La salute mentale dei bambini di Gaza va di male in peggio

Maha Hussaini, Gaza

13 giugno 2023, MiddleEastEye 

Mentre gli attacchi israeliani aumentano di frequenza e intensità, un numero crescente di bambini palestinesi soffre di un “trauma continuo” non risolvibile a breve

Nel quarto giorno dell’aggressione israeliana del 2021 contro i palestinesi di Gaza il bombardamento è stato intenso.

Sperando di distrarre i suoi figli dal rumore costante dei bombardamenti, Sarah Ali* li ha messi a letto presto. Ma per Samer*, sette anni, il danno era già fatto.

“Due ore dopo si è svegliato ed è venuto da me piangendo”, ha detto Sarah a Middle East Eye. “Aveva bagnato il letto.”

Nato nel 2016, la breve vita di Samer è stata segnata dal blocco israeliano e dai ripetuti bombardamenti.

Ma l’assalto di 11 giorni nel maggio 2021 ha avuto l’effetto di gran lunga più drammatico sul suo benessere psicologico.

Da due anni bagna regolarmente il letto a causa dell’ansia e della paura di morire.

E proprio mentre sua madre pensava di fare progressi aiutandolo a superare l’ansia, il mese scorso Israele ha lanciato un’altra campagna di bombardamenti.

Eravamo riusciti ad affrontare l’argomento appena prima dell’ultima offensiva, ma durante questo attacco il problema si è ripresentato”, ha detto Sarah, aggiungendo che le condizioni si sono aggravate dopo i sei giorni dell’attacco.

Samer è uno delle centinaia di migliaia di minori palestinesi di Gaza che, secondo gli addetti sanitari, soffrono di “trauma continuo”.

La Striscia, sotto un blocco imposto da Israele dal 2006, ospita oltre due milioni di persone la metà delle quali sono minori.

In meno di 18 anni Israele ha lanciato nell’enclave circa 15 operazioni militari, uccidendo migliaia di persone.

Il blocco e gli attacchi hanno devastato le infrastrutture e l’economia e portato a una “crisi acuta della salute mentale” che sta colpendo la stragrande maggioranza dei bambini.

Traumi ricorrenti

Sarah dice che suo figlio ha perso fiducia in sé stesso dopo aver iniziato nel 2021 a bagnare il letto, cosa che gli causa vergogna e senso di colpa ogni volta che il problema si ripresenta.

“Cerco sempre di rassicurarlo e confortarlo dicendo che è del tutto normale e che non sono arrabbiata con lui, [eppure] si sente comunque triste e si scusa di continuo come se fosse colpa sua”, ha detto a MEE.

“So che non è colpa sua e sono consapevole che questo è il risultato del trauma che sta vivendo”.

I genitori di Samer lo hanno portato da uno psicologo pochi mesi dopo l’attacco del 2021 e stanno valutando la possibilità di tornarci presto.

Secondo una ricerca di Save the Children pubblicata nel 2022, quasi l’80% dei genitori e degli operatori sanitari a Gaza ha riscontrato un aumento dell’enuresi notturna tra i propri figli.

Un ulteriore 78% ha riferito che i propri figli raramente concludono i compiti e il 59% ha affermato che i propri figli hanno difficoltà nel parlare, nel linguaggio e nella comunicazione.

Per la ricerca la ONG ha intervistato 488 bambini e 168 genitori e operatori scolastici, per aggiornare una ricerca simile del 2018.

È emerso che la salute mentale di bambini, giovani e tutori si è deteriorata drasticamente, con un aumento dal 55% all’80% del numero di minori che riferiscono un disagio emotivo.

“Ciò di cui soffrono i bambini di Gaza supera il disturbo da stress post-traumatico”, ha detto a MEE Ayed Abu Eqtaish, direttore del programma di responsabilizzazione presso Defence for Children International.

Ha aggiunto che la capacità dei bambini di vivere serenamente è stata minata dai ripetuti attacchi israeliani, dal blocco e dalla violenta repressione delle proteste pacifiche della “marcia del ritorno” del 2018.

