“Abbiamo ucciso tantissimi bambini, non possiamo negarlo”
Oren Ziv
1 maggio 2025 – +972 Magazine
Da marzo centinaia di israeliani hanno partecipato a veglie silenziose in memoria dei bambini di Gaza uccisi, mostrando le loro foto per cercare di abbattere il muro dell’indifferenza.
Sabato 26 aprile centinaia di manifestanti nel centro di Tel Aviv si sono riuniti in completo silenzio, tenendo in mano i ritratti di bambini di Gaza uccisi da quando Israele ha infranto il cessate il fuoco il 18 marzo. La veglia ha coinciso con le proteste settimanali contro il governo e migliaia di persone sono passate accanto a questa silenziosa esposizione mentre si dirigevano verso i raduni previsti in Piazza degli Ostaggi e sul ponte Begin.
Alcuni si sono fermati per avvicinarsi, solo allora rendendosi conto che le immagini ritraevano bambini palestinesi. Altri già riconoscevano l’iniziativa dalle settimane precedenti. Alcuni manifestanti hanno posato le bandiere israeliane per unirsi alla veglia, che non prevedeva slogan o cartelli. Due donne si sono fermate davanti ai partecipanti, commuovendosi e abbracciandosi.
A prima vista questa esposizione silenziosa di foto – un gesto semplice per dare spazio al lutto per i bambini di Gaza – potrebbe sembrare insignificante. Ma considerata l’indifferenza generale del pubblico israeliano verso la distruzione di Gaza queste veglie, tenutesi a partire dal 22 marzo, hanno iniziato a incrinare il muro dell’apatia.
Queste foto inoltre spiccano in contrasto con la quasi totale assenza di immagini da Gaza nei media e negli spazi pubblici israeliani negli ultimi diciotto mesi. Lo scorso anno, alcuni attivisti avevano affisso volantini con i volti dei gazawi uccisi a Tel Aviv, accompagnati dallo slogan “Dobbiamo resistere al genocidio a Gaza”, ma quei manifesti furono rapidamente strappati.
L’idea di queste proteste silenziose è nata tra alcuni attivisti di Tel Aviv, sconvolti dalla portata della morte e della distruzione da quando Israele ha ripreso l’offensiva su Gaza a marzo: nei primi dieci giorni almeno 322 bambini erano stati uccisi.
“È iniziato spontaneamente”, ha detto Amit Shilo, uno degli organizzatori della veglia. “Quando Israele ha rotto il cessate il fuoco è stata una settimana orribile e straziante. La mia amica Alma Beck ha pubblicato una storia con la foto di uno dei bambini [gazawi uccisi a centinaia] e io le ho scritto: «Portiamo le loro foto alla protesta di sabato sera»”.
Now in Tel Aviv: hundreds hold photos of Palestinian children killed in Gaza pic.twitter.com/gQecbBiNSW
— Oren Ziv (@OrenZiv_) April 26, 2025
I due hanno stampato 40 foto in bianco e nero tratte dal Daily File, un progetto indipendente gestito da volontari israeliani che raccoglie dati e prove documentali sulla guerra di Israele a Gaza e sull’occupazione della Cisgiordania. “Pensavamo che saremmo stati in cinque, in piedi per dieci minuti, finché qualcuno non ci avrebbe aggredito e saremmo tornati a casa – ma si sono presentate decine di persone”, ha raccontato Shilo a +972.
Da quella prima veglia ne hanno organizzate altre quattro durante le proteste del sabato sera a Tel Aviv. L’iniziativa ha ispirato azioni simili a Kafr Qasim, Jaffa, Haifa, Karkur e all’Università di Tel Aviv, oltre che a Yad Vashem [museo a Gerusalemme in memoria delle vittime dell’olocausto, ndt.] nel Giorno della Memoria. Durante una protesta contro la guerra organizzata dal movimento ebraico-arabo Standing Together la polizia inizialmente ha vietato l’esposizione delle foto, per poi fare marcia indietro; alla fine migliaia di persone hanno mostrato le immagini dei bambini di Gaza.
La recente diffusione di queste azioni non avviene in un vuoto politico. Dalla decisione del governo di rompere il cessate il fuoco e affossare un accordo per gli ostaggi alle migliaia di soldati che protestano contro le politiche dell’esercito o si rifiutano di presentarsi al servizio di riserva la guerra sta perdendo legittimità in Israele, costringendo finalmente più israeliani a riconoscere le atrocità commesse a Gaza.
“Una semplice verità che parla da sé”
C’è stata una minoranza di attivisti ebrei israeliani che ha protestato contro la guerra fin dall’inizio. Per la loro opposizione pubblica alle uccisioni, alla distruzione e alla carestia a Gaza, molti sono stati aggrediti o arrestati. Anche ora, a Gerusalemme e Haifa, la polizia spesso disperde le proteste, arresta i manifestanti e confisca i cartelli. Recentemente l’Università di Haifa ha sanzionato il gruppo studentesco di Standing Together per aver organizzato un’esposizione di foto, mentre a Be’er Sheva attivisti di destra hanno strappato le immagini dei bambini di Gaza.
