Rapporto OCHA del periodo 8 – 21 marzo 2022

1). Nel contesto di due operazioni di ricerca-arresto, nel corso delle quali alcuni palestinesi hanno aperto il fuoco o lanciato bottiglie incendiarie, o pietre contro forze israeliane, queste hanno sparato, uccidendo due palestinesi, tra cui un minore, e ferendone altri tre.

[seguono dettagli]. Il 15 marzo, nel Campo profughi di Balata (Nablus), un ragazzo di 16 anni è stato ucciso con arma da fuoco; secondo fonti israeliane, il giovane aveva aperto il fuoco contro le forze israeliane impegnate nella cattura di un palestinese del Campo; nel corso dell’operazione altri due palestinesi sono rimasti feriti. Le prime indagini delle Organizzazioni per i Diritti Umani indicano che il ragazzo non era coinvolto nello scontro a fuoco. Lo stesso giorno, nel Campo profughi di Qalandiya (Gerusalemme), un palestinese 21enne è stato ucciso con arma da fuoco e un altro è rimasto ferito; secondo un funzionario israeliano citato dai media israeliani, da parte palestinese vi erano stati lanci di ordigni esplosivi contro le forze israeliane che avevano fatto irruzione nel Campo per arrestare un altro uomo. Un altro palestinese è rimasto ferito nel Campo profughi di Ad Duhaishe (Betlemme), sempre durante un’operazione di ricerca-arresto. In nessuno dei tre episodi è stato riportato alcun ferimento di israeliani. In totale, le forze israeliane hanno effettuato 95 operazioni di questo tipo, arrestando 143 palestinesi, inclusi dodici minori.

2). Un palestinese di 23 anni è morto per le ferite riportate il 2 marzo vicino a Burqa (Nablus); le forze israeliane l’avevano colpito con arma da fuoco nel corso di una protesta in solidarietà con i prigionieri palestinesi. Ciò porta a 18 il numero totale di palestinesi uccisi dalle forze israeliane in Cisgiordania (compresa Gerusalemme Est) dall’inizio dell’anno; sono inclusi tre palestinesi autori o presunti autori di attacchi contro israeliani.

3). Complessivamente, in Cisgiordania, sono stati feriti dalle forze israeliane 222 palestinesi, inclusi 37 minori, con un incremento del 60% rispetto al precedente periodo di riferimento [seguono dettagli]. La maggior parte dei feriti (190) sono stati registrati vicino a Beita e Beit Dajan (entrambi a Nablus) e Kafr Qaddum (Qalqiliya), in manifestazioni contro gli insediamenti [colonici]. Nella città di Nablus, 20 persone sono rimaste ferite in seguito all’ingresso di coloni israeliani in un sito religioso (La Tomba di Giuseppe), accompagnati da forze israeliane. Secondo fonti della locale Comunità palestinese, le forze israeliane hanno sparato in aria bombe assordanti, innescando scontri con i residenti locali, che hanno lanciato pietre contro le forze israeliane. Altri otto palestinesi, tra cui due minori, sono rimasti feriti durante il lancio di pietre contro forze israeliane in servizio presso un checkpoint collocato tra le aree H1 e H2 della città di Hebron; queste ultime hanno sparato proiettili veri e proiettili di gomma. Altri quattro feriti sono stati segnalati in operazioni di ricerca-arresto (vedi sopra). Del totale di feriti palestinesi, nove sono stati colpiti da proiettili veri, 28 da proiettili di gomma e la maggior parte dei rimanenti sono stati curati per aver inalato gas lacrimogeno.

4). A Gerusalemme sono avvenuti due accoltellamenti ad opera di palestinesi [seguono dettagli]. Il 19 marzo, a Gerusalemme Ovest, un palestinese di Gerusalemme Est ha accoltellato e ferito un civile israeliano ed è stato successivamente colpito e ferito da forze israeliane. Il 20 marzo, nel quartiere di Ras al ‘Amud a Gerusalemme Est, un altro palestinese ha accoltellato e ferito due poliziotti israeliani ed è stato successivamente arrestato.

5). Nella Striscia di Gaza, un ragazzo palestinese di 15 anni è stato ferito dall’esplosione di un residuato bellico trovato a terra. Il ragazzo ha riportato gravi ferite che hanno reso necessaria l’amputazione di una mano.

6). In diverse località della Cisgiordania le forze israeliane hanno continuato a limitare il movimento dei palestinesi [seguono dettagli]. Gli ingressi principali ai villaggi di Burqa e Al Mas’udiya (entrambi a Nablus) sono rimasti bloccati da cumuli di terra e blocchi di cemento; in prossimità di questi due villaggi, il 16 dicembre 2021, un colono israeliano fu ucciso da un colpo di arma da fuoco sparato da palestinesi. Queste misure hanno costretto circa 8.000 palestinesi a ricorrere a lunghe deviazioni, rendendo difficoltoso il loro accesso ai mezzi di sussistenza ed ai servizi. Il 13 e 19 marzo, le forze israeliane hanno bloccato l’ingresso principale del villaggio di Sinjil (Ramallah) e chiuso un cancello stradale posto tra il villaggio di An Nabi Salih (Ramallah) e la strada 60, interrompendo l’accesso diretto di circa 7.000 palestinesi ai mezzi di sussistenza e ai servizi e costringendoli a lunghe deviazioni. Queste chiusure sono presumibilmente collegate al lancio di pietre, da parte palestinese, contro i veicoli di coloni israeliani. Nell’area H2 di Hebron, in seguito al lancio di pietre da parte di palestinesi contro una torre militare presidiata da soldati israeliani, forze israeliane hanno impedito ai pedoni ed ai residenti palestinesi di entrare ed uscire dalla Città Vecchia di Hebron e, per cinque giorni consecutivi, hanno costretto i proprietari di negozi a chiudere per diverse ore.

7). In Area C ed a Gerusalemme Est, adducendo la mancanza di permessi di costruzione rilasciati da Israele, le autorità israeliane hanno demolito, confiscato o costretto i proprietari a demolire nove abitazioni ed altre strutture palestinesi. Di conseguenza, undici persone sono state sfollate, tra cui sette minori, e sono stati colpiti i mezzi di sussistenza di oltre 70 altre. Otto delle strutture erano in Area C e una a Gerusalemme Est.

