Secondo un articolo l’intelligence statunitense mette in dubbio le affermazioni israeliane riguardo ai rapporti tra l’UNRWA e Hamas.

Redazione di The Guardian

22 febbraio 2024 – The Guardian

Un rapporto dell’intelligence afferma che alcune accuse secondo cui collaboratori umanitari avrebbero partecipato agli attacchi di Hamas sono credibili ma non potrebbero essere verificate in modo indipendente.

Una verifica da parte dell’intelligence USA delle affermazioni di Israele secondo cui membri del personale di un’agenzia umanitaria dell’ONU avrebbero partecipato il 7 ottobre all’attacco di Hamas afferma che alcune delle accuse sono credibili, benché non potrebbero essere verificate in modo indipendente, mettendo nel contempo in dubbio denunce di rapporti più ampi con gruppi di miliziani.

L’attacco ha provocato un’invasione su vasta scala di Gaza che ha ucciso fino a 30.000 palestinesi. All’inizio dell’anno Israele ha accusato 12 dipendenti della United Nations Reliefs and Works Agency [agenzia ONU che si occupa dei profughi palestinesi, ndt.] (UNRWA) di aver partecipato agli attacchi del 7 ottobre insieme ad Hamas. Ha anche sostenuto che il 10% di tutti i lavoratori dell’UNRWA è affiliato ad Hamas.

La clamorosa accusa ha portato molti Paesi, tra cui gli USA, a tagliare i finanziamenti all’agenzia, che è stato un mezzo fondamentale per inviare aiuti a Gaza in quella che è stata ampiamente descritta come una crisi umanitaria.

Secondo il Wall Street Journal [importante quotidiano statunitense, ndt.] il rapporto dell’intelligence reso noto la scorsa settimana afferma con “scarsa fiducia” che un pugno di impiegati hanno partecipato agli attacchi, indicando di considerare le accuse credibili, pur non potendo confermare in modo indipendente la loro veridicità.

Tuttavia solleva dubbi sulle accuse secondo cui l’agenzia dell’ONU ha collaborato con Hamas in modo più complessivo. Secondo il Journal il rapporto sostiene che, benché l’UNRWA si coordini con Hamas per consegnare aiuti e operare nella zona, mancano prove che suggeriscano una collaborazione con il gruppo.

Aggiunge che Israele non ha “condiviso con gli USA i documenti di intelligence che stanno dietro le sue affermazioni.”

Inoltre il rapporto nota l’avversione di Israele nei confronti dell’UNRWA, hanno affermato al Journal due fonti informate: “C’è un paragrafo specifico che menziona come la tendenziosità israeliana sia funzionale a travisare molte delle affermazioni sull’UNRWA e dice che ciò ha dato come risultato delle distorsioni,” avrebbe affermato una fonte.

Secondo il Journal la scorsa settimana il rapporto di quattro pagine del National Intelligence Council ha circolato tra i funzionari del governo USA. Fondato nel 1979, il NIC include importanti analisti ed esperti dell’intelligence che lavorano insieme a parlamentari USA sulla politica statunitense.

A gennaio il segretario di stato Antony Blinken aveva affermato che le accuse di Israele sono “molto, molto credibili”. Nove dei dipendenti accusati sono stati licenziati dal capo dell’agenzia, che ha affermato di aver seguito così facendo “il contrario di un giusto processo”. In una conferenza stampa a Gerusalemme il commissario generale dell’UNRWA Philippe Lazzarini all’inizio di febbraio ha detto di non aver verificato le prove prima del licenziamento.

“Avrei potuto sospenderli, ma li ho licenziati. E ora ho avviato un’indagine e se l’inchiesta ci dirà che è stato un errore, in quel caso all’ONU prenderemo una decisione su come compensarli correttamente,” ha affermato.

Mercoledì Lazzarini ha detto ad Haaretz [quotidiano israeliano di centro-sinistra, ndt.] che l’agenzia sta chiedendo a Israele la “massima collaborazione per fornire le prove agli inquirenti.”

