Maureen Clare Murphy
25 Giugno 2020 – Electronic Intifada
Durante il suo discorso al Consiglio di sicurezza di mercoledì l’inviato delle Nazioni Unite per il processo di pace in Medio Oriente ha incolpato implicitamente i palestinesi della morte di un bambino di 8 mesi a Gaza.
“I palestinesi di Gaza, avendo vissuto assediati e sotto il controllo di Hamas per più di un decennio, sono particolarmente vulnerabili”, ha dichiarato l’inviato Nickolay Mladenov, omettendo di menzionare Israele in quanto responsabile dell’assedio.
“La fine del coordinamento civile non permetterà loro di ricevere cure salvavita”, ha aggiunto Mladenov, in riferimento al fatto che l’Autorità Nazionale Palestinese sta riducendo i suoi rapporti con Israele in segno di protesta per il piano di quest’ultima di formalizzare l’annessione delle terre occupate della Cisgiordania.
“Un bambino di 8 mesi ha già perso la vita a causa di questa situazione”, ha detto Mladenov.
L’inviato dell’ONU si riferiva al caso di Omar Yaghi, un bambino con problemi cardiaci.
É morto il 18 giugno mentre la sua famiglia attendeva un permesso israeliano per recarsi fuori da Gaza per un intervento chirurgico.
“Ci deve assolutamente essere un limite quando si tratta della vita dei bambini!” ha detto l’indignato Mladenov, aggiungendo che l’ONU non può sostituire l’ANP nel suo ruolo di coordinamento con Israele.
Scaricando le colpe sui palestinesi, Mladenov esime Israele dai suoi obblighi legali.
Il diritto internazionale sostiene che Israele, in quanto potenza occupante, e non l’Autorità Nazionale Palestinese, è in ultima analisi responsabile del diritto alla salute dei palestinesi.
Paradigma fallito
L’errore nell’individuare i colpevoli compiuto da Mladenov non è sorprendente. Il suo ruolo di inviato delle Nazioni Unite è quello di applicare il paradigma fallito di una soluzione negoziata per due Stati invece di sostenere i diritti dei palestinesi.
Le sue osservazioni al Consiglio di sicurezza dell’ONU sull’annessione israeliana sono rivelatrici.
Invece di condannare l’annessione perché violerebbe i diritti dei palestinesi, Mladenov ha sottolineato che essa altererebbe potenzialmente “la natura delle relazioni israelo-palestinesi”. Ha anche detto che metterebbe a repentaglio “più di un quarto di secolo di sforzi internazionali a sostegno della possibilità di un futuro Stato palestinese”.
In altre parole, l’annessione israeliana sarebbe negativa perché minaccerebbe il paradigma dei due Stati, non perché allontanerebbe i palestinesi dalla loro terra e li sottoporrebbe a violazioni ancora più estreme dei loro diritti.
Nel frattempo, Mladenov non ha chiesto in maniera ferma la cessazione dell’assedio israeliano a Gaza.
Al contrario ha trattato i diritti più elementari dei palestinesi come oggetto di scambio all’interno della mediazione dei colloqui indiretti tra Israele e le autorità di Hamas a Gaza.
Invece di difendere i diritti umani dei palestinesi e sostenere il diritto internazionale, Mladenov ha dato la priorità alla conservazione dello status quo e alla ragion d’essere dell’Autorità Nazionale Palestinese, fungendo da braccio esecutivo dell’occupazione israeliana.
Nonostante la formulazione di Mladenov, è del tutto chiaro che quando si tratta di salute a Gaza la responsabilità ricada su Israele.
La scorsa settimana diverse organizzazioni per i diritti umani sono intervenute presso il Ministero della Difesa israeliano, invitandolo a consentire il trasferimento da Gaza “indipendentemente dal coordinamento con l’Autorità Nazionale Palestinese”.
Israele controlla i valichi lungo il suo confine con Gaza, hanno affermato le associazioni, e quindi la libertà di movimento dei palestinesi che vivono nel territorio.
“Quindi – hanno aggiunto – il diritto umanitario internazionale, le leggi sui diritti umani e il diritto israeliano assegnano ad Israele degli obblighi nei confronti di questa popolazione”.
Questa settimana iI Centro Palestinese per i Diritti Umani con sede a Gaza ha sottolineato che Israele è legalmente responsabile della protezione dei malati della Striscia di Gaza.
L’organizzazione ha invitato “la comunità internazionale a fare pressione sulle autorità israeliane … per garantire procedure adeguate e sicure” a favore dei pazienti di Gaza.
Il PCHR ha affermato che almeno 8.300 pazienti affetti da cancro sono danneggiati dalla sospensione del coordinamento sui viaggi.
Altre centinaia di pazienti “hanno bisogno di un intervento chirurgico urgente” che non è disponibile negli ospedali di Gaza, la cui efficacia è stata notevolmente ridotta dai 13 anni di assedio israeliano e dai successivi reati militari.
I medicinali e le forniture mediche sono cronicamente carenti, mentre negli ospedali mancano “le apparecchiature utilizzate per la radioterapia per i malati di cancro che le autorità israeliane hanno smesso di fornire alla Striscia di Gaza”.
“Israele è responsabile per i palestinesi”
Gli esperti sanitari hanno avvertito che il sistema medico di Gaza non sarebbe in grado di far fronte a un focolaio di COVID-19 nel territorio densamente popolato e impoverito.
“Le autorità israeliane [sono responsabili di] questo territorio anche per quanto concerne il diritto internazionale, quindi devono tenerlo sotto osservazione con grande cura”, ha detto recentemente a un giornale israeliano Yves Daccord, ex responsabile del Comitato Internazionale della Croce Rossa.
“Israele è responsabile dei palestinesi”, ha sottolineato in relazione all’impatto economico delle restrizioni dovute alla pandemia.
Oltre al piccolo Omar a giugno, dopo soli due mesi di vita, è morta Joud al-Najjar mentre la sua famiglia attendeva il permesso da Israele per accedere al trattamento dell’epilessia.
Così come per un altro bambino di Gaza, Anwar Harb, affetto da una malattia cardiaca.
Sono le vittime di un’insistenza miope su un processo di pace inesistente e del voler privilegiare un’ipotetica soluzione dei due Stati rispetto ai diritti delle persone in carne ed ossa, vive e in pericolo di vita.
(traduzione dall’inglese di Aldo Lotta)