Entro 48 ore tutti i centri sanitari di Gaza cesseranno di funzionare – Ministero della Salute

Redazione di Palestine Chronicle

30 giugno 2024 – The Palestine Chronicle

Domenica il Ministero della Sanità di Gaza ha dichiarato che entro 48 ore gli ospedali e le stazioni di ossigeno in tutta la Striscia cesseranno le operazioni in seguito allesaurimento del carburante causato dalla guerra israeliana in corso.

In una dichiarazione il Ministero ha avvertito che entro 48 ore i restanti ospedali, centri sanitari e stazioni di ossigeno smetteranno di funzionare”.

Il Ministero ha osservato che questa situazione è prevista a causa dellesaurimento del carburante necessario per il funzionamento dei generatori, del quale Israele impedisce lingresso a Gaza insieme ad altre forniture essenziali come medicine e cibo, in un quadro di inasprimento delle restrizioni nei confronti della Striscia”.

Ha rilevato che le scorte di carburante sono quasi esaurite nonostante le rigorose misure di austerità attuate dal Ministero per conservare le scorte rimanenti il ​​più a lungo possibile, data l’insufficiente quantità disponibile per il funzionamento”.

Il ministero ha esortato tutte le organizzazioni internazionali e umanitarie pertinenti a intervenire tempestivamente fornendo il carburante necessario, nonché i generatori elettrici e i pezzi di ricambio necessari per la manutenzione”.

Venerdì Hossam Abu Safiya, direttore dell’ospedale Kamal Adwan nel nord di Gaza, ha affermato che l’ospedale avrebbe cessato a breve le operazioni a causa della carenza di carburante necessario per i suoi generatori elettrici.

La PRCS evacua

Domenica la Mezzaluna Rossa Palestinese (PRCS) ha evacuato la sua sede amministrativa temporanea nel sud della Striscia di Gaza a causa degli attacchi israeliani nella zona.

L’organizzazione “ha evacuato completamente la sua sede amministrativa temporanea nell’area di Mawasi Khan Younis a causa della caduta di schegge sull’edificio e dei bombardamenti diretti, che costituivano un pericolo per il personale che lavora all’interno”, ha affermato sabato su X.

Larea di Al-Mawasi è stata designata dallesercito israeliano come rifugio sicuroper i palestinesi in seguito allinvasione di terra di Rafah allinizio di maggio.

Tuttavia le forze israeliane hanno attaccato l’area da quando i palestinesi già precedentemente sfollati e rifugiatisi a Rafah sono stati costretti a sfollare ad Al-Mawasi.

Genocidio in corso

Attualmente sotto processo davanti alla Corte Internazionale di Giustizia per genocidio contro i palestinesi, dal 7 ottobre Israele sta conducendo una guerra devastante contro Gaza.

Secondo il Ministero della Sanità di Gaza nel genocidio israeliano in corso a Gaza 37.877 palestinesi sono stati uccisi e 86.969 feriti.

Inoltre in tutta la Striscia almeno 7.000 persone risultano disperse, presumibilmente morte, sotto le macerie delle loro case.

Organizzazioni palestinesi e internazionali affermano che la maggior parte delle persone uccise e ferite sono donne e minori.

La guerra israeliana ha provocato una grave carestia, soprattutto nel nord di Gaza, con la morte di molti palestinesi, soprattutto minori.

Laggressione israeliana ha anche provocato lo sfollamento forzato di quasi due milioni di persone provenienti da tutta la Striscia di Gaza, di cui la stragrande maggioranza costretti a rifugiarsi nella città meridionale, densamente affollata, di Rafah, vicino al confine con lEgitto in quello che è diventato il più grande esodo di massa in Palestina a partire dalla Nakba del 1948.

Israele afferma che il 7 ottobre, durante loperazione ‘Al-Aqsa Flood’ (‘Tempesta di Al-Aqsa’, ndtr.), sono stati uccisi 1.200 soldati e civili. I media israeliani hanno pubblicato rapporti che suggeriscono che quel giorno molti israeliani sarebbero stati uccisi dal fuoco amico”.

(traduzione dall’inglese di Aldo Lotta)




Sotto le macerie, imprigionati, sepolti” – a Gaza scomparsi 20.000 minori

Redazione di Palestine Chronicle

25 giugno 2024 – The Palestine Chronicle

Molti di loro sono intrappolati sotto le macerie, imprigionati, sepolti in tombe anonime o separati dalle loro famiglie.

Secondo lorganizzazione non governativa internazionale Save the Children a Gaza oltre 20.000 minori palestinesi risultano dispersi a causa dell’incessante attacco israeliano contro la Striscia.

Molti di loro sono intrappolati sotto le macerie, imprigionati, sepolti in tombe anonime o separati dalle loro famiglie.

In una dichiarazione rilasciata lunedì lorganizzazione benefica con sede nel Regno Unito ha descritto le difficoltà nell’impegno di raccolta e verifica delle informazioni nell’attuale situazione di Gaza, dove continuano gli attacchi terrestri e aerei israeliani.

Lorganizzazione stima che vi siano almeno 17.000 minori non accompagnati e separati dalle loro famiglie, circa 4.000 probabilmente intrappolati sotto le macerie e un numero imprecisato di sepolti in fosse comuni.

“Altri sono stati fatti scomparire con la forza, compreso un numero indefinito di minori arrestati e trasferiti forzatamente fuori da Gaza e la loro ubicazione è sconosciuta alle loro famiglie con denunce di maltrattamenti e torture”, dichiara Save the Children.

Le famiglie sono torturate sulla mancanza di notizie rispetto all’ubicazione dei i loro cari. Nessun genitore dovrebbe essere costretto a scavare tra le macerie o nelle fosse comuni nel tentativo di trovare il corpo del proprio figlio”, afferma Jeremy Stoner, direttore regionale di Save the Children per il Medio Oriente.

Nessun bambino dovrebbe trovarsi solo, senza protezione in una zona di guerra. Nessun bambino dovrebbe essere detenuto o tenuto in ostaggio”, aggiunge.