Riguardo alle affermazioni israeliane secondo cui circa il 10% dei lavoratori dell’UNRWA sarebbe affiliato ad Hamas, Lazzarini ha detto al giornale: “Ho letto sul giornale di 190 o 1.200 (dipendenti), ma non siamo stati informati (al riguardo) … Non abbiamo queste informazioni, non sappiamo da dove vengano queste informazioni, non sappiamo se si tratta di una stima. Non sappiamo se si tratta solo di una congettura.”

Con circa 2 milioni di palestinesi sfollati con la forza dagli attacchi di Israele contro Gaza dal 7 ottobre, la maggioranza dei sopravvissuti ha cercato rifugio a Rafah. Mentre i palestinesi devono fare i conti con gravi carenze di cibo, acqua, carburante e servizi medici, l’ONU ha avvertito di un incombente disastro della sanità pubblica.

Solo quattro degli ambulatori e centri medici dell’UNRWA nella Striscia sono ancora in funzione.

“Ci siamo totalmente riorientati da quelli che chiamerei i tradizionali servizi di tipo pubblico forniti ai rifugiati palestinesi e dalle attività per lo sviluppo umano verso un tipo di risposta emergenziale che è prioritariamente salvavita, come aiutare la gente a trovare un rifugio,” ha detto Lazzarini ad Haaretz.

“Stiamo cercando di tenere in piedi per quanto possibile il nostro sistema sanitario di base in modo che la gente non sovraffolli gli ospedali, che sono travolti da quella che definirei chirurgia di guerra di base.”

Nel contempo un rapporto separato dell’ONU di un gruppo di esperti dell’ONU reso pubblico lunedì ha manifestato allarme riguardo a “denunce credibili” di donne e ragazze sottoposte a “molteplici forme di aggressioni sessuali … da parte di soldati maschi dell’esercito israeliano.”

Le denunce includono stupri e detenzioni di donne palestinesi in gabbie, oltre a “foto di donne detenute in condizioni degradanti… che sarebbero state prese dall’esercito israeliano e pubblicate in rete.”

“Ricordiamo al governo israeliano i suoi obblighi di tutelare il diritto alla vita, alla sicurezza, alla salute e alla dignità delle donne e ragazze palestinesi e di garantire che nessuna sia sottoposta a violenza, tortura, sevizie o trattamenti degradanti, comprese violenze sessuali,” affermano gli esperti dell’ONU.

(traduzione dall’inglese Amedeo Rossi)




A scuola a stomaco vuoto

Ruwaida Amer

18 settembre 2023 – Electronic Intifada

Khitam Salim non riesce a preparare il pranzo che i suoi figli dovrebbero portare a scuola.

Da quando il marito è morto di leucemia quattro anni fa è una mamma single con tre bambini che frequentano la scuola elementare a Rafah, la città più meridionale di Gaza. La scuola, gestita dall’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati Palestinesi (UNRWA), non riesce a fornire i pasti ai suoi studenti, che quindi devono portarsi dei panini da casa o comprare da mangiare alla mensa.

Per il pranzo dovrebbero spendere quasi un euro al giorno, una somma che la loro mamma non può permettersi.

Nessuno mi aiuta,” dice Salim, che è disoccupata e dipende dall’assistenza sociale. “Le condizioni in cui ci troviamo sono molto difficili. I bambini vedono i loro compagni comprare da mangiare durante l’intervallo e non farlo ha un effetto psicologicamente negativo su di loro.”

Faris Qishta ha cinque figli, tutti frequentano le scuole dell’UNRWA.

Avrebbe bisogno di soldi per comprare le uniformi e il cibo e dice che non riesce a farlo.

Se non fosse per i pacchi di aiuti alimentari che riceve, dice che “la mia famiglia sarebbe morta di fame”. Tuttavia gli aiuti non comprendono i pasti scolastici.

Qishta, che faceva il taxista, ora è disoccupato.

