In vista delle elezioni italiane Israele non si tocca

Deputati della Lega esibiscono la bandiera israeliana nel periodo degli attacchi di Israele a Gaza nel Maggio 2021
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Elisa Brunelli 

23 settembre 2022 –  Mondoweiss

In nome di interessi energetici e militari, i partiti politici italiani sia di destra che di sinistra censurano la solidarietà con la Palestina.

“Credi di più nell’esistenza di Israele o degli alieni?”

Era solo un tweet di Raffaele La Regina, giovane candidato del Partito Democratico italiano.

Il tweet è stato pubblicato la prima volta nel 2020, passato in gran parte inosservato, fino a quando Il Giornale, il quotidiano di destra di proprietà della famiglia Berlusconi, lo ha ripescato il mese scorso. Ha innescato una tempesta di polemiche nel discorso politico italiano in vista delle imminenti elezioni generali, previste per il 25 settembre.

Proprio dalle fazioni italiane di destra sono nate le maggiori reazioni di condanna, persino dalle fila di Fratelli d’Italia, che solo pochi giorni dopo è stato coinvolto in una polemica quando uno dei suoi candidati, già su posizioni neofasciste, ha fatto una battuta sull’Olocausto.

Anche il Partito Democratico ha incolpato il suo candidato per il tweet. Il 20 agosto La Regina, 29 anni, è stato costretto a scusarsi in una conferenza stampa per aver scritto anni prima dei tweet in cui denunciava l’occupazione illegale e violenta di Gerusalemme durante la Guerra dei Sei Giorni ed esprimeva solidarietà al popolo palestinese.

«Erano parole sbagliate. Non ho mai messo in discussione Israele come Stato e il suo diritto ad esistere”, ha detto sotto lo sguardo severo di Enrico Letta, ex presidente del Consiglio e segretario nazionale.

Nonostante le scuse, gli attacchi della destra non sono cessati e il Pd ha preferito chiedere a La Regina di abbandonare la corsa alle elezioni.

L’ex ministro dell’Interno Matteo Salvini è andato oltre, dimostrando di seguire ancora le orme di Donald Trump: “Quando sarò al governo, riconoscerò Gerusalemme come capitale e vi sposterò l’ambasciata da Tel Aviv”, ha promesso in un’ intervista con Israel HaYom.

Il segretario della Lega, insieme a Silvio Berlusconi, fa parte della coalizione di destra, data fin dall’inizio come vincitrice di queste elezioni e ora guidata da Giorgia Meloni. Tuttavia la leader di Fratelli d’Italia mostra più cautela e ambiguità nelle sue dichiarazioni, soprattutto per quanto riguarda un possibile trasferimento dell’ambasciata italiana a Gerusalemme.

Giorgia Meloni ormai da molti mesi compie un’operazione di pulizia e prende le distanze dagli elementi più compromettenti del suo partito, nato dalle ceneri del Movimento Sociale Italiano, partito fondato da un ufficiale fascista e collaboratore dei nazisti, Giorgio Almirante.

Da un lato Meloni non può permettersi di scontentare il suo tradizionale elettorato razzista e nostalgico del nazismo, ma dall’altro, dopo diversi anni trascorsi all’opposizione, ha bisogno ora di affermarsi come interlocutrice credibile a livello nazionale e internazionale — e cambiare il suo atteggiamento nei confronti di Israele e della sua politica sarà un passaggio importante per raggiungere quello scopo.

Sulla posizione di Meloni basti vedere come è cambiata la sua reazione ai massacri di civili nella Striscia di Gaza. Nel 2014, durante l’Operazione Margine di Protezione, Meloni pubblicava sui canali social: “Un’altra strage di bambini a Gaza. Nessuna causa è giusta quando versa il sangue di innocenti”.

