Rapporto OCHA del periodo 10 – 23 gennaio 2017 (due settimane)

In Cisgiordania, nel corso di tre distinti episodi, le forze israeliane hanno ucciso, con armi da fuoco, tre palestinesi.

Tra essi un minore 17enne, ucciso il 10 gennaio all’ingresso del villaggio di Tuqu’ (Betlemme), durante scontri che hanno visto lanci di pietre e di bottiglie incendiarie. Gli altri due morti sono un 32enne palestinese, ucciso lo stesso giorno, in circostanze controverse, durante una operazione di ricerca nel Campo profughi di Al Far’a (Tubas) ed un uomo di 44 anni, ucciso il 17 gennaio ad un posto di blocco vicino alla città di Tulkarem: a quanto riferito, avrebbe tentato di pugnalare un soldato israeliano. Secondo i media, le autorità israeliane hanno aperto un’indagine sul primo episodio.

In Area C e Gerusalemme Est, per mancanza dei permessi edilizi israeliani, le autorità israeliane hanno demolito o sequestrato 44 strutture, sfollando 17 palestinesi, tra cui cinque minori, e coinvolgendone altri 3.300. Due dei casi più rilevanti sono avvenuti in Area C, presso due piccole comunità di pastori: a Jericho (Al Jiftlik-Abu al ‘Ajaj) e Nablus (Tell al Khashabeh) dove sono state demolite 19 strutture, di cui 15 fornite come assistenza umanitaria. Sempre in Area C, vicino alla città di Hebron (Al Buweib), le autorità israeliane hanno distrutto parte di una strada agricola, colpendo la sussistenza di circa 3.000 persone. Altre 11 strutture non abitative sono state demolite nella zona di Jabal al Mukabber di Gerusalemme Est, dove viveva l’autore dell’aggressione dell’8 gennaio scorso [aggressione con camion, riportata nel Rapporto precedente]: 45 persone sono state colpite da queste demolizioni.

Sempre in seguito all’aggressione con camion dell’8 gennaio, la municipalità di Gerusalemme ha consegnato notifiche avverso circa 80 edifici della zona di Jabal Al Mukabber, relative a “violazioni di pianificazione e zonizzazione”. Una prima valutazione effettuata da OCHA prevede che, se sarà dato seguito a tali notifiche, più di 240 famiglie (circa 1.200 persone) che vivono negli edifici coinvolti rischieranno lo sfollamento. È stato anche riferito che la casa di famiglia del colpevole, prima della demolizione punitiva, è stata oggetto di provvedimenti da parte delle autorità.

In Cisgiordania, durante molteplici scontri, le forze israeliane hanno ferito 26 palestinesi, tra cui dodici minori. Il numero più alto di ferimenti (10) sono stati registrati nella città di Ar Ram (Gerusalemme), durante scontri scoppiati nel corso di una demolizione. Altri scontri, con conseguenti ferimenti, si sono verificati durante le manifestazioni settimanali a Kafr Qaddum (Qalqiliya) e Ni’lin (Ramallah); all’entrata della città di Hizma (Gerusalemme) e nel villaggio Tuqu ‘(Betlemme); in seguito all’ingresso di coloni israeliani alla Tomba di Giuseppe nella città di Nablus; infine, durante quattro operazioni di ricerca-arresto.

In totale, in Cisgiordania, nel periodo di riferimento, le forze israeliane hanno condotto 199 operazioni di ricerca-arresto ed hanno arrestato 288 palestinesi. Il numero più alto di operazioni (67) e di arresti (97) si è avuto nel governatorato di Gerusalemme.

Nella Striscia di Gaza, in almeno 38 casi, le forze israeliane hanno aperto il fuoco di avvertimento verso – o hanno sparato direttamente contro – palestinesi presenti o in avvicinamento ad Aree ad Accesso Riservato (ARA), imposte da Israele su terraferma ed in mare. Come risultato, sono stati segnalati cinque palestinesi feriti, tra cui tre pescatori e una bambina di dieci anni. In altri sei casi, le forze israeliane hanno arrestato undici palestinesi: due commercianti che stavano attraversando il valico di Erez controllato da Israele, cinque pescatori in mare e altri tre civili che cercavano di entrare illegalmente in Israele.

Secondo fonti dei Consigli di villaggio, in due distinti episodi verificatisi a Beit Lid (Tulkarem) e Turmus’ayya (Ramallah), 56 alberi di proprietà palestinese sono stati vandalizzati da coloni israeliani. Inoltre, a Burqa (Nablus), un palestinese è stato fisicamente aggredito e ferito da un gruppo di coloni israeliani mentre lavorava sul proprio terreno. In Cisgiordania coloni israeliani ed altri gruppi israeliani sono entrati in diversi siti religiosi, innescando con palestinesi alterchi e scontri conclusi senza feriti. I siti interessati comprendono il Complesso Al Haram Ash Sharif / Monte del Tempio a Gerusalemme Est, un santuario nel villaggio Sabastiya (Nablus) e le Piscine di Salomone nel villaggio di Al-Khader (Betlemme).

I media israeliani hanno riportato 17 casi di lancio di pietre e bottiglie incendiarie da parte di palestinesi contro veicoli di coloni israeliani: sono stati segnalati danni a diversi veicoli, ma nessun ferito. Inoltre, nell’attraversamento di Shu’fat (Gerusalemme Est), la metropolitana leggera ha subito danni per lancio di sassi da parte di palestinesi.

