Proteste sulla costa di Gaza: un palestinese ucciso, altri 90 feriti

Palestine Chronicle

25 settembre 2018

Un palestinese di 21 anni è stato ucciso e altri 90 feriti lunedì sera, quando le forze israeliane hanno sparato proiettili veri contro le proteste nel nord della Striscia di Gaza assediata.

Centinaia di manifestanti palestinesi hanno raggiunto la barriera di confine navale a nord di Gaza vicino alla spiaggia di Zikim per partecipare ad una protesta con le barche partita dal porto di Gaza nel tentativo di rompere l’assedio che dura da quasi 12 anni.

Si sono visti manifestanti sventolare bandiere palestinesi e gettare in mare decine di copertoni incendiati come parte della protesta, mentre le forze israeliane hanno ripetutamente sparato proiettili veri e candelotti lacrimogeni verso i manifestanti e le barche.

Il ministero palestinese della Sanità di Gaza ha confermato che un palestinese, identificato come Muhammad Fayiz Abu al-Sadeq, è stato colpito ed ucciso dalle forze israeliane.

Il ministero ha confermato che altri 90 palestinesi sono stati feriti; le condizioni di salute dei manifestanti feriti restano ignote.

Altre fonti aggiungono che un fotoreporter, Muntaser al-Sawwaf, dell’agenzia turca di notizie Anadolu, è stato ferito da un candelotto lacrimogeno israeliano mentre riprendeva le proteste; anche la sua videocamera è stata danneggiata da un proiettile vero.

Come parte dell’assedio israeliano dell’enclave costiera dal 2007, l’esercito israeliano, adducendo preoccupazioni per la sicurezza, impone che i pescatori palestinesi della Striscia di Gaza operino entro una limitata “zona di pesca prestabilita”, i cui esatti limiti vengono decisi dalle autorità israeliane e sono stati modificati nel corso del tempo.

Negli anni sono stati fatti molti tentativi di attirare l’attenzione dell’opinione pubblica sul perdurante assedio della Striscia di Gaza e di violarlo, con imbarcazioni che cercavano sia di far rotta verso Gaza che di uscire da Gaza.

(Traduzione di Cristiana Cavagna)




Tre palestinesi uccisi dalle forze israeliane a Gaza

Mee e agenzie

Venerdì 14 settembre 2018, Middle East Eye

Le truppe israeliane colpiscono a morte un ragazzino di 12 anni a est di Jabalia nel nord della Striscia di Gaza

Fonti mediche palestinesi dell’enclave assediata hanno informato che venerdì tre palestinesi, compreso un dodicenne, sono stati colpiti a morte e più di 248 sono rimasti feriti dalle forze israeliane a Gaza.

Ashraf al-Qedra, portavoce del ministero della Salute di Gaza, ha affermato che venerdì il ragazzino è stato colpito alla testa ed ucciso a est di Jabalia, nel nord della Striscia di Gaza.

L’agenzia di notizie AFP ha informato che una fonte medica lo ha identificato come Shadi Abdel-Al.

Era solito andare ogni venerdì alle marce come migliaia di altre persone. Questo venerdì il suo destino era di morire come un martire,” ha detto il padre del ragazzino, Abdel-Aziz Abdel-Al, all’agenzia di notizie Reuter.

Un altro palestinese, il ventottenne Hashem Hassan, ha detto di aver visto Abdel-Al colpito a 70 metri dalla barriera [tra la Striscia di Gaza e Israele, ndtr.]: “Ha tirato qualche pietra, che è volata solo a qualche metro di distanza. Non rappresentava nessun pericolo.”

Il ministero ha detto che anche due ventunenni, Hani Afana e Mohammed Shaqqura, sono stati uccisi in due diversi incidenti nei pressi di Khan Yunis e di Al-Bureij.

Una fonte della sicurezza di Gaza ha affermato che un carro armato israeliano ha colpito anche un posto di vedetta di Hamas a est di Gaza City.

Da quando il 30 marzo sono iniziate le proteste settimanali della “Grande Marcia del Ritorno”, 177 palestinesi sono stati uccisi dai soldati israeliani.

L’esercito israeliano ha detto che circa 12.000 manifestanti si sono riuniti nelle proteste del venerdì. Più di 248 persone sarebbero state ferite. Sei dei feriti sarebbero in condizioni critiche.

Un giornalista presente sul posto ha affermato che le truppe israeliane hanno pesantemente sparato contro i manifestanti e che c’era molto fumo nero dei lacrimogeni.

La campagna di protesta chiede la fine del blocco israeliano contro Gaza durato 11 anni e il diritto al ritorno dei rifugiati palestinesi alle terre da cui le loro famiglie fuggirono durante la fondazione dello Stato di Israele.

Israele mantiene un durissimo blocco della Striscia di Gaza, che secondo chi lo critica rappresenta una punizione collettiva contro i due milioni di abitanti dell’impoverita Striscia.

La strategia di Israele contro i manifestanti ha suscitato la condanna internazionale.

Ma Washington ha appoggiato il suo alleato accusando Hamas di organizzare la mobilitazione di massa, un’affermazione smentita dal gruppo e dagli organizzatori delle proteste.

L’ONU e i mediatori egiziani hanno cercato di raggiungere un accordo per rendere tranquilla [la situazione a] Gaza, in cui nell’ultimo decennio Israele ha condotto tre guerre. I tentativi di mediazione sono stati complicati dalla rivalità di Hamas con il presidente palestinese Mahmoud Abbas, che ha ridotto i finanziamenti a Gaza.

(traduzione di Amedeo Rossi)

 




Rapporto OCHA del periodo 28 agosto – 10 settembre 2018( due settimane)

Lungo la recinzione israeliana che circonda Gaza, le manifestazioni e gli scontri del venerdì sono continuati, provocando, ad opera delle forze israeliane, la morte di tre palestinesi, tra cui due minori, e il ferimento di altri 666.

Durante le manifestazioni che si sono svolte il 7 settembre, ad est di Rafah, in due occasioni, le forze israeliane hanno colpito con armi da fuoco due ragazzi di 16 anni che si trovavano in prossimità della recinzione, uccidendo uno di loro e ferendo gravemente l’altro; per le ferite riportate, anche quest’ultimo è deceduto il giorno successivo. Dalle prime indagini e riprese video pare che nessuno dei ragazzi fosse armato o minacciasse la vita delle forze israeliane. Dal 30 marzo 2018, sono stati uccisi dalle forze israeliane 31 minori, in prevalenza nel corso di manifestazioni. Tra le persone ferite durante il periodo di riferimento, 260 sono state ricoverate in ospedale, 172 di esse erano state colpite con armi da fuoco; le rimanenti persone ferite sono state assistite sul campo. Non sono state segnalate vittime israeliane.

Altri 50 palestinesi sono stati feriti dalle forze israeliane durante due tentativi attuati da decine di imbarcazioni salpate da Gaza con l’intento di forzare il blocco navale israeliano. Le partenze, che si sono svolte il 2 e il 10 settembre, facevano parte delle dimostrazioni della Grande Marcia del Ritorno. Le barche sono state fermate dalla marina israeliana che ha aperto il fuoco verso di esse ed ha lanciato lacrimogeni.

Sempre il 7 settembre, alle stessa ora delle dimostrazioni del venerdì, a nord di Gaza, l’aviazione israeliana ha sparato contro un gruppo di palestinesi e contro una postazione di osservazione militare, senza provocare vittime. Il primo attacco era diretto contro persone che cercavano di lanciare palloncini incendiari verso Israele; il secondo, secondo fonti israeliane, era in risposta all’incendio di una torretta militare israeliana mediante un aquilone incendiario.

Per costringere [i palestinesi] al rispetto delle restrizioni di accesso alle Aree Riservate, sia di terra [la fascia interna alla recinzione] che di mare [lungo la costa di Gaza] imposte da Israele, sono stati registrati almeno 15 episodi in cui le forze israeliane hanno aperto il fuoco, costringendo agricoltori e pescatori a lasciare le aree. Inoltre, secondo fonti palestinesi, cinque pescatori sono stati costretti a togliersi i vestiti e a nuotare verso le imbarcazioni militari israeliane, dove sono stati arrestati, mentre la loro imbarcazione veniva sequestrata. Inoltre, in un caso, le forze israeliane sono entrate nella Striscia di Gaza ed hanno effettuato operazioni di spianatura del terreno e di scavo vicino al recinto perimetrale, a est della città di Gaza. In tre diversi episodi, le forze israeliane hanno arrestato nove persone, tra cui due minori, che erano vicine alla recinzione perimetrale; quattro di loro sono poi state rilasciate.

Il 3 settembre, nell’area H2 di Hebron, controllata dagli israeliani, le forze israeliane hanno sparato e ucciso un palestinese di 36 anni: a quanto riferito, avrebbe tentato di pugnalare un soldato israeliano; non sono stati segnalati israeliani feriti. L’episodio è avvenuto all’ingresso del complesso colonico di Giv’at Ha’Avot. Il corpo del presunto aggressore è stato trattenuto dalle Autorità israeliane, insieme ai corpi di almeno altri quindici palestinesi uccisi in circostanze simili nei mesi precedenti.

In Cisgiordania, in diversi episodi, 130 palestinesi (tra cui 37 minori) sono stati feriti dalle forze israeliane. Dei 130 ferimenti, 32 (di cui 8 di minori) sono avvenuti durante scontri con forze israeliane conseguenti all’ingresso di israeliani in luoghi religiosi che si trovano all’interno di città palestinesi. Altri 27 feriti sono stati registrati durante due manifestazioni nel governatorato di Ramallah: a Bil’in, durante la consueta protesta settimanale contro la Barriera e l’espansione degli insediamenti; a Ras Karkar, contro la costruzione, su proprietà privata palestinese, di una nuova strada destinata ai coloni. Inoltre, nella zona H2 della città di Hebron, le forze israeliane hanno aggredito fisicamente e ferito quattro insegnanti ed hanno sparato lacrimogeni nel cortile di un complesso scolastico, ferendo 20 minori; per più di 300 studenti le lezioni sono state sospese per il resto della giornata. Secondo fonti israeliane, l’accaduto ha fatto seguito al lancio di pietre, provenienti dal complesso scolastico, contro forze israeliane di pattuglia vicino alla scuola. Altri 19 palestinesi sono stati feriti durante scontri seguiti a sette operazioni di ricerca; complessivamente, le forze israeliane hanno condotto 140 operazioni di ricerca-arresto ed hanno arrestato 205 palestinesi, tra cui dodici minori.

