La ‘normalizzazione’ di Israele: l’Arabia Saudita sta ammorbidendo la sua posizione?

Una protesta palestinese contro "l'accordo di abramo". [Mohammed Saber/EPA]
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16 settembre 2020 – Al Jazeera

Dopo gli accordi con Emirati Arabi Uniti e Bahrain, ci sono segnali che l’Arabia Saudita stia preparando la sua gente a relazioni amichevoli con Israele.

Quando nel corso del mese uno dei principali leader musulmani dell’Arabia Saudita ha chiesto ai suoi correligionari di evitare “emozioni irruente e passioni infuocate” nei confronti degli ebrei, ciò ha costituito un netto cambiamento di tono da parte di chi in passato ha versato lacrime durante le sue prediche a favore della Palestina.

Il sermone di Abdulrahman al-Sudais, imam della Grande Moschea della Mecca, trasmesso dalla televisione di Stato saudita il 5 settembre, è arrivato tre settimane dopo che gli Emirati Arabi Uniti avevano concordato uno storico accordo per normalizzare le relazioni con Israele e pochi giorni prima che lo Stato del Golfo del Bahrain, uno stretto alleato saudita, ne seguisse l’esempio.

Sudais, che in passato pregava nei suoi sermoni perché i palestinesi conseguissero la vittoria sugli ebrei “invasori e aggressori”, ha spiegato come il profeta Maometto fosse buono con il suo vicino ebreo e ha sostenuto che il modo migliore per persuadere gli ebrei a convertirsi all’Islam fosse “trattarli bene”.

Anche se non ci si aspetta che l’Arabia Saudita segua presto l’esempio dei suoi alleati del Golfo, le osservazioni di Sudais potrebbero essere un indizio su come il regno affronta il delicato tema dell’amicizia con Israele – una prospettiva un tempo inconcepibile. Nominato dal re, egli è una delle figure più influenti del paese, che riflette le opinioni della propria istituzione religiosa conservatrice e della corte reale.

I plateali accordi con gli Emirati Arabi Uniti e il Bahrain hanno costituito un colpo di scena da parte di Israele e del presidente degli Stati Uniti Donald Trump, che si sta atteggiando a pacificatore in vista delle elezioni di novembre.

Ma il grande risultato diplomatico riguardo un accordo con Israele riguarderebbe l’Arabia Saudita, il cui re è il custode dei siti più sacri dell’Islam e governa il più grande Stato esportatore di petrolio del mondo.

“Testare la reazione del pubblico”

Marc Owen Jones, un accademico dell’Istituto di studi arabi e islamici dell’Università di Exeter, ha affermato che la normalizzazione degli Emirati Arabi Uniti e del Bahrain ha consentito all’Arabia Saudita di mettere alla prova l’opinione pubblica, ma un accordo formale con Israele sarebbe un “compito gravoso” per il regno.

“Dare una ‘spintarella’ ai sauditi tramite un influente imam è ovviamente un passo nel tentativo di testare la reazione del pubblico e di incoraggiare il concetto di normalizzazione”, ha aggiunto Jones.

L’appello di Sudais onde evitare emozioni accese è ben distante dal suo passato, quando decine di volte è scoppiato in lacrime nel pregare per la moschea Al-Aqsa di Gerusalemme, il terzo luogo più sacro dell’Islam.

Il sermone del 5 settembre ha suscitato una reazione mista, con alcuni sauditi che lo difendevano con la motivazione che egli stesse semplicemente comunicando gli insegnamenti dell’Islam. Altri su Twitter, per lo più sauditi all’estero e apparentemente critici nei confronti del governo, lo hanno definito “il sermone sulla normalizzazione”.

Ali al-Suliman, intervistato in uno dei centri commerciali di Riyadh, ha detto, in risposta all’accordo con il Bahrain, che da parte degli altri Stati del Golfo o facenti parte del più vasto Medio Oriente sarebbe stato difficile abituarsi alla normalizzazione con Israele, poiché “Israele è una nazione occupante e ha cacciato i palestinesi dalle loro case”.

Il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman (MBS), il sovrano di fatto del regno, ha promesso di promuovere il dialogo inter-religioso come parte delle sue riforme interne. Il principe aveva affermato in precedenza che gli israeliani hanno il diritto di vivere pacificamente nella propria terra con la condizione di un accordo di pace che assicuri stabilità a tutte le parti.

La paura condivisa di Arabia Saudita e Israele nei confronti dell’Iran potrebbe essere un fattore chiave per lo sviluppo dei legami.

