perché l’idea della normalizzazione è una politica terribile per gli Stati Uniti, i palestinesi e l’intera regione, ma anche perché minaccia di suscitare la stessa disperazione che è stata un fattore significativo nella decisione di Hamas di lanciare l’attacco del 7 ottobre.

Biden non sarebbe saggio nel perseguire questa strada, anche se ne sarebbe tentato data la sua ossessione per l’idea di normalizzazione israelo-saudita e il suo desiderio di una grande vittoria in politica estera. La proposta, anche se accettata, difficilmente sarà quel genere di vittoria.

Ciò è dovuto soprattutto al fatto che l’intera proposta chiarisce come Israele e gli Stati Uniti abbiano perso. La tregua che potrebbe prendere piede è sul tavolo dallo scorso anno, in una forma o nell’altra. Molte vite palestinesi, così come alcune vite israeliane, avrebbero potuto essere salvate.

Israele ha insistito sul fatto che solo la forza delle armi avrebbe potuto liberare gli ostaggi, nonostante il fatto che non ci sia riuscito, mentre un precedente cessate il fuoco prevedeva la liberazione di quasi metà degli ostaggi. Hamas continua ad esistere e continuerà ad esistere indipendentemente dal fatto che questa proposta venga accettata o meno. La popolazione di Gaza è rimasta a Gaza, nonostante la massiccia perdita di vite umane.

Tutto ciò che Israele è riuscito a fare sono stati massacri e distruzioni, che hanno danneggiato gravemente e permanentemente la sua posizione nel mondo, non solo tra milioni e milioni di persone ma anche tra molti governi.

Tutto questo avrebbe potuto essere evitato e non ci vogliono piani complicati per farlo. Concedere semplicemente ai palestinesi i diritti e le libertà che tutti ci aspettiamo. In un mondo simile non ci sarebbe bisogno del 7 ottobre, né di odio, paura e insicurezza. Il discorso di Biden e la sua proposta non contengono alcun indizio che adesso capisca la situazione meglio di quanto la capisse il 6 ottobre.

(traduzione dall’inglese di Luciana Galliano)




“L’obiettivo è distruggere Gaza”: ecco perché Israele rifiuta il cessate il fuoco con Hamas

Mat Nashed

7 maggio 2024 Al Jazeera

Israele ha rifiutato il cessate il fuoco e lanciato un’operazione a Rafah, suscitando il timore che la guerra a Gaza possa protrarsi.

Israele sembra essere stato colto di sorpresa lunedì dall’annuncio che Hamas aveva accettato la proposta egiziano-qatarina di cessate il fuoco. Ma il governo di Israele ha chiarito rapidamente la sua posizione: la proposta non era accettabile e, per chiarire ulteriormente la questione, il suo esercito ha preso il controllo del lato palestinese del confine fra Egitto e Gaza a Rafah.

Per molti analisti il messaggio del governo israeliano è chiaro: non ci sarà un cessate il fuoco permanente e la devastante guerra a Gaza continuerà.

Israele vuole avere il diritto di continuare le operazioni a Gaza,” ha detto Mairav Zonszein, analista esperta di Israele-Palestina dell’International Crisis Group (ICG) [Ong con sede in Belgio che cerca di prevenire i conflitti, ndt.].

Ha aggiunto che un accordo sembra impossibile finché Israele si rifiuta di porre definitivamente fine alla guerra.

Se stipuli un accordo di cessate il fuoco, allora [alla fine] sarà necessario il cessate il fuoco”, ha detto ad Al Jazeera.

Il bombardamento di Rafah da parte di Israele ha l’obiettivo apparente di smantellare i battaglioni di Hamas e assumere il controllo del valico Gaza-Egitto, che Israele accusa Hamas di utilizzare per contrabbandare armi nell’enclave assediata. Ma le associazioni umanitarie hanno subito segnalato che la chiusura del valico avrà conseguenze disastrose per oltre un milione di palestinesi che vivono a Rafah, quasi tutti già sfollati.

E metterebbe a repentaglio anche le speranze di raggiungere un accordo tra Israele e Hamas, che Egitto, Qatar e Stati Uniti hanno passato giorni a cercare di mediare insieme a William Burns, il capo della Central Intelligence Agency (CIA), fortemente impegnato.

Israele ha affermato che i termini del cessate il fuoco di Hamas differiscono dalle proposte precedenti. Ma gli analisti ritengono che il problema più ampio sia che Israele non è disposto ad accettare un cessate il fuoco permanente, anche dopo che Hamas avrà liberato gli ostaggi israeliani.

Gli ultimi due giorni hanno dimostrato che Israele non stava realmente negoziando in buona fede. Nel momento in cui Hamas ha accettato l’accordo, Israele ha cercato di farlo saltare iniziando l’attacco a Rafah”, ha detto Omar Rahman, esperto di Israele-Palestina presso il Consiglio del Medio Oriente per gli Affari Globali, un think tank di Doha in Qatar.

L’obiettivo è distruggere completamente Gaza”, ha detto ad Al Jazeera.

Sicuri della vittoria?

Rafah è diventata l’ultimo rifugio per i palestinesi in fuga dagli attacchi israeliani nelle regioni centrali e settentrionali dell’enclave. Ci sono stati alcuni attacchi, ma l’esercito israeliano non ha inviato – fino a lunedì – forze di terra ad occupare il territorio.

Ma dopo aver condotto operazioni di terra nel resto di Gaza, e con Hamas ancora operativo e decine di ostaggi israeliani ancora detenuti, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha lanciato l’attacco, anche se è ancora da determinare fino a che punto si spingeranno i militari dentro Rafah.

Il dilemma che Netanyahu si trova ad affrontare è che ha promesso agli israeliani la vittoria contro Hamas – e la grande maggioranza degli ebrei israeliani sostiene un’invasione di Rafah, secondo un sondaggio condotto a marzo dall’Israeli Democracy Institute. Ma gli Stati Uniti, nonostante il loro schiacciante sostegno a Israele durante tutta la guerra a Gaza, hanno chiarito che non sosterranno un’invasione su vasta scala.

Il gabinetto di guerra israeliano potrebbe cercare di soddisfare l’opinione pubblica portando avanti l’offensiva di Rafah e rifiutando inizialmente un cessate il fuoco, ha affermato Hugh Lovatt, esperto di Israele-Palestina presso il Consiglio europeo per le Relazioni Estere (ECFR).

Potrebbe essere troppo difficile per il governo israeliano accettare una proposta che viene vista [dall’opinione pubblica israeliana] assecondare le condizioni di Hamas”, ha detto ad Al Jazeera. “Si può pensare che entrando a Rafah, Israele stia dicendo ‘abbiamo preso il controllo del corridoio, abbiamo sradicato le infrastrutture terroristiche e ora possiamo accettare il cessate il fuoco’ ”.

Aggrappato al potere

La carriera politica di Netanyahu dipende anche dalla continuazione della guerra a Gaza, dicono gli analisti ad Al Jazeera, che spiegano come un cessate il fuoco permanente potrebbe condurre al collasso della sua coalizione di estrema destra, portando ad elezioni anticipate e alla sua rimozione dal potere.

Il ministro israeliano della Sicurezza Nazionale Itamar Ben-Gvir e il ministro delle Finanze Bezalel Smotrich, entrambi di estrema destra, avrebbero minacciato di abbandonare e far crollare la coalizione di Netanyahu se Israele accettasse un accordo vincolante e un cessate il fuoco.

Khaled Elgindy, analista per Israele-Palestina presso il Middle East Institute, ritiene che l’accettazione da parte di Hamas di una proposta di cessate il fuoco metta Netanyahu in una posizione imbarazzante poiché non può più sostenere che sul tavolo non ci sia un accordo ragionevole.

Netanyahu ha bisogno che la guerra continui e si espanda per poter restare al potere. Personalmente non ha altra motivazione”, ha detto ad Al Jazeera.