In Zona C e Gerusalemme Est, citando la mancanza dei permessi edilizi israeliani, le autorità israeliane hanno demolito o sequestrato 25 strutture di proprietà palestinese, provocando lo sfollamento di 47 persone, tra cui 23 minori, e colpendo i mezzi di sostentamento di altre 108 persone. Diciassette delle strutture prese di mira erano nell’Area C: i due episodi più rilevanti sono stati registrati nella Comunità beduina di Deir al Qilt (Gerico), situata in un’area designata [da Israele] come “zona per esercitazioni a fuoco”, e nel villaggio di Barta’a ash Sharqiya (Jenin), una città separata dal resto della Cisgiordania dalla Barriera. Le altre otto strutture erano a Gerusalemme Est, cinque delle quali in un’area del villaggio di Al Walaja situata all’interno del comune di Gerusalemme, ma separate dal resto della Città dalla Barriera. Due dei casi di demolizione segnalati, tra cui quello di Al Walaja, hanno provocato scontri con forze israeliane: venti palestinesi sono stati feriti.

Il 5 settembre, l’Alta Corte di Giustizia Israeliana ha respinto tutte le petizioni relative alla sua sentenza del 24 maggio [vedere bollettino 223], che autorizzava la demolizione dell’intera Comunità beduina palestinese di Khan al Ahmar-Abu al-Helu, situata nell’Area C del governatorato di Gerusalemme. Una precedente ordinanza, contraria alle demolizioni, è scaduta il 12 settembre, lasciando la Comunità, che ospita 35 famiglie comprendenti 188 persone, più della metà delle quali minori, a rischio demolizione di massa e trasferimento forzato. Le Nazioni Unite avevano in precedenza chiesto alle Autorità israeliane di rinunciare ai piani di demolizione e di trasferimento della Comunità, in quanto tali provvedimenti sarebbero stati in contrasto con le norme del Diritto internazionale.

Il 4 agosto, nella parte settentrionale della Valle del Giordano, per consentire addestramenti militari israeliani, in due distinti episodi, le forze israeliane hanno spostato, per 17 ore, cinque famiglie palestinesi di due Comunità di pastori. Entrambe le Comunità si trovano in aree designate come “zone per esercitazioni a fuoco”. Insieme alle demolizioni ed alle restrizioni di accesso, questa pratica contribuisce ad accrescere la pressione su queste Comunità, esponendone i residenti ad un elevato rischio di trasferimento forzato.

Undici attacchi da parte di coloni ed altri israeliani hanno provocato sei feriti e danni a proprietà palestinesi. Il 1° settembre, vicino all’incrocio di Yitzhar (Nablus), coloni israeliani hanno lanciato pietre contro veicoli palestinesi, ferendo quattro palestinesi, tra cui un bambino di cinque anni. In due distinti episodi accaduti nella zona H2 della città di Hebron, coloni israeliani hanno aggredito con spray al peperoncino e ferito un ragazzo palestinese 15enne che tornava a casa da scuola ed hanno anche danneggiato, con lancio di pietre, un’ambulanza in servizio. A Gerusalemme Est un palestinese autista di autobus è stato aggredito fisicamente e ferito da un gruppo di israeliani. Secondo quanto riportato, circa 90 ulivi, di proprietà palestinese, sono stati vandalizzati da parte di coloni israeliani in quattro diversi episodi avvenuti in At Tuwani (Hebron), Al Lubban ash Sharqiya e Burin (entrambi a Nablus). In altri quattro diversi episodi verificatisi ad Asira al Qibliya, Al Lubban ash Sharqiya, Madama e Beita (tutti a Nablus), coloni israeliani hanno vandalizzato veicoli e case palestinesi, anche con scritte “Questo è il prezzo”. La violenza dei coloni è in aumento dall’inizio del 2018, con una media settimanale di cinque attacchi risultanti in ferimenti o danni a proprietà, rispetto ad una media di tre nel 2017 e di due nel 2016.

In Cisgiordania, secondo fonti israeliane, in almeno quattordici occasioni, palestinesi hanno lanciato pietre contro veicoli israeliani vicino a Hebron, Betlemme e Ramallah, danneggiando almeno quattordici veicoli privati; in tre di questi episodi, vicino a Ramallah e Betlemme, tre coloni israeliani sono rimasti feriti.

In Cisgiordania, durante il periodo di riferimento, in occasione delle festività ebraiche di Capodanno, le Autorità israeliane hanno imposto una chiusura generale di quattro giorni. A tutti i detentori di documenti di identificazione della Cisgiordania, inclusi lavoratori e commercianti con permessi validi, è stato impedito di entrare a Gerusalemme Est e Israele attraverso tutti i checkpoint; hanno fatto eccezione i casi di emergenza medica, gli studenti e gli impiegati palestinesi di ONG internazionali e di Agenzie delle Nazioni Unite.

Il 5 settembre, e fino al termine del periodo di riferimento di questo Rapporto, le Autorità israeliane hanno chiuso il valico di Erez con la Striscia di Gaza, facendo transitare solo casi di emergenza per due giorni. Secondo quanto riferito, la chiusura è stata imposta per riparare i danni alle infrastrutture causati dai palestinesi durante le manifestazioni del venerdì e, a seguire, per le festività ebraiche.

Il valico di Rafah tra Gaza e l’Egitto, sotto controllo egiziano, ha aperto in entrambe le direzioni per sette giorni e per altri cinque giorni in una sola direzione (verso Gaza). Hanno potuto entrare in Gaza 6.307 persone (inclusi 3.229 pellegrini di ritorno dalla Mecca) e ne sono uscite 2.695.

nota 1:

I Rapporti ONU OCHAoPt vengono pubblicati ogni due settimane in lingua inglese, araba ed ebraica; contengono informa-zioni, corredate di dati statistici e grafici, sugli eventi che riguardano la protezione dei civili nei territori palestinesi occupati.

sono scaricabili dal sito Web di OCHAoPt, alla pagina: https://www.ochaopt.org/reports/protection-of-civilians

L’Associazione per la pace – gruppo di Rivoli, traduce in italiano (vedi di seguito) l’edizione inglese dei Rapporti.

la versione in italiano è scaricabile dal sito Web della Associazione per la pace – gruppo di Rivoli, alla pagina:

https://sites.google.com/site/assopacerivoli/materiali/rapporti-onu/rapporti-settimanali-integrali

nota 2: Nella versione italiana non sono riprodotti i dati statistici ed i grafici. Le scritte [in corsivo tra parentesi quadre]

sono talvolta aggiunte dai traduttori per meglio esplicitare situazioni e contesti che gli estensori dei Rapporti

a volte sottintendono, considerandoli già noti ai lettori abituali.

nota 3: In caso di discrepanze (tra il testo dei Report e la traduzione italiana), fa testo il Report originale in lingua inglese.

Associazione per la pace – Via S. Allende, 5 – 10098 Rivoli TO; e-mail: assopacerivoli@yahoo.it

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Rapporto OCHA del periodo 14 – 27 agosto (due settimane)

Nei pressi della recinzione israeliana che circonda Gaza, sono continuate, per la ventiduesima settimana consecutiva, le dimostrazioni e gli scontri del venerdì, provocando la morte di due palestinesi e il ferimento di altri 733.

Nelle aree di Rafah e Deir al Balah, durante le manifestazioni che si sono svolte il 17 agosto, le forze israeliane hanno sparato ed hanno ucciso due uomini di 27 e 28 anni. 325 dei [733] feriti sono stati ricoverati in ospedale; 141 di loro erano stati colpiti con armi da fuoco; i rimanenti feriti sono stati curati sul posto. Non sono state segnalate vittime fra gli israeliani. Il 21 agosto, per la prima volta dall’inizio delle manifestazioni, l’Avvocatura Militare Generale israeliana ha annunciato l’apertura di indagini penali sull’uccisione, avvenuta nei mesi precedenti, di due manifestanti palestinesi.

Secondo fonti israeliane, il 20 agosto un palestinese ha forzato la recinzione perimetrale di Gaza ed è entrato in Israele, ha aperto il fuoco contro una pattuglia israeliana e, successivamente, è stato colpito e ucciso dalle forze israeliane. L’uomo era un dipendente di una ONG internazionale che forniva assistenza medica a Gaza, ma, al momento dell’accaduto, non era in servizio. Nessuna informazione utile a chiarire le circostanze della sua morte è stata condivisa con la ONG.

Sono stati registrati almeno 15 casi in cui forze israeliane, per far rispettare le restrizioni di accesso alle Aree Riservate [stabilite da Israele] su zone [di Gaza] di terra e di mare, hanno aperto il fuoco in direzione dei palestinesi ivi presenti, ferendo due di essi, tra cui un minore, e costringendo agricoltori e pescatori ad allontanarsi. Secondo fonti palestinesi, in due diversi episodi, sei pescatori sono stati costretti a togliersi i vestiti e a nuotare verso le imbarcazioni militari israeliane, dove sono stati arrestati; le loro tre barche e le reti da pesca sono state sequestrate. Il 15 agosto, Israele ha esteso l’accessibilità alle zone di pesca, a seconda dell’area, a 6 e 9 miglia nautiche dalla costa (il 16 luglio erano state ridotte a 3 miglia). Le restrizioni all’accesso al mare continuano a influenzare il sostentamento di oltre 50.000 palestinesi, per i quali l’attività della pesca costituisce la principale fonte di reddito. Inoltre, in due occasioni, vicino al recinto perimetrale, ad est di Gaza e di Khan-Younis, le forze israeliane sono entrate in Gaza ed hanno effettuato operazioni di spianatura del terreno e di scavo.

