Editoriale: il terrorismo ebraico è esploso e nulla lo ostacola. Potrebbe far crollare Israele

25 agosto 2024 –Haaretz

La lettera del capo dello Shin Bet [il servizio segreto interno di Israele e territori occupati, n.d.t.] , Ronen Bar, inviata al primo ministro, ai membri del gabinetto e al procuratore generale, in cui egli avverte che il terrorismo ebraico è un pericolo per l’esistenza dello Stato, costituisce un chiarissimo segnale di allarme.

In qualsiasi Paese normale non ci sarebbe alcuna esitazione nel fare la cosa giusta. La destra radicale verrebbe cacciata dal governo e si ordinerebbe ai servizi di sicurezza di trattare il terrorismo ebraico con la stessa durezza con cui trattano il terrorismo palestinese. Ciò che è scritto nella lettera del capo dello Shin Bet è inquietante. Descrive un cambiamento nella natura delle attività terroristiche ebraiche “da attività segrete mirate ad attività ad ampio raggio alla luce del sole. Dall’uso di un accendino all’uso di armi da guerra, a volte con armi distribuite legalmente dallo Stato. Dalla fuga dalle forze di sicurezza all’attacco alle forze di sicurezza. Dall’isolamento dall’establishment al ricevere legittimità da alcuni funzionari dell’establishment”.

Bar scrive che, se Israele continua a negare l’amara verità che un’erbaccia selvatica ebraica cresciuta nei territori è ormai fuori controllo, il terrorismo ebraico farà crollare Israele. “Il fenomeno dei ‘giovani delle cime delle colline’ [gruppi di coloni molto violenti piazzati in insediamenti in posizione elevata che fungono da “avanguardie” per attaccare i vilaggi palestinesi, n.d.t.] è da tempo diventato una base per commettere violenze contro i palestinesi”.

Sottolinea che non vi è più paura di essere trattenuti in custodia amministrativa, il che deriva dalle “condizioni che vengono loro concesse in prigione e dal denaro che ricevono dopo il loro rilascio da membri della Knesset, oltre alla legittimazione e alle lodi che ricevono per le loro azioni. Ciò è accompagnato da una campagna di delegittimazione contro i servizi di sicurezza [lo stesso Shin Bet,n.d.t.]”. Bar avverte che il terrorismo ebraico potrebbe accendere un ulteriore fronte di guerra.

Il capo dello Shin Bet racconta anche dell’inazione della polizia e del sostegno segreto che i terroristi ebrei ricevono dalla polizia. Menziona specificamente Ben-Gvir e la sua visita al complesso del Monte del Tempio [la Spianata delle Moschee, n.d.t.] in occasione del Tisha B’Av [un giorno del calendario lunare ebraico che commemora una serie di eventi luttuosi tra cui la distruzione del primo e secondo Tempio, n.d.t.]. Bar sottolinea molto chiaramente che ciò “ha creato un rischio molto significativo per la sicurezza nella regione”.

Dopo la pubblicazione della lettera di Bar, in una riunione del governo Ben-Gvir ha chiesto il suo licenziamento. Netanyahu e altri ministri hanno sostenuto Bar, il che ha portato Ben-Gvir ad abbandonare la seduta. Ma l’esperienza dimostra che se la sua base è arrabbiata, Netanyahu cambierà idea. Bar è da un po’ di tempo sulla lista degli obiettivi dei Bibi-isti [seguaci di Netanyahu, n.d.t.] e dei Kahanisti [seguaci del defunto rabbino Kahan, tra cui Ben-Gvir, a suo tempo dichiarato terrorista dallo stesso Israele, n.d.t.] . In seguito alla sua lettera di avvertimento gli attacchi di questi settori contro di lui non faranno che aumentare.

La persona che ha legato il suo destino politico alla destra radicale, che ha legittimato il Kahanismo, che ha dato il controllo del governo a Ben-Gvir e ha messo i territori nelle mani di Smotrich [altro esponente dell’estrema destra dei coloni, n.d.t.] è l’ultima persona adatta a combattere il terrorismo ebraico.

Ogni giorno in cui il governo di ultra-destra continua a esistere sotto Netanyahu è un giorno in cui Israele sprofonda sempre più in un abisso dal quale sarà difficile uscire. Questo governo deve essere sostituito immediatamente.

L’articolo sopra riportato è l’editoriale principale di Haaretz, come pubblicato in Israele nelle edizioni del giornale in ebraico e inglese.

[traduzione dall’inglese di Giuseppe Ponsetti]




Ciò che Israele non può ammettere del terrorismo ebraico

 

Ciò che Israele non può ammettere sul terrorismo ebraico

Natasha Roth-Rowland

2 novembre 2021 – +972 Magazine

 

Domenica 24 ottobre, ancora nel pieno delle conseguenze della messa fuori legge di sei ONG palestinesi con le accuse pretestuose e non dimostrate di “terrorismo”, la destra israeliana ha commemorato il 31^ anniversario della morte di Meir Kahane, il rabbino estremista alla testa di gruppi fascisti americani e israeliani che da molto tempo sono a loro volta al bando per terrorismo nei rispettivi Paesi.

Può apparire superficiale e financo condiscendente portare esempi di terrorismo ebraico ogniqualvolta nascano accuse di terrorismo palestinese (e di sostegno ad esso). Questo comprensibile riflesso non soltanto rischia di convalidare le definizioni volutamente ampie di terrorismo usate da Israele per criminalizzare ogni forma di resistenza all’occupazione (comprese le attività in difesa dei diritti umani), ma può anche oscurare la differenza di potenziale derivante dal fatto che il terrorismo ebraico ha spesso il sostegno – vuoi implicito vuoi esplicito – di uno Stato pesantemente armato.