Lovatt, del Consiglio europeo per le Relazioni Estere, ha aggiunto che l’invasione di Rafah comporta rischi a medio e lungo termine anche per Netanyahu e Israele. Teme che se Israele intensificherà significativamente la sua offensiva su Rafah perderà i restanti ostaggi israeliani senza avvicinarsi all’obiettivo dichiarato di “sradicare Hamas”.

Se Israele entra a Rafah e provoca carneficine e distruzione certo non si avvicinerà al suo obiettivo strategico e penso che ciò creerà ulteriori complicazioni per Netanyahu nelle settimane e nei mesi a venire”, ha detto ad Al Jazeera.

A maggio il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha messo in guardia Netanyahu dall’invasione di Rafah e ha affermato che tale mossa rappresenterebbe il superamento di una “linea rossa”.

Lovatt ritiene che gli Stati Uniti dovrebbero penalizzare Netanyahu per aver ignorato la minaccia di Biden. Ha aggiunto che gli Stati Uniti dovrebbero sospendere gli aiuti militari e chiarire che la proposta di cessate il fuoco accettata da Hamas è in linea con quella che il capo della CIA Burns ha contribuito a mediare.

Sembra che Israele stia aggirando la proposta di cessate il fuoco su cui ha lavorato Will Burns. È una mossa grave contro la diplomazia statunitense e penso che gli Stati Uniti debbano puntare i piedi”, ha detto Lovatt ad Al Jazeera.

Si tratta di salvare Netanyahu da lui stesso e Israele da sé stesso”.

Gli Stati Uniti hanno ritardato la vendita di migliaia di armi di precisione a Israele, ma Elgindy è scettico sul fatto che gli Stati Uniti eserciteranno maggiori pressioni per evitare una catastrofe a Rafah.

Afferma che Biden sembra ancora non comprendere l’errore strategico di Israele a Gaza e la portata del disastro che ha consentito.

Alcune persone nell’amministrazione Biden sono arrivate a questa conclusione [che Israele ha commesso un errore strategico], ma non sono coloro che prendono le decisioni. Non sono il presidente”, ha detto ad Al Jazeera.

Zonszein, del Gruppo di Crisi, ha aggiunto che non è chiaro fino a che punto gli Stati Uniti si spingeranno per costringere Netanyahu ad accettare un cessate il fuoco, ma ha detto che gli Stati Uniti sembrano aver dato garanzie in privato ai mediatori che qualsiasi cessate il fuoco porterebbe infine alla fine permanente della guerra.

“Gli Stati Uniti sono molto intenzionati a fermare questa invasione di Rafah e penso che abbiano la capacità di fermarla”, ha detto. “Semplicemente non si vuole dare l’impressione di aiutare Hamas, ed è quindi una situazione complicata”.

(traduzione dall’inglese di Luciana Galliano)




Mentre continuano i colloqui per il cessate il fuoco a Gaza Netanyahu afferma che Israele invaderà Rafah

Redazione di Al Jazeera

30 aprile 2024-Al Jazeera

Il primo ministro israeliano Netanyahu dice che le forze israeliane entreranno nella città meridionale di Gaza “con o senza un accordo”.

Mentre sono in corso difficili negoziati di tregua per raggiungere un accordo di cessate il fuoco, il primo ministro Benjamin Netanyahu ha ribadito la sua promessa che Israele lancerà un assalto di terra a Rafah, nel sud di Gaza.

Martedì Netanyahu ha detto che Israele distruggerà i battaglioni di Hamas a Rafah “con o senza un accordo” per ottenere la “vittoria totale” nella guerra che dura da quasi sette mesi.

Israele e Hamas stanno negoziando un potenziale accordo di cessate il fuoco e uno scambio tra ostaggi detenuti da gruppi palestinesi a Gaza con prigionieri detenuti nelle carceri israeliane.

L’idea che fermeremo la guerra prima di raggiungere tutti i suoi obiettivi è fuori discussione. Entreremo a Rafah ed elimineremo lì i battaglioni di Hamas, con o senza un accordo, per ottenere la vittoria totale,” ha detto il primo ministro in un incontro con le famiglie degli ostaggi detenuti dai gruppi armati a Gaza.

Hamas ha ripetutamente affermato che non accetterà un accordo che non includa un cessate il fuoco permanente e un ritiro completo delle forze israeliane da Gaza – questi sono stati i principali punti critici dei negoziati.

Per mesi Netanyahu si è ripetutamente impegnato a procedere con l’invasione di Rafah, nonostante l’esplicita contrarietà da parte del principale alleato di Israele, gli Stati Uniti.

Le agenzie umanitarie hanno avvertito che un assalto a Rafah, dove hanno trovato rifugio più di un milione di palestinesi sfollati, sarebbe catastrofico.

Martedì il segretario delle Nazioni Unite Antonio Guterres ha esortato Israele a non procedere con un attacco militare che “costituirebbe un’intollerabile escalation che ucciderebbe migliaia di civili e costringerebbe centinaia di migliaia di persone a fuggire”.

Assalto incombente

La radio dell’esercito israeliano ha affermato che un piano per attaccare Rafah otterrà il via libera “nei prossimi giorni” se non verrà raggiunto un accordo di cessate il fuoco con Hamas.

La radio israeliana GLZ, attribuendo le informazioni a “funzionari della sicurezza”, ha affermato in un post sui social media che “verrà dato l’ordine di lanciare un’operazione a Rafah” se non verranno fatti progressi entro pochi giorni nei “negoziati per un accordo”.

In un post su X il media israeliano N12 ha riferito che, secondo quanto riferito dalle famiglie degli ostaggi, Netanyahu ha detto loro che l’evacuazione della popolazione a Rafah è già iniziata.

Tuttavia, il capo dell’UNRWA Philippe Lazzarini ha dichiarato martedì che “alla popolazione non è stato ancora chiesto di evacuare Rafah.

Ma c’è la sensazione che se non ci sarà un accordo di cessate il fuoco questa settimana, potrebbe accadere in qualsiasi momento”, ha detto durante una conferenza stampa a Ginevra.

L’agenzia di stampa Reuters ha riferito che “una persona vicina al primo ministro Benjamin Netanyahu” ha detto che Israele sta aspettando la risposta di Hamas alla sua proposta prima di inviare una squadra in Egitto per continuare i colloqui per il cessate il fuoco.

Secondo il ministro degli Esteri britannico David Cameron la proposta israeliana prevede una pausa di 40 giorni nei combattimenti invece di un cessate il fuoco permanente come Hamas ha ripetutamente chiesto.

Una risposta da parte di Hamas all’ultima proposta di Israele è prevista entro mercoledì sera, ha riferito Stefanie Dekker di Al Jazeera. [Oggi, 2 maggio, ore 09,30 ora italiana, la risposta non è ancora arrivata, ndt.]

Hamas valuta la proposta

Il segretario di Stato americano Antony Blinken non ha risposto direttamente ai giornalisti quando gli è stato chiesto dei piani di Netanyahu di procedere con l’assalto di terra. Ha invece sottolineato che l’obiettivo di Washington è raggiungere un accordo di tregua e il rilascio degli ostaggi.

Ora tocca ad Hamas. Niente più ritardi, niente più scuse. Il momento di agire è adesso,” ha detto Blinken alla stampa alla periferia della capitale della Giordania, Amman. “Nei prossimi giorni vogliamo vedere questo accordo concretizzarsi.”

[Una tregua] è il modo migliore, il modo più efficace, per alleviare le sofferenze e anche per creare un contesto in cui si possa sperare di andare avanti verso qualcosa che sia veramente sostenibile e offra una pace duratura per le persone che ne hanno così disperatamente bisogno”, ha aggiunto.

Si prevede che nel suo ultimo viaggio nella regione, iniziato lunedì in Arabia Saudita, Blinken visiterà Israele.