8). Coloni israeliani hanno ferito due palestinesi e persone conosciute come coloni israeliani, o ritenute tali, hanno danneggiato proprietà palestinesi in 20 casi [seguono dettagli]. I ferimenti si sono verificati vicino a Kisan (Betlemme), dove coloni hanno aggredito fisicamente e spruzzato liquido al peperoncino su donne palestinesi che pascolavano il bestiame. In quattro episodi verificatisi vicino agli insediamenti israeliani prossimi ad Al Mughayyir (Ramallah), Kafr ad Dik e Yasuf (entrambi a Salfit), circa 155 alberi e alberelli di proprietà palestinese sono stati sradicati o vandalizzati. A Far’ata (Qalqiliya) e Qaryut (Nablus), i pneumatici di venti auto di proprietà palestinese sono stati forati e sui muri di tre case sono state dipinte scritte ingiuriose, secondo quanto riferito, ad opera di coloni di Gilad Farm e Shilo. Quattro episodi accaduti a Nablus, Salfit e Ramallah, includono l’irruzione in una casa e in un terreno agricolo, il furto di attrezzature agricole e il danneggiamento di raccolti. Nell’area H2 di Hebron, coloni hanno lanciato pietre contro pedoni e case palestinesi, danneggiando almeno tre case.

9). Persone conosciute come palestinesi, o ritenute tali, hanno ferito tre israeliani e danneggiato diversi veicoli israeliani. Oltre al civile israeliano che è stato accoltellato a Gerusalemme Ovest (vedi sopra), due coloni israeliani sono rimasti feriti dal lancio di pietre contro veicoli in transito su strade della Cisgiordania, nei governatorati di Hebron e Gerusalemme. In dodici episodi, veicoli israeliani sono stati danneggiati dal lancio di pietre o bottiglie incendiarie.

10). Vicino alla recinzione perimetrale israeliana e al largo della costa di Gaza, in almeno 24 casi, le forze israeliane hanno aperto il fuoco di avvertimento, secondo quanto riferito, per far rispettare [ai palestinesi] le restrizioni di accesso [loro imposte da Israele]. Non sono stati segnalati feriti. In due casi, cinque palestinesi di Gaza, compreso un minore, sono stati arrestati dalle forze israeliane mentre, a quanto riferito, tentavano di entrare in Israele attraverso la recinzione. Un palestinese di Gaza è stato arrestato dalle forze israeliane al valico di Erez. In due occasioni, le forze israeliane, [entrate] all’interno di Gaza, hanno spianato terreni prossimi alla recinzione, danneggiando almeno 1,9 ettari di colture.

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nota 1:

I Rapporti ONU OCHAoPt vengono pubblicati ogni due settimane in lingua inglese, araba ed ebraica; contengono informa-zioni, corredate di dati statistici e grafici, sugli eventi che riguardano la protezione dei civili nei territori palestinesi occupati.

sono scaricabili dal sito Web di OCHAoPt, alla pagina:https://www.ochaopt.org/reports/protection-of-civilians

L’Associazione per la pace – gruppo di Rivoli, traduce in italiano l’edizione inglese dei Rapporti.

nota 2: Nella versione italiana non sono riprodotti i dati statistici ed i grafici. Le scritte [in corsivo tra parentesi quadre]

sono talvolta aggiunte dai traduttori per meglio esplicitare situazioni e contesti che gli estensori dei Rapporti

a volte sottintendono, considerandoli già noti ai lettori abituali.

nota 3: In caso di discrepanze (tra il testo dei Report e la traduzione italiana), fa testo il Report originale in lingua inglese.

Associazione per la pace – Via S. Allende, 5 – 10098 Rivoli TO; e-mail: assopacerivoli@yahoo.it

 



Rapporto OCHA del periodo 22 settembre – 5 ottobre 2020

Il 5 ottobre, nei pressi del villaggio di Beit Lid, a Tulkarm, le forze israeliane hanno colpito con arma da fuoco e ucciso un palestinese di 28 anni.

Secondo fonti di media israeliani, l’uomo faceva parte di un gruppo di tre persone che stavano lanciando bottiglie incendiarie contro soldati vicino al checkpoint di Enav; le altre due persone sono riuscite a fuggire. Questa morte porta a 20 il numero di palestinesi uccisi in Cisgiordania dall’inizio dell’anno.

In Cisgiordania, durante il periodo in esame, 27 palestinesi sono stati feriti dalle forze israeliane [seguono dettagli]. Nella città di Hizma (Gerusalemme), in circostanze non ancora chiare, soldati israeliani hanno sparato, ferendo alla testa un ragazzo di 15 anni. Vicino al villaggio di Qusra (Nablus), le forze israeliane, intervenute per fermare uno scontro tra coloni e agricoltori, hanno sparato proiettili di gomma e lacrimogeni, ferendo otto palestinesi. Gli scontri erano scoppiati dopo che alcuni coloni avevano aggredito contadini palestinesi intenti a lavorare la propria terra. A Kafr Qaddum (Qalqiliya), sette palestinesi sono rimasti feriti durante la protesta settimanale. Altri due sono rimasti feriti nel villaggio di ‘Asira al Qibliya, dove agricoltori palestinesi ed attivisti stavano arando e piantando alberi su un terreno, nel tentativo di impedire ai coloni di impossessarsene. Inoltre, nei Campi profughi di Jenin e Ein as Sultan (Gerico), e nei villaggi di Surif e Beit Ummar (entrambi a Hebron), nel corso di scontri per motivi specifici con le forze israeliane, sono stati registrati quattro feriti. Altri tre palestinesi sono rimasti feriti, in circostanze non chiare, nel villaggio di Kafr Malik (Ramallah) e nella città di Jenin. I restanti due palestinesi sono rimasti feriti nei governatorati di Tulkarm e Jenin, nel tentativo di entrare in Israele attraverso brecce nella Barriera. Complessivamente, 14 persone sono state ferite da proiettili gommati, nove da proiettili di arma da fuoco e i rimanenti sono stati aggrediti fisicamente o hanno avuto bisogno di trattamento medico a seguito dell’inalazione di gas lacrimogeno.