Genocidio a Gaza

Dal 7 ottobre Israele sta conducendo una guerra devastante contro Gaza e oggi è sotto processo davanti alla Corte Internazionale di Giustizia per genocidio nei confronti dei palestinesi.

Secondo il Ministero della Sanità di Gaza nel genocidio israeliano in corso dal 7 ottobre 37.626 palestinesi sono stati uccisi e 86.098 feriti.

Inoltre in tutta la Striscia almeno 7.000 persone risultano disperse, presumibilmente morte sotto le macerie delle loro case.

Organizzazioni palestinesi e internazionali affermano che la maggior parte delle persone uccise e ferite sono donne e minori.

La guerra israeliana ha provocato una grave carestia, soprattutto nel nord di Gaza, con la morte di molti palestinesi, soprattutto minori.

Laggressione israeliana ha anche provocato lo sfollamento forzato di quasi due milioni di persone provenienti da tutta la Striscia di Gaza, costretti nella stragrande maggioranza a rifugiarsi nella sovraffollata città meridionale di Rafah, vicino al confine con lEgitto – in quello che è diventato il più grande esodo di massa dei palestinesi dalla Nakba del 1948.

Israele afferma che il 7 ottobre durante loperazione Al-Aqsa sono stati uccisi 1.200 soldati e civili. I media israeliani hanno pubblicato rapporti che rivelano come quel giorno molti israeliani siano stati uccisi dal fuoco amico”.

(traduzione dall’inglese di Aldo Lotta)




“Rischi catastrofici”: allarme dall’UNRWA per 330.000 tonnellate di rifiuti accumulati a Gaza

Redazione di The Palestine Chronicle

13 Giugno 2024 – The Palestine Chronicle

L’accesso umanitario senza ostacoli e il cessate il fuoco ora sono fondamentali per ripristinare condizioni di vita umane”.

L’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati Palestinesi (UNRWA) ha messo in guardia dai “catastrofici” rischi ambientali e sanitari nella Striscia di Gaza, a causa dell’accumulo di rifiuti nelle aree popolate dell’enclave assediata. “Al 9 giugno, oltre 330.000 tonnellate di rifiuti si sono accumulate nelle aree popolate di Gaza o nelle loro vicinanze, con rischi ambientali e sanitari catastrofici”, ha dichiarato giovedì l’UNRWA in un comunicato. “I bambini rovistano quotidianamente tra i rifiuti”. L’agenzia ONU ha ribadito il suo appello per un cessate il fuoco immediato: “L’accesso umanitario senza ostacoli e il cessate il fuoco adesso sono fondamentali per ripristinare condizioni di vita umane”. In precedenza, l’agenzia aveva dichiarato che i palestinesi di Gaza “hanno vissuto sofferenze incessanti per oltre 8 mesi”, sottolineando che “nessun luogo è sicuro. Le condizioni sono deplorevoli. Cibo, acqua e forniture mediche sono ben lungi dall’essere sufficienti”.

Difficoltà nelle missioni di aiuto

Nel suo ultimo rapporto sulla situazione, l’UNRWA ha dichiarato che tra l’1 e il 6 giugno, delle 17 missioni coordinate di assistenza umanitaria nel nord di Gaza, otto (47%) sono state agevolate dalle autorità israeliane, a tre (18%) è stato negato l’accesso, quattro (23%) sono state ostacolate e due (12%) annullate, “per motivi operativi o di sicurezza”. Citando l’Ufficio delle Nazioni Unite per il Coordinamento degli Affari Umanitari (OCHA), l’UNRWA ha affermato che delle 74 missioni di assistenza umanitaria coordinate nelle aree del sud di Gaza le autorità israeliane ne hanno agevolate 52 (70%), 3 (4%) sono state negate, 12 (16%) sono state ostacolate e 7 (10%) sono state annullate. “Molte missioni classificate come ostacolate hanno subito ritardi prolungati, alcuni dei quali hanno raggiunto le nove ore in luoghi sensibili e insicuri, mettendo il personale umanitario a rischio di sicurezza”, si legge nel rapporto.

Un numero impressionante di morti

Secondo il Ministero della Sanità di Gaza 37.232 palestinesi sono stati uccisi e 85.037 feriti nel genocidio in corso a Gaza dal 7 ottobre. Inoltre almeno 11.000 persone sono disperse, presumibilmente morte sotto le macerie delle loro case in tutta la Striscia. Le organizzazioni palestinesi e internazionali affermano che la maggior parte delle persone uccise e ferite sono donne e bambini. La guerra israeliana ha provocato una carestia acuta, soprattutto nel nord di Gaza, causando la morte di molti palestinesi, soprattutto bambini. L’aggressione israeliana ha anche provocato lo sfollamento forzato di quasi due milioni di persone da tutta la Striscia di Gaza, con la stragrande maggioranza degli sfollati costretti nella città meridionale di Rafah, densamente affollata e vicina al confine con l’Egitto, in quello che è diventato il più grande esodo di massa della Palestina dalla Nakba del 1948. Israele afferma che 1.200 soldati e civili sono stati uccisi durante l’operazione “Inondazione di Al-Aqsa” del 7 ottobre. I media israeliani hanno pubblicato rapporti che suggeriscono che molti israeliani sono stati uccisi quel giorno da “fuoco amico”.

(traduzione dall’inglese di Giacomo Coggiola)




Aggiornamento sulla Cisgiordania – Due giovani uccisi, diversi arrestati, città saccheggiate dalle forze israeliane

Redazione di Palestine Chronicle

2 giugno 2024 Palestine Chronicle

Secondo l’agenzia di stampa ufficiale palestinese WAFA il numero dei palestinesi uccisi dalle forze israeliane in Cisgiordania dal 7 ottobre è salito a 521, tra cui 131 minori.

Due giovani palestinesi sono stati uccisi dalle forze di occupazione israeliane nella città di Gerico, nella Cisgiordania occupata.

Secondo l’agenzia di stampa ufficiale palestinese WAFA sabato notte le forze israeliane hanno fatto irruzione nel campo profughi di Aqabat Jaber e hanno aperto il fuoco su due giovani vicino al cimitero occidentale.