Durante il periodo di riferimento, il valico di Rafah, sotto controllo egiziano, è rimasto chiuso in entrambe le direzioni. Nel corso del 2016 il valico è stato parzialmente aperto per soli 44 giorni. Secondo le autorità palestinesi di Gaza, circa 20.000 persone, inclusi i casi umanitari, sono registrate e in attesa di uscire da Gaza attraverso Rafah.

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Ultimi sviluppi (fuori dal periodo di riferimento)

Il 25 gennaio, all’ingresso dell’ insediamento di Kochav Ya’akov (Ramallah), le forze israeliane hanno ucciso un palestinese nel corso di una presunta aggressione tramite speronamento con auto; non sono stati segnalati feriti israeliani.

Il 26 gennaio, il Ministero degli Interni israeliano ha annunciato la revoca dei “permessi di ricongiungimento familiare” ad un certo numero di membri della famiglia del palestinese che, l’8 gennaio, ha messo in atto una aggressione contro soldati israeliani.

nota 1:

I Rapporti ONU OCHAoPt vengono pubblicati settimanalmente in lingua inglese, araba ed ebraica; contengono informazio-ni, corredate di dati statistici e grafici, sugli eventi che riguardano la protezione dei civili nei territori palestinesi occupati.

sono scaricabili dal sito Web di OCHAoPt, alla pagina: https://www.ochaopt.org/reports/protection-of-civilians

L’Associazione per la pace – gruppo di Rivoli, traduce in italiano (vedi di seguito) l’edizione inglese dei Rapporti.

la versione in italiano è scaricabile dal sito Web della Associazione per la pace – gruppo di Rivoli, alla pagina:

https://sites.google.com/site/assopacerivoli/materiali/rapporti-onu/rapporti-settimanali-integrali

nota 2: Nella versione italiana non sono riprodotti i dati statistici ed i grafici. Le scritte [in corsivo tra parentesi quadre]

sono talvolta aggiunte dai traduttori per meglio esplicitare situazioni e contesti che gli estensori dei Rapporti

a volte sottintendono, considerandoli già noti ai lettori abituali.

nota 3: In caso di discrepanze (tra il testo dei Report e la traduzione italiana), fa testo il Report originale in lingua inglese.

Associazione per la pace – Via S. Allende, 5 – 10098 Rivoli TO; e-mail: assopacerivoli@yahoo.it

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Rapporto OCHA 13 – 26 dicembre 2016 ( due settimane)

Nel corso di due diversi scontri, le forze israeliane hanno ucciso, con armi da fuoco, due palestinesi 19enni.

Uno degli scontri è scoppiato il 17 dicembre nel Campo profughi di Qalandiya (Gerusalemme), dopo una demolizione punitiva (vedi sotto), l’altro durante una operazione di ricerca-arresto effettuata il 22 dicembre nel villaggio di Beit Rima (Ramallah).

Ulteriori scontri, con conseguenti ferimenti di palestinesi, sono scoppiati nel villaggio di Beit Ummar (Hebron), dopo i cortei funebri di accompagnamento dei corpi di due palestinesi che erano stati trattenuti dalle forze israeliane, ma anche durante operazioni di ricerca-arresto e nel corso delle manifestazioni settimanali nei villaggi di Kafr Qaddum (Qalqiliya) e di Ni’lin (Ramallah). Complessivamente, nel periodo di riferimento, le forze israeliane hanno ferito 72 palestinesi, di cui almeno otto minori.

Nello stesso periodo sono state registrate sei aggressioni e presunte aggressioni palestinesi, che hanno causato l’uccisione di un aggressore palestinese e il ferimento di due coloni israeliani. In particolare, il 14 dicembre, nella città vecchia di Gerusalemme, le forze israeliane hanno ucciso un 21enne palestinese che, con un cacciavite, aveva colpito un poliziotto israeliano di frontiera; nel corso di questo episodio è stato ferito un astante palestinese di 13 anni. Inoltre, due coloni israeliani sono rimasti feriti in due distinte aggressioni, con coltello e con arma da fuoco, rispettivamente presso gli insediamenti di Efrat (Betlemme) ed Hallamish (Ramallah). I due aggressori sono riusciti a fuggire. Infine tre tentate aggressione che non hanno causato ferimenti: un tentativo di accoltellamento al checkpoint di Jaljuliya (Qalqiliya), un presunto speronamento con auto al checkpoint di Qalandiya (Gerusalemme) ed una aggressione con arma da fuoco al checkpoint di Al Jalama (Jenin).

Finora, nel 2016, in Cisgiordania, nel corso di episodi collegati al conflitto, sono stati uccisi 101 palestinesi, 80 di questi durante aggressioni e presunte aggressioni contro israeliani. Numeri in diminuzione, rispetto ai 145 uccisi nel 2015.

Il 23 dicembre, un 15enne palestinese è morto per le ferite riportate nel Campo profughi di Al Jalazunun (Ramallah), nell’ottobre 2016, quando le forze israeliane spararono e lo colpirono durante scontri all’ingresso del Campo.

