Spari mortali a Tulkarem: soldati israeliani feriscono mortalmente con un colpo alla testa da 80 metri di distanza Muhammad Habali (22 anni)

B’Tselem

11 dicembre

Martedì 4 dicembre 2018 verso mezzanotte circa 100 soldati israeliani hanno invaso la città di Tulkarem, in Cisgiordania. Alcuni di loro sono entrati in quattro case in zone diverse della città ed hanno fatto una breve perquisizione. Pochi giovani palestinesi si sono recati dove c’erano i soldati e gli hanno lanciato pietre. Le truppe hanno risposto con proiettili ricoperti di gomma e lacrimogeni.

A un certo punto durante la notte circa 30 soldati sono arrivati nella zona di via a-Nuzha, una strada che va da est a ovest nella parte occidentale di Tulkarem. Alcuni di loro si sono distribuiti lungo la strada a gruppi di tre o quattro. Gli altri sono entrati nel vicolo che si trova di fronte alla scuola superiore maschile “al-Fadiliyah” e hanno fatto irruzione in una casa. Più in là lungo la via, a circa 50 metri dai soldati, alcuni abitanti stavano fermi all’ingresso del ristorante a-Sabah e sulla strada adiacente. Uno di loro era Muhammad Habali, un ventiduenne del campo di rifugiati di Tulkarem con problemi mentali. Habali camminava avanti e indietro attraversando da un lato all’altro la strada.

Le riprese di quattro videocamere di sicurezza sistemate su tre diversi edifici lungo la strada mostrano che quella zona era assolutamente tranquilla e che non erano in corso scontri con i soldati.

https://www.btselem.org/video/20181211_killing_of_muhammad_habali_in_tulkarm#full

Presi insieme l’inchiesta di B’Tselem e questi video indicano che alle 2.25 del mattino un ufficiale e due soldati si sono diretti verso il ristorante a-Sabah e si sono fermati a circa 80 metri di distanza. Pochi secondi dopo i soldati hanno sparato quattro o cinque colpi verso i giovani che si trovavano davanti al ristorante e questi sono scappati. Habali, che nel video si vede mentre impugna un lungo bastone di legno – che aveva raccolto pochi minuti prima degli spari –, è stato l’ultimo ad andarsene. Dopo che aveva fatto alcuni passi, è stato colpito alla nuca da una distanza di circa 80 metri. Un altro proiettile ha colpito a una gamba M.H., di Tulkarem. Circa un minuto dopo gli spari, si vedono i tre soldati che si riuniscono agli altri nella zona e se ne vanno, senza fornire ad Habali o a M.H. una qualunque assistenza medica. Poi si sentono altri spari. Habali è stato portato all’ospedale a Tulkarem, dove è arrivato in stato di incoscienza, senza respirare e senza pulsazioni. I tentativi di rianimarlo sono falliti e poco dopo è stato dichiarato morto. M.H. è stato portato in ospedale su un’altra macchina e la radiografia ha mostrato un proiettile nella sua gamba sinistra.

K.A. (25 anni), un abitante di Tulkarem, si trovava nel vicolo di fronte al ristorante a-Sabah e stava guardando la scena. In una testimonianza rilasciata il 9 dicembre 2018 ha raccontato:

Stavo lì in piedi con altri ragazzi, compreso Muhammad Habali. Lo conoscevo. Aveva un bastone di legno in mano. Sapevamo che c’erano soldati nella zona. Poi, verso le 2.20, abbiamo visto tre soldati venire verso di noi. Abbiamo chiesto a Muhammad, che tutti chiamavano Za’atar, di tornare indietro perché avevamo paura per lui, di quello che sarebbe potuto succedere con i soldati lì. Ha fatto quello che gli abbiamo chiesto e ha cominciato ad andarsene. Improvvisamente abbiamo sentito uno sparo. I soldati che stavano venendo verso di noi avevano sparato.

Quando gli spari sono iniziati, ero all’inizio del vicolo di fronte al ristorante a-Sabah. Ci sono stati quattro o cinque spari, e uno di questi ha colpito Muhammad Habali. L’ho visto cadere in avanti e allora sono corso nel vicolo insieme ad altre persone. Poi i colpi sono cessati.

Sono corso fuori sulla strada ed ho gridato agli altri ragazzi di andare a prendere una macchina per poter portare via Habali. Sono stato il primo ad arrivare da lui. La sua testa stava sanguinando molto. L’ho preso per le spalle e l’ho trascinato per tre o quattro metri nel vicolo – facendo in modo che la sua testa non strisciasse per terra – perché avevo paura che i soldati gli sparassero di nuovo.

Dopo i colpi che hanno colpito Habali, ho sentito che sparavano in aria, ma non ho visto i soldati che hanno sparato.”