Uno dei giovani, Ahmed Hamidat, 15 anni, è stato ucciso e Mohammed Al-Baytar, 17 anni, è rimasto ferito ma è morto domenica mattina presto a causa delle ferite. Al-Baytar è stato arrestato dopo che è stato impedito alle squadre sanitarie di raggiungerlo.

Al-Baytar è stato trasportato in condizioni critiche dalle forze israeliane in un ospedale della Gerusalemme occupata, dove è morto.

Con l’uccisione di Al-Baytar, il numero dei palestinesi uccisi dalle forze israeliane in Cisgiordania dal 7 ottobre è salito a 521, tra cui 131 minori, ha riferito WAFA.

Raid nelle città

Le forze di occupazione israeliane hanno preso dassalto diverse città nel territorio occupato, tra cui la città di Jaba, a sud di Jenin e Beit Ummar, a nord di Hebron (Al Khalil).

A Jabale forze israeliane hanno arrestato due palestinesi, Baraa Malaysha e Adnan Khaliliya.

Coloni ebrei illegali hanno attaccato le case palestinesi nel villaggio di Madaman, nella Cisgiordania occupata. Dopo l’attacco le forze israeliane hanno preso d’assalto il villaggio. I filmati condivisi dal Quds News Network (QNN) mostrano veicoli militari che sfrecciano per le strade della città.

Diversi arrestati

Secondo WAFA le forze israeliane hanno arrestato durante la notte e fino a domenica mattina 15 palestinesi nel corso delle operazioni in diverse aree della Cisgiordania occupata.

La Commissione per gli Affari dei Detenuti e degli Ex Detenuti e la Associazione dei Prigionieri Palestinesi (PPS) hanno affermato in una dichiarazione congiunta che le operazioni di arresto hanno avuto luogo nei governatorati di Jenin, Hebron, Betlemme e Nablus.

Dal 7 ottobre 2023 il numero totale di palestinesi arrestati nella Cisgiordania occupata è salito a oltre 8.985, riferisce WAFA.

Casa demolita

Domenica le forze di occupazione hanno demolito anche la casa di Ghassan al-Atrash nel villaggio di Al-Walaja, a sud-ovest di Gerusalemme.

Secondo WAFA Khader Al-Araj, capo del consiglio del villaggio di Al-Walaja, ha detto che un grande contingente di soldati israeliani, accompagnati da un bulldozer militare, ha fatto irruzione nel quartiere Ain Juwaiza del villaggio. Hanno proceduto alla demolizione della casa di Al-Atrash, un abitante del luogo, che misurava circa 120 metri quadrati.

Al-Araj afferma che le autorità di occupazione israeliane impiegano spesso tali misure per tormentare gli abitanti e spingerli a lasciare il villaggio, adducendo futili pretesti per le demolizioni.

Le autorità israeliane rifiutano di consentire praticamente qualsiasi costruzione palestinese nellArea C, che costituisce il 60% della Cisgiordania occupata e rientra sotto il pieno controllo militare israeliano, riferisce WAFA. Ciò ha costretto i residenti a costruire senza ottenere permessi, raramente concessi, per fornire riparo alle loro famiglie.

Terreni agricoli dati alle fiamme

Wafa fa sapere che nel frattempo coloni ebrei illegali hanno appiccato il fuoco a terreni agricoli nel villaggio di Duma, a sud di Nablus.

Suleiman Dawabsheh, capo del Consiglio del villaggio di Duma, ha detto che i coloni hanno appiccato incendi nel terreno agricolo a ovest del villaggio, coltivato ad ulivi e grano.

Dawabsheh afferma che i coloni hanno impedito agli abitanti del villaggio di accedere ai terreni in fiamme.

In un precedente incidente, circa due mesi fa, i coloni avevano incendiato la stessa zona. In quell’occasione le forze di occupazione israeliane non hanno permesso alle squadre di protezione civile di avvicinarsi e spegnere lincendio, riporta WAFA.

(traduzione dall’inglese di Aldo Lotta)




‘Peggioramento delle condizioni’. A Gaza due bambini muoiono per l’aumento delle temperature

Redazione di Palestine Chronicle

28 aprile 2024 – Palestine Chronicle

Due bambini sarebbero morti a causa dell’insolita ondata di caldo nella Striscia di Gaza assediata, mentre il ministero della Salute palestinese segnala che l’acqua non potabile sta mettendo a rischio le vite degli abitanti.

Domenica l’Agenzia dell’ONU per i Rifugiati Palestinesi (UNRWA) ha dichiarato su X che “con il salire delle temperature le condizioni di vita a Gaza stanno peggiorando.”.

Philippe Lazzarini, il commissario generale dell’UNRWA, ha detto: “Ci è stata segnalata la morte di almeno due bambini a causa del caldo eccessivo.”

Cos’altro c’è da sopportare: morte, fame, malattie, sfollamenti e adesso vivere in strutture simili a serre sotto un sole cocente,” ha sottolineato.

Lazzarini ha spiegato che negli ultimi giorni “a Gaza c’è stata un’insolita ondata di caldo che ha reso le già disumane condizioni di vita persino peggiori per il milione e mezzo di persone che a Rafah vivono sotto teloni di plastica. Non possiamo permettere oltre a queste sofferenze che si proceda con una massiccia operazione militare. Questa guerra deve finire, si è già aspettato troppo un cessate il fuoco a Gaza.”

Nessuna possibilità di potabilizzare l’acqua

Sabato il ministero della Salute palestinese ha detto che con la chiusura del laboratorio per la salute pubblica e con l’impossibilità di testare la potabilità dell’acqua, oltre al “divieto di ingresso del cloro”, o altre alternative per trattare l’acqua potabile, attuato da Israele, “tutti gli abitanti della Striscia di Gaza stanno usando acqua contaminata mettendo a repentaglio la propria vita.”

Il ministero ha anche messo in guardia sulla diffusione di malattie risultanti dalle acque reflue e dall’accumulo di rifiuti in strada e fra le tende degli sfollati.”