In Cisgiordania, le forze israeliane hanno effettuato 226 operazioni di ricerca ed hanno arrestato almeno 180 palestinesi; ciò rappresenta un aumento dell’87% rispetto alla media quindicinale registrata finora nel 2020. Come in precedenti settimane, la maggior parte delle operazioni (42) è avvenuta nel governatorato di Gerusalemme, in particolare nel quartiere Al ‘Isawiya di Gerusalemme Est, seguito dai governatorati di Hebron (35) e Qalqiliya (31). Ad al ‘Isawiya, nella notte del 1° ottobre, e fino a mezzogiorno del giorno successivo, si è svolta un’operazione su vasta scala, con almeno 18 [dei 180] palestinesi arrestati. Ad Al Isawiya, dalla metà del 2019, sono in corso intense operazioni di polizia che generano un aumento delle tensioni ed interruzioni delle attività quotidiane per almeno 18.000 residenti.

Il 25 settembre, le forze navali egiziane hanno aperto il fuoco contro un peschereccio palestinese, uccidendo due pescatori e ferendone un altro. L’imbarcazione sulla quale stavano navigando i tre pescatori, che erano fratelli, secondo quanto riferito, avrebbe sconfinato nelle acque egiziane a sud della città di Rafah. Dal novembre 2018, questo è il primo episodio in cui pescatori palestinesi vengono uccisi da forze egiziane. Il Sindacato di pesca a Gaza ha chiesto di sospendere la pesca per un giorno per protestare contro l’accaduto.

Il 5 ottobre, un gruppo armato palestinese ha lanciato un razzo verso il sud di Israele, senza provocare feriti o danni a proprietà. Successivamente, l’aviazione israeliana ha effettuato un attacco aereo, prendendo di mira un sito militare a Gaza, provocando danni, ma non feriti.

Nella Striscia di Gaza, presumibilmente per far rispettare ai palestinesi le restrizioni loro imposte sia sull’accesso alle aree adiacenti la recinzione perimetrale israeliana, sia al largo della costa, le forze israeliane hanno aperto il fuoco di avvertimento in almeno 28 occasioni; non sono stati registrati feriti. In uno degli episodi, le forze navali israeliane hanno usato cannoni ad acqua, facendo affondare tre barche da pesca. In due occasioni, le forze israeliane sono entrate a Gaza ed hanno effettuato operazioni di spianatura del terreno e di scavo vicino alla recinzione perimetrale. Inoltre, tre palestinesi sono stati arrestati dalle forze israeliane vicino alla recinzione perimetrale mentre, secondo quanto riferito, cercavano di infiltrarsi in Israele.

Per mancanza di permessi di costruzione rilasciati da Israele, le autorità israeliane hanno demolito o sequestrato 42 strutture di proprietà palestinese, sfollando 53 palestinesi e creando ripercussioni di diversa entità su circa 150 persone [seguono dettagli]. La maggior parte delle strutture demolite (39), di cui 15 fornite come assistenza umanitaria, e tutti gli sfollamenti, sono stati registrati in Area C. Queste includevano sei strutture abitative, dislocate nelle Comunità di Ar Rakeez e Mantiqat Shi’b al Butum, sulle colline a sud di Hebron, situate in un’area chiusa destinata [da Israele] all’addestramento militare; sono state sfollate 27 persone [delle 53]. Nel villaggio di Kisan (Betlemme), nello stesso episodio, sono state demolite altre otto strutture, sfollando 13 palestinesi. Inoltre, a Khirbet Yarza (Tubas), Ni’lin (Ramallah) e Deir Samit (Hebron), sei strutture sono state demolite sulla base di un “Ordine militare 1797”, che consente la demolizione entro 96 ore dall’emissione del medesimo. A Gerusalemme Est sono state demolite tre strutture di sostentamento; non sono state registrate autodemolizioni.

Il 1° ottobre, in risposta a una lettera della Coalizione Civica per i Diritti dei Palestinesi a Gerusalemme e della ONG israeliana Adalah [Centro Legale per i Diritti delle Minoranze Arabe in Israele], il Ministero della Giustizia di Israele ha accettato di ripristinare la linea di condotta applicata a marzo con l’intento di fermare la demolizione di edifici residenziali abitati a Gerusalemme Est durante la prima ondata della pandemia COVID-19. L’accordo non si applicherà alle strutture realizzate dopo il 1° ottobre. L’emissione di ordini di demolizione amministrativa sarà, in generale, ridotta, in modo che gli ordini siano emessi solo per le costruzioni recenti, in particolare per quelle che si ritiene siano state realizzate traendo vantaggio dallo stato di emergenza.

A Hebron, le autorità israeliane hanno autorizzato la rimozione di un importante blocco stradale, in vigore dal 2000. La chiusura impediva ai residenti del villaggio di Qalqas di accedere alla Strada 60, situata a tre chilometri dalla città di Hebron. Negli ultimi 20 anni, migliaia di residenti sono stati costretti a utilizzare circonvallazioni, allungando il percorso fino a 11 chilometri.

Tre palestinesi sono rimasti feriti e dozzine di ulivi sono stati danneggiati in quattro episodi che hanno avuto coloni come protagonisti. I tre palestinesi erano impegnati nella misurazione del loro terreno vicino all’insediamento colonico di Yitzhar; sono stati inseguiti da una guardia e sono caduti, ferendosi. Inoltre, in tre località vicino ai villaggi di Al Jab’a e Al Khadr (Betlemme) e a Kafr ad Dik (Salfit), 80 ulivi di proprietà palestinese sono stati vandalizzati da coloni. Infine, nella zona H2 della città di Hebron, coloni hanno aggredito una donna e rotto il suo cellulare; ella li stava filmando mentre attraversavano il suo terreno.

