Rapporto OCHA del periodo 8 – 21 dicembre 2020

Il 21 dicembre, nella Città Vecchia di Gerusalemme, un 17enne palestinese di Qabatiya (Jenin), secondo quanto riportato, ha aperto il fuoco contro una postazione di polizia ed è stato successivamente colpito e ucciso dalle forze israeliane che lo avevano inseguito.

È stato anche riferito che un agente di polizia è caduto durante l’inseguimento, ferendosi in modo leggero.

Il 20 dicembre, una donna israeliana è stata trovata morta in un bosco vicino all’insediamento colonico di Tal Menashe (Jenin), dove ella viveva; le autorità israeliane sospettano che sia stata aggredita da un palestinese. I media israeliani ritengono questo caso conseguente ad una serie di lanci di pietre e aggressioni fisiche da parte di coloni israeliani contro palestinesi (per lo più antecedenti al periodo di riferimento).

In Cisgiordania, nel corso di molteplici scontri con forze israeliane sono rimasti feriti un totale di 73 palestinesi, compresi 16 minori [seguono dettagli]. La maggior parte dei feriti (57) sono stati registrati a Kafr Qaddum (Qalqiliya), Al Mughayyir e Kafr Malik (Ramallah), durante proteste contro le attività di insediamento colonico. Quattordici palestinesi sono rimasti feriti nelle città di Tulkarm e Nablus e nel villaggio di Jaba’ (Jenin), nel corso di scontri verificatisi durante operazioni di ricerca-arresto; altri due sono stati feriti vicino a Jenin, mentre cercavano di entrare in Israele attraverso varchi della Barriera. Dei palestinesi feriti durante questo periodo, 10 sono stati colpiti da proiettili di armi da fuoco, 17 da proiettili di gomma e 40 sono stati curati per inalazione di gas lacrimogeni.

In Cisgiordania le forze israeliane hanno effettuato 183 operazioni di ricerca-arresto ed hanno arrestato 154 palestinesi. La maggior parte delle operazioni sono state registrate nei governatorati di Nablus (39), Tulkarm (35), Gerusalemme (28) ed Hebron (23).

Ad est della città di Gaza, una abitazione, situata a circa un chilometro dalla recinzione perimetrale con Israele, è stata colpita e gravemente danneggiata da un proiettile di carro armato israeliano; a quanto riferito, il colpo è stato sparato accidentalmente. Nelle aree [di Gaza] adiacenti la recinzione perimetrale e al largo della costa di Gaza, presumibilmente per far rispettare le restrizioni di accesso, le forze israeliane hanno aperto il fuoco d’avvertimento in almeno 22 occasioni. Per due volte i bulldozer israeliani [sono entrati nella Striscia ed] hanno spianato terreni a ridosso della recinzione. A circa 100 metri dalla recinzione [all’interno della Striscia], le forze israeliane hanno collocato cartelli che vietano agli agricoltori palestinesi la coltivazione dei terreni prossimi alla recinzione, pena la rimozione forzosa delle colture.

A motivo della mancanza di permessi di costruzione rilasciati da Israele, sono state demolite o sequestrate un totale di 21 strutture di proprietà palestinese, sfollando 14 persone e creando ripercussioni su oltre 100 [seguono dettagli]. Due case sono state sequestrate in due Comunità beduine (Abu Nuwar e Az Za’ayyem Za’atreh) situate nell’Area C del governatorato di Gerusalemme; tali Comunità si trovano all’interno, o nelle vicinanze, di un’area (E1) su cui Israele ha pianificato una vasta espansione di insediamenti [colonici]. Altre 16 strutture sono state demolite o sequestrate in diverse zone dell’Area C, sette delle quali interessano un’altra Comunità beduina (Ras ‘Ein al’ Auja) situata nella Valle del Giordano. Le restanti tre strutture, in Gerusalemme Est, sono state demolite direttamente dai loro proprietari per evitare maggiori spese e multe. Dal 2009, anno in cui OCHA ha iniziato a documentare sistematicamente questa pratica, il 2020 ha registrato un numero di strutture demolite inferiore solo a quello del 2016.

Nei pressi del villaggio di Suba (Hebron), le forze israeliane hanno spianato con bulldozer circa 3 ettari di terreno agricolo, sulla base del fatto che era stato dichiarato [da Israele] “terra di stato”. Durante l’operazione sono stati sradicati o danneggiati circa 930 ulivi, viti, mandorli e fichi d’india; danneggiati anche terrazzamenti agricoli, pali metallici, recinzioni e un cancello. I mezzi di sussistenza di otto famiglie sono stati colpiti.

Otto palestinesi, tra cui tre minori, sono stati feriti e almeno 740 alberi e alberelli di proprietà palestinese sono stati danneggiati da autori ritenuti coloni israeliani [seguono dettagli]. In tre distinti episodi, coloni israeliani hanno aggredito fisicamente contadini palestinesi della comunità di Susiya, costringendoli ad abbandonare il loro terreno e ferendo un ragazzo e un anziano; questa è una delle molteplici comunità dell’Area C a rischio di trasferimento forzato. In altri tre episodi simili sono rimasti coinvolti agricoltori e altri residenti del villaggio di Kisan (Betlemme). Dopo la morte della donna israeliana [vedere 2° paragrafo], tre palestinesi sono stati feriti vicino a Hebron: un ragazzo e suo padre all’incrocio di Beit ‘Einun e un pastore vicino all’insediamento colonico di Asfar. Gli altri tre degli otto feriti palestinesi sono stati aggrediti fisicamente a Gerusalemme Est, nella Valle del Giordano e a Nablus. La vandalizzazione di circa 740 tra alberi e alberelli [vedere inizio paragrafo] è avvenuta nel corso di cinque episodi: uno di questi si è verificato nella Comunità di Khallet Athaba’ (Hebron), dove, tra ulivi e mandorli, sono stati danneggiati 400 alberi. Dall’inizio del 2020, almeno 8.550 alberi sono stati danneggiati da persone riconosciute, o ritenute, coloni israeliani.

Secondo fonti israeliane, due israeliani sono rimasti feriti e 17 veicoli israeliani, in viaggio sulle strade della Cisgiordania, sono stati danneggiati dal lancio di pietre e bottiglie di vernice ad opera di persone ritenute palestinesi.

Il 21 dicembre, a est di Ramallah, un ragazzo israeliano di 16 anni è deceduto e altri quattro coloni sono rimasti feriti per lo schianto della loro auto, inseguita dalla polizia israeliana; secondo quanto riferito, le autorità israeliane sospettavano che gli occupanti avessero lanciato pietre contro auto palestinesi.

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nota 1:

I Rapporti ONU OCHAoPt vengono pubblicati ogni due settimane in lingua inglese, araba ed ebraica; contengono informa-zioni, corredate di dati statistici e grafici, sugli eventi che riguardano la protezione dei civili nei territori palestinesi occupati.

sono scaricabili dal sito Web di OCHAoPt, alla pagina: https://www.ochaopt.org/reports/protection-of-civilians

L’Associazione per la pace – gruppo di Rivoli, traduce in italiano (vedi di seguito) l’edizione inglese dei Rapporti.

nota 2: Nella versione italiana non sono riprodotti i dati statistici ed i grafici. Le scritte [in corsivo tra parentesi quadre]

sono talvolta aggiunte dai traduttori per meglio esplicitare situazioni e contesti che gli estensori dei Rapporti

a volte sottintendono, considerandoli già noti ai lettori abituali.

nota 3: In caso di discrepanze (tra il testo dei Report e la traduzione italiana), fa testo il Report originale in lingua inglese.

Associazione per la pace – Via S. Allende, 5 – 10098 Rivoli TO; e-mail: assopacerivoli@yahoo.it




Rapporto OCHA del periodo 24 novembre – 7 dicembre 2020

In Cisgiordania, in quattro separati episodi, le forze israeliane hanno sparato, uccidendo un palestinese 15enne e ferendone gravemente altri tre di 16 anni.

Il quindicenne è stato ucciso il 4 dicembre, nei pressi del villaggio di Al Mughayyir (Ramallah), in scontri scoppiati durante una protesta contro la realizzazione di un avamposto colonico israeliano. Le autorità israeliane hanno annunciato l’apertura di un’indagine. Due dei ragazzi feriti sono stati colpiti al petto, con armi da fuoco, durante lanci di pietre avvenuti il 28 e 29 novembre, vicino ad Al Bireh e Silwad (Ramallah), e sono stati ricoverati in unità di terapia intensiva. Il quarto ragazzo è stato colpito alla testa da un proiettile gommato, il 27 novembre, durante la manifestazione settimanale contro l’espansione degli insediamenti a Kafr Qaddum (Qalqiliya), ed è stato ricoverato in ospedale con il cranio fratturato. Il Coordinatore Speciale delle Nazioni Unite, Nickolay Mladenov, nonché l’Ufficio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite hanno invitato Israele a condurre indagini rapide, trasparenti e indipendenti e a fare in modo che i responsabili rendano conto.

