Sionismo contro Sionismo: Ben-Gvir e l’accelerazione del crollo di Israele
Ramzy Baroud
3 settembre 2024-Middle East Monitor
Il 26 agosto il ministro della sicurezza nazionale israeliano Itamar Ben-Gvir ha giurato di costruire una sinagoga all’interno del Nobile Santuario di Al-Aqsa, il luogo sacro musulmano noto come Al-Haram Al-Sharif. Come rappresentante della potente tendenza del sionismo religioso di Israele nel governo e nella società in generale, Ben-Gvir è stato sincero riguardo ai suoi progetti nella Gerusalemme Est occupata e nel resto della Palestina. Ha sostenuto una guerra di religione, chiedendo la pulizia etnica dei palestinesi, la morte per fame o l’esecuzione dei prigionieri palestinesi e l’annessione della Cisgiordania.
Nella sua veste di ministro nel governo altrettanto estremista di Benjamin Netanyahu, Ben-Gvir ha lavorato duramente per tradurre il suo linguaggio in azione. Ha fatto irruzione ripetutamente nella moschea di Al-Aqsa e ha implementato le sue politiche di affamare i detenuti palestinesi, arrivando persino a difendere lo stupro nei campi di detenzione militari israeliani e a chiamare i soldati accusati di un crimine così atroce “i nostri migliori eroi”.
Inoltre i suoi sostenitori hanno compiuto centinaia di aggressioni e decine di pogrom contro le comunità palestinesi in Cisgiordania. Secondo il Ministero della Salute palestinese almeno 670 palestinesi sono stati uccisi nella Cisgiordania occupata dall’inizio della guerra di Gaza lo scorso ottobre. Un gran numero di persone uccise e ferite sono state vittime di coloni ebrei illegali.
Tuttavia non tutti gli israeliani nelle istituzioni politiche e di sicurezza sono d’accordo con il comportamento e le tattiche di Ben-Gvir. Ad esempio, il 22 agosto, il capo dello Shin Bet israeliano, Ronen Bar, ha messo in guardia contro i danni causati a Israele dalle azioni di Ben-Gvir a Gerusalemme Est.
“Il danno allo Stato di Israele, soprattutto ora… è indescrivibile: delegittimazione globale, anche tra i nostri più grandi alleati”, ha scritto Bar in una lettera a diversi ministri israeliani.
La sua lettera può sembrare strana. Lo Shin Bet è stato determinante nell’uccisione di numerosi palestinesi in nome della sicurezza israeliana. Bar stesso è un forte sostenitore degli insediamenti coloniali illegali, tanto aggressivo quanto richiesto a una persona che guida un’organizzazione così famigerata. Il conflitto di Bar con Ben-Gvir, tuttavia, non è di sostanza, ma di stile.
Questo conflitto è solo l’espressione di una molto più estesa guerra ideologica e politica tra le principali istituzioni di Israele. Questa guerra “Sionismo contro Sionismo”, tuttavia, è iniziata prima dell’attacco del 7 ottobre e della guerra e del genocidio israeliani in corso a Gaza.
Sette mesi prima dell’inizio dell’attuale guerra a Gaza il presidente israeliano Isaac Herzog ha dichiarato in un discorso televisivo che “Coloro che pensano che una vera guerra civile… sia un confine che non attraverseremo, non ne hanno idea”.
Il contesto della sua dichiarazione era il “vero e profondo odio” tra gli israeliani derivante dai tentativi da parte di Netanyahu e dei suoi partner di coalizione del governo estremista di minare il potere della magistratura. La lotta per la Corte Suprema, tuttavia, era semplicemente la punta dell’iceberg. Il fatto che in Israele ci siano volute cinque elezioni in quattro anni per avere un governo stabile nel dicembre 2022 è esso stesso indicativo del conflitto politico senza precedenti di Israele.
Forse il nuovo governo è risultato “stabile” in termini di equilibri parlamentari, ma ha destabilizzato il Paese su tutti i fronti, provocando proteste di massa che hanno coinvolto la potente, ma sempre più emarginata classe militare.
L’attacco del 7 ottobre è avvenuto in un momento di vulnerabilità sociale e politica probabilmente senza precedenti dalla fondazione di Israele sulle rovine della Palestina storica nel maggio 1948.
La guerra, e in particolare il fallimento nel raggiungere uno qualsiasi dei suoi obiettivi, ha aggravato il conflitto esistente. Ciò ha portato ad avvertimenti da parte di politici e militari che il Paese stava crollando.
Il più chiaro di questi avvertimenti è venuto da Yitzhak Brik, un ex comandante militare israeliano di alto rango. Ha scritto su Haaretz il 22 agosto che il “paese… sta galoppando verso l’orlo di un abisso” e che “crollerà entro un anno al massimo”.
Sebbene Brik, tra le altre cose, abbia incolpato Netanyahu per la guerra persa a Gaza, la classe politica anti-Netanyahu ritiene che la crisi risieda principalmente nel governo stesso. La soluzione, secondo i recenti commenti di Herzog, è che il kahanismo debba essere rimosso dal governo.
Il Kahanismo si riferisce al partito Kach del [defunto, n.d.t.] rabbino Meir Kahane. Sebbene ora vietato, il Kach è riemerso in numerose forme, incluso il partito Otzma Yehudit di Ben-Gvir. Come discepolo di Kahane Ben-Gvir è pronto a realizzare la visione del rabbino estremista: la completa pulizia etnica del popolo palestinese.
Ben-Gvir e i suoi seguaci sono pienamente consapevoli dell’opportunità storica ora a loro disposizione, poiché sperano di innescare la tanto desiderata guerra di religione. Sanno anche che se la guerra a Gaza finisce senza far progredire il loro piano principale di colonizzare il resto dei territori occupati l’opportunità potrebbe non presentarsi mai più.
La corsa dell’estrema destra di Ben-Gvir per realizzare l’agenda religiosa sionista contraddice la forma tradizionale del colonialismo israeliano, basata sul “genocidio graduale” dei palestinesi e sulla lenta pulizia etnica delle comunità palestinesi di Gerusalemme Est e della Cisgiordania.
I militari israeliani ritengono che gli insediamenti illegali siano essenziali, ma percepiscono queste colonie nel linguaggio strategico come una zona cuscinetto di “sicurezza” per Israele.
I vincitori e gli sconfitti della guerra ideologica e politica in Israele emergeranno molto probabilmente dopo la fine della guerra di Gaza, i cui esiti determineranno altri sviluppi, tra cui il futuro stesso dello Stato di Israele, secondo le valutazioni dello stesso generale Yitzhak Brik.
Le opinioni espresse in questo articolo appartengono all’autore e non riflettono necessariamente la linea editoriale di Middle East Monitor.
(traduzione dall’Inglese di Giuseppe Ponsetti)