In Cisgiordania, secondo fonti israeliane, quattro israeliani sono rimasti feriti quando aggressori, ritenuti palestinesi, hanno lanciato pietre contro tre veicoli e ne hanno rubato un altro. Altre 15 auto israeliane che percorrevano le strade della Cisgiordania avrebbero subito danni dal lancio di pietre.

nota 1:

I Rapporti ONU OCHAoPt vengono pubblicati ogni due settimane in lingua inglese, araba ed ebraica; contengono informa-zioni, corredate di dati statistici e grafici, sugli eventi che riguardano la protezione dei civili nei territori palestinesi occupati.

sono scaricabili dal sito Web di OCHAoPt, alla pagina: https://www.ochaopt.org/reports/protection-of-civilians

L’Associazione per la pace – gruppo di Rivoli, traduce in italiano (vedi di seguito) l’edizione inglese dei Rapporti.

nota 2: Nella versione italiana non sono riprodotti i dati statistici ed i grafici. Le scritte [in corsivo tra parentesi quadre]

sono talvolta aggiunte dai traduttori per meglio esplicitare situazioni e contesti che gli estensori dei Rapporti

a volte sottintendono, considerandoli già noti ai lettori abituali.

nota 3: In caso di discrepanze (tra il testo dei Report e la traduzione italiana), fa testo il Report originale in lingua inglese.

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Rapporto OCHA del periodo 25 agosto – 7 settembre 2020

In due distinti episodi, palestinesi hanno ucciso un civile israeliano ed hanno ferito un ufficiale di polizia israeliano e un soldato

Il 26 agosto, nella città israeliana di Petah Tikva, un palestinese ha accoltellato mortalmente un israeliano. Il sospetto aggressore, un uomo di 46 anni della zona di Nablus, a quanto riferito in possesso di un permesso di lavoro, è stato successivamente arrestato. In Cisgiordania, al checkpoint di Za’atra, nel governatorato di Nablus, un palestinese ha guidato la sua auto contro forze israeliane, causando lievi ferite a un soldato e ad un ufficiale di polizia. Secondo quanto riferito, l’aggressore è poi sceso dall’auto e, brandendo un coltello, è corso verso i militari; questi hanno sparato, ferendolo ed arrestandolo. Il 6 settembre, nei pressi dell’insediamento di Ariel (Salfit), un palestinese ha tentato di accoltellare un soldato israeliano ed è stato arrestato.

In Cisgiordania, nel corso di vari scontri, sono rimasti feriti settanta palestinesi e due soldati israeliani [segue dettaglio]. La maggior parte dei feriti palestinesi sono stati registrati in scontri scoppiati durante cinque operazioni di ricerca-arresto. Altri otto palestinesi sono stati colpiti con armi da fuoco e feriti nel nord della Cisgiordania, in vari tentativi di entrare in Israele attraverso varchi aperti nella Barriera. Tre palestinesi e due soldati israeliani sono rimasti feriti durante scontri nella città di Hebron. Dei settanta palestinesi feriti, dieci sono stati colpiti con armi da fuoco, due sono stati colpiti da proiettili di gomma, due sono stati aggrediti fisicamente; i rimanenti hanno necessitato di cure mediche per aver inalato gas lacrimogeno.

In Cisgiordania, le forze israeliane hanno complessivamente svolto 152 operazioni di ricerca-arresto, arrestando 117 palestinesi [seguono dettagli]. Nella notte del 7 settembre, nel governatorato di Hebron, si è svolta un’operazione su vasta scala, conclusa con l’arresto di almeno 30 palestinesi. Un’altra grande operazione è stata effettuata il 26 agosto, a Gerusalemme Est, in più quartieri contemporaneamente: dieci persone sono state arrestate, secondo quanto riferito, per aver lavorato per l’Autorità Palestinese a Gerusalemme Est, in violazione della legge israeliana. Sempre a Gerusalemme Est, nel quartiere Al ‘Isawiya, sono continuate le consuete attività di polizia, con relative tensioni: un giornalista è stato arrestato e la sua attrezzatura è stata confiscata.

Il 31 agosto, a Gaza e nel sud di Israele, dopo oltre tre settimane di ostilità intermittenti, è ritornata una relativa calma ed Israele ha revocato le restrizioni di accesso imposte durante la situazione precedente. Durante le fasi di tensione, sono rimasti feriti 12 palestinesi e sei israeliani, e da entrambe le parti sono stati registrati estesi danni alle proprietà. A seguito della riduzione delle tensioni, Israele ha nuovamente autorizzato l’ingresso di merci, compresi materiali da costruzione e carburante; le interruzioni di corrente si sono così ridotte a 12-16 ore giornaliere; le zone di pesca consentite sono state ripristinate [da Israele] al livello pre-crisi, cioè fino a 15 miglia nautiche dalla riva meridionale [di Gaza].

Nella Striscia di Gaza, presumibilmente per far rispettare ai palestinesi le restrizioni loro imposte sia sull’accesso alle aree adiacenti la recinzione perimetrale israeliana, sia al largo della costa, le forze israeliane hanno aperto il fuoco di avvertimento in almeno 17 occasioni; non sono stati registrati feriti. Inoltre, in tre occasioni, le forze israeliane sono entrate a Gaza ed hanno effettuato operazioni di spianatura del terreno e di scavo vicino alla recinzione perimetrale.

Il 31 agosto, mentre raccoglievano rottami metallici nei pressi del villaggio di Khuza’a (Khan Younis), due minori palestinesi di 8 e 12 anni, sono stati feriti dalla esplosione di un residuato bellici (ERW) che essi stavano maneggiando. A Gaza, dal 2014, data della fine dell’ultimo conflitto,19 palestinesi sono stati uccisi e 172 sono stati feriti da residuati bellici.

Trentatré strutture di proprietà palestinese sono state demolite o sequestrate per mancanza di permessi di costruzione rilasciati da Israele, sfollando 98 palestinesi, di cui oltre la metà minori, e diversamente coinvolgendo circa 100 persone [segue dettaglio]. La maggior parte delle demolizioni e degli sfollamenti sono stati registrati in Area C: il più alto numero di sfollati (45 persone) si è avuto, in due momenti diversi, nella Comunità beduina di Wadi As Seeq (Ramallah). Inoltre, 12 persone sono state sfollate a seguito della demolizione di cinque strutture nella Comunità di pastori di Jinba (Hebron), situata in un’area designata [da Israele] “zona per esercitazioni a fuoco” e destinata all’addestramento dell’esercito israeliano. A Ras at Tin, presso un’altra Comunità di pastori dell’area di Ramallah, situata anch’essa in una “zona per esercitazioni a fuoco”, sono state sequestrate parti di una scuola in costruzione, finanziata da donatori, insieme ad attrezzature e materiali da costruzione. A Gerusalemme Est, quattro demolizioni hanno provocato lo sfollamento di 39 persone; in tre di questi episodi le demolizioni sono state eseguite dai proprietari, costretti a farlo per evitare costi aggiuntivi e multe.

