Sempre più israeliani accettano la legittimità della resistenza palestinese

Foto: Ali Jadallah - Anadolu Agency
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Dr Adnan Abu Amer

20 settembre 2022 – Middle East Monitor

Mentre gli atti di resistenza nella Cisgiordania occupata si intensificano, l’esercito occupante israeliano continua la mobilitazione contro “attacchi terroristici” palestinesi. Tuttavia adesso ci sono voci in Israele che rifiutano una simile definizione: dicono che si sta conducendo una guerriglia. La differenza è chiara, ma non è ancora così ovvia per molti in Israele.

La guerriglia che i palestinesi conducono contro i soldati israeliani nei territori occupati gode di un certo grado di legittimazione nell’ambito della ricerca, della letteratura e del diritto internazionale”, hanno affermato molti opinionisti, articoli e dichiarazioni di politici, accademici ed esperti giuridici. “La guerriglia richiede maggior coraggio, perché in questo caso i palestinesi prendono le armi contro soldati israeliani addestrati e perché lottare contro soldati armati risiedendo nei territori occupati è la chiara definizione di guerriglia.”

Sharon Luzon è lettore alla Hebrew Open University, specializzato in questioni militari e di sicurezza, relazioni internazionali e scienze politiche. La sua spiegazione della resistenza palestinese è che: “Finché l’esercito israeliano rimane in Cisgiordania, che ha controllato per 55 anni, la terra è occupata e questi soldati mantengono l’occupazione. I palestinesi li combattono, perciò sono dei combattenti; questa è la loro definizione, oltre al termine ‘combattenti per la libertà’. Anche i coloni che risiedono nei Territori Palestinesi Occupati sono lì per scopi militari, cosa che fa di loro obbiettivi legittimi per i militanti palestinesi, specialmente quando (i coloni) sono adulti armati.”

Nonostante la mobilitazione dell’estrema destra in Israele e nonostante che i politici diano maggior potere all’esercito di occupazione per reprimere i palestinesi in risposta ai recenti attacchi di guerriglia, ci sono però alcune voci israeliane che sono fuori dal coro e rifiutano l’oppressione. Rifiutano di definire attacchi terroristici le azioni di resistenza condotte da militanti palestinesi contro i soldati occupanti e i coloni illegali.

Per esempio, il parlamentare Ofer Cassif non esita ad affermare che “i palestinesi che sparano ai soldati israeliani non sono terroristi, ma guerriglieri, simili ai rivoluzionari che combatterono l’occupazione nazista in Europa durante la seconda guerra mondiale.”

Questo suggerisce che gli israeliani e i loro sostenitori che definiscono “terroristi” i militanti palestinesi cercano di demonizzarli e disumanizzarli allo scopo di alimentare il conflitto. Il cosiddetto “terrorismo” palestinese ci spinge a ripensare a ciò che fecero i “terroristi ebrei” quando ammazzarono i soldati britannici e misero una bomba al mercato arabo di Haifa nel 1938; e quando fecero saltare in aria l’hotel David a Gerusalemme ed uccisero 90 dipendenti britannici e arabi del luogo, per la maggior parte civili, nel 1946; e compirono molte altre orrende azioni. Quello era terrorismo nel vero senso della parola.

E’ vero che israeliani come Luzon e Cassif si oppongono alla violenza, sostengono la lotta nonviolenta contro l’occupazione e non vogliono che nessuno venga ucciso. Al tempo stesso però ritengono che “ogni uomo armato ha il diritto di provocare danni ad una forza militare occupante, in base alle definizioni internazionalmente riconosciute e a quelle delle Nazioni Unite. Queste definizioni affermano che il popolo occupato ha il diritto di usare armi contro l’occupazione, perciò non può essere definito terrorista, in quanto il vero terrorismo è l’occupazione stessa.”

E’ difficile parlare del sorgere di una coscienza collettiva israeliana riguardo alla legittimità della resistenza palestinese. Tuttavia questa tendenza è in crescita da quando un personaggio come il drammaturgo e conduttore televisivo israeliano Yaron London disse, al culmine dell’Intifada di Al Aqsa (2000-2005) e delle azioni di guerriglia che la connotarono, che “le azioni ostili condotte dai palestinesi contro gli israeliani vanno considerate parte della guerra nazionale di liberazione, non terrorismo.”

Inoltre il professore di chimica all’università ebraica nella Gerusalemme occupata, Amiram Goldblum, ha accusato i coloni israeliani di essere terroristi. Il progetto coloniale israeliano, ha detto, è all’origine dell’industria terroristica e questo vero terrorismo iniziò 55 anni fa, nel 1967, quando ebbe inizio il progetto coloniale. Esso ha trasformato ogni abitazione costruita da Israele nei territori palestinesi occupati in una minaccia all’esistenza del popolo di Palestina. Il terrorismo non è solo sparare o usare armi, ma consiste anche nella presenza di coloni che vivono nelle case costruite sulla terra palestinese.”

Goldblum ha aggiunto che “Israele pratica terrorismo di Stato contro i palestinesi e chiunque non protesti contro il terrorismo dello Stato israeliano è complice in un modo o nell’altro.” Nel frattempo, ogni sforzo che possa fermare il terrorismo di Stato è utile ed apprezzabile. Ha sottolineato che alcuni settori della destra israeliana sono considerati neo-nazisti, definendo “ragazzi di Hitler” i membri del movimento di destra “Im Tirtzu”.

Mentre le agenzie di sicurezza, l’esercito e l’amministrazione civile di Israele continuano a controllare le vite dei palestinesi su tutte le terre occupate, gli insediamenti coloniali mirano a controllare la terra tra il Mar Mediterraneo e il fiume Giordano senza la presenza dei suoi originari abitanti. Cercano di sfumare i confini tra queste aree e l’occupazione stessa.

Lo schema di controllo sui palestinesi non è un fatto collaterale, ma il nucleo principale del lavoro instancabile di Israele”, ha detto Menachem Klein, lettore all’università Bar Ilan e consulente della delegazione israeliana nei negoziati con l’OLP. “Israele ha sviluppato propri meccanismi per controllare i palestinesi. E’ arrivato al punto di produrre dispositivi di identificazione biometrica, computer avanzati che scansionano testi sui social media e sui telefoni cellulari e processano grandi quantità di dati, oltre allo spionaggio mediante applicazioni come Pegasus. Tutto è finalizzato a controllare i palestinesi.”

Le sue parole comportano una chiara e inequivocabile ammissione che la descrizione delle autorità israeliane dei guerriglieri palestinesi come “terroristi e sabotatori” non convince tutti gli israeliani; che vi è un numero crescente di coloro che sono convinti che la Cisgiordania sia una terra occupata; e che prendere di mira i soldati israeliani in quei luoghi sia un atto di legittima resistenza, conforme al diritto internazionale. Questi israeliani possono mostrare esteriormente di accettare la narrazione dell’esercito, ma nel profondo sono perfettamente coscienti che i palestinesi sono dei combattenti per la libertà in una lotta contro i soldati di un’occupazione illegale e reietta.

Le opinioni espresse in questo articolo appartengono all’autore e non riflettono necessariamente la politica editoriale di Middle East Monitor.

(Traduzione dall’inglese di Cristiana Cavagna)