Le forze israeliane, in due distinti episodi verificatisi a posti di blocco che controllano gli ingressi in Gerusalemme Est da altre parti della Cisgiordania, hanno sparato e ucciso un palestinese e ne hanno ferito gravemente un altro [seguono dettagli]. Il 25 novembre, al checkpoint di Az Za’ayyem, un autista palestinese, i cui documenti erano in fase di controllo, secondo fonti ufficiali israeliane, ha improvvisamente accelerato la sua auto, ferendo leggermente un poliziotto israeliano; successivamente l’uomo si è fermato ai bordi della strada, ma le forze israeliane che avevano rincorso il veicolo hanno aperto il fuoco, uccidendolo. Un’indagine di B’Tselem, organizzazione israeliana per i Diritti Umani, ha accertato che, nel momento in cui è stato ucciso, l’uomo non costituiva una minaccia. Il 7 dicembre, le forze israeliane hanno sparato e ferito un palestinese disarmato che stava camminando verso il checkpoint di Qalandiya e, secondo quanto riferito, si era rifiutato di fermarsi all’intimazione di alt.

In Cisgiordania, durante molteplici scontri, sono complessivamente rimasti feriti 206 palestinesi, inclusi dieci minori, e sei soldati israeliani [seguono dettagli]. 148 palestinesi sono stati colpiti nel corso di proteste contro attività di insediamento colonico: a Salfit, a Ein as Samiya e Al Mughayyir (entrambi in Ramallah), a Beit Dajan (Nablus) ed a Kafr Qaddum (Qalqiliya). Altri 25 palestinesi sono rimasti feriti al checkpoint di Tayasir, nella valle del Giordano settentrionale, durante una protesta contro la demolizione di case. Scontri con forze israeliane, scoppiati nella città di Nablus in seguito all’ingresso di un gruppo di israeliani al sito religioso della Tomba di Giuseppe, hanno provocato il ferimento di 13 palestinesi. Cinque palestinesi e sei soldati israeliani sono rimasti feriti durante un’operazione di ricerca-arresto nel Campo Profughi di Qalandiya (Gerusalemme). I restanti 15 feriti sono stati registrati nel Campo Profughi di Ad Duheisheh (Betlemme), durante operazioni di ricerca-arresto e nel quartiere Al ‘Isawiya di Gerusalemme Est (compreso un giovane colpito al volto), durante episodi di lancio di pietre e tentativi, da parte di palestinesi, di entrare in Israele attraverso brecce nella Barriera. Dei palestinesi feriti, 9 sono stati colpiti da proiettili di arma da fuoco e 78 da proiettili gommati; 110 sono stati curati per inalazione di gas lacrimogeno e la maggior parte dei rimanenti è stata aggredita fisicamente.

In Cisgiordania le forze israeliane hanno effettuato 182 operazioni di ricerca-arresto ed hanno arrestato 149 palestinesi. Il maggior numero di operazioni è stato registrato nei governatorati di Gerusalemme (52) e Hebron (46). Delle 52 operazioni condotte a Gerusalemme, 40 sono state effettuate in Gerusalemme Est, e 9 di esse nel quartiere di Al ‘Isawiya. Sempre a Gerusalemme Est, le autorità israeliane hanno emesso ordini di divieto di ingresso nei confronti di tre palestinesi; costoro precedentemente erano stati arrestati nel complesso di Haram al Sharif / Monte del Tempio per “disturbi all’ordine pubblico”. Sono oltre 150 le persone bandite da tali ordini dall’inizio del 2020.

In almeno 18 occasioni le forze israeliane hanno aperto il fuoco [di avvertimento] verso palestinesi presenti in aree di Gaza adiacenti alla recinzione israeliana e, in mare, al largo della sua costa, presumibilmente per far rispettare le restrizioni di accesso. Non sono stati registrati feriti. In altre due occasioni, bulldozer israeliani, entrati in Gaza, hanno spianato il terreno in prossimità della recinzione perimetrale. Le forze israeliane hanno arrestato, e successivamente rilasciato, due palestinesi che, a quanto riferito, erano entrati in Israele, a est di Deir al Balah, attraverso la recinzione.

A causa della mancanza di permessi di costruzione rilasciati da Israele, 52 strutture di proprietà palestinese (49 in Area C e 3 in Gerusalemme Est) sono state demolite o sequestrate, sfollando 67 persone e creando ripercussioni su circa 860 [seguono dettagli]. Il 25 novembre, in sette Comunità dell’area di Massafer Yatta, a sud di Hebron, le autorità israeliane hanno demolito dieci strutture, compresi circa quattro chilometri di condutture idriche fornite come assistenza umanitaria. La maggior parte di quest’area è designata [da Israele] come “area chiusa” e destinata all’addestramento militare, mettendo i suoi 1.400 residenti a rischio di trasferimento forzato. Tredici delle strutture sono state demolite sulla base di “Ordini Militari 1797”, che consentono di effettuare la demolizione entro 96 ore dall’emissione di un “ordine di rimozione”. A Gerusalemme Est, due delle tre demolizioni di strutture residenziali sono state eseguite dagli stessi proprietari per evitare multe e oneri aggiuntivi.

Nei pressi di Qalqiliya, due palestinesi sono stati feriti e almeno 300 alberi di proprietà palestinese ed altre proprietà sono state danneggiate da persone ritenute coloni israeliani [seguono dettagli]. Gli alberi sono stati vandalizzati nei villaggi di Turmus’ayya (Ramallah), As Sawiya (Nablus) e Kafr ad Dik, Bruqin, Yasuf e Haris in Salfit ed includono 150 viti e circa 140 tra ulivi ed alberelli. A titolo di riepilogo consuntivo [parte dei dati sono già stati riportati in Rapporti precedenti]: nei mesi di ottobre e novembre sono stati vandalizzati almeno 1.750 ulivi ed il prodotto di oltre 1.800 è stato rubato da sospetti coloni. In due dei rimanenti episodi sono stati danneggiati un vivaio nel villaggio di As Sawiya ed un negozio nella città di Hebron, nella zona controllata da Israele. Un altro episodio, in Tubas, ha riguardato l’aggressione contro pastori palestinesi ed il ferimento di una mucca. A Gerusalemme Est, la polizia israeliana ha arrestato un israeliano che stava tentando di dare alle fiamme una chiesa.

Le forze israeliane hanno sradicato circa 200 ulivi e viti piantate da agricoltori palestinesi del villaggio di Al Khader (Betlemme) su terreno dichiarato [da Israele] “terra di Stato” nel 2014. Il terreno è situato vicino all’insediamento colonico di Neve Daniel.

Secondo fonti israeliane, due israeliani sono rimasti feriti e 19 veicoli israeliani che viaggiavano su strade della Cisgiordania sono stati danneggiati dal lancio di pietre, bottiglie di vernice e bottiglie incendiarie, ad opera di aggressori ritenuti palestinesi.

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Rapporto OCHA del periodo 6 – 19 ottobre 2020

La stagione della raccolta delle olive, iniziata il 7 ottobre, è stata perturbata o interrotta, da 19 episodi provocati da persone ritenute, o riconosciute, come coloni israeliani: 23 agricoltori palestinesi sono rimasti feriti, oltre 1.000 ulivi sono stati bruciati o danneggiati in altro modo, e grandi quantità di prodotti sono stati rubati

Nella periferia del villaggio di Burqa (Ramallah), in tre occasioni, coloni hanno preso a sassate e aggredito fisicamente palestinesi intenti a raccogliere olive, innescando scontri. In uno di tali scontri sono intervenute le forze israeliane: 14 palestinesi sono rimasti feriti e 30 alberi sono stati bruciati dai lacrimogeni. Gli altri ferimenti sono stati registrati in zone agricole nei pressi della città di Huwwara (Nablus) e nei villaggi di Ni’lin e Beitillu (Ramallah). Nei pressi dell’insediamento israeliano di Mevo Dotan (Jenin), circa 450 ulivi sono stati dati alle fiamme e distrutti; poco prima i contadini palestinesi del villaggio di Yaabad erano stati attaccati da coloni e costretti dai soldati israeliani ad allontanarsi. Anche nel villaggio di Saffa (Ramallah), in un’area chiusa dietro la Barriera, alcune centinaia di ulivi appartenenti a palestinesi sono stati incendiati e danneggiati. In altre dieci località, attigue ad insediamenti colonici, gli agricoltori, allorquando hanno potuto raggiungere i loro terreni, hanno scoperto che i loro ulivi erano stati vandalizzati o che i prodotti erano stati raccolti e rubati. Molti degli episodi hanno avuto luogo in aree ad “accesso limitato”; aree nelle quali, durante l’intera stagione del raccolto, le autorità israeliane consentono l’accesso ai palestinesi per soli due-quattro giorni.

Sono stati registrati altri quattro attacchi da parte di persone ritenute coloni [seguono dettagli]. Nel governatorato di Betlemme, un bimbo palestinese di un anno è rimasto ferito nell’auto su cui viaggiava, colpita da pietre. Nella vicina Al Khader, 40 alveari sono stati dati alle fiamme e bruciati. Nell’area Farsiya della Valle del Giordano settentrionale, pastori palestinesi sono stati aggrediti fisicamente da un gruppo di coloni e una delle loro pecore è stata uccisa. Nel villaggio di Jalud (Nablus) sono stati tagliati e danneggiati pali e cavi elettrici che portano energia a locali agricoli [palestinesi].