“Mina il loro diritto alla salute, all’istruzione, a uno standard di vita adeguato e, cosa più importante, il loro diritto a essere liberi dalla paura”.

Durante l’assalto del 2021, Israele ha ucciso 256 palestinesi, inclusi 66 minori. I razzi palestinesi hanno ucciso 13 persone in Israele, tra cui due minori.

Tra i palestinesi uccisi c’erano 11 minori di età compresa tra i 5 e i 15 anni che prima della campagna militare erano in cura per trauma presso il Comitato Norvegese per i Rifugiati.

Un altro giro di bombardamenti nell’agosto 2022 ha provocato la morte di 49 palestinesi tra cui 17 minori, il più giovane di quattro anni.

Circa otto mesi dopo è stata lanciata un’altra offensiva che ha ucciso 33 palestinesi, di cui sette minori. I razzi palestinesi hanno ucciso un israeliano.

Durante l’attacco del 2021, il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres ha descritto la vita dei bambini palestinesi a Gaza come “un inferno in terra”.

Non voglio sentire la parola ‘guerra’”

Joudi al-Samna, che fa la quinta elementare e soffre di disturbo da stress post-traumatico, gestisce bene le sue emozioni finché non sente la parola “guerra”.

Quando viene pronunciata vicino a lei da un genitore o da uno zio che discutono le notizie, smette immediatamente di ascoltare.

“Mi copro le orecchie con le mani e li prego di smetterla di parlarne”, ha detto l’undicenne residente a Gaza City.

“Dico ‘per favore cambiate argomento, per favore, mamma fagli cambiare argomento, non c’è nessuna guerra’”, aggiunge.

“Non importa se c’è una guerra o no, non voglio sentire la parola guerra, la odio”.

Samna ha crisi di panico quando sente dei rumori forti e cerca di essere costantemente vicino ai suoi genitori e fratelli.

“Durante l’ultima guerra a Gaza sono rimasta accanto a mia madre e mio padre quasi tutto il tempo. I miei due fratelli e i cugini andavano ogni giorno a giocare in giardino, ma io mi rifiutavo di andare con loro”, ha detto a MEE.

“Ma quando i miei genitori scendevano andavo con loro. Ho sempre paura che ci siano bombardamenti mentre sono lontano da loro”.

Durante i 51 giorni di attacco israeliano a Gaza a luglio e agosto 2014, Samna aveva due anni.

Ma Wejdan Ghannam, sua madre, afferma che il trauma di sua figlia è iniziato durante l’attacco del 2021.

Sebbene all’epoca avesse solo nove anni, Ghannam ha affermato che era ben consapevole di ciò che stava accadendo e che aveva “moltissima” paura per la sua vita e la sua famiglia.

“Faccio del mio meglio durante le offensive per distrarre l’attenzione dei miei figli dai rumori dei bombardamenti. Ogni volta che inizia un attacco porto loro libri da colorare e giocattoli. Faccio quasi tutto ciò che vogliono per tenerli occupati”, ha spiegato Ghannam.

“Ma quando il bombardamento è vicino non funziona. Lasciano semplicemente tutto e vengono da me piangendo. Joudi a volte si rannicchia sulle mie ginocchia finché non si addormenta.

“Sempre, qualunque cosa accada, la regola in casa nostra è di non menzionare mai le parole guerra, aggressione o bombardamento”.

Sicurezza “inesistente”

L’entità del danno psicologico che accusano i bambini di Gaza si fa sentire maggiormente durante gli attacchi israeliani.

Durante l’attacco del mese scorso, genitori e insegnanti a Gaza hanno condiviso disegni e conversazioni con i loro figli e studenti che esprimevano il loro shock e la loro angoscia mentre piovevano le bombe israeliane.

Maram Azzam ha pubblicato un disegno sulla lavagna di sua figlia Sham, una ragazza con degli scarabocchi sopra la testa.

