Quattro ore di disastro: le testimonianze su un’incursione militare a Nablus sollevano interrogativi sulla versione degli eventi dell’esercito

L'appartamento di Wadi Al Hawwah distrutto dai razzi israeliani . Foto: Nidal Shtayyeh
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Amira Hass

18 novembre 2022 – Haaretz

Sono passate quattro settimane dall’incursione dell’esercito e della polizia nella Città Vecchia di Nablus che ha causato la morte di 5 palestinesi. Le prove raccolte da Haaretz mostrano una grave violazione del protocollo da parte delle forze israeliane che ha causato la morte di due civili, un attacco alle forze dell’Autorità Nazionale Palestinese e la scoperta di un presunto “nascondiglio segreto” che in realtà era ben conosciuto

Ali Antar, un uomo di 26 anni, celibe, amava le moto e lavorava come barbiere. Anche Hamdi Sharaf, 36 anni, padre di due figli, era un barbiere. Nessuno dei due era armato né collegato alla Fossa dei Leoni [gruppo di resistenza palestinese di recente formazione, ndt.], ma sono stati comunque uccisi dalle forze israeliane in due diverse località della città di Nablus, in Cisgiordania. La loro colpa è stata trovarsi per strada nella notte tra il 24 e il 25 ottobre, quando una forza congiunta di esercito, polizia e Shin Bet [l’agenzia di intelligence per gli affari interni dello Stato di Israele, ndt.] ha invaso Nablus e ha circondato la Città Vecchia.

Il portavoce dell’esercito israeliano ha successivamente rilasciato una dichiarazione in cui precisava l’obiettivo principale, il 31enne Wadi al-Hawwah, ucciso durante l’operazione.

Alcuni media israeliani hanno riferito che oltre ad al-Hawwah, altri quattro palestinesi sono stati uccisi nel corso di “scambi di fuoco”. Ma secondo testimoni oculari, sia Antar che Sharaf non sono stati coinvolti in alcun scambio di fuoco incrociato, ma sono stati colpiti da cecchini israeliani.

Da allora sono passate quasi quattro settimane, ma un’incursione armata come quella lascia delle impressioni profonde sui palestinesi e quindi merita questo articolo per quanto tardivo.

Le dichiarazioni congiunte dell’esercito e della polizia con indiscrezioni “da fonti anonime” riportate poco dopo l’incursione sono state accettate in Israele come descrizione da parte del narratore onnisciente. Nel confronto fra questi primi rapporti, concisi e spogli, l’esercito prevale sempre, e chiunque cerchi un quadro più completo si trova in difficoltà: non gli resta altro da fare che raccogliere testimonianze oculari e porre domande. Inizieremo da qui.

Nascondiglio segreto’

Secondo il portavoce dell’esercito le forze israeliane hanno trovato al-Hawwah in quella che secondo lui sarebbe il suo “nascondiglio segreto”. L’appartamento in cui alloggiava appartiene alla famiglia al-Hawwah e dà sul cortile (“Hosh” in arabo) prospiciente a delle case ad arco in pietra vecchie più di un secolo. Tutti sapevano che l’appartamento apparteneva alla famiglia e alcuni sapevano che era stato recentemente ristrutturato nella speranza che Wadi si sposasse presto. Il piano sottostante l’appartamento appartiene alla famiglia Atout e funge da diwan, una stanza per le riunioni di famiglia.

Alla richiesta di informazioni il portavoce dell’esercito ha indirizzato Haaretz al suo omologo della polizia che non ha spiegato perché l’appartamento fosse stato definito un “nascondiglio segreto”. In risposta, ha affermato che gli agenti dello Yamam [antiterrorismo] insieme all’esercito e allo Shinbet e ad altri agenti della polizia di frontiera hanno agito per eliminare un’infrastruttura di terrorismo violento a Nablus. Le forze di sicurezza si sono coordinate pienamente nell’operazione e di conseguenza hanno sparato contro uomini armati che rappresentavano un pericolo per le nostre forze”.

