Medici Senza Frontiere afferma che la situazione umanitaria nella Cisgiordania occupata è ‘estremamente critica’

Redazione di Middle East Monitor

19 dicembre 2023 – Middle East Monitor

Medici Senza Frontiere (Médicins Sans Frontières) ha descritto la situazione umanitaria nella Cisgiordania occupata da Israele come ‘estremamente critica’, in particolare a Jenin, data l’aggressione in corso contro i palestinesi da parte dello Stato di occupazione.

Oggi la situazione nella Cisgiordania, e particolarmente a Jenin, è estrema”, ha spiegato la coordinatrice a Jenin dell’organizzazione, Luz Saavedra. “Vediamo una significativa ripresa della violenza contro i civili, ed è andata crescendo rapidamente dal 7 ottobre.” Attacchi contro il sistema sanitario sono drammaticamente aumentati e sono diventati sistematici, ha sottolineato. Strade e infrastrutture, come anche acquedotti e fognature, sono stati distrutti.

Nelle scorse settimane,” ha aggiunto Saavedra, “le forze israeliane hanno assediato molti ospedali a Jenin, provocando un diretto impedimento alle cure sanitarie e hanno anche colpito e ucciso un ragazzo nella struttura dell’ospedale Khalil Suleiman. Il blocco delle cure sanitarie è sfortunatamente diventato una pratica comune. Durante ogni incursione diversi ospedali, incluso quello pubblico, sono stati circondati dalle forze israeliane.”

La mancanza di rispetto per gli ospedali è sconcertante, afferma un funzionario di Medici Senza Frontiere. “Da ottobre, siamo stati testimoni di un ragazzo di 14 anni colpito e ucciso nella struttura dell’ospedale, con i soldati che hanno sparato molte volte fuoco vivo e lacrimogeni contro l’ospedale, e infermieri sono stati costretti a spogliarsi e ad inginocchiarsi per strada. A fianco della violenza diretta, il costante blocco all’accesso alle cure sta anche mettendo a rischio le vite degli abitanti del campo e sembra che sia diventato una procedura operativa standard delle forze militari durante e dopo le incursioni militari a Jenin.”

In conclusione, ha sottolineato che l’organizzazione non può fornire le cure ai pazienti che non vanno in ospedale. “Le persone in stato di necessità devono poter avere un accesso sicuro al servizio sanitario e le strutture sanitarie devono essere protette.”

(traduzione dall’inglese di Gianluca Ramunno)




CONFLITTI ARMATI. Necessaria un’indagine internazionale urgente che indaghi sui crimini di guerra israeliani dopo che dei civili palestinesi sono stati sepolti vivi nell’ospedale Kamal Adwan di Gaza

16 dicembre 2023 – Euro-Med Human Rights Monitor

Ginevra – Secondo quanto riferito lesercito israeliano avrebbe seppellito vivi dei civili palestinesi all’esterno dellospedale Kamal Adwan nella città di Beit Lahia, nel nord della Striscia di Gaza, dopo nove giorni consecutivi di assedio totale dell’area, tra raid e orribili atrocità. È necessaria l’apertura di un’indagine internazionale indipendente sui fatti riportati, ha affermato Euro-Med Human Rights Monitor in un comunicato stampa diffuso sabato.

Sulla base di testimonianze che lorganizzazione con sede a Ginevra ha ricevuto dai media e dal personale medico sul posto, questa mattina, prima di lasciare la struttura medica, i bulldozer israeliani hanno seppellito vivi dei civili palestinesi nel cortile dellospedale. Dei testimoni hanno detto che tra i cumuli di terra era visibile almeno uno dei corpi e hanno confermato che la vittima è stata ferita prima di essere sepolta e uccisa.

Secondo Euro-Med Monitor i bulldozer dell’esercito israeliano sono entrati questa mattina nell’ospedale e hanno completamente distrutto la sua sezione sud lasciando dietro di sé, dopo diversi giorni di assedio e attacchi ininterrotti, una grande devastazione. L’organizzazione per i diritti umani riferisce che nove giorni fa i carri armati israeliani avevano cinto d’assedio lospedale mentre i cecchini prendevano il controllo degli edifici circostanti e sparavano su chiunque passasse.

Le squadre di Euro-Med Monitor continuano a documentare ciò che è accaduto oggi all’ospedale Kamal Adwan e hanno sottolineato la necessità di aprire un’indagine internazionale sulle orribili violazioni di cui la struttura è stata testimone negli ultimi giorni contro pazienti, sfollati e personale medico nel quadro di un deliberato e sistematico attacco di Israele, a partire dal 7 ottobre, contro le strutture sanitarie della Striscia di Gaza.

Lunedì 11 dicembre l’esercito israeliano ha bombardato in maniera mirata il reparto maternità dellospedale, uccidendo due donne e i loro due bambini e amputando le gambe di una terza donna. Il giorno successivo (martedì 12 dicembre) i militari hanno arrestato il direttore dellospedale, il dottor Ahmed Al-Kahlot, e hanno trasferito più di 70 operatori sanitari dallospedale a una destinazione sconosciuta.

Da allora i soldati hanno preso più volte dassalto lospedale, trasformando i suoi tetti e gli edifici in caserme militari e hanno imposto un assedio totale a coloro che erano intrappolati allinterno privandoli di cibo e acqua. Un testimone oculare che ha chiesto lanonimato per timore di ritorsioni ha affermato che i soldati israeliani 48 ore dopo l’invasione dellospedale e l’imposizione di un rigido assedio hanno ordinato a tutti gli uomini, compreso il personale medico, di riunirsi nel cortile dellospedale. Li hanno poi separati in gruppi di cinque e li hanno fotografati per confermare la loro identità.

L’esercito israeliano ha successivamente costretto ad uscire in gruppi la maggior parte delle persone intrappolate nellospedale, tra cui 65 feriti, 12 bambini in terapia intensiva, sei neonati prematuri, 2.500 sfollati e 100 membri del personale medico. A quasi 10 metri dall’ospedale hanno costretto i maschi a togliersi tutti i vestiti, ad eccezione dei boxer. Hanno tenuto le vittime all’aperto per sei ore prima di arrestarne circa 50-60; gli altri sono stati rilasciati e costretti a recarsi nelle scuole adibite a rifugio. Circa 50 pazienti, insieme alle loro famiglie, e cinque medici e infermieri, sono stati trattenuti in uno dei reparti dellospedale senza cibo, acqua o elettricità.

Durante il raid i soldati hanno distrutto i cancelli esterni dellospedale, parte dell’edificio amministrativo e la farmacia; hanno bruciato il magazzino dei medicinali prima di demolirlo; hanno distrutto il pozzo dell’acqua, il generatore di elettricità e la centrale per l’erogazione dell’ossigeno; hanno scavato una grande fossa nel cortile dell’ospedale e hanno riesumato circa 26 corpi di persone morte che, non potendo essere sepolte nei cimiteri a causa degli attacchi israeliani in corso, erano state precedentemente seppellite nel cortile. I bulldozer israeliani hanno rimosso i corpi in modo umiliante, afferma Euro-Med Monitor, violandone la dignità.