Hamas ha detto che continua a valutare la proposta israeliana. Un alto funzionario del gruppo ha osservato che [Israele] persiste nell’ignorare le richieste per la fine definitiva della guerra.

Dal documento israeliano emerge chiaramente che stanno ancora insistendo su due questioni principali: non vogliono un cessate il fuoco permanente e non stanno parlando in modo serio del ritiro da Gaza. In effetti stanno ancora parlando della loro presenza, il che significa che continueranno ad occupare Gaza”, ha detto Hamdan lunedì ad Al Jazeera.

Abbiamo domande cruciali per i mediatori. Se ci saranno risposte positive, penso che potremo andare avanti”.

Egitto, Qatar e Stati Uniti stanno mediando i colloqui tra Israele e Hamas.

(traduzione dall’Inglese di Giuseppe Ponsetti)




Netanyahu promette di combattere le sanzioni USA contro un’unità dell’IDF accusata di violazioni in Cisgiordania

Peter Beaumont da Gerusalemme

22 aprile 2024 – The Guardian

Le sanzioni previste riguardano la legge Leahy e sono contro il battaglione Netzah Yehuda, accusato di violazioni dei diritti umani contro i palestinesi.

Benjamin Netanyahu ha affermato che lotterà contro ogni tentativo di imporre sanzioni contro unità dell’esercito israeliano dopo notizie secondo cui un battaglione delle Forze di Difesa Israeliane [l’esercito israeliano, ndt.] sta per subire sanzioni USA per come tratta i palestinesi nella Cisgiordania occupata.

Sabato il sito di notizie statunitense Axios ha informato che funzionari del dipartimento di Stato USA hanno confermato che stanno per imporre sanzioni contro il battaglione Netzah Yehuda dell’IDF, che è stato accusato di gravi violazioni dei diritti umani contro i palestinesi. Domenica il giornale israeliano Haaretz ha scritto che gli USA stanno prendendo in considerazione iniziative simili anche contro altre unità della polizia e dell’esercito.

La mossa particolarmente significativa, che rappresenterebbe la prima volta che un governo statunitense prende di mira un’unità dell’IDF, giunge mentre il congresso USA ha approvato 26 miliardi di nuovi aiuti d’emergenza a Israele.

Se qualcuno pensa di poter imporre sanzioni contro un’unità dell’IDF, io mi opporrò con tutte le mie forze,” ha affermato il primo ministro israeliano in un comunicato. “Nelle scorse settimane ho lavorato contro le sanzioni a cittadini israeliani, anche nelle mie conversazioni con l’amministrazione americana,” ha scritto Netanyahu su X.

Nel momento in cui i nostri soldati stanno combattendo mostruosi terroristi l’intenzione di emanare sanzioni contro un’unità dell’IDF è il colmo dell’assurdità e di bassezza morale,” ha aggiunto.

L’IDF ha sostenuto di non essere al corrente di sanzioni in atto contro una sua unità ed ha aggiunto: “Se verrà presa una decisione in materia essa sarà presa in esame.”

Le sanzioni, che sarebbero imposte in base alla legge Leahy del 1997, vieterebbero il trasferimento di aiuti militari statunitensi all’unità e impedirebbero ai soldati e agli ufficiali di partecipare all’addestramento con l’esercito statunitense o a programmi che ricevano finanziamenti USA.

Secondo fonti ufficiali del ministero della Sanità di Gaza sabato notte bombardamenti israeliani sulla città meridionale di Rafah nella Striscia hanno ucciso 22 persone, tra cui 18 minori.

In base ai dati dell’ospedale la maggioranza sembra essere stata vittima del secondo di due attacchi aerei, che ha ucciso 17 minorenni e due donne della stessa famiglia estesa.
Mohammed al-Beheiri ha affermato che sua figlia Rasha e i suoi sei figli, di età compresa tra i 18 mesi e i 16 anni, sono stati tra le vittime. La seconda moglie del marito e i suoi tre figli sono ancora sotto le macerie, ha detto al-Beheiri.

Venerdì il segretario di Stato USA Antony Blinken ha affermato di aver preso “decisioni” riguardo alle denunce secondo cui Israele ha violato la legge Leahy, che vieta la fornitura di assistenza militare a polizia o forze di sicurezza che commettano gravi violazioni dei diritti umani.

Dalla promulgazione della legge l’aiuto USA è stato bloccato a centinaia di unità in tutto il mondo accusate di violazioni dei diritti.

Il dipartimento di Stato ha indagato un certo numero di unità della sicurezza israeliana, anche della polizia e dell’esercito, per presunte violazioni, mentre importanti funzionari israeliani affermano di aver fatto pressione contro l’imposizione di qualsiasi sanzione.

Il battaglione Netzah Yehuda, che fa parte della brigata Kfir, è stato originariamente creato nel 1999 per soddisfare le convinzioni religiose di reclute delle comunità ultraortodosse e nazional-religiose, comprese quelle delle colonie estremiste, e storicamente è stato principalmente schierato in Cisgiordania.

Soldati dell’unità sono stati accusati della morte del settantottenne cittadino statunitense Omar Assad, morto di infarto nel 2022 dopo essere stato arrestato, legato, imbavagliato e poi abbandonato da membri dell’unità. È stato uno dei numerosi incidenti gravi che hanno incluso accuse di torture e maltrattamenti.

Quel caso ha suscitato l’attenzione da parte del dipartimento di Stato che ha chiesto un’inchiesta penale.

In seguito dalla Cisgiordania l’unità è stata schierata al nord di Israele e anche a Gaza.

Secondo ProPublica [organizzazione USA no profit che si occupa di giornalismo investigativo, ndt.] della scorsa settimana il dipartimento di Stato ha ricevuto a dicembre un dossier sulle violazioni della legge Leahy.

Le notizie secondo cui un battaglione dell’IDF sta per affrontare imminenti sanzioni ha provocato una dura risposta da altre importanti personalità israeliane.

Il battaglione Netza Yehuda è una parte inseparabile delle Forze di Difesa Israeliane,” ha affermato Benny Gantz, importante membro del gabinetto di guerra di Netanyahu ed ex capo di stato maggiore dell’esercito israeliano.

È soggetto alla legge militare ed è responsabile di operare in pieno accordo con le leggi internazionali. Lo Stato di Israele ha un sistema giudiziario forte e indipendente che valuta meticolosamente ogni denuncia di violazione o deviazione dagli ordini e dal codice di condotta dell’IDF, e continuerà a farlo.”

Tuttavia organizzazioni per i diritti umani hanno a lungo sostenuto che il sistema investigativo dell’IDF non indaga in modo corretto né persegue le violazioni dei diritti umani commesse dai soldati.

Il citato piano per imporre sanzioni contro l’unità è venuto alla luce tra crescenti campagne per sanzioni internazionali contro israeliani coinvolti in violenze contro palestinesi nella Cisgiordania occupata, che hanno portato a nuovi annunci che prendono di mira individui e organizzazioni quasi ogni mese.

Venerdì gli USA e l’UE hanno annunciato separatamente nuove sanzioni contro gruppi e ong israeliani di estrema destra legati alle violenze dei coloni, così come a noti personaggi, tra cui Bentzi Gopstein, politico molto legato al ministro di estrema destra della Sicurezza Nazionale israeliano Itamar Ben Gvir.

Il complesso e contraddittorio balletto di aiuti e sanzioni a Israele, estremamente evidente in questa settimana e durante l’attacco dell’Iran contro Israele una settimana fa, sembra inteso a dimostrare che, mentre i suoi alleati appoggeranno quella che viene vista come la difesa di Israele, essi sono determinati a punire la crescente violenza estremista contro la Cisgiordania.

In particolare l’amministrazione Biden è sembrata più propensa a condannare le azioni e politiche israeliane in Cisgiordania che a Gaza, dove Israele sta combattendo Hamas in un conflitto durato sei mesi che ha cacciato più dell’85% della popolazione della striscia costiera e ha ucciso 34.000 palestinesi, molti dei quali civili.