M.H., colpito a una gamba, ha ricordato in una testimonianza che ha concesso al ricercatore sul campo di B’Tselem Abulkarim Sadi il 4 dicembre:

Circa alle 2.30 ho visto tre soldati dirigersi a est dall’ingresso della scuola ‘al-Fadiliyah’ verso il posto in cui stavo con alcuni ragazzi. Hanno aperto il fuoco ed io ed altri ragazzi che stavano nei pressi dei caffè e del ristorante a-Sabah abbiamo cercato di scappare verso est.

Ho corso per circa 10 o 15 metri e improvvisamente ho sentito che qualcosa aveva colpito la mia gamba sinistra. Ho cominciato a sanguinare e ad avere una sensazione di formicolio. Ho cercato di nascondermi in una traversa per non essere colpito di nuovo. Ho chiamato alcuni ragazzi che erano lì vicino e uno di loro è arrivato e mi ha aiutato ad andare fino a una piazza vicina. Un uomo che stava passando con la sua macchina mi ha preso e portato al pronto soccorso dell’ospedale Thabet Thabet. Mi hanno fatto una radiografia alla gamba ed hanno trovato un foro d’entrata di un proiettile, ma non quello d’uscita, sotto il mio ginocchio sinistro. Ora sto aspettando in ospedale che mi tolgano la pallottola.

H.F., abitante di Tulkarem, è arrivato al ristorante per mangiare un boccone attorno alle 2.15. In una testimonianza rilasciata al ricercatore di B’Tselem Abdulkarim Sadi il 6 dicembre 2018 ha ricordato quello che è avvenuto dopo:

Stavo fuori sulla strada insieme ad altre persone a guardare i soldati. A un certo punto sono entrato al ristorante per ordinare del cibo. L’ho fatto andando fino all’ingresso quando ho sentito colpi di arma da fuoco. Mi sono girato e ho visto Muhammad Habali, noto come Za’atar, steso con la faccia a terra. Doveva essere stato colpito alla testa da un proiettile. L’ho filmato con il mio cellulare ed ho iniziato a chiamare gli altri ragazzi perché mi aiutassero a toglierlo dalla strada e a portarlo nel vicolo di fronte al ristorante, perché avevo paura che gli spari continuassero o che un’auto di passaggio potesse investirlo.

Quando ho osato fare un passo fuori, ho guardato verso i soldati che erano di fronte alla scuola “al-Fadiliyah” e li ho visti retrocedere verso piazza Khaduri. Ho sentito una serie di spari in aria. Dopo che i ragazzi si sono assicurati che i soldati se n’erano andati, hanno messo Muhammad Habali su una macchina. Sono andato in ospedale con lui, e in pochi minuti abbiamo raggiunto il pronto soccorso. I medici hanno cercato di dargli i primi soccorsi e di rianimarlo, ma era morto.

Dal posto in cui mi trovavo non ho visto nessun lancio di pietre prima che iniziassero a sparare. La gente stava solo lì in piedi a guardare i soldati che erano nei pressi della scuola “al-Fadiliyah”. Non so cosa stesse succedendo in altre parti della strada. Per quanto ne so là dei giovani potrebbero aver lanciato pietre o gridato contro i soldati.

Quando l’incidente è stato reso pubblico, l’esercito ha risposto sostenendo che nella zona “si erano determinati violenti disordini”, che “decine di palestinesi stavano lanciando pietre” e che i soldati “hanno risposto con mezzi per il controllo della folla e poi con proiettili veri.” Le riprese e le testimonianze dirette raccolte da B’Tselem da parte di persone che si trovavano nei pressi di Habali non mostrano assolutamente nessun indizio di una qualche manifestazione violenta, del lancio di pietre o dell’uso di mezzi per controllare la folla. Al contrario: si vedono i soldati camminare senza fretta, i palestinesi che parlano tra loro e poi i soldati che colpiscono a morte Habali alla testa da una distanza considerevole. Il colpo mortale non è stato preceduto da avvertimenti, non era giustificato e costituisce una violazione della legge.

I mezzi di comunicazione hanno anche informato che l’esercito ha iniziato un’inchiesta dell’Unità Investigativa della Polizia Militare (MPIU) riguardo a quanto avvenuto. Però, nonostante il suo nome, il “sistema di applicazione delle leggi militari” non fa indagini su avvenimenti in cui i soldati abbiano ucciso palestinesi, con l’obiettivo di nascondere la verità. Non lavora in modo da chiedere conto alla catena di comando responsabile delle uccisioni o per evitare che questi casi si ripetano. Il sistema intende principalmente salvare le apparenze e far tacere le critiche, in modo che i soldati possano continuare ad usare una forza letale senza pagare nessun prezzo per le loro azioni.