“Sham ha disegnato questo e mi ha detto: ‘Ecco come [si sente] la mia testa coi rumori degli aerei” – così recita la didascalia che Azzam ha messo alla foto su Twitter.

Eman Basher, insegnante di inglese presso una scuola dell’Agenzia delle Nazioni Unite per il Soccorso e il Lavoro (UNRWA) a Gaza, ha condiviso schermate di conversazioni con i suoi studenti che parlano della loro paura dei bombardamenti.

“Non dormiamo la notte per la paura, e se dormiamo è possibile che non ci svegliamo più”, ha scritto uno studente. “Per me non è ok. Il bombardamento era vicino a casa nostra. Non potevamo fuggire”, ha detto un altro.

In un’altra conversazione, Basher chiede al suo studente: “Chi sta sanguinando?” La ragazza risponde: “Il fratello di Malak, mio compagno di classe. La loro casa è piena di fumo per via del missile”.

E ancora un tweet di Yaser Abu Odeh il primo giorno dell’attacco di maggio diceva: “Mio figlio di dieci anni indossa abiti di Eid [una popolare marca di abiti, ndt.] e ripete ‘godiamoceli prima di essere martirizzati’. Mia figlia ha dodici anni e sta cercando di spendere tutti i suoi soldi; dice: ‘saremo martirizzati, a chi dovremmo lasciarli?'”

Secondo lo psichiatra di Gaza Sami Oweida, un trauma è causato da un evento inaspettato che va oltre l’esperienza della persona e che minaccia la sua vita.

Una volta causato, può portare a squilibri emotivi, cognitivi e comportamentali.

Ma per i bambini di Gaza, ciò di cui soffrono “non è un disturbo da stress post-traumatico, ma un trauma continuo”, ha affermato.

“Abbiamo shock continui che esauriscono le capacità difensive di qualsiasi essere umano”.

Oweda ha detto a MEE che la maggior parte dei bambini che frequentano la sua clinica arrivano dopo gli attacchi israeliani, qualcuno mesi dopo e altri che aspettano fino a due anni.

Il lasso di tempo dipende dalla capacità di ogni bambino di adattarsi e resistere ai sintomi all’indomani di ogni attacco.

“Chi alla fine fallisce, viene da noi”, ha detto il consulente in psichiatria infantile e adolescenziale.

“La maggior parte dei bambini inizia a mostrare reazioni anormali tra cui enuresi notturna, fonofobia [paura del suono], paura dell’oscurità, paura della morte, isolamento, insonnia, anoressia, pianto durante il sonno ecc.”, ha aggiunto.

“Simili traumi possono danneggiare i bambini emotivamente, psicologicamente e biologicamente e ostacolare il loro naturale sviluppo “.

Oweida ha affermato che non esiste una fascia di età specifica di minori che visitano la sua clinica a causa di traumi legati alla guerra, ma gli scolari in generale hanno maggiori probabilità di soffrire di traumi a causa della loro consapevolezza del concetto di bombardamento e morte.

“Il bisogno fondamentale di ogni bambino dopo cibo e acqua è sentirsi al sicuro”, ha spiegato. “La sicurezza a Gaza non esiste”.

* Nomi inventati per proteggere la privacy delle famiglie

(traduzione dall’inglese di Luciana Galliano)




Gaza: i nomi dei bambini uccisi nell’attacco di Israele

Redazione Middle East Eye

11 maggio 2023 –  Middle East Eye

In cinque giorni di bombardamenti sono morti almeno sette minori palestinesi

Strazianti immagini sono giunte dalla Striscia di Gaza da quando il 9 maggio è iniziata l’offensiva di Israele nell’enclave assediata.

Edifici residenziali sono stati rasi al suolo mentre continuava il bombardamento israeliano con le famiglie costrette sulla strada.

I bambini sono stati i più colpiti, con almeno sette minori fra i 33 palestinesi uccisi.

In alcuni video che circolano online si vedono bambini che piangono di paura mentre sopra di loro continua il bombardamento, mentre altri cercano tra le macerie delle proprie case i loro cari e i loro beni.