Il ministero ha detto che tutto ciò va ad aggiungersi “alla diffusione di rettili e insetti e all’aumento delle temperature, una situazione che “segnala un imminente disastro sanitario”.

Mercoledì il ministero ha comunicato casi di meningite ed epatite.

Oltre 34.000 morti

Al momento presso la Corte Internazionale di Giustizia è stata intentata una denuncia per il genocidio dei palestinesi contro Israele, che dal 7 ottobre ha scatenato una guerra devastante a Gaza.

Secondo il ministero della Salute di Gaza sono stati uccisi 34.454 e feriti 77.575 palestinesi nell’attuale genocidio attuato da Israele a Gaza iniziato il 7 ottobre.

Inoltre ci sono almeno 7.000 dispersi, presumibilmente morti sotto le macerie delle loro case in tutta la Striscia.

Organizzazioni palestinesi e internazionali dicono che la maggioranza dei morti e dei feriti sono donne e bambini.

La guerra israeliana ha causato una gravissima carestia, specialmente nel nord di Gaza, provocando la morte di molti palestinesi, quasi tutti bambini.

L’aggressione israeliana ha inoltre causato lo sfollamento forzato di circa due milioni di persone in tutta la Striscia, dove la maggioranza è stata costretta a concentrarsi nella già sovraffollata città di Rafah, vicino al confine con l’Egitto in quello che è diventato il più ampio esodo di massa palestinese dalla Nakba del 1948.

Israele dice che 1.200 fra soldati e civili sono stati uccisi il 7 ottobre durante l’operazione Diluvio Al-Aqsa. I media israeliani hanno pubblicato resoconti che suggeriscono che quel giorno molti degli israeliani sono stati uccisi dal ‘fuoco amico’.

(traduzione dall’inglese di Mirella Alessio)




#AbandonBiden: Gaza sarà il fattore decisivo nelle elezioni americane?

Robert Inlakesh

27 febbraio 2024 – Palestine Chronicle

NOTA DEL DIRETTORE: Martedì lagenzia di stampa Reuters ha riferito che un alto consigliere della campagna del presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha affermato che la loro campagna è stata danneggiata dal sostegno del presidente a Israele.

Sulla base delle interviste a nove mesi dalle elezioni il problema si sta aggravando mentre lopposizione di Biden alla richiesta di un cessate il fuoco permanente continua a suscitare rabbia in una coalizione di elettori che ha favorito la sua vittoria nel 2020, dai neri americani agli attivisti musulmani, fondamentali per la vittoria nel Michigan, ai giovani elettori, ha riferito Reuters.

Nel seguente rapporto di Robert Inlakesh approfondiamo la questione sul come il voto americano arabo/musulmano potrebbe influenzare le possibilità di una rielezione di Biden in relazione alla posizione della sua amministrazione sul genocidio israeliano in corso a Gaza.

A meno di un anno dalle elezioni presidenziali americane la candidatura per la rielezione di Joe Biden è messa in discussione dagli elettori musulmani e arabo americani che ritengono che il loro attuale presidente li abbia traditi.

Allinizio di dicembre i leader musulmano americani di tutti gli Stati Uniti hanno lanciato la campagna #AbandonBiden, nel tentativo di porre il presidente degli Stati Uniti di fronte alle sue responsabilità riguardo il suo rifiuto di porre fine allo spargimento di sangue a Gaza. Mentre la campagna cresceva figure di spicco musulmane e arabe allinterno del Paese hanno cominciato a esprimere pubblicamente il ritiro della loro intenzione di voto per il candidato del Partito Democratico, per nulla turbate dallaccusa che avrebbero consentito una vittoria dellex presidente repubblicano Donald Trump.

Come ha affermato linfluente comico egiziano americano Bassem Yousef, tutto ciò che abbiamo chiesto (a Joe Biden) è un cessate il fuoco. Porre fine al massacro. Porre fine al massacro. Adesso vuoi ricattarci con i diritti in materia di riproduzione e i diritti delle minoranze?”.

Ha concluso il suo discorso affermando: non mi farò ricattare attraverso le affermazioni che starei permettendo a Trump di vincere, i democratici hanno fatto tutto da soli e non possono continuare a fingere di essere dalla nostra parte”.

Sebbene i media statunitensi abbiano cercato di minimizzare l’efficacia della campagna Abandon Biden, le conseguenze per il Partito Democratico sono ormai inevitabili. A Dearborn, nel Michigan, Abdullah Hammoud, il sindaco eletto nel luogo di maggiore concentrazione di elettori arabi di uno Stato decisivo anche per questa ragione, si è rifiutato insieme a molti altri leader arabo americani di incontrare a gennaio Joe Biden.

Voice of America, finanziata dallo Stato americano, ha persino iniziato a parlare dell’uscita degli arabo americani dal Partito Democratico, pubblicando un articolo intitolato “Biden non farà pressioni per il cessate il fuoco a Gaza e di conseguenza Trump potrebbe vincere”, in cui si riferisce che gli arabo americani che in passato hanno votato democratico provano dolore e senso di tradimento, una rabbia cocente e una forte avversione a votare per Biden”.

In una nazione di circa 3,7 milioni di cittadini arabi, secondo i dati raccolti dallArab American Institute, questo gruppo minoritario, apparentemente piccolo, in tempo di elezioni potrebbe fare unenorme differenza per la campagna di Biden.

Oltre agli arabo americani, che sono una popolazione a maggioranza cristiana, il Council on American-Islamic Relations (CAIR) ha pubblicato dati che indicano che negli Stati Uniti sono registrati circa 2 milioni di elettori musulmani. Da parte di entrambe le popolazioni, spesso erroneamente confuse, dato che sono in maggioranza sovrapponibili, è stato ampiamente espresso il malcontento per la gestione della guerra a Gaza da parte dellamministrazione Biden.

Come già rilevato, durante le elezioni presidenziali del 2020 Joe Biden è riuscito a vincere nello Stato del Michigan con un sottile margine di 150.000 voti. Questa volta si dice che nel Michigan ci siano oltre 206.000 elettori musulmani americani registrati e molti di loro nel 2020 hanno votato democratico.