Il 15 agosto, Israele ha revocato le severe restrizioni, imposte il 9 luglio, di ingresso e uscita delle merci attraverso il valico di Kerem Shalom, al confine con Gaza; inoltre ha portato da 3 a 6-9 miglia nautiche dalla costa la zona di pesca consentita [vedi paragrafo precedente]. Le restrizioni erano state adottate in risposta al lancio di aquiloni e palloncini incendiari che da Gaza avevano provocato estesi danni alle proprietà israeliane.

Il 27 agosto, l’Alta Corte di Giustizia israeliana ha stabilito che le Autorità israeliane non potranno più negare ai parenti dei membri di Hamas i permessi di uscita dalla Striscia di Gaza per ricevere cure mediche in Cisgiordania. La sentenza ha fatto seguito ad una petizione congiunta presentata da organizzazioni per i diritti umani, sia palestinesi che israeliane.

Il 27 agosto, le autorità israeliane hanno revocato le restrizioni (emanate il 19 agosto) che limitavano l’uscita dei palestinesi attraverso il valico di Erez solo ai casi di urgenza medica. Al momento, il valico è transitabile solo da un numero limitato di persone che possono beneficiare del permesso di uscita: ammalati, uomini d’affari, dipendenti di organizzazioni internazionali; mentre alla maggior parte della popolazione non è consentita l’uscita.

In Cisgiordania, nel corso di numerosi scontri, 29 palestinesi, tra cui cinque minori, sono stati feriti dalle forze israeliane. Gli scontri avvenuti a Kafr Qaddum (Qalqiliya), durante la dimostrazione settimanale contro le restrizioni di accesso, hanno registrato Il maggior numero di feriti, seguiti dagli scontri presso l’area di Bab az Zawiyah nella città di Hebron. Complessivamente, le forze israeliane hanno condotto 114 operazioni di ricerca-arresto, tre delle quali hanno provocato scontri ed il ferimento di sette palestinesi. La maggior parte dei ferimenti (22) sono stati causati da proiettili gommati, seguiti da quelli dovuti ad inalazione di gas lacrimogeno necessitanti cure mediche (5) e da aggressioni fisiche (3).

Il 17 agosto, a Gerusalemme Est, le forze israeliane hanno sparato ad un cittadino israeliano palestinese di 30 anni, uccidendolo: a quanto riferito, aveva tentato di accoltellare un poliziotto israeliano. L’episodio è avvenuto nella Città Vecchia, presso uno degli ingressi del Complesso Haram ash Sharif / Monte del Tempio; non sono stati segnalati ferimenti di israeliani. Il corpo dell’uomo è trattenuto dalle autorità israeliane, insieme ai corpi di almeno altri quindici palestinesi uccisi in circostanze simili nei mesi precedenti.

Il 28 agosto, nel villaggio di Kobar (Ramallah) in zona B, le autorità israeliane hanno demolito una casa per motivi “punitivi”, sfollando una famiglia di sei persone. La casa apparteneva alla famiglia del 17enne palestinese che, il 26 luglio 2018, nell’insediamento di Adam (governatorato di Gerusalemme), uccise un colono israeliano e venne, a sua volta, ucciso da un altro colono. Il 26 agosto, le Autorità israeliane hanno emesso un ordine di demolizione punitiva contro due piani di un edificio situato nel Campo profughi di Al Amaari (Ramallah). Si tratta dell’abitazione della famiglia di un palestinese accusato di aver ucciso un soldato israeliano durante un’operazione di ricerca-arresto svolta nel maggio 2018. Dall’inizio del 2018, sono state demolite, per ragioni “punitive”, quattro abitazioni; erano state nove in tutto il 2017 e 29 nel 2016.

In Area C e Gerusalemme Est, per mancanza di permessi di costruzione israeliani, le autorità israeliane hanno demolito o sequestrato tre strutture di proprietà palestinese, colpendo i mezzi di sostentamento di 34 persone. Una delle strutture sequestrate ad Al Khader (Betlemme) è una unità di stoccaggio agricolo fornita come assistenza umanitaria in risposta a una precedente demolizione. Nella Comunità di Zanuta (Hebron) è stato emesso [dalle autorità israeliane] un ordine di demolizione contro una scuola in costruzione; era destinata a sostituirne un’altra, utilizzata da 40 bambini, sequestrata in aprile 2018.

Inoltre, in Zona B, vicino alla città di Ya’bad (Jenin), citando norme ambientali israeliane, le Autorità israeliane hanno demolito due strutture in una fabbrica di carbone, ed hanno distrutto oltre dieci tonnellate di legna, colpendo i mezzi di sostentamento di due famiglie. Dal 2016, questo è il terzo episodio di questo genere nella zona.

Il 13 agosto, nella zona di Massafer Yatta, nel sud di Hebron, le Autorità israeliane hanno sequestrato un veicolo 4×4 utilizzato per una clinica mobile, costringendo i residenti a percorrere distanze maggiori per accedere ai servizi di assistenza sanitaria di base. I motivi del sequestro rimangono poco chiari. Il veicolo, utilizzato per il trasporto del personale e delle attrezzature della clinica, era stato fornito da una ONG internazionale. L’area di Massafer Yatta è destinata [da Israele] all’addestramento militare e designata come “zona per esercitazioni a fuoco”: i 1.300 residenti rischiano il trasferimento forzato.

Dodici aggressioni da parte di coloni israeliani hanno provocato il ferimento di sei palestinesi ed estesi danni a proprietà palestinesi. In due distinti episodi, verificatisi il 19 e il 23 agosto, agli incroci di Za’tara e Yitzhar (Nablus), coloni israeliani hanno lanciato pietre contro veicoli palestinesi: feriti cinque palestinesi, tra cui un ragazzo di 16 anni, e danneggiate oltre 50 auto. Le aggressioni sono avvenute all’indomani di un incidente stradale, avvenuto nella stessa zona, tra veicoli palestinesi e israeliani, durante il quale era morto un israeliano. Nella città di Hebron, nella zona controllata dagli israeliani, coloni israeliani hanno aggredito fisicamente e ferito una donna palestinese sorda di 50 anni. In quattro diversi episodi accaduti a Ras Karkar (Ramallah), Al Lubban ash Sharqiya e As Sawiya (entrambi a Nablus) e Sheikh Jarrah (Gerusalemme Est), circa 160 olivi di proprietà palestinese sono stati vandalizzati, secondo quanto riferito, da coloni israeliani. In altri quattro episodi, ad Aqraba e “Asira al Qibliya (entrambi a Nablus), Sinjil (Ramallah) e Al ‘Isawiya (Gerusalemme Est), coloni israeliani hanno forato le gomme di 44 veicoli palestinesi, hanno spruzzato sui muri di una casa palestinese scritte tipo “questo è il prezzo” ed hanno danneggiato un pozzo d’acqua. Inoltre, nell’area Massafer Yatta, quattro attivisti israeliani che, con la loro presenza, garantivano protezione ai palestinesi, sono stati aggrediti fisicamente e feriti da coloni israeliani. Dall’inizio del 2018, la violenza dei coloni è in aumento, con una media settimanale di 5 attacchi che causano feriti o danni. La media era di tre nel 2017 e di due nel 2016.

Secondo resoconti di media israeliani, sono stati segnalati almeno cinque episodi di lancio di pietre da parte di palestinesi contro veicoli israeliani, con conseguenti danni a cinque veicoli privati, vicino a Betlemme, Gerusalemme e Ramallah.

Il valico di Rafah tra Gaza e l’Egitto, sotto controllo egiziano, ha aperto in entrambe le direzioni per sei giorni, e in una sola direzione per altri due giorni. Un totale di 2.896 persone (inclusi 112 pellegrini di ritorno dalla Mecca) hanno potuto entrare a Gaza; 1.832 ne sono uscite (inclusi 438 pellegrini). Dal 12 maggio 2018, il valico è stato aperto quasi continuativamente.

nota 1:

I Rapporti ONU OCHAoPt vengono pubblicati ogni due settimane in lingua inglese, araba ed ebraica; contengono informa-zioni, corredate di dati statistici e grafici, sugli eventi che riguardano la protezione dei civili nei territori palestinesi occupati.

sono scaricabili dal sito Web di OCHAoPt, alla pagina: https://www.ochaopt.org/reports/protection-of-civilians

L’Associazione per la pace – gruppo di Rivoli, traduce in italiano (vedi di seguito) l’edizione inglese dei Rapporti.

la versione in italiano è scaricabile dal sito Web della Associazione per la pace – gruppo di Rivoli, alla pagina:

https://sites.google.com/site/assopacerivoli/materiali/rapporti-onu/rapporti-settimanali-integrali

nota 2: Nella versione italiana non sono riprodotti i dati statistici ed i grafici. Le scritte [in corsivo tra parentesi quadre]

sono talvolta aggiunte dai traduttori per meglio esplicitare situazioni e contesti che gli estensori dei Rapporti

a volte sottintendono, considerandoli già noti ai lettori abituali.

nota 3: In caso di discrepanze (tra il testo dei Report e la traduzione italiana), fa testo il Report originale in lingua inglese.

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Associazione per la pace – Via S. Allende, 5 – 10098 Rivoli TO; e-mail: assopacerivoli@yahoo.it




Due morti durante le proteste palestinesi a Gaza, mentre continuano i colloqui tra Hamas e Israele

Redazione di MEE

17 agosto 2018, Middle East Eye

Le proteste del venerdì avvengono insieme a notizie di ‘significativi progressi’ dei negoziati promossi dall’Egitto tra Hamas e Israele.

Per il ventunesimo venerdì consecutive migliaia di palestinesi di Gaza stanno manifestando, mentre il mistero circonda i dettagli della prosecuzione dei negoziati tra Israele ed Hamas sull’enclave assediata

Pare che le forze israeliane abbiano sparato ed ucciso due palestinesi – uno, a est del campo di rifugiati di al-Bureij, identificato come il trentenne Karim Abu Fatayir, e l’altro, a est di Rafah, identificato come il ventiseienne Saadi Akram Muammar, secondo il ministero della Salute di Gaza.

Un inviato di Middle East Eye a Gaza ha informato che le forze israeliane hanno sparato proiettili veri e gas lacrimogeni contro i manifestanti riuniti nella “zona di sicurezza” nei pressi della barriera che separa Gaza da Israele.