Finora sono state danneggiate più di 500 unità abitative e i civili descrivono il terrore per la terra che trema sotto i loro piedi.

Ora diamo uno sguardo ai bambini uccisi nell’offensiva:

Mayar Tariq Ibrahim Ezz el-Din, 11 anni

Mayar Tariq Ibrahim Ezz el-Din è stata uccisa il 9 maggio 2023 a Gaza City. Aveva 11 anni.

Mayar e suo fratello Ali sono figli di Tareq Ibrahim Ezz el-Din, un comandante militare della Jihad islamica palestinese (PIJ).

La famiglia stava dormendo quando un jet da combattimento israeliano ha preso di mira l’intero piano del loro edificio residenziale nel quartiere di al-Remal nel centro di Gaza City.

Nell’attacco sono stati uccisi 15 palestinesi, compresi tre membri della PIJ, quattro bambini e quattro donne.

Secondo il Ministero della Sanità di Gaza altre 20 persone sono state ferite, compresi tre bambini e sette donne, alcuni dei quali sono in gravi e critiche condizioni.

Ali Tariq Ibrahim Ezz el-Din, nove anni


Ali Tariq Ibrahim Ezz al-Din è stato ucciso insieme a sua sorella Mayar il 9 maggio 2023 a Gaza City. Aveva 9 anni.

Ali, prima di essere ucciso, con sua sorella aveva comprato dei dolci e preparato i vestiti, eccitato per il giorno seguente, in cui doveva partire in gita scolastica.

Gli utenti dei social media hanno condiviso online fotografie dei fratelli durante gli allegri festeggiamenti e hanno pianto la loro perdita.

L’attacco ha distrutto completamente la casa della famiglia ed anche le abitazioni circostanti.

Hajar Khalil Salah el-Bahtini, cinque anni

Hajar Khalil Salah el-Bahtini, di cinque anni, è stata uccisa il 9 maggio 2023 a Gaza City insieme a sua madre di 44 anni, Layla el-Bahtini. E’ la figlia del comandante delle brigate Al-Quds Khalil al-Bahtini, anch’egli ucciso nel raid che ha colpito la loro casa.

Molti hanno condiviso foto di Hajar a scuola e hanno condannato Israele per aver preso di mira dei bambini negli attacchi.

Testimoni oculari che hanno parlato con Middle East Eye hanno descritto una sensazione di paura tra i bambini, che mostrano anche segni di disordine da stress post traumatico (PTSD).

Le scuole sono state chiuse mentre i ragazzi piangono i loro compagni e molti edifici hanno subito gravi danni.

Layan Bilal Maddoukh, otto anni

Layan Bilal Maddoukh, di otto anni, è stata uccisa il 10 maggio 2023 in un raid israeliano che ha colpito edifici residenziali nella via al-Sahaba a Gaza City.

Tamim Mohamed Dawoud, quattro anni

Tamim Mohamed Daoud, di quattro anni, è morto per un attacco di panico in seguito ad un attacco aereo israeliano sul suo quartiere a Gaza il 10 maggio 2023, ha detto suo padre a Middle East Eye.

Iman Adas, 17 anni 

Iman è stata uccisa insieme a sua sorella maggiore Dania, che si sarebbe sposata dopo pochi giorni.

Le sorelle sono state uccise in un attacco aereo che ha preso di mira la casa del loro vicino nelle prime ore del mattino.

I muri della loro casa sono diventati un mucchio di macerie mentre i loro beni si intravvedevano tra i frammenti di vetri e pietre.

Yazan Jawdat Elayyan, 16 anni

Centinaia di persone hanno partecipato ad un corteo funebre per l’adolescente, in cui hanno pianto la sua morte.

Testimoni hanno detto ai notiziari locali che dormivano quando è esploso il rumore assordante degli attacchi aerei e la casa di Elayyan si è sgretolata.

