Azad Essa
22 aprile 2024 – Middle East Eye
Le proteste si estendono ad almeno dieci delle principali università mentre il trattamento riservato agli studenti filo-palestinesi suscita una crescente condanna da parte degli accademici
Accademici e studiosi hanno promesso di boicottare la Columbia University per le sue politiche repressive contro gli studenti impegnati nella protesta, con immagini scioccanti che hanno determinato l’estendersi del movimento studentesco per la Palestina in tutto il territorio degli Stati Uniti.
Nelle ultime 24 ore si sono moltiplicati gli accampamenti studenteschi all’interno dei college – soprattutto sulla costa orientale – e si prevede che altri ne sorgeranno nei prossimi giorni. Middle East Eye è a conoscenza di almeno altre due università che ne stanno progettando di simili senza che ancora ne sia stata data notizia.
Accampamenti in cui gli studenti chiedono il disinvestimento dalle società coinvolte nell’occupazione israeliana della terra palestinese e nel “genocidio” a Gaza sono spuntati presso il Massachusetts Institute of Technology (MIT), la Tufts e la Emerson a Boston, la New York University e la New School di New York City, la Vanderbilt a Nashville, Tennessee la Yale University nel Connecticut, la Berkeley in California, l’Università del Michigan, la Washington University di St. Louis e l’Università della Carolina del Nord a Chapel Hill.
In una dichiarazione inviata a Middle East Eye gli studenti della Tufts University affermano di aver allestito, insieme agli studenti dell’Emerson e del MIT, accampamenti nei loro campus “come parte di un crescente movimento studentesco nazionale per il disinvestimento dal genocidio e dall’apartheid”.
“La nostra presenza nel campus, in particolare negli spazi dell’accampamento solidale con Gaza, è dedicata alla costruzione di una coalizione e di un’importante organizzazione solidale che promuova la nostra campagna per il disinvestimento istituzionale. Impegnarsi attraverso le manifestazioni nelle tendopoli è incoraggiato in tutti i modi, ma qualsiasi sforzo in questi spazi deve essere centrato su Gaza e le condizioni materiali dei palestinesi e deve sfruttare le nostre energie e prerogative per disinvestire dai loro oppressori,” hanno detto a MEE gli studenti della Tufts University di Boston.
La Coalizione per la Liberazione della Palestina alla Tufts, composta da diversi gruppi, tra cui i Tufts Students for Justice in Palestine, ha affermato che le manifestazioni continueranno.
“Fino a quando le nostre istituzioni non renderanno pubblici i loro investimenti e disinvestiranno da tutte le società che aiutano e incoraggiano il genocidio in Palestina, continueremo ad organizzarci per interrompere l’ordinaria amministrazione”.
La Tufts, il MIT e la Emerson al momento non hanno risposto alla richiesta di commento di MEE.
Mentre le proteste si diffondono in molti campus in tutto il Paese diversi accademici e organizzazioni hanno rilasciato dichiarazioni che prendono le distanze dalla Columbia University sulla sua decisione di chiamare la polizia nel campus per arrestare gli studenti, nonché sulle sospensioni di massa degli studenti per essersi rifiutati di porre fine alle loro proteste per Palestina.
Giovedì almeno 108 studenti della Columbia sono stati arrestati dopo che la rettrice dell’università, Nemat Minouche Shafik, ha chiamato il dipartimento di polizia di New York chiedendo loro di entrare nel campus e smantellare un accampamento allestito il giorno prima sul prato principale.
Da allora circa 85 studenti della Columbia University e del Barnard College sono stati sospesi per aver preso parte alle azioni dirette. Allo stesso modo, all’Università di Yale 47 studenti sono stati arrestati lunedì mattina, ora locale, per essersi rifiutati di smantellare il loro campo.
La protesta iniziata alla Columbia University nelle prime ore del 17 aprile, che comprendeva poco più di 100 studenti, dopo gli arresti si è trasformata in un movimento di centinaia di persone. Gli studenti si sono recati spontaneamente sui prati e hanno immediatamente allestito un nuovo campo.