Euro-Med Monitor fa sapere che, sebbene l’esercito israeliano abbia pubblicato un’immagine con quattro individui che lasciano un ospedale con dei Kalashnikov nel tentativo di dipingerli come miliziani, la sua indagine iniziale ha rivelato che le persone raffigurate sono un medico qualificato, un infermiere e due civili sfollati, a cui i soldati hanno imposto di impugnare le armi degli agenti di sicurezza israeliani posti a guardia dei cancelli dell’ospedale.

Euro-Med Monitor ha ricevuto testimonianze che confermano che in ospedale un uomo anziano è stato recentemente lasciato morire di fame mentre un altro è stato ucciso da un cane dell’esercito israeliano che gli è stato aizzato contro. Altri, tra cui due pazienti, oltre ai bambini, sono morti nel reparto di terapia intensiva per non aver potuto ricevere cure mediche adeguate. L’organizzazione per i diritti umani afferma che le atrocità commesse dalle forze israeliane nell’ospedale Kamal Adwan fanno parte dei ripetuti e sistematici attacchi dell’esercito israeliano contro strutture sanitarie e ambulanze con i loro equipaggi, in corso dal 7 ottobre, che mirano a distruggere il sistema sanitario della Striscia di Gaza e costituiscono un crimine di guerra secondo le norme del diritto internazionale umanitario.

Euro-Med Human Rights Monitor sottolinea che ospedali, strutture mediche e veicoli sono obiettivi civili che godono di una protezione speciale ai sensi del diritto internazionale umanitario e del diritto bellico. Pertanto, la protezione specifica cui hanno diritto gli ospedali non viene meno sempre che non vengano utilizzati da una parte in conflitto per commettere, al di fuori delle loro funzioni umanitarie, una azione dannosa verso il nemico”. Le leggi umanitarie internazionali – leggi che Israele viola palesemente – sottolineano che il personale medico deve essere protetto e autorizzato a svolgere il proprio lavoro.

Finora Israele non ha fornito alcuna prova concreta che dimostri che gli ospedali nella Striscia di Gaza vengano utilizzati per scopi diversi dall’impiego sanitario. Euro-Med Monitor ha espresso grave preoccupazione per la trasformazione degli ospedali di Gaza da parte dell’esercito israeliano in caserme militari, postazioni di cecchini e centri di detenzione per personale medico, pazienti e sfollati interni, considerando in particolare il gran numero di civili feriti nella Striscia a causa del genocidio in corso da parte di Israele nei confronti dei palestinesi.

(traduzione dall’inglese di Aldo Lotta)




I soldati israeliani che hanno ucciso i terroristi a Gerusalemme hanno colpito a morte anche un civile

Nir Hasson

30 novembre 2023 – Haaretz

Nel video dellattacco alla fermata dellautobus di Gerusalemme pubblicato sui social media, si vede Yuval Doron Kastelman alzare le mani e implorare i soldati israeliani di non sparare dopodiché gli sparano e cade a terra

In base alle riprese dell’attacco pubblicate sui social media i soldati israeliani che giovedì hanno ucciso due terroristi alla periferia di Gerusalemme hanno sparato e ucciso sul posto anche un civile.

La vittima si chiamava Yuval Doron Kastelman, 38 anni di Mevasseret Tzion, un avvocato che lavorava per la Commissione sul Servizio Civile. Secondo la sua famiglia stava andando al lavoro quando ha notato l’aggressione dall’altra parte della strada. È sceso dal suo veicolo, armato della sua arma da fuoco autorizzata, per fronteggiare i terroristi.

Nel video si vede Kastelman alzare le mani e implorare i soldati di non sparare, dopodiché gli sparano e cade a terra.

Il filmato mostra chiaramente che è stato colpito allo stomaco. È stato portato d’urgenza in ospedale in condizioni critiche e in seguito è morto per le ferite. La polizia ha affermato di essere a conoscenza della situazione e che sono in corso indagini.

Un’altra ripresa della scena dell’attacco mostra colpi di arma da fuoco contro un civile che ha appena sparato a uno dei terroristi da distanza ravvicinata.

Nel video si vede il civile gettare via la sua arma dopo aver sparato al terrorista, alzare le mani e togliersi il cappotto per dimostrare che è disarmato. Non è chiaro se si tratti dello stesso civile ferito o di qualcun altro.

Il ministro della Sicurezza nazionale Itamar Ben-Gvir ha annunciato sul luogo dell’attacco che la sua soluzione al terrorismo è continuare la politica di distribuzione di armi ai civili. “Mi rivolgo ai cittadini di Israele, i poliziotti non sono ovunque, quindi dove i cittadini sono in possesso di armi, ciò può salvare vite umane”, ha detto Ben-Gvir.

Dallo scoppio della guerra migliaia di armi da fuoco sono state distribuite ai civili e sono state rilasciate più di 20.000 nuove licenze per il porto d’armi. Una delle principali preoccupazioni sul possesso delle armi da parte di civili non addestrati è che ciò potrebbe portare ad episodi di fuoco incrociato, come è accaduto oggi.

Nell’attacco a Gerusalemme tre israeliani sono stati uccisi e altri sei sono rimasti feriti. I terroristi, due fratelli palestinesi del quartiere di Gerusalemme Est, sono stati uccisi a colpi di arma da fuoco. L’attacco è stato rivendicato da Hamas.

(Traduzione dall’inglese di Aldo Lotta)




Le forze israeliane uccidono 4 minori palestinesi in Cisgiordania

Redazione di Middle East Monitor

27 novembre 2023 – Middle East Monitor

Secondo Defense for Children International – Palestine (DCIP) [DCI è una ong internazionale per la difesa dei diritti dell’infanzia, ndt.], nelle ultime 24 ore le forze israeliane hanno ucciso quattro minori palestinesi nella Cisgiordania occupata.

Tra le vittime Ahmad Mohammad Hamed Abu Al-Haija, 16 anni, Mahmoud Khaled Mahmoud Abu Al-Haija, 17 anni, e Ammar Mohammad Faisal Abu Al-Wafa, 14 anni, uccisi sabato sera a Jenin durante un’operazione militare israeliana.

Ammar è stato colpito all’addome intorno alle 18:30 del 25 novembre da un cecchino israeliano posizionato a circa 200-250 metri. Il fatto è avvenuto mentre Ammar si trovava con un gruppo di amici vicino alla sua abitazione nel quartiere Al-Damj del campo profughi di Jenin. Il padre di Ammar lo ha portato d’urgenza all’ospedale Al-Razi, dove ne è stato constatato il decesso.

Contemporaneamente Ahmad stava riprendendo col cellulare il raid israeliano quando un soldato a bordo di un veicolo militare pesantemente corazzato gli ha sparato al petto vicino alla rotonda del cinema, nel centro di Jenin. Inoltre le forze israeliane hanno aperto il fuoco sul gruppo che lo accompagnava, provocando numerosi feriti. Ahmad è stato trasportato in ambulanza all’ospedale Al-Razi, dove anche lui al momento dell’arrivo è stato dichiarato deceduto.