Il ministero della Salute di Gaza ha dato notizia che alle 19 ora locale almeno 241 palestinesi sono stati feriti, tra cui almeno 40 da proiettili veri e 18 minorenni. L’inviato di MEE ha visto parecchi palestinesi, tra cui minori, curati da medici sul campo.

I dimostranti ancora una volta hanno bruciato copertoni nel tentativo di impedire la visuale ai cecchini israeliani.

Nel contempo i media israeliani hanno informato che nel sud di Israele è scoppiato un incendio, provocato da un pallone aerostatico incendiario lanciato dai manifestanti di Gaza.

Il portavoce di Hamas Abd al-Latif al-Qanuaa venerdì ha detto: “La ‘Grande Marcia del Ritorno’ ha smentito i calcoli dell’occupante e l’ha obbligato a prendere in considerazione le richieste (della marcia).”

(Le proteste) continueranno finché raggiungeremo tutti i nostri obiettivi. I sacrifici del nostro popolo non saranno inutili, e si tradurranno in conquiste nazionali.”

Dal 30 marzo la Marcia ha portato migliaia di palestinesi a protestare nei pressi della barriera di separazione tra Gaza e Israele, in una mobilitazione pubblica con un sostegno senza precedenti per denunciare il blocco di undici anni del piccolo territorio palestinese e chiedere l’applicazione del diritto al ritorno per i rifugiati palestinesi.

Durante gli ultimi quattro mesi e mezzo le forze israeliane hanno ucciso a Gaza almeno 169 palestinesi – la maggior parte dei quali manifestanti. Nello stesso periodo un soldato israeliano è stato ucciso da un cecchino palestinese.

Mentre inizialmente, nei primi mesi della marcia, le proteste hanno avuto luogo giornalmente, durante l’estate i dimostranti hanno manifestato soprattutto i venerdì.

Nelle scorse settimane attacchi aerei israeliani e [il lancio di] razzi palestinesi hanno fatto temere che la situazione potesse degenerare in una guerra totale.

Per settimane ci sono state crescenti congetture su un possibile accordo tra Israele ed Hamas propiziate dall’Egitto.

Venerdì una fonte ufficiale di Hamas ha detto a Middle East Eye che l’accordo includerebbe l’apertura di tutti i valichi tra Israele e la Striscia di Gaza, così come la garanzia di un corridoio marittimo con Cipro – in cambio della fine di ogni tipo di attacco dal territorio palestinese. Tuttavia il contenuto dell’accordo non è stato confermato ufficialmente e il processo rimane avvolto nel mistero. Si prevede che la tregua e le sue condizioni vengano resi noti la prossima settimana.

Venerdì il giornale [israeliano] “Israel Today” ha insinuato che quanto avvenuto durante le proteste più tardi durante il giorno sarebbe stato un test della tregua.

Se ci sarà calma nei prossimi giorni, i colloqui continueranno e si riuscirà a discutere di qualcosa di più serio, che risolverà i principali problemi a Gaza, che sono l’elettricità, l’acqua e anche gli stipendi,” ha scritto il giornale.

Mentre si prevede che un accordo con la mediazione dell’Egitto dovrebbe ridurre le tensioni immediate tra Israele ed Hamas, esso ha anche provocato rabbia da parte dell’Autorità Nazionale Palestinese (ANP) in Cisgiordania, che crede di essere stata deliberatamente esclusa come parte di un più complessivo piano di dividere i palestinesi.

(traduzione di Amedeo Rossi)




Rapporto OCHA del periodo 31 luglio – 13 agosto 2018 (due settimane)

Nella Striscia di Gaza e nel sud di Israele una nuova ondata di ostilità ha provocato l’uccisione di cinque palestinesi, tra cui una donna incinta e sua figlia di 18 mesi; altri 50 palestinesi e 28 israeliani sono rimasti feriti.

L’8 agosto, due membri dell’ala armata di Hamas sono stati uccisi dal fuoco dei carri armati israeliani. A partire da quella sera e fino al 9 agosto, gruppi armati palestinesi hanno lanciato circa 180 razzi ed hanno sparato con mortai contro le comunità israeliane che circondano Gaza; alcuni razzi hanno colpito aree abitate, causando il ferimento di israeliani e danni a diversi edifici, tra cui un asilo nella città di Sderot. L’aviazione israeliana ha effettuato numerosi attacchi aerei su Gaza, lanciando oltre 110 missili, uno dei quali, a Deir al Balah, ha ucciso la donna palestinese e sua figlia [vedere ad inizio paragrafo]; inoltre sono state danneggiate sei strutture idriche che rifornivano oltre 30.000 persone, dozzine di case e diversi veicoli. Successivamente, il 9 agosto, una fazione palestinese ha lanciato un razzo a medio raggio verso la città israeliana di Beersheba, senza provocare feriti o danni. In risposta, Israele ha completamente distrutto, nel centro della città di Gaza, un edificio di cinque piani che ospitava un centro culturale; secondo l’esercito israeliano, la struttura era utilizzata anche dalla sicurezza interna di Hamas. Questi due ultimi attacchi sono stati i primi del loro genere dalle ostilità del 2014. La sera del 9 agosto è stato raggiunto un cessate il fuoco informale.

A Gaza, nell’ambito della “Grande Marcia del Ritorno”, sono continuate le dimostrazioni e gli scontri del venerdì: quattro palestinesi sono stati uccisi dalle forze israeliane; tra essi un operatore di primo soccorso e un minore. Oltre 580 i feriti. Altri tre palestinesi sono morti per le ferite riportate nelle precedenti proteste. L’operatore [di cui sopra] è stato ucciso durante una dimostrazione del 10 agosto: è il terzo operatore sanitario ucciso in servizio in simili circostanze. Circa il 60% dei feriti (338 di 580) sono stati ricoverati in ospedale; tra loro, 165 colpiti con armi da fuoco. Non sono state segnalate vittime israeliane. L’11 agosto, nel contesto delle proteste, un raduno di 40 battelli ha tentato di rompere il blocco navale: sono stati fermati dalla marina israeliana che ha aperto il fuoco verso le barche ferendo un palestinese.

Il 2 agosto, le autorità israeliane hanno ripristinato il divieto di ingresso di carburante nella Striscia di Gaza, portando i servizi essenziali sull’orlo del collasso; il 12 agosto è ripresa l’importazione di carburante d’emergenza. Secondo quanto riferito, il divieto era stato adottato in risposta alla prosecuzione del lancio di aquiloni e palloncini incendiari verso Israele. In una dichiarazione rilasciata l’8 agosto, il Coordinatore Umanitario ha invitato le autorità israeliane a consentire immediatamente l’ingresso del combustibile di emergenza acquistato dall’ONU per assicurare il funzionamento dei principali ospedali e dei servizi essenziali: acqua potabile, trattamento reflui e servizi igienici. Già dal 9 luglio, Israele aveva rafforzato il blocco su Gaza, vietando l’ingresso di una gamma di materiali, inclusi materiali da costruzione, mobili, legno, elettronica e tessuti, oltre a proibire l’uscita di ogni tipo di merce.

Dopo il cessate il fuoco del 9 agosto, è stata segnalata una significativa riduzione di lanci di aquiloni e palloncini incendiari da Gaza verso Israele. Secondo le autorità israeliane, dalla fine di aprile sono stati registrati 1.364 incendi che, pur non provocando vittime israeliane, hanno bruciato coltivazioni e riserve naturali.

Dal 5 agosto, un nuovo accordo ha permesso l’importazione di gas da cucina dall’Egitto verso Gaza, attraverso la Porta di Salah ad Din [in Rafah]. Questo accordo compensa la possibile penuria di tale gas, determinata dalle restrizioni israeliane. Durante il periodo di riferimento [31 luglio – 13 agosto], sono entrate in Gaza circa 830 tonnellate di gas.

Nella Striscia di Gaza, in Aree ad Accesso Riservato (ARA) di terra e di mare, in almeno 17 casi non riferibili alle manifestazioni di massa, le forze israeliane hanno aperto il fuoco, causando il ferimento di tre palestinesi e costringendo agricoltori e pescatori a lasciare l’area. In un caso, le forze navali israeliane hanno intercettato un peschereccio e detenuto per un breve periodo cinque pescatori, tra cui un minore. Dal 16 luglio, Israele ha ridotto la zona di pesca accessibile ai palestinesi da 6 a 3 miglia nautiche dalla costa, riducendo ulteriormente i proventi della pesca.

In Cisgiordania, in più scontri con le forze israeliane, sono stati feriti 55 palestinesi, tra cui nove minori. Diciassette palestinesi sono rimasti feriti negli scontri con le forze israeliane che, nella città di Nablus, stavano scortando un gruppo di coloni israeliani in visita ad un sito religioso. Altri tre feriti sono stati registrati presso il villaggio di Bardala, nella parte settentrionale della Valle del Giordano, nel corso di una protesta palestinese contro la scarsità d’acqua per uso agricolo nella zona. Complessivamente, le forze israeliane hanno condotto 100 operazioni di ricerca-arresto, tre delle quali hanno provocato scontri: feriti nove palestinesi e tre soldati.

Il 9 agosto, nella città di Al Eizariya (Governatorato di Gerusalemme), durante scontri seguiti ad un’operazione di polizia, un palestinese è stato ucciso dalle forze dell’Autorità Palestinese (PA). Ulteriori scontri tra palestinesi e Forze di polizia (senza feriti) sono stati registrati l’11 agosto, nel Campo profughi di Balata (Nablus), durante le proteste seguite alla morte, avvenuta in un carcere dell’Autorità Palestinese, di un residente del Campo.

In Area C e in Gerusalemme Est, per mancanza di permessi di costruzione, sono state demolite o sequestrate 13 strutture palestinesi, provocando lo sfollamento di 12 palestinesi. Otto di queste strutture, incluse sei abitazioni, si trovavano in Gerusalemme Est, nei quartieri di Sur Bahir, Jabal al Mukkaber, Shu’fat e Beit Hanina. Nel Campo di Al Aroub (Hebron), in un’area compresa in zona C, le autorità israeliane hanno demolito diverse tombe costruite senza permesso (qui contate come un’unica struttura).