(traduzione di Amedeo Rossi)




Forze israeliane uccidono il ventunenne Ezz al-Din Tamimi a Nabi Saleh

Redazione di MEE

Mercoledì 6 giugno 2018,  Middle East Eye

Mercoledì mattina soldati israeliani hanno sparato a distanza ravvicinata ed ucciso un ventunenne palestinese nel villaggio di Nabi Saleh, nella Cisgiordania occupata.

Ezz al-Din Abd al-Hafiz Tamimi è stato gravemente ferito quando soldati gli hanno sparato durante un’incursione nel villaggio, dove risiede la famiglia Tamimi, ed è molto conosciuto per la sua militanza contro l’occupazione israeliana.

Dopo che i soldati hanno fatto un’incursione nel villaggio alle 10 del mattino, gli abitanti hanno lanciato pietre contro le forze israeliane presenti sul posto.

Un portavoce dell’esercito israeliano ha detto a Middle East Eye che Tamimi è stato ucciso dopo che avrebbe colpito un soldato con una pietra.

Il soldato raggiunto dalla pietra ha sparato verso il palestinese, che è rimasto ferito e curato dalle truppe dell’IDF (esercito israeliano) sul posto,” ha detto il portavoce.

Egli ha aggiunto che nessun soldato è stato ferito nell’incidente.

L’attivista israeliano filo-palestinese Jonathan Pollak, che era a Nabi Saleh, ha detto a MEE che Tamimi è stato colpito con pallottole vere almeno due volte, compreso un proiettile che lo ha raggiunto dietro al collo ed è uscito dall’altra parte, mentre lui si trovava a 45 metri dai soldati.

Pollak partecipa alla campagna “Liberate i Tamimi”, a sostegno di Nabi Saleh e dei suoi abitanti.

Foto della maglietta insanguinata di Ezz al-Din Tamimi mostrano almeno due fori sul torace che sembrano confermare informazioni iniziali di testimoni oculari che sia stato colpito anche al petto.

Non è risultato subito chiaro se Tamimi sia morto sul posto o dopo che i soldati lo hanno portato via in un veicolo blindato.

Un video diffuso in streaming da un abitante di Nabi Saleh mostra una pozza di sangue nel luogo in cui Tamimi è stato colpito e circa una decina di soldati israeliani affollati intorno al giovane privo di sensi che in apparenza cercano di metterlo su una barella, mentre palestinesi li supplicano di portare Tamimi in ospedale per essere curato.

Riprese filmate da alcuni abitanti mostrano le forze israeliane sparare bombe assordanti approssimativamente in direzione della folla.

Il corpo di Tamimi è stato in seguito portato in un ospedale nella vicina città di Ramallah, da cui nel pomeriggio di mercoledì è partito un corteo funebre.

Bilal Tamimi, un abitante di Nabi Saleh, ha detto a MEE che molti nel villaggio credono che l’uccisione di Ezz al-Din sia stata “intenzionale”, in quanto per mesi l’esercito israeliano aveva cercato di catturare il giovane per la sua partecipazione alle manifestazioni e perché avrebbe tirato pietre.

Sono venuti varie volte a casa sua, hanno chiamato i suoi familiari, lo hanno minacciato e hanno detto loro: ‘Lo uccideremo come abbiamo ucciso Ahmed Jarrar [palestinese accusato di aver sparato a un colono, ndt.],” ha detto Bilal Tamimi.

Nabi Saleh è stato a lungo al centro dell’attenzione per le sue manifestazioni contro la politica israeliana nei territori palestinesi occupati e in seguito a ciò è stato sotto una crescente pressione da parte delle forze israeliane, che regolarmente conducono incursioni nella zona.

Il villaggio ha assunto ulteriore rilievo dopo gli arresti della diciassettenne Ahed Tamimi e di sua madre, Nariman, che sono state condannate a otto mesi di carcere nelle prigioni israeliane dopo che Ahed ha schiaffeggiato un soldato israeliano e sua madre ha filmato e diffuso l’incidente.

In gennaio un altro membro della famiglia Tamimi, il sedicenne Musaab, è morto nel vicino villaggio di Deir Nidham dopo essere stato anche lui colpito dalle forze israeliane al collo.

(traduzione di Amedeo Rossi)

 




Ufficiale israeliano in carcere per nove mesi per aver ucciso un adolescente palestinese

Chloé Benoist

mercoledì 25 aprile 2018,Middle East Eye

La famiglia di Nadim Nuwara dice che ricorrerà in appello contro Ben Deri, che ha sparato alla schiena al figlio di 17 anni durante la marcia del 2014 per commemorare la Nakba.

Un poliziotto di frontiera israeliano sarebbe stato condannato a nove mesi di prigione e multato con il corrispettivo di 13.955 dollari per aver ucciso nel 2014 il ragazzo palestinese Nadim Nuwara durante una manifestazione in commemorazione della Nakba.