Ayed Abu Eqtaish, direttore del Programma sulla ricerca delle responsabilità presso la DCIP, ha dichiarato: Mentre a Gaza è in corso una cosiddetta tregua con i gruppi armati palestinesi in tutta la Cisgiordania occupata le forze israeliane continuano a prendere di mira e uccidere minori palestinesi con una totale impunità”, aggiungendo: Solo nelle ultime 24 ore, le forze israeliane hanno ucciso a colpi di armi da fuoco quattro ragazzi palestinesi nella Cisgiordania occupata, compreso uno che si trovava all’interno della sua stessa casa, e hanno impedito ai paramedici di raggiungerli per poter prestare loro l’assistenza medica. Di conseguenza, tutti e quattro i ragazzi erano già morti al loro arrivo in ospedale”.

Secondo DCIP anche Mahmoud è stato colpito all’addome mentre si trovava davanti alla finestra della sua casa nel quartiere di Al-Zahra, nella parte meridionale del campo profughi di Jenin. Un cecchino israeliano ha sparato il colpo prima che le forze israeliane facessero irruzione nella sua casa di famiglia, dove gli hanno confiscato il telefono e la carta d’identità. Nonostante la chiamata di unambulanza da parte di suo padre i soldati israeliani hanno ritardato i soccorsi trattenendo i paramedici fuori dalledificio per circa 40 minuti.

L‘ambulanza l’ha finalmente raggiunto e trasportato all’ospedale Al-Razi, dove ne è stato constatato l’avvenuto decesso.

Sabato, dalle 18:00 alle 6:30 del giorno successivo, le truppe israeliane hanno condotto un’incursione terrestre e aerea a Jenin. I militari hanno assediato l’ospedale governativo di Jenin, conducendo attacchi contro i palestinesi e provocando la morte di cinque palestinesi, tra cui tre minori. Ad Al-Bireh, vicino a Ramallah, al centro della Cisgiordania occupata, Mohammad Riad Fathi Saleh Farhan, 15 anni, è stato colpito allo stomaco dalle forze israeliane.

Nonostante un’autoambulanza palestinese abbia tentato di raggiungerlo l’esercito l’ha bloccata per circa 45 minuti; comunque, all’arrivo dell’ambulanza al Palestine Medical Complex di Ramallah i medici hanno constatato l’avvenuto decesso di Mohammad.

Mentre lesercito israeliano bombarda pesantemente la Striscia di Gaza sotto assedio vengono effettuati raid anche in Cisgiordania e nella Gerusalemme est occupata con conseguenti arresti di palestinesi.

Secondo il Ministero della Sanità palestinese dal 7 ottobre in Cisgiordania sono stati uccisi dalle forze israeliane più di 220 palestinesi e feriti oltre 2.800.

La documentazione raccolta da DCIP rivela che quest’anno nella Cisgiordania occupata almeno 100 minori palestinesi sono stati uccisi dall’esercito e dai coloni israeliani.

(Traduzione dall’inglese di Aldo Lotta)




‘Un posto dove volare’ – il Freedom Theatre di Jenin sopravvive coraggiosamente nonostante i raid israeliani

Mauricio Morales

25 novembre 2023 Al Jazeera

Una delle cose più allarmanti che Ranin Odeh ha osservato durante le attività che organizza per i bambini al Freedom Theatre nel campo di Jenin in Cisgiordania è che spesso i loro giochi diventano violenti. Frequentemente i bambini sono troppo turbolenti e si picchiano persino.

È una tipica reazione al trauma, dice. “Loro non capiscono perché lo fanno, ma io sì.” Ha spesso visto i bambini reagire al trauma delle incursioni israeliane nel campo con giochi violenti. Nel suo spazio non li permette, ma offre invece delle attività culturali e artistiche come alternativa per incanalare la loro paura e rabbia.

Capelli corti e neri e una presenza accogliente, la trentenne Odeh ha la vivacità e l’energia della gioventù, ma anche la decisione di una che ha visto molto ed è sopravvissuta. Il suo lavoro è particolarmente importante per una come lei cresciuta durante la seconda Intifada, o rivolta. Si identifica intensamente con la necessità che i bambini hanno di guarire dal trauma tramite arte e gioco.

I bambini hanno bisogno di spazi sicuri dove star bene, dice. “Devono avere un posto dove riuscire a volare.”

La vita per loro è traumatica. Odeh racconta che un giorno i bambini stavano divertendosi con un’attività nel Freedom Theatre ma improvvisamente c’è stato un attacco armato dell’esercito israeliano nel campo – un evento diventato molto più frequente dall’inizio della guerra di Israele contro Gaza il 7 ottobre.

Affrontare le bombe molotov

Lo stesso Freedom Theatre non è nuovo a pericoli e violenza.

In origine si chiamava Stone Theatre, fondato nel 1987, dopo la prima Intifada, da Arna Mer-Khamis, un’attivista israeliana morta nel 1995. Mer-Khamis nata nel 1929 in una famiglia ebrea è stata per tutta la vita una sostenitrice dei diritti dei palestinesi, specialmente dei bambini. Con il suo teatro e le arti voleva offrire loro uno spazio per guarire e alle donne per emanciparsi.

Il primo edificio ad ospitare il teatro fu distrutto nel 2002 dall’esercito israeliano durante la seconda Intifada. Nel 2006 Juliano Mer-Khamis, il figlio di Arna e del marito cristiano palestinese, Saliba Khamis, riaprì il teatro in una nuova sede a Jenin, che funge anche da centro comunitario.

Tuttavia non tutti erano a favore. Nel 2009 una persona non identificata gettò due bombe Molotov contro il teatro mentre era vuoto. Juliano a 52 anni fu ucciso a Jenin nel 2011 da un aggressore mascherato. Il caso del suo omicidio non è mai stato risolto.

Durante questa crisi Mustafa Sheta, l’alto e robusto direttore del teatro, dice che inizia ogni giorno sapendo che probabilmente non succederà niente di quello che aveva programmato.

Sheta ha un sorriso invitante, ti coinvolge intensamente quando parla del suo teatro o della guerra di Israele contro Gaza e dei frequenti attacchi contro la Cisgiordania occupata. Attacchi che in questi giorni avvengono quasi ogni volta che il 43enne parla con i visitatori del Freedom Theatre.

Due settimane fa – fra il 6 e il 10 novembre – ci sono stati attacchi multipli dell’esercito israeliano a Jenin e nei dintorni. Sheta e il personale del teatro erano dentro quando il 9 novembre, un giovedì, c’è stato un massiccio raid delle forze israeliane da mezzanotte fino all’alba di venerdì, che poi è ripreso a metà mattina. Ci sono stati scontri violenti accompagnati da attacchi di droni israeliani.

Prima che cominciasse la grande offensiva di giovedì notte c’erano già stati attacchi durante il giorno. La sera è stata interrotta l’elettricità e i militari hanno usato megafoni per annunciare che i civili avevano una finestra di due ore per lasciare il campo.

Quella notte, bambini, donne e uomini con pile o luci dei loro telefonini sono andati a piedi all’ospedale di Jenin in attesa che ricominciasse il raid. Durante la notte molti bambini sono rimasti intrappolati dentro le scuole aspettando che finissero le incursioni per potersi riunire alle loro famiglie. Quattordici palestinesi, alcuni di loro combattenti, sono stati uccisi.

Fare resistenza con l’arte

Perciò, data la probabilità di incursioni armate, il personale del teatro comincia ogni giorno cercando di scoprire se ce ne sarà una e Sheta dice che ha bisogno di sapere se il suo pubblico, i suoi quattro figli – due maschi e due femmine – il suo staff e le loro famiglie saranno al sicuro.