Nel Complesso colonico di Beit al Barakeh, vicino al Campo di Al Aroub (Hebron), coloni israeliani hanno demolito due strutture residenziali sfollando una famiglia di quattro rifugiati palestinesi che vivevano nel complesso da 45 anni. La demolizione è avvenuta nonostante l’ingiunzione di un Tribunale israeliano che impediva lo sfratto della famiglia. Nel 2012 un’organizzazione di coloni aveva acquisito segretamente da una organizzazione cristiana svedese la terra e gli edifici di questo complesso e nel 2015 l’area fu annessa al Consiglio Regionale dell’insediamento [colonico] di Gush Etzion.

Il 6 agosto, nella Valle del Giordano settentrionale, per consentire esercitazioni militari, le forze israeliane hanno sfollato, per sette giorni, quattro famiglie palestinesi della Comunità di pastori di Khirbet Yarza. La comunità si trova in un’area designata come “zona per esercitazioni a fuoco”. Insieme alle demolizioni ed alle restrizioni di accesso, questa pratica accresce la pressione sulla Comunità, ponendola ad elevato rischio di trasferimento forzato.

Per effetto dei procedimenti in corso presso l’Alta Corte di Giustizia israeliana, la demolizione della comunità palestinese beduina di Khan al Ahmar-Abu al Helu è ancora sospesa. In una presentazione alla Corte, le autorità israeliane hanno confermato il loro proposito di demolire le strutture della Comunità e spostare i residenti. Si impegnano comunque a [individuare e] proporre un sito di trasferimento alternativo vicino a Gerico a condizione che i residenti accettino di trasferirsi, pacificamente, nel sito temporaneo attualmente indicato dalle autorità israeliane (Jabal Ovest). Poiché tale sito si trova vicino a un impianto di depurazione, l’avvocato della Comunità ha chiesto alla Corte di accogliere, prima di emettere la sentenza, una valutazione dei rischi ambientali e sanitari del sito in questione.

Il 2 agosto, nel villaggio di Ein Yabrud (Ramallah), coloni israeliani hanno vandalizzato dieci veicoli di proprietà palestinese, spruzzando su uno dei veicoli la scritta: “Questo è il prezzo”. I residenti della Comunità di Ein al Hilwe, nella Valle del Giordano settentrionale, hanno riferito che sono stati rubati due pannelli solari che fornivano elettricità alla Comunità, attribuendone la responsabilità ai residenti del vicino insediamento colonico di Maskyiot. Inoltre, sono stati segnalati ulteriori episodi di intimidazioni e molestie da parte di coloni israeliani, senza danni alle proprietà.

In Cisgiordania, secondo fonti israeliane, vicino a Hebron, Betlemme e Ramallah, in almeno sei occasioni, palestinesi hanno lanciato pietre contro veicoli israeliani causando danni a tre veicoli privati; a Ramallah, in uno di questi episodi, è stato ferito un colono israeliano.

Durante il periodo di riferimento, il valico di Rafah (tra Gaza e l’Egitto, sotto controllo egiziano) è stato aperto per sette giorni in entrambe le direzioni e per altri cinque giorni in una sola direzione; ciò ha consentito l’uscita dei pellegrini per svolgere l’Hajj [il quinto dei pilastri dell’Islam: il pellegrinaggio alla Mecca, da compiere nell’ultimo mese dell’anno islamico]. 1.934 persone sono state autorizzate ad entrare in Gaza e 5.492 ne sono uscite (compresi 3.216 pellegrini). Dal 12 maggio 2018, il valico è stato aperto quasi continuativamente.

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Ultimi sviluppi (fuori dal periodo di riferimento)

Il 15 agosto, Israele ha revocato le restrizioni imposte il 9 luglio al valico di Kerem Shalom, al confine con Gaza; ha inoltre portato da 3 a 6-9 miglia nautiche dalla costa (variabile a seconda dell’area) la zona di pesca consentita.

nota 1:

I Rapporti ONU OCHAoPt vengono pubblicati ogni due settimane in lingua inglese, araba ed ebraica; contengono informa-zioni, corredate di dati statistici e grafici, sugli eventi che riguardano la protezione dei civili nei territori palestinesi occupati.

sono scaricabili dal sito Web di OCHAoPt, alla pagina: https://www.ochaopt.org/reports/protection-of-civilians

L’Associazione per la pace – gruppo di Rivoli, traduce in italiano (vedi di seguito) l’edizione inglese dei Rapporti.

la versione in italiano è scaricabile dal sito Web della Associazione per la pace – gruppo di Rivoli, alla pagina:

https://sites.google.com/site/assopacerivoli/materiali/rapporti-onu/rapporti-settimanali-integrali

nota 2: Nella versione italiana non sono riprodotti i dati statistici ed i grafici. Le scritte [in corsivo tra parentesi quadre]

sono talvolta aggiunte dai traduttori per meglio esplicitare situazioni e contesti che gli estensori dei Rapporti

a volte sottintendono, considerandoli già noti ai lettori abituali.

nota 3: In caso di discrepanze (tra il testo dei Report e la traduzione italiana), fa testo il Report originale in lingua inglese.

Associazione per la pace – Via S. Allende, 5 – 10098 Rivoli TO; e-mail: assopacerivoli@yahoo.it




Rapporto OCHA del periodo 17 -30 luglio 2018 (due settimane)

Lungo la recinzione israeliana che circonda Gaza, le proteste e gli scontri del venerdì si sono ripetuti: quattro palestinesi, tra cui due minori, sono stati uccisi ed altri 763 sono stati feriti.

Altri tre palestinesi sono morti per le ferite riportate durante le dimostrazioni delle settimane precedenti. I due minori (11 e 16 anni) sono stati colpiti con armi da fuoco dalle forze israeliane durante manifestazioni tenute il 27 luglio nelle zone di Rafah e Khan Younis: il primo è morto immediatamente, mentre il secondo è stato ferito in modo grave ed è morto il giorno seguente. Gli altri due morti (due uomini) sono stati colpiti con armi da fuoco a Gaza ed a Khan Younis, durante le manifestazioni del 20 e 27 luglio. Quasi la metà dei feriti sono stati ricoverati in ospedale; 217 di loro erano stati colpiti con armi da fuoco.

Con questi ultimi eventi, salgono a 26, a partire dal 30 marzo 2018, i minori palestinesi uccisi a Gaza dalle forze israeliane. Di questi, 21 sono stati uccisi durante manifestazioni e 5 in altre circostanze. Inoltre, durante lo stesso arco di tempo, sono stati feriti e ricoverati in ospedale 1.487 palestinesi e due minori israeliani. In una dichiarazione rilasciata il 1° agosto, alti funzionari delle Nazioni Unite hanno espresso preoccupazione per la violazione dei diritti dei minori e hanno invitato Israele, l’Autorità palestinese e le Autorità di Hamas a Gaza a rispettare i diritti dei minori e ad astenersi dalla loro strumentalizzazione.

Nei pressi della recinzione perimetrale di Gaza, in vari altri episodi, sono stati uccisi sette membri dell’ala armata di Hamas e un soldato israeliano. Il 19 luglio, a est di Rafah, le forze israeliane hanno sparato diversi di colpi di cannone, uccidendo un componente dell’ala armata di Hamas, e ferendone altri tre. Il giorno dopo, ad est di Khan Younis, nel corso di una delle dimostrazioni, un palestinese ha colpito e ucciso un soldato israeliano: è il primo ucciso, dalle ostilità del 2014. Dopo questo fatto, l’esercito israeliano ha lanciato su Gaza massicci raid aerei e bombardamenti, uccidendo tre membri dell’ala armata di Hamas e ferendo 28 persone, tra cui 8 minori. I palestinesi hanno lanciato contro Israele tre razzi, senza causare feriti o danni. Nelle prime ore del 21 luglio, è stato raggiunto un precario cessate il fuoco mediato dall’Egitto e dalle Nazioni Unite. Ciò nonostante, il 25 luglio, i palestinesi hanno sparato e ferito un soldato israeliano che pattugliava la recinzione, e carri armati israeliani hanno bombardato postazioni militari a Gaza, uccidendo altri tre membri dell’ala armata di Hamas e ferendo un minore.

Dopo il cessate il fuoco è stato segnalata un significativa riduzione nel lancio di aquiloni e palloncini incendiari da Gaza verso Israele; tuttavia, a partire dal 26 luglio la loro frequenza è nuovamente aumentata. Secondo le autorità israeliane, dalla fine di aprile, sono stati registrati circa 1.200 incendi, che hanno bruciato più di 3.000 ettari di terra coltivata e di riserve naturali. In tali circostanze non sono state segnalate vittime israeliane.

A Gaza, nelle Aree ad Accesso Riservato (ARA) di terra e di mare, in almeno 21 casi, non contestuali alle manifestazioni di massa, le forze israeliane hanno aperto il fuoco. Quattro palestinesi, tra cui un pescatore e due minori, sono rimasti feriti. In quattro occasioni, le forze israeliane sono entrate a Gaza ed hanno effettuato operazioni di spianatura del terreno e di scavo vicino alla recinzione perimetrale.

Il 24 luglio, le autorità israeliane hanno revocato il divieto di ingresso di carburante e gas da cucina nella Striscia di Gaza, imposto il 16 luglio. È rimasto in vigore il divieto di importazione a Gaza di una serie di prodotti, inclusi materiali da costruzione, mobili, legno, elettronica e tessuti, nonché il divieto generalizzato di esportazione. Le restrizioni sarebbero state imposte in risposta al lancio di aquiloni e palloncini incendiari. Secondo la Federazione Palestinese delle Industrie, da quando sono state imposte le restrizioni all’importazione, oltre 4.000 lavoratori dell’edilizia sono stati temporaneamente licenziati, principalmente a causa della carenza di materiali da costruzione.

