Romana Rubeo
7agosto 2020 – Palestine Chronicle
Flavio Insinna, presentatore del popolare programma televisivo italiano “L’Eredità”, la prossima volta che andrà in onda dovrà fare la seguente dichiarazione: “Il diritto internazionale non riconosce Gerusalemme come capitale dello Stato di Israele.”
Questo ordine ufficiale è stato deciso dal tribunale di Roma, che il 5 agosto ha sentenziato a favore di due organizzazioni italiane filo-palestinesi contro l’impresa pubblica italiana di radiodiffusione RAI.
La vicenda risale al 21 maggio, quando è stato chiesto alla concorrente di un programma televisivo quale sia la capitale di Israele. La risposta “Tel Aviv” è stata considerata sbagliata. Quella giusta, è stato detto alla concorrente, è “Gerusalemme”.
In Italia l’incidente ha scatenato un dibattito pubblico. La politica estera italiana continua ad essere coerente con il diritto internazionale, che non riconosce Gerusalemme come capitale di Israele.
Il 5 giugno Insinna, il presentatore del programma, cercò di attenuare la polemica con una dichiarazione che affermava in modo parziale che “sull’argomento ci sono punti di vista differenti.”
Tuttavia gli avvocati italiani Fausto Gianelli e Dario Rossi, che rappresentano rispettivamente l’“Associazione Palestinesi in Italia” e l’“Associazione benefica di solidarietà con il popolo palestinese”, hanno deciso di portare il caso in tribunale.
Dopo aver riflettuto, la giudice Cecilia Pratesi ha comunicato la tanto attesa sentenza: “Lo Stato italiano non riconosce Gerusalemme come capitale di Israele.”
“È ben noto che il 21 dicembre 2017 l’Italia ha votato a favore di una risoluzione dell’Assemblea Generale dell’ONU che ha respinto la decisione degli Stati Uniti di riconoscere Gerusalemme come capitale di Israele,” ha detto la giudice.
“È altrettanto noto che la stessa ONU ha ripetutamente espresso la propria opinione, condannando l’occupazione israeliana dei territori palestinesi e di Gerusalemme est e negando qualunque valore legale alla decisione di Israele di trasformare Gerusalemme nella sua capitale,” ha aggiunto.
“Le risoluzioni dell’ONU,” prosegue la sentenza, “devono essere considerate leggi ordinarie, direttamente applicabili nel nostro sistema giuridico.”
(traduzione dall’inglese di Amedeo Rossi)