È molto difficile organizzare programmi regolari e quindi ha sempre un piano B. Ma dice che questo è il suo modo per resistere. E infatti “fare resistenza con l’arte” è il motto del teatro.

Anche noi facciamo parte della lotta,” aggiunge Sheta che crede che per liberare la Palestina dall’occupazione israeliana ci siano molti modi e che la lotta armata sia solo uno.

Sheta si considera un “guerrigliero culturale” ma neanche lui è sfuggito agli effetti della violenza. Suo padre, un insegnante delle superiori, è stato ucciso a Jenin dalle truppe israeliane nel 2002, proprio un mese prima che Sheta si laureasse, uno dei suoi sogni per i suoi figli.

Anche Sheta è stato arrestato nel passato ed è stato otto mesi in due carceri israeliane, accusato di “incitamento alla violenza”. Ha visto questa come un’opportunità per imparare qualcosa in più sulla situazione dei prigionieri. “La violenza contro i palestinesi in Cisgiordania, specialmente a Jenin, non è cominciata il 7 ottobre,” aggiunge.

Principalmente comunque crede nell’importanza di preservare la cultura palestinese e di stabilire un’identità per il suo popolo che vada oltre l’occupazione. “È ora di investire nella cultura palestinese. La lotta si fa a molti livelli, non solo con le armi.”

(tradotto dall’inglese da Mirella Alessio)




Guerra Israele Palestina: in Cisgiordania i coloni potrebbero già essere in possesso delle armi americane, avverte un ex funzionario

Dania Akkad

23 novembre 2023 – Middle East Eye

Fanno notizia le preoccupazioni per un recente ordine israeliano di fucili statunitensi. Ma secondo gli esperti anche se le armi americane non si trovassero nelle loro mani i coloni sono riusciti ad entrare in possesso di quelle israeliane.

Quando il mese scorso il ministro della Sicurezza nazionale israeliano Itamir Ben-Gvir ha iniziato a distribuire fucili dassalto ai civili, c’è stata un’immediata reazione da parte di Washington.

Secondo quanto riferito i funzionari statunitensi indignati avrebbero minacciato di bloccare le spedizioni di armi, inclusi 24.000 nuovi fucili che il ministero di Ben-Gvir aveva ordinato ad aziende americane.

Le armi fotografate in eventi pubblici ampiamente documentati non erano americane o, secondo quanto riferito, fornite dagli americani.

Tuttavia funzionari del Dipartimento di Stato e parlamentari statunitensi erano preoccupati che i nuovi fucili potessero essere consegnati ai coloni e usati contro i palestinesi nella Cisgiordania occupata, dove dopo il 7 ottobre la violenza dei coloni è aumentata rispetto a livelli già da record.

In tale periodo in Cisgiordania sono stati uccisi da soldati e coloni israeliani più di 200 palestinesi.

Nonostante le assicurazioni israeliane che le armi sarebbero state conseganate ad unità sotto il controllo della polizia nazionale israeliana, allinterno della Linea Verde [confine stabilito negli accordi d’armistizio arabo-israeliani del 1949 fra Israele e Paesi arabi confinanti, ndt.], gli Stati Uniti avrebbero ritardato la consegna di 4.500 fucili M-16.

Almeno questo è ciò che si può ricavare dai resoconti dei media israeliani e americani. Giovedì il Dipartimento di Stato ha rifiutato di rilasciare commenti su vendite commerciali dirette e conversazioni diplomatiche private.

Ma un ex funzionario del Dipartimento di Stato ha detto a Middle East Eye che è “quasi certoche le armi americane siano già utilizzate dai coloni in Cisgiordania.

Inoltre esperti sul controllo degli armamenti affermano che anche se le armi statunitensi esportate in Israele, finanziate attraverso gli aiuti militari statunitensi o acquistate a fini commerciali, non fossero nelle loro mani, i coloni potranno entrare in possesso dei fucili israeliani.

“Alcune delle armi che gli Stati Uniti avranno esportato saranno passate attraverso la licenza delle forze di difesa israeliane e naturalmente la maggior parte dei coloni in età per il servizio militare sono riservisti”, ha detto Josh Paul, che fino alle sue dimissioni del mese scorso era direttore dell’Ufficio di Affari di Politica Militare del Dipartimento di Stato.

Quindi nella maggior parte dei casi avranno le loro armi dall’esercito israeliano indipendentemente dal fatto che siano state consegnate o meno da Ben-Gvir ”.

MEE ha chiesto al Dipartimento di Stato se condivide la preoccupazione di Paul secondo cui le armi americane sarebbero probabilmente già nelle mani dei coloni in Cisgiordania.

Un portavoce non ha risposto direttamente alla domanda ma ha affermato che i governi che hanno ricevuto armi dagli Stati Uniti hanno la responsabilità di rispettare le condizioni dei trasferimenti e gli obblighi previsti dal diritto internazionale, compresi quelli relativi ai diritti umani.

Il portavoce ha anche affermato che pari attenzioni dovrebbero essere dedicate alla prevenzione della violenza estremista e alla consegna dei responsabili alla giustizia, compresi i membri delle forze di difesa e di sicurezza israeliani, così come della polizia nazionale israeliana, che restano a guardare e non intervengono.

Quante e quali tipi di armi americane siano arrivate in Israele nel corso degli anni costituisce un interrogativo che sfida anche i più ferrati esperti sul controllo degli armamenti.

Le informazioni più dettagliate disponibili al pubblico mostrano che nei primi nove mesi di questanno le esportazioni statunitensi verso Israele di rivoltelle, pistole e alcuni tipi di fucili sono aumentate in modo significativo rispetto ai tre anni precedenti.

Ma senza dati pubblici completi è impossibile per i contribuenti statunitensi e persino per i parlamentari valutare lentità delle esportazioni di armi statunitensi verso Israele e, soprattutto, quanto di questa sia approvata dal governo degli Stati Uniti.

“Se tutte queste vendite fossero completamente trasparenti per il Congresso e soprattutto per il pubblico penso che ci sarebbe molta più indignazione”, ha affermato Lillian Mauldin, tra le fondatrici e membro del consiglio di amministrazione di Women for Weapons Trade Transparency [Donne per la Trasparenza del Commercio delle Armi, ndt.] e ricercatrice presso il Center for International Policy [Centro di politica Internazionale, ndt.].

È nellinteresse delle aziende che le vendite di armi risultino incredibilmente difficili da tracciare, anche per persone che lavorano nel campo della ricerca sul controllo degli armamenti da decenni”.

Nel frattempo gli esperti affermano che i programmi del governo americano sul monitoraggio delle esportazioni di armi non sono impostati per tracciare il percorso delle armi leggere dopo la loro spedizione. Una volta spedite scompaiono, dice Paul.

Ciò lascia aperti degli interrogativi per i palestinesi in Cisgiordania come Mohammed al-Huraini.

“Prodotto negli USA“?

Al-Huraini è originario di Atuwani, uno dei villaggi della regione di Masafer Yatta, di circa 500 abitanti, nascosto tra le montagne a sud delle colline di Hebron.

Qui gli abitanti subiscono minacce di espulsione e ordini di demolizione da quando nel 1981 lesercito israeliano ha designato la loro terra come zona di esercitazione di tiro.

