Gli attacchi dei coloni devastano i terreni dei palestinesi durante la raccolta delle olive

Zena Al Tahhan

17 ottobre 2021 – Al Jazeera

I coloni israeliani attaccano quotidianamente con violenza i palestinesi impegnati nella raccolta stagionale delle loro olive.

Ramallah, Cisgiordania occupata – La scorsa settimana i coloni israeliani hanno perpetrato ogni giorno violenti attacchi contro i villaggi palestinesi e gli abitanti che raccolgono le loro olive.

Gli attacchi, pestaggi di agricoltori e distruzione di alberi inclusi, hanno preceduto l’inizio ufficiale della stagione della raccolta delle olive il 12 ottobre nella Cisgiordania occupata, ma si sono intensificati di numero nell’ultima settimana.

Secondo gli osservatori locali, le aree più colpite sono state nella Cisgiordania occupata settentrionale, intorno ai villaggi a sud della città di Nablus e Salfit.

Ghassan Daghlas, che monitora la violenza dei coloni nel nord della Cisgiordania, riporta ad Al Jazeera di aver registrato 58 attacchi dall’inizio della stagione, di cui nove nel solo villaggio di Burin a sud di Nablus.

Daghlas afferma: “Evidentemente c’è un aumento degli attacchi. Siamo al 30% nella stagione della raccolta delle olive e abbiamo già avuto 58 attacchi nel nord [della Cisgiordania]”, inoltre ha qualificato gli attacchi come “pianificati e non spontanei”.

La raccolta degli ulivi è un’attività economica, fondamentale per molti palestinesi, sia a livello familiare che dell’intera società. I palestinesi prendono giorni di ferie per curare le loro terre, quelle dei loro parenti, vicini o amici. Tra 80.000 e 100.000 famiglie si affidano alle olive e all’olio d’oliva come fonti di reddito primarie o secondarie.

Sebbene gli attacchi dei coloni siano una realtà frequente e quasi quotidiana per i villaggi palestinesi, il numero e l’intensità degli attacchi aumentano durante la stagione della raccolta delle olive che dura fino a novembre, quando i coloni prendono di mira le famiglie che lavorano nelle terre di loro proprietà.

Il 12 ottobre, nel villaggio di Sebastia, a nord di Nablus, i coloni hanno sradicato 900 alberelli di ulivi e albicocche e hanno rubato il raccolto delle olive. Altri 70 ulivi sono stati distrutti a Masafer Yatta, a sud di Hebron.

Ad Awarta, a est di Nablus, il 13 ottobre i coloni hanno abbattuto dozzine di ulivi e li hanno spruzzati con prodotti chimici. Hanno anche distrutto circa 70 alberi di ulivo, frutta e verdura ad al-Tuwani, a sud di Hebron, e hanno tagliato pneumatici e vandalizzati auto e muri nel villaggio di Marda vicino a Salfit.

“Gli attacchi sono iniziati presto”

Il 14 ottobre i coloni hanno abbattuto più di 80 ulivi nel villaggio di al-Mughayyer, a nord di Ramallah. Il giorno dopo, hanno attaccato con pietre la famiglia Hammoudeh nel villaggio di Yasuf vicino a Salfit, ferendone quattro. La famiglia e altri residenti sono stati attaccati di nuovo il 16 ottobre. Lo stesso giorno i coloni hanno anche picchiato a bastonate i residenti di Burin vicino a Nablus e dato alle fiamme uliveti, ferendo almeno 12 palestinesi.

Daghlas afferma che, mentre negli scorsi anni “gli attacchi sono iniziati una settimana dopo l’inizio della raccolta delle olive”, quest’anno “gli attacchi sono iniziati prima”, il che ha costretto i palestinesi a occuparsi dei loro alberi più in fretta del previsto”. Dalle fine di agosto 2021 i coloni hanno ferito almeno 22 palestinesi e distrutto più di 1800 alberi di proprietà dei palestinesi, compresi 900 alberi a Sebastia (Nablus) e 650 a Jamma’in (Nablus) e al-Taybe (Hebron).