Le autorità israeliane hanno annunciato che, durante la stagione della raccolta delle olive, per gli agricoltori palestinesi vi saranno facilitazioni nel rilascio dei permessi di accesso alle loro terre che si trovano dietro la Barriera. In una lettera a un Gruppo israeliano per i Diritti umani, HaMoked, le autorità hanno comunicato che, a coloro che lo avevano ottenuto durante la stagione precedente, il permesso sarebbe stato concesso automaticamente e che il ritiro doveva essere effettuato presso gli uffici israeliani di coordinamento e collegamento distrettuale (DCL). Tuttavia, questa disposizione non verrebbe applicata [ai palestinesi] su cui pendono “obiezioni di sicurezza”. Negli ultimi mesi gli uffici della DCL sono stati sovraffollati, sollevando preoccupazioni per le potenziali trasmissioni COVID-19.

In Cisgiordania, oltre ai summenzionati episodi connessi alla raccolta delle olive, in scontri [tra palestinesi e forze israeliane] sono rimasti feriti ottantacinque palestinesi, tra cui almeno 11 minori, e due soldati israeliani [seguono dettagli]. La stragrande maggioranza di questi ferimenti è stata registrata nei campi profughi di Al Am’ari, Al Jalazun (Ramallah), Al Arrub (Hebron) e Balata (Nablus), a seguito di operazioni di ricerca-arresto ed episodi di lancio di pietre. Ad Al Jalazun, i soldati hanno sparato grandi quantità di lacrimogeni contro studenti che, a quanto riferito, avevano lanciato pietre; successivamente i militari sono entrati nell’edificio scolastico ed hanno rinchiuso gli studenti nelle aule. Cinque palestinesi sono rimasti feriti in scontri scoppiati durante l’aratura di un terreno prossimo all’insediamento colonico di Elon More; terreno di cui coloni israeliani avevano tentato di appropriarsi per stabilirvi un avamposto. I rimanenti ferimenti sono stati registrati in altri scontri o durante tentativi di entrare in Israele attraverso brecce della Barriera. Nel complesso, 21 palestinesi sono stati colpiti da proiettili di gomma e dieci da proiettili di armi da fuoco, mentre la maggior parte delle restanti persone sono state curate per inalazione di gas lacrimogeno.

In Cisgiordania le forze israeliane hanno effettuato 126 operazioni di ricerca-arresto ed hanno arrestato 132 palestinesi. La metà delle operazioni sono state registrate nel governatorato di Gerusalemme; in particolare, il quartiere Al ‘Isawiya di Gerusalemme Est è stato sottoposto ad attività di polizia, quasi quotidiane, che hanno portato all’arresto di 30 palestinesi, compresi 13 minori.

Il 16 ottobre, da Gaza, un gruppo armato palestinese ha lanciato un razzo verso il sud di Israele, colpendo un’area aperta, senza provocare feriti. Sempre a Gaza, presumibilmente per far rispettare le restrizioni di accesso alle aree prossime alla recinzione perimetrale israeliana e al largo della costa, le forze israeliane hanno aperto il fuoco di avvertimento in almeno 30 occasioni, senza provocare feriti.

Il 18 ottobre, le forze israeliane sono entrate nella Striscia di Gaza, ad est di Khan Younis, ed hanno devastato con buldozer terreni a circa 400 metri dalla recinzione perimetrale, distruggendo vaste aree di colture e sistemi di irrigazione. Secondo fonti israeliane, le operazioni avevano lo scopo di distruggere tunnel scavati da gruppi armati palestinesi per scopi militari.

In Area C, per mancanza di permessi di costruzione emessi da Israele, in tre circostanze, le autorità israeliane hanno demolito o sequestrato otto strutture di proprietà palestinese, sfollando 12 persone. Cinque delle strutture si trovavano in due Comunità nell’area di Massafer Yatta a Hebron, in un’area designata [da Israele] “zona per esercitazioni a fuoco”, destinata all’addestramento militare israeliano. Le restanti tre strutture sono state demolite nella Comunità di Al Farisiya-Khallet Khader della Valle del Giordano, sulla base di “Ordini Militari 1797” che consentono di effettuare le demolizioni entro 96 ore dall’emissione degli stessi. Nessun episodio è stato registrato a Gerusalemme Est, dove, il 1° ottobre, le autorità israeliane avevano annunciato che, a causa della pandemia COVID-19, avrebbero sospeso la demolizione di case abitate.

Un israeliano è rimasto ferito e nove veicoli israeliani, che viaggiavano all’interno della Cisgiordania, hanno subito danni ad opera di aggressori ritenuti palestinesi che, secondo fonti israeliane, hanno lanciato pietre o bottiglie di vernice.

nota 1:

I Rapporti ONU OCHAoPt vengono pubblicati ogni due settimane in lingua inglese, araba ed ebraica; contengono informa-zioni, corredate di dati statistici e grafici, sugli eventi che riguardano la protezione dei civili nei territori palestinesi occupati.

sono scaricabili dal sito Web di OCHAoPt, alla pagina:https://www.ochaopt.org/reports/protection-of-civilians

L’Associazione per la pace – gruppo di Rivoli, traduce in italiano (vedi di seguito) l’edizione inglese dei Rapporti.

nota 2: Nella versione italiana non sono riprodotti i dati statistici ed i grafici. Le scritte [in corsivo tra parentesi quadre]

sono talvolta aggiunte dai traduttori per meglio esplicitare situazioni e contesti che gli estensori dei Rapporti

a volte sottintendono, considerandoli già noti ai lettori abituali.

nota 3: In caso di discrepanze (tra il testo dei Report e la traduzione italiana), fa testo il Report originale in lingua inglese.

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Rapporto OCHA del periodo 28 luglio -10 agosto

Il 7 agosto, nella città di Jenin, durante scontri tra palestinesi e forze israeliane, una donna palestinese 23enne è stata uccisa da un proiettile penetrato nella sua casa.

Gli scontri sono avvenuti nel corso di un’operazione di ricerca-arresto, durante la quale giovani palestinesi hanno lanciato pietre ed esplosivi artigianali contro le forze israeliane, che hanno risposto sparando lacrimogeni. Secondo quanto riferito, la donna è stata colpita dal proiettile nel momento in cui stava chiudendo la finestra della casa, per impedire l’afflusso di gas lacrimogeno. Anche l’ambulanza che ha trasportato la donna in ospedale è stata colpita con proiettili di arma da fuoco. Fonti palestinesi hanno attribuito alle forze israeliane lo sparo fatale. Secondo l’esercito israeliano, citato dai media, le forze israeliane coinvolte nell’operazione non hanno usato le armi da fuoco. Gli scontri si sono conclusi senza feriti o arresti.

In Cisgiordania, in vari scontri, sono rimasti feriti 100 palestinesi, tra cui 15 minori [segue dettaglio]. L’episodio più grave, che ha causato 91 feriti, è avvenuto il 7 agosto nel villaggio di Turmus’ayya (Ramallah) durante una protesta contro la confisca di terreni [palestinesi] e l’espansione degli insediamenti colonici [israeliani]. Altri otto feriti sono stati registrati durante quattro delle 117 operazioni di ricerca-arresto condotte durante il periodo di riferimento. Un altro palestinese è rimasto ferito durante le manifestazioni settimanali a Kafr Qaddum (Qalqiliya). Quattro dei 100 ferimenti sono stati causati da armi da fuoco, 11 da proiettili di gomma e 13 da aggressione fisica, mentre i rimanenti sono stati curati per inalazione di gas lacrimogeno. Inoltre, nell’area H1 della città di Hebron, un soldato israeliano, colpito da una pietra, è rimasto ferito.

Dal 5 agosto, palestinesi della Striscia di Gaza hanno quotidianamente lanciato decine di palloni igniferi, provocando estesi incendi di terreni agricoli nel sud di Israele. Questa pratica era stata interrotta nel dicembre 2019, in seguito alla sospensione delle proteste collegate alla “Grande Marcia del Ritorno”. A partire dal 10 agosto, l’Autorità israeliana per la Natura ed i Parchi ha segnalato l’incendio di almeno 100 ettari di terra. A seguito di questi atti, l’aviazione israeliana ha colpito diversi siti militari a Gaza, senza provocare vittime.

Il 2 agosto, un gruppo armato palestinese ha lanciato un razzo [da Gaza] verso il sud di Israele; a seguire, l’aviazione israeliana ha attaccato la postazione di un gruppo armato e terreni coltivati. Da entrambe le parti sono stati segnalati limitati danni alle proprietà.

Nella Striscia di Gaza, presumibilmente per far rispettare [ai palestinesi] le restrizioni di accesso alle aree prossime alla recinzione perimetrale israeliana e al largo della costa, in almeno 27 occasioni, le forze israeliane hanno aperto il fuoco di avvertimento. Non sono stati segnalati ferimenti né danni alle proprietà.

In Cisgiordania, per mancanza di permessi di costruzione rilasciati da Israele, sono state demolite o sequestrate 43 strutture palestinesi, causando lo sfollamento di 108 persone e ripercussioni su altre 240 [seguono dettagli]. Trentatré delle strutture erano in Area C, e 13 di esse si trovavano in quattro Comunità beduine palestinesi situate all’interno o a ridosso di un’area destinata [da Israele] all’espansione dell’insediamento colonico di Ma’ale Adummim (l’area E1). Sempre in Area C, 14 persone sono state sfollate nel villaggio di Susiya (Hebron sud) dopo che la tenda dove vivevano, finanziata da donatori, è stata demolita. Altre quattro strutture sono state prese di mira a Khallet Sakariya (Betlemme) e Fraseen (Jenin) sulla base di un “Ordine Militare 1797”, che consente di effettuare le demolizioni entro 96 ore dall’emissione degli ordini di rimozione. A Fraseen, 18 strutture sono state raggiunte da ordini di fermo-lavori o ordini di rimozione. Le altre dieci strutture demolite erano a Gerusalemme Est ed includevano cinque case auto-demolite dai proprietari [palestinesi] a seguito dell’emissione degli ordini di demolizione.