Ciononostante, se dovessimo applicare lo schema usato da Israele e dai suoi sostenitori agli estremisti ebraici, questo non farebbe che evidenziare l’arbitrarietà, l’inconsistenza e l’evidente razzismo delle accuse di terrorismo rivolte indiscriminatamente contro persone e movimenti palestinesi.

Che accadrebbe, ad esempio, se organizzazioni ebraiche sospettate di finanziare e fiancheggiare il terrorismo fossero oggetto dei medesimi controlli dei gruppi palestinesi oggetto delle stesse accuse? Un ottimo esempio di questo fenomeno è lo studio israeliano di assistenza legale Honenu, che si dedica quasi esclusivamente alla difesa di inquisiti ebrei – compresi militari dell’esercito – accusati di violenze nazionaliste contro i palestinesi (assistenza alla quale, va ribadito, questi indiziati hanno diritto).

In precedenza il gruppo ha fornito assistenza a Yigal Amir, l’assassino dell’ex primo ministro Yitzhak Rabin, e prima ancora aveva offerto aiuto finanziario alle famiglie di terroristi ebrei in carcere, fra cui Ami Popper, che nel 1990 uccise sette palestinesi (pare che Honenu abbia interrotto questa prassi nel 2016 in seguito a commenti di stampa negativi). Esso continua comunque ad avere i requisiti per ricevere donazioni esentasse sia da Israele sia dagli USA.

E quali entità israeliane o loro sostenitori dovrebbero affrontare conseguenze legali per l’accusa di legami o di identificazione con gruppi definiti terroristi da parte delle autorità di governo? Un semplice studio di caso è il partito politico Otzma Yehudit (“Potere Ebraico”) e il suo parlamentare in carica Itamar Ben-Gvir, che ha ricevuto il sostegno dell’ex primo ministro Benjamin Netanyahu. Ben-Gvir era un attivista del Kach, il partito attualmente fuorilegge fondato da Kahane, e vari candidati del partito Otzma Yehudit avevano militato nel Kach. Con tutto ciò, Ben-Gvir non solo non ha carichi pendenti con la legge, ma addirittura ora ha il potere di contribuire a influenzarla.

All’esterno del governo, c’è la rete ben più oscura della Hilltop Youth israeliana [“Gioventù della Cima della Collina”, giovani estremisti religiosi nazionalisti che stabiliscono avamposti illegali in Cisgiordania, ndtr], coloni estremisti in larga misura responsabili dell’intensificazione delle ondate di violenza contro i palestinesi nella Cisgiordania occupata.

È vero che alcuni di questi coloni vengono saltuariamente arrestati o anche imprigionati dalle autorità israeliane, ed è vero che lo Shin Bet [servizio di sicurezza interno d’Israele, ndtr.] ha una divisione che si occupa specificamente dell’estremismo ebraico. Tuttavia questi interventi sono l’eccezione che dimostra la regola dell’impunità, della collaborazione con le forze di sicurezza e delle coperture su cui possono contare di norma i coloni violenti. Le istituzioni dei coloni che fomentano tale violenza di quando in quando sono state sottoposte a chiusure o al taglio delle sovvenzioni governative, ma non hanno mai corso il serio rischio di venire messe fuorilegge.

L’incapacità da parte israeliana di affrontare efficacemente il terrorismo ebraico e la criminalizzazione dei difensori palestinesi dei diritti umani non sono che le due facce della stessa medaglia, e se si comprende ciò diventa evidente che la designazione delle sei ONG palestinesi come associazioni terroriste non ha nulla a che fare per Israele con la “giustizia” e neppure con la sicurezza. Piuttosto, come la scorsa settimana notavano in due articoli diversi Anwar Mhajne [docente allo Stonehill College, Boston, ndtr.] e Amjad Iraqi [redattore di +972, ndtr.], ha a che fare con la dominazione e con la campagna pluridecennale di smantellamento dell’identità nazionale palestinese, insieme con “l’eliminazione dell’autoaffermazione dei palestinesi”, come scrive Iraqi.

Tali imperativi non possono che condurre in ultima istanza alla messa fuorilegge di organizzazioni che sostengono i palestinesi incarcerati da Israele, o documentano le violazioni dei diritti umani commesse da Israele nei Territori Occupati, oppure assistono i contadini palestinesi a cui si espropriano le terre. Come ha detto Sahar Francis, responsabile di Addameer [una delle sei organizzazioni dichiarate fuori legge da Israele e che si occupa di prigionieri politici, ndtr.], a Yuval Abraham [giornalista freelance di Middle East Eye, sito di notizie in inglese con sede a Londra, ndtr.] la settimana scorsa: “Ci prendono di mira da anni per la semplice ragione che, parlando di apartheid, stiamo riuscendo a cambiare il paradigma a livello internazionale.”

Natasha Roth-Rowland scrive per la rivista +972 ed è dottoranda in storia all’Università della Virginia. Le sue ricerche e scritti vertono sull’estrema destra ebraica in Israele-Palestina e negli USA. Dopo avere lavorato diversi anni in Israele-Palestina quale redattrice, scrittrice e traduttrice, attualmente si è stabilita a New York. Scrive con il vero cognome in ricordo del nonno Kurt, che dovette cambiare il cognome in ‘Rowland’ quando cercò rifugio in Gran Bretagna durante la seconda guerra mondiale.

 

(traduzione dall’inglese di Stefania Fusero)