Furto di terre e deportazioni: ecco cosa prevede per il dopo annessione un importante avvocato israeliano

Meron Rapoport

20 maggio 2020 – Middle East Eye

Nella sua intervista con MEE, Michael Sfard dice che a Israele si è presentata l’occasione del secolo di annettere la Cisgiordania

A quasi 53 anni dall’occupazione della Cisgiordania, Israele è più vicina che mai ad annettere parti del territorio palestinese.

L’articolo 39 del patto di coalizione firmato dal primo ministro Benjamin Netanyahu del Likud e Benny Gantz di Blu e Bianco permette al premier, in accordo con la Casa Bianca, di proporre alla discussione nel governo un disegno di legge per mettere in pratica la sovranità di Israele e per l’approvazione in parlamento entro il primo luglio.

Dato che nella Knesset, il parlamento israeliano, c’è una chiara maggioranza per l’”applicazione della sovranità”, la nuova parola che si usa per ‘annessione’, in teoria, tra appena due mesi e mezzo, Israele potrà annettere parti della Cisgiordania – indubbiamente la mossa più significativa da quando l’ha occupata nel 1967.

Il governo insediatosi domenica metterà l’annessione come primo punto all’ordine del giorno.

Questo “in teoria”, perché con il passar del tempo dalla firma dell’accordo, la pressione su Israele sta salendo.

Solo venerdì Josep Borrrell, l’Alto rappresentante della politica estera dell’Unione europea, ha detto che l’UE userà “tutte le sue capacità diplomatiche ” per fermare l’annessione e il re di Giordania Abdullah ha previsto un “gravissimo conflitto” se si procedesse all’annessione.

Persino l’amministrazione Trump sembra meno entusiasta che alcune settimane fa. L’annessione dovrebbe far “parte di negoziati fra israeliani e palestinesi”, ha detto Morgan Ortagus, portavoce di Mike Pompeo, dopo la visita in Israele del Segretario di Stato della scorsa settimana.

Sebbene nelle ultime elezioni la sinistra israeliana sia stata pesantemente sconfitta, all’interno del Paese c’è ancora opposizione. Una figura prominente è Michael Sfard, avvocato israeliano specializzato in leggi sulla difesa dei diritti umani, consulente legale per organizzazioni di diritti umani in Israele e autore de The Wall and the Gate: Israel, Palestine, and the Legal Battle for Human Rights, [Il muro e la porta: Israele, Palestina e la battaglia legale per i diritti umani ndtr.].

In un’intervista della scorsa settimana Sfard ha messo in guardia contro le disastrose conseguenze per i palestinesi residenti nei territori annessi e per le loro proprietà. Eppure, allo stesso tempo, sostiene che, se l’annessione venisse fermata adesso, scomparirebbe dal dibattito “per cent’anni”.

Middle East Eye: Si è spesso sostenuto, persino da parte dei palestinesi, che sostanzialmente l’annessione sia già avvenuta e quindi un atto formale non farebbe una grande differenza.

Michael Sfard: Questo è un errore molto comune e rivela scarsa comprensione del significato per i singoli individui e per le comunità palestinesi e di quanto profondamente inciderà sulle loro vite e i loro diritti. Quasi sicuramente vorrà dire “nazionalizzazione” della maggior parte del territorio. Grandi porzioni di terra di proprietà di palestinesi che non vivono sul territorio saranno considerate come ‘proprietà di assenti ’.

MEE: Può spiegare meglio?

MS: La Absentee Property Act, la legge sulla proprietà degli assenti del 1950 permette di impossessarsi di proprietà di rifugiati palestinesi che se ne andarono, fuggirono o vennero deportati da ciò che nel 1948 diventò Israele. La legge definisce ‘assente’ un individuo che risiede in un “territorio nemico” o in “qualsiasi parte della Palestina Mandataria che non sia lo Stato di Israele”.

Nel 1967, quando Israele ha applicato questa legge a Gerusalemme Est, molti abitanti della Cisgiordania che avevano là delle proprietà furono definiti ‘assenti’, sebbene non avessero fatto nulla per diventarlo, non se ne erano andati. È una condizione fittizia, ma legale.

MEE: Cosa le fa pensare che ora useranno questa legge?

MS: Per molto tempo [il governo israeliano] non l’ha applicata a Gerusalemme Est, ma negli ultimi 20 anni lo sta facendo. La lobby dei coloni ha persuaso il Procuratore generale a fare eccezioni che sono state approvate dalla Corte Suprema di Israele. Sappiamo per esperienza che ogni eccezione diventa una regola, e quindi c’è l’enorme pericolo che gran parte del territorio venga dichiarato ‘proprietà di assenti’.

Un altro meccanismo con cui Israele esproprierà terre è la confisca per pubblica utilità. In ogni Paese ci sono delle leggi simili, per costruire strade, ecc.

MEE: Al momento ciò non è possibile in Cisgiordania?

MS: Ora no, secondo le leggi dell’occupazione e i principi applicati in questi anni dalla Corte suprema di Israele e dal Ministro della giustizia. Questa è la ragione per cui Israele ha usato ogni stratagemma giuridico, come dichiararle terre pubbliche. Ma una volta che un territorio è annesso, allora il “pubblico” sono gli israeliani e si può espropriare nel loro interesse. È chiaro che è questo che sarà fatto. Ecco il motivo per cui Israele sta annettendo questi territori.

MEE: É questa la ragione? Non è un gesto simbolico e politico?

