Kamila Shamsie è solo l’ultima vittima della tendenziosità della Germania contro i palestinesi

Abir Kopty

 26 settembre 2019 – Middle East Eye

Più di 70 eventi in diverse città sono stati annullati negli ultimi 4 anni in seguito a pressioni da parte della lobby israeliana

La recente decisione della città tedesca di Dortmund di ritirare un premio letterario alla scrittrice anglo-pakistana Kamila Shamsie per la sua posizione a favore dei palestinesi non è certo una sorpresa.

Non è la prima volta che questo cambiamento di una decisione avviene in seguito alle pressioni della lobby sionista in Germania. Pochi giorni fa un evento pubblico organizzato dal “Jewish-Palestinian Dialogue Group” [Gruppo per il Dialogo Ebraico-Palestinese] a Monaco è stato annullato a causa del suo appoggio ai diritti dei palestinesi e al movimento per il boicottaggio, il disinvestimento e le sanzioni (BDS). L’organizzazione Caritas, che doveva ospitare l’avvenimento, lo ha annullato a causa di pressioni della comunità ebraica di Monaco.

Far tacere critiche legittime

L’evento avrebbe dovuto ospitare il giornalista Christoph Sydow, co-autore di reportage sul campo per “Der Spiegel” [settimanale tedesco di centro sinistra, ndtr.] su come le organizzazioni della lobby ebreo-tedesca e filo-israeliana hanno giocato un ruolo fondamentale nella recente risoluzione del Bundestag [il parlamento tedesco, ndtr.] contro il BDS. Questo reportage ha fatto scalpore, provocando un violento attacco da parte della lobby filoisraeliana.

Sydow non è un attivista, ma un giornalista che ha fatto il proprio lavoro per svelare la verità sulla lobby filoisraeliana. Eppure ogni critica può essere messa a tacere sventolando la bandiera dell’antisemitismo. In Germania questa strategia sembra sempre funzionare, in quanto la lobby filoisraeliana continua ad (ab)usare della storia tedesca di genocidio contro gli ebrei per far tacere le legittime critiche alle continue violazioni dei diritti dei palestinesi da parte di Israele.

Una lista stilata da attivisti tedeschi di cui sono venuta in possesso documenta più di 70 eventi in diverse città che negli ultimi quattro anni sono stati annullati per pressioni da parte della lobby israeliana.

Solo quest’anno agli attivisti palestinesi Rasmea Odeh e Khaled Barakat è stato impedito di partecipare ad iniziative pubbliche in Germania; tre attivisti sono stati processati per aver interrotto una conferenza presso l’università Humboldt di una deputata della Knesset [parlamento] israeliana che ha appoggiato l’attacco di Israele contro Gaza nel 2014; il direttore del Museo Ebraico di Berlino, Peter Schafter, è stato obbligato a dimettersi in seguito a pressioni della comunità ebraica per un tweet critico nei confronti della presa di posizione della Germania contro il BDS.

Sempre quest’anno, dopo che il gruppo Jewish Voice for a Just Peace in the Middle East [Voci Ebraiche per una Pace Giusta in Medio Oriente, gruppo di ebrei tedeschi contro l’occupazione, ndtr.] ha vinto un premio per la pace nella città di Gottinga, funzionari di alto livello hanno cercato di farlo revocare – benché la giuria alla fine abbia confermato la propria decisione ed abbia finanziato il premio.

Situazione di timore

Mentre queste misure dovrebbero impensierire tutti i difensori dei diritti umani e in particolare il movimento filo-palestinese, esse dovrebbero in primo luogo preoccupare gli stessi tedeschi.

I tedeschi dovrebbero cogliere l’occasione per prendere in considerazione lo stato di timore che devono affrontare se vogliono esprimere le proprie opinioni sulle politiche di Israele. Molti tedeschi in privato mi hanno detto di non sentirsi tranquilli quando si esprimono in pubblico “a causa della nostra storia”.

Il significato sottinteso è che temono di perdere il proprio lavoro o di essere presi di mira da una campagna di calunnie che potrebbe distruggere le loro vite.

I tedeschi parlano a voce alta di persone oppresse in tutto il mondo; i palestinesi sono l’eccezione. Sembrerebbe che la Germania valorizzi la democrazia e la libertà di parola, salvo quando si tratta della Palestina. Molti semplicemente non sono abbastanza coraggiosi da schierarsi chiaramente contro quelli che soffocano la loro libertà di parola e impediscono loro di vivere secondo i propri valori.

Mentre questa condizione di timore è predominante, ci sono ancora quelli che rifiutano di essere messi a tacere e che continuano a reagire – soprattutto sul piano legale.

Motivo di speranza

Due settimane fa il tribunale amministrativo di Colonia ha ordinato alla città di Bonn di accettare la “German-Palestinian Women’s Association” [Associazione Tedesco-Palestinese delle Donne] all’annuale “Festival della Cultura e dell’Incontro” di Bonn, dopo che in un primo tempo la città aveva escluso il gruppo per il suo appoggio al BDS. Secondo il tribunale, la città non ha “neppur lontanamente dimostrato” alcuna ragione plausibile per l’esclusione.

Secondo l’“European Legal Support Centre” [Centro di Sostegno Legale Europeo] la decisione ha fatto seguito ad altre due precedenti sentenze da parte del tribunale amministrativo di Oldenburg e dell’Alta Corte Amministrativa della Bassa Sassonia, a Luneburg, che hanno anch’esse garantito l’accesso di attivisti del BDS a strutture pubbliche dopo che inizialmente erano state loro negate dalle autorità locali. 

Benché queste decisioni siano motivo di speranza, le azioni legali da sole non sono sufficienti. La vera lotta riguarda la sfera pubblica.

I tedeschi dovrebbero porsi domande scomode e decidere se intendono continuare a vivere in una condizione di timore che sabota i loro diritti fondamentali di libertà di parola e di pensiero.

Le opinioni espresse in questo articolo sono dell’autrice e non riflettono necessariamente la politica editoriale di Middle East Eye.

Abir Kopty

Blogger, conduttrice radio-televisiva e dottoranda.

(traduzione dall’inglese di Amedeo Rossi)