‘Non siamo noi gli intrusi’: viaggio di un ragazzino palestinese dalla paralisi alla speranza

Nada Al Kahlout

27 febbraio 2023 – The Palestine Chronicle

Muhammad Zaqout è sempre stato un undicenne attivo, vivace e brillante. Era uno studente di seconda media alla scuola di Gaza gestita dall’UNRWA. Viveva con la sua famiglia, i suoi genitori, due fratelli e cinque sorelle.

La sua vita era piena delle attività di un ragazzino”, dice a The Palestine Chronicle la sorella ventiduenne di Muhammad, Eman. “Muhammad si svegliava come ogni altro ragazzino a Gaza, prendeva la sua colazione e i suoi libri e andava a scuola…”

Eman sorride mentre parla del suo fratellino: “Muhammad amava mangiare il maftoul (couscous palestinese), scherzava sempre e giocava a pallone coi suoi amici,” ma le cose sono cambiate. “La vita di Muhammad era del tutto normale prima che contraesse il virus Guillain-Barre, cosa che è avvenuta improvvisamente”, continua Eman. “Stava giocando a pallone a scuola e un attimo dopo è svenuto e lo hanno portato immediatamente all’ospedale.”

I crimini dell’occupazione israeliana e dell’assedio di Gaza assumono diversi aspetti e spesso colpiscono i più vulnerabili e innocenti tra i palestinesi, come il giovane Muhammad.

All’inizio, quando Muhammad è stato ricoverato d’urgenza in ospedale per cure immediate, i medici hanno pensato che la sua condizione fosse psicologica, causata dal continuo stress e pressione che il ragazzo subiva a Gaza. Questa diagnosi non era inverosimile, dopotutto i bambini a Gaza crescono assistendo a guerre, massacri e incursioni militari contro le loro famiglie, amici e comunità.

Tuttavia lo shock maggiore per Muhammad e per tutti quelli intorno a lui è arrivato quando infine ha ripreso conoscenza, solo per rendersi conto che non sentiva più le gambe. Aveva la metà inferiore del corpo paralizzata, con acuti dolori nella parte superiore.

Alla fine a Muhammad è stata diagnosticata una grave forma di sindrome di Guillain-Barre, che richiedeva attenzione medica e tempestività.

La sindrome di Guillain-Barre è una grave condizione neurologica che comporta che il sistema immunitario del paziente danneggi i nervi del corpo. Nella sua forma più grave questa patologia può provocare paralisi. È necessario un ricovero immediato in ospedale per impedire che i sintomi peggiorino. Prima inizia un trattamento adeguato, più vi sono possibilità di recupero. Ma ciò non sempre è possibile in un posto come Gaza, che da quasi due decenni è sotto totale assedio israeliano.

I famigliari di Muhammad hanno capito che dovevano agire in fretta per scongiurare al figlio una paralisi permanente. Sfortunatamente l’ospedale a Gaza da anni è sottoposto a blocco militare e scarsità di risorse, proprio come tutte le altre istituzioni nella Striscia assediata.

Perciò la famiglia è stata costretta a lasciare l’ospedale e a cercare le cure in una clinica privata, dove un medico ha prescritto una crema al cortisone che, come ha spiegato, “potrebbe curarlo”. Tuttavia egli ha raccomandato alla famiglia che Muhammad avrebbe dovuto andare immediatamente a Ramallah, nella Cisgiordania occupata, per farsi curare ed evitare un danno permanente al suo giovane e fragile corpo.

Ramallah dista solo un’ora di viaggio da Gaza. Ma a Muhammad sono serviti mesi per arrivarci.

Cure mediche urgenti sotto assedio

La crema al cortisone non ha funzionato. Alla famiglia di Muhammad non è rimasto che tentare con la mossa successiva: come raggiungere Ramallah. Come superare i posti di blocco militari israeliani? Come fuggire da questo assedio?

Questi problemi sono sconosciuti alla maggior parte dei pazienti in tutto il mondo. Per i pazienti palestinesi, soprattutto a Gaza, è la realtà quotidiana.

