“Ciò dimostra che il BDS funziona”: Wafic Faour su come un gruppo di attivisti del Vermont ha convinto Ben & Jerry’s

Foto di Vermonters for Justice in Palestine
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Micheal Arria

23 Luglio 2021Mondoweiss

“C’è una linea che stiamo seguendo. Stiamo lottando contro un regime di apartheid e abbiamo visto cosa è successo in Sudafrica. Se continuiamo a lavorare e ad informare l’opinione pubblica e se questi leader insistono con i loro messaggi confusi, vinceremo”.

Questa settimana Ben & Jerry’s [rinomata azienda americana produttrice di gelati con sede a South Burlington, ndtr.] ha annunciato che avrebbe smesso di vendere i suoi gelati negli insediamenti coloniali illegali israeliani. La mossa è stata elogiata dagli attivisti palestinesi e condannata dai parlamentari israeliani. Wafic Faour è membro di Vermonters for Justice in Palestine (VTJP), l’organizzazione che ha condotto una campagna contro Ben & Jerry’s per oltre un decennio. Faour è cresciuto in un campo profughi palestinese in Libano, ma si è recato negli Stati Uniti per studiare e ha finito per trasferirsi nel Vermont.

Ho discusso tramite Zoom con Faour dell’importante annuncio di Ben & Jerry, della reazione isterica di Israele e di cosa significhi tutto questo per il movimento BDS.

Mondoweiss: Vorrei iniziare col chiederle la sua reazione all’annuncio di Ben & Jerry. Cosa ha pensato quando ha sentito la notizia?

Wafic Faour: A dirle la verità, all’inizio ero un po’ deluso. Il loro annuncio ha un’ ottima apertura. Hanno dichiarato che fare affari nei territori occupati dalle colonie illegali è contro i valori di Ben & Jerry’s. Fin qui tutto bene, ma poi nel corso della dichiarazione ci dicono che proseguiranno in forma diversa il commercio in Israele. Che continueranno ad operare in Israele secondo modalità di cui daranno notizia in seguito.

Questo è in contraddizione con due cose che Ben & Jerry’s afferma di rappresentare. Quando li abbiamo incontrati nel 2014 e abbiamo chiesto loro di smettere di vendere i loro prodotti nelle colonie esclusivamente ebraiche ci hanno detto che in realtà non potevano farlo perché una volta che i loro prodotti vengono venduti dalla fabbrica, non sono in grado di controllare i percorsi di vendita altrove da parte degli intermediari.

Inoltre rifiutarsi di vendere prodotti negli insediamenti va contro la legge israeliana contro il BDS. Ecco perché i leader israeliani stanno andando fuori dai gangheri. Anche oggi, con le rimostranze del presidente di Israele [Isaac Herzog] che definisce terroristica la nostra campagna.

Quando abbiamo iniziato questa campagna, abbiamo preso di mira Ben & Jerry’s perché il loro codice sociale parla di uguaglianza, diritti umani, protezione dei rifugiati, protezione dell’ambiente, Black Lives Matter, brutalità della polizia. Parliamo di Israele perché è tuttora uno stato di apartheid e i palestinesi che vivono lì come cittadini israeliani, arabo israeliani... sottostanno a regole diverse e affrontano discriminazioni sull’alloggio, l’istruzione, l’assistenza sanitaria, la protezione della polizia. Su qualsiasi cosa. Quindi l’azienda non aderisce alla propria missione sociale.

Non mi fraintenda, questo è un passo molto positivo, ma sto cercando di capire come possiamo immaginare il rapporto tra Ben & Jerry e le leggi israeliane sul BDS. Mi chiedo come potranno continuare ad operare nella zona. C’è anche un altro problema. Abbiamo notato una dichiarazione contraddittoria del consiglio di amministrazione di Ben & Jerry rilasciata dalla presidente [Anuradha] Mittal. Hanno detto che loro avevano in mente un diverso tipo di annuncio e che [il passaggio riguardante una continuazione degli affari in Israele] è da attribuire ad Unilever, la società madre di Ben & Jerry.