Da tenere in considerazione nellequazione è anche il fatto che i leader arabo-americani hanno svolto e stanno svolgendo un ruolo nel parlare ai loro connazionali americani di ogni ceto sociale, convincendoli ad adottare la stessa posizione contro Joe Biden; per metterlo di fronte alla sua responsabilità riguardo a ciò che ha permesso che Israele facesse a Gaza.

Più in generale, circa l80% degli americani ha espresso il desiderio di un cessate il fuoco nella Striscia di Gaza. Ora, con leccezione di alcuni piccoli Paesi insulari, sono Israele e lamministrazione statunitense Biden a restare isolati davanti alle Nazioni Unite sulla questione del cessate il fuoco. Questo mentre gli Stati Uniti hanno usato ancora una volta il loro potere di veto al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite per respingere una proposta algerina che chiedeva la cessazione immediata delle ostilità.

– Robert Inlakesh è un giornalista, scrittore e regista di documentari. Si occupa di Medio Oriente in particolare della Palestina. Ha scritto questo articolo per The Palestine Chronicle.

(traduzione dall’inglese di Aldo Lotta)




Unicef: La malnutrizione in aumento minaccia la vita dei minori a Gaza

Redazione di Palestine Chronicle

 20 febbraio 2024 – Palestine Chronicle

L’UNICEF afferma che la scarsità di cibo e di acqua potabile sta mettendo in pericolo l’alimentazione e il sistema immunitario di donne e bambini e comporta un aumento della malnutrizione acuta

Il Fondo delle Nazioni Unite per l’Infanzia (UNICEF) afferma che nella Striscia di Gaza il forte aumento della malnutrizione tra i bambini, le donne gravide e in allattamento pone in grave pericolo la loro salute.

Citando una nuova analisi complessiva resa nota dal Global Nutrition Cluster [Gruppo per la Nutrizione Globale], l’UNICEF afferma che, mentre il conflitto in corso a Gaza entra nella ventesima settimana, cibo e acqua potabile sono diventati assolutamente scarsi e le malattie dilagano.

Ciò “compromette l’alimentazione e il sistema immunitario di donne e bambini e comporta un aumento della malnutrizione acuta,” ha affermato lunedì l’UNICEF in un comunicato.

Il rapporto “Gaza: Vulnerabilità Nutrizionale e Analisi della Situazione” rileva che le condizioni sono particolarmente gravi nel nord della Striscia di Gaza, che è stata quasi completamente tagliata fuori per settimane dagli aiuti.

“Controlli nutrizionali condotti nei rifugi e nei centri sanitari del nord hanno rilevato che il 15,6%, o 1 bambino su 6 sotto i due anni di età, è gravemente malnutrito,” sostiene il comunicato.

Di questi quasi il 3% soffre di “un grave deperimento, la forma di malnutrizione potenzialmente più letale,” che mette ad altissimo rischio di complicanze mediche e morte i bambini piccoli se non ricevono cure urgenti.

“Poiché i dati sono stati raccolti a gennaio, la situazione probabilmente oggi è persino più grave.”

Controlli simili effettuati nel sud della Striscia di Gaza, a Rafah, dove i soccorsi sono stati più accessibili,“ hanno rilevato che il 5% dei bambini sotto i 2 anni sono gravemente malnutriti.”

Morti infantili evitabili

L’UNICEF afferma che questa è una prova evidente che l’accesso agli aiuti umanitari è necessario e può aiutare ad evitare le conseguenze peggiori.

“Ciò rafforza anche gli appelli delle agenzie [umanitarie] per proteggere Rafah dalla minaccia di operazioni militari più intense,” aggiunge.

“La Striscia di Gaza sta per assistere a un aumento esponenziale di morti infantili evitabili che aggraverebbe il già intollerabile livello di bambini uccisi a Gaza,” afferma il vicedirettore esecutivo per le Azioni Umanitarie e le Operazioni di Approvvigionamento dell’UNICEF, Ted Chaiban.

“Per settimane abbiamo avvertito che la Striscia di Gaza è sull’orlo di una crisi alimentare,” sottolinea Chaiban.

“Se il conflitto non finisce adesso l’alimentazione dei bambini continuerà a ridursi, portando alla morte evitabile o a problemi di salute che colpiranno i bambini di Gaza per il resto della loro vita e avranno potenzialmente conseguenze per le future generazioni.

Quantità di cibo ridotte

Il comunicato aggiunge che c’è un alto rischio che la malnutrizione continui ad aumentare nella Striscia di Gaza a causa dell’allarmante mancanza di cibo, acqua e servizi sanitari e nutrizionali.

Al momento “il 90% dei bambini al di sotto dei 2 anni d’età e il 95% delle donne gravide e in allattamento deve affrontare una gravissima carenza di cibo; il 95% delle famiglie riceve una limitata quantità di alimenti, il 64% delle famiglie consuma solo un pasto al giorno; oltre il 95% delle famiglie afferma di aver ridotto la quantità di cibo degli adulti per garantire che i bambini piccoli possano alimentarsi.

La vicedirettrice esecutiva dei Programmi Operativi del WFP, Valerie Guarnieri, afferma che il forte aumento della malnutrizione “che stiamo vedendo a Gaza è pericoloso e assolutamente evitabile.”

Afferma che in particolare bambini e donne hanno bisogno di un accesso costante a cibo sano, acqua potabile e servizi per la salute e la nutrizione.

“Perché ciò avvenga abbiamo bisogno di un deciso miglioramento dell’accesso alla sicurezza e umanitario e un maggior numero di punti di accesso per gli aiuti a Gaza.”

Il rapporto riscontra che almeno il 90% dei bambini con meno di cinque anni è colpito da una o più malattie infettive. Il 70% ha avuto la diarrea nelle ultime due settimane, un incremento di 23 volte rispetto ai dati del 2022.

Fame e malattie

“Fame e malattie sono una combinazione letale,” afferma il dott. Mike Ryan, direttore esecutivo del Programma di Emergenza Alimentare dell’OMS.