Il 23 luglio, per mancanza di carburante, la Centrale Elettrica di Gaza (GPP) è stata costretta a fermarsi del tutto: rispetto alle 19 ore precedenti, le interruzioni di corrente sono aumentate fino a una media di 20 ore al giorno. Questa situazione è causata dalla mancanza di fondi per l’acquisto di carburante dall’Egitto. Il 26 luglio, la Centrale ha ripreso, in parte, le operazioni.

Durante il periodo di riferimento, il valico di Rafah, a controllo

egiziano, è rimasto aperto cinque giorni/settimana in entrambe le direzioni, ad eccezione di un giorno. 2.934 persone sono entrate a Gaza e 2.552 ne sono uscite. Dal 12 maggio 2018, il valico è stato aperto quasi continuativamente.

In Cisgiordania, durante numerosi scontri con forze israeliane, un minore palestinese è stato ucciso e 57 palestinesi, tra cui 21 minori, sono rimasti feriti. Il 23 luglio, nel Campo profughi di Ad Duheisha (Betlemme), durante un’operazione di ricerca-arresto, le forze israeliane hanno sparato, uccidendo un quindicenne. Dall’inizio dell’anno, sale a sei il numero di minori palestinesi uccisi dalle forze israeliane in Cisgiordania. I rimanenti ferimenti sono stati registrati durante altre operazioni di ricerca-arresto, tra cui quella svolta nel villaggio di Kobar (Ramallah, vedi sotto), le dimostrazioni settimanali di Kafr Qaddum e gli scontri al Complesso di Al Haram ash Sharif / Monte del Tempio (vedi sotto).

Il 26 luglio, nell’insediamento colonico di Adam (governatorato di Gerusalemme), un 17enne palestinese ha accoltellato e ucciso un colono israeliano e ne ha feriti altri due; è stato successivamente ucciso da un altro colono. Il suo corpo è ancora trattenuto dalle autorità israeliane. I soldati israeliani hanno fatto irruzione nel villaggio di Kobar, dove viveva l’autore dell’aggressione; ne sono seguiti scontri, durante i quali 17 palestinesi, tra cui nove minori, sono rimasti feriti. Le forze israeliane hanno anche fatto rilievi della casa di famiglia del giovane, in vista della sua demolizione punitiva.

Nella Città Vecchia di Gerusalemme, all’interno e intorno al Complesso di Al Haram ash Sharif / Monte del Tempio, le tensioni sono aumentate in seguito all’ingresso di numerosi gruppi di israeliani. Il 22 luglio, nel Complesso sono entrati circa 1.000 israeliani accompagnati da forze israeliane; successivamente, nella Città Vecchia, alcuni di loro hanno danneggiato proprietà palestinesi, inclusi almeno tre negozi. Il venerdì successivo, nella stessa area, sono scoppiati scontri tra palestinesi e forze israeliane; queste ultime hanno chiuso tutti i cancelli del Complesso ed hanno fatto irruzione nelle due Moschee per allontanarne i palestinesi. In questa circostanza 10 palestinesi sono rimasti feriti e 26 sono stati arrestati; più tardi, nello stesso giorno, è stato ripristinato il regolare accesso al Complesso.

Quattordici attacchi di coloni israeliani hanno provocato il ferimento di sei palestinesi e danni a 760 alberi, 6 abitazioni, 3 negozi, 11 veicoli e il furto di 2 tende fornite come assistenza umanitaria. La metà degli episodi sono avvenuti nella Cisgiordania settentrionale, e quattro di essi hanno causato incendi dolosi di una casa e di alberi nei villaggi di Qusra, Jalud e Asira al Qibliya (in Nablus) e in Immatin (Qalqiliya). Tre degli attacchi sono stati effettuati nella zona H2 della città di Hebron: si è trattato di aggressioni fisiche contro un anziano, una coppia e un minore. Altri due attacchi sono stati registrati nei villaggi di Beitillu e Al Mughayyir (Ramallah), il primo dei quali contro un anziano che si trovava sulla propria terra. Gli ultimi due attacchi sono stati registrati nel governatorato di Gerusalemme, dove tre negozi sono stati vandalizzati da coloni israeliani appena usciti dal complesso di Al Haram ash Sharif / Monte del Tempio (vedi sopra), mentre, vicino all’insediamento colonico di Adam, un uomo è rimasto ferito da pietre lanciate contro il proprio veicolo.

Vicino al villaggio di Al Mughayyir (Ramallah), palestinesi hanno lanciato pietre contro un veicolo, ferendo un colono israeliano. In Cisgiordania, almeno altri 9 veicoli israeliani sono stati danneggiati in episodi simili.

In Area C e Gerusalemme Est, citando la mancanza di permessi edilizi rilasciati da Israele, le autorità israeliane hanno demolito 15 strutture palestinesi, sfollando 14 palestinesi, tra cui sette minori, e colpendone altri 333. Una delle strutture prese di mira era una roulotte finanziata da donatori per la Comunità beduina di Jabal Al Baba (Gerusalemme). Era utilizzata per gestire l’Asilo ed il Centro per le donne; talvolta veniva usata anche come ambulatorio mobile. Una casa, insieme ad altre tre strutture, è stata demolita nella città di Gerico (in una zona compresa in Area C); mentre un ricovero per animali è stato demolito in un’area nel sud di Hebron (Massafer Yatta) designata [da Israele] come “zona per esercitazioni a fuoco”. Le restanti demolizioni, inclusa una effettuata dai proprietari, si sono avute a Gerusalemme Est.

Ancora a Gerusalemme Est, nell’area di Beit Hanina, in seguito ad una sentenza della Corte Suprema Israeliana, due case sono state autodemolite dai proprietari palestinesi; la sentenza è stata favorevole ai coloni israeliani che rivendicavano la proprietà del terreno su cui erano state costruite le abitazioni. Di conseguenza, 19 persone, tra cui otto minori, sono state sfollate. Indipendentemente dal caso di sfratto deciso dalla Corte, le case avevano ordini pendenti di demolizione per mancanza di permessi di costruzione. Negli ultimi decenni, organizzazioni di coloni israeliani, sostenuti dalle autorità israeliane, hanno preso il controllo di proprietà interne ai quartieri palestinesi di Gerusalemme Est: circa 180 famiglie palestinesi stanno attualmente affrontando, presso i tribunali israeliani, cause di sfratto intentate da coloni.

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Ultimi sviluppi (fuori dal periodo di riferimento)

Il 2 agosto, le autorità israeliane hanno ripristinato il divieto di ingresso di carburante e gas da cucina nella Striscia di Gaza.

nota 1:

I Rapporti ONU OCHAoPt vengono pubblicati ogni due settimane in lingua inglese, araba ed ebraica; contengono informa-zioni, corredate di dati statistici e grafici, sugli eventi che riguardano la protezione dei civili nei territori palestinesi occupati.

sono scaricabili dal sito Web di OCHAoPt, alla pagina: https://www.ochaopt.org/reports/protection-of-civilians

L’Associazione per la pace – gruppo di Rivoli, traduce in italiano (vedi di seguito) l’edizione inglese dei Rapporti.

la versione in italiano è scaricabile dal sito Web della Associazione per la pace – gruppo di Rivoli, alla pagina:

https://sites.google.com/site/assopacerivoli/materiali/rapporti-onu/rapporti-settimanali-integrali

nota 2: Nella versione italiana non sono riprodotti i dati statistici ed i grafici. Le scritte [in corsivo tra parentesi quadre]

sono talvolta aggiunte dai traduttori per meglio esplicitare situazioni e contesti che gli estensori dei Rapporti

a volte sottintendono, considerandoli già noti ai lettori abituali.

nota 3: In caso di discrepanze (tra il testo dei Report e la traduzione italiana), fa testo il Report originale in lingua inglese.

Associazione per la pace – Via S. Allende, 5 – 10098 Rivoli TO; e-mail: assopacerivoli@yahoo.it




Vi racconto la giornata dei martiri bambini. Reportage da Gaza est

Patrizia Cecconi

28 luglio 2018, Pressenza

Sono le 3 del pomeriggio. Il sole anche oggi brucia la pelle e fa stringere gli occhi. Qui a Malaqa a quest’ora siamo ancora pochissimi e nessuno è vicino alla rete. Si sentono tre, quattro, cinque colpi secchi. Vengono dalla parte israeliana. Ma non c’è ancora nessuno, che fanno i killer? Scaldano i fucili?

Roger, il ragazzo che mi accompagna, uno degli skater più bravi di Gaza e, quando può, anche studente di italiano, mi dice che oggi sarà una giornata molto rischiosa anche se ci saranno molti bambini perché il tema della Grande marcia oggi è l’omaggio ai martiri bambini che Israele ha ucciso in questi mesi. Tutti i venerdì mi dicono che è molto pericoloso e lo so. Staremo attenti. Come sempre del resto. Oggi non vorrei rilasciare interviste ma farne. Comincio proprio con Roger chiedendogli “Ma tu perché sei qui?” la sua risposta è precisa, formata da tre frasi “Per condividere con gli altri il mio desiderio di libertà” poi gira la testa verso il confine e aggiunge “la mia libertà è oltre la rete, dove c’è la nostra terra che abbiamo il diritto di recuperare”. Bene, in tre frasi ha citato la risoluzione Onu 194 e la necessità di rompere l’assedio, praticamente gli obiettivi per cui è nata la grande marcia del ritorno.

Intanto i cecchini seguitano a sparare. L’orecchio ormai è abituato e sa distinguere il rumore dei colpi sparati dalle jeep da quello dei fucili degli snipers. Forse veramente si stanno allenando al tirassegno perché non c’è motivo di sparare, le migliaia di persone arriveranno dopo.

A fine giornata si conteranno lungo tutto il confine due morti e circa 160 feriti. I martiri sono Ghazi Abu Mustafa, un uomo di 43 anni che camminava sulle stampelle, perché già ferito in precedenza da questi soldati, e che voleva avvicinarsi alla recinzione. Sua moglie, un’infermiera che partecipava alla marcia occupandosi dei feriti lo aveva dissuaso, ma deve essere stato un boccone molto ghiotto per il killer con la divisa dello Stato ebraico che lo ha mirato alla testa. Succedeva più a sud, al border di Khan Younis e la notizia è arrivata tramite gli altoparlanti proprio mentre a Malaqa un cecchino colpiva un ragazzo a pochi metri dalla rete e i soccorsi correvano verso di lui caricandolo in ambulanza. Poi, più tardi, arrivava la notizia del secondo martire, quasi un bambino, al border di Rafah, Madj Ramzi Al Sarri, quattordici anni. I cecchini hanno sparato alla testa anche a lui.