Quindi qui abbiamo di fronte più domande che risposte. Non sappiamo cosa accadrà.

Abbiamo visto che in procinto dell’annuncio di Ben & Jerry questa campagna è stata un po’ più presente sugli organi di informazione tradizionali, ma VTJP ci ha lavorato per oltre un decennio. Mi piacerebbe se potesse descrivere un po’ l’attivismo che ha portato a questo momento.

La prima azione che abbiamo intrapreso è stata una lettera che abbiamo inviato a Ben Cohen e Jerry Greenfield [i fondatori dell’azienda] chiedendo loro come potessero, in coscienza, accettare di trattare con Israele. Ci hanno detto Non siamo le persone giuste con cui discuterne perché non è più la nostra azienda. Potete andare al quartier generale di South Burlington a porre la domanda”.

In realtà abbiamo ricevuto quella risposta dopo aver inviato loro più lettere. In effetti, è Jerry che ha risposto alla lettera. Quindi siamo andati a South Burlington e abbiamo insistito per ottenere un incontro. Dopo tanti sforzi, abbiamo scoperto molte cose.

Una di queste è che dopo la vendita di Ben & Jerry’s, il contratto con Israele è rimasto a South Burlington e tutte le altre operazioni sono state rilevate da Unilever. In altre parole, solo l’operazione aziendale riguardante Israele è stata mantenuta qui a South Burlington nelle mani della dirigenza e del loro consiglio indipendente. Ci è sembrato strano.

La seconda cosa che ci hanno detto è che non hanno mai guadagnato un centesimo dal settore israeliano dei loro affari. Quindi stiamo parlando di un’operazione che non frutta denaro e si trova in una zona contesa riguardo alla quale devono confrontarsi con le nostre richieste. Allora perché sono ancora ?

Dopo l’incontro abbiamo iniziato a firmare petizioni. Ogni volta che Ben & Jerry’s tenevano un Cone Day [giornata del cono gelato, ndtr.] gratuito noi eravamo fuori dal loro negozio in centro a distribuire volantini e a raccogliere firme per la petizione. Abbiamo inviato le petizioni alla società. Abbiamo invitato altri gruppi di solidarietà con la Palestina a fare lo stesso in dodici diverse sedi di Ben & Jerry e abbiamo inviato le petizioni all’azienda.

Abbiamo anche provato a inviare lettere ai gestori dei negozi Ben & Jerry’s negli Stati Uniti e in Canada, chiedendo loro di fare qualcosa. Non abbiamo avuto risposta. Durante quel periodo abbiamo anche incontrato Jeff Furman [che ha fatto parte del consiglio di amministrazione di Ben & Jerry per quasi 40 anni] e poi la società ha risposto e ha detto che avrebbero cercato di studiare la questione.

Hanno inviato nella zona un gruppo di membri del consiglio di amministrazione e dirigenti per conoscere la situazione. Ad essere sinceri, l’unica persona che è tornata con una dichiarazione davvero positiva è stato Jeff Furman. Mi pare che sia stato anche il primo avvocato dell’azienda quando hanno iniziato a vendere gelati negli Stati Uniti. Ha detto che quello che ha visto laggiù era apartheid.

Capisco che tutte le sue domande riguardino Ben & Jerry’s perché questo è il tema, ma abbiamo scelto l’azienda più di dieci anni fa a causa della sua presenza in una regione del Vermont molto estesa, e la sua fabbrica è il luogo più visitato dello Stato. La utilizziamo per sensibilizzare sulla questione palestinese la popolazione del posto e tutta la popolazione degli Stati Uniti. Vogliamo informare le persone sulla sofferenza dei palestinesi e su ciò che Israele sta facendo in Palestina.

A volte, quando parli con le persone di questo problema, pensano che sia solo qualcosa che sta accadendo lontano. Non si immedesimano con loro. Allora illustri l’argomento e ne discuti con le persone, di come sia contro il diritto internazionale trarre profitto dall’occupazione. Si tratta di un movimento educativo perché nel condurre la campagna parliamo alla gente della Palestina, delle vite dei palestinesi, della terra palestinese, dell’acqua palestinese, dell’ambiente palestinese. Sfruttiamo l’azienda come strumento educativo.

