Cambio del guardiano dei due Stati

Maureen Clare Murphy

24 dicembre 2020 – The Electronic Intifada

Questa settimana il diplomatico bulgaro Nickolay Mladenov ha presentato al Consiglio di Sicurezza dell’ONU la sua ultima relazione in qualità di inviato di pace per il Medio Oriente.

Mladenov ha concluso il suo mandato di sei anni con un desolante aggiornamento sull’implementazione della risoluzione 2334 adottata dal Consiglio di Sicurezza nel 2016, che ribadisce l’illegalità delle colonie israeliane sui territori occupati.

Essa inoltre “sottolinea che la cessazione di ogni attività di colonizzazione da parte di Israele è requisito essenziale per la salvaguardia della soluzione dei due Stati.” La risoluzione richiede agli Stati di distinguere fra Israele e i territori che occupa dal 1967.

Il Consiglio di Sicurezza viene aggiornato ogni tre mesi sull’implementazione della risoluzione.

Lunedì, allo scadere del mandato, Mladenov non aveva buone notizie per l’ONU.

Nella sua ultima relazione, molto simile alle quindici precedenti, elencava casi di espansione delle colonie israeliane e esprimeva diligentemente dispiacere e preoccupazione.

“Nell’ultimo anno le autorità israeliane hanno presentato controversi progetti di colonie che erano rimasti congelati da anni,” ha detto.

“Dopo un rinvio di 8 anni sono stati presentati progetti per circa 3500 unità nell’area strategica E1 [un’area di circa 12 km2 di terra confiscata ai palestinesi che attraversa trasversalmente la Cisgiordania, n.d.t.]. Se tale progetto venisse attuato la Cisgiordania sarebbe tagliata in due parti separate, nord e sud.”

Mladenov ha dichiarato che “il proseguimento di tutte le attività di colonizzazione devono cessare immediatamente.”

Ma come tutte le altre relazioni precedenti neanche questa contiene un appello ad agire per costringere Israele a rispettare le leggi internazionali.

Da inviato speciale Mladenov non ha mai espresso il proprio appoggio per un’inchiesta del Tribunale Penale Internazionale sui crimini di guerra commessi da Israele nelle colonie, né si è mai avvalso della sua posizione per sostenere il database dell’ONU delle aziende che operano nelle colonie.

Anziché richiamare Israele alle proprie responsabilità, il lavoro di Mladenov, sacrificando il concetto di giustizia che impone di sanzionare Israele per le sue violazioni delle leggi internazionali, ha scelto invece di lanciare un appello ipocrita alla “pace”.

Lo ha fatto promuovendo il “coordinamento per la sicurezza” fra Israele e l’Autorità Nazionale Palestinese e ha letteralmente abbracciato i leader israeliani che rendono la vita dei palestinesi un vero e proprio inferno.

Ultimamente Mladenov è arrivato a considerare i diritti dei palestinesi come oggetto di negoziato con Israele, a cui invece non ha chiesto nulla.

Si è riconosciuto al diplomatico il merito di avere impedito un altro massacro su larga scala a Gaza come quello del 2014, ma scegliendo di aderire rigidamente alla dottrina della soluzione negoziale dei due Stati invece di richiamare Israele alle sue responsabilità, Mladenov e il segretario generale dell’ONU permettono che la colonizzazione israeliana delle terre rubate ai palestinesi continui indisturbata.

Mladenov ha accolto con favore – se non addirittura propugnato, come ha fatto di fronte ad una lobby israeliana – gli accordi di normalizzazione fra Israele e monarchie del Golfo, quali gli Emirati Arabi Uniti, ma questi accordi non sono altro che contratti di forniture d’armi che non hanno niente a che vedere con la pace o con l’autodeterminazione dei palestinesi.