Il tono utilizzato nelle dichiarazioni pubbliche durante l’aggressione del 2021 è stato significativamente diverso. Fu allora che per la Meloni si prospettò la possibilità di governare, essa stessa prodotto dell’ennesima crisi del precedente esecutivo. “Il lancio dei razzi di Hamas contro Gerusalemme, Ashkelon e altre città è un attacco alla sicurezza di Israele che deve essere condannato senza se e senza ma”, scrisse Meloni, cambiando tono.

Dopo aver ignorato l’ultimo massacro di agosto, ha finalmente dichiarato in una dettagliata intervista su Israel HaYom: “Israele rappresenta l’unica democrazia a tutti gli effetti nell’intero Medio Oriente e difendiamo senza riserve il suo diritto di esistere e vivere in sicurezza. Credo che l’esistenza dello Stato di Israele sia vitale e Fratelli d’Italia farà ogni sforzo per investire in una maggiore cooperazione tra i nostri Paesi”.

La benedizione di Israele

L’aggressione della Russia contro l’Ucraina e la necessità dei paesi europei di ridurre la dipendenza dalle importazioni di gas da Mosca sono solo gli ultimi motivi per cui chi governa, o si prepara a governare in Italia, ha tanto bisogno di compiacere Israele, facendo di qualsiasi forma di solidarietà con i palestinesi un tabù.

Nel tentativo di sostituire le forniture di gas russe, Bruxelles ha trovato nuovi alleati in Israele ed Egitto con la firma dell’ultimo memorandum d’intesa. Anche la missione di giugno del premier Mario Draghi aveva questo obiettivo. All’ordine del giorno c’è anche l’ipotesi di completare il gasdotto EastMed, progetto da sei miliardi di euro annunciato nel 2020 con un accordo firmato tra Cipro, Grecia e Israele per la realizzazione di un gasdotto di 1.900 chilometri che potrebbe arrivare in Italia tramite il gasdotto Poseidon [il tratto Grecia-Italia di EastMed, ndt.]

L’Italia ha bisogno di diversificare le proprie fonti energetiche e, nello stesso tempo, Israele ha bisogno di accreditarsi sui mercati internazionali. Questo è quanto mi ha fatto notare il giornalista e scrittore Antonio Mazzeo quando l’ho intervistato per questo articolo: “In questo momento, Italia ed Europa guardano a Israele non solo perché fiutano buoni affari, ma soprattutto per il ruolo di gendarme che ha nel Mediterraneo orientale, fondamentale per il controllo degli approvvigionamenti energetici”.

Gli interessi reciproci da entrambe le sponde del Mediterraneo non si limitano alla crisi energetica, ma hanno origine molto prima.

L’Italia, in particolare, ha seguito Israele da vicino sin dalla sua creazione, e nel mercato delle armi sono state costruite le basi di un partenariato grondante sangue e denaro.

Il primo carico di armi italiano risale al 1947, e ha contribuito alla guerra che diede inizio all’occupazione dei territori palestinesi: “Da allora, più Israele bombarda, più affari fa l’Italia”, ha detto Mazzeo. “Nessun governo ha mai fatto problema per accordi da milioni di dollari con uno Stato belligerante: non solo tra Gaza e la Cisgiordania, ma in vere e proprie operazioni di guerra in Libano, Siria e Iran”.

Nonostante una legge italiana del 1990 vieti la vendita di armi a Stati responsabili di violazioni dei diritti umani, Leonardo e Fincantieri, i due colossi nazionali della produzione militare, continuano a firmare accordi multimiliardari con paesi colpevoli di crimini di sangue: in questo corso, Israele ha il privilegio di una propria corsia preferenziale.

Ignorando le decine di condanne ONU contro Israele, tutti i governi italiani uno dopo l’altro hanno continuato a rafforzare questa fatale collaborazione.