I cecchini israeliani possono farlo, nessuno li accuserà per questo. Insieme al bambino e all’uomo uccisi vengono scarnificati piano piano i principi base della moderna democrazia, ma il mondo sembra non accorgersene e seguita a tenere regolari rapporti con questo Stato di Israele, ormai per sua propria legge Stato Ebraico, quindi etnico-religioso, rendendo impunito ogni crimine che oltre a massacrare il popolo palestinese ferisce, portando gradualmente al suo annichilimento, il Diritto internazionale.

A Malaqa è andata meglio che a al sud. Si pensava a un morto ma era “solo” gravemente ferito. I colpi secchi hanno accompagnato l’intero pomeriggio, intervallati da quelli più gonfi e più sordi sparati dalle jeep e provocando diversi feriti, sia per proiettili vivi che per inspirazione di tear gaz. I copertoni bruciati, il cui fumo nero e tossico ha sollecitato l’attenzione ecologista di alcuni sionisti nostrani, hanno salvato anche oggi parecchie vite, ma le ambulanze hanno fatto comunque molti viaggi.
Le ambulanze! Sì, una delle cose impressionanti di questa Grande marcia è il numero delle ambulanze. Un numero altissimo perché è dato per scontato che ci saranno ogni volta centinaia di feriti. Lo sanno le organizzazioni internazionali e sovranazionali, lo sanno e ne conoscono l’essenza criminale ma sono impotenti. O conniventi.

A Malaqa i tear gaz, oggi, sono arrivati da terra e dal cielo ed hanno colpito anche il personale di un’ambulanza. La scena sembrava da film: l’ambulanza corre nel budello sterrato che dal confine porta alla strada principale, è il percorso normale. Ma si ferma e si buttano fuori, sdraiandosi a terra, gli operatori sanitari. Stanno male, hanno inspirato il gas tossico dei lacrimogeni israeliani. Arrivano le barelle di altre ambulanze che caricano i più gravi e partono al volo verso l’ospedale. Intanto in cielo si sono levati gli aquiloni. Alcuni hanno la fiammella in fondo alla coda. I ragazzi che ne manovrano il filo li lasceranno al vento quando saranno sulla rete dell’assedio. Da quel momento andranno liberi e porteranno il loro messaggio attraverso quella fiammella. Forse bruceranno qualche stoppia e gli agricoltori chiederanno il rimborso alle assicurazioni dichiarando danni esagerati. Ormai le compagnie assicuratrici hanno scoperto il gioco, ma a Netanyahu è più utile far credere che siano stati gli aquiloni a bruciare ettari di campi. Se così fosse Gaza avrebbe un’arma semplice e imbattibile e forse Israele sarebbe costretto, finalmente, a rispettare la legalità internazionale come mandano a dire proprio quegli aquiloni che vorrebbero tornare ad essere solo un gioco.

Ma qui di voci straniere che rinforzino il messaggio degli aquiloni non ce ne sono, solo oggi finalmente ho visto un altro internazionale, rispondeva ai giornalisti palestinesi. Stampa e Tv era in grande abbondanza oggi. Ma tutta informazione interna. Per l’estero è routine e quindi non ci sono inviati. Quelli che ne parlano – a parte pochissime eccezioni – le notizie le ricevono normalmente dall’IDF e non corrono rischi di carriera nel trasmetterle in quella versione.

Oggi non voglio rilasciare interviste ma farne e mi dirigo verso un gruppo di donne. In realtà sono stata catturata dall’attenzione che loro mi hanno rivolto e vogliono farmi delle domande. In fondo è normale, gli stranieri sono una rarità. Faremo delle interviste incrociate. Una delle donne porta il niqab ed ha una gruccia alla quale si appoggia per camminare. E’ stata ferita due settimane fa ma appena ha potuto è tornata alla Great march. Si chiama Samia, Samia Jaber e non ha problemi a darmi il suo nome intero. Suo marito è stato imprigionato dagli israeliani per 12 anni. Ha 7 figli e il più grande, 13 anni, partecipa regolarmente alla marcia. Tutte le donne del gruppo mi danno il loro nome e mi raccontano qualcosa della loro storia. Etaf, Ilaf, Tagreed, Nabila, Ridah, Nashreeem, tutte sono passate per l’ospedale in uno di questi 18 venerdì, ma tutte stanno qui. Sono “hard” le donne di Gaza! Tutte vogliono foto ricordo, le facciamo. Mi chiedono di portare la loro voce in Italia. Ecco, lo sto facendo, anche se la mia non è una voce molto alta. Mi dicono di mettere anche il loro nome, non hanno problemi ad essere pubblicate, vogliono solo che si sappia cosa significa vivere a Gaza e cosa significa chiedere la pace e avere come risposta l’esercito pronto a uccidere. Tra loro c’è una donna più avanti negli anni, una donna molto magra, con un viso ossuto e volitivo. Porta un cappello con la visiera parasole sopra l’ijiab e parla, parla ininterrottamente e non lascia quasi il tempo a Roger di tradurre. E’ Etaf e tutte la rispettano riconoscendola come “l’organizzatrice del caucciù”, un vero boss che coordina l’arrivo e la distribuzione dei copertoni che ormai possono essere chiamati salvavita dato che disorientano la mira dei cecchini. Chiedo loro quale futuro prevedono per la grande marcia. Le risposte sono comuni, “la grande marcia non si può fermare”, ok, ma questo non è il futuro. Mi rispondono ancora che non si fermeranno allora devo cambiare domanda, chiedo se sono affiliate a qualche fazione politica e ridono. Una di loro risponde che la politica che le interessa è il recupero della libertà dall’assedio. Le altre annuiscono. In un’altra intervista una giovane donna, quella che in realtà mi avvicina per intervistarmi ma, appunto, è una giornata di interviste incrociate, mi dice che lei è di Giaffa. Avrà al massimo 35 anni e quindi non è possibile sia nata a Giaffa, ormai israeliana fin dal 1948. Ma la marcia del ritorno è per il rispetto della Risoluzione 194, quella che appunto riconosce il diritto a tornare nelle case da cui sono stati cacciati i palestinesi nel “48, e la sua famiglia è stata cacciata da Giaffa. Quella è la sua origine. Mi presenta le sue amiche, due giornaliste e una docente universitaria. Il loro inglese non è migliore del mio ma ci si intende. Dove l’inglese arranca usano l’arabo e Roger traduce. Faccio anche a loro la stessa domanda che faccio a tutti: cosa vi aspettate dal futuro della grande marcia. Tutte e tutti mi sembra abbiano chiaro che con la grande marcia, sul breve periodo, non otterranno nulla. Eppure, e qui c’è un’altra prova della straordinarietà di questo popolo, eppure si fa. Si fa perché ci sono dei principi irrinunciabili. Si fa perché farla sedimenta il diritto a far riconoscere i propri diritti.

“Si fa perché i figli non abbiano da vergognarsi dei genitori” mi dice Tagreed. Si fa perché a Gaza non si può vivere così,” i nostri giovani vogliono scappare. Viviamo di sussidi. I nostri giovani hanno un livello di istruzione generalmente molto alto ma sono disoccupati perché l’economia di Gaza è morta.” Vogliamo la libertà, come aveva detto Etaf, “la boss del caucciù” con aria definitoria “o libertà o morte” e Ridah aveva aggiunto “raggiungeremo una delle due”.

Intanto i cecchini sparano, le ambulanze corrono, i gas si infittiscono. Ci avviciniamo un po’ al border, restando sempre a non meno di cento metri. I ragazzini sono tanti, onorano i loro coetanei caduti ma in realtà per loro è quasi un gioco. Roger scruta sempre il cielo e a un certo punto dice che dobbiamo allontanarci e tornare nella zona delle tende. Mi dice una cosa incomprensibile sia in arabo, e questo è abbastanza normale, che in inglese. Ho imparato, in questi tanti venerdì passati al border, a dare ascolto ai miei accompagnatori, tutti nel ruolo affettuoso di bodyguard. Ho fatto bene e l’unico danno riportato è stata qualche leggera inalazione di gas. Non riesco a capire cosa mi dice indicando il cielo, credo voglia mostrarmi un aquilone e invece ora lo vedo, è un puntino lontano, sembra un ragno, è un drone che si sta avvicinando. I droni possono portare la morte e comunque qui porteranno i gas lanciati dal cielo che si sommeranno a quelli delle jeep. Ora lo vedono anche gli altri. Tutti provano a capire dove si dirige per allontanarsi. Riesco a prendere qualche foto mentre lancia i gas. Torniamo alle tende.

Sotto il grande tendone delle conferenze i bambini hanno le foto dei loro coetanei uccisi appese ai palloncini che lasceranno volare. Non portano fiammelle, non sono pericolosi. Portano una condanna morale ma i soldati dell’IDF “rispettano gli ordini” e quindi non si sentono condannabili, non conoscono né scrupolo, né rimorso. Sono la perfetta rappresentazione di cui Hanna Arendt ha dato magistrale spiegazione ne “La banalità del male”. Comunque i palloncini volano con i loro ritratti appesi andando verso il cielo.

Sul palco si alternano bambini e adulti e infine un bambino di una decina d’anni considerato un enfant prodige per la sua voce canterà. Lo avevo conosciuto in un’altra occasione, si chiama Mohammad e canta una canzone ritmata e coinvolgente. Chiedo a Roger cosa significhino alcune strofe che sembrano coinvolgere più di altre. “Al Gazaw alh soet” mi scrive sul mio blocco. Mi dice che la traduzione non rende e mi aggiunge un’altra frase. Nell’insieme il significato sembra essere più o meno questo: “Alziamo le nostre voci, i gazawi non hanno paura, solleviamo le nostre voci, non abbiamo paura di Israele”. Già, questo è il clima che in tutti questi venerdì ho respirato lungo il border. A Rafah o a Khuza’a o ad Abu Safia o a Malaqa o ad Al Bureji il clima sostanzialmente è stato questo. Le parole iniziali di Roger alla mia domanda “perché stai qui” completano la canzone del bambino sul palco: “per condividere col popolo il mio sogno di libertà”.