“Bambini affamati, indeboliti e profondamente traumatizzati sono più soggetti ad ammalarsi, e bambini malati, soprattutto con la diarrea, non possono assorbire bene le sostanze nutritive. È pericoloso, e tragico, e sta avvenendo sotto i nostri occhi.”

UNICEF, WFP e OMS invocano un accesso sicuro, senza ostacoli e costante per distribuire urgentemente assistenza umanitaria multisettoriale nella Striscia di Gaza, afferma la dichiarazione.

“Un immediato cessate il fuoco umanitario continua a rappresentare la migliore possibilità di salvare vite e porre fine alle sofferenze,” sottolinea.

Numero di vittime in crescita

Secondo il ministero della Sanità di Gaza 29.092 palestinesi sono stati uccisi e 69.028 feriti nel genocidio israeliano in corso a Gaza iniziato il 7 ottobre.

Inoltre almeno 7.000 persone sono disperse, presumibilmente morte sotto le macerie delle loro case nella Striscia.

Organizzazioni palestinesi e internazionali affermano che la maggioranza dei morti e feriti sono donne e bambini.

L’aggressione israeliana ha comportato anche l’evacuazione forzata di quasi due milioni di persone da tutta la Striscia di Gaza, e la grande maggioranza dei profughi sono stati ammassati nella sovraffollata città meridionale di Rafah, nei pressi del confine con l’Egitto, in quello che è diventato il più grande esodo di massa dei palestinesi dalla Nakba [la catastrofe, la pulizia etnica da cui è nato Israele, ndt.] del 1948.

(traduzione dall’inglese di Amedeo Rossi)




Sette palestinesi uccisi da droni israeliani nella Cisgiordania occupata

Palestine Chronicle Staff  

17 gennaio 2024 Palestine Chronicle

Sette palestinesi sono stati uccisi mercoledì mattina da un bombardamento di droni israeliani che hanno preso di mira le città di Tulkarem e Nablus nella Cisgiordania occupata.

Tulkarem

Quattro palestinesi sono stati uccisi ed altri feriti in un bombardamento di droni israeliani che aveva come obbiettivo il quartiere Al-Tammam nel campo profughi di Tulkarem.

L’agenzia ufficiale di informazioni palestinese WAFA ha citato testimoni oculari dall’interno del campo che hanno detto che un drone ha preso di mira un gruppo di giovani nel quartiere Al-Tammam, uccidendo parecchi di loro e ferendone gravemente altri.

La Mezzaluna Rossa palestinese ha confermato che i suoi equipaggi hanno trasportato i corpi di quattro vittime palestinesi dall’interno del campo all’ospedale governativo Martyr Thabet Thabet a Tulkarem.

Secondo la WAFA le forze israeliane hanno impedito alle ambulanze e alla Mezzaluna Rossa palestinese di entrare nel campo per trasportare i feriti dal luogo preso di mira.

Inoltre truppe israeliane hanno circondato il luogo del bombardamento e nelle vicinanze sono state dislocate pattuglie di fanteria.

Le forze di occupazione israeliane hanno continuato ad aggredire la città di Tulkarem e il suo campo profughi a partire dalle 4,30 del mattino, distruggendo anche proprietà private e infrastrutture.

Un ampio dispiegamento militare, accompagnato da due bulldozer dell’esercito, avrebbe assaltato la città all’alba dagli ingressi ad ovest, nord e sud.

Le forze di occupazione hanno circondato il campo di Tulkarem da tutti gli ingressi, dispiegando veicoli militari nelle strade e nei quartieri, mentre sui tetti di diversi edifici e negozi si sono appostati i cecchini.

Parecchi veicoli militari si sono posizionati agli ingressi dell’ospedale specialistico Al-Isra nel quartiere occidentale e nelle vicinanze dell’ospedale governativo Thabet Thabet accanto al campo, impedendo l’entrata e l’uscita degli abitanti dai suddetti ospedali.

In seguito all’incursione sono scoppiati intensi scontri tra residenti locali e soldati israeliani. Le forze israeliane avrebbero sparato proiettili veri e sono stati sentiti rumori di esplosioni e spari di fucili dall’interno della città e del suo campo profughi.

Durante l’incursione le forze israeliane hanno arrestato tre palestinesi, compresi due ex detenuti.

Nablus

All’alba di mercoledì sono stati uccisi tre palestinesi in un attacco con droni che ha preso di mira un veicolo vicino al campo profughi di Balata, a est di Nablus.

Secondo la WAFA un drone israeliano ha preso di mira un veicolo vicino all’incrocio di Barada, mandandolo completamente a fuoco e uccidendo tre uomini. Le forze israeliane hanno impedito alle equipe mediche di raggiungere il luogo.

I tre uomini sono stati identificati come Mohammad al-Qatawi e i fratelli Saif e Yazan al-Najmi.

Le forze di occupazione israeliane hanno circondato il veicolo con diverse jeep militari.

Inoltre le forze di occupazione israeliane hanno aperto il fuoco contro gli equipaggi delle ambulanze della Mezzaluna Rossa palestinese ed hanno impedito loro di raggiungere il veicolo in fiamme.

Le forze israeliane hanno ulteriormente devastato i campi profughi di Balata e Askar, compiendo massicce incursioni e perquisizioni di case.

La Mezzaluna Rossa ha detto di essere stata in grado di raggiungere il veicolo solo dopo che le forze di occupazione si sono ritirate dalla zona.

Le forze di occupazione avevano precedentemente assalito il campo di Balata con veicoli militari, fra attacchi aerei e sorvoli di aerei e droni, provocando violenti scontri tra gli abitanti del campo e le forze di occupazione.

(PC, WAFA)

(Traduzione dall’inglese di Cristiana Cavagna)




100 avvocati cileni presentano denuncia alla CPI contro Netanyahu per crimini di guerra a Gaza

Redazione di Palestine Chronicle

9 gennaio 2024, Palestine Chronicle

I ricorrenti, in maggioranza di ascendenza palestinese, chiedono che sia emesso un mandato di arresto contro Netanyahu.