Eppure queste mute dimostrazioni di cordoglio sembrano suscitare nel pubblico israeliano una reazione diversa rispetto alle tipiche manifestazioni di sinistra. “Penso che in qualche modo siamo usciti dagli schemi”, ha spiegato Shilo. “C’è una verità semplice che parla da sé. Abbiamo ucciso tantissimi bambini, è difficile negarlo”. Spesso le persone arrivano arrabbiate, ma poi si fermano, rimangono immobili e ammutoliscono. “Il silenzio è potente. E il fatto che non sia [organizzato da] un’associazione specifica – la gente si commuove davvero.” A parte un episodio di due settimane fa, quando alcuni partecipanti sono stati aggrediti dopo una protesta in Begin Street, non sono stati registrati altri episodi violenti.
A Jaffa, dove c’è una grande comunità palestinese, la veglia spesso assume un significato molto più personale. “Ho visto la prima azione a Tel Aviv e ho pensato che sarebbe stata adatta anche a Jaffa. Era l’unica iniziativa capace di dare legittimità al dolore che stiamo vivendo: piangere, essere tristi”, ha detto Inas Osrouf Abu-Saif a +972. Per due settimane ha organizzato una veglia quotidiana in una delle strade principali di Jaffa; ora ne tengono una a settimana.
Molti residenti palestinesi di Jaffa, tra cui Abu-Saif, hanno parenti a Gaza. “La mia famiglia, da entrambe le parti, è stata bombardata, abbiamo perso i contatti con loro”, ha detto. “Una donna ha ricevuto la notizia che la sua famiglia era sotto attacco mentre eravamo lì, in piedi con le foto in mano.”
La risposta a Jaffa è stata perlopiù di sostegno. “Le auto che passavano tornavano indietro per farci sapere che erano con noi. Abbiamo ricevuto molti sguardi che dicevano «Siamo con voi», ma la gente aveva paura di scendere. Uno spazio normalmente vivace è diventato silenzioso e calmo”, ha raccontato Abu-Saif. Ha anche sottolineato che l’iniziativa ha trovato eco tra i palestinesi della Cisgiordania e di Gaza. “Abbiamo ricevuto messaggi che ci chiedevano di continuare a far sentire la nostra voce.”
Alcuni palestinesi che vorrebbero partecipare alle veglie si trattengono per paura di essere fotografati dalla polizia in borghese o denunciati ai datori di lavoro. “Delle madri mi hanno detto di aver ricevuto email dai luoghi di lavoro che le avvertivano che sarebbero state licenziate se avessero partecipato a qualsiasi tipo di manifestazione “, ha detto Abu-Saif. “Ma noi andiamo avanti: chi non può unirsi a noi ci manda messaggi o si ferma nelle vicinanze.”
Mettere di fronte alla realtà
Sebbene molti tra coloro che manifestano contro il governo fossero già consapevoli dei massacri a Gaza, durante l’azione di sabato a Tel Aviv era evidente che per alcuni era la prima volta che guardavano davvero le vittime – e forse iniziavano a comprendere l’entità dell’orrore.

La manifestazione in silenzio del 26 aprile a Tel Aviv . Foto: Oren Ziv
Un uomo, che si è identificato come un riservista, ha detto che avrebbe dovuto presentarsi al servizio il giorno dopo ma dopo aver visto le foto ha deciso di rifiutare. A volte i passanti chiedevano una foto e si univano alla veglia. “Nella prima azione ho visto davvero nascere conversazioni. La gente era sorpresa o le loro giustificazioni [alla guerra] cadevano”, ha detto Shilo.
Alcuni tra i più attivi familiari degli ostaggi hanno espresso disapprovazione per le veglie. Yehuda Cohen, padre del soldato rapito Nimrod e figura di spicco delle proteste contro la guerra a Tel Aviv, ha affrontato l’argomento nel suo discorso di sabato: “Questa è una protesta per la liberazione degli ostaggi. Chiunque voglia aiutare è benvenuto, ma per gli ostaggi. Questa protesta non è per «porre fine all’occupazione» o per i bambini palestinesi, solo per gli ostaggi nei tunnel di Gaza.”
Per gli organizzatori, queste esposizioni hanno portato a una dolorosa consapevolezza: la società israeliana non ammetterà da sé l’immoralità di aver ucciso oltre 15.000 bambini, bisogna scendere in strada e ricordarglielo. “Tutti viviamo le nostre vite; io vado in spiaggia prima della protesta”, ha detto Shilo. “Non è che mi deprima doverlo ricordare alla gente. Non potrei però sopportare di dover discutere sul fatto che non c’è alcuna giustificazione per uccidere bambini. È in qualche modo un sollievo poterne parlare, ma è anche triste che io fossi pronto a essere picchiato per questo.”
Mancano in modo evidente dalle foto esposte nelle veglie i padri, le madri e gli altri familiari adulti palestinesi uccisi negli attacchi israeliani, a volte intere famiglie cancellate in un solo colpo.
In una recente inchiesta della National Public Radio statunitense i giornalisti hanno documentato 132 membri della famiglia Abu Naser uccisi nell’ottobre 2024, quando Israele ha colpito un edificio residenziale a Beit Lahia, uno degli attacchi più letali della guerra. Oltre il 40% delle vittime erano bambini, la più giovane dei quali era una bambina di sei mesi di nome Sham, e dieci nuclei familiari sono stati cancellati dal registro civile.
NPR ha divulgato l’inchiesta anche in ebraico, un gesto senza precedenti, nella speranza che questa documentazione raggiunga il pubblico israeliano. Come chi mostra le foto, anche loro sperano di sfidare il silenzio, l’autocensura e la negazione del governo e dei media israeliani. Ma finché la guerra continua, il loro lavoro rimarrà incompleto.
(traduzione dall’inglese di Giacomo Coggiola)