Le autorità israeliane hanno restituito alle loro famiglie i cadaveri di 16 palestinesi sospettati di aver perpetrato attacchi contro israeliani; alcuni dei corpi erano stati trattenuti per diversi mesi. Allo stato attuale, sono ancora trattenuti dalle autorità israeliane i corpi di altri 11 presunti aggressori palestinesi, alcuni da otto mesi.

Secondo quanto riferito dai media israeliani, nove soldati israeliani sono rimasti feriti in due distinti episodi di lancio di pietre: presso il villaggio di Beit Ummar (Hebron) e nel Campo profughi di Shu’fat (Gerusalemme).

In Cisgiordania le forze israeliane hanno condotto quasi 180 operazioni di ricerca ed hanno arrestato più di 240 palestinesi; tra queste, una operazione di ricerca all’interno dell’Università Birzeit (Ramallah) e un’altra presso una associazione giornalistica (Hebron); nelle due sedi sarebbero stati confiscati diversi computer. La quota più alta di operazioni (46) e di arresti (100) è stata rilevata nel governatorato di Gerusalemme. Tre commercianti palestinesi sono stati arrestati al valico di Erez [Israele] mentre rientravano a Gaza.

In zona C e Gerusalemme Est, per mancanza di permessi di costruzione, le autorità israeliane hanno demolito o sequestrato undici strutture, sfollando un palestinese e coinvolgendone altri 250. Una delle strutture sequestrate era una roulotte, fornita alla Comunità di Al Mirkez in Masafer Yatta da un’organizzazione umanitaria, perché fosse impiegata come centro di prima assistenza sanitaria. La Comunità si trova in una zona destinata all’addestramento militare e designata dalle autorità israeliane come “zona per esercitazioni a fuoco”. Tali aree costituiscono quasi il 30% dell’Area C e sono abitate da più di 5.000 palestinesi.

Per consentire esercitazioni militari, le forze israeliane hanno temporaneamente sfollato, per diverse ore in due giorni diversi, circa 90 persone, tra cui 40 minori, della Comunità pastorale di Ibziq nel nord della Valle del Giordano. Per tale Comunità questo è il quarto sfollamento nel corso degli ultimi due mesi. Durante questo periodo, presso la Comunità pastorale di Khirbet Yarza, una esercitazione simile ha provocato danni ad una conduttura per l’acqua che era stata precedentemente fornita come assistenza umanitaria: penalizzati 65 palestinesi. Queste esercitazioni inaspriscono ulteriormente il contesto coercitivo che spinge i residenti ad abbandonare le aree di residenza.

Il 22 dicembre, a Kafr ‘Aqab nella zona di Gerusalemme Est, le forze israeliane hanno demolito la casa di famiglia di un palestinese che lo scorso ottobre aveva messo in atto una aggressione a Sheikh Jarrah, nel corso della quale furono uccisi due israeliani. Una donna e cinque minori palestinesi sono stati sfollati e altri due sono stati coinvolti. Questa demolizione ha innescato scontri vicino al Campo profughi di Qalandiya, durante i quali le forze israeliane hanno sparato e ucciso un palestinese (citato sopra). Il Coordinatore Umanitario per i Territori Occupati, Robert Piper, ha invitato [14 novembre 2016] le autorità israeliane a fermare la pratica delle demolizioni punitive che, essendo una forma di punizione collettiva, è illegale in base al diritto internazionale.

Coloni israeliani hanno fisicamente aggredito un contadino palestinese del villaggio di Deir Istiya (Salfit) che stava coltivando il suo terreno agricolo nei pressi dell’insediamento colonico di Immanuael; il suo trattore è stato danneggiato. Inoltre, coloni israeliani ed altri gruppi si sono introdotti in vari siti religiosi, tra cui il complesso Al Haram Ash Sharif / Monte del Tempio a Gerusalemme Est, un santuario religioso nel villaggio di Haris Kifl a Salfit e la Tomba di Giuseppe nella città di Nablus.

Nell’arco delle due settimane, i media israeliani hanno anche riferito undici episodi di lancio di pietre ed aggressioni con armi da fuoco ad opera di palestinesi contro veicoli israeliani: in nessun caso sono state riportate vittime, ma danni a diversi veicoli. Inoltre è stato riferito che, nei pressi dell’insediamento Gush Etzion, vicino a Betlemme, un colono israeliano è stato ferito da palestinesi nel corso di un distinto episodio di lancio di pietre contro veicoli israeliani.

Dopo gli spari e i lanci di pietre (di cui sopra) da parte di palestinesi contro coloni israeliani, le forze israeliane hanno bloccato temporaneamente sette strade principali, impedendo l’accesso veicolare a servizi e mercati per migliaia di palestinesi: il villaggio di Hizma (Gerusalemme), i villaggi An Nabi Saleh, Deir Nidham, Rantis, Deir Ibzi’, Umm Safa e il collegamento tra la città di Al Bireh e il Campo profughi di Al Jalazun (tutti a Ramallah). Alcune di queste strade risultavano ancora bloccate al termine del periodo di riferimento [26 dicembre 2016].