Sono sempre alla ricerca di lavoro anche per pochi shekel per soddisfare le necessità di base dei miei bambini,” aggiunge. “Ma non riesco a trovare niente. I miei figli sono pieni di sogni e quando me li raccontano mi intristisco. Non so se il loro sarà un futuro migliore o se continuerà come ora.”

A Gaza l’UNRWA gestisce una rete di 288 scuole, con circa 300.000 studenti.

Niente colazione

Migliaia di questi bambini vanno a scuola senza colazione e senza soldi per comprarsi da mangiare durante la giornata. Dato che non hanno una dieta appropriata, molti non riescono a concentrarsi adeguatamente durante le lezioni.

L’UNRWA gestiva un programma di pasti gratis nelle sue scuole, ma per limiti di bilancio, il programma generale per le scuole è stato interrotto nel 2014 e ora li offre solo in casi particolari.

Da allora è stata costretta a fare dei tagli di spesa a causa di una grave crisi dei finanziamenti.

Sebbene sia cominciata prima, la crisi si è acutizzata con la presidenza USA di Donald Trump che, per ingraziarsi una lobby filoisraeliana estremista, introdusse tagli drastici agli aiuti all’UNRWA.

Gli USA hanno adottato una posizione più favorevole nei confronti dell’agenzia da quando è arrivato alla Casa Bianca Joe Biden, il suo successore.

Ciononostante i contributi USA sono diminuiti se li si considera su un periodo più lungo: nel 2022 ammontavano a $344 milioni, meno dei $365 che dava annualmente prima dei tagli di Trump nel 2018.

Difficoltà di finanziamento

In tale contesto le difficoltà finanziarie dell’UNRWA restano gravissime.

L’agenzia offre servizi sanitari ed educativi a un totale di circa 6 milioni di rifugiati palestinesi nella Cisgiordania occupata e a Gaza, in Giordania, Siria e Libano.

Facendo affidamento su donatori internazionali l’UNRWA quest’anno avrebbe avuto bisogno di un finanziamento di $1,75 miliardi, di cui ad agosto era stato raccolto solo il 44%.

Philippe Lazzarini, commissario generale dell’UNRWA, all’inizio di questo mese ha dichiarato che l’agenzia ha bisogno di $170-190 milioni “per fornire i servizi essenziali fino alla fine dell’anno.” Altri $75 milioni sono necessari “per continuare a fornire gli aiuti alimentari salvavita a oltre metà della popolazione di Gaza.”

Secondo gli ultimi dati disponibili, Gaza, sottoposta dal 2007 a un blocco israeliano totale ha un tasso di disoccupazione del 46%.

Said Khalid, 10 anni, frequenta la quinta elementare in una scuola dell’UNRWA nel campo profughi Beach a Gaza City.

La sua famiglia non è riuscita a comprargli l’uniforme nuova e il materiale necessario per la scuola alla riapertura dopo le vacanze estive, e inoltre non ha i soldi perché si compri da mangiare alla mensa.

So che mio papà non è avaro,” dice Said. “Se avesse i soldi me ne darebbe un po’ così potrei comprare le cose come fanno i miei compagni di classe, ma lui non ha un lavoro.”

Iyad Zaqout dirige un dipartimento di salute mentale dell’UNRWA.

Ha notato una crescente riluttanza dei bambini a parlare dell’impatto della povertà con i loro counselor. “Alcuni provano un senso di vergogna a rivelare le durissime condizioni in cui vivono le loro famiglie,” dice.

Sarah Jaber, 9 anni, fa la quarta elementare nel campo profughi di Jabalia. Il padre è un falegname, ma è disoccupato da anni.

Chiedo sempre alla maestra se posso stare in classe durante gli intervalli,” dice. “Non voglio vedere gli altri mentre comprano alla mensa, mi fa sentire triste.”

Ruwaida Amer è una giornalista che si trova a Gaza.

(traduzione dall’inglese di Mirella Alessio)