Io e mia moglie stavamo dormendo quando abbiamo sentito il rumore e i bambini sono saltati in piedi”, ha raccontato un testimone ai media locali.

Abbiamo guardato fuori e abbiamo visto l’edificio coperto di fumo e completamente distrutto. Tutto tremava…non vi è stato un preventivo avviso perché le persone se ne andassero.”

(Traduzione dall’inglese di Cristiana Cavagna)




Le ripercussioni del trauma: Gaza, agosto 2022

Agosto 2022 – Wearenotnumbers

Sono praticamente le stesse notizie, gli stessi eventi, le stesse sensazioni di impotenza e di debolezza. Tutto quanto è familiare. Dai bambini uccisi senza pietà alla tristezza per i giovani le cui vite sono state strappate via a causa del trauma, alle donne che lasciano dietro di sé i propri figli. Mi sento svuotata dal continuare a scrivere della situazione a Gaza. Niente è cambiato. L’ultima aggressione contro Gaza è finita proprio ieri, ma la sofferenza è continua. Sono sicura che quelli che sono fisicamente sopravvissuti hanno perso qualcosa dentro di sé, o forse sono morti nell’anima. Cerchiamo di resistere a tutto questo, ai traumi, alle sconvolgenti perdite dei nostri cari. Dopotutto siamo persone. Dobbiamo chiedere che le aggressioni finiscano. Di fatto dobbiamo chiedere a Israele di smettere quello che sta facendo, che pare sia impossibile da ammettere per molti occidentali. Israele non è stato affatto provocato, eppure questa volta ci hanno massacrati senza ritegno.

Pochi giorni fa mi sono svegliata con la notizia che Gaza era sotto attacco. La prima cosa che ho pensato è stata: non c’è nessuno che ci aiuti. Ed è tristemente vero. Sono grata che questa pesante aggressione sia durata solo tre giorni, ma chi riporterà in vita i bambini che sono morti? Chi riporterà in vita Khalil Abu Hamada, figlio unico consegnato ai suoi genitori dopo 15 anni e sei cicli di fecondazione in vitro? Immaginate di avere un bambino dopo 13 anni di matrimonio e molti tentativi di rimanere incinta. Poi immaginate che dopo 19 anni dalla sua nascita lo perdiate! Chi curerà Soad Hassouna, che si era laureata con una media alta ed è stata recentemente registrata mentre parlava della sua aspirazione a diventare dentista, dai traumi che deve subire ora perché la sua casa è stata colpita da un attacco aereo? È stata ritrovata proprio fra le macerie. È stata tirata fuori, ma non si sa se sopravviverà. Ha anche perso suo fratello.

I bambini di Gaza sono abituati agli incidenti di guerra

Le mie piccole figlie ricordano vividamente la precedente aggressione,” dice Deema Aydieh. “Hanno aperto le finestre prima ancora che glielo dicessi io. Sapevano che in questo modo la nostra casa sarebbe stata più sicura, i vetri non si sarebbero rotti e non sarebbero andati in frantumi attorno a noi.

Hanno preparato i loro vestiti per la preghiera e mi hanno chiesto di impacchettare le nostre carte e le nostre cose importanti in modo da non dimenticarle se avessimo dovuto scappare improvvisamente da casa.

Per un momento mi sono sentita come se le mie bambine avessero acquisito troppo rapidamente anni di saggezza, benché i loro sogni e speranze siano molto semplici. Volevano solo essere al sicuro. Tutto ciò che volevano proteggere erano i loro vestiti e giocattoli favoriti e i soldi risparmiati dallo scorso Eid [festa religiosa musulmana, ndt.], che pensavano di utilizzare per comprare materiale scolastico. La loro infanzia è un insieme di innocenza e saggezza, cose che raramente vanno insieme. Ma è Gaza, la terra dei paradossi,” aggiunge.