Fabbrica di bombe

Il portavoce dell’esercito ha affermato che il “il nascondiglio segreto” fungeva da fabbrica di bombe, che “le nostre forze hanno fatto saltare in aria”. L’appartamento, come si presentava il 30 ottobre, mostrava chiari segni di un attacco dall’esterno da parte di diversi razzi Matador [munizioni anticarro, ndr.], come riportato: mobili e finestre rotti, cardini di metallo e ferro divelti, schermi di televisore e computer danneggiati e fusi, tappezzeria strappata, segni di colpi di arma da fuoco sui muri, resti di droni e drive di computer sparsi qua e là.

Ma se fossero stati fatti saltare in aria degli esplosivi molto probabilmente il danno sarebbe stato molto peggiore, anche alle spesse mura della casa, quindi all’appartamento stesso. Eppure non erano evidenti segni di incendio da materiale esplosivo fatto esplodere all’interno dell’appartamento. Nello stesso Hosh, il complesso di edifici in pietra adiacenti al punto in cui si trova l’appartamento, non c’erano evidenti segni di danneggiamento che indicassero [la presenza di] una carica esplosiva.

C’era forse un altro appartamento che fungeva da “fabbrica di materiali esplosivi” che è stato fatto saltare in aria e la sottoscritta autrice dell’articolo non ne è a conoscenza? Il portavoce della polizia è stato interpellato ma non ha risposto.

Ingresso di soldati

Secondo diversi media israeliani – ma non secondo la dichiarazione del portavoce dell’esercito – i militari israeliani sono entrati nel “nascondiglio segreto” e hanno fatto esplodere il materiale esplosivo trovato nella “fabbrica di bombe”. Secondo gli abitanti palestinesi del quartiere, i soldati e l’unità Yamam della polizia di frontiera non sono mai entrati nell’appartamento.

Un altro appartamento

Secondo i vicini i militari hanno fatto irruzione in un secondo appartamento nella Città Vecchia, in Nasser Street, a nord dell’appartamento della famiglia al-Hawwah. Un vicino ha detto che l’appartamento era disabitato. Era un ampliamento recente e meno solido rispetto ad una struttura in pietra più antica. Tuttavia, non ci sono segni evidenti di un’esplosione, quindi è altrettanto improbabile che la “fabbrica di esplosivi” si trovasse lì. I vicini hanno avuto l’impressione che l’esercito e la polizia avessero stabilito lì un loro quartier generale. Il portavoce della polizia non ha risposto alle domande.

Spari contro la polizia palestinese

Secondo i media israeliani “all’inizio dell’operazione” l’esercito ha notificato alle forze di sicurezza palestinesi la sua incursione, in modo che si ritirassero nel loro quartier generale. Ma non c’è stata necessità di tale avvertimento poiché le forze speciali israeliane avevano già reso nota la loro presenza sparando e ferendo il personale di sicurezza palestinese di stanza in Piazza dei Martiri.

Almeno cinque palestinesi sono rimasti feriti nella piazza dal fuoco israeliano due dei quali membri delle forze di sicurezza palestinesi e due dell’intelligence militare, oltre a un uomo che ha cercato di soccorrerli.

Sparare al personale di sicurezza palestinese di stanza in luoghi coordinati noti all’esercito viola i termini degli accordi di sicurezza congiunti tra le due parti. L’esercito, la polizia e lo Shin Bet hanno deciso in anticipo di mettere in pericolo la vita del personale di sicurezza palestinese (e quella parte delle norme fondamentali che impongono di avvertire i palestinesi prima di un ingresso nell’Area A [sotto il pieno controllo dell’Autorità Nazionale Palestinese, ndt.])? Oppure le truppe che hanno sparato contro di loro non erano a conoscenza delle regole o non sapevano che i palestinesi erano regolarmente di stanza nei loro posti? L’ufficio del portavoce della polizia ha rifiutato di rispondere.