In azioni compiute da coloni, due palestinesi sono rimasti feriti e proprietà palestinesi sono state vandalizzate [segue dettaglio]. Palestinesi di Kafr Malik (Ramallah) si sono scontrati con coloni israeliani mentre questi ultimi tentavano di creare un nuovo avamposto colonico sul terreno del villaggio; forze israeliane intervenute sul posto hanno sparato, ferendo un palestinese. In un’altra circostanza, una donna palestinese, che transitava sulla Strada 60, nel governatorato di Nablus, è stata colpita con pietre e ferita; altre tre auto hanno subito danni dal lancio di pietre. Nel villaggio di At Tuwani (Hebron meridionale) un pastore ha riferito che un colono ha speronato con l’auto le sue pecore, uccidendone dieci e ferendone cinque. In tre episodi distinti, coloni hanno vandalizzato quattro veicoli in Asira al Qibliya e Huwwara (entrambi in Nablus), dove hanno anche spruzzato graffiti su muri di case, e nel governatorato di Hebron, sulla strada 60. Inoltre, nella zona H2 di Hebron, una scalinata che porta ad un asilo è stata danneggiata da coloni.

Secondo fonti israeliane, tre israeliani sono rimasti feriti e 12 veicoli sono stati danneggiati dal lancio di pietre da parte di aggressori ritenuti palestinesi. Le pietre sono state lanciate contro veicoli israeliani che percorrevano strade della Cisgiordania.

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nota 1:

I Rapporti ONU OCHAoPt vengono pubblicati ogni due settimane in lingua inglese, araba ed ebraica; contengono informa-zioni, corredate di dati statistici e grafici, sugli eventi che riguardano la protezione dei civili nei territori palestinesi occupati.

sono scaricabili dal sito Web di OCHAoPt, alla pagina: https://www.ochaopt.org/reports/protection-of-civilians

L’Associazione per la pace – gruppo di Rivoli, traduce in italiano (vedi di seguito) l’edizione inglese dei Rapporti.

nota 2: Nella versione italiana non sono riprodotti i dati statistici ed i grafici. Le scritte [in corsivo tra parentesi quadre]

sono talvolta aggiunte dai traduttori per meglio esplicitare situazioni e contesti che gli estensori dei Rapporti

a volte sottintendono, considerandoli già noti ai lettori abituali.

nota 3: In caso di discrepanze (tra il testo dei Report e la traduzione italiana), fa testo il Report originale in lingua inglese.

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Rapporto OCHA del periodo 14-27 luglio 2020

In Cisgiordania, 20 palestinesi sono rimasti feriti in scontri con forze israeliane.

Questo dato è più basso di circa l’80% rispetto al numero medio di feriti registrati dall’inizio del 2020 in analoghe circostanze. Dei venti feriti, quattordici si sono avuti durante scontri scoppiati in due separate proteste contro la realizzazione di due avamposti colonici [israeliani] nei pressi dei villaggi di Asira ash Shamaliya e di Beita (entrambi in Nablus); tali avamposti sono stati successivamente smantellati dalle autorità israeliane. Gli altri sei palestinesi [dei 20], incluso un minore, sono rimasti feriti durante scontri innescati da operazioni di ricerca-arresto nei Campi profughi di Balata (Nablus), Al Jalazun (Ramallah) e Jenin, e nella città di Tulkarm.

Il 21 luglio, due ragazzi palestinesi (di 11 e 14 anni) sono rimasti ustionati (uno in modo grave) maneggiando un oggetto caduto da un aeromobile israeliano durante un addestramento militare, secondo quanto riferito; l’oggetto ha spontaneamente preso fuoco dopo la caduta. L’episodio è avvenuto nella città di Hebron, nell’Area (H2) controllata da Israele, nei pressi della casa dei ragazzi.

Il 25 luglio, nella città di Nablus, durante scontri, le forze di sicurezza palestinesi hanno sparato, uccidendo un palestinese e ferendone diversi altri. Gli scontri sono scoppiati quando le forze palestinesi, nell’intento di applicare le norme di blocco imposte nel contesto della pandemia, hanno tentato di chiudere negozi e arrestare i proprietari. Le autorità palestinesi hanno annunciato l’apertura di un’inchiesta.

A Gerusalemme Est, le forze israeliane hanno condotto 26 operazioni di ricerca-arresto; due di tali operazioni sono state effettuate presso sedi di istituzioni culturali ed una presso un centro di magazzinaggio della Società della Mezzaluna Rossa Palestinese (PRCS). In quest’ultimo caso, le forze israeliane hanno requisito circa 100 confezioni di alimenti destinati, secondo quanto riferito, alle famiglie in quarantena domiciliare per il COVID-19; le motivazioni dell’azione non sono ancora chiare. In seguito all’operazione svolta nei due centri culturali e all’arresto dei loro direttori, una rete di ONG palestinesi ha rilasciato una dichiarazione nella quale esorta la Comunità internazionale a difendere lo spazio civico e a proteggere le Organizzazioni della società civile palestinese. In una delle operazioni, svolta nel quartiere di Al ‘Isawiya, una unità sotto copertura ha aggredito fisicamente e arrestato un ragazzo palestinese di 12 anni.

Nella Striscia di Gaza, presumibilmente per far rispettare le restrizioni di accesso alle aree [interne alla Striscia e] prossime alla recinzione perimetrale israeliana e al largo della costa, in almeno 22 occasioni, le forze israeliane hanno aperto il fuoco di avvertimento; non sono stati segnalati feriti né danni alle proprietà. In due occasioni, le forze israeliane sono entrate in Gaza ed hanno effettuato operazioni di spianatura del terreno e di scavo vicino alla recinzione perimetrale.