Tre palestinesi sono stati feriti e proprietà palestinesi sono state vandalizzate da aggressori ritenuti coloni [seguono dettagli]. A quanto riferito, tre degli episodi hanno avuto come protagonisti coloni dell’insediamento avamposto [non autorizzato] di Adei Ad, nel nord-est di Ramallah: un’aggressione fisica a due contadini; uno speronamento con auto che ha ucciso otto pecore e ne ha ferite altre 12; e, infine, l’incendio di 30 viti. Durante quest’ultimo episodio, un colono ha sparato contro palestinesi che tentavano di spegnere il fuoco, costringendoli ad andarsene; non sono stati segnalati feriti. In prossimità dell’insediamento colonico di Shilo, altre 15 pecore sono morte, a quanto riferito, per aver mangiato erba che era stata avvelenata. A Kafr ad Dik e Yasuf (Salfit), 15 ulivi sono stati vandalizzati e recinzioni e pali di ferro sono stati rubati. A Fara’ata (Qalqiliya), due veicoli sono stati dati alle fiamme e sui muri di alcune case del villaggio sono state spruzzate scritte in ebraico.

Secondo fonti israeliane, una donna israeliana è stata ferita e sei veicoli in transito su strade della Cisgiordania sono stati danneggiati dal lancio di pietre effettuato da palestinesi.

Ultimi sviluppi (fuori dal periodo di riferimento)

12-13 agosto: in risposta al continuo lancio, dalla Striscia di Gaza, di palloni incendiari che hanno bruciato terreni agricoli nel sud di Israele, le autorità israeliane hanno interrotto l’ingresso della maggior parte delle merci dirette a Gaza, (compreso il carburante), hanno ridotto l’area di pesca consentita [ai palestinesi] lungo la costa ed hanno attaccato diverse postazioni militari.

nota 1:

I Rapporti ONU OCHAoPt vengono pubblicati ogni due settimane in lingua inglese, araba ed ebraica; contengono informa-zioni, corredate di dati statistici e grafici, sugli eventi che riguardano la protezione dei civili nei territori palestinesi occupati.

sono scaricabili dal sito Web di OCHAoPt, alla pagina: https://www.ochaopt.org/reports/protection-of-civilians

L’Associazione per la pace – gruppo di Rivoli, traduce in italiano (vedi di seguito) l’edizione inglese dei Rapporti.

nota 2: Nella versione italiana non sono riprodotti i dati statistici ed i grafici. Le scritte [in corsivo tra parentesi quadre]

sono talvolta aggiunte dai traduttori per meglio esplicitare situazioni e contesti che gli estensori dei Rapporti

a volte sottintendono, considerandoli già noti ai lettori abituali.

nota 3: In caso di discrepanze (tra il testo dei Report e la traduzione italiana), fa testo il Report originale in lingua inglese.

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Rapporto OCHA del periodo 14-27 luglio 2020

In Cisgiordania, 20 palestinesi sono rimasti feriti in scontri con forze israeliane.

Questo dato è più basso di circa l’80% rispetto al numero medio di feriti registrati dall’inizio del 2020 in analoghe circostanze. Dei venti feriti, quattordici si sono avuti durante scontri scoppiati in due separate proteste contro la realizzazione di due avamposti colonici [israeliani] nei pressi dei villaggi di Asira ash Shamaliya e di Beita (entrambi in Nablus); tali avamposti sono stati successivamente smantellati dalle autorità israeliane. Gli altri sei palestinesi [dei 20], incluso un minore, sono rimasti feriti durante scontri innescati da operazioni di ricerca-arresto nei Campi profughi di Balata (Nablus), Al Jalazun (Ramallah) e Jenin, e nella città di Tulkarm.

Il 21 luglio, due ragazzi palestinesi (di 11 e 14 anni) sono rimasti ustionati (uno in modo grave) maneggiando un oggetto caduto da un aeromobile israeliano durante un addestramento militare, secondo quanto riferito; l’oggetto ha spontaneamente preso fuoco dopo la caduta. L’episodio è avvenuto nella città di Hebron, nell’Area (H2) controllata da Israele, nei pressi della casa dei ragazzi.

Il 25 luglio, nella città di Nablus, durante scontri, le forze di sicurezza palestinesi hanno sparato, uccidendo un palestinese e ferendone diversi altri. Gli scontri sono scoppiati quando le forze palestinesi, nell’intento di applicare le norme di blocco imposte nel contesto della pandemia, hanno tentato di chiudere negozi e arrestare i proprietari. Le autorità palestinesi hanno annunciato l’apertura di un’inchiesta.

A Gerusalemme Est, le forze israeliane hanno condotto 26 operazioni di ricerca-arresto; due di tali operazioni sono state effettuate presso sedi di istituzioni culturali ed una presso un centro di magazzinaggio della Società della Mezzaluna Rossa Palestinese (PRCS). In quest’ultimo caso, le forze israeliane hanno requisito circa 100 confezioni di alimenti destinati, secondo quanto riferito, alle famiglie in quarantena domiciliare per il COVID-19; le motivazioni dell’azione non sono ancora chiare. In seguito all’operazione svolta nei due centri culturali e all’arresto dei loro direttori, una rete di ONG palestinesi ha rilasciato una dichiarazione nella quale esorta la Comunità internazionale a difendere lo spazio civico e a proteggere le Organizzazioni della società civile palestinese. In una delle operazioni, svolta nel quartiere di Al ‘Isawiya, una unità sotto copertura ha aggredito fisicamente e arrestato un ragazzo palestinese di 12 anni.

Nella Striscia di Gaza, presumibilmente per far rispettare le restrizioni di accesso alle aree [interne alla Striscia e] prossime alla recinzione perimetrale israeliana e al largo della costa, in almeno 22 occasioni, le forze israeliane hanno aperto il fuoco di avvertimento; non sono stati segnalati feriti né danni alle proprietà. In due occasioni, le forze israeliane sono entrate in Gaza ed hanno effettuato operazioni di spianatura del terreno e di scavo vicino alla recinzione perimetrale.

In Area C e Gerusalemme Est, per mancanza di permessi di costruzione rilasciati da Israele, sono state demolite o sequestrate trenta strutture di proprietà palestinese, sfollando 25 persone e creando ripercussioni su altre 140 [seguono alcuni dettagli]. In un episodio accaduto il 21 luglio, le autorità israeliane hanno demolito una struttura alla periferia della città di Hebron che, secondo la Municipalità di Hebron, era pianificata per essere utilizzata come centro diagnostico del COVID-19; l’affermazione è contestata dalle autorità israeliane. Questa e altre tre strutture sono state demolite in base ad un “Ordine Militare 1797”, che consente la demolizione di edifici “non autorizzati” entro 96 ore dalla consegna della notifica. Le Organizzazioni Umanitarie e per i Diritti Umani hanno ripetutamente manifestato preoccupazione per questa procedura che, sostanzialmente, impedisce alle persone destinatarie dei provvedimenti di essere ascoltate da un organo giudiziario.

Dal 5 marzo (data di inizio dell’emergenza COVID-19), citando la mancanza di permessi [israeliani] di costruzione, le autorità israeliane hanno demolito o sequestrato 19 case abitate, esistenti prima di tale data, sfollando 104 palestinesi. Ciò è in contrasto con l’impegno, da parte delle autorità [israeliane], di sospendere la demolizione di tali strutture durante la pandemia. Durante questo periodo, altre sette case abitate sono state autodemolite dai proprietari, in ottemperanza all’emissione di ordini di demolizione. Dall’inizio dell’emergenza COVID-19, adducendo la motivazione della mancanza di permessi di costruzione, 282 strutture palestinesi di ogni tipo [abitazioni e/o strutture di servizio] sono state demolite o sequestrate in violazione del diritto umanitario internazionale.

Assalitori, ritenuti coloni israeliani, hanno ferito tre palestinesi ed hanno vandalizzato una moschea, circa 30 alberi ed altre proprietà [seguono dettagli]. Dei tre feriti, due sono stati aggrediti fisicamente con bastoni e pietre nel villaggio di Turmus’ayya (Ramallah) e un altro nella Zona H2 della città di Hebron. Il 27 luglio, nella città di Al Bireh (Ramallah,) una moschea è stata incendiata, danneggiandone parti e scritte in lingua ebraica sono state dipinte sui suoi muri. È stato riferito che la polizia israeliana ha aperto un’inchiesta. Nei villaggi di Turmus’ayya, Burin, Qaryut (tutti in Nablus) e Sa’ir (Hebron) sono stati incendiati o abbattuti circa 30 ulivi. Tra le altre proprietà vandalizzate sono da includere escavatori e altri strumenti di lavoro in una cava nel villaggio di Jamma’in (Nablus) e negozi chiusi nella Zona H2 della città di Hebron.