(traduzione dall’inglese di Amedeo Rossi)




Netanyahu, cedendo alla pressione dell’ultra-destra, afferma che l’invasione di terra a Rafah è imminente

Redazione di Middle East Monitor

9 aprile 2024 – Middle East Monitor

Ieri il primo ministro Benjamin Netanyahu ha annunciato che Israele ha fissato una data per l’assalto di terra a Rafah. La decisione arriva mentre sta montando la pressione dagli alleati della estrema destra che hanno avvertito che la carica di Netanyahu come primo ministro sarebbe a rischio se non lanciasse un attacco contro la città meridionale di Gaza che sta proteggendo 1,5 milioni di palestinesi.

La vittoria richiede l’ingresso a Rafah e l’eliminazione dei battaglioni di terroristi laggiù. Questo accadrà, c’è una data,” ha affermato Netanyahu in una dichiarazione, sfidando i suoi alleati occidentali che sono fortemente contrari alla invasione di Rafah sulla scorta dell’uccisione di 33.000 palestinesi, la maggior parte dei quali donne e minori.

L’impegno del primo ministro per una data specifica per l’offensiva a Rafah fa seguito alle critiche da parte suoi partner della coalizione di estrema destra, che si sono scagliati contro il ritiro domenica da parte dell’esercito israeliano di alcune truppe da Gaza. Israele ha ritirato le sue truppe da Khan Yunis, la più grande città del sud di Gaza.

L’ultranazionalista ministro della Sicurezza Itamar Ben-Gvir ha ammonito: “Se il primo ministro decide di terminare la guerra senza una offensiva di grandi dimensioni a Rafah per sconfiggere Hamas, non avrà un mandato per continuare.”

Gli Stati Uniti hanno recentemente incrementato la pressione pubblica su Netanyahu perché rinunci a lanciare una importante operazione a Rafah, che è diventata un rifugio per più di un milione di persone sfollate a causa dell’operazione militare israeliana. Più del 70% delle infrastrutture di Gaza sono state distrutte e si teme che un’altra invasione di terra sarebbe catastrofica.

La popolarità di Netanyahu è stata significativamente danneggiata dopo sei mesi di guerra e, mentre sia all’interno del Paese che a livello internazionale cresce il malcontento per la gestione del conflitto da parte del suo governo, egli deve affrontare le richieste dei leader dell’estrema destra di intensificare le azioni militari contro Hamas.

(traduzione dall’inglese di Gianluca Ramunno)




Guerra a Gaza: in seguito all’astensione degli USA, l’ONU approva una risoluzione che richiede il cessate il fuoco.

Redazione di MEE

25 marzo 2024 – Middle East Eye

Per la prima volta in cinque mesi di guerra il Consiglio di Sicurezza dell’ONU ha votato per un cessate il fuoco a Gaza dopo che gli USA si sono astenuti anziché porre il veto

Lunedì il Consiglio di Sicurezza ONU ha approvato una risoluzione che chiede un “cessate il fuoco immediato” a Gaza per il restante mese sacro musulmano del Ramadan, dopo che gli Stati Uniti si sono astenuti dal voto rinunciando a porre il veto.

La risoluzione, appoggiata da 14 nazioni tranne gli USA, chiede anche il rilascio di tutti gli ostaggi israeliani detenuti a Gaza e “l’urgente necessità di aumentare il flusso” degli aiuti nell’enclave assediata.

Amar Bendjama, ambasciatore dell’Algeria all’ONU e uno dei promotori della risoluzione, si è felicitato per la svolta ed ha affermato che il Consiglio di Sicurezza “si è finalmente assunto le sue responsabilità in quanto organo principale per il mantenimento della pace e della sicurezza internazionali”.

Questo bagno di sangue è continuato per troppo tempo”, ha detto.

Il voto di lunedì è avvenuto mentre i leader israeliani continuavano a ribadire l’intenzione di proseguire con l’offensiva sul terreno su vasta scala a Rafah, la città al confine meridionale dove attualmente sono rifugiati un milione e mezzo di palestinesi.

Dall’attacco del 7 ottobre più del 90% dei 2.300.000 abitanti di Gaza è stato sfollato e almeno 32.000 palestinesi sono stati uccisi, in maggioranza donne e bambini.

Nonostante i crescenti allarmi da parte delle agenzie umanitarie e della comunità internazionale secondo cui un assalto a Rafah sarebbe una catastrofe, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha sostenuto che Israele non può raggiungere il suo obbiettivo di una “vittoria totale” contro Hamas senza aggredire la città di confine.

In seguito al voto Netanyahu ha annullato per protesta la prevista visita di una delegazione di alto livello a Washington ed ha accusato gli USA di ritrattare quella che ha detto essere stata una “posizione di principio”.

Il Consigliere per la Sicurezza Nazionale israeliano Tzachi Hanegbi e il Ministro per gli Affari Strategici Ron Dermer, un importante uomo di fiducia di Netanyahu, avrebbero dovuto recarsi a Washington per ascoltare le contro-proposte americane riguardo all’offensiva su Rafah.

Subito dopo il voto il portavoce del Consiglio di Sicurezza Nazionale della Casa Bianca John Kirby ha detto ai giornalisti che l’astensione non rappresenta un “cambio nella politica” dell’amministrazione.

Non c’è ragione perché questo sia considerato una forma di escalation”, ha detto. “Nulla è cambiato nella nostra politica. Vogliamo ancora vedere un cessate il fuoco. Vogliamo ancora liberare tutti gli ostaggi. E vogliamo ancora vedere più assistenza umanitaria verso la popolazione di Gaza.”

La decisione di Washington di astenersi attesta settimane di critiche reciproche tra Israele e l’amministrazione Biden.

Da dicembre Biden e altri alti dirigenti USA hanno contestato Israele rispetto alla sua condotta nella guerra, ma il voto di lunedì segna il punto di critica più formale degli USA.

Gli USA hanno posto tre volte il veto rispetto alle richieste di cessate il fuoco. Inoltre Washington aveva bloccato anche un emendamento che chiedeva un cessate il fuoco che la Russia aveva cercato di includere in una risoluzione del Consiglio di Sicurezza a dicembre.

La settimana scorsa gli USA avevano annunciato ufficialmente di essere pronti a limitare il proprio supporto a Israele, presentando una risoluzione per riconoscere “la necessità” di un “immediato e prolungato cessate il fuoco”.

Tuttavia quel testo era stato bloccato da Russia e Cina, che insieme agli Stati arabi lo hanno criticato per non aver chiesto esplicitamente che Israele fermasse la campagna contro Gaza.

Discussioni sulla risoluzione

Gli Stati Uniti hanno ipotizzato una risoluzione di cessate il fuoco fin da febbraio come strumento di pressione su Israele, essendo Washington sempre più frustrata da ciò che Biden ha definito “bombardamento indiscriminato” di Israele su Gaza e dalla mancata predisposizione di un piano post-guerra per l’enclave assediata, che l’ONU ha avvertito essere sull’orlo della carestia.

Frank Lowenstein, ex inviato speciale per i negoziati israelo-palestinesi nell’amministrazione Obama, aveva in precedenza detto a MEE che le crescenti critiche degli USA alle Nazioni Unite hanno rappresentato “un avvertimento a Bibi (il primo ministro Benjamin Netanyahu)”, aggiungendo che “gli israeliani sono molto sensibili riguardo all’ONU. Lo considerano un organismo ostile e confidano sugli USA perché li proteggano in quella sede.”

La risoluzione è dovuta al lavoro dei membri non permanenti del Consiglio, che hanno negoziato con gli Stati Uniti durante il weekend per evitare un ulteriore veto, secondo fonti diplomatiche che hanno espresso un certo ottimismo sulla sua approvazione.