In Area C e Gerusalemme Est, per mancanza di permessi di costruzione rilasciati da Israele, sono state demolite o sequestrate trenta strutture di proprietà palestinese, sfollando 25 persone e creando ripercussioni su altre 140 [seguono alcuni dettagli]. In un episodio accaduto il 21 luglio, le autorità israeliane hanno demolito una struttura alla periferia della città di Hebron che, secondo la Municipalità di Hebron, era pianificata per essere utilizzata come centro diagnostico del COVID-19; l’affermazione è contestata dalle autorità israeliane. Questa e altre tre strutture sono state demolite in base ad un “Ordine Militare 1797”, che consente la demolizione di edifici “non autorizzati” entro 96 ore dalla consegna della notifica. Le Organizzazioni Umanitarie e per i Diritti Umani hanno ripetutamente manifestato preoccupazione per questa procedura che, sostanzialmente, impedisce alle persone destinatarie dei provvedimenti di essere ascoltate da un organo giudiziario.

Dal 5 marzo (data di inizio dell’emergenza COVID-19), citando la mancanza di permessi [israeliani] di costruzione, le autorità israeliane hanno demolito o sequestrato 19 case abitate, esistenti prima di tale data, sfollando 104 palestinesi. Ciò è in contrasto con l’impegno, da parte delle autorità [israeliane], di sospendere la demolizione di tali strutture durante la pandemia. Durante questo periodo, altre sette case abitate sono state autodemolite dai proprietari, in ottemperanza all’emissione di ordini di demolizione. Dall’inizio dell’emergenza COVID-19, adducendo la motivazione della mancanza di permessi di costruzione, 282 strutture palestinesi di ogni tipo [abitazioni e/o strutture di servizio] sono state demolite o sequestrate in violazione del diritto umanitario internazionale.

Assalitori, ritenuti coloni israeliani, hanno ferito tre palestinesi ed hanno vandalizzato una moschea, circa 30 alberi ed altre proprietà [seguono dettagli]. Dei tre feriti, due sono stati aggrediti fisicamente con bastoni e pietre nel villaggio di Turmus’ayya (Ramallah) e un altro nella Zona H2 della città di Hebron. Il 27 luglio, nella città di Al Bireh (Ramallah,) una moschea è stata incendiata, danneggiandone parti e scritte in lingua ebraica sono state dipinte sui suoi muri. È stato riferito che la polizia israeliana ha aperto un’inchiesta. Nei villaggi di Turmus’ayya, Burin, Qaryut (tutti in Nablus) e Sa’ir (Hebron) sono stati incendiati o abbattuti circa 30 ulivi. Tra le altre proprietà vandalizzate sono da includere escavatori e altri strumenti di lavoro in una cava nel villaggio di Jamma’in (Nablus) e negozi chiusi nella Zona H2 della città di Hebron.

Un colono israeliano è stato aggredito fisicamente e ferito da palestinesi nell’Area H2 della città di Hebron. Secondo fonti israeliane, altri quattro israeliani sono rimasti feriti per il lancio di pietre da parte di palestinesi contro veicoli in transito sulle strade della Cisgiordania. A quanto riferito, sei veicoli israeliani hanno subito danni a causa del lancio di pietre ed uno a causa del lancio di una bottiglia incendiaria da parte di palestinesi.

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nota 1:

I Rapporti ONU OCHAoPt vengono pubblicati ogni due settimane in lingua inglese, araba ed ebraica; contengono informa-zioni, corredate di dati statistici e grafici, sugli eventi che riguardano la protezione dei civili nei territori palestinesi occupati.

sono scaricabili dal sito Web di OCHAoPt, alla pagina: https://www.ochaopt.org/reports/protection-of-civilians

L’Associazione per la pace – gruppo di Rivoli, traduce in italiano (vedi di seguito) l’edizione inglese dei Rapporti.

nota 2: Nella versione italiana non sono riprodotti i dati statistici ed i grafici. Le scritte [in corsivo tra parentesi quadre]

sono talvolta aggiunte dai traduttori per meglio esplicitare situazioni e contesti che gli estensori dei Rapporti

a volte sottintendono, considerandoli già noti ai lettori abituali.

nota 3: In caso di discrepanze (tra il testo dei Report e la traduzione italiana), fa testo il Report originale in lingua inglese.

Associazione per la pace – Via S. Allende, 5 – 10098 Rivoli TO; e-mail: assopacerivoli@yahoo.it




Rapporto OCHA del periodo 16 – 29 giugno

Il 18 giugno è morto un bambino di otto mesi: necessitava di un intervento al cuore, da effettuare presso un ospedale israeliano, ma non è potuto uscire da Gaza.

Infatti, dal 21 maggio, l’Autorità Palestinese, in risposta al piano israeliano di annessione di parti della Cisgiordania [ha interrotto tutti gli accordi e la collaborazione con Israele e, pertanto], non accetta e/o non trasferisce alle Autorità israeliane le richieste di permesso di uscita da Gaza. Da quella data, solo pochi pazienti tra quelli rinviati in Cisgiordania o Israele per cure mediche, sono riusciti ad uscire da Gaza, e solo grazie all’aiuto di ONG o Agenzie internazionali.

Il 23 giugno, a un checkpoint, un palestinese ha lanciato la sua auto contro una ufficiale di polizia di frontiera israeliana, ferendola; successivamente è stato colpito e ucciso. Il checkpoint di Wadi an Nar (governatorato di Gerusalemme), dove si è verificato l’episodio, è utilizzato dalle Autorità israeliane per controllare il traffico palestinese tra la Cisgiordania meridionale e quella settentrionale. Una registrazione video dell’episodio suggerisce la volontarietà dell’attacco. Per i familiari del presunto aggressore, l’uomo potrebbe aver perso il controllo del veicolo; essi affermano anche che, dopo essere stato colpito, è stato lasciato a terra sanguinante.  [vedi in merito articolo su zeitun]

Finora quest’anno, durante attacchi o presunti attacchi contro israeliani, le forze israeliane hanno ucciso sette palestinesi.

In Cisgiordania, nel corso di molteplici scontri, le forze israeliane hanno ferito 121 palestinesi [segue dettaglio]. Settantatre di questi sono rimasti feriti ad Abu Dis (Gerusalemme) durante tre giorni di scontri seguiti all’uccisione di cui al paragrafo precedente. Altri venti palestinesi sono rimasti feriti nella Valle del Giordano, in tre distinte manifestazioni contro l’annunciata annessione di parti della Cisgiordania da parte di Israele. Altri sette sono rimasti feriti nel villaggio di Kafr Qaddum (Qalqiliya), durante le manifestazioni settimanali. In Deir Abu Mash’al (Ramallah), un ragazzo di 15 anni è stato ferito con arma da fuoco, presumibilmente dopo aver lanciato una bottiglia contro veicoli israeliani. I rimanenti sono rimasti feriti durante vari episodi accaduti a Gerusalemme Est, nei Campi profughi di Qalandiya e Al Jalazun, oltre che nella città di Nablus. Quanto alle cause delle lesioni, 63 hanno respirato gas lacrimogeno e sono stati sottoposti a trattamento medico, 44 sono stati colpiti da proiettili di metallo rivestiti di gomma, otto sono stati aggrediti fisicamente e sei sono stati colpiti con proiettili di arma da fuoco.