Nella sua relazione finale al Consiglio di Sicurezza Mladenov ha tracciato una falsa uguaglianza fra i colonizzatori israeliani e gli abitanti storici della Palestina espropriati, senza Stato e soggetti al dominio coloniale:

“Israeliani e palestinesi, arabi ed ebrei vivono nel conflitto da troppo tempo. La dolorosa realtà della loro lotta si ripercuote su ogni singola famiglia da generazioni,” ha detto Mladenov.

“Perdita e sradicamento fanno parte della storia personale di ogni singola unità familiare.”

In questo modo Mladenov ha distorto quella che è una lotta di liberazione nazionale facendola diventare “un conflitto sul diritto stesso alla coesistenza fra due nazioni.”

Il ruolo della Norvegia

A Mladenov subentrerà Tor Wennesland, l’inviato norvegese per il Medio oriente.

Che cosa possono aspettarsi i sostenitori della giustizia e dei diritti dei palestinesi dal successore di Mladenov?

La Norvegia è presidente permanente dell’Ad Hoc Liaison Committee – Commissione Speciale di Collegamento (AHLC), che coordina i donatori internazionali alla Autorità Nazionale Palestinese, fra cui UE, ONU e USA.

Questo comitato nacque in seguito ai negoziati fra Israele e OLP promossi dalla Norvegia negli anni ‘90 del Novecento che portarono agli accordi di Oslo, funzionali esclusivamente agli interessi della parte più forte.

“Le due parti non erano alla pari in nessun senso del termine né vennero trattate come pari dai norvegesi,” furono le conclusioni di una ricerca dello studioso Hilde Henriksen Waage per l’Istituto di Ricerca della Pace di Oslo.

Il compianto studioso palestinese Edward Said, che si dimise dal comitato esecutivo dell’OLP per protestare contro l’iniziativa, descrisse gli accordi di Oslo come “strumento della capitolazione palestinese.”

I negoziati di Oslo furono fondamentalmente asimmetrici ed imposero una falsa parità fra occupanti e occupati, colonizzatori e colonizzati, paradigma fondamentalmente disonesto e viziato che è stato utilizzato dall’ONU come quadro di riferimento politico.

Durante l’iniziativa di Oslo la Norvegia agì di fatto come agente di Israele, richiedendo concessioni ai palestinesi senza mettere mai in discussione i punti fermi di Israele. Dopo quegli accordi ottenne l’ambita nomina alla presidenza permanente di AHLC.

“Avendo un’influenza marginale sui donatori,” la Norvegia fu vista da USA e UE, che aspiravano entrambi a quella carica, come la candidata di compromesso.

Ma, come osserva Waage, nella sua veste di presidente del Comitato la Norvegia ha agito su delega USA: “Gli USA gestivano l’attività, la Norvegia fungeva da suo collaboratore e messaggero.”

Il lato grottesco del percorso di Oslo si riflette nelle pratiche correnti del Comitato.

L’AHLC ha incluso nelle proprie conferenze dei donatori alti rappresentanti delle forze armate israeliane responsabili di creare proprio le tragiche condizioni che rendono necessari gli aiuti internazionali ai palestinesi. Così dei criminali di guerra sono diventati parti in causa nel determinare quali aiuti ricevano i palestinesi e come li ricevano.

Mentre si atteggia a mediatore per gli aiuti ai palestinesi, la Norvegia vende armi a Israele e tratta gli aguzzini di Gaza come controparti con cui aspira a cooperare.

Lo Stato scandinavo si oppone al movimento BDS, che sostiene i diritti dei palestinesi, e l’attuale governo ha perseguito un ulteriore allineamento con Israele.

Non vi è motivo di ritenere che il successore di Mladenov si discosti dalla prassi di non fare alcuna richiesta ad Israele pretendendo invece di tutto dai palestinesi.

Per quanto ci possano essere differenze nello stile e nel curriculum dei vari inviati speciali dell’ONU, alla fine della fiera questi diplomatici vengono nominati per implementare un assetto che favorisce intrinsecamente Israele a discapito dei diritti più basilari dei palestinesi.

(traduzione dall’inglese di Stefania Fusero)