Il medico di Muhammad ha scritto un referto per la cura presso la Clinica H di Ramallah. Ha sottolineato che la cura era urgente, prima che la salute del ragazzo potesse peggiorare. Tuttavia per i palestinesi come Muhammad il potere di curare un paziente non è nelle mani del medico, ma in quelle dei soldati israeliani ai posti di blocco militari.

Salvare mio figlio

La famiglia di Muhammad ha subito chiesto il permesso di Israele per andare a Ramallah con il figlio. Ha ricevuto un immediato rifiuto dall’esercito israeliano, che sosteneva che la famiglia non si era presentata ad un colloquio. Ma non era stato previsto alcun colloquio: se lo era, la famiglia non ne è stata informata.

Alla fine Muhammad ha lasciato l’ospedale ed è tornato a casa in sedia a rotelle.

I genitori di Muhammad hanno inoltrato una seconda richiesta, soprattutto quando il ragazzo ha iniziato a soffrire di battiti cardiaci rapidi e irregolari e difficoltà di respirazione, tutti sintomi della sindrome di Guillain-Barre che avrebbero potuto essere evitati con cure tempestive e adeguate.

La madre di Muhammad, Nailaa, ha preparato con cura una borsa da viaggio con vestiti pesanti e coperte, e con la documentazione necessaria e un po’ di denaro. Era decisa a portare suo figlio all’ospedale di Ramallah.

Al suo arrivo al posto di blocco militare i soldati israeliani occupanti le hanno negato l’accesso, senza darne alcuna ragione. Nailaa è tornata a casa, delusa ma non sconfitta.

Dopo tre dinieghi dell’esercito israeliano i genitori di Muhammad hanno inoltrato una quarta richiesta di viaggio come ultima speranza perchè il loro figlio potesse essere nuovamente in grado di camminare. Questa volta il permesso è stato concesso. Nel frattempo la salute del ragazzo era ulteriormente peggiorata.

Nell’attesa che l’esercito approvasse la mia richiesta di cure avevo molto dolore ai piedi e potevo a malapena muovere le gambe”, dice Muhammad a The Palestine Chronicle. “Avevo continui dolori allo stomaco e respiravo con molta difficoltà. Non potevo dormire e ho perso tante ore di scuola. I miei genitori e la mia famiglia erano molto depressi e sempre stressati. Le mie condizioni erano molto peggiori di quando mi sono ammalato all’inizio.”

Un temporaneo rilascio dal carcere

Muhammad descrive il suo viaggio a Ramallah come un temporaneo rilascio dalla prigione.

Gaza è circondata da ogni lato da soldati e posti di blocco. Tutti i soldati israeliani ci puntano contro il fucile. E’ opprimente”, dice.

Abbiamo aspettato molto tempo al posto di blocco e i soldati perquisivano tutti, minori e adulti, anch’io sono stato perquisito nella mia sedia a rotelle. La cosa insopportabile è che loro ci perquisiscono sulla nostra terra, mentre sono loro gli intrusi, non noi.”

La breve fuga di Muhammad dalla “prigione a cielo aperto più grande del mondo” ha voluto dire per lui poter fare qualcosa che la maggioranza dei gazawi può solo sognare. Ha visitato la città occupata di Gerusalemme.

La mia gioia nel vedere la moschea di Al-Aqsa è stata grande. Ho pregato là, nonostante la presenza intimidatoria dei soldati israeliani, che erano ad ogni cancello a sorvegliarci.”

Muhammad è tornato a Gaza ed ora sta facendo fisioterapia nell’ospedale Hamad. Le sue condizioni stanno lentamente migliorando ed è felice di essere di nuovo sé stesso, anche se usa ancora una stampella. Nonostante il suo snervante viaggio vuole vivere una vita normale.

È anche tornato a scuola. Dice a The Palestine Chronicle che sogna di diventare un giorno un insegnante.

Nada Al Kahlout è una giornalista indipendente di Gaza. ‘We are not Numbers’ ha concesso questo articolo a The Palestine Chronicle.

(Traduzione dall’inglese di Cristiana Cavagna)