Durante il periodo di riferimento, il valico di Rafah, sotto controllo egiziano, è stato eccezionalmente aperto, per i casi umanitari, per tre giorni (17-19 dicembre): è stata consentita l’uscita dalla Striscia di Gaza a 1.869 persone ed il rientro a 466. Secondo le autorità palestinesi di Gaza, dall’inizio del 2016, circa 20.000 persone sono registrate e in attesa di uscire da Gaza attraverso Rafah.

nota 1:

I Rapporti ONU OCHAoPt vengono pubblicati settimanalmente in lingua inglese, araba ed ebraica; contengono informazio-ni, corredate di dati statistici e grafici, sugli eventi che riguardano la protezione dei civili nei territori palestinesi occupati.

sono scaricabili dal sito Web di OCHAoPt, alla pagina: https://www.ochaopt.org/reports/protection-of-civilians

L’Associazione per la pace – gruppo di Rivoli, traduce in italiano (vedi di seguito) l’edizione inglese dei Rapporti.

la versione in italiano è scaricabile dal sito Web della Associazione per la pace – gruppo di Rivoli, alla pagina:

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nota 2: Nella versione italiana non sono riprodotti i dati statistici ed i grafici. Le scritte [in corsivo tra parentesi quadre]

sono talvolta aggiunte dai traduttori per meglio esplicitare situazioni e contesti che gli estensori dei Rapporti

a volte sottintendono, considerandoli già noti ai lettori abituali.

nota 3: In caso di discrepanze (tra il testo dei Report e la traduzione italiana), fa testo il Report originale in lingua inglese.

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Rapporto OCHA del periodo 4 – 17ottobre 2016 (2 settimane)

Il 9 ottobre, nella zona di Sheikh Jarrah di Gerusalemme Est, un 40enne palestinese originario di Silwan (Gerusalemme Est), ha compiuto un attacco con arma da fuoco, uccidendo una donna israeliana di 60 anni, un ufficiale della polizia israeliana e ferendo altre cinque persone.

L’autore è stato ucciso dalle forze israeliane nel corso dell’episodio. Il Coordinatore Speciale delle Nazioni Unite per il Processo di Pace in Medio Oriente, ha condannato l’attacco.

Inoltre, nel villaggio di Beit Surik (Gerusalemme), nei pressi della Barriera, un ufficiale della polizia di frontiera israeliana è stato accoltellato e ferito, secondo quanto riferito, da un palestinese poi fuggito, mentre, a Gerusalemme Ovest, un 26enne palestinese è stato accoltellato e ferito da un israeliano. Dall’inizio del 2016, nel corso di aggressioni e di sospette aggressioni effettuate da palestinesi contro israeliani, sono stati uccisi 68 palestinesi, tra cui 20 minori, e 16 israeliani, tra cui una ragazza. In una conferenza tenuta il 19 ottobre al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, il Sottosegretario Generale per gli Affari Umanitari, Stephen O’Brien, ha detto che continua “ad essere allarmato dalle aggressioni palestinesi contro civili israeliani, ma anche dalle molteplici risposte date dalle forze israeliane a tali aggressioni o presunte aggressioni; molte di queste risposte hanno sollevato accuse di uso eccessivo della forza”.

L’11 ottobre, a Silwan (Gerusalemme Est), durante scontri scoppiati nel corso di una operazione di ricerca-arresto presso la casa del palestinese che aveva effettuato l’attacco del 9 ottobre (vedi sopra), le forze israeliane hanno ucciso, con armi da fuoco, un 20enne palestinese e ne hanno ferito altri nove. Secondo fonti mediche palestinesi, l’uomo è stato lasciato sanguinante per più di due ore, prima che ai sanitari fosse consentito di intervenire.

Durante il periodo di riferimento (due settimane), in scontri avvenuti con le forze israeliane nei Territori Palestinesi Occupati (oPt), sono stati feriti 115 palestinesi, tra cui 22 minori e tre donne. Due dei ferimenti sono stati registrati nella Striscia di Gaza, in scontri verificatisi nel corso di proteste a ridosso della recinzione perimetrale, vicino al valico chiuso di Nahal Oz. I rimanenti feriti (113) sono stati registrati in Cisgiordania; il numero più alto (76) è stato registrato nel governatorato di Gerusalemme, durante operazioni di ricerca-arresto, la più vasta delle quali è stata svolta nelle vicinanze dell’Università di Al Quds, nella città di Abu Dis ed ha causato 52 feriti. Tre soldati israeliani sono stati feriti dal lancio di pietre ad opera di palestinesi.

In Cisgiordania, le forze israeliane hanno condotto complessivamente 178 operazioni di ricerca-arresto ed hanno arrestato 295 palestinesi. Il governatorato di Gerusalemme ha registrato il numero più alto sia di operazioni (70) che di arresti (136); tra esse l’incursione nella scuola Dar al Aytam, nella Città Vecchia di Gerusalemme: arrestati 14 studenti ed il Direttore della scuola; arrestato anche il Direttore della scuola di Al Waqf a Gerusalemme. Inoltre, a Gerusalemme, la polizia israeliana ha emanato ordini di interdizione all’ingresso nel Complesso di Haram al Sharif / Monte del Tempio per 15 palestinesi: tre mesi per due di loro e almeno due settimane per i rimanenti. Nello stesso periodo, nella Striscia di Gaza, in prossimità della recinzione perimetrale, in due occasioni le forze israeliane hanno spianato il terreno ed hanno effettuato scavi.