Un colono israeliano è stato aggredito fisicamente e ferito da palestinesi nell’Area H2 della città di Hebron. Secondo fonti israeliane, altri quattro israeliani sono rimasti feriti per il lancio di pietre da parte di palestinesi contro veicoli in transito sulle strade della Cisgiordania. A quanto riferito, sei veicoli israeliani hanno subito danni a causa del lancio di pietre ed uno a causa del lancio di una bottiglia incendiaria da parte di palestinesi.

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nota 1:

I Rapporti ONU OCHAoPt vengono pubblicati ogni due settimane in lingua inglese, araba ed ebraica; contengono informa-zioni, corredate di dati statistici e grafici, sugli eventi che riguardano la protezione dei civili nei territori palestinesi occupati.

sono scaricabili dal sito Web di OCHAoPt, alla pagina: https://www.ochaopt.org/reports/protection-of-civilians

L’Associazione per la pace – gruppo di Rivoli, traduce in italiano (vedi di seguito) l’edizione inglese dei Rapporti.

nota 2: Nella versione italiana non sono riprodotti i dati statistici ed i grafici. Le scritte [in corsivo tra parentesi quadre]

sono talvolta aggiunte dai traduttori per meglio esplicitare situazioni e contesti che gli estensori dei Rapporti

a volte sottintendono, considerandoli già noti ai lettori abituali.

nota 3: In caso di discrepanze (tra il testo dei Report e la traduzione italiana), fa testo il Report originale in lingua inglese.

Associazione per la pace – Via S. Allende, 5 – 10098 Rivoli TO; e-mail: assopacerivoli@yahoo.it




Rapporto OCHA del periodo 30 giugno – 13 luglio 2020

In Cisgiordania, il 9 luglio, nei pressi del villaggio di Kifl Haris (Salfit), le forze israeliane hanno sparato, uccidendo un palestinese di 33 anni e ferendone un altro.

Fonti ufficiali israeliane hanno riferito che i soldati hanno aperto il fuoco contro due palestinesi visti lanciare una bottiglia incendiaria contro una postazione militare; uno dei due è stato ferito, mentre l’altro è fuggito. Successivamente il ferito [forse già morto] è stato prelevato da un’ambulanza palestinese. Fonti palestinesi hanno affermato che l’uomo rimasto ucciso era un passante. Le autorità israeliane hanno aperto un’indagine. Questo episodio porta a 17 il numero di palestinesi uccisi in Cisgiordania dalle forze israeliane dall’inizio del 2020. Un altro palestinese è stato colpito e ferito da forze israeliane durante scontri scoppiati dopo il funerale dell’uomo ucciso. Un cancello all’ingresso principale di Kifl Haris, che era stato chiuso il giorno prima dell’accaduto, è rimasto chiuso fino al 12 luglio, ostacolando gli spostamenti degli oltre 4.300 residenti [palestinesi].

Sempre in Cisgiordania, in numerosi scontri, sono stati feriti dalle forze israeliane altri 72 palestinesi [segue dettaglio]. Quaranta di questi feriti si sono avuti durante operazioni di ricerca-arresto condotte nella città di Abu Dis (Gerusalemme), nel quartiere di Al ‘Isawiya (Gerusalemme Est) e nella città di Nablus. Complessivamente, in tutta la Cisgiordania, ci sono state 150 operazioni di questo tipo, il 30% delle quali compiute a Gerusalemme Est e dintorni. Altri 30 feriti sono stati segnalati durante varie proteste contro attività riferibili a coloni: ad ‘Asira ash Shamaliya (Nablus), contro la creazione di un nuovo avamposto colonico in prossimità del villaggio; a Biddya (Salfit) per protestare contro i continui attacchi ad agricoltori (vedi sotto); a Kafr Qaddum (Qalqiliya), contro le restrizioni di accesso di lunga data e contro l’espansione degli insediamenti colonici nell’area. Nella città di Hebron, un palestinese è rimasto ferito durante una protesta contro il Piano di annessione previsto da Israele, e un altro è stato ferito nel governatorato di Tulkarm, ad un checkpoint della Barriera. Tre dei ferimenti sono stati provocati da proiettili di arma da fuoco; i rimanenti sono da attribuire ad inalazione di gas lacrimogeno, proiettili di gomma ed aggressioni fisiche.

Durante il periodo di riferimento, quasi ogni giorno e per diverse ore, uno dei principali checkpoint che controllano l’accesso all’Area riservata della città di Hebron è rimasto chiuso, ostacolando l’accesso dei residenti palestinesi ai servizi di base dislocati in altre parti della Città. Le chiusure sono state attuate durante e dopo le quasi quotidiane proteste anti-annessione e successivi scontri avvenuti vicino al checkpoint (al di fuori dell’Area riservata). Queste restrizioni hanno esacerbato il contesto coercitivo imposto agli oltre 1.000 palestinesi che vivono in questa area della città di Hebron, dove sono stati costituiti insediamenti israeliani dedicati.

Il 5 luglio, un gruppo armato palestinese ha lanciato tre missili contro la regione meridionale di Israele; a seguito del lancio, forze [aeree] israeliane hanno attaccato la postazione di un gruppo armato e diverse aree aperte di Gaza. Non ci sono state vittime da ambo le parti; tre case ed una fattoria palestinesi sono state danneggiate dai raid aerei israeliani.

Nella Striscia di Gaza, presumibilmente per far rispettare le restrizioni di accesso sia ad aree [interne alla Striscia, ma] prossime alla recinzione perimetrale israeliana, sia al largo della costa, le forze israeliane hanno aperto il fuoco di avvertimento in almeno 18 occasioni. Non sono stati registrati feriti, ma, in un caso, le forze navali israeliane hanno arrestato quattro pescatori e confiscato due barche; successivamente i pescatori sono stati liberati. Inoltre, in due casi, le forze israeliane hanno arrestato due palestinesi che stavano tentando di entrare in Israele: uno attraverso la recinzione e l’altro dal mare. In tre casi, le forze israeliane sono entrate a Gaza ed hanno effettuato operazioni di spianatura del terreno e di scavo vicino alla recinzione.

Per mancanza di permessi di costruzione israeliani, sono state demolite o sequestrate trentuno strutture di proprietà palestinese, sfollando 13 persone e intaccando il sostentamento di oltre 100 altre [segue dettaglio]. Nella valle del Giordano, nella Comunità beduina palestinese di Fasayil, le autorità israeliane hanno demolito 12 abitazioni e strutture di sostentamento ad utilizzo stagionale. Quattro delle strutture colpite erano situate in quattro Comunità beduine, interne o attigue ad un’area destinata [da Israele] all’espansione dell’insediamento colonico di Ma’ale Adumim (Piano E1). Due strutture della Comunità di At Taybeh (Hebron), anch’esse in Area C, sono state demolite sulla base di un “Ordine militare 1797”, che prevede la rimozione accelerata di strutture prive di licenza, in quanto ritenute “nuove”. Nove strutture sono state demolite a Gerusalemme Est, di cui due nel quartiere di Al ‘Isawiya; qui, il 19 febbraio 2020, il Comune di Gerusalemme aveva annunciato un arresto semestrale delle demolizioni.

In due località situate nell’Area C del governatorato di Hebron, le forze israeliane hanno spianato con bulldozer terreni agricoli, con la motivazione che l’area è designata [da Israele] come “terra di Stato” [segue dettaglio]. Ad Al Baq’a, vicino alla città di Hebron, 0,4 ettari di colture stagionali e un muro di sostegno sono stati distrutti con bulldozer, mentre vicino alla città di Sair sono stati sradicati 70 ulivi.

Cinque palestinesi sono stati feriti e decine di alberi e veicoli sono stati vandalizzati da coloni israeliani. Tutti i ferimenti si sono verificati in due episodi accaduti nel villaggio di Biddya (Salfit), quando coloni hanno attaccato agricoltori al lavoro sulla propria terra: tre sono stati colpiti con armi da fuoco, uno è stato aggredito fisicamente e un altro è stato morso da un cane sguinzagliato da coloni. Nel villaggio di Burin (Nablus) sono stati incendiati decine di ulivi, mentre alcuni altri sono stati sradicati nella Comunità di As Seefer (Hebron), situata in un’area chiusa, dietro la Barriera. Coloni israeliani hanno anche fatto irruzione nel villaggio Al Lubban ash Sharqiya (Nablus) dove hanno vandalizzato 12 veicoli.

Secondo una ONG israeliana, quattro israeliani, incluso un minore, che viaggiavano su varie strade della Cisgiordania, sono stati colpiti e feriti con pietre; un totale di 19 veicoli israeliani avrebbero subito danni a causa del lancio di pietre ed uno a causa del lancio di una bottiglia incendiaria da parte di palestinesi.

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nota 1:

I Rapporti ONU OCHAoPt vengono pubblicati ogni due settimane in lingua inglese, araba ed ebraica; contengono informa-zioni, corredate di dati statistici e grafici, sugli eventi che riguardano la protezione dei civili nei territori palestinesi occupati.

sono scaricabili dal sito Web di OCHAoPt, alla pagina: https://www.ochaopt.org/reports/protection-of-civilians

L’Associazione per la pace – gruppo di Rivoli, traduce in italiano (vedi di seguito) l’edizione inglese dei Rapporti.

nota 2: Nella versione italiana non sono riprodotti i dati statistici ed i grafici. Le scritte [in corsivo tra parentesi quadre]

sono talvolta aggiunte dai traduttori per meglio esplicitare situazioni e contesti che gli estensori dei Rapporti

a volte sottintendono, considerandoli già noti ai lettori abituali.