È assolutamente chiaro che tali aggressioni, in altre parole, diventano traumi dolorosi che i bambini della Striscia di Gaza conoscono molto bene. Io stessa sono una sopravvissuta all’età di cinque anni e posso ricordare il momento in cui ero davanti alla finestra di un’aula scolastica e vidi la carne di esseri umani volare nell’aria durante un attacco aereo dei nostri occupanti israeliani. Ricordo lo shock e il freddo che avvolse il mio corpo. In quel momento tutto divenne bianco nella mia mente, tutto si fermò e c’era solo vuoto. Da allora la vita non è stata realmente importante, perché mi sono resa conto di quanto poco valiamo per il resto del mondo. Avvenne durante la seconda aggressione contro Gaza. Ricordo che ciò successe quando ero in una scuola della United Nations Relief and Works Agency [UNRWA, l’agenzia dell’ONU per i rifugiati palestinesi, ndt.]. Per me è paradossale che esse vengano considerate rifugi sicuri, mentre Israele colpisce bambini, civili, moschee e persino scuole. In un attacco non ci sono posti sicuri a Gaza, e i gazawi lo sanno molto bene.

Le aggressioni israeliane contro i gazawi li lasciano traumatizzati

Una volta, mentre stavo parlando a una terapista, Cheryl Qamar, le chiesi se fosse vero che ogni gazawi soffre di disturbo da stress post-traumatico, o PTSD. Mi ha risposto che ogni essere umano che sperimenta questo tipo di incidenti soffrirà probabilmente di PTSD, quindi c’è una notevole probabilità che tutti i gazawi ne patiscano. Ha aggiunto che potremmo soffrire anche di CPTSD (disturbo da stress post traumatico complesso) in conseguenza del fatto di aver sperimentato traumi prolungati o ripetuti.

Ricordo quando la mia amica Raya ha visitato Gaza e mi ha chiesto cosa avessero ragazze e ragazzi di Gaza, perché tutti abbiamo paura dei gatti. Non ne sono sicura, ma penso che sia a causa del fatto che i traumi si manifestano in noi attraverso paure e fobie. Anch’io l’ho notato, in quanto sono solita aver paura dei gatti e anche di molte altre cose, ma, grazie a Dio, ho superato molte delle mie fobie e sto cercando di superare quelle che mi rimangono.

I giovani di Gaza si interrogano sulla loro situazione e sul loro destino

Mi domando se uccidere civili in tempo di guerra sia permesso, anche se per ragioni di autodifesa, e mi domando come possa essere accettabile uccidere Alaa Qadoum, di cinque anni. Alaa era solo una bambinetta e non era mai stata un pericolo per nessuno. Quest’anno l’avrebbero iscritta all’asilo.

Mi domando come possa essere in qualche modo vantaggiosa per Israele l’uccisione di Daniana Alamour, ventiduenne studentessa all’università Al-Aqsa. Daniana aveva la mia stessa età e viveva nel mio quartiere, studiava dove studio io. Entrambe amavamo l’arte, però lei era più intelligente e talentuosa, e prima di morire aveva fatto una serie di bellissimi ritratti e li aveva appesi nella galleria d’arte del nostro quartiere. Se agli occhi di Israele è lecito ucciderla, allora può essere molto probabile che uccidano anche me nelle future aggressioni.

Mi domando chi dovrebbe essere chiamato terrorista: Ashraf Al Qesi, che non ha esitato a consentire alla Difesa Civile Palestinese di demolire parte della sua casa per salvare i suoi vicini dopo che edifici accanto al suo erano stati distrutti dagli attacchi aerei israeliani, o chi spara contro i civili dal cielo.

La sofferenza che Israele provoca a Gaza non si limita alle aggressioni, ma va oltre. Israele ha imposto dal 2007 un blocco totale contro di noi. Qui alla gente non è consentito viaggiare se non per scopi specifici come salute e studio, e nonostante ciò possa essere la ragione, ho incontrato molti palestinesi che soddisfacevano le condizioni richieste a cui Israele non ha consentito di lasciare Gaza. Alcuni di essi hanno tentato invano molte volte di avere il permesso da Israele.