Cinque località

Le forze israeliane sono rimaste a Nablus per quattro ore, lasciando dietro di sé cinque morti e trenta feriti in cinque diverse località, con testimoni oculari in ogni zona. Alcuni di loro sono stati precisi nelle loro descrizioni mentre altri sembrano aver messo insieme racconti sentiti da altri o aver sostituito ciò che avevano dimenticato con valutazioni e interpretazioni.

Questo il quadro che emerge dai loro racconti:

Prima di mezzanotte le forze israeliane – unità di polizia sotto copertura e forse anche soldati si erano posizionate sui tetti di due edifici gli edifici Al-Rif e Beirut sulla Montagna del Nord(sul Monte Ebal) che domina la città. A., uno degli inquilini, che era tornato a casa cinque minuti prima di mezzanotte, ha detto ad Haaretz che quando ha parcheggiato la sua auto mi hanno puntato contro [puntatori] laser [montati su fucile] e hanno inviato un drone verso di me. Ho pensato che ci fossero dei soldati, ma ancora non sapevo dove si trovassero“.

Il drone si è librato tra l’edificio e la Città Vecchia, racconta A. Lui e gli altri inquilini della casa si sono accorti che i soldati erano sul tetto del loro edificio e di quello adiacente solo quando la polizia o i soldati hanno sparato in direzione della Città Vecchia e delle strade circostanti.

Ritiene che la distanza tra il suo edificio e la Città Vecchia sia di circa un chilometro e mezzo. Altrove a Nablus, la gente ha parlato di diversi altri edifici in cui erano posizionate unità sotto copertura e da cui in seguito hanno iniziato a sparare. Uno di questi era un grande centro commerciale in Piazza dei Martiri.

Diverse attività commerciali negli edifici che circondano Piazza dei Martiri, compresi diversi negozi e ristoranti, erano ancora aperte nonostante l’ora tarda. H. si trovava insieme ad un gruppo di giovani di età compresa tra i 18 e i 30 anni che chiacchieravano, fumavano narghilè, facevano uno spuntino notturno o ripulivano il locale per la successiva giornata di lavoro.

Nella piazza diversi membri armati del personale di sicurezza palestinese stavano in piedi sotto le palme come fanno regolarmente, giorno e notte nelle rispettive postazioni. Quando non c’è nessuno i residenti di Nablus presumono che l’esercito israeliano abbia notificato alle forze di sicurezza un’incursione pianificata e che essi siano tornati al quartier generale.

Erano circa le 0:30, o le 0:15, ha detto H. ad Haaretz. Inizialmente abbiamo sentito una forte esplosione e in seguito molti colpi di arma da fuoco. Ho sbirciato fuori dalla finestra e ho visto un agente di sicurezza palestinese sparare in aria. Non miravano a niente in particolare perché non sapevano da dove provenisse il fuoco”.

H. si è reso conto che diverse persone erano state ferite dal fuoco israeliano e una di loro si era rifugiata nel negozio dove si trovava H., il quale ha poi aiutato l’uomo a salire su un’ambulanza che era riuscita a raggiungere la zona. H. stima che i soldati o la polizia israeliani stessero sparando dal centro commerciale della città.

F. è un volontario di una delle squadre di soccorso medico e suo fratello è uno dei quattro agenti della sicurezza palestinese feriti quella notte. F. ha parlato con Haaretz riferendosi al resoconto di suo fratello, dicendo che un veicolo civile si è fermato accanto agli ufficiali palestinesi per avvertirli che le “forze speciali” israeliane erano nell’area.

“L’autista non ha avuto la possibilità di finire la frase prima che iniziassero a sparare”, ha detto F. Gli agenti di sicurezza palestinesi hanno sparato in aria in quel momento non sapevano da dove provenisse il fuoco. Poi sono fuggiti». Riferisce che la sparatoria proveniva sia dal centro commerciale che dalle postazioni improvvisate allestite sugli edifici del Monte del nord.