Il giornale israeliano Haaretz ha riportato che mercoledì un giudice della corte distrettuale di Gerusalemme ha condannato Ben Deri, riscontrando un “significativo livello di negligenza” e ne ha chiesto l’incarcerazione, pur specificando che Deri è “un eccellente ufficiale di polizia rispettoso degli ordini.”

Siyam Nuwara, padre di Nadim, ha detto a Middle East Eye che la famiglia stava pensando di presentare appello contro il verdetto e ha chiesto alla comunità internazionale di intervenire sul caso.

Non c’è giustizia in Israele,” ha detto. “Abbiamo raccolto tutte le prove, ma non c’è giustizia.”

Nuwara aveva 17 anni quando venne colpito alla schiena fuori dalla prigione di Ofer, l’unica prigione israeliana situata all’interno della Cisgiordania occupata, durante una protesta per ricordare il 66° anniversario della Nakba, l’espulsione di 750.000 palestinesi durante la creazione di Israele.

Telecamere di sicurezza e troupe televisive ripresero il momento in cui Nadim fu ucciso.

Quel giorno anche un altro giovane palestinese, Mohammed Odeh Abu al-Thahir, venne colpito ed ucciso, tuttavia le autorità israeliane non hanno aperto nessuna inchiesta giudiziaria sulla sua morte.

Alcuni gruppi per i diritti umani, compreso Human Rights Watch, hanno affermato che il ragazzo non costituiva una minaccia imminente quando è stato ucciso, e HRW ha definito il caso “un evidente crimine di guerra”.

Inizialmente le forze israeliane negarono che quel giorno fossero stati sparati proiettili veri, mentre alcune fonti ufficiali israeliane, tra cui l’allora ambasciatore negli Stati Uniti, Michael Oren, sostennero che le morti di Nuwara e al-Thahir erano una messa in scena.

L’esame autoptico dimostrò che Nuwara era stato colpito al torace. Deri venne arrestato sei mesi dopo e in un primo tempo accusato di omicidio.

La difesa di Deri si è imperniata sulla versione secondo cui un proiettile vero era caduto “accidentalmente” nel caricatore dell’arma dell’ufficiale, mentre lo stava caricando con pallottole di acciaio ricoperto di gomma.

All’inizio del 2017 Deri ha accettato un patteggiamento che ha derubricato l’imputazione contro di lui a omicidio colposo per negligenza.

La famiglia di Nuwara ha contestato il patteggiamento di fronte al tribunale, sostenendo che era stato raggiunto senza che loro ne fossero a conoscenza e che quel giorno Deri aveva usato consapevolmente proiettili veri.

Il gruppo israeliano per i diritti umani B’tselem ha affermato in un comunicato: “Il processo a Ben Deri esemplifica come il sistema investigativo e legale di Israele insabbi le continue uccisioni di palestinesi.”

Persino in questo caso, inusuale in quanto le accuse sono state formulate e si è persino arrivati al processo, l’insabbiamento continua. Il giudizio è finito con una sentenza vergognosamente mite, che serve solo a sottolineare il solito messaggio: le vite dei palestinesi sono a perdere.

Israele sicuramente si vanterà di questo processo come un chiaro esempio della sua capacità di fare giustizia. Al diavolo i fatti, quello che conta è la propaganda.”

L’udienza di mercoledì si è tenuta mentre Israele affronta le critiche per la politica di fuoco indiscriminato nella Striscia di Gaza assediata, dove dal 30 marzo l’esercito israeliano ha ucciso 39 palestinesi e ferito altre migliaia di manifestanti che partecipavano alla “Grande Marcia del Ritorno.”

Le autorità israeliane raramente incriminano soldati che hanno ucciso palestinesi. Quando membri delle forze israeliane sono imputati per queste morti, le condanne sono spesso brevi – creando quello che l’ong israeliana per i diritti umani Yesh Din ha chiamato un contesto di “quasi impunità”.

Hanan Ashrawi, membro direttivo dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina, ha denunciato il doppio standard del sistema giudiziario israeliano.

È ridicolo che la ragazzina palestinese Ahed Tamimi, che ha affrontato un soldato israeliano che stava invadendo casa sua nella Cisgiordania occupata, sia stata obbligata a scontare otto mesi in una cella di un carcere israeliano,” ha detto.

Nel contempo il poliziotto di frontiera israeliano Ben Deri…ha avuto una sentenza di soli nove mesi.”

Finché la comunità internazionale rimarrà in silenzio, l’ingiustizia e l’oppressione del popolo palestinese continueranno senza sosta. Israele deve essere chiamato a rendere conto della sua violenza incontenibile e delle gravi violazioni contro il popolo palestinese.”

(traduzione di Amedeo Rossi)