Circa 100 avvocati cileni hanno sporto denuncia presso la Corte Penale Internazionale (CPI) contro il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu, accusandolo di commettere crimini contro l’umanità, genocidio e crimini di guerra a Gaza.

Il Middle East Monitor, citando la Quds Press, ha riferito che la denuncia, presentata all’Aja il 22 dicembre, è stata diretta dall’ex ambasciatore Nelson Hadad.

I querelanti, per la maggior parte di ascendenza palestinese, chiedono che sia spiccato un mandato di arresto contro Netanyahu ed altre persone responsabili di questi presunti crimini, riferisce MEMO.

Hanno evidenziato i bombardamenti indiscriminati di Gaza dal 7 ottobre e la distruzione di interi quartieri residenziali senza far distinzione tra civili e combattenti.

Tutti i Paesi devono denunciare i criminali di guerra, assicurando che vengano ritenuti responsabili, assumano le proprie responsabilità, affrontino la punizione conformemente alle sanzioni dello Statuto di Roma e offrano riparazioni alle vittime”, avrebbe affermato Hadad.

L’obbiettivo dell’istanza è provare che a Gaza si stanno perpetrando genocidio, espulsione forzata, crimini di guerra e violazioni del diritto umanitario internazionale, conclude il rapporto.

A dicembre il Sudafrica ha presentato alla CIG tutta la documentazione necessaria, formulando accuse di crimini di guerra contro Israele per la sua guerra genocida a Gaza.

Come Sudafrica, insieme a molti altri Paesi del mondo, abbiamo concordemente ritenuto opportuno deferire questa azione dell’intero governo israeliano davanti alla CIG. Abbiamo promosso il deferimento perché riteniamo che là si stiano commettendo crimini di guerra”, ha detto il Presidente del Sudafrica Cyril Ramaphosa.

Ramaphosa ha definito “totalmente inaccettabile” che Israele “si sia fatto giustizia da solo”.

Secondo il Ministero della Sanità di Gaza sono stati uccisi 23.210 palestinesi e feriti 59.167 nel corso del perdurante genocidio israeliano a Gaza iniziato il 7 ottobre.

Stime palestinesi e internazionali dicono che la maggioranza delle vittime e dei feriti sono donne e bambini.

(PC, MEMO) (Palestine Chronicle, Middle East Monitor)

(Traduzione dall’inglese di Cristiana Cavagna)




Mettere in discussione le storie che ci raccontano sulla solidarietà e la propaganda

Benay Blend

4 dicembre 2023 – Palestine Chronicle

Essere solidali con gli oppressi, chiunque essi siano, significa stare in guardia rispetto ai media sensazionalisti che trasformano la vittima in carnefice per infiammare l’opinione pubblica.

Nella Giornata Internazionale di Solidarietà con il Popolo Palestinese, il 29 novembre, è sempre bene ricordare che cosa significa realmente essere solidali con un altro gruppo di persone.

Non importa che la data sia arrivata e trascorsa prima che compaia questo articolo, perché la solidarietà non è una sciarpa che possa essere indossata e tolta, usata quando serve ma messa da parte quando non serve più.

Ora più che mai significa porre al centro le voci dei palestinesi in tutti gli eventi, piuttosto che incoraggiare altri ad assumere la guida. Se è vero che non tutti i palestinesi la pensano allo stesso modo, la maggioranza di loro è unita in nome della causa di liberazione, scrive Ramzy Baroud, un’unità che si avverte all’interno della patria e al di fuori.

Invece di proporre logore soluzioni, opinioni sul valore di questa o quella strategia, è ora di ascoltare ciò che i palestinesi immaginano per il loro futuro.

Il 29 novembre Romana Rubeo, caporedattrice di Palestine Chronicle, ha osservato che alcuni intendono essere solidali solo quando gli occupati appaiono come vittime, nonostante che i palestinesi abbiano sempre “sublimato il dolore nella lotta”.

Anche i bambini”, osserva Ramzy Baroud, fondatore di Palestine Chronicle, “che hanno perso membri della propria famiglia a Gaza stanno con coraggio di fronte alle telecamere ribadendo che non cederanno mai e che niente li potrà scacciare dalla loro patria. Vecchi e giovani riaffermano la stessa logica, usano linguaggi simili, persino dai letti di ospedale.”

Infine è importante non riproporre la hasbara (propaganda) che si è imposta nei media occidentali ed è stata ostinatamente ripetuta da capi di Stato. Subito dopo il 7 ottobre c’è stato un rapporto su bambini israeliani presumibilmente decapitati da Hamas.

Poiché mi ricordavo di una vicenda simile durante l’invasione irachena del Kuwait, quella di bambini tirati fuori dalle incubatrici dagli iracheni e lasciati morire, diffidavo della veridicità di questo rapporto. Benché sia stato subito dimostrato che la voce è stata messa in giro da un israeliano che non ne aveva la minima prova, la storia ha preso piede fino ad ora e viene ancora ripetuta da alcuni come un dato di fatto.

Nonostante la storia della falsità e delle autentiche menzogne di Israele”, spiega Jamal Kanj, “i mezzi di informazione e i leader occidentali continuano a contestare la veridicità delle narrazioni di testimoni in prima persona sul campo, essendo disponibili al contempo ad assumere la falsa versione israeliana degli eventi.”

Recentemente il Washington Post ha pubblicato un titolo sensazionalistico che allude all’uso da parte di Hamas dello “stupro come arma di guerra”. L’articolo prosegue dipingendo un quadro di barbari palestinesi che hanno stuprato e saccheggiato nel loro passaggio per i villaggi e le città israeliane.

Anche se il dirigente di Hamas Basem Naim ha spiegato che un tale comportamento va contro i principi islamici, il Washington Post ha sorvolato sulla sua dichiarazione.

Il rapporto prosegue ignorando le prove secondo cui quel giorno sono stati i soldati israeliani a sparare su qualunque cosa si muovesse, accollandosi così parte del peso delle 1200 morti israeliane.