Daghlas afferma che, oltre all’incendio e all’abbattimento degli alberi, gli attacchi hanno comportato il furto di olive, minacce e caccia agli agricoltori per allontanarli dalle loro terre e l’allagamento di parte dei terreni con liquami di fogna.

“I coloni e l’esercito ci stanno dando la caccia per privarci dei nostri mezzi di sussistenza, del nostro reddito, del nostro pane, del nostro sostentamento”, sostiene Daghlas.

I palestinesi affermano che i coloni israeliani molto spesso arrivano con la protezione dell’esercito e frequentemente sono armati, come documentato dalle organizzazioni per i diritti. A volte, i coloni e l’esercito lavorano insieme.

La costruzione strategica di insediamenti sulle cime delle colline in Cisgiordania rende facile per i coloni scendere nei villaggi palestinesi e nelle loro terre sottostanti. Inoltre i coloni godono di quella che le Nazioni Unite hanno definito “impunità istituzionale e sistematica” che consente loro di continuare perpetrare gli attacchi.

Le Nazioni Unite hanno descritto gli attacchi come “motivati ​​ideologicamente e principalmente progettati per impadronirsi della terra, ma anche per intimidire e terrorizzare i palestinesi”.

Secondo l’ultimo aggiornamento dell’Ufficio delle Nazioni Unite per il Coordinamento degli Affari Umanitari (UN OCHA), i coloni hanno effettuato 20 attacchi tra il 21 settembre e il 4 ottobre, un notevole aumento con l’inizio della raccolta delle olive.

Tra il 7 e il 20 settembre ci sono stati 11 attacchi, mentre sei sono stati registrati tra il 24 agosto e il 6 settembre. Il più grande attacco degli ultimi tempi è avvenuto il 28 settembre. Un folto gruppo di coloni mascherati è sceso nel villaggio di al-Mufagara a sud di Hebron e ha attaccato i residenti con pietre, ferendo 29 palestinesi tra cui un bambino di tre anni che ha subito fratture al cranio e è stato ricoverato in ospedale. Secondo l’OCHA i coloni hanno anche danneggiato 10 case, 14 veicoli, diversi pannelli solari e serbatoi d’acqua e ucciso cinque pecore.

In una dichiarazione del 12 ottobre, il Comitato Internazionale della Croce Rossa (ICRC) afferma che i dati in suo possesso mostrano che nell’arco di un anno, tra agosto 2020 e 2021, più di 9.300 alberi sono stati distrutti in Cisgiordania. L’ICRC chiede la protezione degli agricoltori palestinesi.

L’IRC sostiene inoltre di aver “osservato un picco stagionale di violenza da parte dei coloni israeliani stanziati in alcuni insediamenti e avamposti in Cisgiordania nei confronti degli agricoltori palestinesi e delle loro proprietà nel periodo che precede la stagione della raccolta delle olive, nonché durante la stagione del raccolto”.

Els Debuf, capo della missione dell’ICRC a Gerusalemme, afferma che “gli agricoltori subiscono anche atti di molestie e violenza per impedire loro un raccolto economicamente conveniente, per non parlare della distruzione delle attrezzature agricole o dello sradicamento e dell’incendio degli ulivi”.

“Non siamo un esercito”

Mohammad al-Khatib è un attivista e fondatore di Faz’a, una coalizione di volontari formata lo scorso anno per proteggere e aiutare gli agricoltori palestinesi che ora riunisce più di 500 volontari.

La coalizione porta avanti diverse campagne, compreso il tentativo di proteggere i palestinesi che lavorano nei loro campi portando gruppi di volontari per dare una mano ed essere presenti sui terreni [come testimoni, ndt] sperando di scoraggiare i coloni.