Huraini ora ha 19 anni e non ha mai conosciuto un momento in cui lui e la sua famiglia non abbiano subito pressioni per lasciare Atuwani.

Sua nonna, Fatemah, non vede da un occhio dopo che nel 2006 i soldati lhanno colpita durante una protesta. Lo scorso settembre i coloni hanno fratturato entrambe le braccia di suo padre Hafez.

Ma Huraini dice che dal 7 ottobre la situazione nel villaggio, raccolta attraverso filmati visionati da MEE e descritta da amici e familiari rimasti lì mentre lui frequenta l’università a Ramallah, è notevolmente cambiata.

I coloni hanno intensificato gli attacchi contro gli abitanti facendo irruzione nelle case e minacciando di uccidere chiunque non se ne vada. Indossano uniformi militari e sono tutti armati.

Prima non era così. Le persone ora hanno paura di affrontare [i coloni] perché sono a mani nude e non ricevono nessun aiuto, dice.

Suo cugino, Zakaria al-Adra, il 12 ottobre è stato colpito a distanza ravvicinata dai coloni con proiettili esplosivi che gli hanno squarciato lo stomaco. Da allora ha subito cinque operazioni.

Anche la casa degli Huraini è stata assalita e lorto della famiglia, che coltivavano da sei anni, è stato demolito con i bulldozer e sostituito da un tendone. Al-Huraini riferisce che non possono spostarsi nella loro proprietà o muoversi per fare la spesa senza essere presi di mira.

“Se ti avvicini ai 20 metri dalla casa iniziano immediatamente a sparare”, dice.

Prima almeno non avevi la sensazione che avresti potuto essere ucciso a sangue freddo. Adesso è più facile”.

Lanno scorso, dopo un attacco durato settimane da parte dellesercito e dei coloni israeliani contro il suo villaggio, Huraini ha trovato un contenitore di gas lacrimogeno fuori dalla sua casa con su scritto Made in USA”.

Non era la prima volta che vedeva un contenitore del genere ma era la prima volta che notava la scritta.

Siamo schiacciati dal potere del denaro e delle armi statunitensi, scrisse in quell’occasione. I cittadini americani dovrebbero sapere dove vanno le loro tasse e cosa finanziano”.

Ora si chiede se anche qualcuna delle armi moltiplicatesi nelle ultime settimane sia americana.

Limiti della Leahy

Tutte le armi americane finanziate o fornite come aiuto militare statunitense dovrebbero essere soggette alla legge Leahy, dal nome di Patrick Leahy, lex senatore democratico del Vermont che nel 1997 ha ideato la regolamentazione.

Secondo la legge ai dipartimenti statali e alla difesa degli Stati Uniti è vietato fornire assistenza in materia di sicurezza a governi stranieri che siano oggetto di accuse credibili di violazioni dei diritti.

Ma sia Paul, lex funzionario dell’ufficio del Dipartimento di Stato che sovrintende ai trasferimenti di armi, sia lo stesso Leahy hanno affermato che nel caso di Israele la legge non è stata applicata.

Nel corso degli anni ho protestato sia con lamministrazione repubblicana che con quella democratica sulla necessità di applicare la legge ad Israele”, ha detto la scorsa settimana Leahy al News & Citizen, un settimanale del Vermont.

Queste amministrazioni hanno sostenuto che Israele ha un sistema giudiziario indipendente, per cui non ci sarebbe bisogno. Recentemente abbiamo assistito agli sforzi volti a rendere la magistratura ancora meno indipendente di prima”.

Paul riferisce a MEE che allinterno del Dipartimento di Stato, riguardo alla Legge Leahy, Israele viene trattato diversamente rispetto aquasi tutti gli altri Paesi al mondo”.

Invece di controllare preventivamente le unità militari prima che ricevano questa roba, la inviamo e poi controlliamo eventuali violazioni dei diritti umani, dice Paul.

In precedenza ha affermato che il dipartimento ha trovato moltiesempi di unità israeliane sospettate di gravi violazioni dei diritti umani, ma non è mai stato in grado di giungere ad alcuna conclusione per cui dovesse essere richiesta lapprovazione da parte degli alti funzionari.

Un portavoce del Dipartimento di Stato non ha commentato direttamente le osservazioni di Paul e Leahy ma ha detto a MEE che ci si aspetta che qualsiasi Paese che riceva assistenza per la sicurezza dagli Stati Uniti la utilizzi in conformità con il diritto umanitario internazionale e le leggi sui diritti umani, e in conformità con gli accordi che ne regolano luso. Israele, ha detto, non fa eccezione.

Dettagli opachi

Nel frattempo il pubblico americano ha informazioni limitate sul tipo e sulla quantità delle armi da fuoco esportate in Israele, sia attraverso aiuti militari che tramite vendite commerciali.

La mancanza di trasparenza riguardo alle vendite di armi e gli aiuti militari statunitensi a Israele, il maggiore destinatario degli aiuti militari statunitensi a livello mondiale, è ben documentata.

E’ netto il contrasto tra le note informative del governo americano sulle armi fornite allUcraina, compresi kit di pronto soccorso e bende, e la scarsità di informazioni su ciò che viene inviato a Israele.

Questa opacità vale anche per le armi inviate a Israele: i dati sulle esportazioni di armi da fuoco statunitensi, qualunque sia il Paese destinatario, sono notoriamente difficili da ottenere.

Ciò è dovuto, in parte, al fatto che esistono restrizioni legali scritte da autorità di controllo finanziate con le tasse su quali informazioni possano essere fornite su determinate vendite.

Al Congresso, ad esempio, vengono comunicate solo le vendite di armi di valore superiore a soglie monetarie che variano a seconda del tipo di vendita, ma queste sono più elevate per i Paesi della NATO e altri cinque, compreso Israele.

Ciò significa che le vendite di armi leggere, che sono meno costose rispetto ad altri armamenti, sono particolarmente inclini a restare al di sotto della soglia e ciò ha determinato miliardi di dollari di vendite “non dichiarate al Congresso e al pubblico americano”, ha detto Mauldin.

I dettagli vengono regolarmente nascosti anche dai dipartimenti governativi statunitensi che sovrintendono alle licenze per l’esportazione di armi perché sostengono che si tratta di informazioni riservate la cui diffusione potrebbe indebolire le aziende statunitensi.

Le informazioni più dettagliate che MEE è riuscito a trovare sono i dati dell’US Census Bureau che mostrano che il valore totale delle armi e loro componenti esportate dagli Stati Uniti in Israele ha superato solo nei primi nove mesi di quest’anno il totale dei tre anni precedenti per ben cinque tipologie di armamenti.

Il valore degli articoli esportati che è aumentato in modo significativo riguarda rivoltelle e pistole, alcuni tipi di fucili, accessori e pezzi di ricambio per fucili e cartucce.

Seth Binder, direttore del settore assistenza legale presso il Project on Middle East Democracy a Washington, DC, ha affermato che il picco suggerito dai dati non è una grande sorpresa data l’intensità degli attacchi dei coloni in Cisgiordania e l’allentamento negli ultimi anni delle leggi israeliane al fine di consentire la concessione di più licenze di porto d’armi.