Nella Striscia di Gaza, all’interno delle Aree ad Accesso Riservato (ARA) di terra e di mare, sono stati registrati almeno dieci casi in cui le forze israeliane hanno aperto il fuoco di avvertimento verso civili palestinesi. Non sono stati segnalati feriti, ma due pescatori, tra cui un 17enne, sono stati costretti a togliersi i vestiti e nuotare verso le imbarcazioni israeliane, dove sono stati arrestati mentre la loro barca e le reti da pesca sono state sequestrate. Inoltre, secondo quanto riferito, un commerciante palestinese è stato arrestato al valico di Erez. Sempre nella Striscia di Gaza, in almeno due occasioni, secondo quanto riferito, smembri di un gruppo armato hanno lanciato diversi razzi verso Israele: due di essi hanno raggiunto il sud di Israele senza provocare feriti. In risposta, il 5 ottobre, le autorità israeliane hanno bombardato con aerei e cannoni, provocando danni materiali, ma nessun ferito.

In Area C, a motivo della mancanza di permessi di costruzione, le autorità israeliane hanno demolito o confiscato 70 strutture in nove comunità palestinesi, sfollando 91 persone, tra cui 40 minori, e colpendo i mezzi di sostentamento di altre 88. Cinque degli episodi si sono verificati in comunità beduine e pastorali palestinesi a rischio di trasferimento forzato e, pertanto, inaspriscono il contesto coercitivo che spinge i residenti ad andarsene. Ventisette delle strutture coinvolte – tra cui ricoveri abitativi, latrine e una cisterna per acqua – erano state fornite come assistenza umanitaria in risposta a precedenti demolizioni. Dall’inizio del 2016, ammonta a 273 il numero delle strutture finanziate da donatori e poi distrutte o confiscate [dalle autorità israeliane]: più del doppio del numero relativo a tutto il 2015.

L’11 ottobre, nella città di Nablus, le forze israeliane hanno distrutto la casa di famiglia di un palestinese accusato di aver partecipato, nel mese di ottobre 2015, ad un attacco nei pressi dell’insediamento colonico di Itamar, nel corso del quale furono uccisi due coloni israeliani. In seguito alla demolizione, otto persone, tra cui cinque minori, sono state sfollate. Da quando questa pratica è ripresa, nel luglio 2014, le autorità israeliane hanno demolito o sigillato per motivi punitivi 58 case, sfollando 345 persone, tra cui 153 minori. Nel mese di novembre 2015, il Coordinatore Umanitario per i Territori Palestinesi Occupati, Robert Piper, ha chiesto alle autorità israeliane di fermare questa pratica, una forma di punizione collettiva, illegale secondo il diritto internazionale.

Il 10 ottobre, un palestinese è stato folgorato mentre lavorava all’interno di un tunnel che corre sotto il confine tra la Striscia di Gaza e l’Egitto. A partire dalla metà del 2013, in seguito alla distruzione o al blocco da parte delle autorità egiziane della stragrande maggioranza delle gallerie in questa area, le attività di contrabbando lungo il confine con l’Egitto si sono in gran parte interrotte. Secondo quanto riferito, solo pochi tunnel rimangono parzialmente operativi per il contrabbando.

Durante il periodo di due settimane, sono stati registrati cinque attacchi di coloni israeliani con conseguenti danni a proprietà palestinesi: nei villaggi di As Sawiya (Nablus) e Kafr Qaddum (Qalqiliya) sono stati vandalizzati 47 alberi di proprietà palestinese, secondo quanto riferito ad opera di coloni israeliani degli insediamenti colonici di Rechalim e di Qadumim, rispettivamente; nei governatorati di Betlemme, Gerusalemme e Nablus, in tre diversi episodi, tre veicoli palestinesi sono stati colpiti da pietre lanciate da coloni israeliani ed hanno subìto danni. Inoltre (non incluso nel conteggio), in Azzun (Qalqiliya), un palestinese è stato urtato e ferito da un veicolo israeliano che si è allontanato.

Secondo i media israeliani, nei governatorati di Hebron e Betlemme, tre israeliani, tra cui un ragazzo di 17 anni, sono stati feriti e diversi veicoli israeliani hanno riportato danni per lancio di bottiglie incendiarie e pietre da parte di palestinesi. Inoltre, sempre per lancio di pietre da parte di palestinesi, la metropolitana leggera ha subito danni nel tratto in Shu’fat (Gerusalemme Est).

Nella Striscia di Gaza, nel periodo di riferimento, la fornitura di energia elettrica è nuovamente peggiorata e in molti casi le interruzioni di corrente sono passate da 12-16 a 18-20 ore al giorno. Tale situazione è da imputare alla mancanza di carburante provocata da chiusure ricorrenti in coincidenza con le festività ebraiche e alle continue controversie tra le autorità di Ramallah e quelle di Gaza, in relazione ad una esenzione fiscale sul carburante acquistato per l’impianto. Ciò ha costretto la centrale elettrica di Gaza a fermare una delle due turbine in funzione, condizionando la fornitura dei servizi di base e compromettendo i già precari mezzi di sussistenza, nonché le condizioni di vita.