Un significativo numero (di persone uccise durante il raid) sono state uccise dal fuoco incrociato”, scrive l’attivista sudafricano Ronnie Kasrils, “molte da fucili e bombe israeliani. Ci sono rapporti che indicano che alcuni dei soldati israeliani erano scarsamente addestrati ad operare in situazioni di panico.”

Sembra che il regime sionista stesse progettando per i palestinesi ciò che essi stessi hanno fatto a donne e bambini detenuti nelle prigioni israeliane, ma ad oggi non è stato detto molto su questo.

È vero che lo stupro è spesso usato come arma in situazioni di guerra per disumanizzare il nemico, ma in questo caso sembra che sia il contrario. Certo negli Stati Uniti c’è una lunga storia di neri falsamente accusati di stupro di donne bianche, in parte per diffondere paura ma anche per giustificare i linciaggi estragiudiziali alla fine del XIX e nel XX secolo.

Negli anni ’90 del 1800 la paladina nera e giornalista investigativa Ida B Wells intraprese uno studio di massa che avrebbe messo in luce le accuse fraudolente che giustificavano il linciaggio dei neri.

Più di recente vi è stato il caso dei cinque di Central Park, giovani neri e latini arrestati per il brutale stupro di una donna a Central Park a New York. Nel 1989, un anno caratterizzato da crimini e tensioni razziali, il pubblico ha visto ciò che era preparato a vedere e i media hanno giocato su queste paure facendone un caso sensazionalistico.

Il pregiudizio di conferma consiste nella tendenza individuale ad accettare solo ciò che sorregge il proprio preesistente punto di vista prevenuto”, nota Jamal Kanj. Questo vale oggi per i media occidentali nei confronti della Palestina e per i loro racconti di ciò che Hillary Clinton definì “superpredatori”, minori neri che secondo lei erano coinvolti in bande e questioni di droga.

Oggi c’è il documentario ‘Quando loro ci vedono’ che riporta le fasi del proscioglimento. Ciononostante questi cinque uomini passarono anni dietro le sbarre perché i media e i responsabili pubblici furono svelti a giocare sulle paure della gente.

Oggi i media insieme a diversi governi del mondo usano la stessa tecnica per equiparare la resistenza palestinese al terrorismo. Come nei casi suddetti, il linguaggio irresponsabile del sensazionalismo e della verità distorta comporta delle conseguenze.

In una comunicazione, dei palestinesi americani di Chicago hanno incolpato i media e i responsabili pubblici per l’assassinio del bambino di sei anni Wadea Al-Fayoume. Il 15 ottobre il bambino è stato brutalmente accoltellato 26 volte da un aggressore razzista che credeva che “tutti i musulmani devono morire.”

Precedentemente la consigliera comunale di Chicago Debra Silverstein aveva presentato una risoluzione che invitava a porre attenzione agli stereotipi razzisti collegati ai palestinesi, compresa “la disinformazione israeliana priva di fondamento circa gli eventi del 7 ottobre da parte di relatori filoisraeliani, che ripetono retoriche razziste riguardo agli arabi – sistematiche violenze sessuali contro le donne, sistematici massacri di bambini, decapitazioni – che l’esercito israeliano e la Casa Bianca hanno sempre rifiutato di verificare.”

Secondo Ameera Al-Beituni e Noor Hssan questi tropi razzisti hanno spinto il killer di Al-Fayoume a commettere il brutale crimine, riportando alla mente come le raffigurazioni razziste dei neri condussero al loro pubblico linciaggio.

Un giorno dopo che il Washington Post ha pubblicato le infondate accuse che Hamas aveva compiuto violenze sessuali contro donne “israeliane” il 7 ottobre, i titoli hanno riferito una storia diversa. Tre studenti palestinesi erano stati colpiti a morte nello stato liberale del Vermont, dove risiede Bernie Sanders.

Causa ed effetto? Molto probabilmente, ma la polizia dice di non aver ancora trovato un chiaro movente per gli spari. Per quale motivo qualcuno dovrebbe sparare a sangue freddo a tre palestinesi che parlano in arabo e indossano la kefiah, se non per odio scatenato dai media?

È importante riconoscere che questo fa parte di una storia più ampia. Questo orrendo crimine non ha origine nel vuoto”, dice Hisham Awartini, la vittima più gravemente ferita. “Così come apprezzo ognuno di voi che siete qui oggi, io sono una vittima di questo conflitto molto più ampio.”

Basil Awartini, cugino di Hisham, in questo stesso articolo suggerisce che gli spari sono stati una conseguenza di “una retorica pericolosa e disumanizzante vomitata da politici USA e opinionisti di destra.” Poi nello stesso pezzo il Post accusa Hamas di avere assassinato 1200 israeliani il 7 ottobre, anche se vi sono sempre più prove che “Israele” in quel giorno ha ucciso alcuni propri cittadini.

Essere solidali con gli oppressi, chiunque essi siano, significa stare in guardia rispetto ai media sensazionalisti che trasformano la vittima in carnefice per infiammare l’opinione pubblica. Non è difficile riconoscere gli stereotipi come anche esempi nel passato in cui la stessa disinformazione è stata usata per giustificare l’impiego della violenza contro altri esseri umani.

Dobbiamo essere solidali con il popolo palestinese”, conclude Rubeo, “che resiste, lotta, piange per i suoi figli e sorride se un prigioniero viene rilasciato. Con il popolo palestinese che respinge l’invasore e occupante ogni giorno, in modi diversi.”

Benay Blend ha ottenuto il dottorato in Studi Americani presso l’università del Nuovo Messico. Il suo lavoro di studiosa include: ‘Situated Knowledge’ in the Works of Palestinian and Native American Writers” [‘Saperi contestualizzati’ nel lavoro di scrittori palestinesi e nativi americani] (2017) in “’Neither Homeland Nor Exile are Words’” [Nè Patria né Esilio sono parole], curato da Douglas Vakoch e Sam Mickey.

Ha contribuito con questo articolo a The Palestine Chronicle.

(Traduzione dall’inglese di Cristiana Cavagna)