Quanto di questo proviene da finanziamenti militari stranieri? Sarebbe piuttosto interessante saperlo, ma queste informazioni non sono disponibili”, afferma Binder.

Ha ragione: i dati dellUS Census Bureau non dicono se i finanziamenti statunitensi siano stati forniti per assistere il governo o le aziende israeliane in questi acquisti o se alcuni [prodotti] siano stati inviati gratuitamente.

Quindi, anche se i dati mostrano che questanno c’è stato un forte aumento di componenti di armi e munizioni militari, non è chiaro quanto di questo sia stato sottoscritto dal governo degli Stati Uniti o dai contribuenti. Ma dalle bombe alle armi da fuoco, conoscere i dettagli è importante, sostiene Paul.

C’è qui un interesse intrinseco dei contribuenti statunitensi, prima di tutto su come vengono spesi i dollari dei contribuenti e se il modo in cui vengono spesi fornisce un netto positivo per la politica estera degli Stati Uniti, afferma.

Ciò è particolarmente vero in Israele, dove le armi americane sono lago della bilancia del conflitto.

“Le armi leggere e di piccolo calibro possono causare più danni di quanto la gente creda, in un modo più nascosto”, dice Mauldin.

“Ma il problema più grande è che ovviamente i finanziamenti statunitensi influenzeranno in modo sproporzionato il conflitto nel momento in cui concediamo miliardi di dollari, fondamentalmente una sovvenzione affinché Israele possa acquistare qualunque cosa voglia dagli Stati Uniti, comprese le armi leggere e di piccolo calibro”.

Limitazioni al monitoraggio

E c’è un altro mistero: dove sono le armi e componenti americane già presenti in Israele? Né il Dipartimento di Stato, che monitora le vendite commerciali, né il Dipartimento della Difesa, che monitora le vendite militari, sono in grado di tracciare le armi leggere.

Il programma Blue Lantern del Dipartimento di Stato pone fine ai controlli su circa il 2% delle licenze di esportazione di armi ogni anno, concentrandosi solitamente su nuove entità che compaiono nelle richieste di licenza o su aree in cui sussistono specifiche preoccupazioni guidate dallintelligence.

Quindi, per quanto riguarda le armi da fuoco destinate a Israele, è molto improbabile che si esegua qualsiasi tipo di controllo sulluso finale, presupponendo che siano destinate al governo israeliano e tramite entità logistiche note, afferma Paul.

Il programma Golden Sentry [sentinella d’oro, ndt.] del Dipartimento della Difesa si occupa in genere di armi molto più grandi e costituisce più uno strumento di controllo sulla localizzazione effettiva delle armi nellarsenale indicato da un’autorità militare straniera.

Gli esperti di armi con cui MEE ha parlato nelle ultime settimane hanno affermato che in questo momento il modo più semplice per rintracciare le armi americane in Cisgiordania sarebbe un’indagine fotografica.

Ma c’è anche un altro modo di vedere l’intera questione: anche se non è possibile risalire esattamente a dove siano finite le armi da fuoco statunitensi o se vengano utilizzate dai coloni in Cisgiordania, gli Stati Uniti sono comunque implicati.

Stiamo fornendo 3,8 miliardi di dollari in aiuti militari [all’anno, ndt.]. Si tratta di 3,8 miliardi di dollari che il governo israeliano non ha bisogno di utilizzare per lequipaggiamento militare perché lo forniamo noi, afferma Binder.

Fornire armi americane a Israele, sia attraverso aiuti militari sia attraverso vendite commerciali approvate dal governo degli Stati Uniti, funziona allo stesso modo.

Israele ha una propria industria nazionale e quindi, mentre garantisce che non forniranno armi americane ai coloni israeliani, di fatto lascia che le armi israeliane arrivino ai coloni, dice, aggiungendo che sarebbe rilevante e preoccupante se in questo momento le armi prodotte negli Stati Uniti venissero usate dai coloni.

In ogni caso, dal momento che lesercito israeliano o chiunque allinterno della linea verde utilizza armi statunitensi, se i coloni iniziassero a servirsi di quelle israeliane che differenza farebbe?

Huraini, che si sta preparando a tornare a casa per far visita alla sua famiglia ad Atuwani, ha detto di non essere un esperto di armi e di non essere sicuro se nei filmati che ha raccolto nelle ultime settimane i coloni stiano usando armi da fuoco americane.

Ma trova difficile capire come gli americani possano tollerare una tale politica finanziaria.

In realtà le persone stanno sostenendo con i loro soldi il genocidio, i crimini di guerra e le violazioni dei diritti umani, prosegue.

Non so dove [i soldi] siano finiti esattamente, per quali aiuti. Ma alla fine stanno sostenendo questo regime di apartheid che ha commesso di tutto contro il [nostro] popolo”.

(Traduzione dall’inglese di Aldo Lotta)




Forze israeliane uccidono tre palestinesi durante un’incursione militare su vasta scala a Jenin

Redazione di Palestine Chronicle

17 novembre 2023 – Palestine Chronicle

L’agenzia di notizie ufficiale palestinese WAFA ha informato che nelle prime ore di venerdì mattina tre palestinesi sono stati uccisi e molti altri feriti quando le forze di occupazione israeliane hanno preso di mira con attacchi con i droni il campo profughi di Jenin, nel nord della Cisgiordania occupata.

Testimoni oculari nel campo hanno dato notizia che nel quartiere di Hawashin del campo profughi un drone israeliano ha bombardato un assembramento di palestinesi, provocando la tragica uccisione di tre persone e il ferimento di altre nove, alcune in condizioni critiche.

Le vittime sono state identificate come il ventitreenne Baha Jamal Lahlouh, in trentaquattrenne Mohammed Azmi Husseiniya e Mohammed Abu Al-Hassan, di 28 anni.

Invasione su vasta scala

L’incursione israeliana a Jenin ha impegnato una significativa presenza militare, compresi unità speciali e bulldozer blindati.

Le forze di occupazione hanno attaccato vari quartieri in città e nel vicino campo profughi, schierando cecchini sui tetti di alcuni edifici.

Durante il raid le forze israeliane hanno fatto irruzione in una struttura residenziale del quartiere di Jabariyat in città, arrestando alcuni palestinesi e facendo esplodere diversi veicoli di proprietà della famiglia Rukh. L’attacco militare israeliano si è esteso ai quartieri di Jabal Abu Dhuhair, Khallet al-Soha ed alla periferia del campo profughi di Jenin.

Scavatrici Caterpillar D9 che accompagnavano i soldati israeliani hanno anche iniziato a devastare infrastrutture in città e all’ingresso del campo profughi di Jenin, provocando danni alle strade e alle auto parcheggiate.

Sono state segnalate interruzioni nelle comunicazioni in quanto le forze israeliane hanno bloccato il segnale nella città e nel campo di Jenin, ed è stata tolta l’elettricità in vari quartieri della città.

Un ospedale assediato

Inoltre l’esercito israeliano ha assediato anche l’ospedale Ibn Sina di Jenin, ha interrogato il personale medico e ha creato una situazione di tensione nella zona.

Secondo testimoni, l’ospedale è stato circondato per parecchie ore, con accurate perquisizioni da parte dell’esercito israeliano di ambulanze che si trovavano nei pressi e richieste di evacuazione dell’ospedale attraverso altoparlanti.