Il valico di Rafah, sotto controllo egiziano, è stato eccezionalmente aperto per due giorni (15 e 16 ottobre) in entrambe le direzioni; secondo quanto riferito, 1.368 palestinesi sono transitati da Gaza verso l’Egitto e 1.296 sono rientrati. Secondo le autorità palestinesi di Gaza, dall’inizio del 2016, circa 27.000 persone sono registrate e in attesa di uscire da Gaza attraverso il valico di Rafah.

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Ultimi sviluppi (fuori dal periodo di riferimento)

Il 19 ottobre, al checkpoint di Za’tara (Nablus), una donna palestinese di Asira ash Shamaliya è stata uccisa dalle forze israeliane durante un presunto tentativo di accoltellamento.

nota 1:

I Rapporti ONU OCHAoPt vengono pubblicati settimanalmente in lingua inglese, araba ed ebraica; contengono informazio-ni, corredate di dati statistici e grafici, sugli eventi che riguardano la protezione dei civili nei territori palestinesi occupati.

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L’Associazione per la pace – gruppo di Rivoli, traduce in italiano (vedi di seguito) l’edizione inglese dei Rapporti.

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nota 2: Nella versione italiana non sono riprodotti i dati statistici ed i grafici. Le scritte [in corsivo tra parentesi quadre]

sono talvolta aggiunte dai traduttori per meglio esplicitare situazioni e contesti che gli estensori dei Rapporti

a volte sottintendono, considerandoli già noti ai lettori abituali.

nota 3: In caso di discrepanze (tra il testo dei Report e la traduzione italiana), fa testo il Report originale in lingua inglese.

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Rapporto settimanale Ocha periodo 1 – 14 dicembre 2015 (due settimane).

Il periodo di riferimento di due settimane (1-14 dicembre) ha registrato 15 aggressioni, o presunte tali, da parte di palestinesi; 13 degli autori, o presunti autori, sono stati uccisi (tra essi due minori di 16 e 17 anni) mentre un altro minore di 16 anni è stato ferito. Nel corso delle suddette aggressioni sono rimasti feriti 31 israeliani, tra cui un bimbo e 13 membri delle forze di sicurezza [1]

Gli episodi comprendono otto accoltellamenti e tentativi di accoltellamento, cinque investimenti con auto e due scontri a fuoco effettuati da presunti palestinesi che sono fuggiti. Tredici di questi episodi sono avvenuti in Cisgiordania, compresa Gerusalemme Est, e due a Gerusalemme Ovest. Le circostanze di numerosi episodi rimangono controverse. Nessuno degli autori e presunti autori, secondo quanto riferito, apparteneva a fazioni o gruppi armati.

Secondo i media israeliani, il Ministero israeliano della Giustizia ha aperto un’indagine penale sulla sparatoria ed il ferimento di una ragazza palestinese di 16 anni, accusata di aver effettuato un accoltellamento a Gerusalemme Ovest, il 23 novembre; a quanto riferito, l’inchiesta non riguarderà l’uccisione della ragazza palestinese di 14 anni, avvenuta nella stessa circostanza. Questa è la prima indagine, di cui si ha notizia, relativa alla condotta tenuta dalle forze israeliane nel rispondere all’ondata di aggressioni palestinesi verificatesi a partire dal 1° ottobre 2015. A seguito di tali aggressioni sono stati uccisi 71 palestinesi ed altri 23 sono stati feriti, sollevando serie preoccupazioni per il probabile uso eccessivo della forza e uccisioni extragiudiziali.

Nel corso di tre diversi episodi, le forze israeliane hanno ucciso, con armi da fuoco, tre palestinesi: nel contesto di una operazione di ricerca-arresto nel campo profughi di Ad Duheisha (Betlemme); durante le manifestazioni vicino alla recinzione che circonda Gaza; all’ingresso nord della città di Hebron.

Altri 1.409 palestinesi sono stati feriti in questi e in altri scontri verificatesi in tutti i Territori palestinesi occupati (oPt): 102 nei pressi della recinzione che circonda Gaza e i rimanenti [1.307] in diverse località della Cisgiordania. La stragrande maggioranza delle lesioni (1.290) ha avuto luogo nel contesto di proteste contro l’occupazione di lunga data e le politiche israeliane connesse, tra cui il trattenimento da parte delle autorità israeliane dei corpi dei palestinesi uccisi dalle forze israeliane negli ultimi mesi. Almeno il 7% dei ferimenti avvenuti in Cisgiordania, e il 43% di quelli nella Striscia di Gaza, sono stati causati da armi da fuoco, mentre la maggior parte dei restanti sono stati causati da proiettili di gomma o inalazione di gas lacrimogeno. Il maggior numero di feriti (422) relativi ad una singola località, continua ad essere registrato nella città di Qalqiliya: questi includono un gran numero di persone non coinvolte negli scontri, ma curati per aver inalato gas lacrimogeno mentre attraversavano il posto di blocco che controlla l’unico ingresso alla città o per averlo inalato nelle loro case in prossimità degli scontri.

Nel periodo in esame, le forze israeliane hanno arrestato 365 palestinesi in Cisgiordania, più di un quarto nel governatorato di Gerusalemme, durante 214 operazioni di ricerca-arresto. Nella Striscia di Gaza, due pescatori palestinesi sono stati arrestati nel contesto delle restrizioni israeliane in materia di accesso al mare. Anche un componente dello staff della Mezzaluna Rossa Palestinese è stato arrestato mentre usciva da Gaza attraverso il valico di Erez.