Mi ha fatto molto male quando il mio amico Hossam Abu Shammala ha detto di volersene andare all’estero perché in quel modo avrebbe vissuto una vita dignitosa. Intendeva dire che vivere a Gaza è una forma di umiliazione, ed è difficile da ammettere, però è vero. Ci vogliono un’incredibile forza, coraggio, spirito e resilienza per riuscire a vivere in un posto simile. Non si sa nemmeno quale sia il nostro destino di giovani. Quando guardiamo al futuro, tutto quello che vediamo è un caos totale. Non è che siamo intrinsecamente confusi o persi, è la situazione qui che ci rende infelici. Eppure cerchiamo di resistere e di trarre il meglio da questa situazione. Cerchiamo di vivere serenamente nella più grande prigione a cielo aperto del mondo, non sapendo quale crimine abbiamo commesso. Cerchiamo ogni giorno di avere speranza e ci riusciamo. A volte è molto duro, ma noi siamo dei sopravvissuti.

(traduzione dall’inglese di Amedeo Rossi)




Traumi e salute mentale a Gaza

Kamran Ahmed

 14 giugno 2021, Al Jazeera

L’occupazione israeliana, le bombe e l’oppressione infliggono non solo danni fisici ma anche psicologici ai palestinesi.

Il cessate il fuoco del 20 maggio tra il governo israeliano e Hamas ha posto fine all’ultima esplosione del conflitto nella regione e ha portato a un senso di sollievo collettivo fra i palestinesi assediati della Striscia di Gaza.

Ma le profonde ferite che la violenza ha inflitto rimangono aperte.

Undici giorni di bombardamenti israeliani sull’enclave assediata hanno causato la morte di 256 palestinesi, tra cui 66 bambini. Quasi 2.000 sono stati feriti. Case, uffici e ospedali sono stati distrutti.

Mentre il fragile cessate il fuoco sembra reggere, coloro che sono sopravvissuti al conflitto stanno ancora una volta cercando di ricostruire le proprie vite. Ma i danni inflitti durante gli 11 giorni non sono stati solo fisici e materiali. Anche la salute mentale dei palestinesi di Gaza è stata bombardata durante quei giorni terribili.

Difficile immaginare quanto sia stata fonte di traumi psichici la situazione di queste persone: sono vissute nella paura del successivo attacco aereo, con lo spettro incombente della morte, di perdere i propri cari e le proprie case.

I residenti di Gaza hanno sopportato per decenni situazioni traumatizzanti una dopo l’altra. Le micidiali offensive israeliane – quattro negli ultimi 14 anni – hanno provocato i danni maggiori, ma si sono verificate sullo sfondo del continuo trauma imposto dall’occupazione.

Atrocità come il sequestro e la demolizione di case, il devastante regime poliziesco, le uccisioni illegali, la detenzione senza processo e la tortura infliggono tutte profondi danni psicologici. Una continua oppressione di questo tipo può distruggere l’autostima e lasciare le vittime in uno stato di “impotenza acquisita” -[assenza di controllo sull’esito di una situazione, ndtr.], rassegnate al loro destino e vulnerabili alla depressione.

Il blocco illegale israeliano di Gaza consiste anche in una sorta di strangolamento psicologico. La deprivazione economica che ne è derivata ha causato una diffusa disoccupazione e povertà – fattori di rischio ben noti per le malattie mentali – e ha lasciato i servizi sanitari senza finanziamenti e incapaci di soddisfare la domanda. Ogni guerra a Gaza li distrugge ulteriormente: questa volta almeno sei ospedali, due cliniche, un centro sanitario e una struttura della Mezzaluna Rossa Palestinese hanno subito danni.

Per la maggior parte degli altri Paesi, il COVID-19 è attualmente il principale problema di salute pubblica e mentale. In Palestina è quasi un pensiero di fondo soverchiato dalla paura di pericoli più immediati: attacchi aerei e oppressione. Ma bisogna ricordare che finora più di 110.000 persone a Gaza sono state infettate dal virus, con oltre 1.000 morti. Sono disponibili solo dosi sufficienti per vaccinare 60.200 persone su una popolazione di oltre 2 milioni. Quindi l’ansia da pandemia dilaga anche a Gaza, aggiungendosi al già insopportabile carico di paure.