Khatib è stato aggredito e arrestato nei giorni scorsi durante la sua presenza nei villaggi intorno a Nablus e Salfit [vedi  Zeitun del 17 ottobre 2021 n. 241, ndt]

Khatib dichiara ad Al Jazeera: “non siamo un esercito o gruppi preparati per la difesa. Lavoriamo in condizioni di sicurezza difficili in cui non è possibile utilizzare alcun mezzo di protezione”.

Ad esempio, non ci è permesso usare spray al peperoncino, né alcun tipo di strumento per l’autodifesa, mentre i coloni ci attaccano con le armi, sotto la protezione dell’esercito, con coltelli, bastoni, spray al peperoncino e ci scagliano addosso sassi” continua Khatib. Descrive i coloni come “terroristi sostenuti dallo stato e dall’esercito” con “l’obiettivo di impedire ai palestinesi di rimanere nelle loro terre e infine espellerli”. Khatib ritiene che gli attacchi dei coloni “aumentano sistematicamente ogni anno”.

L’espansione della colonizzazione

Nafez Hammoudeh e la sua famiglia, del villaggio di Yasuf vicino a Salfit, sono stati attaccati per due giorni di seguito e è stato impedito loro di raccogliere le olive. Hammoudeh afferma: “Venerdì sono stati i coloni e sabato l’esercito”. Dichiara ad Al Jazeera che i coloni il venerdì hanno picchiato una sua parente con pietre sulla testa e l’hanno spruzzata in faccia con spray al peperoncino. Hanno aggredito anche suo figlio e suo marito, e hanno rubato sacchi pieni di olive, oltre alla scala e ai telefoni cellulari.

Sabato l’esercito è arrivato con i coloni e li ha aggrediti mentre cercava di mandarli via dalle loro terre. “Siamo stati lì a malapena per un’ora in entrambi i giorni prima di essere cacciati”, ha detto Hammoudeh. “Non ci hanno fornito alcuna ragione – abbiamo detto loro che siamo i proprietari della terra, ma senza successo. È solo una dimostrazione di forza”.

Fino al 4 ottobre l’OCHA ha registrato un totale di 365 attacchi quest’anno, inclusi 101 attacchi che hanno provocato feriti palestinesi e 264 che hanno provocato danni alla proprietà. I numeri hanno già superato quelli dello scorso anno, che si era concluso con un totale di 358 attacchi, di cui 274 a proprietà, e 84 feriti.

Daghlas attribuisce l’aumento degli attacchi dei coloni alla continua espansione degli insediamenti illegali israeliani in Cisgiordania con conseguente violazione dei territori dei villaggi palestinesi. Ad esempio riporta come in passato l’insediamento di Yitzhar a sud di Nablus si trovasse di fronte al villaggio di Burin. Ora l’insediamento si è esteso ai vicini villaggi di Madama, Urif, Einabus e Huwara.

Allo stesso modo, prosegue, l’insediamento di Itamar un tempo si trovava di fronte al villaggio di Awarta a sud di Nablus, mentre ora si è esteso a Beit Furik e Aqraba. “In passato, avremmo concentrato la nostra attenzione sui villaggi vicino agli insediamenti, ma ora l’intera Cisgiordania è vicina agli insediamenti”, dice Daghlas, spiegando che “più gli insediamenti crescono, più la terra è minacciata”.

Ha detto che mentre vede una “resistenza” da parte del popolo palestinese “per affrontare [l’esercito e i coloni] e rimanere nelle loro terre”, gli attacchi dei coloni sono “una forma di pressione”.

Daghlas sostiene che “il numero dei coloni cresce continuamente, assieme a queste forme di terrorismo. La gente un giorno insorgerà e il mondo ne porterà la responsabilità”.

Imposta immagine in evidenza3″Se il popolo palestinese perde la speranza, si ribellerà e non c’è una sola potenza al mondo che sarà in grado di dissuaderlo”.

(Traduzione dall’inglese di Giuseppe Ponsetti)