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Rapporto OCHA del periodo 16 – 29 giugno

Il 18 giugno è morto un bambino di otto mesi: necessitava di un intervento al cuore, da effettuare presso un ospedale israeliano, ma non è potuto uscire da Gaza.

Infatti, dal 21 maggio, l’Autorità Palestinese, in risposta al piano israeliano di annessione di parti della Cisgiordania [ha interrotto tutti gli accordi e la collaborazione con Israele e, pertanto], non accetta e/o non trasferisce alle Autorità israeliane le richieste di permesso di uscita da Gaza. Da quella data, solo pochi pazienti tra quelli rinviati in Cisgiordania o Israele per cure mediche, sono riusciti ad uscire da Gaza, e solo grazie all’aiuto di ONG o Agenzie internazionali.

Il 23 giugno, a un checkpoint, un palestinese ha lanciato la sua auto contro una ufficiale di polizia di frontiera israeliana, ferendola; successivamente è stato colpito e ucciso. Il checkpoint di Wadi an Nar (governatorato di Gerusalemme), dove si è verificato l’episodio, è utilizzato dalle Autorità israeliane per controllare il traffico palestinese tra la Cisgiordania meridionale e quella settentrionale. Una registrazione video dell’episodio suggerisce la volontarietà dell’attacco. Per i familiari del presunto aggressore, l’uomo potrebbe aver perso il controllo del veicolo; essi affermano anche che, dopo essere stato colpito, è stato lasciato a terra sanguinante.  [vedi in merito articolo su zeitun]

Finora quest’anno, durante attacchi o presunti attacchi contro israeliani, le forze israeliane hanno ucciso sette palestinesi.

In Cisgiordania, nel corso di molteplici scontri, le forze israeliane hanno ferito 121 palestinesi [segue dettaglio]. Settantatre di questi sono rimasti feriti ad Abu Dis (Gerusalemme) durante tre giorni di scontri seguiti all’uccisione di cui al paragrafo precedente. Altri venti palestinesi sono rimasti feriti nella Valle del Giordano, in tre distinte manifestazioni contro l’annunciata annessione di parti della Cisgiordania da parte di Israele. Altri sette sono rimasti feriti nel villaggio di Kafr Qaddum (Qalqiliya), durante le manifestazioni settimanali. In Deir Abu Mash’al (Ramallah), un ragazzo di 15 anni è stato ferito con arma da fuoco, presumibilmente dopo aver lanciato una bottiglia contro veicoli israeliani. I rimanenti sono rimasti feriti durante vari episodi accaduti a Gerusalemme Est, nei Campi profughi di Qalandiya e Al Jalazun, oltre che nella città di Nablus. Quanto alle cause delle lesioni, 63 hanno respirato gas lacrimogeno e sono stati sottoposti a trattamento medico, 44 sono stati colpiti da proiettili di metallo rivestiti di gomma, otto sono stati aggrediti fisicamente e sei sono stati colpiti con proiettili di arma da fuoco.

In Cisgiordania, le forze israeliane hanno effettuato 125 operazioni di ricerca-arresto ed hanno arrestato 156 palestinesi; numeri leggermente superiori alla media, ad oggi, del 2020.

Il 26 giugno, un gruppo armato palestinese ha lanciato due missili verso il sud di Israele: uno è caduto all’interno di Gaza e l’altro ha colpito un’area israeliana non abitata. Successivamente, le forze israeliane hanno effettuato attacchi aerei, prendendo di mira, a quanto riferito, la postazione di un gruppo armato situato in un’area popolata. In nessuno degli attacchi sono stati registrati feriti; la postazione presa di mira, e quattro case vicine, hanno subito danni non gravi.

All’interno della Striscia di Gaza, sia in aree adiacenti alla recinzione israeliana che perimetra la Striscia, sia in mare, al largo della costa, le forze israeliane hanno aperto il fuoco in almeno 26 occasioni, presumibilmente per imporre [ai palestinesi] le restrizioni di accesso; non sono stati segnalati feriti. In altre tre occasioni, le forze israeliane sono entrate nella Striscia (ad est di Gaza City, di Beit Hanoun e di Rafah) ed hanno effettuato operazioni di spianatura del terreno e scavi vicino alla recinzione.

Ventuno strutture di proprietà palestinese sono state demolite o sequestrate per mancanza dei permessi di costruzione rilasciati da Israele; 30 persone, tra cui 13 minori, sono state sfollate ed i mezzi di sussistenza di oltre 90 altre sono stati colpiti [segue dettaglio]. Dieci delle 21 strutture citate sono state demolite a Gerusalemme Est (tre erano case abitate); quattro [delle dieci], inclusa una casa abitata, sono state demolite dai proprietari per evitare tasse e danni alle suppellettili. Undici strutture sono state demolite o sequestrate in otto Comunità dell’Area C; due di queste [11] demolizioni sono state effettuate ad Al Khadr (Betlemme), in base ad un “Ordine Militare 1797” che prevede la rimozione, in tempi stretti, di strutture senza licenza, considerate come “nuove”. Nel contesto della pandemia in corso, la demolizione di case e strutture di sostentamento desta grave preoccupazione.

Dieci palestinesi sono rimasti feriti, centinaia di ulivi sono stati incendiati e sei veicoli sono stati vandalizzati da aggressori ritenuti coloni israeliani [segue dettaglio]. Dei 10 feriti, sette sono stati spruzzati con liquido al peperoncino, in due episodi separati: vicino al villaggio di Beitillu (Ramallah) e nel quartiere Silwan di Gerusalemme Est. Due, tra cui una ragazza 14enne, sono stati colpiti con pietre nella città di Hebron (nell’area H2 controllata da Israele) e a sud di Nablus. Uno è stato aggredito fisicamente a Deir al Qilt (Gerico) mentre pascolava le pecore. A quanto riferito, centinaia di ulivi sono stati incendiati da coloni israeliani in quattro diversi episodi accaduti nei villaggi di Burin, Qaryut (entrambi a Nablus) e Wadi Fukin (Betlemme). A Burin, l’incendio si è esteso a terre vicine, appartenenti a palestinesi di Kafr Qalil e Huwwara, e diversi alberi hanno preso fuoco. Finora, nel 2020, nel corso di aggressioni compiute da coloni, sono stati danneggiati almeno 4.000 tra ulivi ed altri alberi.

Secondo una ONG israeliana, quattro veicoli israeliani che viaggiavano sulle strade della Cisgiordania sono stati danneggiati dal lancio di pietre ad opera di palestinesi; non sono stati segnalati feriti.

Ultimi sviluppi (fuori dal periodo di riferimento)

A causa del forte aumento del numero di persone colpite da COVID-19, l’Autorità Palestinese (PA) ha annunciato un blocco completo di cinque giorni della Cisgiordania, a partire dalle ore 08:00 del 3 luglio. Tutti i negozi resteranno chiusi, ad eccezione di supermercati, panetterie e farmacie; saranno consentiti solo spostamenti essenziali.

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nota 1:

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L’Associazione per la pace – gruppo di Rivoli, traduce in italiano (vedi di seguito) l’edizione inglese dei Rapporti.

nota 2: Nella versione italiana non sono riprodotti i dati statistici ed i grafici. Le scritte [in corsivo tra parentesi quadre]

sono talvolta aggiunte dai traduttori per meglio esplicitare situazioni e contesti che gli estensori dei Rapporti

a volte sottintendono, considerandoli già noti ai lettori abituali.

nota 3: In caso di discrepanze (tra il testo dei Report e la traduzione italiana), fa testo il Report originale in lingua inglese.

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Rapporto OCHA del periodo 12 maggio – 1 giugno 2020 (tre settimane)

Il 30 maggio, nella Città Vecchia di Gerusalemme, poliziotti di frontiera israeliani hanno aperto il fuoco, uccidendo un 31enne palestinese autistico che era fuggito all’intimazione dell’alt.

Le autorità israeliane hanno aperto un’inchiesta. In Cisgiordania, dall’inizio dell’anno, in circostanze diverse, sono stati uccisi 15 palestinesi e un soldato israeliano.

Nel corso di quattro separati attacchi palestinesi contro forze israeliane, due palestinesi sono stati uccisi, mentre altri due palestinesi e un soldato israeliano sono rimasti feriti [seguono dettagli]. Le due persone uccise, il 14 ed il 29 maggio, avevano guidato le loro auto contro soldati israeliani in servizio presso checkpoint vicini ai villaggi di Beit ‘Awwa (Hebron) e An Nabi Saleh (Ramallah). Il soldato israeliano [sopraccitato] è rimasto ferito nell’episodio avvenuto il 14 maggio. Gli altri due palestinesi sono stati colpiti e feriti in due distinti episodi avvenuti a Gerusalemme Est dove avevano tentato di accoltellare soldati israeliani: nei pressi di una torretta militare nel quartiere di Jabal al Mukkabir ed al checkpoint di Qalandiya; non ci sono stati feriti da parte israeliana.