Tutto questa insicurezza si traduce in vere e proprie malattie mentali. A Gaza i tassi di disturbi da stress post-traumatico (PTSD) – disturbi del sonno, tensione permanente, irritabilità , paure improvvise, flashback e incubi in cui si rivive il trauma subito e intorpidimento emotivo – sono incredibilmente alti. Uno studio del 2017 ha rilevato che il 37% degli adulti che vivono nella Striscia rientra in questa diagnosi.

Nel mio lavoro di psichiatra ho trattato rifugiati dalle guerre in Iraq e Afghanistan con PTSD: si tratta di una sindrome che può essere grave, complessa e durevole. Iniziare un percorso di guarigione mentre le cause di fondo del trauma persistono è quasi impossibile. Il capo dei servizi di salute mentale in Palestina una volta ha detto che la sua gente non soffre di disturbi da stress post-traumatico perché il trauma non è affatto passato. Disturbo da stress traumatico in corso può essere una descrizione più adeguata della loro situazione.

Come spesso accade in queste situazioni i bambini sono quelli che soffrono di più. Uno studio condotto nel 2020, prima dell’ultimo conflitto, ha rilevato che il 53,5% dei bambini a Gaza soffriva di PTSD. Quasi il 90% aveva subito un trauma personale. Il Consiglio Norvegese per i Rifugiati ha riportato la terribile notizia che 11 dei bambini uccisi dai recenti attacchi aerei israeliani stavano partecipando al suo programma di recupero dai traumi. Non c’è da stupirsi che il segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres abbia descritto Gaza come “l’inferno in terra” per i bambini.

Naturalmente anche gli israeliani hanno sofferto. Dodici sono stati uccisi dai razzi di Hamas a maggio, due dei quali bambini: una tragica perdita di vite umane. Ma per gli israeliani il sistema di difesa Iron Dome e i rifugi antiaerei forniscono una rete e un senso di sicurezza di cui i palestinesi sono privi. I servizi sanitari israeliani sono molto sviluppati e adeguatamente attrezzati per affrontare sia le lesioni fisiche che l’impatto psicologico del lancio di razzi. Inoltre non stanno vivendo l’angoscia mentale dell’occupazione. Tutto ciò si riflette in tassi di disturbo da stress post-traumatico più bassi che vanno dallo 0,5 al 9% della popolazione.

Nel 2008 ho fatto un viaggio nel Somaliland [Stato non riconosciuto che comprende le province settentrionali della Somalia, ndtr.] postbellico per insegnare psichiatria agli studenti di medicina. La guerra civile che ha colpito l’area è terminata nel 1991 ma i suoi effetti sulla salute mentale della popolazione e sulle infrastrutture sanitarie erano ancora evidenti 17 anni dopo. Continuano ancora oggi. Ci vorrà tempo per ricostruire le menti disturbate e i servizi sanitari a Gaza, ma ci sono poche speranze per loro finché Israele non porrà fine alla sua occupazione illegale, all’espansione degli insediamenti e al blocco di Gaza.

L’oppressione dei palestinesi ha portato Human Rights Watch alla conclusione che Israele è colpevole del crimine di apartheid. Forse considerare questa situazione attraverso il prisma delle violazioni dei diritti umani e del loro grave impatto sulla salute mentale potrebbe spingere la comunità internazionale a fare pressione su Israele affinché agisca. Sia i palestinesi che gli israeliani meritano sicurezza e protezione dai traumi. Il modo migliore per raggiungere questo obiettivo è concedere ai palestinesi i loro diritti umani fondamentali.

Le opinioni espresse in questo articolo appartengono all’autore e non riflettono necessariamente la politica editoriale di Al Jazeera.

(traduzione di Giuseppe Ponsetti)