La prima forte esplosione che F. e la sua squadra medica hanno sentito arrivava dal quartiere di Ras al-Ain a sud della Città Vecchia. Successivamente è emerso che l’esplosione proveniva da un’auto appartenente a Hamdi Qayyim, successivamente identificato come sostenitore di Hamas e membro della Fossa dei Leoni. È stato anche riferito che i paramedici hanno successivamente recuperato il suo corpo carbonizzato dall’auto.

Stava andando al centro della Città Vecchia? Una bomba che trasportava nel veicolo è esplosa da sola o sotto i colpi sparati contro la sua auto? Non è chiaro. Più o meno nello stesso momento si sono sentite delle esplosioni nel centro della Città Vecchia. Alcuni abitanti hanno detto che la prima esplosione non è stata quella dell’auto di Qayyim ma quella del razzo che ha colpito l’appartamento dove alloggiava al-Hawwah.

Gli abitanti dei quartieri più distanti sono stati svegliati dall’esplosione e da quelle successive. Con il crescere degli spari si sono moltiplicate le sirene delle ambulanze, le persone hanno iniziato a scambiare informazioni e voci mentre la paura aumentava.

Durante quelle quattro ore non siamo riusciti a dormire. Sembrava di essere nel bel mezzo di una guerra e avevamo paura. Era come se fossimo tornati ai giorni della seconda intifada, ha detto ad Haaretz un abitante di un quartiere a ovest della Città Vecchia. Oltre a tutto ciò, alcune zone della città hanno subito un blackout.

Verso le 0:40 del mattino decine di veicoli dell’esercito e della polizia hanno iniziato a riversarsi speditamente attraverso i quattro ingressi di Nablus: Tel, al-Tur, Huwara e Asira al-Shamliya. I giovani e i più coraggiosi hanno risposto alle chiamate della Fossa dei Leoni per accorrere nella Città Vecchia e ostacolare l’incursione lanciando pietre e incendiando pneumatici. La sottoscritta autrice dell’articolo non sa quanti di loro siano stati feriti dal fuoco dell’esercito e quanti dei feriti giunti negli ospedali fossero armati e impegnati in scontri a fuoco con le forze israeliane.

Nessun luogo sicuro

Quattro giorni dopo il funerale collettivo dei cinque morti la famiglia di al-Hawwah ha iniziato a parlare con i media. Hanno detto di aver parlato con gli amici di Wadi che quella notte erano con lui nell’appartamento e sulla base dei loro racconti hanno potuto ricostruire il raid che lo ha ucciso. Non tutto di quei resoconti di seconda mano appare chiaro.

Da queste e da altre fonti emerge però che non vi è stato alcun tentativo di arrestare al-Hawwah e i suoi amici. Le forze israeliane sono arrivate con l’intento di uccidere.

Secondo i suoi amici diversi droni di sorveglianza sono entrati nell’appartamento attraverso la finestra a nord, cogliendoli di sorpresa. Membri della famiglia hanno detto che gli è stato riferito che al-Hawwah avrebbe sparato contro i droni.

Allo stesso tempo, proiettili Matador sono stati sparati contro l’appartamento da sud mentre uno o più droni emettevano gas lacrimogeni. Il personale medico palestinese ha riferito che al-Hawwah è stato ucciso da cinque proiettili che lo hanno colpito al petto, apparentemente sparati da una posizione fuori dall’appartamento, sempre secondo i servizi medici palestinesi. Uno degli amici di al-Hawwah, Mishal Baghdadi, è stato gravemente ferito ed è morto mentre si recava in ospedale. F., che era arrivato con la sua équipe medica in una piazza accanto alla Moschea Nasser, dice di aver sentito il boato di sei potenti esplosioni.