Le autorità israeliane hanno demolito, mediante esplosivo, due appartamenti: nel campo profughi di Shu’fat (Gerusalemme Est) e nella città di Nablus. Erano case di famiglia di due palestinesi (uno ucciso e l’altro in carcere) sospettati di aggressioni contro israeliani nel 2014 e 2015. 37 persone (inclusi 18 minori) sono stati sfollati: le due famiglie interessate alle demolizioni ed i residenti di cinque appartamenti adiacenti alla casa di Nablus, gravemente danneggiati dall’esplosione. Altri tre appartamenti, adiacenti alla casa demolita nel campo profughi di Shu’fat, hanno subito danni. Entrambi gli episodi hanno innescato scontri con le forze israeliane e il conseguente ferimento di 46 palestinesi. Dal 1° ottobre le autorità israeliane, per la “necessità di dissuadere i palestinesi dal compiere aggressioni”, hanno effettuato 14 demolizioni punitive, sfollando un totale di 108 palestinesi, tra cui 54 minori (sia dalle case interessate al provvedimento, sia da quelle confinanti).

In area C e a Gerusalemme Est, a causa della mancanza di permessi di costruzione, sei strutture abitative, tra cui tende finanziate da donatori, e una struttura commerciale sono state demolite. Le demolizioni di Gerusalemme Est sono avvenute nella zona di Beit Hanina ed hanno provocato lo sfollamento di due famiglie di profughi registrati (16 persone, tra cui 10 minori). Una delle demolizioni in Area C è stata effettuata nella comunità pastorizia di Al Hadidiya, nel nord della Valle del Giordano che, dal 25 novembre, ha subìto ripetute demolizioni o confische di strutture. Nel corso del periodo, sono state demolite e confiscate tre tende, finanziate da donatori e fornite come aiuto umanitario post-demolizione; sfollati quindi, per la terza volta, 15 palestinesi, tra cui quattro minori. Altre quattro tende, finanziate da donatori, sono state confiscate. In un altro caso, nella comunità pastorizia di At Tabban (Hebron), le forze israeliane hanno confiscato materiale fornito da un’organizzazione internazionale per la riparazione di sette abitazioni: questa è una delle 14 comunità della zona Massafer Yatta a rischio di trasferimento forzato, a causa della designazione dell’area come “zona per esercitazioni a fuoco”.

Nel quartiere Silwan di Gerusalemme Est, le autorità israeliane hanno notificato a tre famiglie palestinesi ordini di sfratto da attuare entro 20 giorni. Questo consegue ad una sentenza di un tribunale israeliano a favore di ‘Ateret Cohanim, organizzazione di coloni che rivendica la proprietà dell’edificio. La stessa organizzazione ha anche avviato un procedimento legale contro altre tre famiglie dello stesso quartiere. Secondo l’organizzazione israeliana per i diritti umani Ir Amin, a Gerusalemme Est, circa 130 famiglie palestinesi sono soggetti a procedimenti giudiziari, nel contesto delle attività di insediamento [di israeliani] nel cuore dei quartieri palestinesi.

In Area C, le autorità israeliane hanno spianato con bulldozer una zona agricola vicino al villaggio di Shufa (Tulkarem), perché “terra di stato”; nel corso dell’operazione hanno distrutto una grande serra di pomodori, 4.500 mq di terra coltivata a spinaci e una rete di irrigazione; hanno inoltre sradicato e sequestrato 150 ulivi e 40 alberi di limone. I beni in questione costituivano la principale fonte di reddito per nove famiglie, composte da 59 persone. Secondo Peace Now, nel mese di ottobre di quest’anno, nei villaggi di Jinsafut (Qalqiliya) e Deir Istiya (Salfit), le autorità israeliane hanno dichiarato “terra di stato” 30.000 mq di terra, per consentire la legalizzazione retroattiva di strutture esistenti, oltre che nuove costruzioni nella colonia israeliana di Karnei Shomron.

Il 4 e il 7 dicembre, le forze israeliane hanno sparato numerose granate verso la zona di Fukhari, ad est di Khan Younis e contro un luogo di addestramento militare a sud-est della città di Gaza, causando danni ad alcune case adiacenti; il contesto di questi incidenti rimane poco chiaro. Inoltre, in almeno 15 occasioni, le forze israeliane hanno aperto il fuoco contro palestinesi nelle Aree ad Accesso Riservato (ARA) a terra e in mare, senza causare vittime o danni; sono inoltre entrati nella Striscia di Gaza in due occasioni, durante le quali hanno effettuato operazioni di livellamento del terreno e scavi.

Gruppi armati palestinesi di Gaza hanno sparato diversi razzi verso Israele, tutti ricaduti in Gaza. In due casi, gruppi armati palestinesi hanno aperto il fuoco contro veicoli militari israeliani nei pressi della recinzione che circonda Gaza; le forze israeliane hanno risposto sparando con mitragliatrici pesanti. Non sono stati segnalati feriti.

È stato riferito che l’8 dicembre, 14 palestinesi sono rimasti intrappolati per quattro ore in un tunnel per il contrabbando, sotto il confine tra la Striscia di Gaza e l’Egitto. Il tunnel è crollato prima che una squadra palestinese di soccorso riuscisse a raggiungerli: sette i feriti.