Il 23 luglio, pochi giorni prima dell’ultima aggressione a Gaza, quattro cacciabombardieri F-35 dell’Aeronautica Militare Italiana sono stati inviati nel deserto del Negev per prendere parte all’esercitazione “Lightning Shield” con il 122° Squadrone Nachshon, una delle unità più avanzate e specializzate di guerra elettronica nel mondo e già impiegate da Israele durante gli attacchi in Siria.

Anche i caccia M-346, con i quali sono attualmente addestrati i piloti dell’Aeronautica Militare israeliana, sono prodotti da Leonardo Spa, che fornisce anche le forze armate turche dei micidiali elicotteri T129 Atak utilizzati per le stragi nei villaggi del Kurdistan e per gli attacchi alle postazioni delle milizie YPG e YPJ [sigle di Unità di Protezione Popolare maschile e femminile, presenti nelle regioni a maggioranza curda nel nord della Siria, ndt.]

Non bisogna dimenticare che gli F35 venduti a Israele da Leonardo possono trasportare testate nucleari: solo pochi mesi fa Israele ha simulato un attacco nucleare in Iran con i nostri F35”, ricorda Mazzeo.

E poi l’Italia investe ingenti risorse nelle tecnologie satellitari prodotte da Israele. “Prima di formalizzare le sue dimissioni, il governo Draghi ha anche concluso un accordo con le industrie militari israeliane”, ha rilevato Mazzeo. “L’accordo prevedeva l’acquisto di due sofisticati aerei da guerra in un quadro di intelligence per un valore di circa 550 milioni di dollari, gravando le generazioni future con debiti di guerra”.  

Le importazioni e le esportazioni di armi, tuttavia, non sono solo affari, ma autentiche scelte politiche: nel 2021 l’Unione Europea ha registrato un record storico di esportazioni effettive di quasi 4,8 miliardi di euro e il più alto numero di missioni internazionali mai raggiunto, pari a 44 (5 in più rispetto all’anno precedente), tutte in posizioni strategiche di interesse energetico o militare.

Non solo cliente

Israele, oltre ad essere un cliente importante, rappresenta un modello da seguire. Già nel 2011 potenti radar a microonde prodotti negli stabilimenti dell’occupazione sono stati installati all’interno di parchi e riserve naturali del sud Italia per contrastare gli sbarchi di migranti. La direzione è la stessa delle agenzie europee FRONTEX ed European Maritime Safety Agency. Il Comitato Nazionale BDS ha riferito come i droni militari utilizzati durante i massacri di Gaza vengano ora utilizzati per rilevare e attaccare i migranti.

Un ulteriore passo è stato fatto lo scorso giugno. Leonardo ha acquisito RADA Electronic Industries Ltd, la società israeliana leader nella fornitura di software e radar militari ad alta tecnologia. La società italiana ha annunciato che la sua controllata statunitense, Leonardo DRS [Drug Reduction System, sistema di riduzione della resistenza aerodinamica per aumentare la velocità, ndt.] e RADA hanno stipulato un accordo definitivo per creare una società per azioni di nuova fusione, in cambio dell’assegnazione agli attuali proprietari di RADA di circa il 19,5% di Leonardo DRS.

Si direbbe quindi che la macchina da guerra israeliana sia penetrata con successo in un apparato militare e politico straniero. Allo stesso tempo l’Italia mantiene importanti relazioni con Stati come Iran, Qatar, Turchia e Pakistan.

Il pretesto finale è isolare Putin per la sua condotta criminale, ma in questo modo l’Italia continua a rafforzare le relazioni con Paesi con enormi contraddizioni sul rispetto dei diritti umani.

Allo stesso tempo, la stessa Italia continua a perseguire politiche estrattive controverse nel continente africano attraverso la sua società per azioni Eni, che ha devastato il delta del Niger, o attraverso la sua recente missione militare in Mozambico a difesa degli interessi energetici, solo per citarne alcuni.

L’Italia fa affari anche con i propri nemici. Ma dopotutto, anche questo fa parte del modello israeliano.

(traduzione dall’inglese di Luciana Galliano)