Durante due diverse operazioni di ricerca-arresto, un ragazzo palestinese e un soldato israeliano sono stati uccisi; altri 18 palestinesi sono rimasti feriti [seguono dettagli]. Il 12 maggio, nel villaggio di Ya’bad (Jenin), durante un’operazione di ricerca-arresto, un soldato israeliano è morto, colpito al volto da un sasso lanciato da palestinesi da un tetto. Altri 14 palestinesi sono rimasti feriti durante scontri scoppiati nello stesso villaggio durante operazioni israeliane attuate a seguito di quanto sopra. In ulteriori scontri scoppiati il 13 maggio, durante un’operazione di ricerca-arresto nel Campo profughi di Al Fawwar (Hebron), le forze israeliane hanno sparato, uccidendo un 15enne palestinese e ferendo altri quattro palestinesi.

In Cisgiordania, altri 45 palestinesi sono rimasti feriti in numerosi episodi e scontri con forze israeliane [seguono dettagli]. Ventitre sono stati feriti nel villaggio di As Sawiya (Nablus), nel corso di una manifestazione contro l’esproprio di terreni per l’espansione del vicino insediamento colonico [israeliano] di Rechalim. Cinque palestinesi sono rimasti feriti nel villaggio di Turmus’ayya, in scontri scoppiati dopo che agricoltori al lavoro sui loro terreni vicini al villaggio erano stati costretti da un colono israeliano ad andarsene dalla zona. Nel corso di scontri con forze israeliane tre palestinesi sono stati feriti con arma da fuoco nella città di Abu Dis (Gerusalemme) ed altri tre sono stati aggrediti fisicamente ad Huwwara (Nablus).

Complessivamente, in Cisgiordania, nel corso del periodo di riferimento (tre settimane), le forze israeliane hanno effettuato 145 operazioni di ricerca-arresto ed hanno arrestato circa 199 palestinesi. Di queste operazioni, 44 sono avvenute nei quartieri di Gerusalemme Est, 28 a Hebron, 19 nel governatorato di Ramallah e 15 a Jenin, prevalentemente nel villaggio di Ya’bad.

Nella Striscia di Gaza, per far rispettare le restrizioni di accesso alle aree [interne alla Striscia] prossime alla recinzione perimetrale israeliana ed al largo della costa, le forze israeliane hanno aperto il fuoco di avvertimento in almeno 59 occasioni. In due casi separati, due pescatori sono rimasti feriti ed una barca e l’attrezzatura da pesca hanno subìto danni. Da aprile, in mare, c’è stato un notevole aumento del numero di aperture del fuoco di avvertimento. In quattro occasioni, le forze israeliane sono entrate nella Striscia, ad est di Gaza, di Beit Hanoun e del Campo Profughi di Al Bureij, ed hanno effettuato operazioni di spianatura del terreno e di scavo vicino alla recinzione perimetrale.

Nella Striscia di Gaza, a Beit Lahiya, un 14enne è morto per l’esplosione di un residuato bellico (ERW) trovato vicino a casa.

Il 12 maggio, il valico di Rafah con l’Egitto ha riaperto in una direzione per tre giorni consecutivi, per consentire il rientro a Gaza di 1.168 palestinesi. Dal 15 marzo, per impedire la diffusione di COVID-19, il valico era rimasto prevalentemente chiuso in entrambe le direzioni.

Una prima valutazione fa ritenere che la sospensione, da parte dell’Autorità Nazionale Palestinese, di ogni coordinamento con le autorità israeliane abbia reso più difficile l’uscita dei palestinesi da Gaza. I titolari di permessi di uscita hanno avuto difficoltà a lasciare Gaza attraverso il valico di Erez, mentre l’Autorità Palestinese non ha ricevuto nuove richieste in tal senso. Questa misura era stata adottata in risposta all’annuncio del governo israeliano circa l’intenzione di annettere parti della Cisgiordania.

In Area C e Gerusalemme Est, a motivo della mancanza di permessi di costruzione, cinquantanove (59) strutture di proprietà palestinese sono state demolite o sequestrate dalle autorità israeliane, sfollando 37 persone e creando ripercussioni su altre 260 [seguono dettagli]. Quarantacinque [delle 59] strutture demolite in Area C hanno interessato 16 Comunità; sette di queste demolizioni sono state attuate in base all’Ordine Militare 1797, che prevede la rimozione accelerata di strutture senza licenza, in quanto ritenute “nuove”. Metà delle 14 strutture demolite a Gerusalemme Est si trovavano nel villaggio di Al Walaja, situato sul “lato Gerusalemme” della Barriera. Dal 4 marzo, queste sono state le prime demolizioni effettuate dalle autorità israeliane nell’area municipale di Gerusalemme. Le demolizioni delle restanti sette strutture in Gerusalemme Est, sono state effettuate dagli stessi proprietari. Durante il mese di Ramadan, conclusosi il 23 maggio, le autorità israeliane hanno demolito o sequestrato 42 strutture; erano state 13 nel Ramadan del 2019, una nel 2018, nessuna nel 2017.

Il 25 maggio, l’Alta Corte di Giustizia israeliana ha accolto una petizione volta ad impedire la demolizione “punitiva” di un appartamento nel villaggio di Beit Kahil a Hebron. La casa, dove vivono una donna e tre minori, appartiene alla famiglia di un palestinese accusato di aver ucciso un israeliano, nell’agosto 2019, vicino all’insediamento colonico di Gush Etzion. La sentenza della Corte è la prima nel suo genere dal 2016.

Tredici palestinesi sono rimasti feriti e circa 480 ulivi sono stati vandalizzati da aggressori ritenuti coloni israeliani [seguono dettagli]. Cinque dei feriti erano minori e sono stati aggrediti fisicamente da coloni nella parte della città di Hebron controllata da Israele (Zona H2). Sei sono rimasti feriti durante le irruzione di coloni nei villaggi di Huwwara e Yatma (Nablus). Due sono stati aggrediti da coloni nei pressi di una sorgente vicina al villaggio di Deir Nidham (Ramallah). Coloni hanno fatto irruzione nei villaggi di Al Jab’a (Betlemme) e Beitin (Ramallah) e nel quartiere di Tel Rumeida nella città di Hebron, danneggiando case, muri e automobili. In due casi, i residenti hanno riferito che coloni hanno abbattuto oltre 50 ulivi appartenenti ai villaggi di Yatma e di Nahhalin, mentre altri 280 sono stati vandalizzati vicino al villaggio di Shufa (Tulkarm). Vicino al villaggio di Haris (Salfit), coloni hanno sradicato 150 alberi di ulivo. Nel sud di Hebron, in tre distinti episodi, assalitori ritenuti coloni hanno dato fuoco o hanno fatto pascolare le loro pecore su terreni di proprietà palestinese, causando danni ad alcuni ettari di terreno coltivati con colture stagionali.

Sono stati segnalati diversi episodi di lancio di pietre, bottiglie incendiarie e bottiglie contenenti vernici, da parte di palestinesi contro veicoli israeliani che viaggiavano su strade della Cisgiordania. Di conseguenza, secondo una ONG israeliana, un bambino di cinque anni è stato leggermente ferito e 18 veicoli hanno subìto danni.

nota 1:

I Rapporti ONU OCHAoPt vengono pubblicati ogni due settimane in lingua inglese, araba ed ebraica; contengono informa-zioni, corredate di dati statistici e grafici, sugli eventi che riguardano la protezione dei civili nei territori palestinesi occupati.

sono scaricabili dal sito Web di OCHAoPt, alla pagina: https://www.ochaopt.org/reports/protection-of-civilians

L’Associazione per la pace – gruppo di Rivoli, traduce in italiano (vedi di seguito) l’edizione inglese dei Rapporti.

nota 2: Nella versione italiana non sono riprodotti i dati statistici ed i grafici. Le scritte [in corsivo tra parentesi quadre]

sono talvolta aggiunte dai traduttori per meglio esplicitare situazioni e contesti che gli estensori dei Rapporti

a volte sottintendono, considerandoli già noti ai lettori abituali.

nota 3: In caso di discrepanze (tra il testo dei Report e la traduzione italiana), fa testo il Report originale in lingua inglese.

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In Palestina più di 100 violazioni da parte di Israele in una settimana

29 maggio 2020 – Middle East Monitor

Il Centro Palestinese per i Diritti Umani (PCHR) ha documentato più di 100 violazioni del diritto internazionale sui diritti umani perpetrate dalle forze di occupazione e dai coloni israeliani un una sola settimana nei Territori Palestinesi Occupati (TPO).

Secondo un rapporto del PCHR pubblicato ieri, è stato registrato complessivamente un totale di 106 violazioni di diritti umani da parte di Israele; tuttavia le restrizioni imposte dallo stato di emergenza hanno limitato la capacità della ONG di monitorare tutti gli incidenti nei TPO.

“Questa settimana, segnata dalla festa musulmana di Eid al-Fitr, che celebra la fine del mese di Ramadan, non è stata diversa, essendo continuati gli attacchi delle forze israeliane; inoltre i coloni hanno sparato, ferendoli, ad agricoltori palestinesi, hanno incendiato terreni e attaccato case”, ha dichiarato la ONG per i diritti umani.

Come segnalato dal PCHR, le forze israeliane hanno ucciso illegalmente cinque civili palestinesi, compreso un bambino che non costituiva una minaccia imminente per la vita, usando proiettili veri durante le incursioni militari israeliane a Ramallah e Tuba.

