L’incursione israeliana a Jenin ha provocato l’attacco terroristico che aveva proclamato di voler contrastare

I funerali degli otto palestinesi uccisi dai soldati israeliani.Foto: Majdi Mohammed /AP
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Gideon Levy

29 gennaio 2023- Haaretz

Cosa stavate pensando? Che l’uccisione di 146 palestinesi in Cisgiordania nel 2022, secondo B’Tselem, la maggior parte dei quali non combattenti, sarebbe stata accettata docilmente? Che l’uccisione di circa 30 persone ad oggi nell’ultimo mese sarebbe passata in sordina?

Che i residenti del campo profughi di Shoafat, maltrattati ogni giorno e ogni notte da poliziotti e agenti della polizia di frontiera che invadono le loro case in pretestuose operazioni, dalle incursioni fiscali agli arresti notturni, distruggendo i loro beni e la loro dignità, facciano piovere riso sui loro aguzzini? Che qualcuno il cui nonno è stato assassinato da un colono e il cui amico di 17 anni è stato ucciso la scorsa settimana dalla polizia di frontiera non fosse incentivato a commettere un attacco?

E cosa stavano pensando i comandanti della folle operazione di giovedì nel campo profughi di Jenin? Qual era lo scopo dell’operazione, a parte una dimostrazione di potere? Sopprimere il terrorismo? Ha solo alimentato le fiamme.

Sapevano che se avessero fatto irruzione nel centro del campo ne sarebbe derivato un grande spargimento di sangue. Le forze di difesa israeliane e l’unità speciale antiterrorismo della polizia non possono più invadere questo coraggioso e determinato campo profughi senza versare molto sangue. Sapevano anche che nessun “enorme attacco terroristico all’interno di Israele” sarebbe stato sventato dall’operazione, come ha proclamato venerdì la voce dell’IDF nota anche come Yedioth Ahronoth. Hanno invaso il campo la mattina, mentre i bambini stavano andando a scuola – fortunatamente, almeno le scuole dell’UNRWA quel giorno erano in sciopero – solo perché potevano farlo.

“Se il Maggior General Yehuda Fuchs, capo del comando centrale, avesse saputo che questo sarebbe stato il risultato, avrebbe potuto non approvarlo”, ha detto il giornalista Alon Ben-David a Channel 13 News. E qual’ era l’opinione generale, che ci fosse un’altra opzione? In fin dei conti tutti sapevano che l’operazione Jenin avrebbe scatenato una pericolosa ondata di violenza. Non è possibile invadere il campo profughi di Jenin senza un massacro, ho scritto qui dopo la mia visita circa tre settimane fa (Haaretz.com, 12 gennaio), e nessun massacro nel campo potrebbe passare inosservato.

I capi militari possono aver pensato di sventare attacchi terroristici, ma hanno alimentato una nuova ondata di attacchi e lo sapevano. Ne consegue, quindi, che non solo il sangue dei morti a Jenin, ma anche a Gerusalemme, indirettamente, è sulle mani di coloro che hanno effettuato l’operazione nel campo di Jenin.

Ancora una volta, Israele è quello che ha iniziato. Non c’è altro modo per descrivere la catena di eventi. Oggi nel campo profughi di Jenin ci sono dozzine di giovani uomini armati disposti a sacrificare la propria vita. Uccidere alcuni di loro non diminuisce la determinazione degli altri. Jenin è un campo profughi speciale, il cui spirito combattivo può essere oggi paragonato solo a quello nella Striscia di Gaza. La militanza del campo è sorta nei vicoli i cui abitanti sono cresciuti sapendo che la patria gli era stata tolta e che sono condannati a una vita di miseria. La tortura in corso sotto forma di uccisioni quasi quotidiane negli ultimi mesi in Cisgiordania doveva anche portare a Neve Yaakov [colonia israeliana a Gerusalemme est presso la cui Sinagoga è avvenuto l’attacco in risposta ai fatti di Jenin, ndt] e a Silwan [uno dei quartieri più popolati di Gerusalemme Est, ndt] .

Il fatto schiacciante che entrambi gli attacchi sono avvenuti negli insediamenti non può essere ignorato. Non c’è differenza tra Neve Yaakov e la Città di Davide, tra Esh Kodesh e Havat Lucifer [altre colonie israeliane, ndt]. Sono tutti nei territori occupati, tutti ugualmente illegali secondo il diritto internazionale, anche se Israele ha inventato un proprio mondo di concetti.

Anche ciò che verrà dopo è nelle mani di Israele. È dubbio che una terza intifada sia inevitabile, ma qualsiasi grandiosa operazione di vendetta israeliana getterà olio sul fuoco. Qualsiasi punizione collettiva non farà che aggravare la situazione, anche se soddisfa la sete di vendetta della destra.

Arrestare 42 membri della famiglia? A che fine, se non per soddisfare questa sete?

Radere al suolo la casa del colpevole? Dopotutto, la precedente demolizione a Shoafat, che comprendeva l’invasione del campo da parte di non meno di 300 poliziotti, grandi distruzioni e l’uccisione di un ragazzo innocente di 17 anni, ha solo spinto il residente del campo Khairi Alkam a prendere la pistola venerdì sera ed uscire per uccidere gli ebrei a Neveh Yaakov, lasciando Israele scioccato solo per la crudeltà dei palestinesi.

(traduzione dall’Inglese di Giuseppe Ponsetti)

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