Diversamente dal testo di venerdì, la richiesta di cessate il fuoco nella nuova risoluzione non è collegata ai colloqui in corso, condotti dal Qatar con il sostegno di Stati Uniti ed Egitto, per fermare il conflitto in cambio del rilascio degli ostaggi da parte di Hamas.

Il nuovo testo inoltre deplora “tutti gli attacchi contro civili e obbiettivi civili come anche ogni violenza e ostilità contro civili e tutti gli atti di terrorismo”.

Israele ha criticato il Consiglio di Sicurezza per le precedenti risoluzioni che non hanno specificamente condannato Hamas.

Gli attacchi compiuti da Hamas nel sud di Israele hanno ucciso 1.200 persone ed hanno portato alla cattura di 250 ostaggi condotti a Gaza.

In risposta Israele ha lanciato una sanguinosa offensiva sull’enclave assediata che ha ridotto in macerie la maggior parte della striscia costiera mediterranea.

Un recente rapporto dell’ONU ha avvertito che la carestia è imminente nel nord di Gaza, una crisi di cui molti hanno accusato Israele per aver usato la fame come arma di guerra.

 

(Traduzione dall’inglese di Cristiana Cavagna)

 




Biden più vicino che mai alla rottura con Netanyahu sulla guerra a Gaza

Yasmeen Abutaleb, John Hudson e Tyler Pager

11 febbraio 2024 – The Washington Post

Con l’aumentare delle vittime alcuni assistenti esortano Biden a criticare apertamente il primo ministro israeliano

Secondo diverse persone che sono al corrente delle loro discussioni riservate, il presidente Biden e i suoi principali collaboratori sono più che mai vicini a una rottura con il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu dall’inizio della guerra di Gaza, poiché non lo considerano più un partner costruttivo che possa essere influenzato anche in via confidenziale.

Secondo sei persone che sono al corrente delle conversazioni e che hanno parlato a condizione di restare anonime per trattare di considerazioni riservate, la crescente frustrazione nei confronti di Netanyahu ha spinto alcuni degli assistenti di Biden a esortarlo a essere più critico in modo esplicito nei confronti del primo ministro sull’operazione militare del suo Paese a Gaza.

Secondo queste persone il presidente, un convinto sostenitore di Israele che conosce Netanyahu da più di 40 anni, è stato finora in gran parte riluttante a rendere pubblica la sua personale frustrazione. Ma vi si sta lentamente avvicinando, hanno detto, dato che Netanyahu continua a far infuriare i funzionari di Biden con umiliazioni pubbliche e arroganti rifiuti alle più elementari richieste degli Stati Uniti.

Netanyahu ha irritato i funzionari statunitensi in diverse occasioni negli ultimi giorni. Ha condannato pubblicamente un accordo sugli ostaggi mentre il segretario di Stato Antony Blinken era nella regione nel tentativo di mediare l’accordo. Ha annunciato che l’esercito israeliano si sarebbe spostato nella città di Rafah, nel sud di Gaza, una mossa a cui i funzionari statunitensi si sono pubblicamente opposti perché Rafah è occupata da circa 1,4 milioni di palestinesi che vivono in condizioni disumane e sono fuggiti lì su ordine israeliano.

Netanyahu ha anche affermato che Israele non smetterà di combattere a Gaza finché non otterrà la “vittoria totale”, anche se i funzionari statunitensi credono sempre più che il suo obiettivo dichiarato di distruggere Hamas sia irrealizzabile.

Per ora la Casa Bianca ha respinto le richieste di sospendere gli aiuti militari a Israele o di imporgli condizioni, affermando che ciò non farebbe altro che incoraggiare i nemici di Israele. Ma alcuni degli assistenti di Biden sostengono che criticare apertamente Netanyahu gli permetterebbe di prendere le distanze da un leader impopolare e dalle sue politiche di terra bruciata, ribadendo al contempo il suo sostegno di lunga data a Israele stesso.

La frustrazione personale di Biden nei confronti di Netanyahu – che è andata accumulandosi da mesi – è risultata evidente giovedì, quando ha affermato che la campagna militare di Israele a Gaza è stata “eccessiva”, il suo rimprovero finora più aspro.

Il presidente ha anche parlato in modo molto più dettagliato delle sofferenze dei palestinesi, nonché del tempo e delle energie che ha speso cercando di convincere israeliani ed egiziani a concedere maggiori aiuti ai 40 km. di enclave. “Molte persone innocenti stanno morendo di fame”, ha detto Biden. “Molte persone innocenti sono in difficoltà e stanno morendo. E questo deve finire”.

Un particolare punto critico è il piano di Israele di lanciare una campagna militare a Rafah, la città più meridionale di Gaza che confina con l’Egitto e che si è ingrandita fino a diventare più di quattro volte la sua dimensione originale. “Vivono già in tende e non ricevono abbastanza cibo e acqua e gli dicono di andare da qualche altra parte”, ha detto un consigliere esterno della Casa Bianca. “Dove? E come dovrebbero arrivarci?”

Questo articolo si basa su interviste con 19 alti funzionari dell’amministrazione e consulenti esterni, molti dei quali hanno parlato a condizione di anonimato per discutere di colloqui riservati.

Gli assistenti della Casa Bianca affermano pubblicamente che non c’è stato alcun cambiamento nella strategia o nel messaggio di Biden. Ma molti dei suoi alleati sostengono che anche un brusco cambiamento della retorica avrà scarso effetto, a meno che gli Stati Uniti non inizino a imporre condizioni per il loro sostegno a Israele.

Finché sostieni senza condizioni l’operazione militare di Netanyahu a Gaza, non fa assolutamente alcuna differenza quanto cambi il tenore delle tue dichiarazioni”, ha detto Ben Rhodes, vice consigliere per la Sicurezza Nazionale dell’ex presidente Barack Obama. “Fondamentalmente bisogna decidere di non dare a Bibi un assegno in bianco in aiuti.” (“Bibi” è il soprannome comune di Netanyahu.)

Israele ha lanciato la sua campagna militare punitiva in risposta al brutale attacco di Hamas del 7 ottobre, quando i miliziani hanno fatto irruzione attraverso la recinzione di confine tra Israele e Gaza e hanno ucciso 1.200 persone, molte delle quali civili, e hanno preso circa 253 ostaggi. Da allora, secondo il Ministero della Sanità di Gaza, gli attacchi aerei e i raid israeliani hanno ucciso più di 28.000 palestinesi e provocato lo sfollamento di oltre l’80% dei 2,3 milioni di abitanti di Gaza, mentre l’assedio dell’enclave ha creato una vera catastrofe umanitaria.

La Casa Bianca ha fatto cauti passi negli ultimi giorni per segnalare la sua crescente frustrazione. Biden ha emesso un memorandum sulla sicurezza nazionale volto a garantire che i Paesi che ricevono armi statunitensi rispettino determinate linee guida, tra cui non ostacolare l’assistenza umanitaria.

All’inizio di questo mese Biden ha anche emesso un ordine esecutivo che impone sanzioni a quattro coloni della Cisgiordania per violenza contro i palestinesi, un’azione di cui Netanyahu si è lamentato durante un incontro privato con Blinken la scorsa settimana, hanno detto i funzionari. E giovedì il portavoce del Consiglio di Sicurezza Nazionale John Kirby ha detto che un’operazione israeliana a Rafah “sarebbe un disastro per la popolazione, e noi non la sosterremmo” – la critica più forte con cui la Casa Bianca si è opposta ad un’operazione militare israeliana.

Alcuni degli assistenti del presidente hanno sostenuto che Biden può ancora appoggiare Israele pur denunciando Netanyahu. Ma secondo diverse persone che hanno familiarità con il suo pensiero Biden, che gli assistenti dicono abbia un attaccamento viscerale allo Stato ebraico, ha la tendenza a vedere il primo ministro e lo Stato di Israele come la stessa cosa, e si è opposto all’idea di criticare un primo ministro in carica, soprattutto in tempo di guerra.