Inoltre Israele ha continuato ad ampliare le colonie illegali e le relative infrastrutture nella Cisgiordania occupata, compreso lo smantellamento di una roulotte e la demolizione di una casa ancora in costruzione nella zona centrale della Valle del Giordano, in quanto non disponeva del permesso necessario da parte delle autorità di occupazione israeliane.

Questi permessi sono quasi impossibili da ottenere da parte dei palestinesi. Si dice che tre palestinesi siano stati costretti a demolire essi stessi le proprie case.

Il PCHR ha dichiarato che le estese demolizioni hanno comportato anche l’uso di bulldozer nel sito archeologico di Sebastia e il furto di pietre antiche nei dintorni.

Attualmente vi sono circa 650.000 coloni ebrei che vivono nel territorio palestinese occupato, compresa Gerusalemme est. Tutte le colonie israeliane sono illegali in base al diritto internazionale. La Quarta Convenzione di Ginevra proibisce ad una potenza occupante di trasferire la propria popolazione sulla terra occupata.

(Traduzione dallo spagnolo di Cristiana Cavagna)




Rapporto OCHA del periodo 16 – 29 luglio 2019 (due settimane)

Nella Striscia di Gaza, il 26 luglio, un palestinese 23enne è stato colpito con arma da fuoco ed ucciso durante la manifestazione settimanale della “Grande Marcia del Ritorno” (GMR) che si svolge vicino alla recinzione perimetrale con Israele. Dal 10 maggio 2019, questa è stata la prima uccisione registrata nelle manifestazioni GMR.

Durante il periodo di riferimento, altri 473 palestinesi sono stati feriti nelle suddette manifestazioni e in attività correlate; per 188 di loro si è reso necessario il ricovero in ospedale.

In almeno dodici occasioni, le forze israeliane hanno aperto il fuoco di avvertimento, allo scopo di far rispettare [ai palestinesi] le restrizioni di accesso [imposte da Israele] sulle aree di Gaza adiacenti alla recinzione perimetrale e al largo della costa. In un caso, due pescatori sono stati arrestati e la loro barca è stata confiscata; in un altro episodio, un uomo è stato arrestato mentre stava tentando di infiltrarsi in Israele attraverso la recinzione. Le forze israeliane hanno effettuato due incursioni [nella Striscia] ed hanno effettuato operazioni di spianatura del terreno vicino alla recinzione; in un’altra occasione hanno lanciato razzi illuminanti, danneggiando una abitazione nell’Area Centrale [della Striscia].

Tra il 17 e il 23 luglio, le autorità israeliane hanno restituito 35 barche da pesca che la marina israeliana aveva confiscato nell’applicazione delle restrizioni di accesso. Secondo il Sindacato palestinese dei Pescatori, ciò porta a 66 il numero totale di pescherecci restituiti dall’inizio del 2019.

Nei villaggi e nelle città della Cisgiordania, complessivamente, le forze israeliane hanno effettuato 146 operazioni di ricerca-arresto, di cui 36 a Hebron e 30 a Gerusalemme, soprattutto ad Al ‘Isawiya. Durante queste operazioni almeno 200 palestinesi sono stati arrestati.

In Cisgiordania, 75 palestinesi, tra cui 22 minori, hanno subìto lesioni da parte delle forze israeliane o per inalazione di gas lacrimogeno o perché colpiti con proiettili di gomma o proiettili di arma da fuoco o perché aggrediti fisicamente [di seguito il dettaglio]. Ad Al ‘Isawiya, durante scontri, due poliziotti di frontiera israeliani sono stati feriti da pietre; in questo villaggio, negli ultimi due mesi, le forze israeliane sono entrate quasi quotidianamente, innescando scontri con i residenti. Trentatré palestinesi [dei 75] sono rimasti feriti in operazioni di ricerca-arresto: 24 in Al ‘Eizariya ed in Al’ Isawiya (Gerusalemme), 5 nei Campi Profughi di Ad Duheishah (Betlemme) e Jenin e 3 in altrettante località diverse. Altri sei palestinesi sono rimasti feriti il 22 luglio, nel quartiere di Sur Bahir a Gerusalemme Est, nel corso di scontri innescati dalla demolizione di dieci strutture (vedi sotto). Altri 31 [sempre dei 75] palestinesi sono rimasti feriti a Kafr Qaddum (Qalqiliya), durante la protesta settimanale contro l’espansione degli insediamenti; questi ferimenti sono stati causati principalmente da proiettili di gomma e inalazione di gas lacrimogeni. Infine, 5 palestinesi sono rimasti feriti nella Comunità di Fasayil (Gerico), nel corso di scontri con le forze israeliane; i residenti protestavano contro la mancanza di elettricità in quell’area.

Un detenuto palestinese 31enne è morto il 16 luglio in una prigione israeliana. L’uomo era stato arrestato nel giugno 2019; dopo l’arresto la sua salute era peggiorata e, secondo il Comitato dei prigionieri, sarebbe morto per negligenza medica. Secondo resoconti dei media israeliani, il Servizio penitenziario israeliano avrebbe fornito al detenuto adeguata assistenza medica e starebbe indagando sulla sua morte.

In un episodio avvenuto il 16 luglio, un colono israeliano ha aggredito e ferito fisicamente un bambino di 6 anni nella zona di Batn al Hawa, nel quartiere Silwan di Gerusalemme Est. In altri quattro episodi, agricoltori palestinesi e residenti hanno riferito che sospetti coloni israeliani hanno vandalizzato circa 150 ulivi appartenenti a residenti di Yasuf e Wadi Qana (Salfit), e Susiya e Ash Shuyukh (Hebron). Inoltre, durante il periodo di riferimento, l’Alta Corte di Giustizia israeliana ha respinto una petizione avanzata da palestinesi per liberare una casa occupata da coloni nella zona (H2) di Hebron controllata da Israele. Dopo la sentenza, coloni hanno installato una roulotte vicino alla casa.

In Cisgiordania, durante il periodo in esame, un totale di 44 strutture di proprietà palestinese sono state demolite, sfollando 38 persone e causando ripercussioni di varia entità su oltre 6.000 altre persone [segue dettaglio]. 34 demolizioni [delle 44] erano motivate dalla mancanza di permessi di costruzione rilasciati da Israele; 32 di queste si trovavano in Area C e due a Gerusalemme Est. In Area C, le demolizioni includevano 14 strutture finanziate da donatori, tra cui quattro cisterne d’acqua che approvvigionavano le comunità di Umm al Kheir e Khashem ad Daraj (1.750 persone). Entrambe le Comunità già affrontano gravi carenze idriche; così come altre Comunità situate nel sud di Hebron. Inoltre, nel villaggio di Asira Ash Shamaliya (Nablus), le autorità israeliane hanno fatto spianare tratti di quattro strade (finanziate da donatori) che portano a terreni agricoli, colpendo oltre 4.000 residenti; le strade sono state riaperte dagli abitanti il giorno seguente.

Le restanti dieci strutture [delle 44] sono state demolite il 22 luglio, citando problemi di sicurezza. Queste includevano nove edifici residenziali (tre dei quali abitati); tutti, tranne uno, si trovavano sul “lato Gerusalemme” della Barriera, in Aree A, B e C del quartiere di Sur Bahir. Queste demolizioni hanno comportato lo sfollamento di quattro famiglie (24 persone, di cui 14 minori) e sono conseguenti ad una sentenza dell’Alta Corte di Giustizia israeliana. La sentenza è imperniata su un ordine militare che, in prossimità della Barriera, fissa una zona cuscinetto di sicurezza in cui qualunque edificio è vietato. In risposta a questa vicenda, le Nazioni Unite hanno emesso una dichiarazione, in cui si afferma che “la politica israeliana di distruggere la proprietà palestinese non è compatibile con i suoi obblighi derivanti dal Diritto umanitario internazionale”.

Secondo fonti israeliane, in tre occasioni, palestinesi hanno lanciato pietre, fuochi d’artificio e barattoli di vernice su veicoli israeliani che viaggiavano su strade della Cisgiordania, in prossimità di Gerusalemme, Hebron e Ramallah. Almeno tre auto sono state danneggiate.

nota 1:

I Rapporti ONU OCHAoPt vengono pubblicati ogni due settimane in lingua inglese, araba ed ebraica; contengono informa-zioni, corredate di dati statistici e grafici, sugli eventi che riguardano la protezione dei civili nei territori palestinesi occupati.

sono scaricabili dal sito Web di OCHAoPt, alla pagina: https://www.ochaopt.org/reports/protection-of-civilians

L’Associazione per la pace – gruppo di Rivoli, traduce in italiano (vedi di seguito) l’edizione inglese dei Rapporti.

nota 2: Nella versione italiana non sono riprodotti i dati statistici ed i grafici. Le scritte [in corsivo tra parentesi quadre]

sono talvolta aggiunte dai traduttori per meglio esplicitare situazioni e contesti che gli estensori dei Rapporti

a volte sottintendono, considerandoli già noti ai lettori abituali.

nota 3: In caso di discrepanze (tra il testo dei Report e la traduzione italiana), fa testo il Report originale in lingua inglese.

Associazione per la pace – Via S. Allende, 5 – 10098 Rivoli TO; e-mail: assopacerivoli@yahoo.it