Testimoni oculari hanno anche raccontato che le forze israeliane hanno evacuato dall’ospedale con la forza personale medico, obbligandolo a stare con le mani in alto prima di sottoporlo a perquisizioni nel cortile dell’ospedale.

Le fonti affermano che parecchi lavoratori della sanità sono stati interrogati.

Nel contempo l’esercito israeliano di occupazione si è schierato nei pressi dell’ospedale governativo di Jenin lanciando una raffica di candelotti lacrimogeni tossici. L’uso indiscriminato di agenti chimici nei pressi dell’ospedale ha provocato problemi respiratori a molti civili a causa dell’inalazione di gas.

(traduzione di Amedeo Rossi)




Israele-Palestina: l’esercito israeliano effettua un nuovo raid mortale in Cisgiordania mentre cresce il bilancio di morti a Gaza

Fayha Shalash, Ramallah

14 Novembre 2023, Middle East Eye

Un attacco di 15 ore a Tulkarem provoca la morte di sette palestinesi e porta il bilancio delle vittime in Cisgiordania a quasi 200 in cinque settimane

Martedì le forze israeliane hanno ucciso sette palestinesi durante un raid di 15 ore nella città occupata di Tulkarem in Cisgiordania.

L’incursione ha comportato il bombardamento di una casa a colpi di droni, il lancio di gas lacrimogeni in un ospedale, il blocco delle ambulanze che soccorrevano i feriti e la distruzione massiccia di strade e negozi.

Questo nel contesto di un’escalation della violenza israeliana contro i palestinesi in Cisgiordania che procede insieme alla campagna di bombardamenti nella Striscia di Gaza dal 7 ottobre.

L’ultimo raid a Tulkarem, nel nord della Cisgiordania, è iniziato lunedì sera, quando le forze speciali israeliane hanno fatto irruzione nel campo profughi della città e sparato a due palestinesi all’interno di un bar.

Sono stati identificati come Mahmoud Hadaida, 25 anni, e Hazem al-Hosari, 29 anni, padre di tre figli e proprietario di un supermercato vicino al campo.

Abu Suhaib al-Hosari, suo zio, ha detto a Middle East Eye che Hazem era seduto con il suo amico in un noto bar quando le truppe israeliane li hanno presi di sorpresa e gli hanno sparato a distanza ravvicinata.

“Quando abbiamo ricevuto la notizia, ho lasciato il campo con il fratello di Hazem; siamo andati in ospedale e ho visto che era stato colpito al petto”, ha detto Abu Suhaib.

“Era ambizioso e sempre allegro, ma come tutti i palestinesi era oppresso dall’occupazione israeliana e dalla sua continua aggressione ovunque”, ha aggiunto.

Immediatamente dopo la sparatoria l’esercito israeliano ha inviato larghi rinforzi al campo, scatenando scontri con palestinesi armati.

Nella notte un attacco di droni ha colpito una casa nel campo, uccidendo almeno tre persone.

Nel frattempo, i bulldozer militari hanno raso al suolo le strade del campo, vandalizzando rotonde e vetrine di negozi, mentre i cecchini prendevano posizione sui palazzi più alti.

I residenti sono stati costretti a rimanere in casa durante il raid, compresa la famiglia di Hazem che per ore non è riuscita a raggiungere l’ospedale per dargli l’addio.

In un comunicato la Mezzaluna Rossa Palestinese (PRCS) ha dichiarato che al suo personale è stato impedito di raggiungere i feriti, ciò che ha causato la morte di molti.

In un caso, le jeep militari hanno fermato un’ambulanza della PRCS diretta all’ospedale, arrestando una persona ferita all’interno.

All’ingresso dell’ospedale Thabet Thabet le forze israeliane hanno sparato gas lacrimogeni, come mostrano i filmati pubblicati dai media locali.

Punizione colletiva”

Nelle ultime settimane Tulkarem è stata obiettivo frequente delle forze israeliane.

Il mese scorso l’esercito israeliano ha fatto irruzione nel campo profughi di Nur Shams, a est della città di Tulkarem, in un’operazione durata 24 ore che ha lasciato 13 palestinesi uccisi ed estese distruzioni.

Dal 7 ottobre le forze israeliane hanno ucciso 196 palestinesi in Cisgiordania, quasi lo stesso numero di persone uccise tra gennaio e settembre.

Hassan Khreisha, ex vicepresidente del Consiglio Legislativo Palestinese, ha affermato che l’esercito israeliano sta aumentando le sue aggressioni in Cisgiordania dato che l’attenzione del mondo è rivolta all’attacco su Gaza.

Distruggere le infrastrutture e radere al suolo le strade significa imporre una punizione collettiva e smantellare l’incubatrice popolare della resistenza”, ha detto Khreisha a MEE.

Eppure tutte le volte Israele fallisce e non elimina la resistenza all’interno dei campi”, ha aggiunto.

L’atteggiamento “isterico” con cui l’esercito agisce in Cisgiordania, ha spiegato Khreisha, è in parte dovuto al tentativo di inviare il messaggio che sostenere la lotta armata comporta pagare un prezzo.

Durante il raid di martedì l’esercito israeliano ha distribuito manifesti con la scritta “il terrorismo sta distruggendo il campo” nel tentativo di rivolgere l’opinione pubblica contro i combattenti della resistenza locale.

(traduzione dall’inglese di Luciana Galliano)




Ostilità nella Striscia di Gaza e in Israele

Aggiornamento Flash n.18 del 24 ottobre 2023

OCHA

VITTIME PALESTINESI

Nella striscia di Gaza uccise 5.791 persone

ferite 16.297

in Cisgiordania uccise 95

ferire 1.833

VITTIME ISRAELIANE

In Israele uccise 1.400 persone

ferite 5.431

In Cisgiordania uccisa 1

ferite 11

PUNTI CHIAVE

Secondo il Ministero della Sanità (MoH) di Gaza, nelle ultime 24 ore (alle 18:00 del 24 ottobre), sono stati uccisi un totale di 704 palestinesi, tra cui 305 minori. Questo è il numero di vittime più alto registrato, in un solo giorno, a Gaza, durante questa tornata di ostilità. Secondo il Ministero della Salute, il numero complessivo di palestinesi uccisi a Gaza ha raggiunto i 5.791, di cui il 68% sono minori e donne. Circa 1.550 persone, tra cui 870 minori, risultano scomparse e potrebbero essere ancora sotto le macerie. Ciò consegue ai bombardamenti e agli attacchi aerei israeliani più intensi su Gaza dall’inizio dell’escalation.

L’UNRWA, di gran lunga il più grande fornitore umanitario a Gaza, ha avvertito che se non verrà consentito immediatamente l’ingresso di carburante a Gaza, l’Agenzia sarà costretta a sospendere tutte le operazioni, a partire dalla notte di domani, 25 ottobre. Dall’11 ottobre, Gaza è stata completamente in blackout elettrico, rendendo gli ospedali e le strutture idriche dipendenti da generatori di riserva alimentati a carburante.

A causa dei danni causati dalle ostilità o della mancanza di carburante, oltre un terzo degli ospedali di Gaza (12 su 35) e quasi due terzi delle cliniche di assistenza sanitaria di base (46 su 72) hanno chiuso.