Secondo due ex funzionari di Obama, quando era vicepresidente Biden riteneva che Obama e Netanyahu fossero troppo spesso pubblicamente in disaccordo.

Eppure la pazienza di Biden si sta esaurendo, per il modo in cui Israele ha condotto la sua campagna militare, e il presidente sta anche pagando un crescente prezzo politico per il suo sostegno a Israele, mentre Netanyahu sembra desideroso di ottenere un tornaconto politico snobbando pubblicamente Biden. Mentre Biden si avvia verso una faticosa campagna di rielezione, i sondaggi mostrano che i giovani elettori, le persone di colore, i musulmani e gli arabi americani disapprovano fortemente la sua gestione della guerra.

Per mesi i funzionari statunitensi hanno esercitato pressioni sugli israeliani affinché consentissero l’arrivo a Gaza di maggiori aiuti umanitari, tra cui cibo, acqua e medicine, ma hanno dovuto affrontare ripetute resistenze da parte di Netanyahu e del suo governo. I manifestanti israeliani hanno anche bloccato l’ingresso dei camion degli aiuti attraverso il valico di frontiera con Gaza di Kerem Shalom.

Un alto funzionario dell’amministrazione che parla regolarmente con il presidente ha affermato che i commenti insolitamente taglienti di Biden giovedì riflettono ciò che ha detto a lungo in privato.

Non penso che qualcuno possa guardare a ciò che gli israeliani hanno fatto a Gaza e non dire che è esagerato”, ha detto il funzionario. “È tutto frustrante con gli israeliani. Hanno pensato a ciò che avverrà dopo a Gaza? No. Non si sono cimentati con le domande veramente difficili”.

Biden tiene profondamente a portare più aiuti umanitari a Gaza, ha detto il funzionario, aggiungendo che “ci pensa costantemente” ed è frustrato dagli ostacoli che Israele sta frapponendo. “Tutto è una continua lotta”, ha detto il funzionario.

Alla frustrazione dei funzionari statunitensi si aggiunge il loro profondo scetticismo sulla capacità di Israele di raggiungere l’obiettivo dichiarato della vittoria militare totale.

Come riportato per la prima volta dal New York Times, funzionari a conoscenza di un briefing a porte chiuse la scorsa settimana, dei funzionari dell’intelligence statunitense hanno detto ai parlamentari che, sebbene Israele abbia ridotto le capacità militari di Hamas, dopo più di 100 giorni dall’inizio della sua campagna non è vicino all’eliminazione del gruppo.

I leader statunitensi sono scettici nei confronti dell’affermazione di Netanyahu secondo cui avrebbe distrutto due terzi delle squadre combattenti di Hamas, e avvertono che l’alto livello di vittime civili sta garantendo che per decenni a venire accanto a Israele vivrà una popolazione radicalizzata.

Nell’immediato futuro i funzionari statunitensi sono quasi interamente concentrati sulla conclusione di un accordo che vedrebbe il rilascio di molti dei restanti 130 ostaggi israeliani a Gaza in cambio di prigionieri palestinesi e una pausa a lungo termine nei combattimenti.

Funzionari della Casa Bianca hanno affermato che un cessate il fuoco temporaneo consentirebbe loro di far arrivare a Gaza gli aiuti umanitari di cui c’è disperatamente bisogno. Sperano anche che possa fornire lo spazio per iniziare ad affrontare le questioni più difficili del futuro, tra cui chi governerà Gaza, come rendere possibile la nascita di uno Stato palestinese e come riformare l’Autorità Palestinese che governa alcune parti della Cisgiordania.

I funzionari della Casa Bianca sono sempre più vicini alla conclusione che Netanyahu sia concentrato sulla propria sopravvivenza politica a prescindere da qualsiasi altro obiettivo, e che sia ansioso di presentarsi come colui che tiene testa al sostegno di Biden per la soluzione a due Stati. Durante una conferenza stampa il mese scorso, Netanyahu ha rimproverato pubblicamente Biden per il suo sostegno allo Stato palestinese, affermando che un primo ministro israeliano deve essere “capace di dire no ai nostri amici”.

Netanyahu sta giocando la propria politica in patria, e se pensa che denigrare pubblicamente Biden lo possa aiutare, lo farà”, ha detto Frank Lowenstein, ex funzionario del Dipartimento di Stato che ha contribuito a condurre i negoziati israelo-palestinesi del 2014.

Gli assistenti dicono che uno dei motivi principali per cui Biden non ha criticato prima Netanyahu è il suo rapporto decennale con il primo ministro. Biden afferma spesso di dire a Netanyahu: “Ti voglio bene Bibi, anche se non ti sopporto”.

Talvolta Netanyahu ha contribuito a rafforzare la visione di Biden di Israele come un eroico baluardo contro l’antisemitismo globale. Secondo una persona presente allo scambio, che parla a condizione dell’anonimato per descrivere un colloquio privato, durante una visita quando Biden era vicepresidente Netanyahu gli mostrò foto di immagini grossolanamente antisemite provenienti da Hamas e sostenne che quella istigazione era la ragione per cui non si poteva fare la pace con i palestinesi.

Man mano che la frustrazione di Biden cresce, il presidente parla meno di frequente con il leader israeliano. Secondo un alto funzionario dell’amministrazione presente alla conversazione, la loro ultima conversazione, a metà gennaio, era stata in gran parte incentrata sul potenziale accordo sugli ostaggi.

Biden spingeva Netanyahu a “buttare giù un’offerta e mettere alla prova Hamas”, ha detto il funzionario. Il presidente ha poi parlato con il presidente egiziano Abdel Fatah El-Sisi e con l’emiro del Qatar Tamim bin Hamad Al Thani, esortandoli a fare pressione su Hamas affinché le due parti potessero avvicinarsi a un accordo.

In questo contesto, il presidente e i suoi collaboratori si sono arrabbiati quando la scorsa settimana Netanyahu ha pubblicamente rifiutato l’ultima proposta di Hamas sugli ostaggi poche ore dopo che Blinken, che era in Israele per la quinta volta dall’inizio della guerra, aveva dichiarato che era una proposta promettente.

La resa alle ridicole richieste di Hamas – che abbiamo appena sentito – non porterà alla liberazione degli ostaggi, e provocherà solo un altro massacro”, ha detto Netanyahu.

Ore dopo Blinken ha espresso le critiche sinora più acute sull’alto numero di vittime civili a Gaza, sulle restrizioni israeliane agli aiuti e sulla retorica incendiaria di Netanyahu e dei suoi ministri che, secondo lui, causano “profonde preoccupazioni” agli Stati Uniti.

Il pedaggio quotidiano che le sue operazioni militari continuano a infliggere a civili innocenti rimane troppo alto”, ha detto mercoledì Blinken ai giornalisti in una conferenza stampa a Tel Aviv. “Gli israeliani sono stati disumanizzati nel modo più orribile il 7 ottobre. Da allora gli ostaggi sono stati disumanizzati ogni giorno. Ma questa non può essere una licenza per privare altri della loro umanità”.

(traduzione dall’inglese di Luciana Galliano)




Netanyahu voleva distruggere Hamas. Questa guerra potrebbe distruggere Israele

David Hearst

22 dicembre 2023 – Middle East Eye

La guerra di Gaza è stata un enorme errore di valutazione di Israele. Oltre a essere un disastro morale e militare, sta rinfocolando la resistenza e riaccendendo le braci della rabbia in tutto il mondo arabo.

Durante l’assedio di Beirut nel luglio 1982, dopo un bombardamento israeliano particolarmente intenso, il presidente degli USA Ronald Reagan chiamò il primo ministro israeliano Menachem Begin per chiedergli di porvi fine.

“Notte dopo notte qui sulle nostre televisioni vengono mostrati al nostro popolo i segni di questa guerra ed è un olocausto,” disse Reagan.