F. riferisce che gli israeliani hanno sparato contro la sua ambulanza mentre cercava di raggiungere diversi feriti. “L’autista e io siamo stati costretti a lasciare l’ambulanza e nasconderci per evitare di essere feriti”, dice. Anche altre squadre mediche hanno riferito di essere state colpite dalle forze israeliane, essendo così costrette a fare delle deviazioni e ad arrivare in ritardo sul luogo. La polizia non ha risposto all’accusa.

Hamdi Sharaf, il barbiere di 36 anni, era a casa dei suoceri con la moglie e i due figli. Quando sono giunte voci secondo cui “l’esercito era in città“, Sharaf e un altro membro della famiglia hanno pensato di andare a vedere cosa stesse succedendo. Ma altri famigliari li hanno convinti a non farlo. Poi hanno sentito un’esplosione e hanno insistito per uscire per scoprire cosa capitasse. Hanno fatto un po’ di giri, hanno lasciato la Città Vecchia, non hanno visto uomini armati o israeliani sotto copertura, e hanno deciso di tornare a casa.

Entrambi sono stati colpiti vicino alla casa dei suoceri. Non erano armati, non c’è stato alcuno scambio di colpi di arma da fuoco nella zona. Secondo i resoconti giunti ad Haaretz, i colpi sono stati sparati con i silenziatori. Poco dopo l’una di notte, il Ministero della Sanità palestinese ha dichiarato Sharaf morto.

A mezzanotte il barbiere Ali Antar era ancora seduto con gli amici al Cafe Z’abub nel quartiere Bassatin (giardini) fuori dalla Città Vecchia, a pochi isolati a ovest di Piazza dei Martiri. La sera, quando il bar è pieno, i clienti spesso portano le sedie sul marciapiede davanti a un negozio di abbigliamento chiuso per tutto quel giorno. Antar si trovava lì con i suoi amici al momento del boato della prima esplosione. Si sono tutti dileguati. Antar, come si può vedere nel video della telecamera di sicurezza del bar, prima di andarsene ha pagato il suo conto.

Tre giorni dopo l’incursione il suo migliore amico R. ha raccontato ad Haaretz cosa è successo dopo. Abito a poche centinaia di metri dal caffè in via al-Fatimiyyeh [che si estende a ovest della Città Vecchia]. Dopo aver sentito l’esplosione abbiamo deciso che sarebbe stato più sicuro che gli amici che vivono in quartieri più lontani venissero a casa mia”, ha detto.

A. è salito sull’auto di un amico mentre Antar montava sulla sua moto, portando con sé un amico. “Ci siamo fermati davanti alla casa e all’improvviso abbiamo sentito degli spari”, racconta. Non sapevamo se provenissero dall’esercito o dall’Autorità nazionale palestinese. Io e il mio amico ci siamo riparati dietro l’auto, inginocchiandoci, mentre gli spari continuavano. Ho pensato tra me e me, l’ANP non può volerci uccidere”.

In quel momento non sapevo che si trattava dell’esercito. All’improvviso qualcosa ha colpito il retro dell’auto. Non sapevamo cosa fosse. Siamo fuggiti nell’appartamento dei miei genitori senza voltarci indietro.

Ho visto la morte. Ho strisciato, ho strisciato su per le scale tremando. Ho avuto un cedimento nervoso, il giorno dopo il funerale sono finito anche io in ospedale», racconta R., e aggiunge che l’amico, che quella notte era alla guida dell’auto, ha subito un trauma ancora più grave. Non è in grado di parlare. Ora si sa che a colpire l’auto è stata la moto di Antar. L’amico che era con lui è rimasto ferito ma è riuscito a mettersi al riparo.

“Qualcuno dall’altra parte della strada ha visto Ali sdraiato sull’asfalto. Ali ha cercato di rialzarsi ed è stato colpito di nuovo. Quel ragazzo ha cercato di attraversare la strada per salvare Ali, ma gli israeliani gli hanno sparato. sparavano a qualsiasi cosa si muovesse Tutto quello che volevamo fare era raggiungere un luogo sicuro. Ma nessun luogo era sicuro”.

(Traduzione dall’inglese di Aldo Lotta)