Gli organizzatori hanno riferito a MEE che diversi studenti che inizialmente non avevano preso parte all’accampamento si sono sentiti obbligati ad unirsi al movimento disgustati dagli amministratori dell’università.
“L’università qui si è assolutamente data la zappa sui piedi. Quando è sorto il primo accampamento ho cercato di stare lontano dai guai. Mi sono seduta lontano sui gradini e osservavo”, ha detto a MEE una studentessa ebrea della Columbia.
“Quando sono iniziati gli arresti ho visto i miei amici trascinati via… trattati in modo così orribile da quei giganteschi agenti di polizia, ed è stato così crudele. È stato molto sconvolgente.”
Afferma di essersi sentita obbligata, come molti altri, a mettere da parte le paure e apprensioni e a unirsi all’allestimento spontaneo di un successivo accampamento sui prati.
“Comprendiamo che la liberazione palestinese non è antitetica alla liberazione ebraica”, aggiunge la studentessa.
Boicottaggio accademico e culturale
L’aver preso di mira gli studenti, gli attacchi alla libertà accademica e il controllo della libertà di parola all’università da parte degli amministratori hanno attirato la condanna anche di diversi accademici e studiosi con legami con la Columbia.
Lunedì i docenti della Columbia e del Barnard College hanno organizzato uno sciopero a sostegno degli studenti.
Sempre lunedì l’accademico Marc Lamont Hill, docente onorario alla CUNY [università della città di New York, ndt.], ha detto che si ritirerà dalla conferenza programmata alla Columbia a causa della repressione in corso all’università.
“Quest’anno avrei dovuto tenere alla Columbia University il seminario in onore di Mamie Phipps Clark e Kenneth B Clark [due psicologi afroamericani famosi per i loro studi negli anni ’40 sugli effetti della segregazione razziale sui bambini, ndt.].
“Alla luce dell’attuale repressione e criminalizzazione degli studenti da parte dell’università, nonché dell’attuale boicottaggio accademico dell’istituzione, ho annullato la mia presenza e non accetterò il relativo premio di 10.000 dollari. Esorto la Columbia University a soddisfare ciascuna delle richieste ragionevoli e di saldi principi sul boicottaggio”, ha aggiunto Hill.
Ore prima, il Corso di laurea in Inglese aveva annunciato un completo boicottaggio accademico della Columbia e del Barnard College “fino a quando non reintegreranno gli studenti sospesi e risponderanno alle loro richieste: trasparenza, disinvestimento, liberazione”.
Molti altri hanno rilasciato pubblicamente dichiarazioni di cessazione dei legami con la prestigiosa università.
Martedì l’organizzazione antisionista Jewish Voice for Peace (JVP), ha affermato che l’Università della Columbia e il Barnard College hanno creato un clima di repressione e danno per gli studenti che protestavano pacificamente per la fine del “genocidio” israeliano a Gaza contro i palestinesi.
Mentre diversi sostenitori e commentatori filoisraeliani, così come la Casa Bianca, hanno rilasciato dichiarazioni in cui esprimevano preoccupazione per l’antisemitismo nei campus, JVP ha chiarito che a essere presi di mira dagli amministratori sono stati gli studenti ebrei che difendevano la Palestina.
“Gli studenti hanno subito attacchi alla loro sicurezza fisica mentre si trovavano nel campus, hanno subito la pubblica diffusione nei media di informazioni personali e sono esposti a discorsi di odio da parte di docenti e personale”, rileva JVP, aggiungendo: “La Columbia University ha creato con forza un ambiente ostile per gli studenti palestinesi o per coloro che sostengono la libertà dei palestinesi. Inoltre, gli interventi dell’amministrazione hanno reso il campus molto meno sicuro per gli studenti ebrei”.
L’organizzazione sottolinea che degli 85 studenti sospesi per aver preso parte all’accampamento della Columbia 15 erano ebrei.
[traduzione dall’inglese di Aldo Lotta]