A differenza del democratico che siede oggi alla Casa Bianca, il presidente repubblicano poteva ed era pronto a sostenere con l’azione le proprie parole. Gli USA misero fine alle bombe a grappolo e alla vendita di F16 a Israele.

Il numero dei morti nella guerra del Libano varia enormemente. Secondo le stime libanesi nei quattro mesi che seguirono il lancio dell’invasione furono uccisi 18.085 libanesi e palestinesi. Le cifre dell’OLP sono di 49.600 civili uccisi o feriti.

In appena due mesi Israele ha ucciso lo stesso numero di persone, ma ha inflitto a Gaza un livello di distruzione molto maggiore. 

Secondo gli analisti militari intervistati dal Financial Times la devastazione di Israele nel nord di Gaza, dove dal 4 dicembre è stato distrutto il 68% degli edifici, è paragonabile al bombardamento alleato di Amburgo (75%), Colonia (61%), e Dresda (59%) avvenuto in quelle città dopo due anni di bombardamenti.

Circa 20.000 palestinesi, il 70% donne e minori, sono stati uccisi in metà del tempo che ci volle a costringere l’OLP a lasciare Beirut ovest nel 1982. Eppure la sete di sangue di Israele dopo l’attacco di Hamas il 7 ottobre non è ancora stata saziata. 

Interpretando un sentimento diffuso, Zvi Yehezkeli, corrispondente per gli affari arabi di Channel 13, ha detto che Israele dovrebbe uccidere 100.000 palestinesi. Daniella Weiss, capo del Movimento dei Coloni Israeliani, ha detto che Gaza deve essere rasa al suolo, in modo che i coloni possano vedere il mare.

Terra sacra

A differenza dell’assedio di Beirut o del massacro del 1982 nei campi profughi di Sabra e Shatila, il bombardamento notturno di Gaza viene trasmesso in diretta da Al Jazeera

Milioni di arabi non riescono a distogliere gli occhi dalle scene di orrore in tempo reale. Una signora di 91 anni ad Amman, in Giordania, ha detto al figlio di vergognarsi di mangiare davanti alla televisione mentre Israele sta riducendo Gaza alla fame. 

La fame forzata di massa non è un’esagerazione.

Human Rights Watch ha accusato Israele di usare la fame di massa come arma di guerra. La politica governativa di affamare Gaza è stata confermata da Miri Regev, ministra dei Trasporti, che, in un recente incontro di gabinetto ha chiesto se la fame potrebbe influenzare i leader di Hamas. I suoi colleghi hanno dovuto correggerla precisando che la fame è un crimine di guerra.

L’effetto che queste immagini sta avendo è una catastrofe non solo per questo governo, o per ogni futuro governo di Israele, ma anche per tutti quegli ebrei che decideranno di restare in questa terra quando il conflitto sarà finalmente terminato.

La distruzione di Gaza sta gettando le fondamenta per altri 50 anni di guerra. Generazioni di palestinesi, arabi e musulmani non dimenticheranno mai la barbarie con cui oggi Israele sta smantellando l’enclave. Gaza, di per sé un grande campo profughi, sta diventando terra sacra.

Crollo del sostegno all’ANP

Ci sono israeliani che hanno capito. Ami Ayalon, ex capo di Shin Bet e comandante della marina, è uno di loro. Ayalon ha identificato una debolezza fondamentale nel pensiero convenzionale nei circoli israeliani della sicurezza.

Ha detto ad Aaron David Miller, analista USA del Medio Oriente, che se l’esercito israeliano vede la vittoria attraverso il prisma dello strapotere – cioè più persone uccide e maggiore è la distruzione più pensa di aver vinto – Hamas considera la vittoria attraverso il prisma del potere di persuasione – più cuori e menti conquista, più grande è la vittoria.

Gli israeliani stanno commettendo lo stesso errore dei francesi in Algeria quando, fra il 1954 e il 1962, uccisero da mezzo milione a un milione e mezzo di algerini, dal 5% al 15% della popolazione, pensando che così facendo avrebbero vinto la guerra. Tuttavia alla fine della guerra dovettero andarsene e concedere l’indipendenza all’Algeria.

Null’altro può spiegare la spettacolare ascesa di Hamas nei sondaggi in Cisgiordania, Giordania e persino in posti come l’Arabia Saudita, dove i leader hanno cercato deliberatamente di seppellire la guerra organizzando dei festival.

Khalil Shikaki, sondaggista molto rispettato dell’OLP e che non ama molto Hamas, ha rilevato che il 72 % degli intervistati crede che Hamas sia stata nel “giusto” a lanciare il suo attacco del 7 ottobre, con l’82% di sostegno in Cisgiordania.

Allo stesso tempo il sostegno per l’Autorità Palestinese è di conseguenza crollato. Shikaki riporta che il 60% ne vorrebbe lo scioglimento.

Una serie di valutazioni dell’intelligence USA conferma la rapidissima ascesa della popolarità di Hamas dall’inizio della guerra. Funzionari a conoscenza delle diverse valutazioni dicono che il gruppo si è piazzato con successo in varie parti del mondo arabo e musulmano come difensore della causa palestinese e un combattente efficace contro Israele, come riportato dalla CNN.

Brutte notizie per tutti quei Paesi, naturalmente con gli USA in testa, che pensano che l’AP possa rimpiazzare Hamas a Gaza. Queste non sono solo cifre. È la nuova realtà politica dopo il 7 ottobre.

Ognuno degli alti papaveri di Fatah che la pensi diversamente viene immediatamente contestato. Oggi l’ambizioso esiliato palestinese Mohammed Dahlan [ex-capo della sicurezza di Fatah a Gaza, acerrimo nemico di Hamas e cacciato da Abu Mazen per corruzione, ndt.] e il suo clan sembrano sostenitori di lunga data di Hamas, non come quando si consideravano il fulcro di un piano internazionale per scacciare Hamas da Gaza nel 2007 dopo che aveva vinto le libere elezioni dell’anno prima.

Affare fatto

Ma Hussein al-Sheikh, segretario del comitato esecutivo dell’OLP e recentemente consacrato successore di Mahmoud Abbas, presidente dell’ANP, non ha ancora capito il cambiamento di atmosfera a Ramallah.

Sheikh, parlando a Reuters, ha attaccato Hamas dicendo che dal 2008 ha combattuto cinque guerre contro Israele e non ha ottenuto nulla con l’occupazione militare.

“Alcuni non accettano di credere che i suoi metodi e il suo approccio nella gestione del conflitto con Israele siano l’ideale e il migliore.

“Dopo tutte queste [morti] e dopo tutto quello che è successo, non vale la pena di fare una valutazione seria, onesta e responsabile per proteggere il nostro popolo e la nostra causa palestinese?

Non vale la pena discutere come gestire questo conflitto con l’occupazione israeliana?” dice Sheikh.

Sheikh sembra insinuare che la presa di potere dell’ANP a Gaza dopo guerra sia un affare fatto. Ha detto all’israeliano Channel 12 che Israele e l’AP si sono accordati su un meccanismo che permetterà all’Autorità di ricevere i fondi trattenuti [da Israele] fin dall’inizio della guerra.

Ci sono voluti due giorni interi a Sheikh per fare dietrofront sul suo attacco contro Hamas. Gli è stato chiesto come un leader di Fatah che nei sondaggi ha il 3% possa criticare Hamas, con il suo 48% sul suo stesso terreno.

Sheikh, questa volta parlando con Al Jazeera, ha detto che i suoi commenti sulle responsabilità di Hamas erano stati “fraintesi”: “L’Autorità Palestinese è la prima a difendere la resistenza,” ha detto nervosamente.

Divide et impera

L’offensiva israeliana contro Gaza ha certamente cambiato l’intero Medio Oriente, come aveva promesso il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, ma non in modi da cui trarranno beneficio il suo governo o quelli futuri.