In Cisgiordania, le forze israeliane hanno effettuato 125 operazioni di ricerca-arresto ed hanno arrestato 156 palestinesi; numeri leggermente superiori alla media, ad oggi, del 2020.

Il 26 giugno, un gruppo armato palestinese ha lanciato due missili verso il sud di Israele: uno è caduto all’interno di Gaza e l’altro ha colpito un’area israeliana non abitata. Successivamente, le forze israeliane hanno effettuato attacchi aerei, prendendo di mira, a quanto riferito, la postazione di un gruppo armato situato in un’area popolata. In nessuno degli attacchi sono stati registrati feriti; la postazione presa di mira, e quattro case vicine, hanno subito danni non gravi.

All’interno della Striscia di Gaza, sia in aree adiacenti alla recinzione israeliana che perimetra la Striscia, sia in mare, al largo della costa, le forze israeliane hanno aperto il fuoco in almeno 26 occasioni, presumibilmente per imporre [ai palestinesi] le restrizioni di accesso; non sono stati segnalati feriti. In altre tre occasioni, le forze israeliane sono entrate nella Striscia (ad est di Gaza City, di Beit Hanoun e di Rafah) ed hanno effettuato operazioni di spianatura del terreno e scavi vicino alla recinzione.

Ventuno strutture di proprietà palestinese sono state demolite o sequestrate per mancanza dei permessi di costruzione rilasciati da Israele; 30 persone, tra cui 13 minori, sono state sfollate ed i mezzi di sussistenza di oltre 90 altre sono stati colpiti [segue dettaglio]. Dieci delle 21 strutture citate sono state demolite a Gerusalemme Est (tre erano case abitate); quattro [delle dieci], inclusa una casa abitata, sono state demolite dai proprietari per evitare tasse e danni alle suppellettili. Undici strutture sono state demolite o sequestrate in otto Comunità dell’Area C; due di queste [11] demolizioni sono state effettuate ad Al Khadr (Betlemme), in base ad un “Ordine Militare 1797” che prevede la rimozione, in tempi stretti, di strutture senza licenza, considerate come “nuove”. Nel contesto della pandemia in corso, la demolizione di case e strutture di sostentamento desta grave preoccupazione.

Dieci palestinesi sono rimasti feriti, centinaia di ulivi sono stati incendiati e sei veicoli sono stati vandalizzati da aggressori ritenuti coloni israeliani [segue dettaglio]. Dei 10 feriti, sette sono stati spruzzati con liquido al peperoncino, in due episodi separati: vicino al villaggio di Beitillu (Ramallah) e nel quartiere Silwan di Gerusalemme Est. Due, tra cui una ragazza 14enne, sono stati colpiti con pietre nella città di Hebron (nell’area H2 controllata da Israele) e a sud di Nablus. Uno è stato aggredito fisicamente a Deir al Qilt (Gerico) mentre pascolava le pecore. A quanto riferito, centinaia di ulivi sono stati incendiati da coloni israeliani in quattro diversi episodi accaduti nei villaggi di Burin, Qaryut (entrambi a Nablus) e Wadi Fukin (Betlemme). A Burin, l’incendio si è esteso a terre vicine, appartenenti a palestinesi di Kafr Qalil e Huwwara, e diversi alberi hanno preso fuoco. Finora, nel 2020, nel corso di aggressioni compiute da coloni, sono stati danneggiati almeno 4.000 tra ulivi ed altri alberi.

Secondo una ONG israeliana, quattro veicoli israeliani che viaggiavano sulle strade della Cisgiordania sono stati danneggiati dal lancio di pietre ad opera di palestinesi; non sono stati segnalati feriti.

Ultimi sviluppi (fuori dal periodo di riferimento)

A causa del forte aumento del numero di persone colpite da COVID-19, l’Autorità Palestinese (PA) ha annunciato un blocco completo di cinque giorni della Cisgiordania, a partire dalle ore 08:00 del 3 luglio. Tutti i negozi resteranno chiusi, ad eccezione di supermercati, panetterie e farmacie; saranno consentiti solo spostamenti essenziali.

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nota 1:

I Rapporti ONU OCHAoPt vengono pubblicati ogni due settimane in lingua inglese, araba ed ebraica; contengono informa-zioni, corredate di dati statistici e grafici, sugli eventi che riguardano la protezione dei civili nei territori palestinesi occupati.

sono scaricabili dal sito Web di OCHAoPt, alla pagina: https://www.ochaopt.org/reports/protection-of-civilians

L’Associazione per la pace – gruppo di Rivoli, traduce in italiano (vedi di seguito) l’edizione inglese dei Rapporti.

nota 2: Nella versione italiana non sono riprodotti i dati statistici ed i grafici. Le scritte [in corsivo tra parentesi quadre]

sono talvolta aggiunte dai traduttori per meglio esplicitare situazioni e contesti che gli estensori dei Rapporti

a volte sottintendono, considerandoli già noti ai lettori abituali.

nota 3: In caso di discrepanze (tra il testo dei Report e la traduzione italiana), fa testo il Report originale in lingua inglese.

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Rapporto OCHA del periodo 14 – 27 aprile 2020

Il 22 aprile, due speronamenti con auto, effettuati da palestinesi contro checkpoint israeliani, hanno provocato il ferimento di tre israeliani; uno degli attentatori è stato ucciso.