Anche se abbiamo fatto tutto questo lavoro, molte persone pensavano che trarli fuori da quella condizione fosse un obiettivo inverosimile, in quanto noi siamo un piccolo gruppo nel Vermont. Molti di noi sono persone di mezza età e usiamo la vecchia tecnica del volantino. Tuttavia, dopo la guerra di maggio su Gaza, e così tanti bambini uccisi, una generazione più giovane ci affianca. Conoscono la tecnologia, Instagram, Twitter. Hanno portato su un altro piano [il nostro lavoro] in modo da raggiungere il risultato voluto.

La mia prossima domanda si collega a quello che ha appena detto. E’ sembrato che dopo l’ultimo attacco a Gaza la campagna abbia ricevuto maggiore attenzione e mi chiedo se pensa che Ben & Jerry’s abbia finalmente fatto questa mossa tenendone conto. Pensa che ci sia stato un cambiamento nell’opinione pubblica dall’ultimo attacco di Israele?

Sicuramente. Sicuramente. Non si può negare. Senza i quasi 70 bambini uccisi a Gaza non sono sicuro che nell’opinione pubblica americana sarebbe emersa questa fortissima rabbia. Sono certo di aver letto di recente su Mondoweiss che il numero dei nostri fratelli ebrei che pensano che Israele sia uno stato di apartheid sta crescendo.

L’Israele di oggi è decisamente diverso da quello che era vent’anni fa, o dieci anni fa, o anche un anno fa. Sono stato un attivista sulla questione palestinese per tutta la vita, ma non ho mai visto questo genere di sostegno, come quello che abbiamo ora.

Cosa ne pensa della reazione israeliana a questa notizia e della reazione dei loro sostenitori? Cosa dice del momento in cui ci troviamo attualmente?

Questo dimostra che il BDS funziona. Vediamo come il primo ministro, il ministro degli esteri, il presidente chiedano tutti il boicottaggio di Ben & Jerry’s. Credo che il governo e i politici israeliani siano più deboli di quanto si pensi.

Se questa dichiarazione a metà di Ben & Jerry’s è in grado di far parlare tutti questi leader per più di 48 ore, significa che non sono così forti e risoluti come pensano, o forti come nell’immagine che vogliono mostrare all’opinione pubblica. Dovremmo approfittarne. Se attaccheranno il BDS negli Stati Uniti e interferiranno con Freedom of Speech [la libertà di parola, 14° emendamento della Costituzione americana, ndtr.] sarà un bel passo. È un limone, dobbiamo spremerlo. Porteremo le nostre organizzazioni e porteremo sostenitori americani di studi legali come l’ACLU [American Civil Liberties Union, organizzazione non governativa a difesa di diritti civili e libertà individuali negli Stati Uniti, ndtr.]. Dovranno combatterli e schierarsi insieme a noi.

Le leggi contro il BDS sono incostituzionali. Abbiamo visto cosa è successo in Georgia qualche mese fa. Quando portano una legge sul BDS in tribunale, perdono. Quindi, se provano a farlo, perderanno.

C’è una linea che stiamo seguendo. Stiamo lottando contro un regime di apartheid e abbiamo visto cosa è successo in Sudafrica. Non sono solo i leader israeliani. Ho appena visto il Dipartimento di Stato attaccare il BDS quando gli è stato chiesto di farlo. Quindi non sono solo i leader israeliani, sono i loro compari qui. Se continuiamo a lavorare ed informare l’opinione pubblica e questi leader insistono con i loro messaggi confusi, vinceremo.

Michael Arria è il corrispondente dagli USA di Mondoweiss. I suoi lavori sono comparsi su In These Times, The Appeal e Truthout. È autore di Medium Blue: The politics of MSNBC [“Media blu: la politica di MSNBC”, canale di notizie via cavo USA legato al partito Democratico, ndtr.].

(traduzione dall’inglese di Aldo Lotta)

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