Per 17 anni Gaza è stata dimenticata o ignorata dal resto del mondo, eccetto durante le guerre del 2009, 2012, 2014 e 2021, l’America e le maggiori potenze europee hanno fatto del loro meglio per rafforzare l’assedio di Gaza da parte di Israele e dell’egiziano Abdel Fattah el-Sisi.

Bene, con il 60% distrutto e la gran parte della sua popolazione di 2.3 milioni senza case, scuole, ospedali, strade, negozi o moschee a cui far ritorno, non c’è pericolo che Gaza venga più ignorata.

Se per 17 anni la politica di Israele è stata dividere per dominare, separando Gaza dalla Cisgiordania ed eliminando tutte le possibilità di prendere parte a un governo di unità nazionale, Gaza e la Cisgiordania sono riunite come mai prima.

Se la Giordania è stata tranquilla per 50 anni dopo la sanguinosa guerra fra il suo esercito e l’OLP, se le divisioni fra i giordani dell’est e i cittadini palestinesi della Giordania sono state improntate da mutua sfiducia, oggi la Giordania, sia giordani che palestinesi, è un calderone ribollente di odio contro Israele. Ci sono crescenti tentativi di contrabbandare armi verso la Cisgiordania nei 360 km di confine, lungo oltre quattro volte quello con Libano e Siria.

La Giordania stima che Israele avrà bisogno di cinque volte il numero di truppe schierate lungo il confine libanese per metterlo in sicurezza.

In Giordania, con 13 campi profughi e milioni di palestinesi che sono cittadini, c’è la più grande concentrazione della diaspora palestinese, circa sei milioni, superando in numero i palestinesi che vivono in Cisgiordania e a Gaza.

Se il 6 ottobre Netanyahu si è vantato dell’imminente vittoria dei sionisti, sventolando davanti all’assemblea generale delle Nazioni Unite una mappa di Israele dove la Palestina era cancellata, oggi le sue vanterie sembrano tristemente mal riposte; se la firma dell’Arabia Saudita sull’accordo che riconosce Israele era considerata solo una questione di tempo, oggi gli Accordi di Abramo si sono dissolti nel calderone che Israele ha acceso a Gaza.  

Lo scaricabarile di Netanyahu

E le opinioni in Arabia Saudita? L’ultimo sondaggio contiene due cifre sorprendenti per un Paese il cui leader sta deliberatamente cercando di scrollarsi di dosso vecchie abitudini, incluso il sostegno alla Palestina.  Il 91% concorda che la guerra a Gaza sia una vittoria per palestinesi, arabi e musulmani e il 40% ha un atteggiamento positivo su Hamas, un cambiamento di 30 punti dall’agosto di quest’anno.

Oggi se si legge e ascolta quello che hanno da dire sauditi, qatarioti, emiratini e bahreiniti, il riconoscimento di Israele assomiglia straordinariamente all’iniziativa araba di pace del 2002 che gli accordi [di Abramo] avrebbero dovuto sostituire.

La caratteristica principale degli Accordi di Abramo studiata dall’ex ambasciatore USA in Israele, David M Friedman, e da Jared Kushner [genero e consigliere di Trump, ndt.], era di rendere irrilevante il veto palestinese. Ora c’è di nuovo. Anche se altri Paesi li firmeranno ciò sta diventando irrilevante, dato che la vera lotta si è cristallizzata fra i palestinesi e Israele. 

Fra le rovine di tutti questi piani Netanyahu e la sua coalizione di estrema destra hanno una sola direzione in cui possono andare: avanti. Non possono ritirarsi.

Per la propria sopravvivenza politica e giudiziaria Netanyahu deve continuare la guerra. Così come il sionismo nazional-religioso [l’estrema destra dei coloni, ndt.]. Itamar Ben-Gvir e Bezalel Smotrich [ministri di estrema destra, ndt.] sanno che perderebbero un’opportunità che si presenta solo una volta nella vita per cambiare l’equilibrio demografico fra ebrei e palestinesi in Cisgiordania se Netanyahu è costretto dal presidente USA Joe Biden a porre fine alla guerra.

Alla domanda di Middle East Eye su quali piani abbia Israele per il “giorno dopo” la fine della guerra, esperti analisti israeliani ed ex diplomatici sono stati unanimi nelle loro risposte: non ce ne sono. 

Eran Etzion, ex diplomatico e membro del Consiglio Nazionale di Sicurezza, ha detto che Netanyahu sta sicuramente pensando al giorno dopo, ma solo a come ciò influenzerà le sue possibilità di sopravvivenza politica.

È molto chiaro che si è già reso conto che gli americani stanno per fermarlo prima che abbia raggiunto gli obiettivi della guerra,” ha detto.

Si sta già preparando per lo ‘scaricabarile’, i suoi bersagli saranno Biden, i capi militari, i media, e come si dice in ebraico, tutto il mondo e sua moglie che gli hanno impedito di raggiungere la vittoria.

“Quindi per lui il giorno dopo è la continuazione della guerra a ogni costo, dato che lo scopo è restare al potere.”

Etzion ha fatto notare che, anche dopo due mesi di campagna, non c’è nessun contesto ufficiale o gruppo di politici che pianifichi la gestione del dopoguerra a Gaza, e non ci sono discussioni ufficiali fra l’establishment della difesa israeliana e i funzionari USA a Washington.

Incredibile errore di valutazione

La guerra potrebbe esaurirsi sotto la pressione USA e continuare come un conflitto caratterizzato da attacchi dell’esercito israeliano contro i leader di Hamas e una guerriglia prolungata di combattenti in piccole unità. 

Ma questo comporta che Israele non solo si impadronisca del valico di Rafah e sigilli i tunnel per impedire ad Hamas di rifornirsi con armi contrabbandate oltre confine, significa che Israele provveda all’amministrazione civile del nord di Gaza, che ha completamente distrutto.

Per la destra gli ostaggi che Hamas continua a detenere sono praticamente come già morti, ma Netanyahu subirà una pressione crescente dalle loro famiglie perché abbandoni la sua guerra.

I fantasmi del Libano stanno veramente ritornando indietro a perseguitare Israele. Ci vollero 15 anni perché Israele se ne andasse quando Beirut era diventata indifendibile, ma nel 2000 se ne andò. Quando lo fece Hezbollah diventò la forza militare e politica predominante in quel Paese.

Questa guerra è stata un incredibile errore di valutazione per Israele. È un disastro militare oltre che morale. Sta dando alla resistenza una popolarità e uno status nel mondo arabo mai visti in molti decenni.

Neppure la prima e la seconda intifada hanno avuto il successo di Hamas a Gaza negli ultimi due mesi. Gaza ha riacceso le braci della rabbia araba per le umiliazioni subite per mano degli immigrati ebrei.

Il risultato di questa guerra potrà essere un continuo stato di conflitto che priverà Israele della sua affermazione di essere diventato un normale Stato occidentale. In queste condizioni, l’allargamento della guerra esisterà sempre, come mostrano gli attacchi degli Houthi dello Yemen contro i cargo occidentali che passano attraverso il mar Rosso.

Mitut Hamas” (crollo di Hamas) slogan in ebraico e scopo del gabinetto di guerra israeliano. Dopo due mesi di una tale distruzione, potrebbero aggiornarlo con questo: “Mitut Israel”, perché è questo l’effetto che potrebbe avere questa guerra.

Le opinioni espresse in questo articolo appartengono all’autore e non riflettono necessariamente la politica editoriale di Middle East Eye.

David Hearst è cofondatore e capo redattore di Middle East Eye. È un commentatore e conferenziere sulla regione e analista dell’Arabia Saudita. È stato capo redattore di politica estera per The Guardian e corrispondente in Russia, Europa e da Belfast. È arrivato a The Guardian da The Scotsman, dove si occupava del settore dell’istruzione.

(traduzione dall’inglese di Mirella Alessio)