Il 24 ottobre, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha consegnato 51 pallet di medicinali salvavita, attrezzature chirurgiche e altre forniture all’ospedale Shifa, il più grande centro medico di Gaza, situato nella città di Gaza. Questo è uno dei sette ospedali che hanno beneficiato delle forniture mediche consentite a Gaza attraverso il valico di Rafah, tra il 21 e il 23 ottobre.

Il 22 ottobre sono state fatte entrare 44.000 bottiglie di acqua in bottiglia, rispondendo al bisogno di bere di 22.000 persone per un giorno. Tre dei camion entrati a Gaza il 23 ottobre, attraverso il valico di Rafah, trasportavano 4.000 taniche di acqua potabile (10 litri ciascuna), 2.400 kit igienici e 2.000 dispositivi per la depurazione dell’acqua. L’acqua coprirà il fabbisogno potabile di circa 13.000 persone per un solo giorno. Undici dei 20 camion entrati a Gaza attraverso il valico di Rafah, il 23 ottobre, trasportavano generi alimentari, tra cui pacchi alimentari, tonno in scatola e farina di frumento. Nel complesso, le scorte alimentari, l’acqua e i beni non alimentari entrati tra il 21 e il 23 ottobre sono stati distribuiti principalmente nei rifugi dell’UNRWA DES nel sud di Gaza.

Si stima che a Gaza siano 1,4 milioni le persone sfollate interne (IDP), di cui circa 590.000 trovano rifugio nei 150 rifugi di emergenza (DES) designati dall’UNRWA. Il sovraffollamento è una preoccupazione crescente, poiché il numero medio di sfollati interni per rifugio ha raggiunto 2,6 volte la capacità prevista; quello più sovraffollato ha raggiunto 11 volte la capacità prevista.

È continuato il lancio indiscriminato di razzi da parte dei gruppi armati palestinesi contro i centri abitati israeliani, raggiungendo, secondo quanto riferito, anche la Cisgiordania settentrionale. Complessivamente, secondo le autorità israeliane, dal 7 ottobre sono stati uccisi circa 1.400 israeliani e cittadini stranieri, la maggior parte il primo giorno.

Secondo le autorità israeliane, almeno 220 persone sono tenute prigioniere a Gaza, tra cui israeliani e cittadini stranieri. Il Segretario generale delle Nazioni Unite ha invitato Hamas a rilasciare gli ostaggi immediatamente e senza condizioni. Due ostaggi con cittadinanza statunitense sono stati rilasciati il 20 ottobre e due israeliani il 23 ottobre.

Non sono state registrate vittime palestinesi in Cisgiordania dal pomeriggio del 23 ottobre (alle 21:00 del 24 ottobre). In totale, dal 7 ottobre, 95 palestinesi sono stati uccisi dalle forze o dai coloni israeliani, tra cui 28 minori.

Traduzione di Assopace Rivoli




Grave attacco a Jenin, molte vittime e feriti

Palestine Chronicle Staff

19 settembre 2023 Palestine Chronicle

Con una drammatica escalation l’esercito israeliano ha attaccato il campo profughi di Jenin nel nord della Cisgiordania, mentre cecchini israeliani hanno aperto il fuoco contro dimostranti palestinesi a Gaza. Queste le ultime notizie.

Nella serata di martedì tre palestinesi sono stati uccisi e più di altri 30 feriti in seguito ad un attacco militare israeliano contro il campo profughi di Jenin nel nord della Cisgiordania.

Risulta che alcuni dei feriti versino in gravi condizioni.

Intanto un quarto palestinese è stato ucciso dalle forze israeliane vicino alla barriera di separazione nella Striscia di Gaza.

Raid mortale su Jenin

Il sanguinoso attacco su Jenin è iniziato quando un gran numero di forze di occupazione israeliane hanno circondato una casa sparandole contro dei razzi.

Quando la casa è stata data alle fiamme si sono verificati duri scontri in tutto il campo, poiché i militanti di tutti i gruppi della resistenza cercavano di allentare l’assedio imposto alle famiglie palestinesi intrappolate nel quartiere preso di mira.

Il quotidiano israeliano Yedioth Ahronoth ha descritto l’assalto a Jenin come un “raid su larga scala dell’esercito israeliano”.

Un aereo militare israeliano sorvolava Jenin ed è stata interrotta l’elettricità in tutto il campo.

Testimoni oculari palestinesi hanno detto che un drone israeliano radiocomandato è esploso verso uno specifico obbiettivo nel campo. Resta poco chiaro quale obbiettivo Israele stesse cercando di eliminare.

Fonti locali palestinesi hanno riferito che i militanti della resistenza hanno scoperto l’unità militare speciale israeliana mentre tentava di infiltrarsi nel campo e hanno aperto immediatamente gli scontri, costringendo Israele a inviare rinforzi.

La rete informatica di Al Jazeera, citando fonti palestinesi, ha detto che la casa presa di mira all’interno del campo è quella di Ahmad Jaddoun, un prigioniero palestinese ferito che si trova attualmente in detenzione nelle carceri dell’Autorità Nazionale Palestinese.

In una dichiarazione le Brigate Al Qassam, l’ala armata del movimento Hamas, hanno affermato che i loro miliziani si stanno attualmente scontrando con un’unità militare israeliana all’interno del campo.

I nostri miliziani (…) hanno fatto esplodere con successo parecchi veicoli appartenenti all’esercito occupante, usando esplosivi contro le fiancate. Le esplosioni hanno direttamente provocato vittime e danni significativi. I nostri miliziani continuano a scontrarsi con l’esercito di occupazione su molteplici fronti per impedire che avanzi dentro il campo”, si legge nella dichiarazione.

Fonti palestinesi hanno altresì detto che il black out nel campo è stato causato dal fuoco dell’esercito israeliano contro la rete elettrica a Jenin.

L’ultimo raid contro Jenin ha fatto seguito a una massiccia invasione del campo il 3 luglio, che ha provocato l’uccisione di 12 palestinesi e il ferimento di più di 120.

Obbiettivo Gaza

Nella Gaza sotto assedio il 25enne palestinese Youssef Salem Radwan è stato ucciso e altri 11 palestinesi sono stati feriti quando l’esercito israeliano ha attaccato manifestanti palestinesi vicino alla barriera di separazione tra Gaza e Israele.

La risposta israeliana più violenta alle proteste palestinesi ha avuto luogo alla barriera est della città di Khan Yunis, nel sud della Striscia di Gaza.

Il corrispondente di Palestine Chronicle a Gaza ha detto che negli ultimi tre giorni i manifestanti palestinesi si erano radunati vicino alla barriera per protestare contro le reiterate incursioni alla moschea di Al-Aqsa da parte di coloni ebrei israeliani illegali.

Giovedì scorso cinque palestinesi sono stati uccisi ed altri feriti. Alcuni di loro sono stati uccisi da un ordigno esploso vicino alla barriera. Altri sono stati colpiti e feriti da spari israeliani. 

Gaza si trova sotto stretto assedio israeliano dal 2007 e la grande maggioranza della popolazione non può lasciarla o rientrarvi.

Durante tale periodo diverse importanti guerre israeliane sono state scatenate contro la Striscia assediata, provocando la morte e il ferimento di migliaia di palestinesi, soprattutto civili.

(Traduzione dall’inglese di Cristiana Cavagna)