MS: Naturalmente c’è un aspetto simbolico e di orgoglio nazionale, ma senza impadronirsi delle terre, l’annessione non soddisferebbe le fantasie annessioniste. Già ora i coloni nei loro insediamenti si sentono parte di Israele. L’unica restrizione è lo sviluppo, il fatto che ci sono molte terre agricole intorno ad essi sulle quali è difficile per loro espandersi.

MEE: Quindi il motivo principale è impossessarsi di terre?

MS: Ne è decisamente l’aspetto principale. Il conflitto israelo-palestinese è sostanzialmente per il territorio, non è né religioso né culturale, è territoriale. L’annessione, senza impadronirsi delle terre, non è una vittoria.

Questa è la prima cosa. La seconda è che alcune, probabilmente molte, delle comunità palestinesi che saranno coinvolte dovranno fronteggiare il pericolo della deportazione forzata. Per 53 anni Israele ha avuto il controllo del registro della popolazione palestinese e la sua politica ha impedito ai palestinesi di cambiare l’indirizzo in certe zone, come quelle a sud del Monte Hebron, nella Valle del Giordano e nel cosiddetto ‘Jerusalem Envelope’.

Quindi ci sono molte comunità, la maggior parte piccole e deboli che, se controlli la carta d’identità rilasciata ai loro abitanti dall’amministrazione civile israeliana [l’autorità militare che controlla i territori occupati ndtr.], sono registrate altrove in Cisgiordania. Dopo l’annessione diventeranno stranieri illegali in Israele e a rischio di deportazione. Naturalmente non avverrà il giorno dopo, ma alla lunga questo sarà il loro destino.

MEE: Lei è uno di quelli che da molto tempo ha sostenuto che quello che Israele sta facendo in Cisgiordania sia un tipo di apartheid. L’annessione non la aiuterà a convincere la comunità internazionale che è così? 

MS: L’accusa di apartheid è stata mossa a Israele da molti anni, espressa dagli attivisti dei diritti umani più radicali e politicamente periferici. L’annessione sposterà questo modo di pensare in un campo politico più convenzionale. Se Israele in passato ha sostenuto che non vuole governare i palestinesi e che la situazione presente è temporanea, l’annessione significherà perpetuare il dominio sui palestinesi e la loro oppressione, una situazione che si penserà che sia definitiva. 

MEE: Quindi non aiuterà persone come lei?

MS: Sicuramente rafforzerà questo argomento, ma non voglio barattare la forza del mio ragionamento in cambio dell’occupazione dei territori e della deportazione dei palestinesi. La gente che pensa che questo sia uno sviluppo positivo perché genererà un’opposizione più forte contro le politiche israeliane non valuta o non capisce appieno le conseguenze enormi dell’annessione e probabilmente sopravvaluta l’opposizione internazionale. Israele è uno Stato molto potente e più volte ci sono state cose commesse da Israele che si pensava che la comunità internazionale non avrebbe perdonato – ma l’ha fatto.

MEE: Cosa potrebbe fermare Israele? 

MS: Ci sono tre campi in Israele che voteranno a favore. Uno è quello ideologico, niente cambierà il suo punto di vista. Il secondo lo farà per motivi politici interni. Per loro i costi superano i benefici, potrebbero opporre resistenza. Fra i costi ci sarebbero la sicurezza, costi economici e, più importante di tutti, il danno alla posizione di Israele all’interno della comunità internazionale.

Il terzo gruppo è Netanyahu stesso. Un uomo, una missione. I suoi interessi sono completamente diversi. Non penso che al momento siano ideologici. Il problema principale è la sua sopravvivenza e il ruolo che può giocare l’annessione.

C’è ancora una cosa. Si tratta probabilmente del passo più importante di Israele dalla sua dichiarazione di indipendenza, eppure, per la maggior parte, la decisione non avverrà a Gerusalemme, ma a Washington.

MEE: Molti centri di potere della sicurezza israeliana, al centro e persino a destra, vogliono fermarla per continuare con lo status quo dell’occupazione. Non si sente a disagio a trovarsi insieme a loro? 

MS: Lo chieda a loro, ma io penso che non capiscano che in Medio Oriente lo status quo non esiste. Se si ferma l’annessione, non torneremo alla situazione precedente. In realtà io penso che fermarla sarà il passo più importante per far avanzare una giusta soluzione del conflitto israelo-palestinese.

Molti tasselli del puzzle vanno al loro posto, una situazione che la destra israeliana non avrebbe mai potuto sognarsi: un presidente alla Casa Bianca che non solo sostiene l’annessione, ma anzi ci spinge a farla, un’Europa molto debole, una maggioranza nel parlamento israeliano, l’opinione pubblica israeliana che negli ultimi vent’anni ha virato costantemente a destra e i palestinesi più deboli che mai.

Lo dicono le stelle. Se, in questa situazione che sembra perfetta, si previene l’annessione significherà che i confini di una possibile soluzione al conflitto israelo-palestinese saranno ridefiniti. Se oggi non potessimo annettere, allora probabilmente non succederà nei prossimi cent’anni.

Questo creerà un’enorme frattura nel campo degli annessionisti. Hanno aspettato 2000 anni, il messia è arrivato, si è fermato alla nostra porta, ma non l’ha aperta e se n’è andato.

MEE: Quindi lei è ottimista?

MS: Non sono sicuro che scommetterei che non succeda. Ma credo che ci sia un percorso ragionevole per far sì che non accada e la comunità internazionale gioca un ruolo primario. Il nostro compito è la mobilitazione di quelle forze che lo impediranno.

(traduzione dall’inglese di Mirella Alessio)