In uno dei due casi, verificatosi presso il checkpoint di Wadi an Nar (Gerusalemme), che controlla tutto il traffico palestinese tra nord e sud della Cisgiordania, un 25enne palestinese ha investito con la sua auto un ufficiale della Polizia di Frontiera, ferendolo. L’attentatore è uscito dal veicolo e, prima di essere colpito e ucciso dalle forze israeliane, ha tentato di pugnalare l’ufficiale. Nel secondo caso, riportato da giornali israeliani, un’auto con targa palestinese è stata lanciata contro un checkpoint temporaneo allestito presso l’insediamento [colonico] israeliano di Ateret (Ramallah): un altro ufficiale della Polizia di Frontiera e un civile israeliano sono rimasti feriti; il guidatore è riuscito ad allontanarsi con l’auto.

In Cisgiordania, nel corso di numerosi scontri con forze israeliane, 39 palestinesi sono rimasti feriti [segue dettaglio]. Venti di questi feriti sono stati curati per inalazione di gas lacrimogeno, otto per lesioni causate da proiettili di gomma, tre per ferite di arma da fuoco, mentre otto palestinesi sono stati aggrediti fisicamente. Gli scontri più gravi, che hanno provocato 15 feriti, sono stati registrati ad Ar Rihiya (Hebron) in seguito all’ingresso di una jeep militare israeliana nel villaggio. Altri sette palestinesi sono rimasti feriti durante un’operazione di ricerca-arresto effettuata [da forze israeliane] nel villaggio di As Sawahira as Sharqiya (Gerusalemme) a seguito dell’aggressione compiuta da un palestinese presso il checkpoint di Wadi an Nar [vedi paragrafo precedente]. Due, dei tre colpiti con armi da fuoco, pare che stessero tentando di infiltrarsi in Israele attraverso la Barriera, nei pressi di Qalqiliya; il terzo è stato colpito durante scontri vicino al villaggio di Kobar (Ramallah). I rimanenti ferimenti sono stati registrati in scontri spontanei nel Campo Profughi di Qalandiya (Gerusalemme), al checkpoint di Za’tara (Nablus), vicino ai villaggi di Tuwani (Hebron) e Qusra (Nablus) e durante le manifestazioni settimanali a Kafr Qaddum (Qalqiliya).

Nel complesso, in Cisgiordania, le forze israeliane hanno effettuato 99 operazioni di ricerca-arresto ed hanno arrestato oltre 100 palestinesi. La maggior parte delle operazioni (45) e degli arresti (55) è avvenuta in Gerusalemme Est, 18 nel governatorato di Hebron e 14 nel governatorato di Ramallah.

Il 22 aprile, un palestinese di 23 anni è morto in una prigione israeliana, in circostanze non chiare. Il Comitato dei Prigionieri Palestinesi ha affermato che la morte è da attribuire a negligenza medica. Secondo media israeliani, il Servizio Penitenziario Israeliano ha avviato un’indagine.

Al fine di far rispettare le restrizioni di accesso alle aree prossime alla recinzione perimetrale israeliana e al largo della costa di Gaza [zone dichiarate da Israele come “Aree ad Accesso Riservato”], in almeno 48 occasioni, le forze israeliane hanno aperto il fuoco di avvertimento. Un pescatore è stato ferito alla testa da un proiettile di gomma e due barche sono state danneggiate. In due occasioni, ad est di Jabaliya e di Rafah, le forze israeliane sono entrate nella Striscia di Gaza ed hanno effettuato operazioni di spianatura del terreno e di scavo vicino alla recinzione perimetrale.

In quattro Comunità dislocate in Area C della Cisgiordania, a motivo della mancanza di permessi di costruzione, le autorità israeliane hanno demolito nove strutture di proprietà palestinese, sfollando una famiglia di otto persone e causando ripercussioni su altre 19. Lo sfollamento ha avuto luogo nella Comunità beduina di Ein ad Duyuk at Tahta (Gerico), dove le autorità hanno demolito una roulotte abitata che era stata fornita come assistenza umanitaria. Altre cinque strutture di aiuto, tra cui tende residenziali (disabitate) e ricoveri per animali, sono state demolite nella vicina Comunità di Deir al Qilt. A Gerusalemme Est, da metà marzo, non sono state effettuate demolizioni. Il Coordinatore Umanitario, Jamie McGoldrick, ha chiesto alle autorità israeliane di fermare le demolizioni, in particolare durante la crisi per il COVID-19 e nel mese del Ramadan.

Cinque palestinesi sono stati feriti e circa 470 ulivi e alberelli di proprietà palestinese sono stati danneggiati da coloni israeliani [segue dettaglio]. Quattro dei cinque ferimenti sono stati causati da aggressioni fisiche avvenute nella città Hebron, nell’Area H2 controllata da Israele, nei villaggi At Tuwani (Hebron) e Jibiya (Ramallah), mentre il quinto [ferimento] è stato causato, ancora in Area H2, dal lancio di pietre. Circa 200 ulivi appartenenti agli agricoltori dei villaggi di Turmus’ayya e Al Mughayyir (Ramallah) sono stati vandalizzati, a quanto riferito, da coloni del vicino insediamento avamposto [non autorizzato] di Adei Ad. La maggior parte di questi alberi si trovano su un terreno il cui accesso, per i palestinesi, è regolato da un sistema di “coordinamento preventivo”. Assalitori, che si ritiene provengano dallo stesso avamposto, hanno anche smantellato una recinzione attorno a un altro appezzamento di terreno ed hanno rubato decine di pali di legno. 120 alberi circa sono stati abbattuti nei villaggi di Ras Karkar (Ramallah), Kafr Qaddum (Qalqiliya), As Sawiya e Qaryut (entrambi a Nablus). Vicino al villaggio di Fuqeiqis (Hebron), coloni hanno sradicato circa 1.000 piantine di ortaggi stagionali e 150 alberelli di ulivo mentre, nel villaggio di Khirbet Samra (Tubas), hanno pascolato il loro bestiame su 10 ettari di terra coltivata a verdure di stagione, danneggiando le colture. Dall’inizio di marzo, la violenza dei coloni è in aumento: la media settimanale di episodi comportanti ferimenti o danni a proprietà è aumentata di oltre l’80% rispetto a gennaio-febbraio.

Sono stati segnalati diversi episodi di lancio di pietre e bottiglie incendiarie da parte di palestinesi contro veicoli israeliani in viaggio lungo strade della Cisgiordania. Non ci sono stati feriti, ma, secondo una ONG israeliana, nei governatorati di Gerusalemme, Hebron e Ramallah, nove veicoli hanno subìto danni.

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