Ancora due morti uccisi per pura crudeltà ancora tanti feriti, ma la marcia continua. Sotto una sola bandiera: quella palestinese. Perché, come canta il piccolo Mohammed, i gazawi non hanno paura.




Israele colpisce a morte un giovane palestinese a Gaza durante le proteste di venerdì

Redazione di MEE

venerdì 27 luglio 2018Middle East Eye

Il ministero della Salute di Gaza afferma che durante le proteste di venerdì ci sono state due vittime, tra cui un ragazzino di 14 anni

Due palestinesi, tra cui un ragazzino di 14 anni, sono stati uccisi durante una protesta per commemorare i minorenni uccisi durante mesi di manifestazioni nella Striscia di Gaza.

Il ministero della Salute di Gaza ha confermato le due vittime e ha detto che il quarantatreenne Ghazi Abu Mustafa è stato colpito direttamente alla testa da cecchini israeliani a est di Khan Younis.

Ha aggiunto che 85 persone sono rimaste ferrite durante le proteste di venerdì, cinque delle quali in modo grave.

Venerdì sono stati feriti anche tre paramedici e quattro donne.

Queste ennesime vittime si sono avute mentre i palestinesi della Striscia di Gaza continuavano le proteste contro l’occupazione israeliana come parte della “Grande Marcia del Ritorno”.

I palestinesi a Gaza hanno approfittato della protesta del venerdì di questa settimana per ricordare i minori uccisi da Israele dall’inizio delle proteste. Piccole bare sono state portate da ragazzini per ricordare i palestinesi uccisi e sono state intonate preghiere funebri in ricordo.

Durante le proteste sono state anche portate immagini del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e del presidente USA Donald Trump con la scritta “assassino”.

Abdullah al-Qaoud, 15 anni, si è rivolto ai manifestanti di oggi a Gaza prima che Israele iniziasse a sparare sui manifestanti.

Oggi porto la piccola bara di Iman Hijo, il martire dell’Intifada. Forse il mio feretro sarà portato durante future marce del ritorno, ma la nostra lotta continuerà e le nostre richieste non cambieranno,” ha detto Qaoud.

Ognuno di loro ha una storia che l’Occidente e il mondo arabo conoscono attraverso le informazioni dei loro mezzi di comunicazione.”

Portiamo queste bare oggi come messaggio al mondo. La politica di uccisione deliberata di minori e la violazione dei loro diritti devono finire.”

La Grande Marcia del Ritorno è stata organizzata dai palestinesi di Gaza per chiedere il diritto al ritorno e la fine dell’assedio contro Gaza e dell’occupazione israeliana.

(traduzione di Amedeo Rossi)





Attacchi aerei israeliani mortali colpiscono duramente l’enclave di Gaza

MEE e agenzie

sabato 14 luglio 2018, Middle East Eye

Almeno due adolescenti uccisi, molti palestinesi feriti in quello che il leader israeliano Netanyahu chiama “il colpo più duro” dal 2014

Fonti mediche ufficiali a Gaza affermano che attacchi aerei israeliani hanno ucciso due adolescenti e ferito almeno altri 14 palestinesi nella Striscia di Gaza assediata, in quella che l’esercito israeliano ha descritto come una delle sue più vaste operazioni dal 2014.

Sabato sera il primo ministro Benjamin Netanyahu ha detto che Israele ha inflitto il suo “colpo più duro” ad Hamas dalla guerra del 2014 con una serie di attacchi aerei ed ha minacciato di intensificarli, se necessario.

I due morti palestinesi sono stati identificati dal portavoce del ministero della Salute di Gaza Ashraf al-Qidra come Amir al-Nimra, 15 anni, e Luay Kahil, 16 anni, entrambi colpiti da bombe degli attacchi aerei nel quartiere Katiba di Gaza City.

Al-Qidra ha aggiunto che ambulanze e strutture del ministero della Salute sono state pesantemente danneggiate dagli attacchi aerei a Katiba.

Fonti locali hanno detto a Middle East Eye che un edificio in costruzione su piazza Katiba è stato preso di mira da almeno 4 missili di aerei da combattimento F-16.

Mentre l’edificio era disabitato, la piazza centrale di Gaza City è uno spazio pubblico in cui notoriamente si riuniscono famiglie e bambini.

Stavo guidando il mio taxi sulla strada principale nei pressi dell’edificio (Katiba), quando improvvisamente potenti missili l’hanno colpito,” ha detto a MEE Iyad Hamed da un ospedale in cui è stato curato dopo l’attacco. “La bomba è scoppiata in mezzo a noi, abitanti e passanti nella zona.”

Chiediamo alla resistenza palestinese di rispondere duramente a questa arroganza e barbarie di Israele per porre fine a queste violazioni,” ha aggiunto Hamed.

Sabato mattina Israele ha detto di aver lanciato attacchi aerei che hanno preso di mira strutture di Hamas a Gaza, il giorno dopo che forze israeliane hanno sparato e ucciso due palestinesi che manifestavano nei pressi della barriera che separa l’enclave da Israele.

Più tardi in una dichiarazione in video Netanyahu ha detto: ”Durante una consultazione con il ministro della Difesa, il capo di stato maggiore (militare) e il comando di massima sicurezza dello Stato di Israele abbiamo deciso una dura azione contro il terrorismo di Hamas.”

(L’esercito) ha inferto ad Hamas il colpo più duro dall’operazione “Margine protettivo” e se necessario aumenteremo la forza dei nostri attacchi,” ha aggiunto, in riferimento all’operazione di Israele nella Striscia di Gaza del 2014.

In un comunicato postato su twitter l’esercito israeliano ha affermato che aerei da combattimento israeliani hanno colpito due “tunnel terroristici di Hamas” – uno nel sud di Gaza e l’altro a nord – così come altre infrastrutture lungo il territorio costiero.

Ha affermato che gli obiettivi hanno incluso “complessi utilizzati per preparare attacchi terroristici incendiari e una struttura di addestramento terroristico di Hamas”, e che gli attacchi sono stati effettuati “in risposta ad atti di terrorismo istigati durante le violente proteste che hanno avuto luogo lungo la barriera di sicurezza.”

L’esercito israeliano ha affermato di aver colpito più di 40 obiettivi all’interno di parecchi complessi, in quello che ha descritto come una delle più vaste operazioni dalla devastante guerra del 2014.

Secondo testimonianze a Gaza, gli attacchi aerei di sabato mattina hanno danneggiato infrastrutture militari di Hamas, mentre non sono state diffuse informazioni simili sugli attacchi avvenuti sabato sera.

L’esercito israeliano ha detto che combattenti di Gaza hanno sparato più di cinquanta colpi di mortaio e razzi verso Israele, facendo suonare le sirene di allarme e fuggire gli israeliani nei rifugi. Haaretz [giornale israeliano, ndtr.] ha informato che 16 razzi sono stati intercettati dal sistema di difesa missilistica Iron Dome.

Un portavoce della polizia israeliana ha affermato che tre israeliani sono stati portati in ospedale in seguito agli attacchi. Haaretz ha informato che quattro israeliani sono stati leggermente feriti dopo che un razzo sparato da Gaza ha colpito la loro casa nella città meridionale di Sderot.

Il portavoce di Hamas Fawzi Barhoum ha rivendicato la responsabilità per i colpi di mortaio di sabato mattina contro Israele, aggiungendo che sono stati lanciati “in risposta agli attacchi aerei israeliani.”

La protezione e la difesa del nostro popolo sono un dovere nazionale e una scelta strategica,” ha sostenuto Barhoum.

Un portavoce di Hamas ha detto ad Haaretz che “l’escalation e l’intensificazione dell’aggressione israeliana non definiranno una nuova agenda,” aggiungendo che non “bloccheranno il processo di ritorno. Le forze della resistenza non permetteranno ad Israele di continuare ad attaccare il popolo palestinese, e saremo pronti a rispondere.”

Una fonte ufficiale palestinese, che ha parlato in incognito con l’agenzia di notizie [inglese] Reuter, ha affermato che l’Egitto ed altri attori internazionali erano in contatto con Israele e Gaza per cercare di ripristinare la calma. Non ci sono stati commenti immediati da fonti ufficiali al Cairo.

All’inizio della settimana Israele ha chiuso Kerem Shalom, l’unico valico commerciale della Striscia di Gaza, inasprendo l’assedio dell’enclave palestinese, mentre il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha minacciato “passi ulteriori”.

Le autorità israeliane hanno incolpato Hamas della “Grande Marcia del Ritorno”, un’accusa che gli organizzatori della campagna hanno respinto, ed ha accusato il partito che governa Gaza di essere dietro gli aquiloni incendiari diretti al di là della barriera di sicurezza che hanno appiccato incendi in Israele.

I palestinesi di Gaza hanno partecipato alla “Grande Marcia del Ritorno” dal 30 marzo, chiedendo la fine del blocco di undici anni imposto da Israele contro Gaza e il diritto al ritorno dei rifugiati palestinesi alle terre che le loro famiglie hanno abbandonato durante la fondazione dello Stato di Israele nel 1948.

Secondo il ministero della Salute di Gaza, da quando allora sono scoppiati proteste e scontri lungo la barriera, almeno 139 palestinesi sono stati uccisi dal fuoco israeliano.

Nessun israeliano è stato ucciso. Comunque l’esercito israeliano afferma che venerdì un soldato è stato ferito da una granata.

Nel contempo il ministero della Salute di Gaza sostiene che 220 palestinesi sono rimasti feriti nelle proteste di venerdì nei pressi della barriera di Gaza, oltre a Othman Rami Hales, 15 anni, e a Mohammed Nasser Shurrab, 20 anni, che sono stati colpiti a morte.

Informazioni aggiuntive a Gaza di Mohammed Asad.

(traduzione di Amedeo Rossi)