Ci sono stati altri segnali che l’Arabia Saudita, uno dei paesi più influenti del Medio Oriente, stia preparando la sua gente a stabilire rapporti di amicizia con Israele.

Una serie televisiva, “Umm Haroun” [La madre di Haroun, ndtr.], andata in onda alla televisione della MBC [la più grande compagnia privata di radio-telediffusione satellitare del Medio Oriente e del Nord Africa, controllata dai sauditi, ndtr.] ad Aprile durante il Ramadan, in un periodo in cui il numero di spettatori in genere aumenta, era incentrata sui processi subiti da un’ostetrica ebrea.

La serie immaginaria parla di una comunità multireligiosa in uno Stato non specificato del Golfo arabo dagli anni ’30 ai ’50. Lo spettacolo ha attirato le critiche del gruppo palestinese di Hamas, secondo cui [la serie] ritraeva gli ebrei sotto una luce di indulgenza.

All’epoca, la MBC ha sostenuto che lo spettacolo fosse lo sceneggiato ambientato nel Golfo più apprezzato in Arabia Saudita nel corso del Ramadan. Gli autori dello spettacolo, entrambi del Bahrain, hanno affermato che non conteneva nessun messaggio politico.

Ma esperti e diplomatici hanno detto che si trattava di un altro indizio dello spostamento del discorso pubblico su Israele.

All’inizio di quest’anno, Mohammed al-Aissa, ex ministro saudita e segretario generale della Muslim World League [organizzazione non governativa islamica che si propone di diffondere il panislamismo, ndtr], ha visitato Auschwitz. A giugno ha preso parte a una conferenza organizzata dall’American Jewish Committee [gruppo di difesa ebraica, ndtr.] dove ha auspicato un mondo senza “islamofobia e antisemitismo”.

“Certamente – ha affermato Neil Quilliam, ricercatore presso la Chatham House [Royal Institute of International Affairs, comunemente noto come Chatham House, centro di studi britannico, specializzato in analisi geopolitiche, ndtr.] – MBS è intenzionato a moderare i messaggi approvati dallo Stato condivisi dall’istituzione clericale, e ciò in parte probabilmente funzionerà per giustificare qualsiasi accordo futuro con Israele, che in precedenza sarebbe sembrato impensabile”.

Palestinesi isolati

La normalizzazione tra Emirati Arabi Uniti, Bahrain e Israele, firmata martedì alla Casa Bianca, ha ulteriormente isolato i palestinesi.

L’Arabia Saudita, il luogo di nascita dell’Islam, non ha preso direttamente parte agli accordi di Israele con gli Emirati Arabi Uniti e il Bahrain, ma ha affermato di rimanere impegnata per la pace sulla base delle iniziative di pace arabe di vecchia data.

L’Arabia Saudita, che non riconosce Israele, ha elaborato l’iniziativa del 2002 con la quale le nazioni arabe si sono offerte di normalizzare i legami con Israele in cambio di un accordo con i palestinesi per uno Stato [indipendente] e del completo ritiro israeliano dal territorio occupato nel 1967.

Trump ha detto che si sarebbe aspettato che l’Arabia Saudita aderisse agli accordi per normalizzare i rapporti diplomatici e creare nuove e ampie relazioni.

Ma il re dell’Arabia Saudita Salman bin Abdulaziz ha detto al presidente degli Stati Uniti che il paese del Golfo intende prima vedere una soluzione equa e permanente per i palestinesi.

Non è chiaro se e come il regno cercherà di scambiare la normalizzazione con un accordo sui termini dell’Iniziativa di pace araba.

In un altro accattivante gesto di buona volontà, il regno ha consentito ai voli Israele-Emirati Arabi Uniti di utilizzare il suo spazio aereo. Il genero e alto consigliere di Trump, Jared Kushner, che ha uno stretto rapporto con MBS, ha elogiato la mossa la scorsa settimana.

Un diplomatico del Golfo ha detto che per l’Arabia Saudita la questione è più legata a quella che ha definito la sua posizione religiosa come guida del mondo musulmano, e un accordo formale con Israele richiederebbe tempo ed è improbabile che avvenga mentre il re Salman resta al potere.

“Qualsiasi normalizzazione da parte saudita aprirà le porte a Iran, Qatar e Turchia per chiedere l’internazionalizzazione delle due sacre moschee”, ha detto, riferendosi alle periodiche richieste degli oppositori di Riyadh affinché la Mecca e Medina siano poste sotto la supervisione internazionale.

(traduzione dall’inglese di Aldo Lotta)