GAZA: dolore, orrore, indignazione, memoria

Richard Falk

16 Maggio 2018, Global Justice in the 21st Century

DOLORE

Come si può non provare profondo dolore per i giovani palestinesi che, per rabbia e disperazione, si sono uniti alla ‘Grande Marcia del Ritorno’ e spesso hanno trovato la morte e gravi ferite ad attenderli appena si sono avvicinati al confine disarmati!!?

Non si è trattato di un evento immotivato, o di qualcosa che si è verificato spontaneamente da entrambe le parti. Dopo 70 anni di sofferenze da parte dei palestinesi, senza poter vedere la fine di questo incubo, mostrare al mondo e a loro stessi la propria passione è stato ciò che dovrebbe essere considerata una dimostrazione normale, persino ammirevole, di uno spirito di resistenza che permane dopo decenni di repressione, violenza, umiliazioni e negazione dei più fondamentali diritti. Dopo 70 di esistenza dello Stato di Israele, questa violenta conferma delle nostre peggiori paure e sensazioni segna un destino negativo per Israele, per quanto può vedere uno sguardo etico.

ORRORE

Quando si è messi di fronte a simili immagini di resistenza e alla violenza dei cecchini, lo scenario esprime l’orrore dell’acciaio che brucia la carne viva. Non c’è altro modo di cogliere questa particolare cartografia del rischio, della vulnerabilità e della sicurezza se non facendo ricorso al lessico e all’immaginario dell’orrore. Questa atroce narrazione di orrore perdurerà su entrambe le parti tormentando la memoria collettiva e individuale, ma da una parte con tragico orgoglio, dall’altra con repressa vergogna.

L’orrore è stato esaltato dalla coincidenza con gli osceni festeggiamenti a Gerusalemme, dove gli americani in rappresentanza della presidenza Trump, compresi Ivanka Trump, Jared Kushner e l’ambasciatore americano David Friedman, hanno coperto d’infamia gli Stati Uniti con questa indecente esibizione di indifferenza rispetto ai crimini contro l’umanità che venivano commessi sfrontatamente mentre loro parlavano. Una tale insensibilità morale e politica non sarà e non dovrà essere dimenticata.

INDIGNAZIONE

Tutto ciò che abbiamo sono le parole, ma funzioneranno. Come ci ha insegnato Thomas Merton [scrittore e monaco trappista statunitense, ndtr.], certi crimini appartengono alla sfera dell’indescrivibile.

Le occasioni per indignarsi riguardo al trattamento del popolo palestinese sono tante, ma la reazione israeliana a questa marcia dei palestinesi tocca un nuovo livello di meschinità morale, politica e giuridica. Richiama alla memoria il grido dei leaders morali religiosi nell’ultima fase della guerra del Vietnam, espresso nell’accurato elenco di atti di violenza criminale perpetrati in un Vietnam relativamente indifeso, che ha l’eloquente titolo – NON IN MIO NOME.

Come ebrei, come americani, come esseri umani, non è forse giunto il momento di assumere un atteggiamento analogo e almeno segnare una distanza simbolica tra noi e chi perpetra questi crimini?

Le patetiche affermazioni israeliane riguardo al proprio diritto all’autodifesa o l’attribuzione del martirio palestinese ad Hamas sono così insulse e prive di credibilità da screditare ulteriormente, piuttosto che giustificare, questa esibizione di violenza omicida su larga scala, non come incidente isolato ma come una serie di arroganti ricostruzioni.

RICORDARE

Non con parole o argomentazioni, ma con le lacrime, e le lacrime non lo faranno.

Sicuramente come il martirio di Gaza, molto probabilmente visto dal popolo palestinese come una sorta di tacito legame con le vittime africane del massacro di Sharperville (1960)! [massacro avvenuto in Sudafrica durante le proteste contro l’apartheid, ndtr.].

Da queste tenebre scaturirà un’ispirazione per il momento nascosta.

Richard Falk è professore emerito di diritto internazionale alla Università di Princeton. E’ stato Speciale Rapporteur delle Nazioni Unite per i Territori Occupati dal 2008 per un periodo di 6 anni. Insieme a Virginia Tilley ha scritto il report “Le prassi israeliane nei confronti del popolo palestinese e la questione dell’apartheid” per la Commissione ONU economica e sociale per l’Asia Occidentale (ESCWA) immediatamente disconosciuto dal Segretario generale dell’ONU Gutierrez su pressione di Israele e degli Stati Uniti

(Traduzione di Cristiana Cavagna)