Due palestinesi (uno in possesso di cittadinanza israeliana) sono stati feriti in due diversi attacchi di coloni israeliani: il conducente di un bus israeliano che è stato aggredito vicino alla colonia di Betar Illit (Betlemme) e un pastore che è stato attaccato dal cane di un colono israeliano nella parte settentrionale della Valle del Giordano. Sono stati segnalati ulteriori episodi di impossessamento di proprietà, impedimento degli spostamenti di palestinesi e intimidazioni; ad esempio, nella zona H2 di Hebron, ad alunni ed insegnanti è stato impedito di raggiungere la loro scuola.

Nel periodo in esame, tre coloni israeliani sono stati arrestati, e sono attualmente sotto interrogatorio, in relazione all’attacco incendiario del 6 settembre nel villaggio di Duma, che provocò la morte di tre membri della stessa famiglia [palestinese] e gravi lesioni ad un altro membro.

Oltre i ferimenti di israeliani riportati sopra (paragrafo 1), sei coloni israeliani, tra cui un minore, sono rimasti feriti dal lancio di pietre contro veicoli in transito nei governatorati di Betlemme, Hebron e Ramallah, in Cisgiordania.

Il governatorato di Hebron continua ad essere la zona più colpita dalle restrizioni di movimento, con conseguenti lunghi ritardi e interruzioni all’accesso a servizi e mezzi di sussistenza per gran parte della popolazione. Tutti gli itinerari (incluse le strade sterrate) che conducono alle principali arterie di traffico (strade 60, 356, 35 e 317) sono rimasti o interamente bloccati per il transito dei veicoli, o sono controllati da posti di blocco “volanti” dispiegati per gran parte del tempo. Il blocco totale include tre delle strade principali di accesso alla città di Hebron, così come gli ingressi principali ad As Samu’, Bani Nai’m e al campo profughi di Al Arrub. L’accesso dei palestinesi all’area di insediamento [colonico], all’interno della zona di Hebron City sotto controllo israeliano (H2), è rimasto fortemente limitato, includendo il divieto di ingresso per i maschi tra i 15 e i 25 anni in alcune aree (via Shuhada e [quartiere di] Tel Rumeida), ad eccezione dei residenti.

I movimenti dei palestinesi, in alcune parti della Cisgiordania settentrionale e centrale, continuano ad essere impediti da posti di blocco e altri ostacoli. Il 9 dicembre, a seguito di una sparatoria, due delle strade principali della città di Tulkarem sono state bloccate con cancelli in ferro, e da allora sono rimaste chiuse. A Ramallah il checkpoint che controlla il principale accesso orientale alla città (DCO checkpoint) è stato chiuso in entrambe le direzioni per due giorni. Contemporaneamente, nel resto del governatorato, i palestinesi continuano ad essere gravati dalla chiusura di altre importanti vie di accesso : un segmento della Old Road 60; l’ingresso orientale di Ein Yabrud (serve 40 villaggi); gli ingressi principali ai villaggi di ‘Abud, Sinjil e Al Mughayir. Per quattro giorni durante il periodo di riferimento, l’esercito israeliano ha chiuso il posto di blocco parziale di Nabi Salih, che interessa direttamente cinque villaggi della zona (circa 17.000 persone). Nel governatorato di Gerusalemme, circa 20.000 palestinesi continuano a risentire della chiusura dell’ingresso principale della città di Ar Ram, e di un posto di blocco permanente collocato ad uno degli ingressi del villaggio Hizma. A Gerusalemme Est, nel periodo di riferimento, sette dei nuovi checkpoint e blocchi stradali, schierati in ottobre 2015, sono stati rimossi, mantenendo operativi otto ostacoli, che pregiudicano l’ingresso e l’uscita dai quartieri di Issawiya, Sur Bahir e Jabal al Mukkabir.

Il valico di Rafah, sotto controllo egiziano, è stato aperto in entrambe le direzioni, il 3 e 4 dicembre, consentendo a 1.526 persone di uscire da Gaza e ad 860 di entrarvi. Il valico è rimasto chiuso, anche per l’assistenza umanitaria, dal 24 ottobre 2014, ad eccezione di 39 giorni di aperture parziali.

_______________________ fine del testo del Rapporto ________________________

[1]  I dati OCHA per la protezione dei civili includono gli episodi che si sono verificati al di fuori dei Territori occupati solo se risultano coinvolti, sia come vittime che come aggressori, persone residenti nei Territori occupati. I feriti palestinesi riportati in questo rapporto includono solo persone che hanno ricevuto cure mediche da squadre di paramedici presenti sul terreno, nelle cliniche locali o negli ospedali. Le cifre sui feriti israeliani si basano su notizie di stampa.


Ultimi sviluppi (fuori dal periodo di riferimento)

Il 15 dicembre, secondo i media israeliani, due palestinesi sono stati uccisi con armi da fuoco dalle forze israeliane: avevano investito con i loro veicoli soldati israeliani che stavano conducendo una operazione di ricerca-arresto nel campo profughi di Qalandiya (Gerusalemme).

“Associazione per la pace – gruppo di Rivoli”
Ezio R. e Giovanni L.V.

assopacerivoli@yahoo.it